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Posizione strategica e vantaggio competitivo

capitolo nove

Ogni settore industriale ha al suo interno imprese diverse, ognuna delle quali perse-
gue una sua strategia per ottenere i migliori risultati. Si consideri, ad esempio, la
varietà di strategie messe in atto dalle compagnie aeree nel periodo successivo al
Deregulation Act.

• American Airlines sviluppò una rete nazionale basata sul concetto dello hub-
and-spoke, mettendo a punto un meccanismo per aumentare la fidelizzazione
dei clienti con programmi agevolati per i viaggiatori più assidui, e tentando di
massimizzare i ricavi attraverso l’uso di un sofisticato sistema computerizzato
di prenotazioni (noto come SABRE), gestione che sfruttava le competenze ge-
stionali all’avanguardia della compagnia.
• Southwest Airlines evitò di adeguarsi al sistema dello hub-and-spoke, e stabilì
collegamenti tra città con una o due tratte brevi, fornendo quindi voli diretti tra
città di medie dimensioni che gli altri vettori trattavano solo come località di
scalo per le loro reti. Adottando un sistema di relazioni aziendali meno restritti-
vo delle altre compagnie, utilizzando un solo modello di aereo, il Boeing 737,
per economizzare sui costi di manutenzione e di addestramento, e infine poten-
do contare su un personale molto motivato, Southwest ha fatto registrare i più
bassi costi operativi medi del settore (la figura 9.1 mostra i costi unitari, le quo-
te di mercato e i margini di profitto delle più grandi compagnie aeree statuniten-
si nel 2010).

Questi esempi illustrano come, nello stesso settore, le imprese possano seguire
strade molto diverse per essere competitive. Con la sua rete molto estesa e con un
intenso programma di fedeltà, American tentò di differenziare i suoi servizi da
quelli dei concorrenti e di compensare le politiche di basse tariffe praticate dalle al-
tre compagnie. Southwest sfruttò i suoi bassi costi potendo così far fronte ad una
concorrenza esigua o inesistente sulla maggior parte delle tratte.Questo capitolo in-
tende sviluppare un quadro di riferimento teorico per caratterizzare e analizzare la
posizione strategica delle imprese nell’ambito del settore di appartenenza. Verranno
utilizzati concetti e strumenti economici di base al fine di identificare le condizioni
necessarie per conseguire dei vantaggi competitivi sul mercato.
Il capitolo è diviso in quattro sezioni. La prima definisce il concetto di vantag-
gio competitivo e che descrive come, per conseguirlo, l’impresa debba creare più

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Fig. 9.1 Profit Margin


costi unitari, (net profit as a 15%
margini percentage of revenue)
di profitto e
quote di mercato
Alaska (2.6%)
(tra parentesi)
delle maggiori
compagnie aeree
statunitensi, JetBlue (3.6%) 10%
2010 Southwest (9.9%) Delta (20.7%)

United (12.7%)
US Airways (7.4%)
AirTran (2.4%)
5%
Continental (10.0%)

American (15.8%)

–30% –20% –10% 10% 20% 30%


Unit Cost
(percent difference
from industry average)
i costi unitari sono espressi come differenza percentuale rispetto alla media del settore1

valore dei suoi concorrenti. La capacità di creare valore dipende da come l’impresa
si posiziona nel settore per essere competitiva. La seconda sezione esamina la logi-
ca economica e organizzativa di due approcci alternativi al posizionamento strate-
gico, l’uno incentrato sui costi, l’altro sulla differenziazione. La terza sezione pre-
senta alcuni strumenti specifici utilizzati per identificare il posizionamento dell’im-
presa nel suo mercato in termini di costi e benefici. La quarta sezione esplora le dif-
ferenze tra strategie di ampia copertura e strategie di focalizzazione.

9.1 Vantaggio competitivo e creazione del valore:


concetti fondamentali

9.1.1 Definizione del vantaggio competitivo


Lo schema delle cinque forze presentato nel Capitolo 8 è basato sull’idea che le
condizioni del settore sono un fattore determinante della redditività dell’impresa.
La redditività non varia solo in funzione del settore, ma anche nell’ambito dello
stesso settore e nell’Introduzione abbiamo descritto i risultati di alcune ricerche che
mostrano come la variabilità interna dei profitti di un settore industriale sia quanto
meno pari a quella tra settori diversi. Quando un’impresa consegue un tasso di pro-

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Posizione strategica e vantaggio competitivo 343

Fig. 9.2
Market Schema
economics del vantaggio
competitivo
Benefit position Economic
relative to profitability
competitors Value created
relative to
competitors
Cost position
relative to
competitors

La redditività di un’impresa dipende contemporaneamente dalle economie del mercato e dal-


la sua capacità di creare più valore dei concorrenti. La quantità di valore che l’impresa crea
rispetto ai concorrenti dipende dai costi e dai benefici della sua posizione rispetto ai concor-
renti stessi.

fitto più elevato della media dei concorrenti che operano nello stesso mercato, essa
gode di un vantaggio competitivo in quel mercato (una corretta applicazione di que-
sta definizione richiede a sua volta un’accurata definizione del mercato di riferi-
mento dell’impresa, argomento già trattato nel Capitolo 5). La premessa fondamen-
tale di questo capitolo è che un’impresa ottiene un vantaggio competitivo creando e
distribuendo un maggiore valore economico rispetto ai rivali e impossessandosi di
una porzione di questo valore sotto forma di profitti.
La figura 9.2 sintetizza lo schema che svilupperemo in questo capitolo. Secon-
do questo schema la redditività di un’impresa in un particolare mercato dipende sia
dalle caratteristiche economiche di quel mercato (si veda lo schema delle cinque
forze), sia dalla sua posizione competitiva rispetto agli avversari (ovvero se ha un
vantaggio o uno svantaggio competitivo nei loro confronti). Un’impresa può conse-
guire un vantaggio competitivo in un particolare mercato solo se riesce a creare più
valore rispetto ai suoi concorrenti. Vedremo come un’impresa che è in grado di
creare più valore rispetto ai suoi concorrenti può contemporaneamente conseguire
profitti più elevati e creare maggiori vantaggi per i consumatori.

9.1.2  Massima disponibilità a pagare e surplus del consumatore


Le attività in grado di creare più valore rispetto ai concorrenti si trovano in una po-
sizione di vantaggio sul mercato. Per illustrarne il motivo dobbiamo definire la
creazione del valore e mostrare come sia legata al vantaggio competitivo. Prima di
dare tale definizione però è opportuno introdurre i concetti di massima disponibilità
a pagare e surplus del consumatore.
Supponiamo di prendere in considerazione un pacchetto software per il nostro
computer e di valutarlo 150 dollari. Se il prezzo di mercato di quel pacchetto fosse
di 80 dollari lo acquisteremmo perché, dal nostro punto di vista, ne trarremmo un
vantaggio dato dalla differenza tra il valore che noi attribuiamo al prodotto e il suo

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344 Economia degli intermediari finanziari

prezzo di mercato. Questo vantaggio, che nel nostro esempio sarebbe di 150 – 80 =
70 dollari, viene definito come « surplus del consumatore ».
Da un punto di vista più formale, chiamiamo B il valore espresso in quantità di
denaro che il nostro consumatore ritiene corrisponda al valore di una unità di quel
prodotto, ovvero la massima quantità di denaro che il consumatore è disposto a pa-
gare per quel prodotto. In alternativa, potremmo definire B come il « beneficio per-
cepito », dato che il consumatore non conoscerà il valore effettivo del prodotto pri-
ma di averlo comprato. Per il momento considereremo B ignorando la disponibilità
di prodotti sostituti. Per chiarire cosa significa « massima disponibilità a pagare »,
proviamo a determinare quale è il prezzo massimo che un consumatore è disposto
a pagare per l’acquisto di una autovettura Honda Accord. Inizialmente il nostro
consumatore non possiede alcuna automobile e gli viene data gratuitamente una
Honda Accord. Egli è certamente più ricco di prima. Supponiamo poi di richieder-
gli somme crescenti di denaro; ipotizziamo, a puro titolo di esempio che, dopo aver
sborsato 30.500 dollari, il consumatore ritenga la sua nuova situazione patrimonia-
le (il possesso di una Honda ma con 30.500 $ in meno) equivalente a quella di par-
tenza (nessuna auto ma il possesso dell’intera somma in denaro). L’importo di
30.500 dollari rappresenta il prezzo massimo che il consumatore è disposto a paga-
re per una Honda Accord, nonché il valore B che egli attribuisce al prodotto.
La disponibilità a pagare di un consumatore per un bene o un servizio è, in un
certo senso, intangibile, perché dipende dai gusti del consumatore stesso, mentre la
disponibilità a pagare di un’impresa per un input si può misurare più facilmente,
giacché è legata all’impatto che quell’input avrà sulla redditività dell’impresa. Inol-
tre i profitti sono molto più facili da misurare rispetto ai gusti.

9.1.3  Dalla massima disponibilità a pagare al surplus del consumatore


Si riprenda B che rappresenta il beneficio che il consumatore si aspetta di ottenere
dal prodotto.
Se chiamiamo P il prezzo di mercato del prodotto, il surplus del consumatore è
la differenza B – P. Per esempio, se il prezzo della Honda Accord è 21.000 dollari
il nostro ipotetico consumatore avrà un surplus pari a 30.500 – 21.000 = 9.500 dol-
lari. Supponiamo adesso che lo stesso consumatore ritenga che una Nissan Leaf
valga B = 38.000 dollari e il prezzo della Leaf sia invece P = 31.000 dollari, questo
creerà un surplus di 7.000 dollari. Il nostro consumatore comprerà la Accord perché
è quella che presenta il surplus più alto.
Questo esempio suggerisce che il modello cui si attiene il consumatore è molto
semplice: il consumatore acquisterà il prodotto solo nel caso di un surplus positivo.
Inoltre, qualora vi sia una scelta tra più prodotti in concorrenza tra loro, acquisterà
quello per il quale il surplus del consumatore, B – P, è più elevato.
Sia che i suoi clienti siano imprese o individui, un venditore, per competere con
successo sul mercato, deve riuscire a generare un surplus per il consumatore. La
mappa delle curve del valore della figura 9.3 mostra gli effetti sulla concorrenza del
surplus del consumatore. L’asse verticale indica il prezzo del prodotto P e ogni

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punto del diagramma corrisponde a una particolare combinazione prezzo/qualità.


La curva della figura 9.3 è denominata curva di indifferenza: per un dato consuma-
tore, ogni combinazione prezzo/qualità corrisponde a un punto sulla curva di indif-
ferenza che dà luogo allo stesso surplus (B – P). Un consumatore che debba sce-
gliere tra i prodotti situati sulla curva di indifferenza è quindi indifferente rispetto
alle varie offerte. I prodotti che presentano combinazioni qualità/prezzo situate al di
sotto di una data curva di indifferenza (come il prodotto C) generano un surplus del
consumatore maggiore di quelli posizionati sulla curva di indifferenza; dal punto di
vista del consumatore il prodotto C ha un maggior valore rispetto ai prodotti A e B
(così come anche del prodotto D che vedremo a breve). Al contrario, i prodotti che
presentano combinazioni qualità/prezzo al di sopra di una data curva di indifferen-
za (come il prodotto D) generano un surplus del consumatore minore di quelli po-
sizionati sulla curva di indifferenza. Dal punto di vista del consumatore questi pro-
dotti hanno un valore minore. Dalla sua prospettiva, il consumatore ritiene che il
prodotto D abbia un valore inferiore ai prodotti A e B (e anche al prodotto C).
La concorrenza in un dato mercato può essere considerata come un processo in
cui le imprese, attraverso i prezzi e le caratteristiche dei prodotti, fanno ai consuma-
tori differenti offerte di surplus. I consumatori scelgono l’impresa che offre il livel-
lo più elevato di surplus del consumatore: un’impresa che offre al consumatore me-

P Fig. 9.3
(Price) La mappa
Lower Indifference del valore
consumer
curve
Product D surplus Product A

Product B Product C

Higher
consumer
surplus

q (Quality)
La mappa del valore mostra le posizioni rispetto alla combinazione prezzo/qualità delle im-
prese di un mercato. La linea continua è una curva di indifferenza e mostra le combinazioni
prezzo/qualità che hanno lo stesso valore di surplus del consumatore. Le posizioni prezzo/
qualità poste al di sotto di una data curva di indifferenza hanno un valore di surplus del con-
sumatore più alto di quelle posizionate lungo la curva. Le posizioni prezzo/qualità poste al di
sopra della curva di indifferenza hanno un valore di surplus del consumatore più basso di
quelle posizionate lungo la curva. Quando alcuni prodotti sono posizionati lungo una curva di
indifferenza e altri sono al di fuori di essa, i consumatori si dirigeranno verso quelle imprese
che forniscono un surplus del consumatore maggiore.

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346 Economia degli intermediari finanziari

no surplus dei suoi concorrenti (per esempio l’impresa che produce D) perderà la
battaglia in quel settore. Quando i rapporti prezzo/qualità offerti dalle varie imprese
si posizionano sulla curva di indifferenza, quando cioè le imprese offrono il mede-
simo livello di surplus del consumatore, diciamo che le imprese hanno raggiunto la
parità del surplus del consumatore (nella figura 9.3 le imprese che producono A e B
hanno raggiunto la parità del surplus del consumatore). Se le imprese raggiungono
la parità del surplus del consumatore in un mercato in cui i consumatori hanno le
stesse preferenze (cioè le stesse curve di indifferenza), nessun consumatore sarà in-
centivato a passare da un venditore ad un altro e le quote di mercato rimarranno sta-
bili. Se tutte le imprese in un dato mercato hanno lo stesso livello di qualità, la pa-
rità del surplus del consumatore significa che esse praticano gli stessi prezzi.
Quando un’impresa si sposta da una posizione di parità del surplus del consu-
matore o da una di vantaggio del surplus del consumatore, ad una posizione in cui
il surplus è minore di quello dei concorrenti, le vendite precipitano e la sua quota di
mercato diminuisce. È quello che è successo a Lexus e BMW all’inizio del 2010,
quando il design superato delle loro auto perse quote nel mercato delle grandi ber-
line di lusso, a vantaggio dei modelli più innovativi, accompagnati da prestazioni
migliori, di Audi, Jaguar e Porsche.

