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DIEF Fisica Tecnica Industriale – Proff.

Milazzo e Rocchetti
Dipartimento di
Ingegneria Industriale Lezione 1 – Concetti preliminari

«I concetti fisici sono creazioni libere dell'intelletto umano e


non vengono, come potrebbe credersi, determinati
esclusivamente dal mondo esterno»
Einstein, L. Infeld- L'evoluzione della Fisica- Boringhieri, Torino 1965

«Le formule delle scienze 'esatte' sono da considerare


relazioni tra quantità e cioè tra nostri costrutti, non tra
fantomatici 'enti' indipendenti dal nostro operare. Una
qualunque grandezza fisica esiste soltanto in quanto è
definita da nostre operazioni metriche; è cioè una nostra
interpretazione di alcune componenti della situazione
(evento) in cui siamo immersi; interpretazione, si badi bene,
su cui concordano tutti gli interessati»
D. Faggiani - Fondamenti di termodinamica tecnica - Di Stefano Editore, Genova 1981

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Ingegneria Industriale Lezione 1 – Concetti preliminari

I fenomeni fisici possono essere descritti come relazioni tra alcune grandezze
fondamentali, ad esempio lo spazio, il tempo, la forza.

La forza può essere definita come “azione reciproca tra corpi che ne altera lo
stato di moto o li deforma; è caratterizzata da intensità, direzione e verso”.

Esempi: peso, elasticità, magnetismo, azioni tra corpi elettricamente carichi.

Spesso una forza produce lo spostamento del corpo a cui è applicata: si definisce
in questo caso il lavoro:

𝐿 = න 𝐹Ԧ ∙ 𝑑 𝑠Ԧ

Di fatto non esistono forze concentrate in un solo punto d’applicazione: l’area sulla
quale agiscono ha sempre un’estensione finita.
𝑑𝐹
E’ utile dunque il concetto di pressione: 𝑃=
𝑑𝐴 2
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La pressione è particolarmente utile nel caso dei fluidi (cioè liquidi e aeriformi).
Per i corpi immersi in un fluido in quiete, la pressione agisce in direzione
perpendicolare alla superficie del corpo, con intensità indipendente dalla
giacitura della superficie.
Le dimensioni della pressione sono (*): M L-1 T-2
L’unità di misura prevista dal SI è il Pascal, 1 Pa = 1 N/m2 = 1 kg m-1 s-2 [M L-1T-2]

Sono assai utilizzati i multipli


kPa and MPa. Si usa anche il
bar = 105 Pa, poiché la
pressione atmosferica è
normalmente prossima a tale
valore.

*) Ricordiamo che le dimensioni di una grandezza si esprimono in funzione di 7 grandezze fondamentali,


che nel SI sono
Tempo Lunghezza Massa Corrente elettrica Temperatura Numero di moli Intensità luminosa
T L M I Θ N J

secondi metro chilogrammo ampere kelvin moli candela


s m kg A K mol cd
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La pressione atmosferica varia molto con l’altitudine e le condizioni meteorologiche.


Si usa spesso un valore medio convenzionale:
1 atm = 101325 Pa.

Tale valore è legato al barometro torricelliano,


nel quale si usa mercurio, che ha densità:
 = 13590 kg/m3.
Assumendo che nella parte superiore del tubo
chiuso vi sia il vuoto, quando il sistema è in
equilibrio, la pressione atmosferica sulla
superficie libera dev’essere uguale a quella
esercitata dalla colonna di mercurio
P=gh
In condizioni standard h = 760 mm, da cui
13590 x 9.81 x 0.76 = 101325 Pa.

Il millimetro di mercurio (Torr) è usato anch’esso come unità di misura:


1 Torr = 101325 / 760 = 133 Pa.
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Gli apparecchi per la misura della pressione


si chiamano manometri (barometri se
dedicati alla misura della pressione
atmosferica).
Purtroppo sono ancora molto diffusi
strumenti, documentazione ed altro
materiale che utilizza unità di misura non SI.
Richiamiamo quindi alcune altre unità di
misura, raccomandando di usare sempre
negli elaborati solo le unità SI.
Atmosfera tecnica: 1 at = 1 kgf / cm2 = 9.81 N / 10-4 m2 = 98100 Pa
Libbre a pollice quadrato: 1 PSI = 1 lbf / inch2 = 4.4482 N / (0.0254 m)2 = 6.89 kPa
Millimetro d’acqua: 1 mmH2O = 1000 x 9.81 x 0.001 = 9.81 Pa

Notare che nel manometro mostrato in figura la lancetta segna zero quando
l’apparecchio è aperto, cioè misura la pressione atmosferica. Viene quindi
misurata la pressione relativa all’atmosfera. Si può specificare che una
pressione è assoluta: ad es. 1 ata = 1 atmosfera tecnica assoluta. 5
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Avendo familiarizzato con il concetto di pressione, possiamo generalizzare


l’espressione scritta per il lavoro: avendo un fluido che esercita una pressione
uniforme P su una superficie A, se questa si muove di un tratto dx nella direzione
della sua normale, il lavoro compiuto dal fluido sulla superficie è:

𝐿 = න 𝐹Ԧ ∙ 𝑑 𝑠Ԧ 𝐿 = න 𝑃𝐴𝑑𝑥

Quindi, se il fluido è contenuto


V A
in un recipiente di volume V e
una delle pareti del recipiente è
libera di muoversi come in
figura, il lavoro è:
dx
𝐿 = න 𝑃𝑑𝑉

Per come è stato definito, il lavoro aumenta all’aumentare del volume.


In altri termini, il lavoro è positivo se è il fluido che lo fa sulla parete.
L’integrale diviene risolvibile se è nota la funzione matematica che lega
l’andamento della pressione alla variazione del volume. 6
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Dal corso di Fisica si è appreso che i corpi possono scambiare tra loro lavoro e
mutare in tal modo la loro energia cinetica e potenziale.
Quindi per lavori ed energie useremo le stesse unità di misura.
Nel sistema SI si usa il Joule: 1 J = 1 N m = 1 kg m2 s-2 [M L2T-2]
D’altra parte, per caratterizzare un qualsiasi dispositivo, è importante non tanto il
lavoro svolto o assorbito, quando la capacità di scambiare una quantità di lavoro in
un dato tempo. Si introduce quindi la potenza, come rapporto tra il lavoro scambiato
ed il tempo trascorso dL / dt.
L’unità di misura della potenza è il watt: 1 W = 1 J / 1 s = 1 kg m2 s-3
E’ invalso l’uso di utilizzare un’unità di misura per l’energia derivata dal watt,
moltiplicando il suo multiplo kW per un intervallo di 1 ora.
Evidentemente 1 kWh = 1 kW x 3600 s = 3600 kJ.
ATTENZIONE alle convenzioni sulla scrittura delle unità di misura.
Si raccomanda di consultare l’opuscolo SI-Brochure-9 all’indirizzo
https://www.bipm.org/en/publications/si-brochure/
In termodinamica però, oltre al lavoro, dobbiamo considerare altri tipi di interazione.
Occorrono quindi nuovi concetti e definizioni. 7
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SISTEMA TERMODINAMICO
Il sistema termodinamico è l’oggetto o l’insieme di oggetti che vogliamo analizzare.
A tal fine introduciamo delle coordinate termodinamiche, in analogia a quanto fatto
con le coordinate meccaniche (posizioni, velocità, etc.).
Prediligiamo le coordinate macroscopiche, cioè quelle
che:
• non implicano ipotesi sulla struttura interna del sistema
• sono misurabili direttamente
• sono poche e correlabili ai nostri sensi.
Addirittura, sovente bastano due sole coordinate x, y
indipendenti per descrivere lo stato del sistema.
Si dice che un sistema termodinamico è in equilibrio quando le sue coordinate, in
assenza di perturbazioni, restano costanti indefinitamente.
Equilibrio Meccanico uniformità della pressione all’interno del sistema (trascurando
l’influenza del campo gravitazionale)
Equilibrio Chimico non vi sono fenomeni di reazioni chimiche, diffusioni o soluzioni.
Rimane costante il potenziale chimico
Equilibrio termico al suo interno non vi sono flussi di calore, cioè quando la
temperatura ha lo stesso valore in tutti i punti del sistema
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Si dice che una parete tra due sistemi è adiabatica


quando due sistemi (con pareti rigide), posti in
contatto attraverso di essa, possono restare in
equilibrio per qualunque valore delle coordinate
termodinamiche.

La parete adiabatica è una idealizzazione: si possono costruire pareti con


grado di isolamento elevato, ma tutte le pareti reali sono conduttrici.

Due sistemi termodinamici a contatto attraverso una


parete conduttrice cambiano il loro stato sino a
raggiungere un equilibrio reciproco.
Si dice che due sistemi sono tra loro in equilibrio
termodinamico se, ponendoli in contatto attraverso
una parete conduttrice, non variano il loro stato.
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Si enuncia il PRINCIPIO ZERO DELLA TERMODINAMICA: se un corpo M è in


equilibrio termodinamico con un corpo P e un terzo corpo N è in equilibrio
termodinamico con P, allora anche M è in equilibrio termodinamico con N.

Definiamo allora la temperatura come la


proprietà che determina se due sistemi
sono in equilibrio termodinamico: in tal
caso diciamo quindi che hanno la stessa
temperatura.
Grazie al Principio Zero, possiamo allora
costruire sistemi campione (termometri)
che poniamo in contatto con i corpi di cui
vogliamo misurare la temperatura: il
principio garantisce che il termometro, a
contatto con corpi in equilibrio tra loro
segna la stessa temperatura.
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In realtà i sistemi possono variare il proprio stato senza variare la temperatura: si


dice allora che essi effettuano una trasformazione isoterma. Una isoterma è quindi
una successione di stati in cui il sistema permane in equilibrio termico con un altro
sistema assunto come riferimento.
Conviene quindi, per costruire un termometro di pratico impiego, bloccare alcune
coordinate termodinamiche e lasciare libera una sola coordinata che sia legata alla
temperatura e che assume il ruolo di coordinata termometrica x.
Occorre poi specificare una funzione termometrica θ(x) che associ a ciascun
valore di x il corrispondente valore della temperatura.
Per fissare le idee, richiamiamo dal corso di Chimica il concetto di Gas Perfetto, sul
quale torneremo ampiamente in seguito. Per il gas perfetto le coordinate
termodinamiche sono legate dalla relazione
𝑃𝑉 = 𝑛𝑅0 𝑇
ove oltre alla pressione P e al volume V compaiono il numero di moli n, la
costante universale dei gas 𝑅0 e la temperatura T.
Si ricorda che una mole di gas, con le nuove definizioni del SI, è la quantità che
contiene esattamente un numero di unità elementari (atomi o molecole o ioni) pari
al numero di Avogadro NA = 6.02214076 × 1023 mol-1.
L’enormità del numero di Avogadro conferma l’impossibilità di una modellazione
meccanica del comportamento di quantità di sostanza anche relativamente piccole.
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Un modello del comportamento delle molecole è la cosiddetta «Teoria cinetica dei
gas», basata su considerazioni statistiche sul livello energetico delle particelle in
moto, che comporta varie ipotesi semplificative:
• Il volume occupato dalle molecole è trascurabile
rispetto al volume occupato dal gas.
• Le molecole si muovono in linea retta
• Le molecole non si attraggono o respingono
• Le molecole sono in costante moto casuale e urtano
elasticamente le pareti del recipiente o le altre
molecole
• La pressione è dovuta agli urti delle molecole sulle
pareti del contenitore
In base a tale modello, l’energia cinetica media di una molecola è data da:
1 3
𝐸𝑐 = 𝑚𝑣 2 = 𝑘𝑇 ove k è la costante di Boltzmann.
2 2
Le nuove definizioni del SI danno un valore esatto: k = 1.380649 × 10−23 J/K.
La costante 𝑅0 che compare nell’equazione dei gas perfetti è proprio il prodotto del
numero di Avogadro per la costante di Boltzmann:
𝑅0 = 𝑁𝐴 𝑘 = 8.314463 J mol-1 K-1.
Le nuove definizioni delle unità di misura sono indipendenti dalle modalità pratiche
con cui le misure vengono effettuate e pertanto la precisione, da questo punto di vista,
è limitata solo dal numero di cifre significative delle costanti. 12
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Avendo richiamato l’equazione di stato dei gas perfetti, possiamo iniziare la
discussione sulle misure di temperatura proprio dal termometro a gas perfetto.
Ad esempio nella figura è mostrato un termometro
a gas perfetto a volume costante, nel quale il
livello del gas nel tubo a sinistra della scala
graduata è mantenuto costante posizionando
opportunamente il serbatoio di liquido a destra.
Quindi il volume dell’ampolla e del tubicino è
costante.
𝑃𝑉
La temperatura (in Kelvin) è data da: 𝑇 = 𝑛𝑅
0

La temperatura del termometro a gas perfetto a volume costante è quindi una funzione
lineare della pressione.
La rispondenza del modello di gas perfetto al comportamento dei gas reali
(indipendentemente dalla loro composizione chimica) è tanto migliore quanto minore è
la quantità di gas contenuta nel sistema (ipotesi di volume delle molecole trascurabile).
Pertanto sarebbe corretto portare l’espressione precedente al limite per P → 0 ed n → 0.
Fissato il numero di moli n, la pressione assoluta non può essere negativa, per cui esiste
uno zero delle temperature. In realtà tale punto è una estrapolazione delle linee a
pressione decrescente, poiché il comportamento dei gas a bassissime temperature è
piuttosto complesso. 13
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Esempio: si vuol costruire un termometro a gas perfetto contenente 0.02 moli di


Elio (He). Il volume occupato dall’elio è di 0.5 litri. Il liquido che chiude il sistema è
acqua. Calcolare l’innalzamento del liquido nel ramo di misura corrispondente ad
un innalzamento di temperatura pari ad 1 K.
L’innalzamento del liquido è dovuto all’incremento
di pressione ρ𝑔∆𝑧 = ∆𝑃, ove ρ è la densità
dell’acqua (circa 1000 kg/m3).
L’incremento di pressione è legato alla variazione
di temperatura:
𝑛𝑅0 0.02×8.314
∆𝑃 = 𝑉
∆𝑇 = 0.5×10−3
=332.6 Pa
Quindi l’innalzamento è:
∆𝑃 332.6
∆𝑧 = = = 34 𝑚𝑚
𝜌𝑔 9810

Tutte le relazioni utilizzate sono lineari, per cui la scala graduata ha intervalli uguali.
Si noti che non abbiamo in alcun modo sfruttato il fatto che il gas fosse He. Il
ragionamento sarebbe valido per qualsiasi gas, purché schematizzabile come gas
perfetto. Naturalmente, a parità di numero di moli, cambierebbe la massa di gas 14
contenuta nel termometro.
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Il termometro a gas perfetto nella pratica pone problemi operativi tali da essere
sostituito con altri sistemi. Di norma si usano sistemi che trasformano l’informazione
sulla temperatura in un segnale elettrico, in modo che sia più agevole trasportare e
immagazzinare l’informazione su supporto informatico.
Il termometro a resistenza elettrica (RTD) usa la variazione
della resistività dei materiali come caratteristica termometrica; ha
di solito la forma di un lungo filo sottile ed è normalmente avvolto
attorno ad un sostegno in modo che il filo non debba sopportare
eccessivi sforzi quando subisce tensioni dovute alle variazioni di
temperatura. Se le condizioni di misura lo permettono, il filo può
essere avvolto sul materiale di cui si deve misurare la
temperatura, oppure vi può essere immerso.
Normalmente si misura la resistenza mantenendo una corrente
costante nota nel termometro e misurando la caduta di potenziale
con un sensibile ponte potenziometrico.
Se non si richiedono alte precisioni si
possono usare resistori di carbone o altro
materiale. Per misure più accurate si
impiegano termometri a resistenza di
platino (Pt). 15
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Tipicamente il sensore RTD è distante dal datalogger (strumento di


acquisizione, interpretazione e spesso memorizzazione del dato
misurato).
Nella configurazione «a 2 fili» (2-wire), i fili di collegamento variano
anch’essi la loro resistenza con la temperatura
Nella configurazione «a 4 fili» il collegamento evita tale disturbo.
Le termoresistenza devono essere scelte in modo appropriato
rispetto alla pratica di uso. Devono poter andare in equilibrio termico
con il corpo di cui devono misurare la temperatura senza che
l’effetto di «autoriscaldamento» del sensore dovuto all’effetto Joule
sul sensore stesso diventi «percettibile»
La calibrazione dello strumento implica la misura della resistenza
elettrica RPt a varie temperature note che costituiscono punti fissi di
calibrazione.
I risultati sono correlati con una formula empirica che spesso ha
forma quadratica:
𝑅𝑃𝑡 = 𝑅0 1 + 𝑎𝑇 + 𝑏𝑇 2
ove Ro è la resistenza del filo di platino a 273.16 K, e a e b sono
costanti determinate sperimentalmente in base a misure eseguite su
altri due punti fissi.
Un termometro Pt100 presenta una resistenza di 100  a 273.16 K.
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Altro strumento molto usato è la termocoppia. Se tra le estremità di un conduttore elettrico


esiste una differenza di temperatura, si genera tra essi una lieve differenza di potenziale
(effetto Seebeck). L’effetto varia con il materiale e si può amplificare usando coppie di materiali
che generano tensioni opposte. Pertanto si può porre una giunzione tra i due materiali alla
temperatura da misurare T e l’altra a temperatura di riferimento T0. La differenza di tensione da
misurare è molto piccola, dell’ordine dei μV/K, per cui occorrono strumenti molto sensibili.
Ad esempio la giunzione di riferimento può essere posta in un bagno di acqua e ghiaccio.

Esistono strumenti portatili con termocoppie che


simulano elettronicamente il giunto di riferimento.

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Rispetto alle termoresistenze, le termocoppie sono di norma più economiche ma hanno


una precisione leggermente inferiore.
Bisogna fare attenzione ai collegamenti e ai cavi di connessione: le connessioni tra
materiali diversi generano effetto Seebek e i cavi di collegamento hanno una resistenza
elettrica.
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La scala internazionale di temperatura fu introdotta nel 1927 alla Settima


Conferenza Generale dei Pesi e Misure per creare una scala facilmente e
rapidamente usabile per calibrare strumenti scientifici ed industriali.
Nel tempo sono state apportate varie modifiche, sino alla versione attualmente
in vigore, che risale al 1990 (ITS 90).
La ITS 90 giunge sino a 0.65 K. A tali temperature estreme si usano definizioni
di temperatura basati sulle proprietà di alcuni isotopi di elio in condizioni di
liquefazione. Si possono raggiungere temperature ancora inferiori, ma il
metodo di misura dev’essere stabilito dallo sperimentatore.
Al di sopra dei 3 K e al di sotto del punto triplo (*) del Neon (24.5561 K) si usa
un termometro a gas perfetto ad elio.
Tra il punto triplo dell’idrogeno (13.8033 K) e il punto di congelamento
dell’argento (961.78°C) si usano termometri a resistenza di platino.
Al di sopra del punto di congelamento dell’argento si usa la legge di Planck
sull’emissione elettromagnetica.
Oltre a specificare i metodi di misura, la ITS 90 specifica le temperature di
alcuni punti fissi per la calibrazione degli strumenti.
*) Punto triplo: contemporanea presenza di gas, solido e liquido. 19
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Defining points of ITS 90


Defining point (range)
Substance and its state
K °C °F
Triple point of hydrogen 13.8033 −259.3467 −434.8241
Triple point of neon 24.5561 −248.5939 −415.4690
Triple point of oxygen 54.3584 −218.7916 −361.8249
Triple point of argon 83.8058 −189.3442 −308.8196
Triple point of mercury 234.3156 −38.8344 −37.9019
Triple point of water 273.16 0.01 32.02
Melting point of gallium 302.9146 29.7646 85.5763
Freezing point of indium 429.7485 156.5985 313.8773
Freezing point of tin 505.078 231.928 449.470
Freezing point of zinc 692.677 419.527 787.149
Freezing point of aluminium 933.473 660.323 1,220.581
Freezing point of silver 1,234.93 961.78 1,763.20
Freezing point of gold 1,337.33 1,064.18 1,947.52
Freezing point of copper 1,357.77 1,084.62 1,984.32

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Punto triplo dell’acqua:


T = 273.16 K
P = 611.65 Pa
ρliquido = 999.79 kg/m3
ρsolido = 917 kg/m3
ρvapore = 0.004854 kg/m3

Come solido si intende il ghiaccio


a struttura cristallina esagonale,
che è il più comune.

Fino al 2019 il punto triplo


dell’acqua era utilizzato per la
definizione del Kelvin.

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I punti fissi sono di preferenza punti tripli, poiché (come si vedrà) sono determinati
univocamente in termini di temperatura e pressione.
I punti di congelamento e di fusione sono relativamente indipendenti dalla pressione.
Quindi il SI prescrive la scala Kelvin, definita tramite la costante di Boltzmann e
coincidente con la temperatura del termometro a gas perfetto.
Si usano però anche altre scale di temperatura. Ne richiamiamo alcune:
Celsius; Fahrenheit; Kelvin; Rankine.
La scala Celsius si rifà alla scala del termometro a gas perfetto e usa il medesimo
intervallo unitario (°C). Il suo zero però è tale che la temperatura Celsius del punto
triplo dell'acqua è pari a 0.01 °C. In questa scala:
• la temperatura di fusione del ghiaccio è 0.00 °C
• la temperatura a cui il vapor d'acqua condensa a P = 1.013 bar è 100 °C.
Quindi T (°C) = T (K) − 273.15.
La scala Fahrenheit pone uguali a 32 e a 212°F i punti del ghiaccio e del vapore. E’
ancora impiegata nel mondo anglosassone, per cui occorre spesso trasformare gradi
Celsius in gradi Fahrenheit e viceversa; la relazione di passaggio è la seguente:
T (°F) = 32 + 9/5 T (°C)
22
La scala Rankine ha lo 0 della scala Kelvin, ma i suoi gradi coincidono con i °F.
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CALORE

Se un sistema con confini rigidi si trova alla


temperatura T1 e viene posto in contatto tramite
una parete conduttrice con un altro che si trova
alla temperatura inferiore T2, osserviamo
SPERIMENTALMENTE che dopo un certo
tempo essi raggiungono l’equilibrio termico
Vale la relazione:
C1 (T1 – Tf) = C2 (Tf – T2)
con Tf temperatura di equilibrio e C costanti
rilevate sperimentalmente, chiamate capacità
termiche.
Definiamo allora calore scambiato la
grandezza Q = C·T .
Definiamo inoltre calore specifico la capacità
termica per unità di massa m
c=C/m 23
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ESEMPIO

Due recipienti rigidi con pareti adiabatiche


contengono acqua in stato di equilibrio.
Recipiente 1: T1 = 60°C, m1 = 10 kg
Recipiente 2: T2 = 20°C, m2 = 4 kg
Ad un certo punto i due recipienti vengono posti in
contatto, rimuovendo una porzione del
rivestimento adiabatico.
Calcolare lo stato finale.
Vale la relazione: 𝑚1 𝑐1 𝑇1 − 𝑇𝑓 = 𝑚2 𝑐2 𝑇𝑓 − 𝑇2
𝑚1 𝑐1 𝑇1 +𝑚2 𝑐2 𝑇2
da cui: 𝑇𝑓 = 𝑚1 𝑐1 +𝑚2 𝑐2

Considerando per l’acqua un calore specifico costante c = 4.186 kJ kg-1 K-1 , si ha:
Tf = 48.6 °C.

Nota: il calore specifico varia leggermente con la temperatura. Il valore dato è una media sul
campo di temperatura d’interesse. 24
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Ingegneria Industriale Lezione 2 – Principi della Termodinamica

Riprendiamo il concetto di sistema termodinamico.


Ciò che si trova all’esterno del sistema è detto Ambiente.
Sistema isolato: nessuno scambio con l’ambiente.
Sistema chiuso: scambia energia ma non materia.
Sistema aperto: scambia energia e materia.
Sistema semplice: composto da una sola sostanza
Per un sistema isolato, la condizione di equilibrio è unica.
Abbiamo già introdotto le coordinate termodinamiche
P, V, T.
Pressione e temperatura sono definibili univocamente
solo all’equilibrio: solo all’equilibrio esse hanno un unico
valore che definisce lo stato del sistema.
Qualsiasi variazione dello stato di un sistema costituisce
una trasformazione.
Una trasformazione è reversibile se è indifferente rispetto
al verso di percorrenza: cio è possibile se tutti i punti della
trasformazione sono punti di equilibrio. 1
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Una trasformazione reversibile può essere rappresentata da una linea continua


su un diagramma termodinamico. Se gli stati iniziale e finale coincidono si ha
una trasformazione chiusa.
Nel piano PV l’area sottesa ad
una trasformazione aperta
rappresenta il lavoro scambiato
lungo la trasformazione:
2
𝐿 = න 𝑃𝑑𝑉
1

Per una trasformazione chiusa:

𝐿 = ර 𝑃𝑑𝑉

Esempio: consideriamo un gas perfetto che viene compresso in


un cilindro da un pistone a perfetta tenuta che scorre senza attrito.
All’inizio V = V0 = 1 litro. Esternamente vige Patm = 1 bar.
Il pistone ha una massa m = 5 kg e una superficie S = 80 cm2.
Sul pistone viene aggiunga con gradualità (es. granelli di sabbia) 2
una ulteriore massa di 35 kg. Calcolare L e V1.
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Ingegneria Industriale Lezione 2 – Principi della Termodinamica
𝑚𝑔
All’inizio la pressione è 𝑃0 = 𝑃𝑎𝑡𝑚 + = 106.1 kPa
𝑆
𝑚+35 𝑔
Alla fine 𝑃1 = 𝑃𝑎𝑡𝑚 + 𝑆
= 149.1 kPa
Data la lentezza della trasformazione, il sistema resta
in equilibrio termico con l’ambiente esterno, per cui la
trasformazione è isoterma.
Se T = cost, dall’equazione dei gas perfetti, PV = cost
(legge di Boyle dell’isoterma).
𝑃
Quindi 𝑉1 = 𝑉0 0 = 0.712 litri.
𝑃1
La pressione in un punto generico può essere scritta
𝑃 𝑉
come 𝑃 = 0𝑉 0. La trasformazione è rappresentata sul
piano PV da un iperbole.
Sostituendo nell’integrale del lavoro:
1 1 𝑑𝑉 𝑉1
𝐿 = ‫׬‬0 𝑃𝑑𝑉 = 𝑃0 𝑉0 ‫׬‬0 = 𝑃0 𝑉0 ln = −36 kJ
𝑉 𝑉0

Correttamente il lavoro è risultato negativo, in quanto il volume è diminuito.


Si dice quindi che il lavoro è positivo quando è fatto dal sistema e
negativo quando è fatto sul sistema.
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James Prescott Joule,


negli anni 1840-1848,
fece una serie di
importanti esperimenti
su sistemi in grado di
scambiare calore e
lavoro, dimostrando
che, per una
trasformazione chiusa
di un sistema chiuso,
calore e lavoro
scambiati sono tra loro
proporzionali.

Notare che in questo caso il lavoro è trasmesso al fluido da un albero 4


rotante, anziché da un pistone che ne varia il volume.
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𝑄
In formule: =Γ
𝐿
Solo più tardi Rudolph Clausius riconobbe l’importanza di
tale risultato sperimentale e lo enunciò come
PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA.

La costante Γ che compare nell’espressione del 1° Principio dipende dalle unità di


misura: nel SI, 𝚪 = 𝟏, poiché sia le quantità di calore che i lavori scambiati si
esprimono in Joule.
Nel vecchio sistema «tecnico» le quantità di calore si esprimevano in calorie; 1 kcal
è il calore necessario per innalzare di 1°C la temperatura di 1 kg di acqua.
Ricordando che il calore specifico dell’acqua è cacqua = 4.186 kJ kg-1 K-1, si vede che
1 kcal = 4.186 kJ. I calcoli risultavano quindi più onerosi.
Nel mondo anglosassone è ancora usata la BTU (British Thermal Unit), quantità di
calore necessaria per innalzare di 1°F una libbra di acqua: 1 BTU = 1.055 kJ.

5
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Per un ciclo, il lavoro ed il calore si possono scrivere come somme di quantità


infinitesime scambiate lungo le trasformazioni del ciclo:
𝐿 = ර 𝛿𝐿 ; 𝑄 = ර 𝛿𝑄

Il simbolo 𝛿 è stato usato per indicare che non si tratta del differenziale di una
funzione matematica, ma di una quantità fisica.
Il 1° Principio si può allora scrivere:

Se l’integrale ciclico di questa quantità è nullo, vuol dire che si può dividere il
ciclo in due parti e le variazioni della quantità saranno uguali e opposte.
𝐵 𝐴 1
න 𝛿𝑄 − 𝛿𝐿 1 = − න 𝛿𝑄 − 𝛿𝐿 2
𝐴 𝐵
B
Invertendo gli estremi del secondo integrale, si vede che A
l’integrale lungo il percorso 1 è uguale a quello del 2
percorso 2. Quindi esso non dipende dal percorso, ma
solo dagli stati A e B.
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Si può allora definire una funzione di stato U tale che:


𝒅𝑼 = 𝜹𝑸 − 𝜹𝑳
In altri termini, la differenza 𝒅𝑼 è un differenziale esatto anche se le quantità 𝛿𝑄
e 𝛿𝐿 non lo sono.
Poiché la quantità U varia per effetto di scambi di lavoro tra il sistema e l’ambiente,
come avviene in meccanica all’energia cinetica e potenziale, anche U è
un’energia e si esprime con le stesse unità di misura.
Poiché questa energia non dipende da sistemi di riferimento esterni al sistema
termodinamico, chiamiamo U energia interna.
Per una trasformazione aperta, possiamo scrivere il 1° Principio come:
𝜟𝑼 = 𝑸 − 𝑳
Calore e lavoro sono due forme di interazione che contribuiscono ambedue alla
variazione del livello energetico del sistema.
Il 1° Principio è fondamentale per analizzare le macchine termiche, che di solito
operano con cicli chiusi, in modo da funzionare senza limiti di tempo, tornando
sempre allo stato iniziale (𝛥𝑈 = 0) dopo un numero intero di cicli.
7
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L’energia interna gode della proprietà additiva:


per un sistema costituito da due o più
O
sottosistemi, si ha:

Q
Δ𝑈 = 𝑄1 − 𝐿1 + 𝑄2 − 𝐿2
Per i sottosistemi presi uno alla volta:

00000
Δ𝑈1 = 𝑄1 − 𝐿1 + 𝑄 − 𝐿
Δ𝑈2 = 𝑄2 − 𝐿2 − 𝑄 + 𝐿

Sommando membro a membro si vede che Δ𝑈 = Δ𝑈1 + Δ𝑈2 , cioè l’energia


interna dell’insieme è uguale alla somma delle energie interne delle sue parti.
Le grandezze che godono di questa proprietà sono dette estensive.
Viceversa, P e T sono grandezze intensive, poiché il loro valore non si può
ottenere per somma di parti.
La trattazione svolta sin qui è completamente generale.