9.1.4  Il valore creato


Il valore economico si crea quando un produttore combina input come la manodo-
pera, il capitale, le materie prime e i componenti acquistati, per dare vita a un pro-
dotto il cui beneficio percepito B sia superiore al costo che ha dovuto affrontare nel
realizzare il prodotto. Il valore economico creato (o valore creato, per brevità) è
quindi la differenza tra il beneficio percepito e il costo, ovvero B – C, dove B e C
sono indicati per unità di prodotto finale.
Il valore creato totale deve essere diviso tra consumatori e produttori. Il surplus
del consumatore, B – P, rappresenta la parte di valore creato di cui si avvantaggia il
consumatore. Il venditore riceve il prezzo P e lo utilizza per pagare i fattori della
produzione quali il lavoro, il capitale e i materiali necessari per realizzare il prodot-
to finito. Il profitto del produttore, P – C, rappresenta la parte del valore creato che
rimane nelle sue mani. Sommando il surplus del consumatore e il profitto del pro-
duttore otteniamo il valore creato:

valore creato = surplus del consumatore + surplus del produttore


= (B – C) + (P – C)
=B–C

La figura 9.4 fornisce lo schema del valore creato per un ipotetico produttore di
lattine di alluminio (imprese come Crown o Cork and Seal). Se osserviamo la figu-
ra a partire da sinistra vediamo che il costo della produzione di 1000 lattine di allu-
minio è pari a 30 dollari (C = 30 dollari); la massima disponibilità a pagare per un
acquirente di lattine come un imbottigliatore di bevande analcoliche, per esempio la

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Posizione strategica e vantaggio competitivo 347

This is the highest price the buyer (e.g., a soft- Fig. 9.4
drink producer) is willing to pay before switching I componenti
to a substitute product (e.g., tin-plate cans) del valore creato
nel mercato
$ per
1,000 cans delle lattine
d’alluminio

Consumer
surplus

Price ( P) = $55
Value-
Consumer’s $45
created
$70 maximum
willingness Firm’s
to pay profit
$100 $25
Firm’s Firm’s
cost cost
$30 $30
C B–C B B–P P–C C

The difference between Value created is either . . . The sum of


buyer maximum willingness- — or — consumer surplus
to-pay and cost and firm profit

Coca Cola Enterprise, è 100 dollari per 1000 lattine (B = 100 dollari). Questa cifra
rappresenta il prezzo più alto che l’acquirente è disposto a pagare prima di passare
alla seconda alternativa migliore, magari i contenitori di plastica. La differenza tra
la massima disponibilità a pagare e il costo è il valore aggiunto che, in questo caso,
è pari a 70 dollari (B – C = 70 dollari). Se ci spostiamo a destra del diagramma ve-
diamo che il valore creato di 70 dollari equivale alla somma del surplus del consu-
matore e del profitto del produttore. Se il venditore di lattine di alluminio fissa il
prezzo a 55 dollari (P = 55 dollari), il surplus del consumatore sarà pari a 45 dolla-
ri ogni mille lattine (B – P = 45 dollari), mentre il margine di profitto del produttore
sarà di 25 dollari ogni mille lattine (P – C = 25 dollari). Il prezzo P, quindi, deter-
mina quanta parte del valore aggiunto rimane nelle mani del venditore sottoforma
di profitto e quanta parte va invece al consumatore sottoforma di surplus.

9.1.5  Creazione di valore e opportunità commerciali « win-win »


Nessun prodotto può sopravvivere se non crea un valore economico positivo. Se B
– C fosse negativo, non sarebbe possibile determinare un prezzo tale da coprire i
costi delle risorse utilizzate per realizzare il prodotto e accettabile per i consumato-
ri. Vi sono prodotti, quali per esempio le bevande al gusto di bubblegum, la valvola
termoionica o i registratori di videocassette, che in particolari periodi hanno creato
un valore positivo, ma che per cambiamenti nei gusti o per il progresso tecnologico,
hanno cessato di rappresentare per i consumatori un valore tale da giustificarne la
produzione.Viceversa, quando B – C è positivo, un’impresa può acquistare compo-

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348 Economia degli intermediari finanziari

nenti e materie prime dai fornitori, convertirli in prodotti finiti e venderli ai consu-
matori conseguendo un profitto.
Quando B > C, è sempre possibile – per un imprenditore capace – concludere
con fornitori e consumatori affari win-win, ovvero affari in seguito ai quali tutte le
parti sono più ricche di quanto sarebbero se non avessero fatto affari tra loro. In
economia queste opportunità che generano dei guadagni sono dette gains from tra-
de. Quando B > C, un imprenditore capace potrà sfruttare i potenziali gains from
trade.

9.1.6  Creazione di valore e vantaggio competitivo


Una differenza B – C positiva è una condizione necessaria ma non sufficiente per
giustificare economicamente la realizzazione di un prodotto e non garantisce che
quel prodotto genererà un profitto. In un mercato in cui l’entrata è facile e le impre-
se creano essenzialmente un uguale valore economico, la concorrenza può ridurre
drasticamente la redditività. Le imprese esistenti e i nuovi concorrenti si contende-
ranno i favori dei consumatori riducendo i prezzi fino a raggiungere un livello in cui
il profitto di ogni produttore è zero e tutto il valore creato dal prodotto andrà a van-
taggio dei consumatori.
Per conseguire un vantaggio competitivo, e quindi per superare i concorrenti in
un determinato mercato concorrenziale, un’impresa deve creare più valore rispetto
ai concorrenti. Deve cioè essere caratterizzato da una differenza B – C che i concor-
renti non possono imitare. Si tratta di una proposizione semplice, ma efficace, e la
ragione per cui è vera deriva dall’analisi del surplus del consumatore e dei suoi ef-
fetti sulla concorrenza esaminati in questo capitolo. Per capire meglio il perché, im-
maginate che due venditori competano per fare affari con voi e che vincerà il ven-
ditore il cui prodotto ha caratteristiche e prezzi che vi forniranno il maggiore sur-
plus del consumatore. L’offerta di surplus del consumatore più aggressiva che ogni
venditore può fare è quella in cui il suo profitto è pari a zero, ovvero quando offre
un prezzo P uguale al costo C, e quindi vi cede interamente il valore che ha creato
sottoforma di surplus del consumatore. L’impresa avvantaggiata in questa competi-
zione è quella con il più alto valore di B – C che pertanto sarà in grado offrirvi un
surplus del consumatore appena più favorevole rispetto all’offerta più aggressiva
che l’altra è disposta a fare, pur trattenendo il valore in più che ha creato sottoforma
di profitto2.
In un’altra versione dello scenario appena descritto, tutte le imprese offrono be-
nefici B identici. In questo caso un’impresa, per vincere, deve avere costi C più bas-
si degli avversari. Questo rafforza un’idea che avevamo già visto nel Capitolo 5, se-
condo la quale in un mercato a concorrenza perfetta un’impresa di successo deve
avere costi più bassi rispetto ai rivali; questo è vero anche per quanto riguarda i
mercati concentrati dove le imprese competono aggressivamente sui prezzi, come
nel modello di Bertrand che abbiamo visto nel Capitolo 5. L’impresa con i costi più
bassi può fissare prezzi più bassi di quelli dei concorrenti, conquistare l’intero mer-
cato e coprire abbondantemente i suoi costi di produzione.

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Posizione strategica e vantaggio competitivo 349

70.00% Fig. 9.5


Redditività
economica
Economic profit as percentage of invested capital

60.00%
dei produttori
di personal
50.00%
computer
40.00%

30.00%

20.00%

10.00%

0.00%

–10.00%

–20.00%
Dell Gateway HP IBM Compaq Apple

Questo grafico mostra i profitti economici medi (espressi in termini di percentuale del capita-
le investito) di alcuni produttori di personal computer nel periodo che va dal 1995 al 1999.
Fonte: 2000 Stern Stewart Performance 1000 database.

Nei mercati i cui prodotti sono omogenei, l’impresa con il più alto valore B – C
conquista l’intero mercato. Nella maggior parte dei mercati, clienti diversi fanno
trade-off diversi tra il prezzo e l’attributo da cui dipende il beneficio B, per cui
un’impresa potrà creare un più alto valore di B – C per un certo segmento di consu-
matori, mentre un’altra creerà un valore più alto di B – C per altri segmenti. Un
esempio viene dal settore dei personal computer della fine degli anni Novanta, dove
l’azienda americana di hardware Gateway, oggi parte del gruppo Acer, creava pro-
babilmente più valore economico per il segmento SoHo (small office/home office)
mentre Dell creava più valore economico per quasi tutto il resto del mercato.
Come mostra la figura 9.5, durante la seconda metà degli anni Novanta sia Dell
che Gateway hanno avuto prestazioni nettamente migliori rispetto agli altri concor-
renti sul mercato. Più avanti nel corso del capitolo, discuteremo meglio le implica-
zioni di questa segmentazione del mercato.

9.1.7  L’analisi della creazione di valore


Un primo passo per accertare se un’impresa ha il potenziale per acquisire una posi-
zione di vantaggio competitivo nel suo mercato consiste nel capire come un suo
prodotto genera un valore economico e se può continuare a generarlo nel tempo.
Per accertare quali sono le fonti della creazione di valore è necessario comprendere
perché esiste il settore di attività in cui opera l’impresa e quali ne sono i presupposti
economici. Ciò, a sua volta, richiede la comprensione di quali sono i fattori che de-

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350 Economia degli intermediari finanziari

terminano un vantaggio per il consumatore (per esempio, in qual modo i prodotti


dell’impresa rispondono ai bisogni del consumatore meglio dei potenziali prodotti
sostituti) e di quali sono i fattori che determinano i costi (per esempio quali costi
sono influenzati dai volumi di produzione, o come i costi variano in funzione di at-
tività non produttive – quale il marketing – o in funzione dell’esperienza acquisita).
Per prevedere le prospettive dell’impresa di creare valore è anche necessario va-
lutare criticamente come si presume evolveranno le caratteristiche di base del setto-
re in cui opera l’impresa stessa. Richard Rumelt chiama questo tipo di analisi con-
sonance analysis3. La domanda principale a cui bisogna rispondere è se cambia-
menti nella domanda di mercato e nelle tecnologie potranno mettere in pericolo le
modalità con cui l’impresa crea valore. Sebbene questa esigenza sembri ovvia, essa
è spesso trascurata da imprese assillate dalla battaglia per le quote di mercato che
devono continuamente sostenere con i loro concorrenti. Valutare le prospettive fu-
ture è comunque difficile sia per la difficoltà di prevedere il futuro sia per i rischi
derivanti dalle decisioni prese sulla base di queste previsioni.
La storia di un settore industriale può anche rendere i manager poco sensibili al-
le prospettive di cambiamento. Spesso, la capacità di un’impresa di creare valore
viene messa in pericolo da soggetti che non appartengono al gruppo dei suoi rivali
diretti e la minaccia può riguardare non solo la singola impresa, ma tutto il settore.
L’entrata di Honda nel settore dei motocicli all’inizio degli anni Sessanta riguardò
dei segmenti di mercato che i maggiori produttori del tempo, la statunitense Har-
ley-Davidson e l’inglese Triumph, avevano ritenuto poco redditizi. La rivoluzione
introdotta da Wal-Mart nella grande distribuzione si realizzò con punti vendita si-
tuati in zone periferiche che altre società del settore, quali Kmart e Sears, non ave-
vano ritenute adatte per un loro insediamento. L’industria discografica guardava
con diffidenza l’iPod di Apple ma il colpo di grazia arrivò quando una compagnia
appena nata chiamata Napster cominciò a offrire ai clienti un modo semplice (e al-
lo stesso tempo illegale) per condividere i file musicali attraverso internet.

Esempio 9.1 Kmart contro Wal-Mart

La battaglia che Kmart dovette sostenere con Wal- Light Special.Ma sfortunatamente per Kmart, questa
Mart illustra bene lo svantaggio di un’impresa che ha « strategia » di leadership di prezzo era facile da imi-
un valore di B – C inferiore ai concorrenti. Per tutti tare e Wal-Mart non aveva alcuna intenzione di rima-
gli anni Novanta, Kmart aveva investito in tecnologie nere con le mani in mano mentre perdeva quote di
a supporto della sua strategia Blue Light Special che mercato. Inoltre, i suoi costi unitari (grazie anche al-
prevedeva sconti e promozioni frequenti ma impre- la sua competenza nella gestione della catena di for-
vedibili. Purtroppo, però, l’impresa non aveva fatto nitura) erano globalmente più bassi di quelli di
gli stessi investimenti per procurarsi le informazioni Kmart, per cui Wal-Mart poteva (e lo fece) fissare
sulla catena di fornitura, per cui spesso i prodotti che prezzi inferiori a quelli del concorrente pur rimanen-
pubblicizzava sui supplementi dei giornali mancava- do in attivo. A peggiorare la situazione per Kmart,
no in magazzino. Nel 2001 Kmart tentò di imitare la c’era un Wal-Mart nel raggio di una decina di chilo-
strategia Everyday Low Prices di Wal-Mart e tagliò i metri di distanza da molti dei suoi negozi. Di conse-
prezzi di 38.000 prodotti oltre a riproporre i Blue guenza, Kmart si ritrovò con margini di profitto ri-

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dotti senza che di fatto la sua quota di mercato fosse dito tra i clienti dell’una e quelli degli altri4. Questo,
modificata. Il fallimento di questa strategia portò a però, significava entrare in concorrenza diretta con
una riduzione delle prestazioni della catena nel 2001 le catene specializzate in articoli a basso prezzo, i
e infine alla dichiarazione di bancarotta nel 2002. cosiddetti dollar retailer, come Dollar General e Fa-
L’impresa uscì dalla bancarotta nel 2003 quando mily Dollar, che avevano come pubblico di riferi-
fu acquistata con un hedge fund da Edward Lampert. mento le comunità urbane meno abbienti da molti
Il nuovo proprietario chiuse subito centinaia di nego- anni. A causa della fine della bolla immobiliare, Se-
zi, licenziò migliaia di dipendenti e introdusse mar- ars aveva subito grosse perdite anche nell’edilizia,
chi di moda per attirare nuovi clienti. Nel 2005, che rappresentava ben la metà del valore dell’azien-
quando Kmart acquisì il suo concorrente Sears, da (basandosi sugli eventuali ricavi della vendita dei
Lampert fu visto come il salvatore della vecchia terreni in cui sorgevano i negozi).
guardia dei rivenditori di massa, ma non fu così. Quasi dieci anni dopo l’eroico salvataggio di
Poco dopo la fusione, Lampert convertì molti Lampert, Kmart e Sears sono ancora in difficoltà, e
negozi Kmart negli Stati Uniti e in Canada in outlet per quanto egli sia stato considerato il « prossimo
Sears, mentre Kmart tentava di riposizionarsi come Warren Buffett », finora non è ancora riuscito a col-
« il negozio del vicinato ». Questa strategia mirava a mare lo svantaggio di B – C dei suoi negozi. Tutta-
conquistare le minoranze etniche o razziali delle zo- via, anche se molti analisti non pensano che Sears
ne urbane, e in particolare gli afroamericani e gli potrà mai tornare alle vecchie glorie, gli investitori
ispanici, con l’obiettivo di differenziare la catena da sono ancora affascinati da Lampert e le azioni del­
Wal-Mart e Target accentuando la differenza di red- l’im­pre­sa tengono.

9.1.8  La creazione di valore e la catena del valore


Il valore viene creato man mano che i beni si muovono lungo la catena verticale,
che abbiamo descritto nel Capitolo 3. La catena verticale è quindi talvolta definita
come « catena del valore »5. La catena del valore rappresenta l’impresa come un in-
sieme di attività, quali la produzione, il marketing, la logistica ecc., che creano va-
lore (figura 9.6). Ciascuna attività nella catena del valore può potenzialmente con-
tribuire ad aumentare sia il beneficio B che i consumatori traggono dal prodotto
dell’impresa, sia i costi C che l’impresa deve sostenere per produrre e vendere il
prodotto. È chiaro che le forze che influenzano i benefici creati e i costi affrontati
sono molto diverse da un’attività all’altra.
In pratica è spesso difficile isolare l’incidenza di una particolare attività sul va-
lore che l’impresa crea. Per far questo è necessario stimare il beneficio aggiuntivo
che un’attività produce e il relativo costo aggiuntivo. Tuttavia, quando le varie fasi
della produzione danno luogo a beni che possono essere valorizzati utilizzando
prezzi di mercato, è possibile stimare il valore aggiunto creato dalle varie compo-
nenti della catena utilizzando l’analisi del valore aggiunto di cui abbiamo parlato in
precedenza.