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Restringiamo ora la trattazione a sistemi particolarmente semplici, tali che:


• Non ci sono scambi di materia (sistema chiuso)
• La composizione chimica è costante
• Non ci sono interazioni elettromagnetiche
• Le trasformazioni sono reversibili (pressione e temperatura sono uniformi
su tutto il sistema – istante per istante il sistema è in equilibrio termico con
l’ambiente circostante).
𝑉
Introduciamo il volume specifico 𝑣 = . Per le grandezze specifiche useremo
𝑚
sempre le lettere minuscole.
Ad ogni grandezza estensiva corrisponde una grandezza specifica.
Con le ipotesi fatte: 𝐿 = ‫ 𝑣𝑑𝑃 ׬ 𝑚 = 𝑉𝑑𝑃 ׬‬ovvero, per una trasformazione
infinitesima, δ𝐿 = 𝑚𝑃𝑑𝑣. Sostituendo nel 1° Principio:
𝛿𝑄 = 𝑑𝑈 + 𝑚𝑃𝑑𝑣
Dividendo per la massa e introducendo le grandezze specifiche:
𝛿𝑞 = 𝑑𝑢 + 𝑃𝑑𝑣
Facciamo ora l’ulteriore supposizione che lo stato del sistema sia funzione di
9
sole due variabili.
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In generale, per una funzione di due variabili 𝐹 = 𝐹 𝑥, 𝑦 che ammette differenziale


esatto si può scrivere:
𝜕𝐹 𝜕𝐹
𝑑𝐹 = 𝑑𝑥 + 𝑑𝑦
𝜕𝑥 𝑦
𝜕𝑦 𝑥
Scriviamo quindi l’energia interna specifica in funzione di 𝑇 e 𝑣: 𝑢 = 𝑢 𝑇, 𝑣 . Si ha:
𝜕𝑢 𝜕𝑢
𝑑𝑢 = 𝑑𝑇 + 𝑑𝑣
𝜕𝑇 𝑣
𝜕𝑣
𝑇
𝑄 𝑞 𝛿𝑞 𝑑𝑢+𝑃𝑑𝑣
Ricordiamo che il calore specifico è 𝑐 = = . Per ∆𝑇 → 0 : 𝑐 = = .
𝑚∆𝑇 ∆𝑇 𝑑𝑇 𝑑𝑇
Sostituendo l’espressione trovata per 𝑑𝑢 e risolvendo, si ha:
𝜕𝑢 𝜕𝑢 𝑑𝑣
𝑐= + +𝑃
𝜕𝑇 𝑣
𝜕𝑣 𝑇
𝑑𝑇
Nel caso particolare di trasformazione a volume costante, si ricava il calore
specifico a volume costante:
𝝏𝒖
𝒄𝒗 =
𝝏𝑻 𝒗
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Notiamo che in tutta la trattazione sull’energia interna non abbiamo fatto alcun
riferimento alla struttura molecolare delle sostanze che compongono il nostro
sistema. La definizione di energia interna è quindi indipendente da qualsiasi
ipotesi di tipo microscopico e si limita ad un approccio macroscopico.
Questo è perfettamente lecito se confacente agli scopi che ci prefiggiamo.

Se il sistema è libero di muoversi nello spazio, oltre all’energia interna potremo


inserire nel bilancio anche l’energia cinetica 𝑬𝒄 e l’energia potenziale 𝑬𝒑 :
∆𝑬𝒄 + ∆𝑬𝒑 + ∆𝑼 = 𝑸 − 𝑳 (Forma generale del 1° Principio)

Introduciamo ora il concetto di sorgente termica: molti sistemi hanno grande


estensione, per cui la loro capacità termica è virtualmente infinita. Una sorgente
termica, per definizione, può scambiare qualsiasi quantità di calore senza
cambiare di temperatura: T = costante per qualsiasi Q.

Q
11
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SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA

Il 1° principio nega la possibilità di ottenere energia dal nulla, il che permetterebbe


il moto perpetuo «di prima specie».
Ma potrebbe esistere una «seconda specie» di moto perpetuo: poiché esistono in
natura sorgenti termiche a temperatura ambiente (mare, atmosfera, litosfera), si
potrebbe pensare di attingere calore da queste sorgenti e trasformarlo
completamente in lavoro.
Il 2° principio nega proprio tale possibilità.
ENUNCIATO DI KELVIN – PLANCK:
E’ impossibile che l’unico risultato di una trasformazione
sia ottenere lavoro da calore prelevato ad una sola
sorgente.
Ma esiste anche un
ENUNCIATO DI CLAUSIUS
E’ impossibile che l’unico risultato di una trasformazione
sia trasferire calore da una sorgente a temperatura
minore ad una a temperatura maggiore. 12
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Costruiamo allora due macchine che compiono


due serie rispettivamente di m ed n cicli
completi, tali che sia uguale il calore Q1 che le
macchine assorbono dalla sorgente calda a
temperatura T1.

Se la macchina R è reversibile, possiamo


invertirla cambiando segno a tutti i suoi
scambi energetici.

Il sistema costituito da N + R dovrà dare un


lavoro netto negativo o nullo:
nonpossovenderelavoro o
𝑳𝑵 − 𝑳𝑹 ≤ 𝟎 nonpuòessere
positiva
usa
esarcao
energia esso
quasiasi prendendo

solodaiambiente
calore
In caso contrario, l’insieme delle due
macchine, che scambiano calore netto
nullo con la sorgente a temperatura T1,
produrrebbe lavoro positivo scambiando
calore con la sola sorgente a temperatura
T2, violando l’enunciato di Kelvin – Planck.
13
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Definiamo rendimento o efficienza il rapporto:


𝑳𝒂𝒗𝒐𝒓𝒐
𝜺=
𝑪𝒂𝒍𝒐𝒓𝒆 𝒑𝒓𝒆𝒍𝒆𝒗𝒂𝒕𝒐 𝒂𝒍𝒍𝒂 𝒔𝒐𝒓𝒈𝒆𝒏𝒕𝒆 𝒄𝒂𝒍𝒅𝒂
La relazione prima vista sui lavori si può scrivere:
𝑳 𝑵 𝑳𝑹
− ≤𝟎
𝑸 𝟏 𝑸𝟏
ovvero: 𝜺𝑵 ≤ 𝜺𝑹 ove l’uguale è valido solo se
ambedue le macchine sono reversibili.
L’affermazione appena dimostrata: il rendimento di una macchina reversibile è il
massimo possibile date due sorgenti termiche costituisce il teorema di Carnot.
Il rendimento della macchina reversibile è quindi un limite univoco, dipendente dalle
temperature delle sorgenti, ma indipendente dal tipo di macchina e dai suoi
dettagli costruttivi.
Per un numero intero di cicli, il 1° Principio comporta: 𝐿𝑁 = 𝑄1 − 𝑄2 ; 𝐿𝑅 = 𝑄1 − 𝑄2𝑅
𝑄 𝑄2𝑅
Quindi: 𝜀𝑁 = 1 − 𝑄2 e 𝜀𝑅 = 1 − 𝑄1
. Poiché 𝜺𝑵 ≤ 𝜺𝑹 , si vede che 𝑄2 ≥ 𝑄2𝑅 .
1

La macchina irreversibile riversa più calore all’ambiente a temperatura T2. 14


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Poiché 𝑄2𝑅 /𝑄1 è funzione solo della temperatura, possiamo usarlo come
grandezza termometrica.
𝑇2 𝑄2𝑅
Scriviamo quindi =𝑓 . Fra tutte le funzioni, scegliamo la più semplice: la
𝑇1 𝑄1
funzione lineare. Abbiamo così la scala termodinamica delle temperature.
Di fatto tale scala coincide con la scala del termometro a gas perfetto, ma non ha le
limitazioni di questo (ad esempio anche l’elio sotto i 5 K diventa liquido).
L’espressione del rendimento della macchina reversibile diviene quindi:
𝑻𝟐
𝜺𝑹 = 𝟏 −
𝑻𝟏

Esempio:

Una macchina reversibile scambia calore con:


• una sorgente calda a temperatura T1 = 1500 K (ad es. combustione gas naturale)
• l’ambiente a temperatura T2 = 300 K.

Si ha 𝜺𝑹 = 0,8. Questo è il massimo rendimento per tutte le macchine che operano


tra le due sorgenti date.
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Il rendimento della macchina


reversibile è quindi il limite
teorico per le macchine reali.
Esso cresce con la
temperatura della sorgente
calda e decresce con la
temperatura dell’ambiente

𝑄 𝑇
Il teorema di Carnot si può allora scrivere: 𝜀𝑁 − 𝜀𝑅 = 1 − 𝑄2 − 1 + 𝑇2 ≤ 0 ovvero:
1 1

𝑸𝟐 𝑸𝟏

𝑻𝟐 𝑻𝟏
Per praticità è d’uso esplicitare la differenza tra i due membri della disequazione
introducendo una quantità non negativa σ tale che:
𝑸𝟐 𝑸𝟏
= +𝝈
𝑻𝟐 𝑻𝟏
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A questo punto generalizziamo il discorso ad un sistema


N che scambia calore con n sorgenti a temperature
diverse T1, T2,… Tn.
Poiché non conosciamo a priori il verso degli scambi di
calore, assumiamo un verso positivo entrante: le
quantità di calore uscenti avranno segno negativo.
Per un numero finito di cicli, il 1° Principio per il sistema
N si scrive:
𝑛

𝐿 = ෍ 𝑄𝑖
1

Aggiungiamo al sistema una serie di n macchine reversibili R: ciascuna scambia una quantità
di calore –Qi con la i-esima sorgente e Qia con una sorgente ausiliaria a temperatura Ta
producendo un lavoro Li.
Le n sorgenti a questo punto scambiano una quantità netta di calore nulla.
Pertanto il sistema complessivo scambia calore con la sola sorgente ausiliaria e, per
l’enunciato di Kelvin Planck, dev’essere:
𝐿𝑡𝑜𝑡 = 𝐿 + σ𝑛1 𝐿𝑖 ≤ 0
D’altra parte, per un numero intero di cicli, il 1° Principio dice che 𝐿𝑡𝑜𝑡 = σ𝑛1 𝑄𝑖𝑎 17
Quindi σ𝑛1 𝑄𝑖𝑎 ≤ 0
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Per ciascuna delle n macchine reversibili possiamo correlare le quantità di calore


scambiate con le temperature delle sorgenti usando il teorema di Carnot:
𝑸𝒊𝒂 −𝑸𝒊
+ =𝟎
𝑻𝒂 𝑻𝒊
𝑸 𝑸
Si ha così 𝑸𝒊𝒂 = 𝑻𝒂 𝑻 𝒊 , che sostituito nella disequazione σ𝑛1 𝑄𝑖𝑎 ≤ 0 dà σ𝑛1 𝑻𝒂 𝑻 𝒊 ≤ 0.
𝒊 𝒊
Mettendo a fattor comune e semplificando 𝑻𝒂 si ha infine:
𝑸𝒊
σ𝑛1 ≤0
𝑻𝒊
Facendo tendere all’infinito il numero di sorgenti si ha poi:
𝜹𝑸
‫𝟎≤ 𝑻 ׯ‬ (diseguaglianza di Clausius)
Nel caso di un sistema con tutte le trasformazioni reversibili, l’integrale ciclico è nullo.
Abbiamo quindi un integrando che è una funzione potenziale. Possiamo allora
introdurre la funzione di stato entropia, definita per trasformazioni reversibili come:
𝜹𝑸
𝒅𝑺 =
𝑻 𝑹
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Possiamo applicare la diseguaglianza di Clausius ad un


ciclo composto da due trasformazioni, una reversibile
ed una irreversibile.
𝜹𝑸
Complessivamente ‫𝟎≤ 𝑻 ׯ‬
𝑩 𝜹𝑸 𝑨 𝜹𝑸
cioè: ‫𝑻 𝑰→𝑨׬‬ + ‫𝑻 𝑹→𝑩׬‬ ≤𝟎

Invertendo la trasformazione reversibile e usando la definizione di entropia:


𝑩 𝑩
𝜹𝑸 𝜹𝑸
න = 𝑺𝑩 − 𝑺𝑨 ≥ න
𝑨→𝑹 𝑻 𝑨→𝑰 𝑻
𝛿𝑄
o, in termini infinitesimi: 𝑑𝑆 ≥
𝑇 𝐼
Analogamente a quanto fatto prima con σ, introduciamo un termine positivo 𝒅𝑺𝑰
in modo da scrivere:
𝛿𝑄 Formulazione matematica
𝑑𝑆 = + 𝑑𝑆𝐼
𝑇 del 2° Principio
𝐼

I sistemi isolati, avendo 𝛿𝑄 = 0, non possono che aumentare la loro entropia. 19


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Equivalenza dei due enunciati del


2° Principio.

Negando per assurdo l’enunciato di Kelvin - Plank si potrebbe trasformare in


lavoro tutto il calore Q1 prelevato dalla sorgente a temperatura T1 e fornirlo ad un
normale ciclo frigorifero N, che preleva Q2 da T2 < T1 e restituisce la somma dei
calori Q1 + Q2 alla sorgente T1.
Il risultato netto sarebbe il trasferimento di Q2 dalla sorgente T2 alla sorgente T1 ,
il che viola l’enunciato di Clausius.
20
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Negando per assurdo l’enunciato di


Clausius si potrebbe trasferire il calore Q1
dalla sorgente a temperatura T2 alla
sorgente a temperatura T1 senza altri
effetti.
Ma una normale macchina termica può
riprendere il calore Q1 dalla sorgente T1
fornendo il lavoro L e cedendo Q2 alla
sorgente T2.

La sorgente a temperatura T1 è quindi superflua e si ha produzione di lavoro usando


solo quella a T2.
Ciò contraddice l’enunciato di Kelvin – Plank.

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Esempio di applicazione dell’entropia.

Supponiamo di avere una macchina reversibile


che opera tra le temperature T1 e T2.
Supponiamo poi che per qualche motivo il
calore Q1, anziché andare direttamente alla
macchina, passi prima per una sorgente
intermedia a temperatura T1*< T1.
Ciò comporta una perdita di lavoro utile:
𝑇2 𝑇2 𝑄1 𝑄1
𝐿 − 𝐿∗ = 𝑄1 𝜀 − 𝑄1 𝜀 ∗ = 𝑄1 1− − 1− ∗ = 𝑇2 ∗− = 𝑇2 ∆𝑆
𝑇1 𝑇1 𝑇1 𝑇1
Il termine in parentesi è proprio la variazione di entropia che si registra allorché il
calore Q1 passa dalla sorgente a temperatura T1 a quella a temperatura T1*.
La variazione di entropia, moltiplicata per la temperatura della sorgente fredda
(ambiente) quantifica l’effetto dei processi irreversibili (es. trasferimento di
calore da una sorgente più calda ad una più fredda) in termini di lavoro perduto.
22
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EQUAZIONE DI CONTINUITÀ o di conservazione della massa.


Consideriamo un volume di controllo V, cioè un
volume scelto opportunamente per analizzare il
nostro fenomeno.
Supponiamo che all’istante 0 entri in V la massa
m1 e a 0 + esca la massa m2 .
La massa totale mst nei due istanti è:
 
mst    dV   m1
V  0
 
mst    dV   m2
V   0  
dove  è la densità del volumetto dV. Poiché la massa si conserva avremo
mst = cost e quindi:
   
  dV     dV   m1  m2
V   0   V  0 23
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Dividendo per l’intervallo di tempo  e passando al limite per  → 0


d   dm1 dm2
  dV   
d V  d d
Definiamo la portata in massa
dm
G
d
 wA
metà
Per la densità  e la velocità w sulla superficie A attraverso cui passa il fluido
prenderemo opportuni valori medi. Potremo quindi scrivere:
d  
  dV    2 w2 A2  1w1 A1  0
d V 
REGIME STAZIONARIO (o permanente): le grandezze restano costanti nel tempo,
perciò la derivata rispetto al tempo si annulla, da cui:
G1 = G2= G : la portata in massa è costante.
Se  costante anche la portata in volume è costante (vale in prima
approssimazione per i liquidi ed in qualche caso anche per i gas).
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SISTEMA APERTO IN REGIME PERMANENTE


Dato un volume di controllo VC, consideriamo un
sistema chiuso, deformabile, che si sposta dalla
posizione 1 (“in” + VC) alla 2 (VC + “out”).
Per il 1° principio nella sua forma generale:
E  E  U  Q  L' ovvero:
c p

Ec 2  E p 2  U2  Ec1  Ep1  U1  Q  L'


Possiamo scrivere l’energia come somma delle
energie dei sottosistemi (additività):
Ec1  Ec VC  Ec in ; Ec 2  Ec VC  Ec out

E p1  E p VC  E p in ; E p 2  E p VC  E p out

U1  UVC  U in ; U 2  UVC  U out


Il lavoro complessivo scambiato L’ comprende il
lavoro L effettivamente scambiato da VC e due
ulteriori «lavori di travaso» fatti sulle sezioni «in»
e «out», che si spostano di tratti Δx:
L'  L  LT
LT  Lout  Lin  Pout Aout xout  Pin Ain xin  PoutVout  PinVin 25
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In condizioni stazionarie, i termini relativi al volume di controllo saranno costanti:


EcVC , E pVC ,UVC  costante
Semplificando e spostando LT a primo membro, il 1° Principio si scrive:
Ecout  Epout  Uout  PoutVout  Ecin  Epin  Uin  PinVin  Q  L
𝟐
Usando una velocità media w e una quota media z per ciascuna sezione si ha: 𝑬𝒄 = 𝒎 𝒘 ൗ𝟐
e 𝑬𝒑 = 𝒎𝒈𝒛. Introducendo le grandezze specifiche 𝑽 = 𝒎𝒗 e 𝑼 = 𝒎𝒖, si può scrivere:
 wout
2
  win2 
mout   gzout  uout  Pout vout   min   gzin  uin  Pin vin   Q  L
 2   2 
In condizioni stazionarie, l’equazione di continuità ci dice che:
min mout
 G
 
Dividendo tutti i termini per  , Q ed L divengono potenze:
 wout
2
 win2   
G  g zout  zin   uout  uin  Pout vout  Pin vin   Q  L
 2 
Q L
Dividendo poi per la portata si hanno le potenze specifiche: q  ;l
G G 26
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Per rendere più compatta l’espressione introduciamo una nuova funzione di stato estensiva
𝒉 = 𝒖 + 𝑷𝒗 detta ENTALPIA
Si ottiene così:
 wout
2
  win2 
  gzout  hout     gzin  hin   q  l
 2   2 
E infine, considerando due generiche sezioni 1 e 2 di un sistema si giunge al
PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA PER SISTEMI APERTI:

w22  w12
 g  z 2  z1   h2  h1  q  l A
2

ATTENZIONE: Questa relazione vale solo in condizioni stazionarie.

E’ possibile estenderla a sistemi con più ingressi ed uscite.

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APPLICAZIONI
Dalla A , si ottengono relazioni semplificate per alcun apparecchiature:

sistemi per scambio calore (caldaie, scambiatori, etc.)


Non c’è lavoro; variazioni di energia cinetica e potenziale trascurabili
q  h2  h1
sistemi per scambio energia meccanica (pompe,
compressori, turbine, etc.)
Non c’è calore scambiato; variazioni di energia cinetica e potenziale
trascurabili
l  h1  h2
riduttori di pressione (valvole)
Calore e lavoro nulli; variazioni di energia cinetica e potenziale
trascurabili
h2  h1
ugelli (calore, lavoro e variazione en. potenziale nulla)
w22  w12  2h1  h2  28
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Differenziando l’espressione dell’entalpia si ha: 𝒅𝒉 = 𝒅𝒖 + 𝑷𝒅𝒗 + 𝒗𝒅𝑷


Per una trasformazione reversibile di un sistema chiuso senza variazioni di energia cinetica e
potenziale, si era scritto: 𝒅𝒖 = 𝜹𝒒 − 𝜹𝒍 = 𝜹𝒒 − 𝑷𝒅𝒗. Sostituendo, dh
O sqpdityvi.ua
ds.SI 𝒅𝒉 = 𝜹𝒒 + 𝒗𝒅𝑷
Il secondo termine cambiato di segno è quindi il lavoro δ𝒍 = −𝒗𝒅𝑷 per trasformazioni
reversibili senza variazioni di energia cinetica e potenziale di un sistema aperto.
Le due espressioni del lavoro differiscono perché nel sistema aperto il fluido scambia anche
i lavori di travaso, necessari per garantire la portata.
Alla sezione di ingresso il volume di controllo
riceve il lavoro 𝑃1 𝑉1 (area 0-P1-1-V1) dal
sistema confinante. Questo lavoro di travaso
può essere trasformato in lavoro utile e quindi
2
si somma al lavoro ‫׬‬1 𝑃𝑑𝑣 (area V1-1-2-V2).
Alla sezione di uscita il volume di controllo
deve cedere il lavoro 𝑃2 𝑉2 (area P2-2-V2-0)
per scaricare il fluido nell’ambiente
confinante. Questo lavoro di travaso si
sottrae a quello utile. Il lavoro utile risultante
2
è l’area P1-1-2-P2, che è proprio − ‫׬‬1 𝑣𝑑𝑃
(il segno meno è dovuto alla direzione di integrazione opposta rispetto all’asse delle P) 29
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Si noti che, sia nei sistemi chiusi che in quelli aperti, il lavoro è positivo nelle
trasformazioni di espansione (volume crescente – pressione decrescente) e
negativo nelle trasformazioni di compressione (volume decrescente e
pressione crescente.

Calore specifico a pressione costante

Scriviamo il differenziale (esatto) dell’entalpia in funzione di pressione e temperatura:

 h   h 
dh    dT    dP
 T  P  P  T
Possiamo richiamare il calore specifico 𝑐 = 𝛿𝑞/𝑑𝑇 e sostituire 𝛿𝑞 = 𝑑ℎ − 𝑣𝑑𝑃 ottenendo:

 h   h   dP
c      v 
 T  P  P T  dT
Per trasformazioni a pressione costante si ha 𝒄𝒑 = 𝝏𝒉Τ𝝏𝑻 𝒑 analoga a 𝒄𝒗 = 𝝏𝒖Τ𝝏𝑻 𝒗
incosbla sipuoricavarechipadspertrasformazioniincuiic
l anenonvarianasosiprendenonmeno infinito
ch'reciti Disserononvariala
superava peròahè finito quivi poi
per ornareil
P romo ilco avene di
pneuma
10 sestanno azeroconsa ioncema unraroanon
sara apriori
sassoNonsiUsa 30
I_a
possiamoconoscere
soso.noincomadi
ariosonon
numero
Indeterminato
c i usare
possiamo
un
valore senso
numerico
se acqua boiaomaccione
veniamo ponequalsiasi
persistemi uso a a icani
apertisistemati
p cit
indeterminato

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Ingegneria Industriale Lezione 2 – Principi della Termodinamica

2° PRINCIPIO E SISTEMA APERTO


Come già fatto per l’equazione di continuità, scriveremo l’entropia in due istanti successivi:
   
S  sin min    sdV  S '  sout mout    sdV   '    
V  V  '
Q j
Il 2° Principio dice che: S '  S    S I
Tj
Sostituendo le espressioni precedenti, dividendo per  e passando al limite, si ottiene:

   Q j dS I
sout Gout  sin Gin    sdV    
 V  T j d d
In condizioni stazionarie, con due sole sezioni 1 (ingresso) e 2 (uscita), per unità di
portata in massa si potrà scrivere:

qj
 s2  s1     sI  0
Tj
31
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EXERGIA
Moltiplichiamo l’espressione precedente per la minima tra le temperature delle sorgenti con
cui il sistema scambia calore:
T0
 T0 s2  s1    q j  T0 sI  0
Tj
Ricordiamo il 1° Principio per sistemi aperti, nel quale esplicitiamo i vari scambi termici:

w22  w12
 g  z 2  z1   h2  h1   j q j  l
2
Sommando membro a membro:
w22  w12  T0 
 g  z 2  z1   h2  h1  T0 s2  T0 s1   q j   1  l T0 sI  0
2 T 
 j 
Introduciamo una nuova quantità 𝒆 = 𝒉 − 𝑻𝟎 𝒔. Raccogliamo tutti i termini in modo da
esplicitare il lavoro: Fonzdisassoperchecombinazione dievnz.sisasso

 T0  w 2
 w 2
l   q j 1    e1  e2  1 2
 g  z1  z 2   T0 sI
 T  2
 j 
32
In questa relazione il lavoro specifico è uguagliato alla somma di 5 termini.
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 T0  w 2
 w 2
l   q j 1    e1  e2  1 2
 g  z1  z 2   T0 sI
 T  2
 j 

A ciascuno questi termini viene dato il nome di exergia, cioè energia riportata in termini di
lavoro meccanico equivalente:

1) Exergia dovuta a scambi termici, data dal calore moltiplicato per un fattore di
Carnot 𝟏 − 𝑻𝟎ൗ𝑻𝒋 , che è tanto più vicino all’unità quanto più la temperatura della
sorgente è maggiore di T0.
2) Exergia dovuta a flussi di materia, 𝒆 = 𝒉 − 𝑻𝟎 𝒔

3) Exergia cinetica, coincidente con l’energia cinetica.


4) Exergia potenziale, coincidente con l’energia potenziale.
5) Exergia distrutta, cioè lavoro perduto per effetto di irreversibilità.

Combinando 1° e 2° Principio, il bilancio exergetico pondera i termini di energia


tenendo conto della loro diversa qualità: il lavoro è completamente trasformabile in
qualsiasi altra forma di energia, mentre il calore si può trasformare in lavoro solo in
parte, poiché il rendimento di conversione non può superare quello della macchina
33
reversibile.
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Si possono introdurre vari tipi di rendimento, che sono sempre rapporti tra grandezze
omogenee:
𝒍𝒂𝒗𝒐𝒓𝒐 𝒐𝒕𝒕𝒆𝒏𝒖𝒕𝒐
• Rendimento di macchine semplici (leva, carrucola, etc.) 𝜺= 𝒍𝒂𝒗𝒐𝒓𝒐 𝒔𝒑𝒆𝒔𝒐
𝒄𝒂𝒍𝒐𝒓𝒆 𝒐𝒕𝒕𝒆𝒏𝒖𝒕𝒐
• Rendimento di una caldaia 𝜺=
𝒄𝒂𝒍𝒐𝒓𝒆 𝒔𝒑𝒆𝒔𝒐
𝒍𝒂𝒗𝒐𝒓𝒐 𝒐𝒕𝒕𝒆𝒏𝒖𝒕𝒐
• Rendimento di una macchina termica (motore) 𝜺= 𝒄𝒂𝒍𝒐𝒓𝒆 𝒔𝒑𝒆𝒔𝒐
L’ultimo rapporto è omogeneo in virtù del 1° Principio.
𝑻𝟎
Per un motore reversibile: 𝜺𝑹 = 𝟏 − .
𝑻
Il rendimento termodinamico o «rendimento di 2° Principio» è invece il rapporto tra
quanto si è ottenuto ed il massimo ottenibile:
𝜀 𝑒𝑥𝑒𝑟𝑔𝑖𝑎 𝑜𝑡𝑡𝑒𝑛𝑢𝑡𝑎
𝜂2° = per un motore; 𝜂2° = per un sistema aperto qualsiasi.
𝜀𝑅 𝑒𝑥𝑒𝑟𝑔𝑖𝑎 𝑠𝑝𝑒𝑠𝑎

Questo tipo di analisi è utile per comprendere quali parti di un processo contengono
maggiori irreversibilità (distruzioni di exergia) e quindi necessitano di perfezionamenti.
ESEMPIO: Sorgente calda a T = 1500 K; sorgente fredda (ambiente) a T0 = 300
K. Rendimento macchina reversibile 𝜺𝑹 = 0.8. Rendimento «ciclo combinato»
𝜺 = 0.6. Rendimento di secondo principio 𝜂2° = 0.75 34
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Analogamente a quanto fatto per il motore termico, possiamo introdurre un parametro di


valutazione per le macchine frigorifere:
𝒄𝒂𝒍𝒐𝒓𝒆 𝒔𝒐𝒕𝒕𝒓𝒂𝒕𝒕𝒐 𝒂𝒍𝒍𝒂 𝒔𝒐𝒓𝒈𝒆𝒏𝒕𝒆 𝒇𝒓𝒆𝒅𝒅𝒂
• Efficienza di una macchina frigorifera 𝜺= 𝒍𝒂𝒗𝒐𝒓𝒐 𝒔𝒑𝒆𝒔𝒐
In questo caso il calore sottratto alla sorgente fredda 𝑸𝑭 è l’effetto utile. L’ambiente riceve
tale calore sommato al lavoro speso 𝑸𝑪 = 𝑸𝑭 + 𝑳.
𝑸𝑭 𝑸𝑭
Al rapporto 𝜺 si da spesso il nome di Coefficiente di Prestazione: 𝑪𝑶𝑷 = = .
𝑳 𝑸𝑪 −𝑸𝑭
𝑻𝑭
Per una macchina frigorifera reversibile: 𝑪𝑶𝑷𝑹 = .
𝑻𝑪 −𝑻𝑭
Il rendimento di 2° Principio in questo caso è il rapporto tra il COP ottenuto ed il
massimo ottenibile:
𝐶𝑂𝑃
𝜂2° = per una macchina frigorifera;
𝐶𝑂𝑃𝑅

ESEMPIO: Ambiente a T = 27°C = 300 K; sorgente fredda (congelatore) a T0 = -18°C =


255 K. Frigorifero reversibile: 𝑪𝑶𝑷𝑹 = 255/45 = 5.67.
Se ad esempio un congelatore commerciale ha 𝑪𝑶𝑷 = 3, il suo rendimento di secondo
principio è 𝜂2° = 0.53