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352 Economia degli intermediari finanziari

Fig. 9.6
Catena Infrastrutture dell’impresa (finanziarie, contabili, legali)
del valore
Gestione delle risorse umane

Sviluppo di tecnologie

Approviggionamento

Logistica Operazioni di Logistica Marketing


Servizi
in entrata produzione in uscita e vendite

La catena del valore mostra l’impresa come un insieme di attività che creano valore. Porter
distingue tra cinque attività primarie (logistica in entrata, operazioni di produzione, logistica
in uscita, marketing e vendite, e servizi) e quattro attività di supporto (le attività infrastruttu-
rali dell’impresa come quelle finanziarie e contabili, la gestione delle risorse umane, lo svilup-
po delle tecnologie e l’approvvigionamento).

9.1.9  Creazione del valore, risorse e capacità


In generale, è possibile individuare due modi in cui un’impresa può creare più va-
lore economico rispetto alle altre imprese dello stesso settore. Per prima cosa, può
configurare la sua catena del valore in modo diverso dai suoi concorrenti, come ha
fatto Enterprise sul mercato statunitense dell’autonoleggio: l’impresa ha concentra-
to la sua attività sul segmento delle auto sostitutive e si è trovata a operare con una
catena del valore sostanzialmente diversa rispetto a quella delle cosiddette « Airport
7 » (Hertz, Avis, National, Alamo, Budget, Dollar e Thrifty), che si rivolgono a un
segmento del mercato le cui attività hanno origine negli aeroporti (fondamental-
mente per viaggiatori d’affari e turisti)9. Ottimizzando le attività per servire al me-
glio i noleggiatori in cerca di un’auto che sostituisse la propria, anche per periodi
prolungati, Enterprise ha creato per questo segmento di clienti un valore economico
maggiore di quanto non facciano le Airport 7.
In alternativa, un’impresa può creare un valore economico superiore configu-
rando la sua catena del valore in modo molto simile ai suoi concorrenti, ma svol-
gendo le attività all’interno della catena in modo più efficiente rispetto a loro. Per
conseguire questo risultato l’impresa deve possedere risorse e capacità distintive,
che mancano ai suoi concorrenti; in caso contrario, questi ultimi potrebbero copiare
rapidamente qualsiasi strategia che crea maggior valore.
Le risorse rappresentano un patrimonio specifico dell’impresa; rientrano in que-
sta categoria licenze e brevetti, il prestigio del marchio, la cultura aziendale, la spe-
cifica esperienza e il know-how dei lavoratori. La notorietà che il marchio Coca-
Cola ha in tutto il mondo è un esempio di risorsa economicamente rilevante. A di-
mostrazione del potere del marchio Coca Cola, l’agenzia di consulenza di marke-

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Posizione strategica e vantaggio competitivo 353

ting InterBrand ha calcolato che circa la metà della capitalizzazione del mercato da
parte di Coca Cola nel 2010, si deve esclusivamente alla popolarità del suo mar-
chio7. Contrariamente a fattori di produzione generici quali edifici, materie prime o
manodopera non specializzata, in mercati efficienti vi sono risorse che non possono
essere facilmente riprodotte o acquistate da altre imprese. Tali risorse possono inci-
dere effettivamente sulla capacità di un’impresa di creare più valore delle altre im-
prese che operano in quel mercato. Per esempio, una buona capacità produttiva o
una consolidata reputazione di qualità può rendere il beneficio percepito B di
un’impresa più elevato di quello dei suoi rivali. Le risorse hanno anche un effetto
indiretto sulla creazione di valore in quanto sono alla base delle capacità dell’im-
presa.
Le capacità sono quelle attività che una determinata impresa è in grado di svol-
gere particolarmente bene in rapporto alle altre imprese8. Le capacità possono esse-
re presenti nell’ambito di particolari funzioni aziendali; così per esempio, il gruppo
Virgin è particolarmente efficace nella promozione dei marchi, mentre American
Airlines ha sviluppato grandi capacità in avanzati sistemi di gestione organizzativa,
e Nine West nel sistema degli approvvigionamenti nel settore delle calzature. In al-
tri casi, specifiche capacità possono essere collegate allo sviluppo di tecnologie
particolari o alla progettazione del prodotto (per esempio, le abilità di Facebook
nella programmazione e design di siti web, quelle di Nan Ya Plastics nella lavora-
zione del poliestere o la leggendaria capacità di Honda nel settore dei piccoli moto-
ri a combustione interna e dei treni elettrici)9. Le capacità dell’impresa possono an-
che consistere nel modo di gestire i collegamenti tra gli elementi della catena del
valore o nel coordinare le varie attività: per esempio, la Geisinger Clinic nella
Pennsylvania centrale è famosa per l’utilizzo di tecnologie di informazione clinica
al fine di reinventare il modo di prestare cure mediche nell’ambito della medicina
di base attraverso chirurgia e metodi di cura all’avanguardia.
Qualunque ne siano le basi, le capacità hanno alcune caratteristiche comuni:

1. sono valide e utilizzabili per molti prodotti e mercati;


2. sono radicate in quelle che Richard Nelson e Sidney Winter chiamano « routine
organizzative », cioè ben definiti e consolidati modelli di agire all’interno di una
organizzazione10. Ciò implica che le capacità permangono anche se alcune per-
sone lasciano l’impresa;
3. sono tacite ed è difficile ridurle a semplici algoritmi o procedure.

Nel Capitolo 2 sono state esaminate le implicazioni del punto 1 sull’integrazio-


ne verticale e orizzontale dell’impresa. I punti 2 e 3 hanno rilevanti implicazioni
per il mantenimento di vantaggi competitivi basati sulle capacità organizzative e sa-
ranno sviluppati nel Capitolo 11.

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354 Economia degli intermediari finanziari

Esempio 9.2 Misurare le capacità nell’industria farmaceutica

Rebecca Henderson e Ian Cockburn si sono serviti di La seconda capacità che i due studiosi hanno in-
dettagliati dati sulla quantità e la qualità raccolti per dividuato è l’abilità di favorire e mantenere un flusso
10 grandi case farmaceutiche, con l’obiettivo di mi- di informazioni da un ambito disciplinare all’altro
surare le risorse e le capacità associate con la ricerca all’interno dell’impresa stessa, dato che per avere
sui nuovi farmaci nell’industria farmaceutica11. Seb- esito positivo, la ricerca sui farmaci richiede questo
bene la scoperta di nuovi farmaci non sia l’unica abi- tipo di integrazione. Per esempio, per lo sviluppo
lità che una casa farmaceutica deve possedere per es- commerciale degli inibitori della HMG-CoA redut-
sere competitiva, è senza dubbio un elemento molto tasi (farmaci che inibiscono la sintesi del colesterolo
importante. Henderson e Cockburn ipotizzano che la nel fegato) alla Merck è stato fatto un lavoro pionie-
produttività nella ricerca (misurata attraverso il nu- ristico su tre fronti disciplinari diversi: la farmacolo-
mero di brevetti ottenuti per la quantità di denaro in- gica, la fisiologia e la biostatistica. Henderson e
vestita) dipende da tre classi di fattori: la composi- Cockburn quantificano questa capacità tramite varia-
zione del portfolio di ricerca dell’impresa; il know- bili quali la misura in cui il lavoro di ricerca è stato
how scientifico e medico specifico dell’impresa; le coordinato, se utilizzando team interdisciplinari op-
diverse capacità di ogni impresa. La composizione pure conferendo a una persona l’autorità di distribu-
del portfolio è importante perché in alcune aree è più ire le risorse: infatti il metodo basato sul lavoro di
facile poter fare scoperte brevettabili piuttosto che in squadra favorirà il flusso di informazioni da una di-
altre, come, ad esempio, nei vent’anni precedenti la sciplina all’altra, mentre affidare il coordinamento a
ricerca di Henderson e Cockburn, gli investimenti una sola persona lo ostacolerà.
nella scoperta di farmaci per il sistema cardiovasco- Questo studio mostra che le differenze esistenti
lare sono stati molto più produttivi di quelli nella ri- tra le capacità delle imprese spiegano perché la pro-
cerca sul cancro. Il know-how specifico di un’impre- duttività nella ricerca varia tanto dall’una all’altra.
sa è fondamentale perché la moderna ricerca sui far- Un’impresa, ad esempio, che prenda in considera-
maci richiede scienziati di alto livello specializzati zione le ricerche pubblicate è circa il 40% più pro-
in discipline come biologia, biochimica o fisiologia. duttiva di una che non lo fa; un’impresa che organiz-
I due studiosi usano misure come l’insieme di bre- za il lavoro affidandolo a team interdisciplinari è il
vetti esistenti, per determinare quale sia il know-how 25% più produttiva di una che non lo fa. Questo pro-
idiosincratico di un’impresa. babilmente non significa che se un’impresa cambia
Henderson e Cockburn ipotizzano anche che ci metodo e passa a un’organizzazione basata sul lavo-
sono, in particolare, due capacità più importanti di ro di squadra, la sua produttività aumenterà imme-
altre nel campo della ricerca. La prima è la capacità diatamente del 40%; queste e altre misure che Hen-
di favorire e mantenere un cospicuo flusso di infor- derson e Cockburn individuano sono elementi-guida
mazioni scientifiche provenienti dall’esterno del­ per una maggiore creazione delle risorse o di capaci-
l’im­pre­sa, dato che nel settore farmaceutico gran tà integrate. Ad esempio se un’impresa presta atten-
parte del lavoro scientifico che pone le basi per nuo- zione alle pubblicazioni dei ricercatori, può essere
ve scoperte, viene svolto al di fuori delle aziende, e avvantaggiata quando deve assumere i migliori
la capacità di ognuna di esse di trarre vantaggio da scienziati; una, invece, che richieda collaborazione
queste informazioni è fondamentale per il successo fra i team può creare un’atmosfera di condivisione
delle sue ricerche. Henderson e Cockburn misurano che favorisca il lavoro di squadra. Se, infatti, manca
tale capacità tramite variabili quali l’affidamento che l’aspetto della condivisione, anche il lavoro di squa-
l’impresa fa sulle pubblicazioni recenti prima di dra genererà un produttività molto minore.
prendere decisioni sulla promozione, quanto è vicina Queste osservazioni ci riportano a un punto ac-
alle università in cui si svolgono gran parte delle ri- cennato prima: è molto più facile, per i manager,
cerche, e in che misura partecipa a progetti di ricerca identificare le diverse capacità quando già esistono,
in collaborazione con le università più importanti. piuttosto che crearle ex-novo.

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Posizione strategica e vantaggio competitivo 355

9.2 Posizione strategica: leadership di costo e differenziazione

9.2.1 Strategie generiche


Il vantaggio competitivo non può essere ricondotto a una formula o a un algoritmo.
Comunque, anche se non esiste una formula per il successo, possiamo individuare
alcuni elementi comuni che vengono utilizzati dalle imprese, anche in settori diver-
si, per mettersi nella condizione di essere competitive. Per esempio, nel commercio
di prodotti sportivi, Sports Authority è un concorrente con un’ampia base di pubbli-
co, mentre Second Wind Fitness è specializzato in macchine da palestra come tapis
roulant o panche per i pesi. Per fare un altro esempio, il produttore di computer
Dell serve un’ampia gamma di clienti, dagli uffici allo stato, ai privati, mentre
Alienware è specializzato in computer esclusivi per i giocatori più accaniti.
Nel linguaggio della strategia di gestione, Sports Authority e Dell da un lato, e
Second Wind Fitness e Alienware dall’altro, rappresentano diversi tipi di strategie
generiche, un concetto introdotto per la prima volta da Michael Porter12. La strate- Fig. 9.7
Le strategie
gia generica di un’impresa descrive, a grandi linee, come questa si posiziona per generiche
competere nel mercato all’interno del quale opera. La figura 9.7 illustra le strategie di Porter

Tipo di Logica
Posizione? vantaggio? strategica?

I prodotti dell’impresa
possono essere prodotti
a un costo unitario inferiore L’impresa può essere...
rispetto a quelli dei concorrenti Leadership • abbassare i prezzi rispetto a quelli

di costo dei rivali e vendere più di loro o...


• fissare prezzi pari a qeulli dei rivali

Ampio I prodotti dell’impresa e conseguire margini prezzo-costo


permettono di imporre più elevati.
un prezzo, alto superiore L’impresa può...
a quello dei concorrenti. • fissare prezzi pari a quelli dei rivali
Differenziazione
e vendere più di loro o...
• fissare prezzi molto più alti
e conseguire ugualmente margini
Mercato prezzo-costo più elevati.
L’impresa configura la sua catena del
valore in modo da creare un valore
economico superiore all’interno di un
insieme di segmenti del mercato più
ristretto. In questi segmenti, l’impresa
Ristretto
Focalizzazione può avere costi unitari più bassi rispetto
ai suoi concorrenti che servono un mercato
più ampio, oppure può essere in grado di
imporre un prezzo molto più alto rispetto
rispetto a questi concorrenti, ma può fare
anche entrambe le cose.
La figura mostra le strategie generiche di Michael Porter: focalizzazione leadership di costo, differenziazione, foca-
lizzazione. Queste strategie si distinguono per l’ampiezza della prospettiva di un’impresa relativamente al prodotto
o al pubblico e a seconda se l’impresa mira ad ottenere un vantaggio competitivo avendo costi più bassi nel suo
settore, oppure offrendo prodotti/servizi che creano un surplus del consumatore superiore.

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356 Economia degli intermediari finanziari

generiche individuate da Porter – benefici o la leadership di costo, la differenziazio-


ne e la focalizzazione – e ne descrive brevemente la logica economica13.
Nel resto del capitolo, esploreremo la logica economica di queste strategia ge-
neriche: per prima cosa vedremo la logica della leadership di costo e quella della
differenziazione; in seguito discuteremo la logica di una strategia di focalizzazione.