35
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REGOLA DELLE FASI


Per semplicità consideriamo
sostanze pure quelle che hanno
composizione chimica costante.
Definiamo fase all’interno di un
sistema una regione omogenea dal
punto di vista fisico.
Abbiamo detto che lo stato di un
sistema è individuato dalle sue
coordinate termodinamiche.
in generale le coordinate termodinamiche di una sostanza pura sono legate da una
equazione di stato che riduce a 2 il numero di coordinate indipendenti.
Inoltre, se ci sono diversi costituenti chimici occorre precisare la composizione del
sistema, ad esempio in termini di frazioni molari:
𝑛
𝑥 = 𝑖ൗ𝑛𝑡𝑜𝑡
All’equilibrio, i potenziali chimici di ciascun componente devono essere uguali tra
le varie fasi. Se c è il numero dei componenti e f il numero delle fasi, questa
condizione fornisce 𝒄 ∙ 𝒇 − 𝟏 equazioni. 1
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Inoltre, per ciascuna fase, la somma delle frazioni molari deve dare 1, condizione
che fornisce f equazioni.
In totale quindi 𝒏° 𝒅𝒊 𝒆𝒒𝒖𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒊 = 𝒄 ∙ 𝒇 − 𝟏 + 𝒇
All'equilibrio lo stato del sistema è determinato da temperatura, pressione e
numero c f delle frazioni molari di ciascun componente in ciascuna fase, cioè:
𝒏° 𝒅𝒊 𝒗𝒂𝒓𝒊𝒂𝒃𝒊𝒍𝒊 = 𝒄 ∙ 𝒇 + 𝟐
La differenza tra numero di variabili e numero di equazioni è la varianza v del
sistema. Si ha quindi:
𝒗= 𝑐∙𝑓+2 − 𝑐∙ 𝑓−1 +𝑓 =𝒄−𝒇+𝟐
Questa relazione costituisce la regola delle fasi, enunciata per la
prima volta nel 1875 da Josiah Willard Gibbs come uno dei risultati
di una teoria generale dell'equilibrio dei sistemi eterogenei, da lui
sviluppata tra il 1875 e il 1878.
Per una sostanza pura c = 1 e v = 3 – f. Ciò spiega come mai in
presenza di 3 fasi (punto triplo) la varianza del sistema sia
nulla, cioè pressione e temperatura sono bloccate.
In presenza di una sola fase invece si hanno due gradi di libertà.
2
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DIAGRAMMA PvT
Per ogni sostanza pura esiste una relazione sperimentale che lega le coordinate di
stato chiamata equazione di stato, ad esempio nella forma:
f (P, v, T) = 0 solido
In un sistema di coordinate termo- liquido
dinamiche, l’equazione di stato individua gas
una superficie i cui punti rappresentano i
possibili stati di equilibrio del sistema. isoterma
Per costruirla si può comprimere la
sostanza a temperatura costante. Per
temperature sufficientemente alte,
l’isoterma è un’iperbole equilatera.

amico
in messicasa
scambio
scarsissimo
adesempioimmergendo a non
annoinunpaese
ince sono
eva inisehouna di
successione sassi

aicavi
libri o incuiilgasassumoilsenomi
inservarsimiennistinatopress
casa
simuoveeneanche di
successione
enuninsanaalcilindroosanouna
iperbole
Puntioscena una

3
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Se invece la temperatura è inferiore ad


solido liquido gas Diagramma
una certa temperatura critica Tc anidride
CARBONICA
caratteristica della sostanza, ad un certo
punto la pressione cessa di aumentare. isoterma
Compare la fase liquida. critica
Con due fasi (3 – f = 1) si ha un solo grado
di libertà e quindi pressione e temperatura
sono legate tra loro.
Il tratto rettilineo orizzontale, oltre che vapore
isotermo, è anche isobaro, cioè con avido
pressione costante (isotermobarica). derivanoonsiv nzoaurenoa

È
uova
Terminato tale tratto, l’isoterma nella zona del
liquido riprende a salire quasi verticalmente
(𝒗𝒍𝒊𝒒 ≅ 𝒄𝒐𝒔𝒕).

isoterma macrisia
4
a T < Tc
cosinuanovesperimensoidissoneanas'abasserecosroisciavidoiosinaporsicuranosa
il
collasserà
in del
tinee volume
esua anno liquidonon
coinciderà

DIEF
gassoso compress
acciaioè
nasoripida
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A temperature ancora inferiori, l’ulteriore


solido liquido gas
compressione del liquido porta alla
formazione della fase solida.
Anche durante la solidificazione si ha un
solo grado di libertà e quindi l’isoterma è
anche isobara.
Terminato tale tratto l’isoterma nel solido è
di nuovo quasi verticale (𝒗𝒔𝒐𝒍 ≅ 𝒄𝒐𝒔𝒕).

isoterma
5
a T < Tc
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uno noneun
specifico
suoumoreiconiciavrai unsuo rame il
specifico i ovino
ees
anniparipusparemapoivariandoilvolumecomplessivomiposso neipini solido
carinovorrà dire
m uovere intermedi
le via
cambiano proporzioni
via
c he
viriaaunaparteanafase una
aumenterà
di
arosaponse e s
sse ono annerà i si iiavido
p ose
liquido
più
i ngombrante avenasassosa
gas

In presenza delle tre fasi (solido, liquido e


vapore), la varianza del sistema è nulla.
Si hanno pertanto tre punti, alla stessa
pressione e temperatura, rappresentativi
degli stati delle tre fasi.
La linea che li congiunge è detta:
“linea del punto triplo”.

Al di sotto di tale linea si passa direttamente


dallo stato gassoso al solido (sublimazione) supDisagio
senza formazione di liquido.

6
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Se le due fasi liquido e vapore si trovano in equilibrio, la varianza del sistema è


3 – f = 1 e quindi il luogo di questi stati è una linea.
Il luogo degli stati
del liquido in
Il luogo degli stati del vapore in
equilibrio con il
equilibrio con il liquido
proprio vapore è
costituisce la
detto "curva limite
"curva limite superiore".
inferiore".
solidificazione

convocazione

Il punto comune µ
punto di
alle due curve è il Boia
Prima
Deve
Bouicine
"punto critico". dirinvio
7
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Quanto detto è vero in termini di Regioni di transizione:


proprietà della singola fase. solido-liquido liquido-vapore
solido-vapore
Se invece consideriamo una massa
definita di fluido nelle regioni di
transizione solido-liquido, solido-
vapore, liquido-vapore, è necessario
conoscere altre coordinate del sistema
che permettono di quantificare la massa
in una determinata fase.NONBASASOLOGIBBS

Ad es. il titolo x del vapore è definito


come il rapporto tra la massa del
vapore e quella totale del sistema,
liquido + vapore.

𝒎𝒂𝒔𝒔𝒂 𝒗𝒂𝒑𝒐𝒓𝒆
𝐱=
𝒎𝒂𝒔𝒔𝒂 𝒍𝒊𝒒𝒖𝒊𝒅𝒐 + 𝒎𝒂𝒔𝒔𝒂 𝒗𝒂𝒑𝒐𝒓𝒆
falso isolopiùvapore
presenzariavino 8
basso
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Si usano spesso le
proiezioni della
superficie PvT sui Questo diagramma
piani Pv e PT. è relativo ad una
sostanza che si9
contrae congelando
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Alcune sostanze
però, come l’acqua,
si espandono
congelando.

La linea di
separazione tra
solido e liquido ha
pendenza opposta

I punti del liquido e


del solido sulla linea
del punto triplo sono 10
scambiati
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In realtà il comportamento
dell’acqua è molto più
complesso, perché il
ghiaccio può assumere
varie forme, che sono
vere e proprie fasi distinte
tra le quali esistono
superfici di transizione.
Questi fenomeni però
avvengono a pressioni
molto elevate.
Questo diagramma è più
realistico dei precedenti e
mostra la grande
differenza di volume
specifico tra liquido e
vapore.
11
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In ambiti ristretti della superficie PvT, si può descrivere il comportamento di una


sostanza tramite coefficienti caratteristici.
𝟏 𝝏𝑷
Il coefficiente di tensione a volume costante è 𝜶 = .
𝑷 𝝏𝑻 𝑽
𝟏 𝝏𝒗
Il coefficiente di dilatazione cubica a pressione costante è 𝜷 = .
𝒗 𝝏𝑻 𝑷
Il coefficiente 𝜷 di un materiale isotropo (cioè che si comporta in modo uguale in
qualsiasi direzione) è il triplo del coefficiente di dilatazione lineare:
𝟏 𝝏𝑳𝟑 𝟑 𝝏𝑳
𝜷= 𝟑 =
𝑳 𝝏𝑻 𝑷
𝑳 𝝏𝑻 𝑷
Per i gas 𝜷 = 𝟏𝟎−𝟑 K-3; per i liquidi 𝜷 = 𝟏𝟎−𝟒 K-3; per i solidi 𝜷 = 𝟏𝟎−𝟓 K-3.
𝟏 𝝏𝒗
Il coefficiente di comprimibilità isoterma è 𝝌 = . Si noti che questo
𝒗 𝝏𝑷 𝑻
coefficiente è l’inverso del Modulo di Young usato in Scienza delle Costruzioni.

12
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La complessità geometrica della superficie PvT


giustifica l’adozione di modelli semplificati
validi in zone circoscritte.
Uno di questi modelli è il Gas
Perfetto, per il quale abbiamo
già introdotto una equazione
di stato.
L’altro, ancora
più semplice, è
la sostanza
incomprimibile,
valida per liquidi
e solidi.
L’equazione di
stato si riduce a
vL = cost.

13
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Per determinare l'energia interna, l'entalpia o l'entropia di una sostanza in


un determinato stato occorre considerare che tali grandezze, essendo funzioni
di stato, sono determinabili solo a meno di una costante, ossia occorre
stabilire il riferimento, il punto di zero. Tale riferimento è stabilito in base a
considerazioni pratiche, consuetudini, etc. ed è bene precisarlo con chiarezza
quando si espongono dati numerici. Per l’acqua il riferimento è il punto triplo.
Come primo caso vediamo quello del liquido. Definiti i valori u0, h0 ed s0 nello
stato di riferimento, applicando il 1° Principio per sistemi aperti e chiusi ed il 2°
Principio possiamo trovare i valori in uno stato qualsiasi B del liquido:
B B
u B  u0   cL dT   Pdv
0 0
B B vardicalore
hB  h0   cL dT   vdP
0 0
B
dT
s B  s0   c L
0
T
Ove cL è il calore specifico del liquido lungo la trasformazione da 0 a B.
14
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Nel caso del liquido possiamo usare l’ipotesi semplificativa vL = cost e quindi
l’espressione dell’energia interna perde l’ultimo termine. In termini differenziali:
𝑑𝑢 = 𝑐𝐿 𝑑𝑇
per cui l’energia interna dipende solo dalla temperatura.
𝝏𝒖
Ma si era visto che 𝒄𝒗 = e non essendoci altri parametri la derivata parziale
𝝏𝑻 𝒗
diviene una derivata totale. Pertanto 𝒄𝑳 = 𝒄𝒗 .
D’altro canto per l’entalpia è 𝑑ℎ = 𝑑𝑢 + 𝑃𝑑𝑣 + 𝑣𝑑𝑃 = 𝑐𝐿 𝑑𝑇 + 𝑣𝑑𝑃 ;
Ma per P = cost questa relazione deve combinarsi con 𝒄𝒑 = 𝝏𝒉Τ𝝏𝑻 𝒑 per cui anche
𝒄𝒑 = 𝒄𝑳 . Ciò spiega come mai in precedenza si sia usato il calore specifico
dell’acqua allo stato liquido senza precisare la trasformazione.
Nei calcoli tecnici si può assumere 𝒄𝑳 ≅ 𝒄𝒐𝒔𝒕 e quindi con buona approssimazione:
𝑇𝐵
𝑢𝐵 = 𝑢0 + 𝑐𝐿 𝑇𝐵 − 𝑇0 ; ℎ𝐵 = ℎ0 + 𝑐𝐿 𝑇𝐵 − 𝑇0 + 𝑣 𝑃𝐵 − 𝑃0 ; 𝑠𝐵 = 𝑠0 + 𝑐𝐿 𝑙𝑛 𝑇0

Energia interna e entropia sono solo funzioni della temperatura. Peraltro l’ultimo
termine nell’espressione dell’entalpia è piccolo rispetto al secondo, per cui anche
l’entalpia dipende prevalentemente dalla temperatura.
15
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L’ipotesi di incomprimibilità è
pienamente valida per l’acqua allo
stato liquido. Passando da 1 a 100
bar a temperatura costante di
50°C, si ha una variazione del
volume dello 0.4%.
Se assumiamo 𝒖 = 𝟎 al punto
triplo, con P = 0.00611 bar e v = Quindi le condizioni del liquido
1.0002 dm3/kg si ha h = 0.61 J/kg, sono rappresentabili da quelle
che si può trascurare, sulla curva limite inferiore.
considerando che cL = 4187 J kg-1
K-1.
Quindi, nei calcoli tecnici per
l’acqua u = h = s = 0 al punto triplo.
Peraltro l'acqua ha una curva
limite inferiore praticamente
verticale sul diagramma P-v, con
la conseguenza che isocore ed
isoterme coincidono ai fini pratici. 16
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Per riuscire a visualizzare contemporaneamente
100
gli stati del liquido e del vapore, si possono usare
400
coordinate logaritmiche per il volume specifico.
10 300 Lo stesso si può fare per la pressione, che varia
250 di diversi ordini di grandezza.
200 Si ha così un diagramma nel quale si riesce a
1 vedere anche il lieve aumento di volume al
150 passaggio da acqua liquida a ghiaccio.
0.1 100
P [MPa]

0.01 50

0.001
0

0.0001
-30

0.00001

-60
0.000001
17
0.001 0.01 0.1 1 10 100 1000 10000 100000
v [m3 /kg]
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L’acqua liquida mostra un minimo del volume specifico a 4°C. Notiamo come il
grafico prosegua sino a -30°C, che sono effettivamente raggiungibili per il liquido in
condizioni metastabili. In sostanza, in assenza di punti di aggregazione o in caso
di raffreddamento veloce, il ghiaccio non riesce a formarsi e l’acqua permane allo
stato liquido ben al di sotto del punto triplo. Il ghiaccio ha un volume maggiore.
1.1
Ghiaccio
1.08
Volume specifico litri/kg

1.06

1.04

1.02
Acqua
1

0.98
-30 -20 -10 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 18
T [°C]
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Proprietà del vapor saturo.


Superata la curva limite inferiore, si entra nella zona bifase, ove la pressione è
funzione della temperatura (pressione di saturazione Psat). Tale zona è delimitata
dagli stati del liquido saturo e del vapor saturo secco (sulla curva limite superiore).
𝒎𝑽
Lo stato del sistema liquido + vapore è definito dal titolo: 𝐱=
𝒎𝑳 +𝒎𝑽
Introduciamo: vd = volume specifico differenziale = vV - vL
r = calore latente di vaporizzazione (così chiamato perché non provoca variazione
di temperatura)
hd = entalpia specifica differenziale = hV - hL = r (coincide con r perché in assenza di
variazione di pressione il lavoro per sistemi aperti è nullo)
ud = energia interna specifica differenziale = uV - uL = r - Psatvd
sd = entropia specifica differenziale = sC - sB = r/T
Lungo la trasformazione isotermobarica si ha:
(mL+mV)vx = mLvL + mVvV da cui vx = vL(1– x) + vVx ovvero vx = vL + xvd
analogamente ux = uL + (r – Psatvd) x hx = hL + rx sx = sL + xr/T
Le proprietà termodinamiche del vapore saturo secco si ottengono per x = 1
19
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Tabella del vapore d'acqua saturo


°C kPa m3/kg kJ/kg kJ/(kg K)
t P vl vv ul ulv uv hl hlv hv sl slv sv
0.01 0.6113 0.001000 206.14 0.00 2375.3 2375.3 0.01 2501.3 2501.4 0.0000 9.1562 9.1562
10 1.2276 0.001000 106.38 42.00 2347.2 2389.2 42.01 2477.7 2519.8 0.1510 8.7498 8.9008
20 2.3390 0.001002 57.79 83.95 2319.0 2402.9 83.96 2454.1 2538.1 0.2966 8.3706 8.6672
30 4.246 0.001004 32.89 125.78 2290.8 2416.6 125.79 2430.5 2556.3 0.4369 8.0164 8.4533
40 7.384 0.001008 19.52 167.56 2262.6 2430.1 167.57 2406.7 2574.3 0.5725 7.6845 8.2570
50 12.349 0.001012 12.03 209.32 2234.2 2443.5 209.33 2382.7 2592.1 0.7038 7.3725 8.0763
60 19.940 0.001017 7.671 251.11 2205.5 2456.6 251.13 2358.5 2609.6 0.8312 7.0784 7.9096
70 31.19 0.001023 5.042 292.95 2176.6 2469.6 292.98 2333.8 2626.8 0.9549 6.8004 7.7553
80 47.39 0.001029 3.407 334.86 2147.4 2482.2 334.91 2308.8 2643.7 1.0753 6.5369 7.6122
90 70.14 0.001036 2.361 376.85 2117.7 2494.5 376.92 2283.2 2660.1 1.1925 6.2866 7.4791
MPa
100 0.10135 0.001044 1.6729 418.94 2087.6 2506.5 419.04 2257.0 2676.1 1.3069 6.0480 7.3549
110 0.14327 0.001052 1.2102 461.14 2057.0 2518.1 461.30 2230.2 2691.5 1.4185 5.8202 7.2387
120 0.19853 0.001060 0.8919 503.50 2025.8 2529.3 503.71 2202.6 2706.3 1.5276 5.6020 7.1296
130 0.2701 0.001070 0.6685 546.02 1993.9 2539.9 546.31 2174.2 2720.5 1.6344 5.3925 7.0269
140 0.3613 0.001080 0.508 588.74 1961.3 2550.0 589.13 2144.7 2733.9 1.7391 5.1908 6.9299
150 0.4758 0.001091 0.3929 631.68 1927.9 2559.5 632.20 2114.3 2746.5 1.8418 4.9960 6.8379
160 0.6178 0.001102 0.3071 674.87 1893.5 2568.4 675.55 2082.6 2758.1 1.9427 4.8075 6.7502
170 0.7917 0.001114 0.2428 718.33 1858.1 2576.5 719.21 2049.5 2768.7 2.0419 4.6244 6.6663
180 1.0021 0.001127 0.1941 762.09 1821.6 2583.7 763.22 2015.0 2778.4 2.1396 4.4461 6.5857
190 1.2544 0.001141 0.1565 806.19 1783.8 2590.0 807.62 1978.8 2786.2 2.2359 4.2720 206.5079
200 1.5538 0.001157 0.1274 850.65 1744.7 2595.3 852.45 1940.7 2793.2 2.3309 4.1014 6.4323
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Dipartimento di
Ingegneria Industriale Lezione 3 – Comportamento delle sostanze

Equazione di Clapeyron
Per stabilire un legame tra pressione e temperatura nella zona bifase (pressione e
temperatura di saturazione), consideriamo su un diagramma Pv un ciclo ideale che
scambia con due sole sorgenti all'interno della campana di transizione di fase
Il ciclo comprende due isotermobariche
e due isoentropiche, che, per piccole
differenze di pressione, sono
praticamente verticali:
l   Pdv  v d xP
l v d xP v d P
  
q rx r
T  T T
  C 1 
T T
v d P T P r
  
r T T v d T
dP r
Passando al limite si ha l’equazione di Clapeyron:  21
dT v d T
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Ingegneria Industriale Lezione 3 – Comportamento delle sostanze

In pratica si adoperano relazioni approssimate come quella di Antoine:


B
log 10 P  A  Per l’acqua: A = 7.196213; B= 1730.63; C = 233.426
C T
100 Psat
Esempio:
90
Calcolare la
80
temperatura di
P [kPa] 70
ebollizione dell’acqua in
una località di 60
montagna ove la 50
pressione atmosferica 40
è pari a 65 kPa. 30
Invertendo la relazione 20
di Antoine: 10
𝐵 0
𝑇= − 𝐶 = 88.06 °C
𝐴−𝑙𝑜𝑔10 𝑃 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
T [°C]

22
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Ingegneria Industriale Lezione 3 – Comportamento delle sostanze

Infine, le proprietà di un vapore surriscaldato in un punto oltre la curva limite


superiore possono essere dedotte da quelle del vapore saturo secco, seguendo ad
esempio una trasformazione a pressione costante.
Alcuni valori sono mostrati nella tabella a pagina seguente.
Se non si dispone di tabelle, diagrammi di stato o relazioni specifiche per il vapore,
si possono scrivere, con buona approssimazione, relazioni in funzione della
temperatura:

u = uv+cvm (T–Tv) h = hv+cpm (T–Tv) s = sv+cpm ln(T/Tv)

Ove cvm e cpm sono opportuni valori medi sull’intervallo di temperature considerato.

23
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Ingegneria Industriale Lezione 3 – Comportamento delle sostanze

Vapore surriscaldato
P [MPa] 0.000612 P [MPa] 0.005 P [MPa] 0.101
T v u h s T v u h s T v u h s
K m3/kg kJ/kg kJ/kg kJ kg-1 K-1 K m3/kg kJ/kg kJ/kg kJ kg-1 K-1 K m3/kg kJ/kg kJ/kg kJ kg-1 K-1
273.16 206.0 2375 2501 9.155 306.02 28.19 2420 2561 8.394 373.15 1.672 2506 2676 7.354
333.15 251.3 2460 2613 9.527 333.15 30.71 2459 2612 8.555 393.15 1.768 2537 2716 7.461
353.15 266.4 2488 2651 9.637 353.15 32.57 2487 2650 8.666 413.15 1.863 2568 2757 7.561
373.15 281.5 2516 2689 9.741 373.15 34.42 2516 2688 8.770 433.15 1.956 2598 2796 7.654
423.15 319.3 2588 2784 9.980 423.15 39.04 2588 2783 9.010 453.15 2.050 2628 2836 7.744
473.15 357.0 2662 2880 10.195 473.15 43.66 2662 2880 9.225 473.15 2.142 2658 2875 7.829
523.15 394.7 2736 2978 10.391 523.15 48.28 2736 2978 9.422 523.15 2.373 2734 2974 8.028
573.15 432.5 2812 3077 10.573 573.15 52.90 2812 3077 9.603 573.15 2.602 2811 3074 8.211
623.15 470.2 2890 3178 10.741 623.15 57.51 2890 3178 9.771 623.15 2.831 2889 3176 8.380
673.15 507.9 2969 3280 10.899 673.15 62.13 2969 3280 9.929 673.15 3.060 2968 3279 8.539
723.15 545.6 3050 3384 11.048 723.15 66.75 3050 3384 10.078 723.15 3.288 3049 3383 8.688
773.15 583.4 3133 3490 11.189 773.15 71.36 3133 3490 10.220 773.15 3.516 3132 3489 8.830
P [MPa] 1 P [MPa] 5 P [MPa] 10
T v u h s T v u h s T v u h s
K m3/kg kJ/kg kJ/kg kJ kg-1 K-1 K m3/kg kJ/kg kJ/kg kJ kg-1 K-1 K m3/kg kJ/kg kJ/kg kJ kg-1 K-1
453.03 0.194 2583 2777 6.585 537.09 0.039 2597 2794 5.974 584.15 0.018 2545 2725 5.616
473.15 0.206 2622 2828 6.696 563.15 0.044 2674 2893 6.154 593.15 0.019 2590 2783 5.713
493.15 0.217 2659 2876 6.793 583.15 0.047 2723 2957 6.265 613.15 0.021 2667 2882 5.878
513.15 0.228 2693 2921 6.884 603.15 0.049 2768 3015 6.363 633.15 0.023 2729 2963 6.007
533.15 0.238 2727 2965 6.968 623.15 0.052 2809 3069 6.452 653.15 0.025 2784 3033 6.117
553.15 0.248 2761 3009 7.048 643.15 0.054 2850 3121 6.534 673.15 0.026 2833 3097 6.214
573.15 0.258 2794 3052 7.125 663.15 0.057 2888 3172 6.611 693.15 0.028 2879 3158 6.302
623.15 0.283 2876 3158 7.303 683.15 0.059 2926 3221 6.684 713.15 0.029 2923 3215 6.383
673.15 0.307 2958 3264 7.467 703.15 0.061 2964 3270 6.754 733.15 0.030 2966 3270 246.459
723.15 0.330 3041 3371 7.620 723.15 0.063 3001 3317 6.821 753.15 0.032 3007 3323 6.531
773.15 0.354 3125 3479 7.764 773.15 0.069 3092 3435 6.978 773.15 0.033 3047 3375 6.599
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Dipartimento di 100
Ingegneria Industriale Lezione 3 – Comportamento delle sostanze
2
Esempio: ciclo di Carnot 10
1

Si vuol costruire un ciclo reversibile tra una


sorgente a 350°C e una a 30°C. 1
Si usa acqua in condizioni di saturazione.
Il ciclo è costituito da due trasformazioni

P [MPa]
isotermobariche e due isentropiche. 0,1

Infatti, per essere reversibile, il ciclo deve:


• essere in equilibrio termico con le 0,01

sorgenti quando scambia calore 4 3


• compiere trasformazioni reversibili senza 0,001
scambio di calore quando non è in
contatto con le sorgenti.
Dalle tabelle del vapore ricaviamo le 0,0001
0,001 0,01 0,1 1 10 100 1000
v [m3/kg]
proprietà dell’acqua nei punti del ciclo. t T s P v h
Infatti a 30°C: °C K kJ kg K
-1 -1 MPa m3/kg kJ kg-1
1 350 623,15 3,7784 16,529 0,0017 1670,9
ℎ𝐿 = 125.79; ℎ𝑉 = 2556.3 kJ/kg. 2 350 623,15 5,2110 16,529 0,0088 2563,6
𝑠𝐿 = 0.4369 kJ kg-1 K-1; 3 30 303,15 5,2110 0,0042 19,5843 1573,0
4 30 303,15 3,7784 0,0042 13,7078 1138,7
𝑠𝑉 = 8.4533 kJ kg-1 K-1
-1 -1 𝑠3 −𝑠𝐿
𝑠3 = 𝑠2 = 5.211 kJ kg K ; ma 𝑠3 = 1 − 𝑥3 𝑠𝐿 + 𝑥3 𝑠𝑉 da cui: 𝑥3 = = 0.596.
𝑠𝑉 −𝑠𝐿
-1
Quindi: ℎ3 = 1 − 𝑥3 ℎ𝐿 + 𝑥3 ℎ𝑉 = 1573 kJ kg 25
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Dipartimento di
Ingegneria Industriale Lezione 3 – Comportamento delle sostanze
100
Analogamente per il punto 4 imponendo
2
𝑠4 = 𝑠1 . 1
10
Le energie scambiate sono:
riscaldamento 1-2) 1

q1 = h2 - h1 = 892,7 kJ/kg;

P [MPa]
espansione 2-3) 0,1

le = h2 - h3 = 990,6 kJ/kg;
0,01
raffreddamento 3-4)
4 3
q2 = h4 - h3 = -434,3 kJ/kg; 0,001

compressione 4-1)
lc = h4 - h1 = -532,1 kJ/kg. 0,0001
0,001 0,01 0,1 1 10 100 1000
v [m3/kg]
Il rendimento è ε = Σ l / q1 = 0,51352.
t T s P v h
Trattandosi di un ciclo di Carnot, si poteva 1 350 623,15 3,7784 16,529 0,0017 1670,9
anche fare ε = 1 - T2/T1 = 0.51352. 2 350 623,15 5,2110 16,529 0,0088 2563,6
3 30 303,15 5,2110 0,0042 19,5843 1573,0
4 30 303,15 3,7784 0,0042 13,7078 1138,7

26
DIEF Fisica Tecnica Industriale – Proff. Milazzo e Rocchetti
Dipartimento di
Ingegneria Industriale Lezione 3 – Comportamento delle sostanze

Altro esempio: ciclo frigorifero di Carnot


Si vuol costruire un ciclo frigorifero che preleva calore dalla
temperatura di 10°C e scarica calore all’ambiente esterno a 40°C.
L’apparato si compone di due scambiatori di calore, in contatto
con le sorgenti termiche, e due macchine reversibili che
scambiano lavoro con il fluido.
Il fluido entra come vapore saturo secco nello scambiatore caldo
(condensatore) ed esce in condizioni di liquido saturo. Poi
espande ad entropia costante, fornendo lavoro alla macchina,
sino alla pressione dello scambiatore freddo (evaporatore).
Dall’evaporatore esce ad un titolo maggiore e passa al compressore, che fornendo lavoro al
fluido lo riporta alla pressione del condensatore.
Dalla tabella del vapor saturo si ricava:
A 10°C) ℎ𝐿 = 42.01 kJ/kg; ℎ𝑉 = 2519.8 kJ/kg. 𝑠𝐿 = 0.151 kJ kg-1 K-1; 𝑠𝑉 = 8.9008 kJ kg-1 K-1
-1 -1 -1 -1
A 40°C) ℎ𝐿 = 167.57 kJ/kg; ℎ𝑉 = 2574.3 kJ/kg. 𝑠𝐿 = 0.5725 kJ kg K ; 𝑠𝑉 = 8.2570 kJ kg K

27
DIEF Fisica Tecnica Industriale – Proff. Milazzo e Rocchetti
Dipartimento di
Ingegneria Industriale Lezione 4 – Gas Perfetti

Gas Perfetti
Il modello di comportamento di una
sostanza che sintetizziamo con la
equazione dei gas perfetti:
𝑷𝑽 = 𝒏𝑹𝟎 𝑻
si adatta bene alla parte della
superficie PvT più lontana dal
punto critico.
Storicamente l’equazione dei gas
perfetti deriva dalle misure
sperimentali di Boyle:
𝑷𝑽 = 𝒄𝒐𝒔𝒕 a T costante;
di Volta:
𝑷 = 𝑷𝟎 𝟏 + 𝜶𝑻 a V costante;
e di Gay Lussac:
𝑽 = 𝑽𝟎 𝟏 + 𝜶𝑻 a P costante;
ove 𝜶 = 𝟏Τ𝟐𝟕𝟑. Combinando queste relazioni e introducendo la scala assoluta delle
temperature si trova l’equazione di stato.
1
DIEF Fisica Tecnica Industriale – Proff. Milazzo e Rocchetti
Dipartimento di
Ingegneria Industriale Lezione 4 – Gas Perfetti

Partendo dall’equazione di stato si può ricavare un altro risultato sperimentalmente


verificato: il volume molare di qualsiasi gas rispondente al modello di gas perfetto a
𝑹 𝑻 𝟖.𝟑𝟏𝟒×𝟐𝟕𝟑.𝟏𝟓
condizioni normali (0°C e 1 bar) è 𝑽𝒎 = 𝟎 = = 𝟎. 𝟎𝟐𝟐𝟕 m3.
𝑷 𝟏𝟎𝟎𝟎𝟎𝟎
Dal punto di vista dell’ingegnere, più che il numero di moli è interessante la massa di gas
presente nel sistema termodinamico.
A tal fine si può richiamare la massa molare 𝓜 del gas in questione (cioè la massa che
contiene un numero di Avogadro di unità elementari) e scrivere il numero di moli n come:
𝒏 = 𝒎Τ𝓜 .
Spesso, avendo un sistema di composizione chimica costante, si ingloba la massa molare
nella costante e si scrive l’equazione di stato in forma compatta:
𝑷𝑽 = 𝒎𝑹𝑻
𝑹𝟎
Ora però la costante R è specifica per il gas: 𝑹 = ൗℳ. Dividendo per la massa:
𝑷𝒗 = 𝑹𝑻
Dal punto di vista microscopico si è già accennato che il modello di gas perfetto si adatta
ad un gas in cui il volume proprio delle molecole è trascurabile rispetto a quello del
contenitore e l'energia potenziale delle molecole (dovuta alle loro mutue interazioni) è
trascurabile rispetto alla loro energia cinetica. In questa lezione forniremo dei criteri
macroscopici per decidere se il modello è applicabile o meno.
2
DIEF Fisica Tecnica Industriale – Proff. Milazzo e Rocchetti
Dipartimento di
Ingegneria Industriale Lezione 4 – Gas Perfetti

I gas perfetti posseggono anche un’altra caratteristica


importante, che può essere evidenziata compiendo una
espansione libera.
Si abbia un gas inizialmente contenuto in una parte di un
recipiente isolato che per il resto è vuoto. Aprendo il setto il
gas si espande sino a occupare tutto lo spazio disponibile.
Misurando la temperatura prima e dopo l’espansione si nota
che essa varia molto poco; la variazione tende ad annullarsi
al diminuire della pressione iniziale.
Il sistema totale è isolato, quindi in base al 1° Principio la
variazione di energia interna è nulla: ∆𝒖 = 𝟎.
Per una sostanza pura, lo stato dipende da due parametri.
Possiamo quindi scrivere indifferentemente:

 u   u   u   u 
du    dP    dT  0 du    dv    dT  0
 P  T  T  P  v  T  T  v
Ma se 𝑑𝑇 = 0, i secondi addendi di entrambe le espressioni sono nulli. Affinché sia 𝑑𝑢 = 0
pur essendo 𝑑𝑃 ≠ 0 e 𝑑𝑣 ≠ 0 devono esser nulle le derivate parziali 𝜕𝑢Τ𝜕𝑃 𝑇 e 𝜕𝑢Τ𝜕𝑣 𝑇 .
Ciò implica che l’energia interna di un gas perfetto dipenda solo dalla temperatura.
3
DIEF Fisica Tecnica Industriale – Proff. Milazzo e Rocchetti
Dipartimento di
Ingegneria Industriale Lezione 4 – Gas Perfetti

Se 𝑢 = 𝑢 𝑇 , la derivata parziale nel calore specifico a volume costante diviene una derivata
totale: 𝒄𝒗 = 𝒅𝒖Τ𝒅𝑻.
Ma l’equazione di stato permette di scrivere 𝑑ℎ = 𝑑𝑢 + 𝑑 𝑃𝑣 = 𝑑𝑢 + 𝑑 𝑅𝑇 , per cui anche
l’entalpia è funzione della sola temperatura. Quindi 𝒄𝒑 = 𝒅𝒉Τ𝒅𝑻.
Sostituendo e dividendo tutto per 𝑑𝑇 si ha l’equazione di Mayer:
𝒄𝒑 = 𝒄𝒗 + 𝑹
Le proprietà termodinamiche dei gas perfetti, fissato uno stato di riferimento, si possono
dunque scrivere:
1 1
u1  u0   cv dT  u0  cvm (T1  T0 ) h1  h0   cP dT  h0  cPm (T1  T0 )
0 0
dq du  Pdv dT dv dq dh  vdP dT dP
ds    cv R ds    cP R
T T T v T T T P
E’ lecito prendere un valor medio dei calori specifici nel calcolo degli integrali di u e h.
Viceversa nel calcolo dell’entropia a rigore si possono estrarre 𝒄𝒑 e 𝒄𝒗 dagli integrali solo
se sono costanti (il che è approssimativamente vero per piccoli ∆𝑇). Ne deriva:

T v T P
s  s 0  c v ln  R ln s  s0  c P ln  R ln
T0 v0 T0 P0 4
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Ingegneria Industriale Lezione 4 – Gas Perfetti

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P
Trasformazioni termodinamiche dei gas
perfetti: politropiche. isobara
Per i gas perfetti un'equazione della forma
𝑷𝒗𝒏 = 𝒄𝒐𝒔𝒕
può rappresentare differenti trasformazioni
reversibili; infatti avremo, per
𝒏=𝟏 trasformazione isoterma isoterma

𝒏=𝟎 trasformazione isobara isocora


isoentropica
v
𝒏=∞ trasformazione isocora

𝒄
Per 𝒏 = 𝒌 = 𝒑ൗ𝒄𝒗 si ha una trasformazione adiabatica reversibile (quindi isentropica).
𝑑𝑇 𝑑𝑃 𝑑𝑇 𝑑𝑣
Infatti abbiamo già visto che: 𝑑𝑠 = 𝑐𝑝 − 𝑅 𝑃 e 𝑑𝑠 = 𝑐𝑣 𝑇 + 𝑅 𝑣 ;
𝑇
uguagliando a zero e dividendo membro a membro queste due relazioni:
𝑐𝑝 𝑑𝑃ൗ
=𝑘=− 𝑃
𝑐𝑣 𝑑𝑣ൗ
𝑣
𝑑𝑃 𝑑𝑣
ovvero = −𝑘 . Integrando: 𝑙𝑛 𝑃 + 𝑘 𝑙𝑛 𝑣 = 𝑐𝑜𝑠𝑡 ovvero 𝑷𝒗𝒌 = 𝒄𝒐𝒔𝒕.
𝑃 𝑣
6
In sostanza, dati due stati si può sempre trovare una politropica che li congiunge.
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Per le trasformazioni politropiche è facile trovare il lavoro scambiato.


Per un sistema chiuso:

2 2  1 n 2    
n 1

n dv n v  P1v1 v1
l   Pdv   Pv n P1v1  1    
v  1  n  n  1   v2  
1 1  1   
v2 v2
Per n = 1 (isoterma): l  P1v1 ln  RT1 ln
v1 v1
Per un sistema aperto:
 2

 1 n 
1
 n 1

2 2
dP 1/ n  P  n   P2  
n
l    vdP    P v 1/ n   P1 v1
1/ n
 P1v1 1   
P  1  n 1   P1  
1 1
1 n   
 1 

Per l’isoterma, valendo la legge di Boyle, i lavori del sistema aperto e del sistema
chiuso coincidono. Infatti i lavori di travaso all’ingresso e all’uscita sono uguali e si
elidono.
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ovviamente Equazione di Van der Waals (1873)


l’equazione non Si introducono le costanti a (attrazione) e
vale nella zona b (covolume). L’equazione è:
bifase 𝒂
𝑷+ 𝟐 𝒗 − 𝒃 = 𝑹𝑾 𝑻
𝒗
Imponendo che sia:
𝜕𝑃
=0
𝜕𝑣 𝑇=𝑇𝐶

𝜕2𝑃
=0
𝜕𝑣 2 𝑇=𝑇𝐶
𝑣𝑐
si ha: 𝑎 = 3𝑣𝐶2 𝑃𝐶 ; 𝑏 = 3
;
8 𝑃𝐶 𝑣𝐶
𝑅𝑊 =
3 𝑇𝐶
L’equazione di Van der Waals ha ormai più che altro valore storico: l’accordo con
i dati sperimentali è modesto. Tuttavia essa mostra l’importanza delle coordinate
del punto critico e induce ad introdurre le coordinate ridotte:
𝑻𝒓 = 𝑻ൗ𝑻𝑪 ; 𝒗𝒓 = 𝒗Τ𝒗𝑪 ; 𝑷𝒓 = 𝑷ൗ𝑷𝑪; 8
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In base alla equazione di Van der Waals si può enunciare la legge degli stati
corrispondenti:
lo scostamento dal comportamento di gas perfetto è eguale per tutti i gas
nello stesso stato fisico ridotto, cioè con le stesse coordinate ridotte.
In base alla legge degli stati corrispondenti, basterebbe conoscere le coordinate
critiche per calcolare il comportamento di qualsiasi gas in qualsiasi stato.
Per quantificare lo scostamento dall’equazione di stato si introduce il fattore di
compressibilità:
𝑷𝒗
𝒛=
𝑹𝑻
Tale fattore è riportato, in funzione delle coordinate ridotte, nei grafici delle pagine
successive e permette di calcolare lo stato di qualunque gas. Ovviamente per un
gas perfetto z = 1. Tuttavia non si deve dimenticare che, oltre all’equazione di stato,
abbiamo incluso nella definizione di gas perfetto anche la dipendenza di energia
interna ed entalpia dalla sola temperatura.
Tuttavia oggi l’errore commesso usando questo approccio non è di norma
accettabile, per cui si usano equazioni più complesse.
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Per temperature ridotte Tr >2,


z≈1

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Per pressioni ridotte Pr < 0.1,


z≈1

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In pratica si usano numerose equazioni di stato, a seconda delle applicazioni e


della disponibilità di dati sperimentali per le varie sostanze.
Una forma tipica alla quale si possono ricondurre varie equazioni particolari è
quella del Viriale, nella quale il fattore di compressibilità è espresso in forma
polinomiale:
𝑃𝑣 𝐵 𝑇 𝐶 𝑇 𝐷 𝑇
= 1+ + 2 + 3
𝑅𝑇 𝑣 𝑣 𝑣
I coefficienti sono tabulati in letteratura.
Citiamo a titolo di esempio anche le equazioni di Beattie e Bridgeman, Dieterici,
Redlich-Kwong, Peng Robinson. E’ da sottolineare che tutte queste equazioni non
sono valide all’interno della zona di saturazione.
Le relazioni tra le variabili termodinamiche sono più chiare quando vengono
rappresentate su diagrammi termodinamici.
Oltre ai già noti diagrammi Pv e PT, useremo molto spesso i diagrammi Ts
(temperatura – entropia), hs (entalpia – entropia) e Ph (pressione - entalpia).
Su ciascun diagramma è utile tracciare le curve lungo le quali le altre variabili
sono costanti.
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𝒒𝒓𝒆𝒗 = න 𝑻𝒅𝒔
Isobara:
Diagramma T-s
dT  TdT T
  
Cpsu ds  p dq cp
isocordpiù
RIPIDAISOBARA
Isocora:
dT  TdT T
  
ds v dq cv
La pendenza delle
trasformazioni è
inversamente
proporzionale al
calore specifico:
dT f  i T
tg   
ds g  i g  i
ds dq
g i  T  c
dT dT
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Le isobare sono curve


𝝏𝑻 𝑻
esponenziali: =
𝝏𝒔 𝑷 𝒄𝒑

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Le isoentalpiche tendono a divenire
orizzontali allontanandosi dalla zona
critica
PER COST PERCHÉ All'infinito
my ISOTERMAquindiil É
una
Fluido avvicinaaun
si Gas
PERFETTO

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Diagramma h-s Isotermobariche:


o di Mollier dh  Trdx
  T
ds  P ,T rdx

Curva limite inferiore:


dh  Tcl dT
  T
ds  c.l .i. cl dT
Le isotermobariche sono rette a
pendenza crescente con T e sono
tangenti alla curva limite inferiore nel
punto di contatto ad essa.
Isobare:

Calori e lavori
dh 
 
Tc p dT
ds  P c p dT
T ATEI
scambiati sono
direttamente leggibili Isocore:
sull’asse delle h. dh  T (dq  vdP) TvdP
  T 
ds  v dq cv dT 17
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Le isoterme tendono a
diventare orizzontali
allontanandosi dalla
zona critica.

Le isobare, dopo la curva


limite superiore, hanno
pendenza crescente.

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Gli scambi energetici Isoentropica:


Diagramma Ph
sono leggibili sulle 𝑑ℎ = 𝑇𝑑𝑠 + 𝑣𝑑𝑃
Satrap
ascisse. dh ma:
𝜕ℎ 𝜕ℎ
𝑑ℎ = 𝑑𝑠 + 𝑑𝑃
𝜕𝑠 𝑃
𝜕𝑃 𝑠
quindi:

tele
𝜕ℎ
=𝑣
𝜕𝑃 𝑠
la pendenza delle
aria
isentropiche è proporzionale
al volume specifico.

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Diagramma P-h per l’anidride carbonica

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Miscele ideali di gas


Per trattare miscele di gas occorrono informazioni sulla composizione. Abbiamo
già utilizzato la frazione molare:
𝒏𝒊
𝝁𝒊 = con 𝑵 = σ𝒊 𝒏𝒊 per cui ovviamente σ𝒊 𝝁𝒊 = 𝟏 .
𝑵
Analogamente si può definire una frazione massica o ponderale:
𝒎𝒊
𝒙𝒊 = con 𝒎 = σ𝒊 𝒎𝒊 e quindi è anche σ𝒊 𝒙𝒊 = 𝟏 .
𝒎
La massa molare della miscela è definita come:
σ𝒊 𝓜𝒊 𝒏𝒊
𝓜=
𝑵
Si può allora ricavare un legame tra frazioni molari e ponderali:
𝓜𝒊 𝒏𝒊 𝓜𝒊
𝒙𝒊 = = 𝝁𝒊
𝓜𝑵 𝓜

Si definisce pressione parziale di un componente in una miscela di gas la


pressione che esso avrebbe se, alla stessa temperatura, occupasse da solo
l’intero volume a disposizione.
1
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Se tutti i componenti sono trattabili come gas perfetti, per la pressione parziale di
ciascuno si può scrivere: 𝑃𝑖 𝑉 = 𝑛𝑖 𝑅0 𝑇.
D’altra parte per la miscela dev’essere: 𝑃𝑉 = 𝑁𝑅0 𝑇.
𝑷𝒊 𝒏𝒊
Dividendo membro a membro: = = 𝝁𝒊 Frazionemolaredacomponente
𝑷 𝑵
Poiché la somma delle frazioni molari deve dare 1, si ha così la legge di Dalton,
valida per le miscele ideali:
PressioneTotale
disingoli componenti
non
Interagiscono
traloro ෍ 𝑷𝒊 = 𝑷
𝒊
La somma delle pressioni parziali è uguale alla pressione totale.
In modo analogo possiamo definire i volumi parziali come quelli che ciascun
componente occuperebbe da solo alla pressione totale della miscela.
Ragionando come prima si ottiene che la somma dei volumi parziali è uguale al
volume totale (Legge di Amagat-Le Duc).
La costante da utilizzare per la miscela nell’equazione di stato dei gas perfetti è:
lasommadellefrazioni 𝑅0
molari fa 𝑅= abbiamo achefarecontrazionimassiche
ℳ E MOLARI

𝑅0 σ𝑖 𝜇𝑖 𝑅0 𝜇𝑖 𝑅0 𝑥𝑖
Ma si può scrivere 𝑅 = ℳ
= σ𝑖 ℳ
= σ𝑖 ℳ𝑖
= σ𝑖 𝑥𝑖 𝑅𝑖 . 2
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Vediamo dunque che per la costante del gas di una miscela si deve effettuare
una media pesata delle costanti dei singoli gas, usando come pesi della media
le frazioni ponderali. Dimostrare
q Perasse
CHEvale
ALTREPER e
La stessa cosa vale per tutte le altre proprietà di massa. caso

𝜟𝒖 = σ𝒊 𝒙𝒊 𝜟𝒖𝒊 ; 𝜟𝒉 = σ𝒊 𝒙𝒊 𝜟𝒉𝒊 ; 𝜟𝒔 = σ𝒊 𝒙𝒊 𝜟𝒔𝒊 ;


𝒄𝒑 = σ𝒊 𝒙𝒊 𝒄𝒑𝒊 ; 𝒄𝒗 = σ𝒊 𝒙𝒊 𝒄𝒗𝒊;
Per quanto riguarda il punto critico, per le miscele si definiscono le cosiddette
coordinate pseudo-critiche:
𝑷′𝒄 = σ𝒊 𝝁𝒊 𝑷𝒄𝒊 ; 𝑻′𝒄 = σ𝒊 𝝁𝒊 𝑻𝒄𝒊
Per l’aria tali coordinate valgono 𝑷′𝒄 = 37.7 bar e 𝑻′𝒄 = 133 K.
Si vede quindi che nelle usuali condizioni ambientali, la temperatura è molto più
alta di quella pseudo-critica e ciò fa dire che il fattore di compressibilità (anche
se per una miscela ha poco senso definirlo) è prossimo ad 1: si può quindi
applicare all’aria l’equazione di stato dei gas perfetti.
Vale anche la dipendenza di energia interna ed entalpia dalla sola temperatura.

3
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Sostanza Massa Composizione Composizione


molecolare volumetrica (frazione ponderale
(Scala C12) molare)
Azoto (N2) 28.0134 0.78084 0.75520
Ossigeno (O2) 31.9988 0.20948 0.23142
Argon (Ar) 39.943 0.00934 0.01288
Biossido di carbonio (CO2) 44.00995 0.00031 0.00048
Neon (Ne) 20.183 1.818E-05 1.267E-05
Elio (He) 4.0026 5.240E-06 7.241E-07
Krypton (Kr) 83.80 1.140E-06 3.298E-06
Xenon (Xe) 131.30 8.700E-08 3.944E-07
Idrogeno (H2) 2.01594 5.000E-07 3.480E-08
Metano (CH4) 16.04303 1.500E-06 8.308E-07
Ossido di Azoto (N2O) 44.0128 5.000E-07 7.598E-07
Altro 2.853E-06 3.709E-06
Totale aria 28.9645 1 1

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PSICROMETRIA (comportamento dell’ARIA UMIDA)


Un caso molto importante di miscela di gas è l’aria umida, che viene studiata dalla
psicrometria (dal greco ψυχρόν che vuol dire freddo)
Abbiamo già visto che l’aria secca può essere considerata un gas perfetto, avendo i suoi
principali costituenti temperature critiche molto più basse di quella dell’ambiente.
Per il vapor d’acqua invece ricordiamo la pressione critica: Pc = 22.06 MPa.
Nel caso dell’aria umida, la pressione parziale del vapore di norma è inferiore a 2 kPa.
Pertanto la pressione ridotta è dell’ordine di 10-4. Quindi anche il vapore contenuto nell’aria
umida può essere considerato un gas perfetto.siamoinsanida puntocritico
Possiamo dunque applicare tutte le relazioni già viste per le miscele di gas ideali, come la
Legge di Dalton σ𝒊 𝑷𝒊 = 𝑷.
Possiamo poi scrivere l’equazione dei gas perfetti in termini di pressioni parziali per i due
componenti:
𝑷𝒗 𝑽 = 𝒎𝒗 𝑹𝒗 𝑻 (per il vapore); 𝑷𝒂 𝑽 = 𝒎𝒂 𝑹𝒂 𝑻 (per l’aria secca).
Dividendo membro a membro si può calcolare una quantità molto importante, il titolo o
umidità assoluta: L'ARIACHERESPIRIAMO LATRATTEREMOcome
NYM 𝒎𝒗 𝑷𝒗 𝑹𝒂 GasPERFINO Menzione Per il grafico
𝝎= M = PUSPERL'ACQUAQUANDOSuperiamo cura
sitoDELVAPOR
saturodiversodaun
𝒎𝒂 𝑷𝒂 𝑹 𝒗 la
mm limiteinferioreacqualiquido incomprensibile
ovviamente
massa
Di
aria
secca
5
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Ricordando la relazione per il calcolo delle costanti dei gas e le masse molari del vapore e
dell’acqua, si ha: OGNIVOLTACHE
HounPenice sonovalori
𝒎𝒗 ℳ𝒗 𝑷𝒗 𝟏𝟖 𝑷𝒗 Parziali
𝝎= = =
𝒎𝒂 ℳ𝒂 𝑷𝒂 𝟐𝟗 𝑷𝒂 pressione cheavrebbe seoccupasse l'interovo
press
E infine ricordando la legge di Dalton: 1avea temperatura indicataalloracome
parziale
𝝎 = 𝟎. 𝟔𝟐𝟐
𝑷𝒗 parPutPa
𝑷 − 𝑷𝒗 MyPRESSIONEParziale vapore
del
Si noti la differenza tra il titolo delle miscele di aria e vapor d’acqua e quello del vapor saturo.
Definiamo umidità relativa o grado igrometrico il rapporto tra la pressione parziale del
vapore nel volume considerato e quella che il vapore avrebbe in condizioni di saturazione:
se Prapscondenssicosizione diasempre
nsamassimadelvapore 𝑃
CHE rimane conGas 𝑣 𝜔 𝑷 − 𝑷𝒗 SEfossimocon una Pspiù ALTA avremmo
41Tse senesedisuperare
𝜑 = = q
di
PressioneParziale saturazione
𝑃𝑠 𝟎. 𝟔𝟐𝟐𝑷𝒔 una condensazione

µ
legge geese Rifvedere il cambiamento di Fase
cessionedisanzione
Quindi: paggio
DI VAPORD'ACQUA 𝝋𝑷
NIENTE Dinuovo 𝝎 = 𝟎. 𝟔𝟐𝟐 𝑷−𝝋𝑷𝒔
𝒔

Si è così espresso il titolo in funzione dell’umidità relativa e della temperatura (attraverso 𝑷𝒔 ).


dopo lacondensazione le goccioline discavocadonocannealliambiente a è ilcuoreun inunamiscela
Ideareciascuncomponente
si
coupons
leggiconce
conlesue sueproprietàsuopuntocriticos
PUNTO
TRIPLO
suecurve im
LE supE inf

6
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Entalpia dell’aria umida


Utilizzando la proprietà additiva, detta M la massa complessiva di aria e vapore, si ha:
𝑀ℎ = 𝑚𝑎 ℎ𝑎 + 𝑚𝑣 ℎ𝑣
Per l'aria, assunto lo stato di riferimento a 0°C e 1 bar, si ha:
superavain9 ebollizione evaporazione
ℎ𝑎 = ℎ0𝑎 + 𝑐𝑝𝑎 𝑇 − 𝑇0 = 𝑐𝑝𝑎 𝑡 e son
quindiebollizione A1000c
con t temperatura in gradi Celsius. Ffi celsius eevaporazione a valorianche
comambiendinferioritisoermobarica anchesooooo
Per il vapore, assunto come riferimento lo stato del liquido a 0°C, otteniamo:
arenadiriferimento
naiveallora ℎ𝑣 = ℎ0𝑣 + 𝑟𝑣 + 𝑐𝑝𝑣 𝑇 − 𝑇0 = 𝑟𝑣 + 𝑐𝑝𝑣 𝑡 supin a

IIIIII
catenedi
calore vaporizzazione ma ovviamentea 04
Mamamu
quindi: 𝑀ℎ = 𝑚𝑎 𝑐𝑝𝑎 𝑡 + 𝑚𝑣 𝑟𝑣 + 𝑐𝑝𝑣 𝑡
Dividiamo tutto per la massa di aria secca:
PERCHEACQUA 𝑀ℎ
sonosemprecompriamo gpseiiigi.tt
p ijmal
cambia vale 𝐽=
𝑚𝑎
= 𝑐𝑝𝑎 𝑡 + 𝜔 𝑟𝑣 + 𝑐𝑝𝑣 𝑡 sempre
µ
CRESCERÀ
In questo modo abbiamo ottenuto una entalpia specifica riferita alla massa di aria costante
ma lamass
DiARIAseccarim
sedeumini
umida che contiene esattamente 1 kg di aria secca. WDiminuirà
vaporesurriscansao
Inserendo il calore latente a 0°C, rv = 2500 kJ/kg, e i calori specifici medi nel campo di
interesse cpv = 1,9 kJ/(kg K) e cpa = 1 kJ/(kg K) si ha : DIVIDOPerlamassadiaria
PERCHÉ

oivoroneasuriscano avaporesurriscaldato neiprocess


secca Perchel'acquacambia
sanoscusa 𝑱 = 𝒕 + 𝝎 𝟐𝟓𝟎𝟎 + 𝟏. 𝟗𝒕 [kJ/kg] chefacciano
essendo vero paura
carovana macchina
il aria
secca
seno is è µ
assassine uncambiamentodisano baie e
o a guai u q appena gg a me qua dimensione ora
messo carino
cambiano di
esiriferiscea speciemimicachenon stato
esazione sta ora 0 E latemperatura acuictroviamo
i 7
condensazione
le goccioline diAcaiacedonocanneall'ambiente è ilcuoreiena
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Umidificazione adiabatica sonodiverse


ingresso e uscita
Portadi
In un canale adiabatico scorre aria sig superanoaBuio
umido
ariainuscitaè
umida che lambisce uno strato di DARIO Più
COSTANTE
chein
acqua. NOARIA gg fredda
ingresso
A magg man SELI ante Win
Il bilancio di massa deve valere per Lapo
ciascuna sostanza separatamente: bel
vapor
nel
emocianina ce è
passaggiopoi evaporata d'scava

𝑚𝑎1 = 𝑚𝑎2 = 𝑚𝑎 ; 𝑚𝑣1 + 𝑚𝑙 = 𝑚𝑣2 ÈpiùGRAN


ove 𝑚𝑙 è la quantità di liquido che evapora dallo strato d’acqua.
Sono nulli calore e lavoro scambiati. Se sono trascurabili le variazioni di energia cinetica e
potenziale, in condizioni stazionarie il 1° Principio per sistemi aperti si scrive:
𝑚𝑎1 ℎ𝑎1 + 𝑚𝑣1 ℎ𝑣1 + 𝑚𝑙 ℎ𝑙 = 𝑚𝑎2 ℎ𝑎2 + 𝑚𝑣2 ℎ𝑣2
𝑚
Ricordando che 𝑚𝑙 = 𝑚𝑣2 − 𝑚𝑣1 e dividendo per 𝑚𝑎 , essendo 𝜔 = 𝑣 si ha:
𝑚𝑎

ℎ𝑎1 + 𝜔1 ℎ𝑣1 + 𝜔2 − 𝜔1 ℎ𝑙 = ℎ𝑎2 + 𝜔2 ℎ𝑣2


5M a Ja
In termini di entalpia della miscela J, si scrive:
𝐽1 + 𝜔2 − 𝜔1 ℎ𝑙 = 𝐽2
UNIDIMIFICAZIONE DELL'ARIA

aBULBOumidoCossare
pjj
ÉTÉ.fi
Di solito il 2° termine a 1° membro è minore di 1 kJ/kg, poiché l’entalpia dell’acqua ℎ𝑙 = 𝑐𝑙 𝑡
a temperatura ambiente è dell’ordine di 102 kJ/kg, mentre 𝜔 è dell’ordine di 10-2
8
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Quindi con buona approssimazione l’umidificazione adiabatica è isoentalpica.


La temperatura cui l’aria giunge dopo una umidificazione adiabatica completa è detta
temperatura di saturazione adiabatica o di bulbo umido.
Infatti tale temperatura può essere misurata usando un termometro con il bulbo sensibile avvolto
in una garza imbevuta d’acqua, che investita dall’aria opera una saturazione adiabatica.
L’insieme di due termometri, uno a bulbo umido e uno a bulbo secco, costituisce uno
psicrometro.
µ Misuraun
raffreddamento

Psicrometro
Bulbo umido Cappuccetto
digarzaquestagarza la Inzuppiano in acqua persuaso l'Esperimento catturarea
piùB
sarò
umido
PERCHÉ
una
bones
cosa
Suepive
diunacosaa
quindisera
ilBUBOBanas
Termometri identici SENEpiù area
Bulbo secco Diun Termometro

piùasciutto
C'evini
una
diedi
semecosa
Misura l’abbassamento di temperatura conseguente albuio una
umido
umidificazione
ariana
alla umidificazione adiabatica operata al bulbo umido. siamoumidificandoli
Quandoumiditicoia
SI Lessi
RAFFREDDA

Precedenseliarisino
èpiù risposoa
fredda
Perché assasteri
energiaaliariamarasaes9
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Malgrado la disponibilità di strumenti elettronici per la misura della umidità relativa


(igrometri), lo psicrometro resta utilizzato per la sua semplicità.
Con la lettura delle due temperature si possono ricavare tutte le altre grandezze.
Ne deriva il diagramma psicrometrico, ove si hanno due serie di isoterme che si
incontrano sulla curva di saturazione.

10
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Per comprendere la costruzione del


diagramma psicrometrico è utile partire dal
diagramma di Mollier.

ω= 0
Si scompone la relazione dell’entalpia
J = t + ω (2500 + 1.9 t) nei suoi tre addendi. 1.9 ω t
Il titolo si segna su una retta orizzontale.
Il termine 2500 ω si riporta al di sotto di tale
retta; si ha così un asse J = 0 inclinato.
Poi si riporta il termine t e si ottiene un’altra t
retta orizzontale.
Infine si ha il termine 1.9 ω t.
t= 0
Per una data temperatura quindi, la retta che
rappresenta l’entalpia dell’aria umida è
2500 ω valoredovuto calore
leggermente inclinata verso l’alto. mmm al
Lasanasitrovae si
sonoDellaressa
orizzontale
Si ottiene così un diagramma cartesiano ad assi non
ortogonali (la retta orizzontale è in realtà l’isoterma t=0).
Le linee iso-titolo sono verticali.
Le iso-entalpiche sono parallele alla J = 0.
Si riportano sul diagramma anche le linee a umidità relativa costante e a volume
specifico costante (queste ultime sono riferite al kg di aria secca).
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19ut

A partire dal
diagramma di
Mollier, con un
ribaltamento
intorno alla
bisettrice degli
assi, si ottiene
il diagramma
ASHRAE.
(pagina
successiva)

1
Etnsapia
Diagramma psicrometrico di Mollier

12
DIEF
Diagramma valido
FisicaperTecnica
un Industriale – Proff. Milazzo e Rocchetti
solodivalore
Dipartimento di pressione
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Non viizzarequesto Le isotitolo sono orizzontali


diagramma apressioni
diversedaavena a
PRESSIONE AMBIENTE

Sono riportate
anche le linee a
umidità relativa
costante
e quelle a
volume
specifico
costante

In questi diagrammi,
l’isoterma verticale è di
solito l’ultima a destra.
La t = 0 è leggermente inclinata verso sinistra.

13
DIEF
SARO
Fisica Tecnica
SEMPRE AL100 diumidità relativa Industriale – Proff. Milazzo e Rocchetti
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Ingegneria Industriale Lezione 5 – Miscele di gas - Psicrometria
Le temperature di umiditàassoluta

bulbo secco e di 1
bulbo umido
SI INCONTRANOSEMPRE
coincidono sulla NELPUNTO DI
SATURAZIONE
linea di saturazione.
NON CAMBIANDO
Iamassadivaporevaria
invidiarelativa

AUMENTARE
SATURAREDEVO
PER

inon Iso
ter
ma
Isoterma di bulbo secco

di
bu
lbo
um
ido

se a a s
asvarianni
ma
sono
non
s ono einog
drisorse
ci ono
cocaine 14
caciara
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Ingegneria Industriale Lezione 5 – Miscele di gas - Psicrometria

Sono disponibili
anche versioni per
temperature molto
alte o molto basse

15
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Ingegneria Industriale Lezione 5 – Miscele di gas - Psicrometria

16
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Ingegneria Industriale Lezione 5 – Miscele di gas - Psicrometria

Principali trasformazioni dell’aria umida.