9.2.2  La logica economica della leadership di costo


Un’impresa che ha una posizione di vantaggio di costo crea più valore (B – C) dei
suoi concorrenti in quanto è in grado di offrire prodotti che hanno costi C più bassi.
Questo può avvenire in tre modi qualitativamente diversi. In primo luogo, l’impresa
è in una situazione di parità di beneficio (benefit parity) per cui è in grado di offrire
lo stesso valore B dei suoi rivali, ma a costi C minori. Il vantaggio competitivo ot-
tenuto dai produttori a basso costo sui mercati delle merci (come Mittal Steel, im-
presa indiana leader nell’industria mondiale dell’acciaio) ne sono un esempio. In
secondo luogo, l’impresa può offrire un valore di B che è solo leggermente più bas-
so di quello dei suoi concorrenti (benefit proximity). Ciò può accadere quando l’im-
presa automatizza alcuni processi che darebbero risultati migliori se effettuati ma-
nualmente, quando utilizza lavoratori meno qualificati, quando acquista componen-
ti di qualità inferiore o quando accetta standard inferiori sul controllo di qualità. Un
buon esempio è, nella produzione di pianoforti, il vantaggio di costo di Yamaha ri-
spetto ai produttori tradizionali, come Steinway. In terzo luogo, un’impresa può of-
frire un prodotto che è qualitativamente diverso da quelli dei suoi concorrenti. Può
accadere che un’impresa riesca a costruirsi una posizione di vantaggio competitivo
modificando il suo prodotto in modo da conseguire dei vantaggi sia dal punto di vi-
sta dei benefici che da quello dei costi. Per esempio, un prodotto con elevati margi-
ni di profitto può essere modificato per consentire economie di scala nella produ-
zione e nella distribuzione e può tuttavia continuare a essere vantaggioso per i con-
sumatori. Esempi storici ben noti sono l’orologio Timex e la penna Bic.
La figura 9.8 illustra la logica economica del vantaggio di costo attraverso una
mappa del valore. Per semplicità consideriamo un’industria in cui tutte le imprese,
meno quella che ha il vantaggio di costo, offrono un prodotto con un rapporto qua-
lità-prezzo rappresentato dal punto E e con un costo medio di produzione pari a CE.
Supponiamo ora che l’impresa con il vantaggio di costo, attraverso una maggiore
automazione e l’utilizzo di componenti meno costosi, riesca a produrre con un li-
vello di qualità inferiore qF, ma a un costo significativamente più basso CF da cui
deriva il vantaggio di costo ∆C. Le quote di mercato rimarranno stabili finché l’im-
presa che ha un vantaggio di costo e i suoi concorrenti che hanno costi più alti sa-
ranno in una situazione di parità del surplus del consumatore. Tale parità si ottiene
quando l’impresa avvantaggiata opera al punto F e impone un prezzo pari a PF. Os-
servando la figura si noti che PE – CF < CE – CF, ovvero PF – CF > PE – CE. Data la
parità del surplus tra le imprese, la nostra impresa ha un margine di profitto più ele-
vato. In pratica, il vantaggio di costo dà all’impresa la possibilità di fissare un prez-
zo più basso rispetto ai concorrenti che hanno costi e qualità più alti, e allo stesso

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Posizione strategica e vantaggio competitivo 357

P, C Fig. 9.8
(Price, unit cost) La logica
Indifference
economica
curve del vantaggio
E di costo
PE

F
PF

CE

∆C

∆q
CF

q (Quality)
qF qE
Tutte le imprese offrono un prodotto al costo CE e in una posizione prezzo/qualità E ad ecce-
zione di quella con il vantaggio di costo. Quest’ultima offre un prodotto con un livello di qua-
lità inferiore qF, a un costo sostanzialmente più basso CF, da cui deriva il vantaggio di costo
∆C. La parità del surplus del consumatore si ottiene quando l’impresa avvantaggiata opera
al punto F e impone il prezzo PF. Al punto F, PF – PE < CE – CF, ovvero PF – CF > PE – CE. Da que-
sto si deduce che a dispetto dello svantaggio qualitativo, l’impresa che ha un vantaggio di
costo consegue margini di profitto più alti dei concorrenti che hanno costi più alti.

tempo permette all’impresa stessa di conservare parte di questo vantaggio di costo


sottoforma di un margine prezzo-costo più elevato.
Tutte le imprese offrono un prodotto al costo CE e nella posizione prezzo/quali-
tà al punto E, ad eccezione di quella che ha un vantaggio di costo, che offre un pro-
dotto a un livello di qualità leggermente inferiore qF, ma un costo sostanzialmente
più basso, CF, da cui deriva un vantaggio di costo ∆C. La parità del surplus del con-
sumatore si ottiene quando l’impresa con vantaggio di costo opera al punto F impo-
nendo un prezzo PF. Al punto F, PE – PF < CE – CF, ovvero PF – CF > PE – CE. Da
questo si deduce che a dispetto del suo svantaggio di qualità, l’impresa con un van-
taggio di costo ottiene un margine di profitto più alto rispetto ai suoi concorrenti.

9.2.3  La logica economica della differenziazione


Un’impresa che segue una strategia di differenziazione crea più valore (B – C) dei
suoi concorrenti in quanto è in grado di offrire un prodotto che ha un più elevato va-
lore B. Questo può avvenire in tre modi qualitativamente diversi. In primo luogo,
un’impresa che crea un vantaggio attraverso una strategia di differenziazione può
raggiungere una situazione di parità dei costi C ma con un valore di B superiore a

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358 Economia degli intermediari finanziari

quello dei concorrenti. Un esempio di questo tipo è quello dei produttori giappone-
si di auto negli anni Ottanta: pur non avendo costi di produzione superiori a quelli
delle auto americane, le auto giapponesi (come la Honda Accord) avevano presta-
zioni superiori e una maggiore affidabilità. In secondo luogo un’impresa che voglia
perseguire una strategia di differenziazione per i clienti può avere dei costi C non
molto superiori a quelli dei concorrenti. È quello che oggi caratterizza i produttori
di auto giapponesi in relazione ai concorrenti coreani.
Infine, può anche verificarsi il caso di un’impresa che presenti livelli di B e di C
significativamente più elevati di quelli dei suoi concorrenti, come nel caso delle
berline sportive di BMW e Audi.
La figura 9.9 mostra la logica economica della leadership di differenziazione at-
traverso la mappa del valore. Per semplicità immaginiamo un’industria in cui tutte
le imprese offrano un prodotto con un costo CE e una posizione prezzo/qualità al
punto E, ad eccezione dell’impresa che ha un vantaggio di beneficio. Supponiamo
che tale impresa offra un prodotto che ha un livello di qualità assai più elevato, qF,
e un costo unitario CF leggermente maggiore di CE che genera lo svantaggio di co-
sto ∆C. Le quote di mercato rimarranno stabili finché tutti i concorrenti manterran-
no la parità del surplus del consumatore, che si ottiene quando l’impresa che si dif-

Fig. 9.9 P, C
La logica (Price, unit cost)
economica della Indifference
differenziazione. curve
F
PF

E
PE

CF
∆C
CE

∆q

q (Quality)
qE qF

Tutte le imprese offrono un prodotto con un costo CE e una posizione prezzo/qualità E, ad ec-
cezione dell’impresa con una strategia di differenziazione. Quest’ultima offre un prodotto a
un livello qualitativo superiore, qF e così facendo incorre in un costo più alto CF da cui deriva
lo svantaggio di costo ∆C. La parità del surplus del consumatore tra le imprese si ottiene
quando l’impresa che ha una strategia di differenziazione opera al punto F e impone il prezzo
PF. Al punto F, PF – PE > CF – CE, ovvero PF – CF > PE – CE. Da questo deduciamo che a dispetto
dello svantaggio di costo, l’impresa che pratica una strategia di differenziazione ottiene un
margine di profitto più elevato rispetto ai concorrenti.

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Posizione strategica e vantaggio competitivo 359

ferenzia opera al punto F e impone il prezzo PF. Dalla figura 9.10 si vede che PF –
PE > CF – CE, ovvero PF – CF > PE – CE. Data la parità di surplus del consumatore
tra le imprese, quella che pratica una strategia di differenziazione ottiene un margi-
ne di profitto più elevato. In pratica, la differenziazione dà a un impresa lo spazio
sufficiente per imporre un prezzo molto più alto rispetto ai concorrenti che hanno
benefici inferiori e costi più bassi, senza sacrificare la sua quota di mercato.

9.2.4 Estrarre profitti dai vantaggi di costo e dalla differenziazione


Un’impresa che crea più valore dei suoi concorrenti è portata a trattenere per sé
quanto più possibile di questo valore sotto forma di profitto. Se i consumatori han-
no preferenze identiche (cioè la stessa mappa del valore si applica a tutti i consuma-
tori sul mercato) l’estrazione del valore prende una forma particolarmente sempli-
ce. Quando un’impresa porta la sua « offerta » di surplus del consumatore legger-
mente al di sopra di quella dei concorrenti conquista tutto il mercato. Un’impresa
che crei più valore dei suoi concorrenti ha quindi due semplici ricette per trattenere
i profitti ed entrambe prevedono l’avanzamento di un’offerta di surplus del consu-
matore che i rivali non possono eguagliare.

1. Un’impresa che, a parità di benefici, consegue un vantaggio di costo sui rivali,


può abbassare il suo prezzo appena al di sotto del costo unitario del concorrente
immediatamente più efficiente. In tal modo rende impossibile ai concorrenti
reagire con una riduzione del prezzo, che si porrebbe al di sotto del costo unita-
rio, e può conquistare tutto il mercato.
2. Un’impresa che, a parità di costi, consegue un vantaggio da differenziazione sui
rivali può elevare il suo prezzo appena al di sotto della somma dei seguenti ele-
menti: (1) del costo unitario C più (2) il beneficio aggiuntivo DB che essa crea
rispetto al concorrente con il valore B più alto. Per superare questa « offerta » di
surplus del consumatore un concorrente dovrebbe ridurre il prezzo al di sotto
del costo unitario azzerando il suo profitto. L’impresa che consegue un vantag-
gio da differenziazione può quindi fissare un prezzo che le consente di conqui-
stare tutto il mercato.

Cosa succede se invece un’impresa ha un vantaggio di costo mentre l’altra ha


un vantaggio da differenziazione? Se i consumatori hanno le stesse preferenze,
l’impresa che offre il valore più alto di B – C può conquistare l’intero mercato fis-
sando il prezzo a un punto in cui l’altra impresa non può fare un’offerta di surplus
del consumatore che copra i suoi costi.
Questi scenari estremi, in cui una sola impresa conquista l’intero mercato, risul-
tano dall’assunto iniziale secondo cui tutti i consumatori hanno le stesse preferen-
ze. Ciò non potrebbe accadere in un mercato caratterizzato da una differenziazione
orizzontale. Abbiamo esaminato nel Capitolo 5 e lo vedremo nel 10, come una dif-
ferenziazione orizzontale si determini quando vi sono prodotti che hanno caratteri-
stiche tali da incrementare il beneficio percepito B per alcuni consumatori e dimi-

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360 Economia degli intermediari finanziari

nuirlo per altri. Nei mercati in cui vi è una differenziazione orizzontale, i prezzi più
bassi o una migliore qualità attireranno alcuni consumatori, ma altri non cambie-
ranno i loro acquisti se non in presenza di differenze di prezzo e di qualità sufficien-
temente ampie. In questo tipo di mercato, l’elasticità della domanda rispetto al
prezzo diventa per ogni impresa un fattore chiave che determina la possibilità di
trarre profitto da una posizione di vantaggio competitivo. La tabella 9.2 evidenzia
come l’elasticità della domanda rispetto al prezzo di cui deve tenere conto un’im-
presa influenzi le sue scelte tra due opposte strategie: quella del margine di profitto
e quella delle quote di mercato.
Consideriamo in primo luogo un’impresa che abbia un vantaggio di costo.
Quando l’impresa opera in un contesto di bassa elasticità della domanda rispetto al
prezzo, in cui i consumatori non sono particolarmente sensibili a variazioni di prez-
zo a causa della forte differenziazione orizzontale con i prodotti dei concorrenti,
neanche forti riduzioni di prezzo consentono all’impresa di incrementare significa-
tivamente la quota di mercato. In questo caso, il modo migliore per l’impresa di
sfruttare il suo vantaggio di costo è quello di perseguire una « strategia del margine
di profitto »: l’impresa mantiene un prezzo simile ai suoi concorrenti e, invece di
cercare di acquisire nuove quote di mercato, gode di profitti più elevati in quanto ha
dei costi inferiori a quelli dei concorrenti. Al contrario, quando il prodotto dell’im-
presa ha un’alta elasticità della domanda rispetto al prezzo, quando cioè i consuma-
tori sono sensibili alle variazioni di prezzo in quanto vi è una debole differenziazio-
ne orizzontale, riduzioni anche piccole del prezzo possono dar luogo ad aumenti
significativi della quota di mercato. In questo caso, l’impresa può sfruttare il suo
vantaggio di costo con una « strategia delle quote di mercato ». L’impresa fissa un
prezzo più basso di quello dei suoi concorrenti e acquisisce quote di mercato a loro
spese. Nella realtà, la distinzione tra una strategia del margine di profitto e quella
delle quote di mercato non è così netta e imprese che hanno una posizione di van-
taggio di costo praticano spesso strategie miste: riducono i prezzi per acquisire nuo-
ve quote di mercato, ma « monetizzano » anche una parte della riduzione dei costi
con più elevati margini di profitto.
La tabella 9.1 illustra come la logica dello sfruttamento della differenziazione
sia analoga a quella dello sfruttamento di un vantaggio di costo. Quando un’impre-
sa acquisisce un vantaggio e opera in un mercato in cui i consumatori sono sensibi-
li ai prezzi, anche un piccolo aumento del prezzo può annullare il vantaggio e im-
pedire l’incremento della quota di mercato che altrimenti si sarebbe potuto conse-
guire. In questo caso, il miglior modo per l’impresa di sfruttare il suo vantaggio è
quello di perseguire una strategia delle quote di mercato: ciò vuol dire mantenere lo
stesso prezzo dei concorrenti e sfruttare il vantaggio di beneficio acquisendo nuove
quote di mercato a spese dei concorrenti. Per contro, quando i consumatori non so-
no sensibili al prezzo in quanto la differenziazione orizzontale è forte, neanche un
significativo aumento del prezzo eroderà completamente le nuove quote di mercato
acquisite a causa del maggior beneficio assicurato ai consumatori: il miglior modo
per l’impresa di sfruttare il suo vantaggio è allora di seguire una strategia del mar-
gine di profitto e quindi di elevare il prezzo rispetto ai concorrenti anche con sacri-
ficio della quota di mercato. Il risultato sarà comunque un più alto margine di pro-

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Posizione strategica e vantaggio competitivo 361

Tab. 9.1
Tipo di vantaggio

Vantaggio di costo Vantaggio da differenziazione


(C inferiore a quello (B superiore a quello
dei concorrenti) dei concorrenti)

Piccole riduzioni di prezzo Piccoli aumenti di prezzo


fanno acquisire grosse quote fanno perdere grosse quote
di mercato. di mercato.
Si sfrutta il vantaggio Si sfrutta il vantaggio
con l’acquisizione di quote con l’acquisizione di quote
più elevate di quelle di mercato superiori
Alta elasticità
dei concorrenti. a quelle dei concorrenti.
(differenziazione
Strategia delle quote Strategia delle quote
orizzontale debole)
di mercato: prezzo inferiore di mercato: mantiene
a quello dei concorrenti la parità di prezzo
per acquisire quote con i concorrenti (e si lascia
Elasticità
di mercato. che sia il vantaggio di
della domanda
beneficio a far crescere
al prezzo
le quote di mercato).
Forti riduzioni di prezzo fanno Forti aumenti di prezzo fanno
acquisire piccole quote di perdere piccole quote
mercato. di mercato.
Si sfrutta il vantaggio Si sfrutta il vantaggio
con margini di profitto con margini di profitto
Bassa elasticità più elevati. più elevati.
(differenziazione Strategia dei margini Strategia dei margini
orizzontale forte) di profitto: si mantiene di profitto: fissare
la parità di prezzo un prezzo superiore
con i concorrenti (e si lascia a quello dei concorrenti.
che i minori costi consentano
margini di profitto
più elevati).

fitto.Un’impresa dovrebbe sempre valutare le possibili reazioni dei concorrenti pri-


ma di effettuare dei cambiamenti di prezzo, in quanto lo schema della tabella 9.2
potrebbe rivelarsi non sempre valido. Per esempio, in mercati in cui i consumatori
sono molto sensibili al prezzo, una strategia della quota di mercato perseguita con
riduzioni di prezzo al fine di sfruttare un vantaggio di costo, può essere efficace se
i prezzi dei concorrenti rimangono invariati. Tuttavia, qualora i concorrenti si ade-
guassero rapidamente ai nuovi prezzi, quella stessa strategia sarebbe inefficace in
quanto come risultato si avrebbero minori margini senza incrementare o incremen-
tando marginalmente la quota di mercato dell’impresa. In questo caso una strategia
del margine potrebbe essere un’opzione più adeguata.