17
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1) Riscaldamento Ingegneria Industriale Lezione 5 – Miscele di gas - Psicrometria

ω1=ω2
Q=ma(J2-J1)

J2

1 2

J1
18
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2) Umidificazione adiabatica
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Q= 0
tbu-1=tbu-2
J2 ≈ J1
macqua=ma(ω2-ω1)

2
ω2

1
ω1

19
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3) Raffrescamento con deumidificazione
Dipartimento di
Ingegneria Industriale Lezione 5 – Miscele di gas - Psicrometria

Q = ma(J1-J2)
macqua = ma(ω1-ω2)
J1
I

cara
Ifigenia
ariana 1
ω1
J2
à
ω2
2

20
4) Miscelamento DIEF Fisica Tecnica Industriale – Proff. Milazzo e Rocchetti
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m3 = m 1 + m 2
m3 ω 3 = m1 ω 1 + m 2 ω 2
m3 J3 = m1 J1 + m2 J2

1 3

21
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Equazione dell’energia meccanica


Consideriamo un sistema aperto, in condizioni
stazionarie, con un ingresso ed una uscita, che
scambia calore con una sola sorgente.
I due principi della termodinamica danno:
𝑤22 −𝑤12
1. 𝐺 2
+ 𝑔 𝑧2 − 𝑧1 + ℎ2 − ℎ1 =
𝑄ሶ − 𝐿ሶ
2 𝛿𝑞
2. 𝐺 𝑠2 − 𝑠1 = 𝐺 ‫׬‬1
𝑇
+ ∆𝑆𝑖𝑟𝑟

Dividendo per la portata in massa e considerando una lunghezza infinitesima:


1. 𝑤𝑑𝑤 + 𝑔𝑑𝑧 + 𝑑ℎ = 𝛿𝑞 − 𝛿𝑙
𝛿𝑞
2. 𝑑𝑠 = + 𝑑𝑠𝑖𝑟𝑟 ovvero: 𝛿𝑞 = 𝑇𝑑𝑠 − 𝑇𝑑𝑠𝑖𝑟𝑟
𝑇
Sostituendo il calore scambiato nella eq. 1, si ha:
𝑤𝑑𝑤 + 𝑔𝑑𝑧 + 𝑑ℎ = 𝑇𝑑𝑠 − 𝑇𝑑𝑠𝑖𝑟𝑟 − 𝛿𝑙
1
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D’altra parte, l’entalpia è una funzione di stato, per cui è sempre possibile trovare
una trasformazione reversibile che colleghi due stati qualsiasi e si può scrivere:
𝑑ℎ = 𝛿𝑞𝑟𝑒𝑣 − 𝛿𝑙𝑟𝑒𝑣 = 𝑇𝑑𝑠 + 𝑣𝑑𝑃
Sostituendo nell’equazione precedente:
𝑤𝑑𝑤 + 𝑔𝑑𝑧 + 𝑇𝑑𝑠 + 𝑣𝑑𝑃 = 𝑇𝑑𝑠 − 𝑇𝑑𝑠𝑖𝑟𝑟 − 𝛿𝑙
Semplificando e riordinando si ottiene l’equazione dell’energia meccanica
(eem):
𝒘𝒅𝒘 + 𝒈𝒅𝒛 + 𝒗𝒅𝑷 + 𝑻𝒅𝒔𝒊𝒓𝒓 + 𝜹𝒍 = 𝟎 a Eqnone il s'principio
questa

EunMisolioora sie 2
Tale equazione può essere scritta in forma integrale su tutto il percorso da 1 a 2:
PossonoEssere
𝒘𝟐𝟐 − 𝒘𝟐𝟏 𝟐 𝟐
UtilizzateENaram
+ 𝒈 𝒛𝟐 − 𝒛𝟏 + න 𝒗𝒅𝑷 + න 𝑻𝒅𝒔𝒊𝒓𝒓 + 𝒍𝟏𝟐 = 𝟎 nonsono iiNARM
𝟐 𝟏 𝟏 DIPENDENTI

m'Isoimi
Spesso in valutazioni di prima approssimazione si trascura l’effetto delle peròda
unPUNTO
irreversibilità. Si ha così la forma semplificata di Eulero:
lopossiamo
CAICOLARE
𝒘𝟐𝟐 − 𝒘𝟐𝟏 𝟐
+ 𝒈 𝒛𝟐 − 𝒛𝟏 + න 𝒗𝒅𝑷 + 𝒍𝟏𝟐 = 𝟎
𝟐 𝟏

Fdsirr O
2
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Nel caso particolare dei fluidi incomprimibili il volume specifico è costante. Se


inoltre si ha un condotto fisso senza scambi di lavoro si ottiene la versione
semplificata nota come equazione di Bernoulli: NIENTEDimeccani
NONC'ÈLAVORO
Fluidocosa
µNOIRR DENSITÀDELincomprimibile
𝒘𝟐𝟐 − 𝒘𝟐𝟏 𝑷𝟐 − 𝑷𝟏 CONDOTTO a Fluido
+ 𝒈 𝒛𝟐 − 𝒛𝟏 + =𝟎
𝟐 𝝆
Tale equazione, essendo scritta in unità SI, è riferita all’unità di portata in massa.
Su testi non aggiornati, l’equazione di Bernoulli è talvolta scritta in unità del
«sistema tecnico», per cui è riferita all’unità di portata in peso:
cultura
𝒘𝟐𝟐 − 𝒘𝟐𝟏 𝑷𝟐 − 𝑷𝟏
+ 𝒛𝟐 − 𝒛𝟏 + =𝟎
𝟐𝒈 𝝆𝒈
Ovviamente prima di usare la forma semplificata di Bernoulli occorre verificare
scrupolosamente se il fluido si comporta effettivamente come incomprimibile nella
trasformazione considerata.
Si noti anche che l’equazione dell’energia meccanica comprende 1° e 2° Principio,
per cui è linearmente indipendente da entrambi. Si può quindi, ad esempio,
metterla a sistema con l’equazione del 1° Principio per sistemi aperti, in modo da
calcolare il calore scambiato o la variazione di temperatura.

3
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Dipartimento di

À
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Comportamento dei fluidi – Viscosità


Consideriamo un corpo che scorre su un piano
orizzontale con uno strato di fluido posto tra corpo
e piano. Per mantenere uniforme la velocità del
corpo è necessario applicargli una forza costante
F, diretta nel senso del moto. Miaderivata saràpiùGrandeediminui
SALENDO O
NY
RICONTROLLARE

L’uniformità del moto prova che il fluido esercita sul corpo una forza uguale ed
opposta ad F, che si oppone al moto.
Con opportune misure sperimentali si può mostrare che di norma lo strato di fluido
immediatamente a contatto con il corpo si muove alla sua stessa velocità. Questa
evidenza sperimentale porta ad applicare l’ipotesi di aderenza del fluido a parete
(salvo in casi particolari, ad es. moto in canali molto sottili).
La forza che si oppone al moto nel fluido si esercita fra tutti gli strati che scorrono tra
loro ed è proporzionale alla variazione di velocità tra gli strati, cioè al gradiente di
𝜕𝑢
velocità in direzione normale al moto 𝜕𝑦. Lo sforzo di taglio (forza per unità di
superficie) agente su un’area con normale discendente parallela ad y è:
𝒅𝑭 𝝏𝒖
ÉUnaForza(Legge sup
ApplicataParallelaAlla
𝝉𝒙𝒚 = − = −𝝁 di Newton)
𝒅𝑨 𝝏𝒚
ADIFFERENZA DEIIA PRESSIONE LAQUALE
LAFORZA E ALIASUP 4
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Il fattore 𝝁 introdotto nella legge di Newton è detta viscosità dinamica del fluido.
Le sue unità di misura sono: PiùALTAÈ la visiositàPiùil Fluidosioraper
Bassa II Meglio
𝜏𝑥𝑦 𝑀𝐿−1 𝑇 −2 −1 −1
𝑘𝑔 𝑁𝑠
𝜇 = = = 𝑀𝐿 𝑇 = =
𝜕𝑢ൗ 𝑇 −1 𝑚 𝑠 𝑚2
𝜕𝑦
Per i gas e per molti liquidi a basso peso molecolare la viscosità dipende solo dalla
natura del fluido e dal suo stato fisico. La legge di Newton, ha allora valore di legge
fisica. Questi fluidi sono quindi detti newtoniani.
Esistono però anche fluidi per i quali, oltre al gradiente di velocità, influiscono sullo
sforzo di taglio anche altri fattori non menzionati esplicitamente, oppure la viscosità
cambia con lo sforzo di taglio e il gradiente di velocità. Tali fluidi sono detti non
newtoniani, in quanto la relazione prima vista non è una legge fisica.
Ad esempio ci sono fluidi per cui la viscosità diminuisce con il gradiente di velocità
(pseudoplastici), mentre per altri aumenta (dilatanti).
Altri fluidi (viscoelastici) hanno un comportamento che associa viscosità ed
elasticità.
Altri ancora hanno viscosità dipendente dal tempo: applicando a lungo uno sforzo di
taglio la viscosità diminuisce nei fluidi tixotropici ed aumenta in quelli reopectici.
5
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Indicativamente si possono considerare:


newtoniani; acqua, benzina, butano, propano, idrocarburi
leggeri, olii minerali grezzi a temperatura ambiente
pseudoplastici; polimeri liquidi, gelatine, malte, fanghi,
sospensioni come la polpa di carta, mayonnaise
dilatanti; grassi, amido in soluzione, sabbia in sospensione,
sospensioni molto concentrate
viscoelastici; bitume, pece, alcune sospensioni di particelle
solide in liquidi molto viscosi
tixotropici; prodotti alimentari, vernici
reopectici; alcuni impasti di gesso in acqua
Per valutare gli sforzi presenti in un fluido non newtoniano
in moto, nella soluzione delle equazioni del moto si deve
determinare sperimentalmente la relazione tra , il
gradiente di velocità e il tempo.
Tali equazioni, di tipo empirico, vengono dette costitutive;
tra esse la più semplice è quella di Ostwald-de Waele o
legge di potenza:
𝑛−1
𝜕𝑢 𝜕𝑢
𝜏𝑥𝑦 = −𝜇0
𝜕𝑦 𝜕𝑦
ove n è un numero che dipende dalla natura del fluido; per
n = 1 si ottiene la legge di Newton, per n < 1 si descrivono i
fluidi pseudoplastici, per n > 1 quelli dilatanti.
6
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Moto di fluidi in condotti


Il moto di un fluido in un condotto può essere trattato con le equazioni ricavate per
un sistema termodinamico aperto, assumendo che in ogni sezione di passaggio
del flusso le proprietà fisiche e la velocità di deflusso siano uniformi. La prima
ipotesi introduce errori usualmente trascurabili; la seconda può portare ad errori
notevoli e richiede opportune cautele, che verranno discusse in seguito.
L'equazione dell'energia meccanica in regime stazionario, senza scambio di
lavoro e per un fluido a densità costante, diviene:
𝒘𝟐𝟐 − 𝒘𝟐𝟏
𝟐
+ 𝒈 𝒛𝟐 − 𝒛𝟏 +
𝑷𝟐 − 𝑷𝟏
𝝆
+𝑹=𝟎 fu
𝟐
Il termine 𝑹 = ‫ 𝒓𝒓𝒊𝒔𝒅𝑻 𝟏׬‬nella maggior parte dei casi è da valutare sperimentalmente come
valore globale per tutto il condotto. INDIROPPOSTA

LI
GFURZODITAGLIO
Solo in casi particolarmente
semplici si può giungere a
valutare questo termine per c
integrazione delle forze agenti su
un elemento di fluido che si
muove nel condotto. 1 PDissribuzion
velocità

Ipossia 1 Due
continui

IIIIterò minore
LEGGERMENTE
7
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veracondizione
dicontornocave
Enulla
Da un bilancio su di un volume
di controllo si vede che R è
funzione delle forze superficiali
agenti sulle superfici del
volume, che compiono su di
esso un lavoro di deformazione
(attrito viscoso).
Ad esempio per un condotto circolare rettilineo in regime stazionario isotermo,
la forza peso è bilanciata dal galleggiamento.
OK BilancioDi
F orze IEEE seresempre
In direzione assiale, si ha: 𝑝1 − 𝑝2 ∙ 𝜋𝑟 2 − 𝜏 ∙ 2𝜋𝑟 ∙ 𝐿 = 0 µ unnasoresailineouniffrattet o ma
a
Ma per un fluido newtoniano: 𝜏 = −𝜇 Τ𝑑𝑟 da cui: 𝑝1 − 𝑝2 ∙ 𝑟 + 𝜇 Τ𝑑𝑟 ∙ 2 ∙ 𝐿 = 0
𝑑𝑢 𝑑𝑢

𝑑𝑢 𝑝1 −𝑝2 𝑝1 −𝑝2 2
Quindi: =− 𝑟 , che integrata da: 𝑢 𝑟 = − 𝑟 + 𝐶.
𝑑𝑟 2𝜇𝐿 4𝜇𝐿

La velocità 𝑢 𝑟 in questo caso ha quindi un andamento parabolico. Per trovare la


costante di integrazione 𝐶 occorre la condizione al contorno 𝑢 𝑟 = 0 per 𝑟 = 𝑟𝑒 .

me
𝒑𝟏 −𝒑𝟐
Si ha così: 𝒖 𝒓 = 𝒓𝟐𝒆 − 𝒓𝟐 .
𝟒𝝁𝑳
𝒑𝟏 −𝒑𝟐 𝟐
Sull’asse del condotto 𝑟 = 0 la velocità è massima: 𝒖𝒎𝒂𝒙 = 𝟒𝝁𝑳
𝒓𝒆

8
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La velocità media è:
p1  p2
paria  r 
re
2 re
2 2
 r 2 rdr
 
w  0 0
urdrd

4L 0
e

p1  p2 2 umax
re 
2 re re
8L 2
  0 0
rdrd 2  rdr
0
TEE w w
Usando il diametro D del condotto: p1  p2  8L  32L
re2 D2
Per condotti orizzontali a sezione costante e fluidi a densità costante, l’equazione
𝑷𝟏 −𝑷𝟐 𝟑𝟐𝝁𝑳𝒘
dell’energia meccanica si riduce a: 𝑹 = 𝝆
, per cui 𝑹 = 𝝆𝑫𝟐
.

A parte questo e pochi altri casi semplici, occorrono prove sperimentali, che di
solito vengono sintetizzate esprimendo la resistenza al moto 𝑹 in funzione della
lunghezza, del quadrato della velocità e del diametro:
𝑳 𝒘𝟐
𝑹= 𝒇
𝑫 𝟐

Per condotti a sezione non circolare si introduce un diametro equivalente:


𝟒 𝑨𝒓𝒆𝒂 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒔𝒆𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆
𝑫𝒆 =
𝑷𝒆𝒓𝒊𝒎𝒆𝒕𝒓𝒐 𝒃𝒂𝒈𝒏𝒂𝒕𝒐
III 22 Dor
9
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Il fattore 𝒇 che compare nell’espressione delle resistenze al moto è detto fattore


d’attrito di Darcy.
Esaminando l’andamento del moto, si vede che, per unità di lunghezza di
condotto, le resistenze dipendono da viscosità, densità, velocità e diametro:
𝑅ൗ = 𝛹 𝜇, 𝜌, 𝑤, 𝐷
𝐿
Dal punto di vista matematico, è conveniente esprimere la funzione incognita 𝛹
come serie di potenze:
𝑅ൗ = ෍ 𝐵 𝜇 𝑎𝑖 , 𝜌𝑏𝑖 , 𝑤 𝑐𝑖 , 𝐷 𝑑𝑖
𝐿 𝑖
𝑖

Ma la relazione dev’essere omogenea dal punto di vista dimensionale, per cui,


per ogni termine della somma, le unità di misura devono coincidere con quelle
del primo membro. Allora per ogni serie di esponenti 𝑎𝑖 , 𝑏𝑖 , 𝑐𝑖 , 𝑑𝑖 ,dev’essere:
𝐿𝑇 −2 = 𝐿−1 𝑀𝑇 −1 𝑎 𝐿−3 𝑀 𝑏 𝐿𝑇 −1 𝑐 𝐿 𝑑 = 𝐿−𝑎−3𝑏+𝑐+𝑑 𝑀𝑎+𝑏 𝑇 −𝑎−𝑐
Si ha così un sistema di tre equazioni in 4 incognite:
1 = −𝑎 − 3𝑏 + 𝑐 + 𝑑
0=𝑎+𝑏
−2 = −𝑎 − 𝑐
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Si può risolvere il sistema in funzione di una sola variabile, ad esempio 𝑏:


𝑎 = −𝑏
𝑐 =𝑏+2
𝑑 =𝑏−1
𝑅
Per cui: = σ𝑖 𝐵𝑖 𝜇 −𝑏𝑖 𝜌𝑏𝑖 𝑤 𝑏𝑖+2 𝐷𝑏𝑖−1 𝑀𝐿−3 𝐿𝑇 −1 𝐿
𝐿
Raccogliendo gli esponenti costanti: 𝑀𝐿−1 𝑇 −1
𝑅 𝑤2 𝜌𝑤𝐷 𝑏𝑖 Adimensionale!
= σ𝑖 𝐵𝑖
𝐿 𝐷 𝜇
𝝆𝒘𝑫
Al termine in parentesi si da il nome di Numero di Reynolds 𝑹𝒆 = 𝝁
, per cui
𝑅 𝑤2
= Ψ 𝑅𝑒
𝐿 𝐷
Quindi il fattore di Darcy visto prima è funzione del numero di Reynolds.
𝒘𝑫
Spesso si usa la viscosità cinematica 𝝂 = 𝝁Τ𝝆 per cui 𝑹𝒆 = Adimensionale
𝝂
Le dimensioni della viscosità cinematica sono m2/s.
Il numero di Reynolds è importante perché caratterizza il regime di moto del fluido.
Per 𝑹𝒆 < 𝟐𝟑𝟎𝟎 si ha moto laminare; per 𝑹𝒆 > 𝟑𝟓𝟎𝟎 si ha moto turbolento.
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Nel moto laminare il fluido scorre ordinatamente e ad


esempio un colorante immesso nel flusso rimane riconoscibile
a lungo prima di mescolarsi con il fluido circostante.
Nel moto turbolento la velocità del fluido presenta modulo e
direzione continuamente variabili in modo disordinato, per cui
il colorante si disperde immediatamente.
Tra i due regimi esiste una zona di transizione.
D’altra parte, il moto risente anche delle irregolarità della parete.
Sin qui si è fatto riferimento a pareti perfettamente lisce in modo
da descrivere semplicemente la geometria del condotto.
In pratica però qualsiasi condotto presenta una rugosità della
parete bagnata.
Si può estendere il ragionamento fatto prima includendo un
nuovo fattore geometrico ε che rappresenta l’altezza media
delle asperità.
Si usa quindi il rapporto ε/D, scabrezza relativa, che si aggiunge al numero di
Reynolds, e in funzione di questi due fattori adimensionali si scrive il fattore
d’attrito 𝒇 𝑹𝒆, 𝜺Τ𝑫 . D Gareasezione
perimetroBagnato
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𝟑𝟐𝝁𝑳𝒘
Per il moto laminare si era trovata l’espressione 𝑹 = ,
𝝆𝑫𝟐
𝑳 𝒘𝟐 𝟔𝟒𝝁 𝟔𝟒
Sostituendo in 𝑹 = 𝒇 , si ottiene 𝒇 = = , indipendente da 𝜺Τ𝑫.
𝑫 𝟐 𝝆𝒘𝑫 𝑹𝒆
Per il moto turbolento non resta che affidarsi a risultati sperimentali. Accurate
campagne di misura sono state effettuate da Nikuradse (1933) e hanno permesso
la determinazione della funzione suddetta, che viene di solito presentata sotto forma
di grafico in coordinate logaritmiche.
Per condotti lisci il fattore di attrito dipende soprattutto dal valore del numero di
Reynolds (calcolato utilizzando il diametro equivalente), mentre è poco influenzato
dalla forma della sezione del condotto.
Tra la zona del moto laminare e quella del moto turbolento si ha la zona di
transizione, caratterizzata da un elevato grado di incertezza.
Per valori elevati del numero di Reynolds, le varie curve tracciate per i diversi 𝜺Τ𝑫
tendono a divenire rettilinee orizzontali.
Si vede quindi che, mentre nel moto laminare la resistenza al moto è proporzionale
alla velocità media w, in moto turbolento «perfettamente sviluppato» è proporzionale
al quadrato della velocità.
Il diagramma che raccoglie tutte queste informazioni è attribuito a Moody (1944).
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Laminare Tubi scabri


transizione

f = 64/Re

Tubi lisci

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𝟔𝟒
Per il moto laminare, il fattore numerico che compare nella relazione 𝒇 =
𝑹𝒆
varia al variare della geometria della sezione del tubo:
Sezione C = f Re Deq= 4 S/P
Circolare di diametro D 64 D
Anulare spessore meato s 96 2s
Triangolare equilatera lato l 53 0.58 l
Rettangolo lati a e b con b > a
a/b = 0.1 85 1.82 a
a/b = 0.2 76 1.67 a
a/b = 0.5 62 1.33 a
a/b = 1.0 57 1.00 a

Si hanno poi varie formule per il calcolo del fattore d’attrito, a partire da quella
implicita di Colebrook (J. Inst. Civ. Eng. 1939, Vol.11. pp.133-156)
1  2.51  
 0.869 ln 
 
f  Re f 3.7 D 

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La formula di Moody (Mech. Eng. 1947, Vol. 69, pp.1005-1006) è più comoda perché non
richiede un calcolo iterativo, ma è piuttosto imprecisa:
  6 1/ 3 
ff
 10  FissoreFANNING

f  0.0055 1   2 10 4
  
  D Re   0,1

0.05
Infine citiamo la formula di Curchill 0.04
(Chem. Eng. 1977, Vol 84, pp. 91-92), 0.03

molto precisa e pratica nei calcoli perché 0.02

è valida per tutti i regimi. 0.01


1 / 12
 8 12 1  0.005
f  8   1.5 
 Re   A  B  
0.001
16 ora
  1 
A  2.457 ln 
  7 / Re0.9
 0.27 / D  0.0001
16
 37530  0,01
B  1000 10000 100000 1000000 10000000 100000000
 Re 
Tale formula da addirittura valori definiti nella zona di transizione, il che non è propriamente
corretto dal punto di vista fisico, ma è utile per evitare che il computer si blocchi quando il
flusso è in quella zona.
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D’altra parte nei sistemi di condotti di interesse tecnico, oltre a tratti rettilinei,
si incontrano sempre anche elementi diversi, in cui l’asse del condotto non è
rettilineo o la sezione varia (accidentalità).
In questi casi non è tanto rilevante il numero di Reynolds, quanto la forma del
condotto. Infatti in una accidentalità si formano quasi sempre vortici dissipativi
ed il moto è fortemente turbolento, anche per valori del numero di Reynolds
relativamente bassi. Si utilizza allora un’espressione del tipo:
𝒘𝟐
O
0
FIE Oo
𝑹= 𝜷
𝟐
Ove 𝜷 è un coefficiente sperimentale reperibile in letteratura.
Riassumendo, per il dimensionamento di una conduttura con andamento
diversificato, si procederà ad una suddivisione in tanti tronchi i di lunghezza Li
e diametro Di, caratterizzati ciascuno da una velocità media costante wi e da
un numero di Reynolds che permette di risalire al fattore di attrito, e da
accidentalità j che verranno valutate con coefficienti 𝜷.
La perdita di carico dell'intera conduttura sarà calcolata con la relazione:

𝑹 = ෍ 𝒇𝒊
𝑳𝒊 𝒘𝟐𝒊
+ ෍ 𝜷𝒋
𝒘𝟐𝒋
TI sonoveloci Medie
𝒊 𝑫 𝒊 𝟐 𝒋 𝟐

te
Dicarico
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ESEMPI di applicazione dell’equazione dell’energia meccanica:


1) Si abbia una conduttura che collega due serbatoi d’acqua aperti con dislivello costante Δz.
Note la geometria e le caratteristiche della tubazione si vuol calcolare la portata in
condizioni stazionarie.

e.e.m per fluidi incomprimibili:


𝒘𝟐𝟐 − 𝒘𝟐𝟏 𝑷𝟐 − 𝑷𝟏 PÉTIVERSIBI
+ 𝒈 𝒛𝟐 − 𝒛𝟏 + +𝑹=𝟎
𝟐 𝝆
Ma 𝑤1 = 𝑤2 = 0 e 𝑃1 = 𝑃2 = 𝑃𝑎𝑚𝑏 quindi: 𝑹 = 𝒈 𝚫𝒛
_gomito
Tepido fermo nonmifaccioproblemi edicosubicoche o
D’altro canto, se la condotta ha diametro D costante, la velocità è uguale per tutti i tratti:
costante
mpersubissezione 𝟐
𝑳 𝒘 𝒘𝟐 𝟐𝒈∆𝒛
𝑹= σ𝒊 𝒇 𝒊 + σ𝒋 𝜷𝒋 = 𝜽 da cui 𝒘=
𝑫 𝟐 𝟐 𝜽

Si parte quindi da un valore di velocità di tentativo, si ricava Reynolds e quindi 𝒇 dal diagramma
di Moody. Si ha così il valore di 𝜽 e si può calcolare un nuovo valore di w (calcolo iterativo).
Quando i valori di w trovati in due iterazioni successive differiscono di un errore tollerabile, il
calcolo è giunto a convergenza.

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Esempio 2) Calcolo della potenza di una pompa data la portata.


Date geometria e tipo di fluido, l’e.e.m. dà:
𝒘𝟐𝟐 − 𝒘𝟐𝟏 𝑷𝟐 − 𝑷𝟏
𝒍 = + 𝒈 𝒛𝟐 − 𝒛𝟏 + +𝑹
𝟐 𝝆
Se la tubazione ha diametro costante:
𝑳𝒊 𝒘𝟐 𝒘𝟐
𝑹 = ෍ 𝒇 + ෍ 𝜷𝒋 =𝜽
𝒊 𝑫 𝒋 𝟐 𝟐

𝑮 𝟒𝑮 𝒘𝑫
Stavolta la velocità è nota: 𝒘 = = . Si può allora calcolare 𝑹𝒆 = .
𝝆𝑨 𝝅𝝆𝑫𝟐 𝝂

Nota la rugosità del tubo si ha anche 𝜺/𝑫 e quindi 𝒇 𝑹𝒆, 𝜺/𝑫 .


In condizioni stazionarie 𝑤1 = 𝑤2 = 0 ; inoltre 𝑃1 = 𝑃2 = 𝑃𝑎𝑚𝑏 , per cui:
𝒍 = 𝒈 𝚫𝒛 + 𝑹
La potenza necessaria al fluido è 𝑊 = 𝐺 ∙ 𝑙 .
Tuttavia anche la pompa presenta delle perdite interne, per cui la potenza da
𝑮∙ 𝒍
essa assorbita è 𝑾𝒓𝒆𝒂𝒍𝒆 = , ove 𝜼 è il rendimento della pompa.
𝜼
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Esempio 3) Svuotamento serbatoio


L’acqua scende lentamente nel serbatoio uscendo dalla sezione 2
attraverso un tubo di piccolo diametro. 𝑃1 = 𝑃2 = 𝑃𝑎𝑚𝑏 WeBACINO V7
MONOGRANDE
Si vuol calcolare il tempo che il serbatoio impiega a vuotarsi.

A rigore non si può applicare l’e.e.m. perché il problema non è stazionario.

Tuttavia si può costruire una soluzione approssimata frazionando il


problema in intervalli di tempo abbastanza piccoli da considerare il flusso
stazionario nel singolo intervallo.
Se la sezione 2 è molto piccola rispetto alla 1, si ha 𝑤2 ≫ 𝑤1 . se si sta svuotando
𝒘𝟐𝟐 LE sara inFunzionedei
Quindi l’e.e.m si riduce a: + 𝒈 𝒛𝟐 − 𝒛𝟏 + 𝑹 = 𝟎 TENIPOAct
𝟐
Le perdite di carico sono esprimibili anche in questo caso come somma di perdite concentrate e
distribuite ambedue proporzionali a 𝒘𝟐 . Quindi:

GgAscendant
Èundiscorso 𝑤2 =
2𝑔 𝑧1 − 𝑧2 Devo
Fareunainterazionepiù
noise
1+𝜃
ELII QuindipuòesserePositivo o negativo
LIFE
L’abbassamento 𝒅𝒛 del livello nel serbatoio nel tempo 𝒅𝝉 è calcolabile con l’equazione di
abassannosezione
𝑑𝑧 𝑨𝟏 𝟏+𝜽 𝒅𝒛
continuità: ρ𝐴2 𝑤2 = −ρ𝐴1 𝑑𝜏 da cui: 𝒅𝝉 = −
𝑨𝟐 𝟐𝒈 ∆𝒛
RIMANE Assante
20
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Esempio 4) Altezza massima di aspirazione di una


pompa
Nel barometro torricelliano, in condizioni statiche, la
pressione atmosferica causa una risalita del mercurio nel
𝑷
tubo 𝜟𝒛 = , essendo trascurabile la pressione di
𝝆𝒈
saturazione del mercurio a temperatura ambiente.
Nel caso dell’acqua però la pressione di saturazione non
è trascurabile.
Se inoltre la colonna di liquido è in moto, si hanno delle
perdite di carico.
Per consentire il corretto funzionamento della pompa,
l’altezza 𝜟𝒛 dev’essere inferiore al valore che
causerebbe la vaporizzazione dell’acqua nella sezione di
aspirazione della pompa:
𝟏 𝑷𝟏 − 𝑷𝒔𝒂𝒕
𝜟𝒛𝒎𝒂𝒙 = −𝑹
𝒈 𝝆
Occorre dunque limitare le perdite di carico prima della
pompa, specie per alte temperature dell’acqua.
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Esempio 5) Circuito di riscaldamento con caldaia e radiatori in parallelo.