9.2.5  Confronto dei vantaggi di costo e dei vantaggi da differenziazione


In quali circostanze vi è la possibilità che una delle due fonti di vantaggio competi-
tivo sia più importante dell’altra? Sebbene non possano essere stabilite regole defi-
nitive, la situazione economica del settore in cui opera l’impresa e la posizione

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362 Economia degli intermediari finanziari

dell’impresa stessa nel settore possono fornire indicazioni su quale strategia è pre-
feribile.
Una posizione di vantaggio competitivo costruita sulla base di una posizione di
costo superiore potrebbe essere preferibile quando:

• La natura del prodotto limita le possibilità di aumentare il beneficio percepito


B. Questo potrebbe essere il caso di alcuni prodotti poco differenziati come le
commodity, per esempio i prodotti chimici e la carta. In questi casi vi sono più
possibilità di creare maggior valore abbassando il costo C piuttosto che elevan-
do il beneficio percepito B. Tuttavia dobbiamo sempre tenere presente che la
differenziazione non dipende solo dalle caratteristiche fisiche del prodotto, ma
anche da altri fattori quali un miglior servizio post-vendita, una localizzazione
più favorevole o una maggiore rapidità di consegna.
• I consumatori sono piuttosto sensibili al fattore prezzo e non sono molto dispo-
nibili a pagare di più per un prodotto superiore per qualità, prestazioni o con
una migliore immagine. Questo accade quando i consumatori sono più attenti al
prezzo che alla qualità. Graficamente ciò corrisponde al caso in cui le curve di
indifferenza del consumatore sono relativamente piatte e quindi il consumatore
non sarà disposto a pagare molto di più per una migliore qualità. Le possibilità
di creare maggior valore sono quindi da ricercare più attraverso una riduzione
dei costi che con un aumento del beneficio percepito.
• Il prodotto è un bene di ricerca (search good). Come vedremo più nel dettaglio
del Capitolo 10, un bene di ricerca ha delle caratteristiche tali che i suoi pregi
possono essere facilmente accertati dal compratore al momento dell’acquisto,
senza richiedere l’utilizzo per un periodo più o meno lungo. Esempi possono
essere merci come prodotti di cancelleria o mobili per ufficio. Nel caso dei beni
di ricerca le possibilità di differenziazione si concretizzano nel miglioramento
delle caratteristiche più evidenti del prodotto, anche se come gli acquirenti pos-
sono distinguere facilmente tra le diverse offerte, così le migliorie apportate
possono essere facilmente imitate dai concorrenti.

Una posizione di vantaggio competitivo costruita sulla base di maggiori benefi-


ci per i consumatori potrebbe essere preferibile quando:

• Il consumatore tipo è disposto a pagare un prezzo sensibilmente maggiore in


presenza di caratteristiche che incrementano il beneficio percepito B. Questo è
il caso in cui la curva di indifferenza del consumatore tipo ha una notevole in-
clinazione e un’impresa che riesca a differenziare il suo prodotto offrendo qual-
che caratteristica aggiuntiva potrebbe incrementare il prezzo in modo significa-
tivo.
• Le economie di scala o quelle di apprendimento sono fattori rilevanti e le im-
prese le hanno già sfruttate. In questo caso, le possibilità di conseguire un van-
taggio competitivo attraverso una riduzione dei costi sono molto limitate e la
via migliore per creare valore è quella di perseguire una differenziazione oriz-
zontale offrendo quindi un prodotto particolarmente adatto ad alcune nicchie

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Posizione strategica e vantaggio competitivo 363

del mercato. Alcuni piccoli produttori di birra come Boston Beer Company han-
no cercato di costruirsi in questo modo un vantaggio competitivo.
• Il prodotto è un bene di esperienza (experience good), appartiene, cioè, alla ca-
tegoria di quelli che ne richiedono l’uso per un certo periodo di tempo per valu-
tare la qualità. Alcuni esempi sono le automobili, gli elettrodomestici, e i beni
di consumo confezionati. Come vedremo nel Capitolo 10, in questo caso i con-
sumatori giudicheranno la merce basandosi sull’immagine, sulla reputazione o
sulla credibilità e questi sono fattori più difficili da imitare o da neutralizzare.
All’inizio degli anni Duemila, grazie alla sua consolidata reputazione per l’elet-
tronica di consumo, Sony è diventato uno dei leader del segmento dei televisori
widescreen nonostante la tecnologia LCD avesse una qualità inferiore alla tec-
nologia DLP offerta da Samsung, un’impresa coreana che all’epoca aveva una
reputazione più debole.

I punti sopraesposti non implicano che per ogni dato settore industriale esiste
un’unica posizione strategica ideale alla quale dovrebbero tendere tutte le imprese.
Più di ogni altra cosa, l’abilità di un’impresa di avere prestazioni migliori di quelle
dei suoi concorrenti nasce dalla sua capacità di creare un valore economico distin-
tivo. Nei mercati in cui i consumatori si distinguono per la loro massima disponibi-
lità a pagare o per quanto è costoso per le imprese avere accesso a loro e servirli,
possono nascere allo stesso tempo molte posizioni strategiche efficaci. Il mercato
statunitense della grande distribuzione è un ottimo esempio: Wal-Mart ha un van-
taggio di costo che gli permette di prosperare, mentre Target ha seguito un’efficace
strategia di differenziazione basata su merci alla moda e su un ambiente brillante e
accogliente per il cliente. In questo e in altri mercati di questo tipo, non c’è quasi
mai una posizione strategica ideale.

9.2.6  « Essere inchiodati nel mezzo »


Michael Porter ha coniato l’espressione « inchiodate nel mezzo » (stuck in the
middle) per indicare quelle imprese che tentano di perseguire contemporaneamente
entrambe le strategie e non riescono in nessuna delle due14. Secondo Porter, un’im-
presa che non sceglie chiaramente se concentrarsi sulla realizzazione di un vantag-
gio di costo o di differenziazione, otterrà in genere profitti inferiori rispetto ai con-
correnti che hanno scelto chiaramente quale strategia seguire.
Tali imprese rimangono inchiodate nel mezzo perché non riescono a scegliere
quale strategia di concorrenza seguire e di conseguenza le loro strategie mancano di
chiarezza e coerenza. Scelte chiare in questo senso sono fondamentali, perché una
posizione strategica efficace richiede sempre dei trade-off15. Nel settore dei grandi
magazzini, per esempio, i clienti di Neiman-Marcus, catena di grande distribuzione
di lusso americana, si aspettano di trovare sugli scaffali merci alla moda di qualità
superiore, accanto a un’esperienza di shopping di alto livello. Per soddisfare tali
aspettative, Neiman-Marcus deve incorrere nei costi dell’acquisto di un certo tipo
di merce, della forza lavoro e dell’affitto dei locali che altri grandi magazzini non

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364 Economia degli intermediari finanziari

sono preparati a sostenere. Dall’altro lato dello spettro, Ikea ha scelto consapevol-
mente di sacrificare alcuni elementi del servizio ai clienti (che infatti prendono le
merci dagli scaffali, le trasportano e le montano da sé) per poter mantenere costi
bassi.
A dispetto dell’ammonizione di Porter riguardo al rischio di rimanere inchioda-
ti nel mezzo, alcune ricerche dimostrano che le imprese possono avere prestazioni
migliori dei concorrenti anche se perseguono allo stesso tempo strategie di vantag-
gio di costo e di beneficio. Per esempio, D. Miller e P. Friesen hanno rilevato che
nel settore dei beni di consumo durevoli le imprese che avevano conseguito vantag-
gi di beneficio tendevano anche a utilizzare impianti più recenti, avevano un livello
di utilizzo degli impianti superiore alla media e costi diretti per unità di prodotto
ben inferiori alla media del settore16. Dall’altra parte, imprese che sembravano aver
conseguito un vantaggio di costo risultavano aver percepito buoni risultati anche
nella differenziazione dei loro prodotti, sia attraverso la qualità dei prodotti stessi,
che con spese pubblicitarie e promozionali.
Da un punto di vista teorico vi sono molti fattori che potrebbero rendere più de-
bole la contrapposizione tra un orientamento alla differenziazione e uno alla posi-
zione di costo:

• Un’impresa che offre prodotti di alta qualità incrementa la sua quota di mercato
e ciò porta a una riduzione dei costi medi, per effetto tanto delle economie di
scala quanto di quelle di apprendimento. In definitiva, un’impresa potrebbe rea-
lizzare prodotti di alta qualità e contemporaneamente avere bassi costi. L’azien-
da americana Charles River Breeding Laboratories è stata un esempio di questa
situazione negli anni Settanta con la sua tecnologia sterile per l’allevamento di
animali in laboratorio. L’azienda, essendo stata la prima ad adottare questa tec-
nologia, divenne leader del settore per quanto riguarda la qualità del prodotto, si
spostò la curva delle economie di apprendimento e, rispetto ai suoi concorrenti
più prossimi, raggiunse una situazione di costi più favorevole.
• L’esperienza acquisita consente di ridurre i costi in misura maggiore per i pro-
dotti di qualità elevata che non per quelli di bassa qualità. Ciò deriva dal fatto
che i lavoratori addetti alla produzione devono esercitare una maggiore atten-
zione per i prodotti di qualità più elevata e questo consente di scoprire inconve-
nienti e difetti che non sarebbero stati rilevati in prodotti di qualità inferiore.
• Le inefficienze rendono poco chiaro il rapporto tra posizione di costo e di diffe-
renziazione. La tesi che ad alta qualità corrispondano alti costi non tiene conto
della possibilità che le imprese producano in modo poco efficiente e cioè che il
loro C sia più elevato del necessario rispetto al loro B. Qualora si verifichi que-
sta situazione in qualsiasi momento e nella maggior parte dei settori si potreb-
bero trovare imprese che creano un B inferiore e hanno un C superiore a quelli
dei loro concorrenti più efficienti.

Nonostante queste eccezioni, l’ammonizione di Porter è di estrema importanza


perché ci ricorda che i trade-off sono fondamentali per le decisioni d’affari e che
l’impresa non può eccellere in tutto. La convinzione che l’eccellenza può essere

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Posizione strategica e vantaggio competitivo 365

raggiunta in ogni ambito, spesso porta a un processo decisionale poco focalizzato e


alla messa in atto di azioni incoerenti che hanno un impatto limitato sulla riduzione
dei costi C oppure sull’aumento dei benefici B, o che si neutralizzano a vicenda.
Questa convinzione potrebbe portare anche a una banale imitazione delle « migliori
pratiche » (best practices) delle altre imprese. Tale posizione conduce, nella miglio-
re delle ipotesi alla parità concorrenziale, e nella peggiore, intensifica la concorren-
za tra un gruppo di imprese che finiscono per essere tutte uguali. Kmart è un esem-
pio vivente di questo: negli ultimi vent’anni è stato sballottato da una parte e dall’al-
tra a volte spinto dal desiderio di essere alla moda come Target (per esempio offren-
do la linea Martha Stewart di alcune merci) o in altri momenti trainato dalla voglia
di competere con Wal-Mart sui prezzi (un esempio è la strategia Every Day Low
Pricing del 2001). Non c’è mai stato però, un periodo prolungato di tempo nel qua-
le Kmart si sia concentrato su un’unica strategia mirata a ottenere maggiori benefi-
ci per i consumatori oppure una maggiore efficienza di costo in relazione ai suoi
concorrenti, per cui alla fine non ha ottenuto nessuno dei due.

Esempio 9.3 Posizionamento strategico nell’industria aeronautica:


quarant’anni di cambiamenti

Come abbiamo visto, la redditività della posizione la CAB.La CAB manteneva i prezzi molto alti e sot-
strategica di un’impresa dipende dalle condizioni to la sua amministrazione le compagnie aeree pro-
economiche del mercato. Quando cambiano tali con- speravano pur mettendo in atto forme di concorren-
dizioni, può cambiare anche l’effetto di una posizio- za non di prezzo sulle rotte servite da più di una di
ne che prima aveva comportato un vantaggio compe- loro (soprattutto concorrevano sulla frequenza dei
titivo. La strategia seguita dalle tre maggiori compa- voli e sui comfort a bordo). La minaccia principale
gnie aeree statunitensi, American Airlines, United proveniva dai potenti sindacati, che ottenevano sala-
Airlines e Delta, illustra in modo eccellente questo ri molto alti e diverse concessioni sul lavoro in cam-
punto. bio del mantenimento della tranquillità. Questa non
Per quanto si parli degli sconvolgimenti nel è una cosa insolita, sono molti i monopoli protetti
mondo dell’aeronautica, non bisogna, dimenticare che « dividono il bottino » con sindacati forti. Anche
un fatto degno di nota: tutti i più grandi vettori na- nel periodo successivo al Deregulation Act, questi
zionali ad eccezione di uno (American, Continental, costosi accordi di lavoro rimasero in piedi, inseren-
United, USAir, Delta e Northwest), volano fin dagli do nella struttura dei costi di una compagnia aerea
anni Sessanta, sia con l’aspetto attuale, sia sotto altri ulteriori costi che non era facile ridurre.In un am-
nomi (l’unica compagnia « nuova » è Southwest Ai- biente deregolamentato, le compagnie aeree esisten-
rlines). ti non poterono più contare sul loro status di mono-
Prima del Deregulation Act dell’industria aero- polio protetto che assicurava loro i profitti, e risolse-
nautica del 1978, a ognuna di queste compagnie la ro il problema adottando una strategia basata su
CAB (U.S. Civil Aeronautic Board) aveva assegnato grandi sistemi hub-and-spoke. Delta aveva iniziato
una rotta protetta: per esempio a United erano state già prima della deregolamentazione a costruire una
assegnate le rotte transcontinentali riguardanti il ter- rete basata sull’hub di Atalanta, mentre American e
zo settentrionale del paese, mentre American viag- United ne crearono rapidamente altre con hub multi-
giava da est ad ovest nel corridoio meridionale. In pli (Chicago e Dallas per American, Chicago e Den-
cambio del potere di monopolio sulle proprie rotte, ver per United).
le compagnie aeree cedevano l’autorità sui prezzi al- Organizzare il programma dei voli su un sistema