Nota la geometria
si trovi la potenza
ÉTÉ
della pompa.
Per applicare la
e.e.m. si deve i
suddividere il
sistema in tratti mi
con una sola d
entrata e uscita.
𝒘𝟐𝟐 −𝒘𝟐𝟏 𝑷𝟐 −𝑷𝟏 𝑷𝟐 −𝑷𝟏
L’e.e.m 𝒍 = + 𝒈 𝒛𝟐 − 𝒛𝟏 + + 𝑹 applicata alla pompa dà 𝒍 = .
𝟐 𝝆 𝝆
incasso e unscita il problemasia
validasoloperso
𝑷𝟐 −𝑷𝟏 semprenelleirreversibilitàdevoquindiseparareilsistemaconsoingresso un'uscita
e
Applicata al circuito dà 𝑹 = .
𝝆
Per valutare le perdite di carico si deve imporre che differenza di pressione tra i nodi
A e B sia uguale sia per il fluido che percorre il ramo d che per quello che percorre il
𝑳𝒊 𝒘𝟐𝒊 𝒘𝟐𝒋 𝑳𝒊 𝒘𝟐𝒊 𝒘𝟐𝒋
ramo c: σ𝒊 𝒇𝒊
𝑫𝒊 𝟐
+ σ𝒋 𝜷𝒋 𝟐
= σ𝒊 𝒇𝒊
𝑫𝒊 𝟐
+ σ𝒋 𝜷𝒋 𝟐
, il che comporta velocità
𝑑 𝑐
diverse nei due rami. Imposta questa condizione, la resistenza al moto totale è
calcolabile indifferentemente come somma sui rami a-b-d-e oppure a-b-c-e.
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USOL'Eq DICONTINUITA IN
Esempio 6) Misure di portata e di velocità MA QUANTO DENSITÀCOSNE
PERLEGAREWA
Il tubo di Venturi misura la velocità media
in un condotto e quindi è utile per misure di
portata.
Per un fluido incomprimibile, trascurando le
perdite di carico:
𝟐 𝟐 TUTTEQUESTE
𝒘𝟐 − 𝒘𝟏 𝑷𝟐 − 𝑷𝟏 ipotesivalgono
+ = 𝟎 sempre esolo
𝟐 𝝆 PercINCOMPRIMIBILI
ondizioni E PePWIPasta
𝑷𝟐 −𝑷𝟏
DI
Se 𝑤1 ≪ 𝑤2 , 𝒘𝟐 = 𝟐
𝝆 I 1 lavelocita
filmino Invia
Invece il tubo di Pitot misura la velocità in una zona che
entradeve
paventare
ristretta del flusso.
I fori laterali pongono il condotto anulare esterno alla
pressione del flusso indisturbato 𝑷𝟏 .
Invece il foro centrale si riempie di fluido che decelera da
𝑤1 a zero. Il condotto interno si pone allora alla pressione di È
del
𝒘𝟐𝟏 senno
ristagno: 𝑷𝟐 = 𝑷𝟏 + 𝝆 . Da qui si ricava la velocità. ilriso
casinos
𝟐
L Pressionediristagno 23
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Esempio 7) Camino. Data la geometria trovare la portata.


Applichiamo l’e.e.m al fumo entro il camino con 𝑤1 ≪ 𝑤2 :
𝒘𝟐𝟐 𝑷𝟐 −𝑷𝟏
+ 𝒈 𝒛𝟐 − 𝒛𝟏 + +𝑹=𝟎
𝟐 𝝆𝒇𝒖𝒎𝒐
Per trovare le pressioni applichiamo ancora l’e.e.m. all’aria
esterna, supposta in quiete:
𝑷𝟐 −𝑷𝟏
𝒈 𝒛𝟐 − 𝒛𝟏 + =𝟎
WE gazza 1 R o
Bff
𝝆𝒂𝒓𝒊𝒂
𝒘𝟐𝟐 𝝆𝒂𝒓𝒊𝒂 𝒈 𝒛𝟐 −𝒛𝟏
Sostituendo: + 𝒈 𝒛𝟐 − 𝒛𝟏 − +𝑹=𝟎
𝟐 𝝆𝒇𝒖𝒎𝒐
𝒘𝟐
Esplicitando le perdite di carico 𝑹 = 𝜽 e risolvendo:
𝟐

𝝆
𝟐𝒈∆𝒛 𝝆 𝒂𝒓𝒊𝒂 − 𝟏
𝒇𝒖𝒎𝒊
𝒘𝟐 =
𝟏+𝜽
Notare che si è assunta costante la densità dei fumi,
considerando trascurabili le variazioni dovute a gradienti
termici o di pressione.
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In primissima approssimazione, si può ritenere che i fumi siano schematizzabili


come un gas perfetto avente sostanzialmente la stessa massa molare dell’aria,
per cui la differenza di densità è legata alla diversa temperatura.
𝑷 𝑷 𝝆𝒂𝒓𝒊𝒂 𝑻𝒇𝒖𝒎𝒐
𝝆𝒇𝒖𝒎𝒐 = 𝑹𝑻 ; 𝝆𝒂𝒓𝒊𝒂 = 𝑹𝑻 ; 𝝆𝒇𝒖𝒎𝒊
= 𝑻𝒂𝒓𝒊𝒂
𝒇𝒖𝒎𝒐 𝒂𝒓𝒊𝒂

𝑻𝒇𝒖𝒎𝒐
𝟐𝒈∆𝒛 𝑻 −𝟏
da cui: 𝒘𝟐 = 𝒂𝒓𝒊𝒂
𝟏+𝜽

La portata per «tiraggio naturale»


è dunque crescente con l’altezza
del camino (ma questa entra
anche al denominatore con 𝜽) e al
rapporto tra la temperatura dei
fumi e quella dell’aria esterna.
Si può incrementare la portata
sfruttando l’azione del vento
creando condotti convergenti che
accelerano il flusso provocando
una depressione.
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Velocità del suono


All’interno di un fluido, le piccole variazioni di
pressione si propagano con una velocità
caratteristica c, dipendente dalle proprietà del
fluido.
Applichiamo la conservazione della massa attraverso il volume di controllo che si
muove con l’onda di pressione:
𝐺 = 𝜌𝐴𝑐 = 𝜌 + 𝑑𝜌 𝐴 𝑐 + 𝑑𝑐
𝒅𝒄 𝒅𝝆
Da cui, trascurando i termini di ordine superiore: =−
𝒄 𝝆
Principio ∆𝑐
Applichiamo poi al volume di controllo la 2^ Legge della Dinamica: 𝐹 = 𝑀𝑎 = 𝑀
∆𝜏
𝑀
Ma = 𝐺 = ρ𝐴𝑐 è la portata in massa attraverso il volume di controllo.
∆𝜏
Come forza agente sul volume di controllo consideriamo solo le azioni di pressione,
essendo il volume molto corto in direzione assiale e quindi trascurabili le azioni di
taglio viscose. Pertanto:
𝐴 𝑃 − 𝑃 + 𝑑𝑃 = 𝜌𝐴𝑐 𝑐 + 𝑑𝑐 − 𝑐 cioè −𝑑𝑃 = 𝜌𝑐𝑑𝑐
𝑑𝜌 𝒅𝑷
Sostituendo 𝑑𝑐 = −𝑐 𝜌
si ha 𝑑𝑃 = 𝑐 2 𝑑𝜌, ovvero: 𝒄= 𝒅𝝆
velocità del suono
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Data la rapidità di propagazione delle onde sonore, possiamo trascurare il calore


scambiato. Avendo anche trascurato le irreversibilità dovute alla viscosità, si può
scrivere:
𝝏𝑷
𝒄=
𝝏𝝆 𝒔
poconelcasodiGas
𝑃 𝑑𝑃 𝑑𝜌 𝑷 paresi
Per i gas perfetti = 𝑐𝑜𝑠𝑡 ovvero =𝛾 . Pertanto: 𝒄 = 𝜸𝝆 = 𝜸𝑹𝑻.
𝜌𝛾 𝑃 𝜌

Esempio: in aria a condizioni ambiente, ad esempio con T = 293,15 K, essendo


𝜸 = 𝟏. 𝟒 e 𝑹 = 𝟐𝟖𝟕 J/(kg K) si ha: 𝒄 = 𝜸𝑹𝑻 = 𝟑𝟒𝟑 m/s

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Efflusso comprimibile
Consideriamo un serbatoio pieno di un fluido comprimibile
a pressione superiore a quella dell’ambiente esterno. Il
fluido sfugge da un foro piccolo rispetto al serbatoio e
l’esperimento ha una breve durata, in modo da poter
ritenere le condizioni stazionarie.
Il 1° Principio ci dà:
𝒘𝟐𝟐 − 𝒘𝟐𝟏
+ 𝒈 𝒛𝟐 − 𝒛𝟏 + 𝒉𝟐 − 𝒉𝟏 = 𝒒 − 𝒍
𝟐
Se 𝒒 = 𝒍 = 𝟎, ∆𝒛 = 𝟎 e 𝒘𝟏 ≪ 𝒘𝟐 , si ha: 𝒘𝟐 = 𝟐 𝒉𝟏 − 𝒉 𝟐

il problemaèconnesso trascuroin caso


quel in cuinon
un le
primomomento
irreversibilità
costano
Fosse
a
L’e.e.m. in assenza di irreversibilità ci dà:
𝒘𝟐𝟐 −𝒘𝟐𝟏
+ 𝒈 𝒛𝟐 − 𝒛𝟏 + ‫𝟎 = 𝑷𝒅𝒗 𝟏׬‬
𝟐
𝟐
In forma differenziale, per un condotto orizzontale, si ha: 𝒘𝒅𝒘 + 𝒗𝒅𝑷 = 𝟎.
𝒅𝑷
Abbiamo visto che la velocità del suono è 𝒄𝟐 = 𝒅𝝆 quindi sostituendo:
𝒅𝝆
𝒘𝒅𝒘 + 𝒄𝟐 =𝟎 ineliminato
questomodo
pressioni
𝝆 Ho LE
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Differenziando l’equazione di continuità 𝜌𝐴𝑤 = 𝑐𝑜𝑠𝑡:


𝒅𝑨 𝒅𝝆 𝒅𝒘 Consinviàin
Di
+ + = 𝟎 EqTERMINIDifferenziali
𝑨 𝝆 𝒘
𝒅𝝆 𝒘 𝒅𝝆
Ricavando il termine 𝝆
dall’e.e.m. si ha poi:𝒄𝟐 𝒅𝒘 + 𝝆
=𝟎
𝒅𝑨 𝒅𝒘 𝒘
+ − 𝟐 𝒅𝒘 = 𝟎
𝑨 𝒘 𝒄
Introduciamo un nuovo parametro adimensionale detto numero di Mach:
𝒘
𝑴𝒂 =
𝒄

Sostituendo e raccogliendo si ha
SUBSONICA

𝒅𝑨 𝒅𝒘
l’Equazione di Hugoniot: = 𝑴𝒂𝟐 − 𝟏
𝑨 𝒘

supersonico
Si vede che: se 𝑴𝒂 < 𝟏 → 𝒅𝑨 < 𝟎 per 𝒅𝒘 > 𝟎
se 𝑴𝒂 > 𝟏 → 𝒅𝑨 > 𝟎 per 𝒅𝒘 > 𝟎

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Ingegneria Industriale Lezione 7 – Trasmissione del calore per conduzione

Trasmissione del calore


La trasmissione del calore tra i corpi e all’interno di essi dipende dalle temperature,
come affermato dal 2° Principio che fornisce il verso dello scambio termico (da a
se ), ma dipende anche dalle caratteristiche dei materiali in gioco.
La trasmissione del calore avviene secondo tre modalità fondamentali:
1. Conduzione: quando non si ha movimento di masse e il calore è trasmesso
all’interno del corpo o tra esso e altri corpi a contatto. INTERNO ALCORPO
2. Convezione: quando allo scambio per conduzione si aggiunge un movimento
di masse che trasportano con se energia termica. SUPERFICIEDELCORPO
3. Irraggiamento: quando l’energia viene emessa o assorbita dai corpi tramite
radiazioni elettromagnetiche.
Tratteremo separatamente lo scambio termico in ebollizione e condensazione, che
rientra nella convezione, ma ha caratteristiche particolari.
Di norma le modalità di scambio termico sono tutte contemporaneamente presenti.
Si assume che possano essere studiate separatamente, sommando poi gli effetti.

1
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𝑸
Introduciamo il flusso termico 𝑨 che è il calore
scambiato per unità di superficie ed è un vettore (la
temperatura invece è uno scalare).
La conduzione è governata dalla Legge di Fourier che lega il
flusso termico per unità di tempo al gradiente di
temperatura: w a 9
9la Em
un m
qQ
èpositivoquando semperatura decreticonilmeno
davanti
Tale relazione fu introdotta da Jean Baptiste Joseph Fourieraggiusta
nella sua «Teoria analitica del calore» del 1822. tuo

Da notare il segno meno che mostra che il calore passa


spontaneamente dalle temperature più alte a quelle più
basse in ottemperanza al 2° Principio della Termodinamica.
La costante che compare nella Legge di Fourier è una
proprietà del materiale ed è detta conducibilità termica.
La conducibilità può variare con la temperatura e, per certi
materiali, anche con la direzione (ad esempio nel legno si
hanno valori diversi in direzione delle fibre e in direzione
normale ad esse). In molti casi però si può ritenere costante.
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Ingegneria Industriale Lezione 7 – Trasmissione del calore per conduzione

La legge di Fourier si può ricavare dal 1° Principio


della termodinamica in condizioni stazionarie.
Scriviamo il bilancio energetico per un piccolo
parallelepipedo di spigoli dx, dy e dz paralleli ai
rispettivi assi coordinati:
Potenza termica Potenza termica generata
entrante da sorgenti interne

Potenza termica Variazione energia


uscente interna nell’unità di
tempo
La potenza termica può esser dovuta ad esempio al passaggio di una corrente
in un conduttore elettrico. Tale potenza, come la temperatura, è in generale
funzione della posizione e del tempo.
Si è assunto che calore specifico e densità siano costanti nel tempo.
3
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La potenza termica che entra per conduzione nell'elemento considerato lungo la


direzione x attraverso la faccia di sinistra, , può essere scritta:

La potenza termica che esce dalla faccia di destra è invece:

Il bilancio in direzione x è dunque:

Analoghi bilanci si possono scrivere per le direzioni y e z . Sostituendo nel bilancio


globale e dividendo per si ha:

A questo punto facciamo l’ulteriore ipotesi che la conducibilità sia indipendente


dalla direzione (materiale isotropo) ed introduciamo la diffusività termica
𝝆𝒄. [m2/s]
𝒌
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Si ha così l’equazione generale della conduzione in materiali isotropi:


𝟐 𝟐 𝟐
𝒈𝒆𝒏
𝟐 𝟐 𝟐

In assenza di potenza termica generata nel materiale, tale equazione si riduce alla
Equazione di Fourier: PISCIANO

𝟐
LA 𝟐 𝟐

𝟐 𝟐 𝟐

In presenza di potenza termica generata nel materiale, ma in condizioni stazionarie


si ha invece la Equazione di Poisson:
𝟐 𝟐 𝟐
𝒈𝒆𝒏
𝟐 𝟐 𝟐

Infine senza potenza termica generata nel materiale e in condizioni stazionarie si ha


l’Equazione di Laplace:
𝟐 𝟐 𝟐

𝟐 𝟐 𝟐
5
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L’equazione di Laplace si scrive spesso in forma compatta:


𝟐

Ove compare l’operatore di Laplace (laplaciano)


𝟐 𝝏𝟐 𝝏𝟐 𝝏𝟐
𝝏𝒙𝟐 𝝏𝒚𝟐 𝝏𝒛𝟐

Sovente è comodo sfruttare la simmetria cilindrica o sferica


dei problemi. In tali casi sono utili i laplaciani in coordinate
cilindriche :
𝟐 𝟐 𝟐
𝟐
𝟐 𝟐 𝟐 𝟐

e in coordinate sferiche :
𝟐 𝟐 𝟐
𝟐
𝟐 𝟐 𝟐 𝟐 𝟐 𝟐 𝟐

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Conduzione termica in regime stazionario


Le equazioni viste, anche limitandosi al caso stazionario, sono difficilmente risolubili
per via analitica. Soluzioni semplici sono possibili solo in casi semplici in cui il
problema sia riconducibile ad una sola dimensione.
Ci limiteremo quindi per il momento a problemi monodimensionali, stazionari,
entro materiali omogenei e isotropi, con parametri indipendenti dalla
temperatura.
1] Parete piana omogenea
In assenza di generazione, per k indipendente da T, vale l'equazione di
Laplace e quindi, chiamando x la direzione del flusso termico, si ha:
𝒅𝟐 𝑻
da cui: 𝟏 𝟐
𝒅𝒙𝟐
Introducendo le condizioni al contorno dello strato 𝟏 per e
𝑻𝟐 𝑻𝟏
𝟐 per si ottiene 𝟐 𝟏 e 𝟏 𝒔
, da cui infine:
𝟐 𝟏
𝟏

La temperatura quindi varia linearmente con lo spessore del materiale.

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Per ottenere il flusso termico possiamo integrare direttamente la Legge di Fourier:


𝝏𝑻 𝑻𝟏 𝑻𝟐
𝝏𝒙 𝒔
Per uno strato piano di estensione A, si ha quindi una potenza termica trasmessa:
𝑻𝟏 𝑻𝟐
𝒔
𝒌𝑨
𝒔
Il denominatore rappresenta la resistenza termica dello strato piano.
𝒌𝑨

L’espressione del flusso termico appena trovata è formalmente identica alla


legge di Ohm che lega la corrente alla differenza di potenziale e alla
resistenza. Si può dunque introdurre una analogia tra queste relazioni:
• Corrente elettrica Flusso termico
• Differenza di potenziale Differenza di temperatura
• Resistenza elettrica Resistenza termica
• Capacità elettrica Capacità termica

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2] Parete piana composta


In condizioni monodimensionali, nei due strati avremo:
𝑻𝟏 𝑻𝟐 𝑻𝟐 𝑻𝟏
𝒂 𝒂 𝒔 ; 𝒂 𝟏
𝒂 𝒔𝒂
𝑻𝟐 𝑻𝟑 𝑻𝟑 𝑻𝟐
𝒃 𝒃 𝒔𝒃
; 𝒃 𝟐 𝒔𝒂
Ma per la conservazione dell’energia i flussi termici devono essere
uguali per i due strati: 𝒂= 𝒃
𝒔𝒂 𝒒̇ 𝒔𝒃 𝒒̇
𝟏 𝟐 ; 𝟐 𝟑
𝒌𝒂 𝒌𝒃

𝒔𝒂 𝒔𝒃
Sommando membro a membro si ottiene: 𝟏 𝟑 𝒌𝒂 𝒌𝒃
e infine:
𝑻𝟏 𝑻𝟑
𝒔𝒂 𝒔𝒃
𝒌𝒂 𝒌𝒃

Ciò mostra l’utilità dell’analogia elettrica: il denominatore è somma di due resistenze


perché gli strati sono in serie (il calore attraversa prima uno strato e poi l’altro).
𝟏 𝒔𝒂 𝒔𝒃
La resistenza totale per una parete di area A è: 𝒕𝒐𝒕 𝒂 𝒃 .
𝑨 𝒌𝒂 𝒌𝒃
Il risultato è generalizzabile a qualsiasi numero di strati.
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3] Parete piana con conducibilità variabile


Supponiamo che la conducibilità del materiale vari
linearmente con la temperatura .
L’equazione della conduzione diviene:
da cui:
Separando le variabili:

da cui: : T ha andamento parabolico.

Essendo 𝟏 per ,

Essendo 𝟐 per ,

cioè:

Posto si ricava .

; ma per cui:
𝟏 𝟐
𝒎
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4] Strato cilindrico omogeneo


Se le proprietà del materiale sono indipendenti da e
da , la distribuzione di temperatura dipende solo da .
Integriamo l’equazione di Laplace in coordinate
cilindriche con .
𝝏𝑻 𝝏𝑻
Per simmetria: e . L’equazione si
𝝏𝝋 𝝏𝒛
riduce a:
𝟐

𝟐
𝒅𝟐 𝑻 𝒅𝑻
ovvero 𝒅𝒓𝟐 𝒅𝒓
; il primo membro è la derivata di
𝒅 𝒅𝑻
un prodotto:
𝒅𝒓 𝒅𝒓
𝒅𝑻 𝒅𝒓
Integrando: . Separiamo le variabili e integriamo ancora: ,
𝒅𝒓 𝒓
da cui: .
Le condizioni al contorno sono: 𝟏 per 𝟏 e 𝟐 per 𝟐, da cui:
e .
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Sottraendo membro a membro: da cui:

. Sostituendo si ottiene:
𝑻𝟏 𝑻𝟐
𝟏 𝒓𝟏
𝒓
𝒓𝟏 .
𝒍𝒏 𝒓𝟐

La distribuzione è quindi di tipo logaritmico.


Il flusso termico al generico raggio r è:
̇
nella quale possiamo sostituire la
derivata della temperatura precedentemente trovata:
𝒅𝑻 𝑪𝟏 𝟏
tsIYiao
𝒅𝒓 𝒓 𝒓

Pertanto la potenza termica scambiata per unità di lunghezza è


qq.FI
̇
.

Si può anche scrivere la potenza termica scambiata attraverso uno strato cilindrico in
termini di resistenza:
𝒓
𝑻𝟏 𝑻𝟐 𝒍𝒏 𝟐 𝒓𝟏
ove
𝑹 𝟐𝝅𝑳𝒌
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Tale risultato è utile per generalizzare la trattazione a cilindri


composti di vari strati, ciascuno dotato di resistenza nota: in
tal caso r1 r2
r3
𝟏 𝒏
𝒏
𝒊 𝟏 𝒊

Talvolta la condizione al contorno è espressa in modo diverso. Se la superficiecè


unbucoquindi
è
RewardOE
bagnata da un fluido, si vedrà nel capitolo sulla convezione che, invece di
specificare la temperatura viene specificato il flusso termico:
𝒔𝒖𝒑 𝒇𝒍𝒖𝒊𝒅𝒐

ove è un coefficiente di convezione che verrà trattato in seguito.


La condizione al contorno quindi, invece di essere posta sulla temperatura, è
posta sulla sua derivata.
In termini di resistenze, si può aggiungere alle resistenze conduttive già viste una
resistenza termica convettiva .

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5] Strato piano con generazione termica


Limitando lo studio ai problemi monodimensionali, possiamo
trattare anche l’equazione di Poisson. Ad esempio si
consideri uno strato piano di spessore 2s all’interno del quale
vi sia una generazione uniforme di calore per unità di
volume e di tempo. L’equazione di Poisson si riduce a:
𝟐
𝒈𝒆𝒏
𝟐

Integrando due volte si ha:

Imponendo la condizione al contorno per si trova:


𝒈𝒆𝒏 𝟐 𝟐
𝟏

L’andamento è dunque parabolico, con valore massimo sul piano medio pari a:
𝟐
𝒈𝒆𝒏
𝒎𝒂𝒙 𝟏

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6] Cilindro con generazione termica


Questo è il caso, ad esempio, di un conduttore elettrico percorso da corrente.
Il conduttore ha raggio r0, lunghezza L, è percorso da una corrente I ad una
tensione V ed è immerso in aria a temperatura Te.
L'equazione di Poisson in coordinate cilindriche dà:
𝒅𝟐 𝑻 𝟏 𝒅𝑻 𝒒̇ 𝒈𝒆𝒏 𝑽𝑰
con 𝒈𝒆𝒏
𝒅𝒓𝟐 𝒓 𝒅𝒓 𝒌 𝝅𝒓𝟐𝟎 𝑳
Moltiplicando tutta la relazione per si vede che i termini in T sono la derivata di
un prodotto:

Integrando una prima volta:

Dividendo per e integrando ancora:


𝟐
𝒈𝒆𝒏
𝟏 𝟐

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Considerazioni di simmetria indicano che sull’asse del cilindro la temperatura


dev’essere massima, quindi dev’essere .
Questa condizione è incompatibile con il termine logaritmico, che per
porterebbe la temperatura a .
Quindi 𝟏 .
Se è nota la temperatura sulla superficie del cilindro, 𝒔 per 𝟎.
̇
Quindi e infine:
𝟐 𝟐
𝒈𝒆𝒏 𝟎
𝒔

Quindi l’andamento della temperatura lungo il raggio è parabolico.

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Se invece abbiamo uno scambio termico per convezione tra la superficie del
cilindro e un fluido a temperatura , la seconda condizione al contorno diviene:

Ma si era visto che la derivata della temperatura è:

Sostituendo:

cioè . Sostituendo si ha ancora la distribuzione parabolica, con il


massimo sull’asse del cilindro, in cui però compare la temperatura del fluido e il
coefficiente di convezione :
𝟐 𝟐
𝟎 𝒈𝒆𝒏 𝟎
𝒆 𝒈𝒆𝒏

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7] Superfici alettate
Un’ulteriore caso di conduzione termica
risolvibile in forma chiusa è quello delle
alette, cioè sporgenze create su superfici
immerse in un fluido al fine di accrescere
la superficie di scambio con il fluido
stesso.
Si abbia una parete S a temperatura Ts
immersa in un fluido a temperatura Tf.
Saldiamo alla parete una barra rettangolare di lunghezza , lato e sezione
costante di spessore ; il materiale sia omogeneo, isotropo con conducibilità
termica k.
Assumiamo trascurabile la variazione di temperatura sulla sezione A rispetto a quella
lungo l'asse della barra (condizioni di monodimensionalità). Consideriamo una
situazione stazionaria.
Scriviamo il bilancio energetico per un volume a distanza x dalla parete. Il
calore scambiato sulle sezioni si calcola con la legge di Fourier, mentre per quello
scambiato con il fluido si usa un coefficiente di convezione.
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ove P è il perimetro della sezione A. Se h e k sono costanti, l’espressione diviene:

𝒅𝟐 𝑻 𝟐
Ponendo , si ha: 𝒇
𝒅𝒙𝟐
Questa equazione differenziale ha per soluzione generale:
𝒎𝒙 𝒎𝒙
𝒇 𝟏 𝟐

Imponendo le condizioni al contorno: 𝒔 per e 𝒍 𝒍 𝒇 per


si ha (omettiamo la dimostrazione):
𝒍

𝒇 𝒔 𝒇
𝒍

Si ricordano le definizioni delle funzioni iperboliche:


𝒆𝒙 𝒆 𝒙 𝒆𝒙 𝒆 𝒙
;
𝟐 𝟐 𝒙

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𝒅𝑻
All’attaccatura dell’aletta dev’essere: da cui deriva (sempre
𝒅𝒙 𝒙 𝟎
omettendo la dimostrazione):
𝒍

𝒔 𝒇
𝒍

Ci sono due casi in cui 𝒍 : quando l'aletta è adiabatica all'estremità o quando


per cui la temperatura di estremità è eguale a quella del fluido; in ambo i casi:
𝒔 𝒇
𝒉
Se invece 𝒍 come sul resto della superficie dell’aletta, si può raccogliere 𝒎𝒌 a
numeratore della frazione e scrivere:

𝒔 𝒇

Indicando con Ψ il termine racchiuso in parentesi quadra, notiamo che, se Ψ = 1, la


potenza termica dispersa è la stessa che si avrebbe in assenza di aletta.
Solo se Ψ > 1 l’aletta porta un aumento di scambio termico.
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𝒉 𝒉 𝒉
Si vede che: Ψ = 1 per ; Ψ > 1 per ; Ψ < 1 per
𝒌 𝒌 𝒌

Ma , quindi la condizione limite si può scrivere ovvero: .

Di norma per cui .


𝒉𝒔
Al rapporto adimensionale si dà il nome di numero di Biot.
a diff delnumero di musselscondDel
𝒌
conducibilità delsolido
Quindi possiamo riscrivere i tre casi: Fluido
- per (Ψ = 1) scambio termico uguale con o senza aletta
- per (Ψ > 1) la parete alettata scambia più calore di quella semplice
- per (Ψ < 1) la parete alettata scambia meno calore di quella semplice
Si definisce rendimento dell’aletta il rapporto tra flusso termico realmente scambiato e
quello scambiato se l'intera aletta fosse a temperatura uniforme uguale a Ts, ossia:

𝒂
𝒂 𝒔 𝒇
ove 𝒂 è la superficie dell’aletta lambita dal fluido. Di seguito alcuni diagrammi relativi
ad alette di forma comune.
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Oltre al rendimento della singola aletta si può anche introdurre un rendimento


della parete alettata, che confronta il calore scambiato con quello della parete
priva di alette.
Sia la superficie della parete di partenza, il numero di alette, ciascuna avente
una sezione , una superficie esposta al fluido 𝒂 ed un rendimento 𝒂 . Il
coefficiente di convezione si ovunque pari ad .

Allora il rendimento della parete alettata è:


𝒂 𝒂
𝑺𝒂
𝑺
Evidentemente questo rendimento dev’essere maggiore di 1, altrimenti l’aggiunta
delle alette peggiora lo scambio termico.
Termina con questo la trattazione dei casi risolubili matematicamente in forma
chiusa. Per geometrie più complesse l’integrazione analitica dell’equazione di
Fourier è impossibile. Si adottano allora metodi numerici. Il più semplice
concettualmente è il metodo alla differenze finite, che sostituisce alle derivate
parziali dell’equazione di Fourier delle differenze tra valori di temperatura in
punti sufficientemente vicini.
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Oltre alle difficoltà legate alla geometria, dobbiamo considerare anche il fatto che
sin qui si sono considerati solo problemi stazionari, mentre in generale lo stato del
sistema varia nel tempo. La soluzione dell’equazione della trasmissione del
calore in condizioni transitorie è ovviamente ancor più difficile.
Ci limitiamo quindi ad un caso particolarmente semplice.

Analisi a parametri concentrati di un transitorio termico


Per un corpo solido di superficie immerso in un fluido a temperatura costante 𝒇 il
1° Principio della Termodinamica comporta:

ove è il tempo e la temperatura, supposta uniforme, della superficie del corpo.


Se la temperatura interna del corpo differisce poco da quella della superficie,
possiamo scrivere l’energia interna in funzione della stessa :
𝒇
ove è la capacità termica del corpo. Si fa in tal modo una analisi a parametri
concentrati.
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Possiamo fare una sostituzione di variabile, considerando che 𝒇 .


Separando le variabili:
𝒇

𝒇 𝒇

che può essere integrata assumendo , e costanti. Se 𝟎 è la temperatura


iniziale, si ottiene un andamento decrescente secondo una legge esponenziale:
𝒇 1
0.9
𝟎 𝒇
0.8
da cui:
0.7
𝒇 𝒉𝑨 0.6
𝒄𝒎𝝉
𝟎 𝒇 0.5

𝒄𝒎 0.4
Per 𝒉𝑨
(costante di tempo CT) 0.3
l’esponente è unitario (-1) e 0.2
0.1
𝒇 𝟎 𝒇
0
𝝉 0 5000 10000 15000 20000 25000
𝒇
𝑪𝑻 tempo [s]
𝟎 𝒇 25
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Se introduciamo una lunghezza caratteristica L tale che V = A L, l’esponente


diviene:

= 𝟐

𝒉𝑳
Questa espressione riprende il numero adimensionale di Biot e introduce
𝒌
volume
il numero di Fourier:
ftEEissic
hL KA.LI Bi
𝟐 K Ira
𝒌
che contiene la diffusività termica e rappresenta un intervallo di tempo
𝒄𝝆
adimensionale commisurato all’inerzia termica del sistema.

Il numero di Biot è particolarmente importante in questo contesto: il modello a


parametri concentrati è applicabile per .
I transitori termici, al di fuori di questo e pochi altri casi semplici, si risolvono con
metodi numerici.

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Trasmissione del calore per convezione


La trasmissione del calore per convezione ha luogo quando al meccanismo di
scambio della conduzione si sovrappone un trasporto di energia interna da un
punto all'altro del mezzo continuo, dovuto al moto relativo tra i volumi elementari
che lo costituiscono.
Tratteremo la convezione tra una superficie solida e un fluido, anche se in
generale essa può avvenire anche tra un liquido ed un gas o tra due liquidi
immiscibili.
DIADERENZA
Paesi
Anche se il fluido è in moto, a contatto con la parete si ha
sempre uno straterello di fluido con velocità nulla; pertanto la
quantità di calore scambiata tra parete e fluido potrebbe essere
valutata con la relazione che esprime la conduzione attraverso
tale strato: diFourier
LEGGE
𝜕𝑇

𝑑 𝑄 = −𝑘 𝑑𝐴
𝜕𝑛 𝑃 paese punto quasiasi
acca inun a
ove 𝒏 è il versore normale alla superficie 𝑑𝐴 e il gradiente è valutato sulla parete.
In pratica però si usa la relazione di Newton:
𝒅𝑸ሶ = 𝒉 𝑻𝑷 − 𝑻𝒇 𝒅𝑨 disuo
amicoeauadite

I 1
I
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La relazione di Newton non ha valore di legge fisica ma definisce il coefficiente 𝒉


di convezione. Questo dipende non solo dalla natura del fluido, ma anche dalle
particolari condizioni del sistema (geometria, regime di moto, ecc.).
Il valore da assegnare ad 𝒉 deve essere determinato caso per caso per via
analitica o sperimentale; bisogna notare che il valore di 𝒉 dipende anche dal criterio
di scelta della temperatura del fluido 𝑻𝒇 , che dev’essere precisato:
• nel caso dei fluidi limitati da una sola parete, come temperatura 𝑻𝒇 si assume
la temperatura del fluido nella zona indisturbata, al di fuori dello strato limite.
piaseurisarredisaurassaconsiderannoiavinoinconasoconsinuanensecuonasmanaiapareseriverena
• Nella convezione entro condotti, noto il profilo di temperatura, si potrebbe
definire la 𝑻𝒇 come media integrale su una sezione A, ma in tal modo non si
terrebbe conto della distribuzione delle velocità. Fisicamente più corretta è la
scelta di una 𝑻𝒇 ponderata sulle portate dei vari filetti fluidi con velocità u:
o no 𝑻𝒅𝑨 menergiatrasporaddaltivibo
𝑻𝒇 = qq.io
Eternoezoveinaivanoisovence ‫𝒄𝒖𝝆 𝑨׬‬ 𝒑
Porsasinnasso
Ensipi nnonasporsenergiaconsesonointeressasoasrasporso

600
disnergiauserne
‫𝑨𝒅 𝒑𝒄𝒖𝝆 𝑨׬‬
Porsaaintassa
L CapacitàTermica
Tale temperatura è detta temperatura di mescolamento adiabatico.
2
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Il valore del coefficiente 𝒉 è determinabile per via analitica solo se si può valutare la
distribuzione della temperatura nel mezzo e quindi il valore del gradiente di
temperatura alla parete. Infatti eguagliando le espressioni dello scambio termico
già viste si ha:
𝝏𝑻
𝒉 𝑻𝑷 − 𝑻𝒇 = −𝒌 A
𝝏𝒏 𝑷

Occorre quindi risolvere l'equazione generale del trasporto di energia nel fluido.

L'integrazione di questa equazione richiede la conoscenza della distribuzione della


velocità, ottenibile attraverso la soluzione dell'equazione di continuità,
dell'equazione del moto e dell'equazione di stato, che esprime la dipendenza della
densità del mezzo dalla pressione e dalla temperatura.

Anche per un fluido incomprimibile, la cui la densità dipende solo dalla temperatura,
non si può in generale trascurare questa dipendenza, dato che, in presenza di
un campo gravitazionale o in generale di un campo di forze, si hanno delle forze di
galleggiamento (spinta di Archimede).

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La dipendenza della densità dalla temperatura si esprime tramite il coefficiente di


dilatazione termica 𝜷 definito da:
1 𝜕𝑣 1 𝜕𝜌
𝛽= =−
𝑣 𝜕𝑇 𝑃 𝜌 𝜕𝑇 𝑃
𝑅𝑇
Nel caso particolare dei gas perfetti, essendo 𝑣 = , si ha
𝑃
𝑃 𝜕 𝑅𝑇ൗ𝑃 𝑃 𝑅 1
𝛽= = =
𝑅𝑇 𝜕𝑇 𝑃 𝑅𝑇 𝑃 𝑇

Ovviamente tale semplice relazione non è applicabile negli altri casi (ad esempio i
liquidi).

Se le differenze di temperatura non sono troppo grandi, si può esprimere la densità


come funzione lineare di 𝜷:
𝝆 = 𝝆𝟎 𝟏 − 𝜷 𝑻 − 𝑻𝟎

4
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Perconvezionenaturalescambio
solo Percausenaturali
Termico le
stessoper
Talvolta il moto avviene solo per effetto delle variazioni di densità: si parla allora diDiane
solee
agiamo
convezione naturale. dousesuo
s cambio
stesso sera
Quando invece il moto del fluido avviene principalmente a causa di fattori esterni al
fenomeno di scambio termico (pompe, ventilatori, differenze di livello, ecc.) si
dice che la convezione è forzata.
c'È Conv Forza PerchèC'Èuna combustioneinternanonaturale
una
camino PERCHÉAVREMMO SEMPRE Galleggiamento
quel
µ non essendo mai 𝜷 = 𝟎; spesso
In effetti non si ha mai convezione forzata pura,
mmmm
però le forze di galleggiamento possono essere trascurate rispetto alle altre forze in
gioco.
Convezione forzata e convezione naturale sono due condizioni estreme in cui è
spesso utile analizzare i fenomeni per ottenere importanti semplificazioni analitiche.

Lo studio della trasmissione del calore per convezione è uno dei campi in cui risulta
quasi indispensabile l'indagine sperimentale, viste le difficoltà analitiche che si
frappongono alla soluzione delle equazioni costitutive anche con l'utilizzo di metodi
numerici.

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Analisi dimensionale dell'equazione del trasporto energetico


Per dare un carattere più generale al singolo caso preso in esame
sperimentalmente, si può procedere ad una adimensionalizzazione delle equazioni,
in modo da definire coefficienti che non dipendono dalle unità di misura e
rispecchiano le caratteristiche geometriche e di moto del sistema, rendendo la
soluzione valida per ogni altro sistema geometricamente e dinamicamente simile.
Dalla relazione (A), moltiplicando ambo i membri per una lunghezza di riferimento
L, si può ricavare la definizione del numero adimensionale di Nusselt:
𝜕𝑇ൗ
ℎ𝐿 𝜕𝒏 𝑃
𝑁𝑢 = = −𝐿
𝑘 𝑇𝑃 − 𝑇𝑓

Per comprendere il significato fisico di Nu immaginiamo uno strato


piano di fluido stagnante di spessore L e conducibilità termica k
aderente alla parete a temperatura Tp.
Nu rappresenta il rapporto tra calore scambiato per convezione e quello che si
scambierebbe per conduzione attraverso lo strato di fluido stagnante, a parità di
differenza di temperatura:
ℎ 𝑇𝑃 − 𝑇𝑓 K
avaropiù in 𝑁𝑢 = II
LEE mYjY.M
dimensioni
Easala 𝑘ൗ 𝑇 − 𝑇
𝐿 𝑃 𝑓
convezione
gy.am 6
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Alla formulazione del numero di Nusselt si può arrivare anche attraverso l’analisi
dimensionale, in analogia a quanto fatto per il fattore d’attrito nel caso del moto
dei fluidi entro condotti. Si scrive al solito il coefficiente di convezione come serie
di potenze in funzione di tutte le variabili che si ritiene possano influire su di esso:
ℎ = 𝑓 𝑤, 𝐿, 𝛽, 𝜌, 𝜇, … = ෍ 𝐵𝑖 𝜇 𝑎𝑖 ∙ 𝜌𝑏𝑖 ∙ 𝑤 𝑐𝑖 ∙ 𝐿𝑑𝑖 …
𝑖

In tal modo (si omette la dimostrazione) si giunge ad individuare, oltre al numero


di Nusselt, anche il numero di Reynolds, il numero di Prandtl:
𝜇𝑐𝑃 𝜈muiscosiacinemaica
𝑃𝑟 = =
𝑘 𝛼 dieussivisaarmi
sempre
e il numero di Grashow: Non
ÈB F M
punghezzacarasseristica


Galleggiamento
𝐺𝑟 =
𝑔𝛽𝐿3 𝑇𝑃 − 𝑇𝑓 𝜌2 APPROVA
LA CONVEZIONENATURALE
viscosità
MAVient
𝜇2 Franosadalla

Per situazioni geometricamente simili e condizioni al contorno della stessa specie,


si ottengono soluzioni particolari che risultano uguali tra loro quando i numeri
adimensionali assumono uguali valori nei diversi sistemi: ciò implica che i profili di
temperatura sono geometricamente simili e la similitudine diventa termofisica.

7
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Spesso la relazione interpolante per i dati sperimentali 𝑁𝑢 = 𝑓 𝑅𝑒, 𝐺𝑟, 𝑃𝑟 assume la


forma semplice:
𝑁𝑢 = 𝐶 ∙ 𝑅𝑒 𝑎 𝐺𝑟 𝑏 𝑃𝑟 𝑐

Determinati sperimentalmente il coefficiente e gli esponenti di questa funzione è


possibile calcolare il valore del coefficiente di convezione h per situazioni
fisicamente simili; potremo quindi eseguire misure su modelli ed estenderne la
validità a situazioni reali.
TiesTettino
Significato fisico dei coefficienti adimensionali
Se due sistemi hanno uguale Nu, dal punto di vista fisico essi devono avere:
- Similitudine cinematica: le linee di corrente dei sistemi sono geometricamente
simili. Implica la similitudine geometrica dei contorni e quella tra i due campi di
velocità.
- Similitudine dinamica: le forze della stessa specie applicate a qualsiasi coppia di
punti corrispondenti nei due sistemi agiscono su direzioni parallele e stanno tra loro
in un rapporto costante, indipendente dalla natura delle forze.

8
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Su di una particella in movimento entro una massa non isoterma di fluido fisicamente
e chimicamente omogeneo, trascurando gli eventuali gradienti di pressione o di
campi imposti dall'esterno, agiscono le seguenti forze:
- d'inerzia 𝑓𝑖
- di attrito viscoso 𝑓𝑎
- di galleggiamento 𝑓𝑔 .
Per due sistemi simili A e B dovrà pertanto essere:
𝑓𝑖 𝐴൘ 𝑓𝑎 𝐴൘
𝑓𝑔 𝑓𝑎 𝐴൘ B
= ; 𝐴൘ =
𝑓𝑖 𝐵 𝑓𝑎 𝐵 𝑓𝑔 𝑓𝑎 𝐵
𝐵

Facendo una valutazione fenomenologica, riferendosi a forze per unità di superficie,


si possono scrivere le seguenti relazioni di proporzionalità:
2
𝜇𝑤
𝑓𝑖 ≈ ρ𝑤 ; 𝑓𝑎 ≈ ; 𝑓𝑔 ≈ 𝜌𝑔𝛽𝐿 𝑇𝑃 − 𝑇𝑓
𝐿
Pertanto, in due sistemi simili deve assumere uguale valore il raggruppamento
adimensionale:
𝑓𝑖 𝜌𝑤 2
ൗ𝑓 ≈ 𝜇𝑤 = 𝑅𝑒
𝑎 ൗ𝐿
Re è dunque collegato al rapporto tra le forze d'inerzia e quelle d'attrito. 9
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La proporzionalità tra le forze di galleggiamento comporta un legame con 𝛽; poiché


nei due sistemi si devono avere uguali Re, possiamo combinare le relazioni (B) e
scrivere:
𝑓𝑖 ∙ 𝑓𝑔 𝑔𝛽𝐿3 𝑇𝑃 − 𝑇𝑓 𝜌2
൘ 2≈ = 𝐺𝑟
𝑓𝑎 𝜇2
si ottiene così il raggruppamento adimensionale Gr in cui si elide la velocità w.
In due sistemi aventi uguale numero di Grashow le velocità dovute alle forze di
galleggiamento sono uguali e non occorre valutarle esplicitamente.

Abbiamo inoltre:
𝑓𝑔
𝐴
൘𝑓 = 𝑓𝑖 𝐴
ൗ e quindi: fa Re f fa E
𝑔 𝐵 𝑓𝑖 𝐵

fi
𝑓𝑔 𝑓𝑖 ∙ 𝑓𝑔 𝑓𝑎2 𝐺𝑟
𝑓𝑖
= 2
𝑓𝑎 𝑓𝑖 2 = 2
𝑅𝑒
tip E
Pertanto, se 𝐺𝑟 ≪ 𝑅𝑒 2 le 𝑓𝑔 sono trascurabili rispetto alle 𝑓𝑖 , per cui si ha
sostanzialmente convenzione forzata, se 𝐺𝑟 ≅ 𝑅𝑒 2 siamo in convezione mista,
I
infine se 𝐺𝑟 ≫ 𝑅𝑒 2 si ha predominanza delle 𝑓𝑔 e la convezione è naturale.
mm

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La similitudine energetica implica che nei due sistemi A e B siano simili anche le
distribuzioni di temperatura.
Si può vedere tramite l'equazione dell'energia che il trasporto di calore è legato al
trasporto di quantità di moto, cioè di masse che hanno una determinata velocità.
Quindi perché sia verificata anche la similitudine energetica dovrà essere
𝑇𝑟𝑎𝑠𝑝𝑜𝑟𝑡𝑜 𝑞𝑢𝑎𝑛𝑡𝑖𝑡à 𝑑𝑖 𝑚𝑜𝑡𝑜 𝐴 𝑇𝑟𝑎𝑠𝑝𝑜𝑟𝑡𝑜 𝑐𝑎𝑙𝑜𝑟𝑒 𝐴
=
𝑇𝑟𝑎𝑠𝑝𝑜𝑟𝑡𝑜 𝑞𝑢𝑎𝑛𝑡𝑖𝑡à 𝑑𝑖 𝑚𝑜𝑡𝑜 𝐵 𝑇𝑟𝑎𝑠𝑝𝑜𝑟𝑡𝑜 𝑐𝑎𝑙𝑜𝑟𝑒 𝐵

L’attitudine di una sostanza a trasferire la quantità di moto è data dalla sua


viscosità cinematica, mentre per il calore vale la diffusività termica. Pertanto:
𝜈 𝜈 ADEsempio L'olio lubrificante Bassoscambio
= 𝑃𝑟𝐴 = = 𝑃𝑟𝐵 DICALOREGRADEViscositàcinemaasserisce
𝛼 𝐴 𝛼 𝐵 MeglioQuantitadiMoro
Il numero di Prandtl rappresenta quindi il rapporto tra la disponibilità del fluido a
trasportare quantità di moto e a trasportare calore, e dipende esclusivamente dalla
natura del mezzo e dal suo stato fisico.

Stabilito che due sistemi geometricamente simili sono anche energeticamente


simili se hanno gli stessi valori di Re, Gr, Pr, ne segue che anche il gradiente di
temperatura adimensionale, e quindi il numero di Nusselt, deve essere funzione
di tali numeri puri. QUINDILARELAZIONEÈ soddisfare 11
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Moto interno ed esterno


Bisogna anche distinguere tra flussi interni, che si svolgono entro un condotto
confinato, e flussi esterni, nei quali una superficie è lambita da un fluido che si
muove in uno spazio virtualmente illimitato.
La definizione dei numeri adimensionali è diversa per i moti interni ed esterni:
• in un condotto 𝑅𝑒𝐷 = 𝑤𝐷Τ𝜈
𝑢 𝑥
• su una superficie 𝑅𝑒𝑥 = ∞ Τ𝜈 , ove 𝑢∞ è la velocità del fluido a distanza
sufficientemente grande dalla superficie da non risentirne gli effetti.
strato limite laminare
𝛿 = 5𝑥 ∙ 𝑅𝑒 −0.5 strato limite turbolento
La transizione tra
𝛿 = 0.37𝑥 ∙ 𝑅𝑒 −0.2
flusso laminare e
turbolento, con
questa nuova
definizione di Re,
si ha per
𝑅𝑒𝑥 = 5 ∙ 105

Anche le definizioni di Gr e Nu devono essere modificate coerentemente.


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Strato limite termico


Dalla descrizione del meccanismo del trasporto di energia per convezione si vede
che hanno grande importanza sia la conduzione che il trasporto di materia.
Poiché la conducibilità termica dei fluidi, tranne che per i metalli liquidi, è abbastanza
piccola, la velocità del trasporto di energia dipende principalmente dal moto di
mescolamento del fluido.
Pertanto, per trasmettere una potenza termica per convezione attraverso un fluido è
richiesto un gradiente di temperatura più grande in una regione a bassa velocità che
in una ad alta velocità. Quindi in corrispondenza dello strato limite dinamico si
viene a generare anche uno strato limite termico.
Nello strato di fluido aderente alla parete il calore fluisce prevalentemente per
conduzione, per cui si ha di solito una brusca caduta di temperatura.
Allontanandosi dalla parete, il movimento del fluido facilita il trasporto di energia: il
gradiente di temperatura sarà meno ripido, annullandosi poi nella corrente principale.
Convenzionalmente lo strato limite termico è definito dalla temperatura T tale che:
𝑇𝑃 − 𝑇
= 0.99
𝑇𝑃 − 𝑇∞
L’estensione degli strati limite termico e di velocità sono legati dal numero di Prandt.
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Convezione forzata
Trascurando le forze di galleggiamento si pone 𝛽 = 0 per cui 𝑁𝑢 = 𝑓 𝑅𝑒, 𝑃𝑟 ovvero:
𝑵𝒖 = 𝑪 ∙ 𝑹𝒆𝒂 𝑷𝒓𝒃
In particolare se il moto è laminare stazionario 𝑎 = 𝑏 per cui 𝑁𝑢 è funzione del
prodotto 𝑅𝑒 · 𝑃𝑟 = 𝑃𝑒 (numero di Peclet).
Nei casi più semplici (ad es. moto laminare) è possibile determinare C, a, b
analiticamente, altrimenti occorre procedere sperimentalmente.

Casi limite:

di norma la
situazione è
intermedia.

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Valori di Nu costanti validi per il moto laminare


Condizioni al contorno (parete)
Sezione del condotto
Flusso costante Temperatura costante
Circolare 4.36 3.66
Quadrata a = b 3.63 2.98
Rettangolare a = 1.4 b 3.78 -
Rettangolare a = 2 b 4.11 3.40
Rettangolare a = 3 b 4.77 -
Rettangolare a = 4 b 5.35 4.44
Rettangolare a = 8 b 6.60 5.95
Rettangolare a =  8.24 7.54
Rett. a =  un lato adiabatico 5.38 4.86
Triangolare equilatera 3.00 2.35

Sezione di ingresso
Quando il fluido entra in un condotto, velocità e temperatura hanno valori molto
diversi da quelli della parete; si presentano perciò dei gradienti di temperatura e
velocità tendenti all'infinito, che si stabilizzano man mano che il fluido procede nel
condotto.
L’effetto dell’ingresso è importante se 𝑥/𝐷 < 50
16
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Il regime di ingresso può


essere:
• dinamico e termico
(velocità e temperatura
variano insieme)
• solo termico (il moto è
già sviluppato e il
transitorio riguarda solo
lo scambio termico)
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CONVEZIONE FORZATA
Regime Nu = C · Rea · Prb
ingresso ingresso sviluppato
Campo dinam. termico
Re C a b Note
< 5·105 0.332 0.5 0.33 Locale parete piana
< 5·105 0.664 0.5 0.33 Medio parete piana
> 5·105 0.0296 0.8 0.33 Locale parete piana
3000-30000  0.0033 1 0.37
2700-7000   0.01(D/x)0.37 1 0.37
> 10000   0.036(D/x)1/18 0.8 0.33
> 10000  0.032(D/x)1/20 0.8 0.37 liquido riscaldato
> 10000  0.032(D/x)1/20 0.8 0.30 liquido raffreddato
> 10000  0.183(D/x)1/3 0.583 0.33 teorico
> 10000  0.023 0.8 0.40 fluido riscaldato
> 10000  0.023 0.8 0.30 fluido raffreddato
> 10000  0.027 0.8 0.33 prodotti petroliferi
12000- anulare, superficie
220000  0.02(Di/De)0.53 0.8 0.33 esterna isolata
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Ingegneria Industriale Lezione 8 – Trasmissione del calore per convezione

Convezione naturale
Se consideriamo la trasmissione di energia termica da una parete ad un fluido
che occupa un semispazio infinito delimitato dalla parete stessa, dovendo essere
nulla la velocità non solo sulla parete, ma anche a distanza infinita dalla stessa, e
quindi su tutto il contorno del sistema, poniamo uguale a zero la velocità di
riferimento, ossia Re = 0, da cui
𝑵𝒖 = 𝑪 ∙ 𝑮𝒓𝒂 𝑷𝒓𝒃
nel caso di moto laminare stazionario anche in questo caso sarà 𝑎 = 𝑏.

Poiché il numero di Reynolds non compare, è necessario stabilire un nuovo


criterio per determinare se il moto sia laminare o turbolento.
Si definisce allora un nuovo numero adimensionale
𝑮𝒓 · 𝑷𝒓 = 𝑹𝒂 (numero di Rayleigh);
sperimentalmente si vede che si ha moto laminare solo se Ra < 109.

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Ingegneria Industriale Lezione 8 – Trasmissione del calore per convezione

CONVEZIONE NATURALE
Situazione Campo di validità Ra Nu = C · Gra · Prb
Note
geometrica (Ra = Gr · Pr) C a b
103 109 0.53 0.25 0.25 Nu e Gr in
Superficie cilindrica
funzione
orizzontale
109  1012 0.13 0.33 0.33 del diametro D

103  109 0.59 0.25 0.25 Nu e Gr in


Superficie piana o
funzione
cilindrica verticale
109  1012 0.13 0.33 0.33 della verticale L

105  2·107 0.54 0.25 0.25


Superficie piana flusso termico
orizzontale, quadrata 2·107  3·1010 0.14 0.33 0.33 verso l’alto
di lato L
105  2·107 0.25 0.25 0.25 verso il basso
Sfera 103  107 0.51 0.25 0.25

< 2000 Pr 1 0 0
Nu e Gr calcolati
Pr·2·103  Pr·2·104 0.18(H/L)-1/9 0.25 0 in funzione di L;
valide per gas
Strato verticale Pr·2·104  Pr·2·106 0.065(H/L)-1/9 0.33 0
altezza H e spessore L:
una parete più calda dell’altra <103 1 0 0
Idem per liquidi
3 < Pr < 30000
103  107 0.28(H/L)-1/4 0.25 0.25

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Ingegneria Industriale Lezione 8 – Trasmissione del calore per convezione

Per lo studio dei moti convettivi possono essere utili gli


interferogrammi, che presentano frange alternate chiare e scure,
dovute a fenomeni di interferenza luminosa, rivelando così le
linee a densità costante del fluido.

Calore rilasciato da un
essere umano
(notare l’aria espirata)

Piastra
alettata in
convezione
naturale
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Ingegneria Industriale Lezione 8 – Trasmissione del calore per convezione

convezione intorno a cilindri caldi.

Fiamma di una candela


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Ingegneria Industriale Lezione 9 – Trasmissione del calore per irraggiamento

Trasmissione del calore per irraggiamento


L'esperienza mostra che un sistema a temperatura maggiore di quella ambiente,
anche se è circondato dal vuoto (e quindi non può scambiare energia per contatto
con altri sistemi) tende a raffreddarsi, dimostrando così che è possibile il flusso di
energia termica anche in assenza di conduzione e convezione: il meccanismo con
cui tale flusso ha luogo anche nel vuoto prende il nome di irraggiamento.
Per spiegare il fenomeno occorre avvalersi della teoria ondulatoria del campo
elettromagnetico e della teoria dei quanti.
La rappresentazione sotto forma di onde permette di trattare grandezze variabili
secondo leggi di tipo sinusoidale che richiedono l'uso delle seguenti variabili:
• Ampiezza A; metà dell'escursione totale del valore della grandezza (max-min)/2
• Lunghezza d'onda ; distanza tra due valori uguali della grandezza aventi la
stessa derivata
• Periodo θ; tempo intercorrente tra due valori uguali della grandezza aventi la
stessa derivata
• Frequenza ; quante volte nell'unità di tempo si hanno valori uguali della
grandezza aventi la stessa derivata
• Velocità; per le onde elettromagnetiche si usa il simbolo c e si ha c =  ; 1
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Nel vuoto abbiamo:


c = 299 792 458 m/s
valore esatto in quanto
usato definire il metro.

Parallelamente alla teoria ondulatoria, si usa la teoria dei quanti. Ambedue le


teorie sono necessarie a spiegare completamente la fenomenologia della radiazione
elettromagnetica.
Un corpo ad una data temperatura irradia, sotto forma di onde elettromagnetiche di
varia frequenza, una quantità di energia che, per la teoria quantistica, può essere
solo un multiplo dell'energia associata al quanto corrispondente alla frequenza
stessa, ossia (equazione di Einstein)
𝑬 = 𝒉𝝂 con 𝒉 = 𝟔. 𝟔𝟐𝟔 ∙ 𝟏𝟎−𝟑𝟒 𝐉 𝐬

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Spettro della radiazione elettromagnetica


La radiazione termica interessa la parte di spettro tra 0,1 e 200 μm; in essa rientra
la banda del visibile, situata tra 0.4 e 0.7 μm.
A lunghezze d’onda inferiori A lunghezze d’onda superiori
(frequenze maggiori) è il (frequenze minori) si ha il
campo dell’ultravioletto che campo dell’infrarosso, che si
parte da 0.1 μm. estende sino a circa 200 μm.
Al di sotto di tale valore Seguono il campo delle
inizia il campo dei raggi X. microonde e delle onde radio.

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Consideriamo ora cosa succede ad una rG


radiazione G quando incide su una superficie. G
Una frazione "r" viene riflessa, una frazione
"a" viene assorbita e, se la superficie è
trasparente alla radiazione, una frazione "t" aG
viene trasmessa.
Per il principio di conservazione dell'energia
deve essere: tG
𝒓+𝒂+𝒕=𝟏

In generale 𝒓, 𝒕 ed 𝒂 dipendono dal materiale ed anche dall’interazione di questo


con la radiazione e quindi sono funzioni della lunghezza d'onda e dell'angolo di
incidenza.
Un corpo si dice opaco se ha 𝒕 = 𝟎; in tal caso 𝒓 + 𝒂 = 𝟏;
Se è nullo anche 𝑟, ossia 𝒂 = 𝟏, si ha un corpo nero. Quindi un corpo nero
assorbe tutta la radiazione incidente, qualunque sia la sua lunghezza d’onda e il
suo angolo di incidenza.
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Il corpo nero può essere approssimato con


un piccolo foro realizzato sulla parete di
una cavità mantenuta a temperatura
uniforme.
La radiazione entrante nel foro subisce una Icorpo
Foroè
serie di riflessioni multiple e alla fine è il ne
praticamente assorbita del tutto.
La radiazione uscente dal foro non dipende
dalla direzione, ma solo dalla temperatura
della cavità.

Poiché il corpo nero assorbe più energia di ogni altro corpo alla stessa temperatura,
deve anche emettere più energia per stabilire l’equilibrio termico.
Quindi, il corpo nero, oltre che il miglior assorbitore, è anche il miglior emettitore di
energia.

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La riflessione è influenzata dalle caratteristiche


superficiali dell’oggetto.
Se la dimensione della rugosità è grande rispetto alla
lunghezza d’onda della luce incidente, la riflessione è
diffusa in tutte le direzioni.

In caso contrario si ha una riflessione speculare.


In pratica il comportamento è intermedio tra tali casi limite.

POTENZA
di me e di lunghezza d'onda è
L' energia irradiata per unità di tempo, di superficie
detta emissione monocromatica o potere emissivo monocromatico o specifico. Il
grafico dei suoi valori alle varie lunghezze d'onda è lo spettro di emissione del
corpo considerato.
Si definisce emissività  di una superficie il rapporto tra il suo potere emissivo
monocromatico e quello di un corpo nero a parità di temperatura. Pertanto un
corpo nero possiede:
𝒂 = 𝜺 = 𝟏
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Sperimentalmente si ottengono spettri diversi al variare


della temperatura del corpo emittente.
Alla fine del 1800, Max Planck riuscì a correlare il potere
emissivo specifico di un corpo nero alla lunghezza
d'onda ed alla temperatura introducendo la teoria dei
quanti; la relazione ottenuta è detta legge di Planck.

𝟐𝝅𝒉𝒄𝟐
𝒆𝝀,𝒏 = 𝒉𝒄
𝝀𝟓 𝒆𝒌𝝀𝑻 −𝟏
ove 𝒉 è la costante di Planck e 𝒌 = 1.3805 ·10-23 J/K è
la costante di Boltzman.

Lo spettro del potere emissivo monocromatico è caratterizzato da un valore


massimo, che è funzione della temperatura, secondo la legge di Wien: il valore
della lunghezza d'onda per cui si ha il massimo è dato da
𝒎𝒂𝒙 𝑻 = 𝟐 𝟖𝟗𝟖 𝝁𝒎 𝑲

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e,n [W m-2 μm-1]


1.E+09
280
1.E+08 500
1000
1.E+07 2000
3000
el,n [W m-2 mm-1]

1.E+06 5800
max
1.E+05

1.E+04

1.E+03

1.E+02

1.E+01

1.E+00
0 5 10 15 20 [m25
lλ[μm]m]

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Tracciando il grafico in versione


adimensionale rispetto al valore
massimo, lo spostamento di λmax
al variare della temperatura è
ancora più evidente.
Ad alte temperature, (per es.
6000 K - temperatura appa-
rente del sole) l’emissione di
energia nel visibile diviene
significativa.
A temperatura ambiente
l’emissione è quasi tutta
nell’infrarosso.