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366 Economia degli intermediari finanziari

hub-and-spoke rappresentava un vantaggio non in- una concorrenza testa a testa che sarebbe stata di-
differente per le grandi compagnie aeree. Infatti, co- struttiva, pur mantenendo un livello di domanda suf-
me abbiamo visto nell’esempio 2.1, tale modello per- ficiente a riempire gli aerei.Negli anni i vantaggi del
mette di riempire gli aerei che vanno dalle località modello hub-and-spoke su quello dei voli diretti si
lungo i raggi all’aeroporto hub, e tornare a riempirli sono quasi annullati, mentre gli svantaggi hanno
quando ci si sposta da questo aeroporto alle altre cit- continuato a essere consistenti. Il semplice aumento
tà di destinazione. Avere aerei pieni significa minori demografico ha fatto sì che molte coppie di città di-
costi di esercizio per ricavo per passeggero per mi- venissero grandi a sufficienza da sostenere un traffi-
glio, e maggiore protezione per le imprese esistenti co di voli diretti e questo ha sottratto profitti alle
dalla concorrenza di nuovi entranti con una struttura grandi compagnie e ha reso più difficile per loro
di voli diretti (come Peoples Express). Quest’ultimo riempire gli aerei con il traffico ridotto delle loro re-
vantaggio era particolarmente evidente sulle rotte ti. Allo stesso tempo, Bombardier ed Embraer, pro-
transcontinentali perché gli entranti che facevano vo- duttori di aerei di nicchia, hanno messo sul mercato
li diretti in genere non avevano i jumbo jet in grado piccoli aerei in grado di effettuare viaggi interconti-
di volare senza scali da un continente all’altro, né nentali senza scalo, rimuovendo un’altra delle fonti
possedevano hub in cui poter fare scalo.Tuttavia, il di vantaggio delle grandi compagnie aeree.
sistema hub-and-spoke richiede considerevoli trade- Dato il loro svantaggio di costo inerente, i vettori
off: la compagnia ha bisogno di diversi tipi di aerei hub-and-spoke hanno capito che la loro attività, così
per poter viaggiare a pieno carico sia su rotte brevi come la svolgevano fino ad ora, non è più sostenibile,
che su rotte più lunghe, tra città piccole e città grandi; e hanno fatto alcuni passi per rispondere al cambia-
questo significa avere costi di manutenzione più alti mento che ha messo in crisi il potere economico delle
e minore flessibilità nell’utilizzo dei gate dell’aero- loro tradizionali posizioni strategiche. American,
porto. Viaggiare passando da una località intermedia United e Delta contano sempre di più sui viaggi in-
comporta spesso anche la perdita dei bagagli e ritardi ternazionali, sfruttando in modo efficiente i benefici
che si ripercuotono su tutto il sistema causando a vol- operativi delle reti hub-and-spoke che fornivano van-
te la perdita della coincidenza. Questi svantaggi an- taggi basati sulle economie di scala per il traffico na-
davano ad aggiungersi ai costi del lavoro già alti ere- zionale. Inoltre stanno lavorando con i sindacati dei
ditati dalla regolamentazione CAB, ma finché gli ae- loro dipendenti per eliminare gli svantaggi di costo e
rei erano pieni, una grossa compagnia poteva soste- di esercizio. Eppure, nonostante tutti i cambiamenti,
nere tutti questi costi. Questa era la posizione strate- il futuro di queste grandi compagnie appare ancora
gica di American, United e Delta (e in certa misura incerto: ogni anno sempre più passeggeri scelgono i
anche di Continental, Northwest e USAir) e per mol- voli diretti delle compagnie low-cost che seguono il
to tempo fu anche la più sensata. modello di Southwest e a meno che uno dei due pun-
Southwest fu la prima compagnia ad avere suc- ti sia un hub, le reti hub-and-spoke non hanno alcun
cesso con il modello dei voli diretti. Essendo nata vantaggio nel servire questo mercato.
dopo la deregolamentazione, Southwest poteva go- Non potendo mantenere il vantaggio economico,
dere di costi di lavoro più bassi rispetto alle grandi le grandi compagnie stanno tentando di migliorare
compagnie, mentre grazie alla flotta composta esclu- l’economia del settore con mezzi, come le fusioni e
sivamente da Boeing 737 aveva anche costi di manu- la riduzione di capacità, che stanno contribuendo a
tenzione molto più bassi. Evitando gli aeroporti più un aumento costante dei prezzi, e, anche se gli au-
grandi e congestionati, ottenne che i suoi voli fosse- menti dei costi del carburante, per il momento, han-
ro quasi sempre in orario e seppe scegliere bene il no annullato qualunque guadagno economico, un
mercato su cui entrare. Si limitò infatti a quelle rotte mercato più piccolo e meno concorrenziale potrebbe
poco servite dalle grandi compagnie, evitando così essere la strada giusta per questo tormentato settore.

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Posizione strategica e vantaggio competitivo 367

9.3 Analisi degli elementi base dei costi e dei benefici

I costi e i benefici ottenuti dal consumatore sono gli elementi base per la creazione
di valore. Per comprendere come un’impresa crea valore, e perché crea più o meno
valore rispetto ai suoi concorrenti, è necessaria un’analisi degli elementi base dei
costi e dei benefici.

9.3.1 Elementi base dei costi


Gli elementi base dei costi spiegano perché i costi varino da un’impresa a un’altra.
Possiamo classificare gli elementi base dei costi in quattro categorie, ciascuna delle
quali ha a sua volta diverse sotto-categorie:

• elementi base dei costi relativi alla dimensione o all’estensione dell’impresa e


all’esperienza accumulata;
• elementi base dei costi indipendenti dalle dimensioni, dall’estensione e dall’e-
sperienza accumulata;
• elementi base dei costi relativi all’organizzazione delle transazioni.

Elementi base dei costi relativi alle dimensioni, all’estensione dell’impresa


e all’esperienza accumulata
Il Capitolo 2 contiene un’analisi approfondita delle economie di scala, delle econo-
mie di scopo e dell’esperienza acquisita, e pertanto riesamineremo soltanto i punti
chiave: economie di scala si hanno quando i costi medi decrescono man mano che
aumentano i volumi di produzione; economie di scopo quando i costi medi decre-
scono in funzione di una maggior varietà di beni prodotti dall’impresa. Una fonte
fondamentale delle economie di scala e di scopo sono le indivisibilità: si tratta di
input che non possono essere ridotti al di sotto di un certo minimo e che pertanto,
fanno salire i costi fissi. Man mano che il volume o la varietà dei beni prodotti au-
menta, questi costi fissi sono distribuiti su un maggior numero di unità e quindi di-
minuiscono i costi unitari di produzione. Nel breve periodo, i costi fissi diminuisco-
no a causa di una maggiore utilizzazione degli impianti. Nel lungo periodo, i costi
fissi diminuiscono quando diventa economicamente vantaggioso per un’impresa
sostituire una tecnologia con alti costi fissi e bassi costi variabili, con una tecnolo-
gia con bassi costi fissi e alti costi variabili. Altre importanti fonti di economie di
scala sono: (1) le caratteristiche fisiche dei mezzi di produzione (la regola del cubo-
quadrato); (2) incrementi di produttività degli input variabili all’aumentare dei vo-
lumi prodotti (per esempio, ottenuti con una maggiore specializzazione del fattore
lavoro); (3) economie ottenute con una miglior gestione delle scorte. L’esperienza
acquisita può ridurre i costi medi man mano che l’impresa si sposta verso la zona
bassa della curva di apprendimento.

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368 Economia degli intermediari finanziari

Elementi base dei costi indipendenti dalle dimensioni, dall’estensione


e dall’esperienza accumulata dell’impresa.
Questi fattori fanno sì che i costi unitari di un’impresa siano diversi da quelli dei
concorrenti anche se le loro dimensioni e l’esperienza accumulata sono le stesse.
Un importante elemento base del costo indipendente dalle dimensioni è costituito
dai prezzi degli input (lavoro, energia, componenti e materie prime). Quando le im-
prese di uno stesso settore acquistano i loro input sul mercato nazionale, i prezzi
dovrebbero essere gli stessi; ma imprese dello stesso settore spesso pagano prezzi
diversi per gli stessi input. Differenze nel costo del lavoro possono essere dovute a
differenti livelli di sindacalizzazione; differenze salariali, di prezzo dell’energia e
dei materiali acquistati possono anche essere dovute alla diversa localizzazione del-
le imprese.
Per « economie di densità » si intendono i risparmi di costo che si realizzano in
presenza di una maggior concentrazione geografica dei consumatori. Esse si posso-
no verificare quando, nell’ambito di una certa area geografica, una rete di trasporti
è utilizzata più intensamente (per esempio, quando i costi di una linea aerea si ridu-
cono in quanto un maggior numero di passeggeri vola su una certa tratta). Econo-
mie di densità si hanno anche quando in un’area geografica più piccola si realizza
un maggior giro d’affari rispetto a un’area geografica più estesa (per esempio,
quando un distributore di birra che opera in un’area urbana densamente popolata ha
costi unitari inferiori a quelli di un distributore che vende la stessa quantità di birra
in zone periferiche meno popolate). In ambedue i casi i risparmi di costo sono do-
vuti a un incremento di densità (passeggeri per km o clienti per km quadrato) piut-
tosto che dal maggior numero di servizi forniti (numero di tratte servite) o dalla di-
mensione (quantità di birra venduta).
Un’impresa può avere costi medi inferiori a quelli dei concorrenti poiché il con-
testo economico in cui opera è meno complesso o più focalizzato. Un’impresa, che
utilizza lo stesso impianto per realizzare molti prodotti diversi tra loro, deve soste-
nere costi più elevati in quanto macchinari e linee di produzione devono essere ogni
volta adattati per produrre lotti di merci diverse. Un’impresa di questo tipo può an-
che avere costi amministrativi più elevati dovuti a una più complessa organizzazio-
ne del lavoro.
Un’impresa può anche avere costi medi inferiori a quelli dei concorrenti in
quanto è riuscita a rendere più efficienti i processi produttivi. Ciò significa che
l’impresa utilizza una quantità di fattori (input) inferiore a quella dei concorrenti
per realizzare lo stesso volume di produzione, ovvero che le tecnologie utilizzate
consentono l’impiego di fattori meno costosi. Questo effetto è spesso difficile da di-
stinguere dalla curva di apprendimento, poiché il conseguimento di una maggiore
efficienza nel processo produttivo attraverso l’esperienza operativa (learning by
doing) è alla base della curva di apprendimento.
Un’impresa può anche avere costi medi inferiori a quelli dei suoi concorrenti in
quanto evita di sostenere spese che sono invece effettuate da altre imprese, come
quelle per la pubblicità o le spese di vendita, anche se questo può tradursi in un mi-
nore afflusso di clienti.

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Posizione strategica e vantaggio competitivo 369

Infine un’impresa può avere costi medi inferiori a quelli dei suoi concorrenti a
causa degli effetti di politiche governative. Per ovvie ragioni questi fattori influen-
zano anche i mercati internazionali. Per esempio, i produttori giapponesi di veicoli
industriali sono stati per lungo tempo svantaggiati nelle loro vendite negli Stati
Uniti per il pesante carico fiscale che il governo americano pose sulle importazioni.

Elementi base dei costi legati all’organizzazione delle transazioni


Nei Capitoli 3 e 4 è stato analizzato come la catena verticale può influenzare i costi
di produzione. Le imprese verticalmente integrate hanno spesso costi di agenzia ri-
spetto alle imprese che organizzano la propria attività attraverso l’uso del mercato.
Un sistema amministrativo interno di un’impresa integrata, la sua struttura organiz-
zativa o il suo sistema delle retribuzioni possono influire sui costi di agenzia. Per le
operazioni per le quali la minaccia di un blocco è significativa, per quelle in cui vi
può essere la fuga di informazioni riservate o per quelle il cui coordinamento è
complesso, un’impresa che si serve del mercato può avere spese amministrative e
di produzione superiori a quelle di un’impresa integrata verticalmente.
I costi di agenzia spesso aumentano quando l’impresa cresce e deve coordinare
internamente un maggior numero di attività o si diversifica, e quindi genera mag-
giori conflitti nell’azione di coordinamento. L’efficienza di agenzia dell’impresa ri-
spetto ad altre imprese può anche deteriorarsi se i suoi concorrenti adottano nuove
e innovative procedure di organizzazione interna che risolvono gli stessi problemi
di coordinamento a un costo inferiore.

9.3.2  Elementi base dei benefici


Un’impresa crea un vantaggio da differenziazione quando è in grado di offrire un
prodotto che fornisce ai potenziali acquirenti un beneficio superiore a quello dei
prodotti concorrenti, cioè quando è in grado di offrire un B più elevato. Il beneficio
percepito, a sua volta, dipende dalle caratteristiche del prodotto che i consumatori
prendono in esame e da quelle che consentono di abbassare i costi degli utilizzatori
del prodotto e i costi delle transazioni. Queste caratteristiche, che possiamo definire
come « elementi base dei benefici », consentono all’impresa di differenziarsi dai
concorrenti. Gli elementi base dei benefici riguardano molti aspetti e, per analizzar-
li nei vari possibili casi, è necessario individuare chi sono i potenziali acquirenti del
prodotto dell’impresa, comprendere come questi ultimi potrebbero utilizzare il pro-
dotto e i servizi offerti e scoprire quali sono i bisogni soddisfatti dal prodotto in
questione.
Gli elementi base dei benefici possono essere classificati in cinque categorie:

1. Caratteristiche fisiche del prodotto stesso. In questa categoria sono compresi


fattori quali le prestazioni del prodotto, la qualità, l’aspetto estetico, la durata e
la facilità di installazione e di funzionamento.
2. La quantità e le caratteristiche dei servizi e dei prodotti complementari che
l’impresa o i suoi distributori sono in grado di offrire. Gli elementi chiave in-

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370 Economia degli intermediari finanziari

cludono i servizi post-vendita, quali la formazione e addestramento del cliente


e la consulenza, i prodotti complementari, quali i pezzi di ricambio che il ven-
ditore fornisce insieme al prodotto, le garanzie e i contratti di manutenzione, la
qualità delle riparazioni e le capacità di fornire assistenza.
3. Caratteristiche associate alla vendita o alla consegna del bene: rientrano in
questa categoria la velocità e la puntualità di consegna, la disponibilità e la con-
venienza di concessioni di credito, la localizzazione del venditore, la qualità
della consulenza tecnica prima della vendita.
4. Caratteristiche che determinano la percezione e le aspettative del consumatore
per quanto riguarda le prestazioni del prodotto e il suo costo di utilizzo. Più
specificatamente, rientrano in questa categoria la reputazione del prodotto per le
sue prestazioni, il prestigio del venditore e la sua solidità finanziaria (questo
elemento è importante per le transazioni industriali nelle quali il compratore ve-
de, in prospettiva, un rapporto continuativo con il venditore), l’ampiezza della
presenza sul mercato del prodotto (cioè il numero di consumatori che usano
quel prodotto: un vasto numero di consumatori induce a pensare che i costi per
acquisire il know-how del prodotto saranno bassi).
5. L’immagine del prodotto: per immagine si intende quell’insieme di gratificazio-
ni psicologiche che il consumatore riceve per il fatto di acquistare, possedere e
consumare il prodotto. L’immagine è determinata dall’impatto dei messaggi
pubblicitari, dalla confezione e dal prestigio dei distributori o dei punti di ven-
dita che dispongono di quel prodotto.

9.3.3  Metodi per definire e stimare i costi e il beneficio percepito

Stimare i costi
Molte imprese spendono considerevoli energie nel misurare i propri costi e possono
realizzare questi calcoli con notevole precisione grazie ai moderni strumenti di con-
tabilità, come l’activity-based costing (ABC). Alcune imprese sono in grado di ot-
tenere buoni dati contabili sui propri rivali, come spesso avviene nei mercati rego-
lamentati quale quello degli ospedali. In assenza di dati contabili, le imprese posso-
no eseguire un’analisi dei costi delle attività che permette di formulare ipotesi cre-
dibili sulla posizione di un’impresa rispetto alla concorrenza17. Laddove è possibi-
le, l’analisi dei costi delle attività applica precisi dati contabili a ogni passaggio del-
la catena verticale della produzione per tutte le imprese concorrenti, ma una cono-
scenza così dettagliata raramente è disponibile. Più spesso l’analista per confronta-
re i costi è costretto a fare affidamento sui dati economici piuttosto che su quelli
contabili.
L’approccio economico al confronto dei costi si basa sull’identificazione dei
principali elementi base dei costi nel processo di produzione, i quali includono fat-
tori ovvi come le condizioni del mercato del lavoro o le tasse, ma anche fattori me-
no evidenti come la produttività dei lavoratori e i costi della conformità alle leggi.
Abbiamo identificato molti altri elementi base dei costi nel capitolo precedente,
quando abbiamo parlato delle opportunità di ottenere un vantaggio di costo.

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Posizione strategica e vantaggio competitivo 371

Il passo successivo è calcolare qual è il peso che l’influenza di ogni concorrente


esercita sugli elementi base dei costi dell’altro. Chi paga gli stipendi più alti? Chi
ha i dipendenti più produttivi? Sia ottenendo alcuni dati che facendo affidamento
sulle ricerche di terzi, a volte è possibile fare delle stime precise dei risultanti diffe-
renziali di costo. Per esempio si pensi che per un ospedale i costi del lavoro sono
circa la metà dei costi totali, perciò, se si trova di fronte un mercato del lavoro con
costi inferiori tanto da permettergli di pagare stipendi del 10% più bassi di quelli
dei concorrenti, potrà ottenere un vantaggio di costo del 5% (basta moltiplicare la
differenza di stipendio per la percentuale del totale dei costi: 0,10 × 0,50 = 0,05).
Calcoli simili possono applicarsi anche ad altri elementi base dei costi.
Quando non è possibile fare stime precise delle differenze di costo, è possibile
basarsi su approcci più legati alla qualità che, benché meno rigorosi, possono tutta-
via indicare importanti differenze di costo tra le imprese. Ecco i passi da seguire:

1. Fare una lista degli elementi base dei costi dell’industria. La tabella 9.3 fornisce
una lista generica la cui ultima voce è « altro » a indicare che gli elementi base
dei costi specifici variano da un’impresa all’altra e da un settore all’altro.
2. Classificare gli elementi base dei costi in una scala a cinque punti, in base alla
loro importanza relativa al totale dei costi18. Per esempio, se i costi materiali so-
no una porzione molto piccola del totale avranno un grado 5 (poca importanza).
Riempire la colonna « importanza » della tabella 9.3.
3. Classificare la posizione relativa di ogni impresa rispetto a ogni elemento base

Tab. 9.2
Elementi base Importanza Posizione relativa Punteggi degli elementi
Foglio
dei costi (1 = alta; dell’impresa (1 = posizione di base (moltiplicare
dei punteggi
5 = bassa) favorita; 5 = posizione i valori delle colonne 2 e 3)
per il confronto
meno favorita)
dei costi
Economie di scala
Economie di scopo
Economie
di apprendimento
Utilizzazione
della capacità
Stipendi
Efficienza della forza
lavoro (FTE – equivalente
a tempo pieno – per unità
di output)
Costi dell’acquisto
del materiale
Efficienza dei materiali
Altro (specifico al settore
in questione)
Posizione generale =

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372 economia degli intermediari finanziari

dei costi, ancora una volta con una scala a 5 punti. Il grado 1 indicherà che l’im-
presa ha una posizione preferita (costi relativamente bassi). Riempire la colon-
na successiva della tabella 9.2.
4. Moltiplicare il grado di importanza (colonna 2) per la posizione relativa (colon-
na 3) e inserire questo « punteggio » degli elementi base dei costi nell’ultima co-
lonna.
5. La posizione generale dell’impresa è la somma dei punteggi dei suoi elementi
base dei costi.

Stimare il beneficio percepito


Il beneficio fornito dal prodotto è più difficile da valutare. Qualunque approccio per
stimare e definire i benefici ha quattro componenti: l’impresa deve misurare i bene-
fici che fornisce al consumatore; identificare i relativi elementi base dei benefici;
stimare l’entità dei benefici; identificare la disponibilità del consumatore a sostitui-
re un elemento base di beneficio con un altro. Un’analisi completa delle tecniche
per stimare i benefici ricade nell’ambito delle stime della domanda che vengono ef-
fettuate in economia e nelle ricerche di mercato. Alcune delle tecniche più impor-
tanti saranno discusse in appendice a questo capitolo.

9.4 Posizionamento strategico: strategie di ampia copertura


contro strategie di focalizzazione
La ricerca di un vantaggio di costo o di beneficio è legata alla più ampia questione
di come l’impresa crea valore economico. Una seconda questione chiave è dove
l’impresa intende creare tale valore, e in particolare, l’impresa mira alla creazione
di valore in un’ampia porzione di mercato, o si focalizza su un insieme più ristretto
di segmenti?

9.4.1 Segmentazione di un mercato


Quasi tutti i settori industriali possono essere divisi in parti più piccole dette seg-
menti. La figura 9.10 mostra quella che Michael Porter ha chiamato « matrice di
segmentazione » del mercato. Secondo tale matrice ogni industria è caratterizzata
da due dimensioni: la varietà dei prodotti offerti dalle imprese che concorrono in
quel settore e i diversi tipi di clienti che li comprano. Ogni punto di intersezione tra
un certo gruppo di compratori e una certa varietà di prodotti rappresenta un poten-
ziale segmento, ognuno dei quali si differenzia dagli altri per le economie dei clien-
ti (come la diversa disponibilità a pagare o a rinunciare alla qualità per il prezzo o
viceversa), per le condizioni di fornitura (come i costi di produzione di varietà di-
verse di prodotto) e per le sue dimensioni.
Una conseguenza delle differenze tra le economie dei clienti, le condizioni di
fornitura e le dimensioni di un dato settore industriale, è che l’attrattiva strutturale
di ogni segmento, valutata tramite l’analisi delle cinque forze, varia molto da un

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Posizione strategica e vantaggio competitivo 373

Fig. 9.10
Segmento di mercato: Matrice di
le differenze tra i segmentazione
segmenti sono dovute del mercato
alle differenze tra le
economie dei compratori,
le condizioni della
fornitura e le dimensioni
del segmento stesso.
Customer Groups
Product Varieties

Una matrice di segmentazione del mercato analizza l’industria secondo due dimensioni: la
varietà dei prodotti che i partecipanti all’industria mettono in vendita e i diversi tipi di compra-
tori che acquistano tali prodotti.
Fonte: questa figura è adattata da Hall, W.K., Survival strategies in a Hostile Environment, Harvard Busi-
ness Review, Settembre-ottobre 1980, pp. 75-85.

segmento all’altro. Per esempio, nel settore dei fabbricati in acciaio, il segmento
degli elementi strutturali in acciaio (taglio e saldatura delle travi e assi, e tutti que-
gli elementi che si usano in un progetto di costruzione) ha un’attrattiva piuttosto
esigua dato che le barriere all’entrata sono basse. Al contrario, la fabbricazione di
prodotti con lastre di metallo (come il taglio e la piegatura dei pezzi in acciaio che
servono alla costruzione di serbatoi e cisterne) ha sempre avuto un’attrattiva mag-
giore perché il know-how ingegneristico e la qualità dei prodotti sono differenzia-
tori importanti del successo di un’impresa.

9.4.2  Strategie di ampia copertura


Una strategia di ampia copertura si pone l’obiettivo di servire tutti i segmenti di un
certo mercato, offrendo una gamma completa di prodotti. Per esempio, Gillette, nel
suo settore, adotta questa strategia. Essa offre infatti una linea completa di rasoi (sia
a lama intercambiabile, sia « usa e getta ») per uomini e per donne, e anche prodotti
complementari quali creme da barba e lozioni dopo-barba. L’americana Frito-lay,

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374 Economia degli intermediari finanziari

una divisione della PepsiCo, segue la stessa strategia offrendo una linea completa
di snack molto calorici e light ma anche condimenti. Il rivenditore al dettaglio mes-
sicano, Controladora Comercial Mexicana (CCM) persegue diversi tipi di strategie
di ampia copertura con negozi di tutte le dimensioni dalle piccole bodega (piccoli
alimentari) a ipermercati degni di rivaleggiare con i più grandi Wal-Mart. Il presup-
posto economico di una strategia di ampia copertura è la presenza di economie di
scopo tra le varie classi di prodotti. Tali economie di scopo potrebbero derivare dal
fatto di realizzare i vari prodotti negli stessi stabilimenti o usando gli stessi compo-
nenti; oppure, dall’utilizzo degli stessi canali distributivi per i vari prodotti o anche
da comuni azioni di marketing.

9.4.3  Strategie di focalizzazione
Un’impresa segue una strategia di focalizzazione quando offre un solo prodotto o si
rivolge a un solo segmento di mercato o fa ambedue le cose.
In particolare, la figura mostra tre tipi di strategie di focalizzazione: la specializ-
zazione per tipo di cliente, la specializzazione in un solo prodotto e la specializza-
zione geografica. Quando si specializza per tipo di cliente, l’impresa offre una serie
di prodotti legati tra loro a una classe di clienti ben precisa; quando si specializza su
un prodotto, l’impresa offre un insieme molto ristretto di varietà di un prodotto a un
pubblico potenzialmente ampio di clienti; infine, se la specializzazione è geografi-
ca, l’impresa offre un insieme di prodotti legati tra loro all’interno di un mercato
geografico ben definito.
Un’impresa che pratica una strategia di specializzazione per tipo di cliente offre
i suoi prodotti a una particolare categoria di clienti. Un esempio potrebbe essere
quello di un’impresa che produce e vende sistemi di controllo dei processi indu-
striali e i relativi macchinari quali valvole, misuratori di flusso e strumenti di regi-
strazione, all’industria della raffinazione del petrolio e all’industria chimica. La
possibilità di un’impresa specializzata per tipo di cliente di creare più valore econo-
mico rispetto ai suoi concorrenti che seguono strategie ad ampia copertura, risiede
nella misura in cui i tali concorrenti servono il gruppo di clienti target dell’impresa
focalizzata, se troppo o troppo poco. Per esempio, il software di videoscrittura di
Microsoft (Word) non soddisfa appieno i bisogni di quegli autori che devono scri-
vere testi ricchi di simboli ed espressioni matematiche. Questo gruppo di clienti ha
costituito un’opportunità per un’azienda di software focalizzata, TCI Software Re-
search, di offrire un programma di videoscrittura (Scientific Word) fatto su misura
per i ricercatori accademici che devono scrivere testi tecnici.
Al contrario, il servizio offerto da United e American è eccessivo per i viaggia-
tori che si spostano per turismo, a cui non interessano i programmi per viaggiatori
assidui, le sale d’attesa attrezzate in aeroporto o altri confort offerti ai viaggiatori
d’affari. Questi confort fanno salire i costi per cui Southwest si è potuta rivolgere ai
turisti.
Un secondo tipo di strategia di focalizzazione è quella della specializzazione su
un solo prodotto, in cui viene venduto un insieme ristretto di prodotti a un pubblico

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Posizione strategica e vantaggio competitivo 375

potenzialmente vasto. L’obiettivo dell’impresa specializzata è quello di perfeziona-


re dei prodotti che soddisfino un sottoinsieme di bisogni dei gruppi di clienti che
serve. Un buon esempio di questa strategia è l’impresa di servizi di consulenza ZS
Associates, che serve un’ampia varietà di clienti in diversi settori, ma svolge un la-
voro di consulenza focalizzato sulle forze di vendita e sulle questioni legate al mar-
keting. Al contrario, le imprese di consulenza con cui ZS compete (come McKinsey
e BCG) perseguono una strategia di ampia copertura e offrono servizi legati a
un’ampissima gamma di questioni operative e strategiche che le imprese devono af-
frontare. La logica economica di una specializzazione sul prodotto risiede nell’abi-
lità dell’impresa di sfruttare le economie di scala e di apprendimento legate ai ser-
vizi o ai prodotti in cui si specializza.
La terza strategia di focalizzazione è la specializzazione geografica; in questo
caso l’impresa offre una serie di prodotti collegati, nell’ambito di un mercato ben
definito in termini geografici. Storicamente i piccoli produttori locali di birra ame-
ricani quali, per esempio, Pittsburgh Brewing Company e Heilman’s si affidano a
marchi forti sul mercato locale, rinforzati da attività promozionali legate alle squa-
dre sportive locali, per compensare le economie di scala derivanti da politiche di
marketing nazionali di cui gode Anheuser-Busch.
Oltre a sfruttare le economie di scala e offrire un servizio migliore a quei gruppi
di clienti serviti poco o in maniera eccessiva, le strategie di focalizzazione hanno un
altro potenziale vantaggio: permettono all’impresa di isolarsi dalla concorrenza. In
alcuni segmenti, infatti, la quantità della domanda è tale da permettere solo a una o
due imprese i lavorare in modo redditizio, ciò significa che un’impresa può essere
molto più redditizia come venditore focalizzato in un settore con una domanda bas-
sa, piuttosto che come uno dei tanti concorrenti in un settore dove la domanda è al-
ta. Per esempio, in Giappone, Kubota ha dominato il mercato delle macchine agri-
cole: essa produce trattori leggeri che sono particolarmente adatti alle piccole im-
prese agricole giapponesi e, poiché questo mercato è limitato, non ha una grande
concorrenza. Al contrario, il mercato dei trattori negli Stati Uniti è molto più ampio
e vi sono molte più imprese che si fanno concorrenza fra loro, come Deere & Com-
pany, Case e Caterpillar.

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376 Economia degli intermediari finanziari

Sommario del capitolo

•• Un’impresa raggiunge una posizione di vantaggio competitivo se è in grado di conseguire


una redditività superiore a quella delle imprese rivali. La redditività di un’impresa dipen-
de sia dalla situazione del settore in cui opera, sia dalla quantità di valore che essa crea
rispetto ai rivali.
•• Il surplus del consumatore è la differenza tra il beneficio percepito, B, di un prodotto e il
suo prezzo, P. Un consumatore acquisterà un prodotto solo se il suo surplus è positivo;
un consumatore acquisterà un prodotto da un certo venditore solo se quel venditore offre
un surplus superiore a quello degli altri venditori.
•• Una mappa del valore evidenzia le implicazioni per la concorrenza del surplus del consu-
matore. Una curva di indifferenza indica le combinazioni prezzo-qualità che offrono lo
stesso livello di surplus del consumatore.
•• Il valore creato è la differenza tra il beneficio percepito B e il costo unitario C del prodot-
to. Esso può risultare anche come somma del surplus del consumatore e del profitto
economico.
•• Per conseguire un vantaggio competitivo un’impresa deve non solo creare un valore posi-
tivo, ma anche creare più valore delle imprese rivali. Se riesce a far questo, l’impresa si
pone in una condizione di vantaggio rispetto ai concorrenti in quanto è in grado di offrire
un surplus del consumatore più elevato.
•• I presupposti del vantaggio competitivo sono risorse e capacità organizzative superiori: le
risorse rappresentano un patrimonio specifico dell’impresa che non può essere facilmen-
te acquisito da altri; le capacità organizzative riguardano quell’insieme di attività che l’im-
presa è in grado di fare particolarmente bene rispetto alle imprese rivali.
•• Esistono tre strategie generiche: vantaggio di costo, differenziazione, focalizzazione.
•• Un’impresa che persegue una strategia del vantaggio di costo mira a ottenere un vantag-
gio di costo sulle imprese rivali offrendo un prodotto con un C inferiore e un B uguale o
anche inferiore.
•• Un’impresa che persegue una strategia di differenziazione mira a ottenere un vantaggio
di beneficio sulle imprese rivali offrendo un prodotto con un B più elevato e un C uguale
o anche superiore.
•• Costruire un vantaggio competitivo basato su una migliore struttura dei costi può essere
conveniente quando vi sono possibilità non sfruttate di realizzare economie di scala, di
scopo o di apprendimento; le caratteristiche del prodotto limitano le possibilità di miglio-
rare il beneficio B; i consumatori sono sensibili alle variazioni di prezzo e quindi non sono
disposti a pagare di più a fronte di un miglioramento della qualità e delle prestazioni del
prodotto; il prodotto è un bene di ricerca, un search good, più che un bene di esperienza,
un experience good.
•• Costruire un vantaggio competitivo basato sulla differenziazione del prodotto può essere
conveniente quando il consumatore tipo è disposto a pagare un prezzo più elevato per un
prodotto con caratteristiche che migliorino il beneficio B; le imprese esistenti hanno già
adeguatamente sfruttato economie di scala o di apprendimento; il prodotto è un bene di
esperienza più che un bene di ricerca.
•• Un’impresa è « inchiodata nel mezzo » (stuck in the middle) se cerca di conseguire sia un
vantaggio di costo che un vantaggio di beneficio senza ottenere nessuno dei due.

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Posizione strategica e vantaggio competitivo 377

•• Perseguendo una strategia di ampia copertura un’impresa offre una linea completa di
prodotti collegati alla maggior parte o a tutti i segmenti del mercato. Perseguendo una
strategia di focalizzazione, un’impresa concentra i suoi sforzi su un singolo prodotto, o su
un singolo segmento di mercato, o su entrambi.
•• Spesso una strategia di focalizzazione isola l’impresa dalla concorrenza. Se il segmento
è piccolo, l’impresa può trovarsi di fronte a una concorrenza limitata e quindi può realiz-
zare notevoli profitti.

Domande di ripasso

1 Cercate di spiegare le differenze tra una strategia che miri ad ottenere un vantaggio di
costo, una che miri ad un vantaggio da differenziazione, e una che permetta di ottenere
un vantaggio di prezzo.

2 Cercate di spiegare in che modo i manager dell’impresa possono utilizzare il concetto


di catena del valore per capire qual è il posizionamento competitivo « migliore » per l’im-
presa.

3 Che cosa rappresenta e come viene calcolato il concetto di « surplus del consumato-
re »?

4 Quali sono le caratteristiche e le logiche economiche delle tre strategie generiche indi-
viduate a da Michael Porter?

5 Cercate di individuare e di descrivere quali sono le caratteristiche del prodotto sulle


quali l’impresa può agire per offrire ai consumatori un beneficio superiore a quello dei
prodotti concorrenti.

Domande per la discussione

1 Un’impresa può avere prestazioni superiori ai rivali se ottiene un vantaggio di costo o


un vantaggio da differenziazione, ma non se ottiene un vantaggio di prezzo. Si spieghi
questa affermazione.

2 Questo capitolo descrive l’importanza di B – C in un’industria concorrenziale. B – C è al-


trettanto importante in altre strutture di mercato?

3 In che modo le economie di scala influenzano il posizionamento?

4 In che modo la catena del valore può aiutare un’impresa a identificare la sua posizione
strategica?

5 Due imprese, Alfa e Beta, sono in concorrenza tra di loro in un mercato in cui le prefe-
renze dei consumatori sono identiche. Alfa offre un prodotto il cui beneficio B è pari a
75 dollari per unità. Il costo medio C di Alfa è pari a 60 dollari per unità mentre il costo
medio di Beta è di 50 dollari per unità.

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378 Economia degli intermediari finanziari

a. Il prodotto di quale impresa fornisce il maggior valore creato?


b. In una situazione di equilibrio del settore in cui le imprese sono in condizioni di pari-
tà per quanto riguarda il surplus del consumatore, il margine di profitto, P – C,
dell’impresa che crea maggior valore di quanto, in dollari, dovrà essere superiore al
margine di profitto dell’impresa che crea minor valore? Confronta questo importo
con la differenza tra i valori creati dalle due imprese. Come si spiega la relazione tra
la differenza dei margini di profitto e quella tra i valori creati dalle due imprese?

7 Considera un mercato in cui le curve di indifferenza del consumatore siano alquanto in-
clinate. Le imprese del settore seguono due strategie: alcune forniscono un prodotto
« base » che ha prestazioni soddisfacenti; altre forniscono un prodotto migliorato che ha
prestazioni superiori a quelle del prodotto base; nel settore vi è una situazione di parità
del surplus del consumatore. I prezzi del prodotto base e quelli del prodotto migliorato
saranno molto diversi tra loro o saranno più o meno gli stessi? Perché? Come cambiereb-
be la risposta qualora le curve di indifferenza del consumatore fossero piuttosto piatte?

8 Nel modello di creazione del valore esposto in questo capitolo, si ipotizza implicitamen-
te che tutti i consumatori ottengano uno stesso valore (cioè lo stesso B) da un dato
prodotto. Le principali conclusioni a cui si giunge in questo capitolo cambierebbero qua-
lora i gusti dei consumatori fossero diversi e alcuni di essi ottenessero maggior valore
rispetto ad altri?

9 Individua uno o più beni di esperienza e uno o più beni di ricerca. In qual modo la com-
mercializzazione dei beni di esperienza differisce da quella dei beni di ricerca? Queste
differenze sono di aiuto per i consumatori?

10 Individua imprese di successo che offrono prodotti buoni ma non eccellenti a un prezzo
ragionevole ma non particolarmente basso. Queste imprese smentiscono l’idea di Por-
ter riguardo al rimanere « inchiodati nel mezzo »?

11 Riprendi dal Capitolo 3 l’affermazione di Adam Smith: « La divisione del lavoro è limitata
dalle dimensioni del mercato ». In qual modo una crescita del mercato influenza la pos-
sibilità di una strategia di focalizzazione?

12 « Le strategie di nicchia, in genere, sono più redditizie di quelle legate al « mercato di


massa » perché di solito implicano una minore concorrenza sui prezzi ». Commentate
questa affermazione.

13 « Le imprese che mirano a un vantaggio di costo dovrebbero adottare una strategia le-
gata alla curva di apprendimento; quelle che vogliono differenziare i propri prodotti non
dovrebbero farlo ». Commentate queste due affermazioni.

14 Supponiamo che due imprese competano su un mercato in cui i consumatori hanno tut-
ti le stesse preferenze. I benefici e i costi delle due imprese sono B1, C1 e B2, C2, rispet-
tivamente, dove B1 – C1 > B2 – C2. Quale prezzo deve imporre l’impresa 1 per conquista-
re tutto il mercato e massimizzare i profitti?

15 I consumatori spesso identificano i marchi con la qualità: pensi che i prodotti con mar-
chi conosciuti siano generalmente di qualità superiore agli altri e che pertanto sia giu-

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Posizione strategica e vantaggio competitivo 379

stificato il fatto che abbiano di prezzi superiori? Se è così, perché non tutti i produttori
effettuano investimenti per stabilire una identità di marchio che consentirebbe loro di
aumentare i prezzi?

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380 Economia degli intermediari finanziari

Appendice: metodi per stimare la posizione di un’impresa


in termini di benefici
Per stimare la posizione dell’impresa in termini di benefici rispetto ai suoi concorrenti e per
valutare l’importanza degli elementi di base dei benefici stessi vi sono quattro possibili ap-
procci. Sono metodi che richiedono tecniche statistiche avanzate, per cui ne forniremo solo
una breve descrizione:

1. metodo del prezzo di riserva;


2. metodo della valutazione delle caratteristiche;
3. analisi del prezzo edonico;analisi congiunta.

Metodo del prezzo di riserva


Poiché un consumatore acquista un prodotto solo e soltanto se B – P > 0, ne consegue che
il beneficio percepito B rappresenta il prezzo di riserva del consumatore, cioè il prezzo massi-
mo che il consumatore è disposto a pagare per una unità di prodotto o di servizio. Quindi, un
sistema per stimare B è semplicemente quello di chiedere ai consumatori quale è il prezzo
massimo che sono disposti a pagare. Le ricerche di mercato che precedono l’introduzione di
un nuovo prodotto includono spesso una domanda di questo tipo.

Metodo della valutazione delle caratteristiche


La valutazione delle caratteristiche è una tecnica per stimare gli elementi base dei benefici
direttamente dalle risposte alle indagini di mercato e per calcolare i benefici totali sulla base
dei punteggi ottenuti dalle caratteristiche. Ai consumatori oggetto della ricerca viene richiesto
di valutare i prodotti in base alle loro caratteristiche: per esempio, per ciascuna caratteristica
può essere dato ai consumatori un numero fisso di punti da ripartire tra i vari prodotti; a cia-
scuna caratteristica viene poi assegnato un peso e i benefici ottenuti relativi a ciascun pro-
dotto vengono determinati calcolando la media ponderata dei punteggi ottenuti. I punteggi
ottenuti con questo procedimento da ciascun prodotto possono essere rapportati ai costi; si
ottiene così il rapporto B/C. Si tenga presente che la posizione strategica di un’impresa è de-
terminata dal valore della differenza B – C che essa è in grado di realizzare rispetto a quella
dei suoi concorrenti. Se i prodotti hanno costi e benefici simili, la graduatoria dei rapporti B/C
delle varie imprese sarà simile (anche se non uguale) alla graduatoria delle differenze B – C.
Tuttavia, i prodotti con rapporti B/C elevati avranno in linea di massima una posizione strate-
gica superiore a quella dei prodotti concorrenti con un rapporto più basso.

Analisi dei prezzi edonici


Questo metodo utilizza i dati relativi agli acquisti di consumatori reali per determinare il valo-
re di alcune particolari caratteristiche di prodotto (il termine hedonic deriva da edonismo e
intende comunicare l’idea che il piacere e la soddisfazione che un consumatore trae da un
bene dipende dalle caratteristiche proprie del bene stesso). Per esempio i consumatori ac-
quistano automobili in base ad alcune caratteristiche che includono la potenza dal motore, lo
spazio interno e l’efficienza dell’impianto frenante. Esaminando come variano i prezzi delle
automobili a seconda delle diverse combinazioni di queste caratteristiche, gli analisti sono in
grado di determinare quanto i consumatori sono disposti a pagare per ogni singola caratteri-
stica. Il metodo di prezzo edonico è stato utilizzato per identificare il valore delle innovazioni
nelle automobili e della tomografia assiale computerizzata (TAC), e i benefici derivanti da un
miglioramento della sicurezza sul lavoro. Questo approccio richiede una regressione multipla
per stimare l’impatto delle caratteristiche del prodotto sul prezzo del prodotto stesso; la va-
riabile dipendente della regressione è il prezzo del prodotto, e le variabili esplicative misura-

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Posizione strategica e vantaggio competitivo 381

no la presenza e l’intensità di differenti caratteristiche del prodotto. Nel caso del mercato au-
tomobilistico l’analisi del prezzo edonico potrebbe individuare quanto un incremento di un
punto percentuale della potenza del motore, o della lunghezza del telaio, o l’aggiunta di air
bag laterali può essere trasferito sui prezzi delle auto. Questa analisi mette anche in eviden-
za i prezzi edonici impliciti per ciascuna caratteristica del prodotto.

Conjoint analysis
L’analisi del prezzo edonico utilizza i prezzi di mercato per le combinazioni esistenti delle ca-
ratteristiche del prodotto, ma questo sistema non è utilizzabile per studiare il valore di nuove
caratteristiche. Per farlo i ricercatori di mercato utilizzano la conjoint analysis. Anche la con-
joint analysis stima i benefici relativi di diverse caratteristiche dei prodotti, ma la sua qualità
principale è quella di stimare questi benefici per ipotetiche combinazioni di caratteristiche del
prodotto. Sebbene la conjoint analysis possa assumere diverse forme, generalmente si chie-
de ai consumatori di esaminare un prodotto in diverse possibili combinazioni di caratteristi-
che con diversi prezzi e di farne una graduatoria. I ricercatori usano le tecniche della regres-
sione per stimare l’impatto dei prezzi e delle caratteristiche del prodotto sulla graduatoria, e
utilizzano questi dati per stimare il valore di ciascuna caratteristica.
In alternativa, si può chiedere ai consumatori quanto siano disposti a pagare per le differenti
combinazioni di caratteristiche: i ricercatori poi utilizzano le risposte come se si trattasse di
effettivi prezzi di mercato e usano le tecniche della regressione per stimare il valore di ciascu-
na caratteristica. Questo approccio è molto simile a quello dei prezzi edonici, ma i prezzi e i
prodotti sono ipotetici anziché reali.

Note al Capitolo 9
1
Fonte: Bureau of Transportation Statistics, U.S. Department of Transportation. Airline
Financial Data and Airline Traffic Data. http://www.transtats.bts.gov/Data_Elements.aspx?
Data56 visitato il 21 luglio 2011.
3
 Ecco una prova. Supponiamo che l’impresa 1 crei più valore dell’impresa 2, per cui B1
– C1 > B2 – C2. L’offerta più aggressiva che l’impresa due possa fare è P1* = C2, lasciandovi
con un surplus del consumatore B2 – C2. L’impresa 1 può farvi un’offerta un po’ più favorevo-
le, proponendo un prezzo poco al di sotto di P1* = C2 + (B1 – B2). A questo prezzo, il profitto
dell’impresa 1 è appena al di sotto di P1* – C1, pari a C2 + (B1 – B2) – C1. Possiamo scrivere
anche: (B1 – C1) – (B2 – C2) che è positivo. Quindi, per l’affare con voi, l’impresa 1 può sempre
fare un’offerta migliore dell’impresa 2 e ottenerne dei profitti.
3
Rumelt, R., « The Evaluation of Business Strategy », in Glueck, W.F., Business Policy and
Strategic Management, 3rd ed., New York, McGraw-Hill, 1980.
4
 Nel 2002, il reddito familiare medio dei clienti di Kmart era pari a 35.000 dollari, men-
tre quello dei clienti di Wal-Mart e Target era pari a 37.000 e 45.000 dollari, rispettivamente.
« Wal-Mart Discount King, Eyes the BMW Crowd », The New York Times, February 24, 2002, pp.
A1, A24.
5
 Il concetto di catena del valore è stato sviluppato da Michael Porter. Si veda il Capitolo
2 di Competitive Advantage, New York, Free Press, 1985.
6
 Il termine « Airport 7 » è stato coniato da Andrew Taylor, l’attuale direttore generale della
Enterprise, per descrivere le sette imprese di autonoleggio che facevano base negli aeropor-
ti. In realtà tre coppie di airport 7 sono di proprietà degli stessi enti: Vanguard Rentals pos-

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