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Se definiamo potere emissivo integrale q (o emissione globale o potere emissivo


emisferico totale) la quantità di energia irraggiata dall'unità di superficie nel-
l'unità di tempo, integrando la legge di Planck su 𝜆, otteniamo la legge di Stefan-
Boltzmann che fornisce q in funzione di T:

2𝜋ℎ𝑐 2
𝑞 = 𝐸𝑛 = න ℎ𝑐
𝑑𝜆 = 𝜎𝑇 4
0 𝜆5 𝑒 𝑘𝜆𝑇 −1
ove  = 5.674 10-8 W/m2K4 .

Sono utili anche integrali parziali su un intervallo da 0 a 𝜆:


𝜆 𝜆𝑇
‫׬‬0 𝑒𝜆,𝑛 𝑑𝜆 𝑒𝜆,𝑛
𝐹0,𝜆 = 4
=න 5
𝑑𝜆𝑇
𝜎𝑇 0 𝜎𝑇
Tale frazione è tabulata in funzione di T e permette di calcolare per differenza la
radiazione emessa in qualsiasi intervallo di lunghezze d’onda.

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Se consideriamo la potenza irradiata in un angolo solido, possiamo definire un


potere emissivo angolare:
𝑖𝑎 = 𝑑𝑞/𝑑
quindi per una sorgente puntiforme che irradia in tutto lo spazio (4 steradianti):
4𝜋
𝑞 = න 𝑖𝑎 𝑑Ω
0
invece per una sorgente piana irradia in un semispazio:
2𝜋
𝑞 = න 𝑖𝑎 𝑑Ω
0

Definiamo poi intensità di radiazione I (intensità dell'emissione globale) la potenza


emessa per unità di superficie e di angolo solido nella direzione dell'asse
dell'angolo stesso, cioè valutata su un piano normale all’asse dell’angolo solido:
𝑑𝑞 𝑖𝑎
𝐼 = =
𝑑 cos cos
Definiamo anche una intensità monocromatica 𝑰𝝀 ed un potere emissivo angolare
monocromatici riferendoci ad una banda di lunghezze d'onda infinitesima.
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DIEF L'energia
Fisica Tecnica monocromatica
Industriale totale emessa
– Proff. Milazzo nel
e Rocchetti
Dipartimento di semispazio dalla superficie è quindi:
Ingegneria Industriale Lezione 9 – Trasmissione del 2𝜋
calore per irraggiamento
𝑒𝜆 = න 𝐼𝜆 𝑐𝑜𝑠Θ 𝑑Ω
0
ove l’angolo solido in steradianti è
𝑑𝐴𝑛ൗ
𝑑Ω = = 𝑠𝑖𝑛Θ 𝑑Θ 𝑑Φ
𝑟2

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Sostituendo, l’integrale diventa:


2𝜋 𝜋ൗ
2
𝑒𝜆 = න න 𝐼𝜆 𝑠𝑖𝑛Θ 𝑐𝑜𝑠Θ 𝑑Θ 𝑑Φ
0 0

Se l’intensità non varia con la direzione si parla di emissione diffusa, ed essendo


I costante si può integrare l’espressione del potere emissivo ottenendo:
2𝜋 𝜋ൗ 𝜋ൗ
2 21
𝑒𝜆 = 𝐼𝜆 න න 𝑠𝑖𝑛Θ 𝑐𝑜𝑠Θ 𝑑Θ 𝑑Φ = 2𝜋𝐼𝜆 න 𝑠𝑖𝑛2Θ 𝑑Θ = 𝜋𝐼𝜆
0 0 0 2

In ogni caso, per avere l’emissione complessiva sull’intero spettro, bisogna poi integrare
sulla lunghezza d’onda:

𝑞 = 𝐸 = න 𝑒𝜆 𝑑𝜆
0
e quindi, nel caso di emissione diffusa, usando l’intensità totale 𝐼 ottenuta per
integrazione su tutto lo spettro, si ha 𝑞 = 𝐸 = 𝜋𝐼 .

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In modo analogo si può definire l’irradianza monocromatica come il flusso di energia


proveniente da tutte le direzioni e incidente sull’unità di area:
2𝜋 𝜋ൗ
2
𝐺𝜆 = න න 𝐼𝜆 𝑠𝑖𝑛Θ 𝑐𝑜𝑠Θ 𝑑Θ 𝑑Φ
0 0

e l’irradianza totale in W/m2:



𝐺 = න 𝐺𝜆 𝑑𝜆
0
Anche per l’irradianza, nel caso di radiazione diffusa, si ha 𝐺 =  𝐼 su base
monocromatica e 𝐺 = 𝜋 𝐼 su base totale.

Ai corpi neri si attribuisce per definizione un’altra proprietà: l'intensità 𝐼𝑛 non dipende
dalla direzione, ossia la radiazione di questi corpi è isotropa.
Il potere emissivo angolare e l’intensità di emissione del corpo nero sono quindi legati
dalla Legge di Lambert:
𝑖𝑎 = 𝐼𝑛 𝑐𝑜𝑠Θ
Tale proprietà (comportamento lambertiano) si può attribuire con buona
approssimazione anche alle superfici non metalliche aventi emissione diffusa.
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Dipartimento di
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La legge di Lambert vale


approssimativamente per
molte superfici non
metalliche ad emissione
diffusa (comportamento
«lambertiano»).

Viceversa le superfici
metalliche presentano un
comportamento
completamente diverso.

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Se introduciamo un oggetto in una cavità isoterma alla sua stessa temperatura, per
la conservazione dell'energia, a regime dovranno essere uguali l'energia assorbita
e quella emessa.
Se l'oggetto e la cavità sono entrambi corpi neri, l'energia incidente sul corpo 𝑮 sarà
tutta assorbita e sarà uguale a quella emessa: 𝒒𝒂 = 𝑮 = 𝒒𝒆.
Se invece l’oggetto non è un corpo nero, l'energia assorbita
sarà una frazione di quella incidente ossia 𝑞′𝑎 = 𝑎 𝐺.
Anche la potenza emessa sarà una frazione di quella
irradiata dal corpo nero 𝑞′𝑒 =  𝑞.
D'altra parte il bilancio dell'energia continua ad esser valido
per cui dev’essere 𝑞′𝑎 = 𝑞′𝑒 cioè 𝑎 𝐺 = 𝜀 𝑞 e:
𝑎 = 
Questa relazione prende il nome di Legge di Kirchhoff ed è valida indipendentemente
dalla natura e dalla temperatura della superficie.
I corpi reali presentano forti variazioni del coefficiente di assorbimento e dell’emissività
alle diverse lunghezze d'onda. Per ciascuna lunghezza d’onda si può immaginare di
immergere il corpo in una cavità con radiazione monocromatica. Si ha così:
𝑎𝜆 = 𝜀𝜆
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E’ utile definire una nuova superficie ideale detta corpo grigio, che ha tutte le
proprietà del corpo nero, ma possiede coefficiente di assorbimento ed emissività
minori di 1 e indipendenti dalla lunghezza d’onda; quindi:
𝐼 = 𝜀 𝐼𝑛 ; 𝑞 = 𝜀 𝜋𝐼𝑛 =   𝑇4
Restano valide tutte le leggi già enunciate.

Lo spettro di emissione del corpo grigio è


quindi una riduzione omotetica di quello
del corpo nero alla stessa temperatura.
Un corpo reale invece avrà uno spettro
complesso, che però non può superare lo
spettro del corpo nero alla stessa
temperatura.

Anche per i corpi reali è utile l'idea del corpo grigio perchè può approssimare il
loro comportamento, almeno per bande ristrette di lunghezze d'onda. Ad
esempio alcune superfici hanno emissività costante nell’infrarosso.
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Scambio di energia tra superfici grigie – Superfici piane.


Siano A e B due pareti di
estensione infinita (per evitare
effetti di bordo), piane,
parallele, separate da un
mezzo perfettamente
trasparente (vuoto o gas).
Sia A la superficie a
temperatura maggiore.
Indichiamo con 𝐺 la potenza
incidente; ad esempio 𝐺𝐴 è la
potenza che incide su A, che
ne assorbe una frazione 𝑎𝐴.

In regime stazionario il calore netto trasmesso per irraggiamento da A a B sarà:


𝑄𝐴→𝐵 = 𝐸𝐴 − 𝑎𝐴 𝐺𝐴
La radiosità J è l’energia totale uscente (emessa e riflessa) dalle due superfici:
𝐽𝐴 = 𝐸𝐴 + 1 − 𝑎𝐴 𝐺𝐴 ; 𝐽𝐵 = 𝐸𝐵 + 1 − 𝑎𝐵 𝐺𝐵
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Ma nel caso in esame la radiazione incidente su una superficie coincide con la


radiosità dell’altra: 𝐽𝐴 = 𝐺𝐵 e 𝐽𝐵 = 𝐺𝐴 . Quindi, sostituendo:
𝐺𝐴 = 𝐽𝐵 = 𝐸𝐵 + 1 − 𝑎𝐵 𝐽𝐴 = 𝐸𝐵 + 1 − 𝑎𝐵 𝐸𝐴 + 1 − 𝑎𝐴 𝐺𝐴
Risolvendo:
𝐸𝐵 + 1 − 𝑎𝐵 𝐸𝐴 𝐸𝐵 + 1 − 𝑎𝐵 𝐸𝐴
𝐺𝐴 = =
1 − 1 − 𝑎𝐵 1 − 𝑎𝐴 𝑎𝐴 + 𝑎𝐵 − 𝑎𝐴 𝑎𝐵
Sostituendo nell’espressione di 𝑄𝐴→𝐵 scritta per unità di superficie:
𝑞𝐵 + 1 − 𝑎𝐵 𝑞𝐴 𝑎𝐵 𝑞𝐴 − 𝑎𝐴 𝑞𝐵
𝑞𝐴→𝐵 = 𝑞𝐴 − 𝑎𝐴 =
𝑎𝐴 + 𝑎𝐵 − 𝑎𝐴 𝑎𝐵 𝑎𝐴 + 𝑎𝐵 − 𝑎𝐴 𝑎𝐵
Per la legge di Kirchoff 𝑎𝐴 = 𝜀𝐴 e 𝑎𝐵 = 𝜀𝐵 . Per la legge di Stefan-Boltzmann:
𝑞𝐴 = 𝜀𝐴 𝜎𝑇𝐴4 ; 𝑞𝐵 = 𝜀𝐵 𝜎𝑇𝐵4

Sostituendo:
𝜀𝐵 𝜀𝐴 𝜎𝑇𝐴4 − 𝜀𝐴 𝜀𝐵 𝜎𝑇𝐵4 𝑇𝐴4 − 𝑇𝐵4
E ÈD
𝑞𝐴→𝐵 = =𝜎 ★
𝜀𝐴 + 𝜀𝐵 − 𝜀𝐴 𝜀𝐵 1 1
g
+ −1
𝜀𝐴 𝜀𝐵
Nel caso di due superfici nere 𝜀𝐴 = 𝜀𝐵 = 1 e quindi il denominatore è uguale ad 1.
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L’espressione (★) contiene, in analogia ad altre espressioni per lo scambio termico,


una differenza di temperature (elevate alla 4^) divisa per una «somma di resistenze»
legate allo scostamento delle due superfici dal comportamento di corpo nero.

E’ interessante notare l’effetto di uno schermo sottile e opaco,


interposto tra le due superfici. Se anche lo schermo è una
superficie grigia, 𝑎𝑆 = 𝜀𝑆. Se possiamo trascurare la sua
resistenza termica conduttiva, le sue due facce saranno alla
stessa temperatura 𝑇𝑆.
Applicando il bilancio energetico appena visto tra la superficie A
e lo schermo e tra questo e la superficie B, si ha:
𝑇𝐴4 − 𝑇𝐵4
𝑞𝐴→𝐵 =𝜎
1 1 1
+ +2 −2
𝜀𝐴 𝜀𝐵 𝜀𝑆

In questo caso, se tutte e le superfici sono nere, l’interposizione dello schermo opaco
(che pure ha resistenza termica nulla) dimezza la trasmissione del calore per
irraggiamento.
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Scambio di energia tra superfici grigie – Superfici cilindriche.


Consideriamo un cilindro B posto all'interno di un
cilindro cavo A; assumiamo anche in questo caso
che siano di lunghezza infinita e sia 𝑇𝐴 > 𝑇𝐵 .
Le superfici SA e SB sono diverse: quindi non si
può far riferimento all’unità di area.
Le energie emesse sono:
𝐸𝐴 = 𝑆𝐴 𝜀𝐴 𝜎𝑇𝐴4 ; 𝐸𝐵 = 𝑆𝐵 𝜀𝐵 𝜎𝑇𝐵4
Non tutta la potenza emessa da A colpisce B:
una parte di essa ricade sulla stessa A.
Introduciamo quindi il fattore di vista:
𝐸𝑛𝑒𝑟𝑔𝑖𝑎 𝑢𝑠𝑐𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑑𝑎 𝐴 𝑐ℎ𝑒 𝑐𝑜𝑙𝑝𝑖𝑠𝑐𝑒 𝐵
𝐹𝐴𝐵 =
𝑅𝑎𝑑𝑖𝑜𝑠𝑖𝑡à 𝑑𝑖 𝐴

Dato che abbiamo solo due superfici dev’essere necessariamente:


𝐸𝑛𝑒𝑟𝑔𝑖𝑎 𝑢𝑠𝑐𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑑𝑎 𝐴 𝑐ℎ𝑒 𝑟𝑖𝑐𝑎𝑑𝑒 𝑠𝑢 𝐴
𝐹𝐴𝐴 = = 1 − 𝐹𝐴𝐵
𝑅𝑎𝑑𝑖𝑜𝑠𝑖𝑡à 𝑑𝑖 𝐴
Invece evidentemente tutta l’energia uscente da B colpisce A: 𝐹𝐵𝐴 = 1
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Le energie incidenti su A e B sono rispettivamente:


𝐺𝐵 = 𝐹𝐴𝐵 𝐸𝐴 + 1 − 𝑎𝐴 𝐺𝐴
𝐺𝐴 = 𝐸𝐵 + 1 − 𝑎𝐵 𝐺𝐵 + 𝐹𝐴𝐴 𝐸𝐴 + 1 − 𝑎𝐴 𝐺𝐴
Sostituendo la prima nella seconda, dopo alcuni
passaggi, si ha:
𝐸𝐵 + 1 − 𝑎𝐵 𝐹𝐴𝐵 𝐸𝐴
𝐺𝐴 =
𝑎𝐴 + 𝑎𝐵 𝐹𝐴𝐵 − 𝑎𝐴 𝑎𝐵 𝐹𝐴𝐵

Il calore scambiato è:
𝑄𝐴→𝐵 = 𝐸𝐴 − 𝑎𝐴 𝐺𝐴
Sostituendo le espressioni di EA e GA e
semplificando, si ha infine:
𝜎 𝑆𝐴 𝐹𝐴𝐵 𝑇𝐴4 − 𝑆𝐵 𝑇𝐵4
𝑄𝐴→𝐵 =
1 𝐹𝐴𝐵 1 − 𝑎𝐴
𝑎𝐵 + 𝑎𝐴
Questa espressione si riduce alla precedente nel caso delle superfici piane, poiché si
ha 𝑆𝐴 = 𝑆𝐵 e quindi 𝐹𝐴𝐵 = 1.

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Il fattore 𝐹𝐴𝐵 può essere calcolato considerando che, se 𝑇𝐴 = 𝑇𝐵 , deve essere


𝑄𝐴→𝐵 = 0 .
Pertanto, indipendentemente dalla forma delle superfici e dalle loro caratteristiche,
se 𝑭𝑩𝑨 = 𝟏, si ha 𝑭𝑨𝑩 = 𝑺𝑩 /𝑺𝑨 .
Nell’espressione del calore scambiato si può allora sostituire il primo termine al
numeratore. Sommando e sottraendo 1 al denominatore, si ha poi:
la B 04 54 𝑄𝐴→𝐵 =
𝜎𝑆𝐵 𝑇𝐴4 − 𝑇𝐵4
1 − 𝑎𝐵 𝐹 1 − 𝑎𝐴
𝑎𝐵
+ 1 + 𝐴𝐵
𝑎𝐴 in
che può essere riscritta nella forma:
MYYYEELEICIANNONE
𝑇𝐴4 𝑇𝐵4
Qui B OGGI 𝑄𝐴→𝐵 =
𝜎 −
★ ★
1 − 𝑎𝐵 1 1 − 𝑎𝐴
IIII
+ +
sista 𝑆𝐵 𝑎𝐵 𝐹𝐴𝐵 𝑆𝐴 𝑆𝐴 𝑎𝐴
1 NO CORPO NERO
TENSE CORPONERO AB
A questo punto abbiamo una formula simmetrica, per cui si perde il ruolo di
superficie esterna per A ed interna per B. Inoltre notiamo che non si è fatto alcun
uso della geometria cilindrica.
Questa formula è dunque valida per due qualsiasi superfici grigie formanti
una cavità chiusa.
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A denominatore la (★ ★) presenta tre resistenze, due relative alle superfici ed


una relativa alla geometria del problema. Sia ℋ l’inverso del denominatore.
A numeratore le formule (★) e (★ ★) presentano ambedue una differenza di
temperature alla quarta potenza e possono essere scritte come:
𝑄𝐴→𝐵 = ℋ𝜎 𝑇𝐴4 − 𝑇𝐵4
Tale circostanza è scomoda quando si vuol combinare lo scambio termico radiativo
con quello convettivo, che è presente se tra le superfici è interposto un gas (N.B. i
liquidi non sono trasparenti nell’infrarosso). E’ utile in tal caso linearizzare
l’espressione introducendo un coefficiente di irraggiamento 𝒉𝒊𝒓𝒓, tale che:
𝑄𝐴→𝐵 = ℎ𝑖𝑟𝑟 𝑆𝐴 𝑇𝐴 − 𝑇𝐵
Uguagliando le due espressioni si vede che dev’essere: I Minimi
ℋ𝜎 𝑇𝐴4 − 𝑇𝐵4 ℋ𝜎 𝑇𝐴2 + 𝑇𝐵2 𝑇𝐴 + 𝑇𝐵
0 TATB
g QEwthird. Q
ℎ𝑖𝑟𝑟 = =
𝑆𝐴 𝑇𝐴 − 𝑇𝐵 𝑆𝐴
DKinksTB
d
In tal modo si può sommare il coefficiente di irraggiamento con quello di convezione,
ottenendo il coefficiente liminare:
ℎ𝑙𝑖𝑚 = ℎ𝑐𝑜𝑛𝑣 + ℎ𝑖𝑟𝑟
Infatti i due meccanismi di trasmissione del calore sono in parallelo (si sommano
le conduttanze). 25
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Ingegneria Industriale Lezione 9 – Trasmissione del calore per irraggiamento

Note le emissività delle superfici grigie, resta da


determinare il fattore di vista.
Per iniziare si considerino due superfici nere di
aree A1 e A2, a temperature uniformi T1 e T2.
Su di esse si individuano due elementi di area
dA1 e dA2, distanti R.
Siano 1 e 2 gli angoli tra R e le normali agli
elementi di area e d1 e d2 gli angoli solidi
sotto cui ciascun elemento vede l’altro.

La potenza emessa su tutto lo spettro


dall’elemento dA1 e incidente su dA2 è:
𝑑𝑄𝑑𝐴1→𝑑𝐴2 = 𝐼𝑛1 𝑑𝐴1 cos 𝛽1 𝑑Ω1
ove In1 è l’intensità di radiazione
emessa da dA1
26
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Ricordando la definizione di angolo solido, si ha poi:


𝐸𝑛1 𝑑𝐴1 𝑑𝐴2 cos 𝛽1 cos 𝛽2
𝑑𝑄𝑑𝐴1→𝑑𝐴2 =
𝜋𝑅2
Integrando sulle superfici, si ha quindi
𝐸𝑛1 𝑑𝐴1 𝑑𝐴2 cos 𝛽1 cos 𝛽2
𝑄𝐴1 →𝐴2 = න න
𝜋 𝐴1 𝐴2 𝑅2
Come detto, il fattore di vista è la frazione della potenza uscente da A1 che incide
su A2. Nel caso del corpo nero la potenza uscente è solo quella emessa, quindi:
𝑄𝐴1 →𝐴2 1 𝑑𝐴1 𝑑𝐴2 cos 𝛽1 cos 𝛽2
𝐹12 = = න න
𝐸𝑛1 𝐴1 𝜋𝐴1 𝐴1 𝐴2 𝑅2
Si vede che nel fattore di vista spariscono le proprietà emissive delle superfici e
rimangono solo enti geometrici. Questa definizione è dunque indipendente
dall’assunzione di corpo nero. Manteniamo però tale assunzione per trovare altre
proprietà.
L’energia emessa da A1 che incide su A2 è: 𝑄𝐴1 →𝐴2 = 𝐹12 𝐸𝑛1 𝐴1
Analogamente da A2 verso A1: 𝑄𝐴2 →𝐴1 = 𝐹21 𝐸𝑛2 𝐴2

27
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Lo scambio termico radiativo netto è dunque:


𝑄1→2 = 𝐹12 𝐸𝑛1 𝐴1 − 𝐹21 𝐸𝑛2 𝐴2
Poiché per due superfici nere alla stessa temperatura dev’essere 𝐸𝑛1 = 𝐸𝑛2 , e
dev’essere anche 𝑄1→2 = 0, cioè 𝐹12 𝐸𝑛1 𝐴1 = 𝐹21 𝐸𝑛2 𝐴2 , non può che essere: 00
𝐹12 𝐴1 = 𝐹21 𝐴2
Questo enunciato costituisce il teorema di reciprocità dei fattori di vista ed è
utilissimo quando uno dei due fattori è facilmente calcolabile e si vuole trovare l’altro.
Ancora una volta nel teorema di reciprocità non compaiono le proprietà radiative,
quindi esso è valido anche per superfici non nere.
Un altro risultato importante si ha per cavità composte da un numero n di superfici:
considerando la superficie i-esima, il calore da essa uscente è:
𝑛

𝑄𝑖 = ෍ 𝜎𝐹𝑖𝑗 𝐴𝑗 𝑇𝑖4 − 𝑇𝑗4


𝑗=1
Per la conservazione dell’energia, vista la definizione del fattore di vista, dev’essere:
𝑛

෍ 𝐹𝑖𝑗 = 1
𝑗=1
28
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Almeno uno dei fattori di vista può quindi essere calcolato per differenza.
Oltre a queste considerazioni, forniamo i fattori di vista per alcuni casi semplici.

1 – Dischi coassiali su piani paralleli.

29
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2 – Piani perpendicolari adiacenti.

3 – Piani uguali paralleli.

30
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Purtroppo in pratica le superfici reali hanno


proprietà molto variabili con la lunghezza
d’onda e quindi non possono esser trattate
come superfici grigie.
Ad esempio molti materiali opachi non
metallici hanno emissività (e quindi
coefficienti di assorbimento) prossimi ad 1
per lunghezze d’onda superiori a 3 μm e
emissività basse per lunghezze d’onda
inferiori.
Quindi riflettono bene la luce visibile, ma
assorbono quasi del tutto gli infrarossi.
Viceversa una superficie liscia e pulita di un
metallo buon conduttore elettrico ha
emissività e coefficiente di assorbimento
bassi su tutte le lunghezze d’onda.
Il comportamento varia se la superficie è
coperta da uno strato di ossido
(anodizzazione).
31
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Una sorgente che ha un elevato contenuto di radiazione visibile è il sole.

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Volendo quindi captare energia dalla radiazione solare si possono sfruttare le


caratteristiche selettive dei materiali .
Alcuni ossidi metallici ad
esempio riflettono bene
nell’infrarosso (𝑟 ≅ 1), ed
assorbono molto nel
visibile.
In tal modo assorbono
molta energia dal sole ed
emettono poca energia
verso il cielo, per cui
permettono di costruire
pannelli solari termici
efficienti.
Viceversa una parete
intonacata assorbe poca
radiazione solare ed emette
bene nell’infrarosso, per cui
mantiene freschi gli ambienti
interni in climi soleggiati. 33
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t
Discorso a parte vale per
i materiali trasparenti
come il vetro.
Di norma questi materiali
sono trasparenti nel
visibile, mentre sono
opachi nell’infrarosso.
Essi quindi lasciano
passare la radiazione
solare, ma trattengono la
radiazione infrarossa
proveniente dall’interno
(effetto serra).
L’acqua liquida ha un
comportamento analogo.
 [m]

Lo stesso effetto hanno alcuni gas presenti in atmosfera, come l’anidride carbonica
e il metano, la cui concentrazione può influire sul clima del pianeta.

34
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I processi di ebollizione e condensazione comportano scambi termici tra pareti


solide e fluidi in movimento, per cui rientrano nei processi convettivi.
Tuttavia essi hanno caratteristiche peculiari e risentono di parametri specifici, quali il
calore latente, la tensione superficiale e la differenza di densità tra le fasi.
TENERE SINOTO ILVELODeviavainProssimitàa bordodelBicchiere
Pertanto essi richiedono uno studio separato, anche se formalmente si tratta sempre
di trovare un coefficiente di convezione h. calore issueDicondoevaporatione ilavidoperanco ilpassaggiodisessoa
limitesuordinedino103
n umerograndecaso
sempre
nocosane
Il calore latente ha l’effetto di rendere possibili significativi trasferimenti di energia con
piccole variazioni di temperatura.
La differenza di densità tra le fasi rende molto rilevanti i moti di galleggiamento.
I coefficienti di convezione relativi ai fenomeni di ebollizione e condensazione sono
sovente molto più elevati di quelli usuali.
In generale: Guggiamenco DENSII gg
avesseDUE
DIFFora
L a
ℎ = 𝑓 [ (𝑇𝑃 − 𝑇𝑠𝑎𝑡), 𝑔, (𝜌𝑙 − 𝜌𝑣 ), ℎ𝑙𝑣, , 𝐿, 𝑐𝑝, 𝑘, 𝜇 ]
(𝑇𝑃 − 𝑇𝑠𝑎𝑡) è la differenza tra temperatura di superficie del solido e temperatura di
saturazione del fluido,
𝑔(𝜌𝑙 − 𝜌𝑣 ) è la spinta di galleggiamento dovuta alla differenza tra le densità di
liquido e vapore,
ℎ𝑙𝑣 è il calore latente di vaporizzazione,  è la tensione superficiale, 𝐿 è una
lunghezza caratteristica del fenomeno e 𝑐𝑝, 𝑘, 𝜇 sono le proprietà del liquido. 1
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Quindi si ottiene una correlazione tra i seguenti numeri adimensionali:


ℎ𝐿 𝜌𝑙 𝑔 𝜌𝑙 − 𝜌𝑣 𝐿3 𝑐𝑝 𝑇𝑃 − 𝑇𝑠𝑎𝑡 𝜇𝑐𝑝 𝑔 𝜌𝑙 − 𝜌𝑣 𝐿2
𝑁𝑢 = =𝑓 , , ,
𝑘 𝜇2 ℎ𝑙𝑣 𝑘 𝜎
Oltre al numero di Prandtl si hanno altri numeri adimensionali:
Il primo è analogo al numero di Grashof e dà il rapporto tra forze di galleggiamento
e viscosità.
Si ha poi il numero di Jacob 𝐽𝑎 = 𝑐𝑝(𝑇𝑃 − 𝑇𝑠𝑎𝑡)/ℎ𝑙𝑣 , rapporto tra variazione di
entalpia e calore latente del fluido.
𝑔 𝜌𝑙 −𝜌𝑣 𝐿2
Il numero di Bond 𝐵𝑜 = è il rapporto tra forze di galleggiamento e
𝜎
tensione superficiale. quindil'evaporazioneavvieneancheinassenza diunapartecalda
l'acqua
dalla nel
evaporazione assenzio SEMPREEbollizioneviceversa si
Evapora
Con il termine ebollizione si indica l’evaporazione che ha luogo ad un’interfaccia ABBIAMO Haauto
solido/liquido allorché la temperatura del solido supera la temperatura di immersa
liquidouna n
sup.ca
saturazione del liquido corrispondente alla data pressione. ADDIRITURAPIÙAIDAD
TEMP Disasurazione a
avenapressioneovina
Il flusso termico trasmesso è: cosa Aerion in allapentola
Fondo
ciMAGGIORE
dovràessereunaserie
𝑞 =ogno
ℎ (𝑇𝑃 − 𝑇𝑠𝑎𝑡) Ra PER
L'Ebollizione
Vedere

ove la differenza in parentesi è detta eccesso di temperatura.


2
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Si formano bolle di vapore che si accrescono e poi si staccano dalla superficie.


UNCERTOPUNTOLAForzadiGaggianovincesullatensione
L’accrescimento e il moto delle bolle dipende dall’eccesso di temperatura, dallaSUPCHE
sonarfermalaBovosula
Tende
tensione superficiale e dalla natura della superficie.
si
dellapentola Esua
Fondo
staccaesimuove
laBolla
versol'avo
Si ha ebollizione in liquido stagnante (pool boiling) quando il moto delle bolle è
dovuto al solo galleggiamento. Pere Daunadiff Dansie
i eFasi

Nella ebollizione in convezione forzata invece il moto è dovuto a cause esterne.


Una prima analisi del pool boiling risale ad uno studio di Nukiyama del 1934.
L’esperienza di Nukiyama consiste nel riscaldare acqua satura in quiete entro un
recipiente tramite un filo di nickel-cromo, misurando la potenza assorbita dal filo.

FILODi
CronoResist
an

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Dalla potenza elettrica assorbita si rileva il calore trasmesso e la temperatura


del filo, data la dipendenza della resistività del materiale dalla temperatura.
Per bassi valori di flusso termico valgono le usuali leggi della convezione naturale
e il numero di Nusselt è proporzionale al numero di Rayleigh elevato ad 1/3.
Aumentando il flusso termico inizia la formazione di bolle.
Oltre certi valori di flusso la formazione di bolle è così intensa da causarne la
coalescenza in colonne di vapore continue.
unione
F usione
Questa regione della curva è detta “ebollizione a nuclei”.

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Pool boiling - Esperienza di Nukiyama VASAPUTOBENEMIRACCOMANDO

QUINDINON
ÈCHENonc'E Evaporazione sanno

Di Temperaturasalelapressione
DISASURAZIONIquindi il
Passaggio
0 misura
ABBIAMOUNACONVNATURALEDEL d

III
diavidocheportal'Aquadilata iltirodi
vino
si amo
inalsol'acquapiù caldasu però
fondeva
unasina.in
con
Pololiberonelmomentoincui siamo
non punto
sopra la passionedisasioconsento di on
Burn
vaconun
questo t.io
cambiadisassomasulfilonon si oraiozonaa
posino
Ebrimanecostanofinosuccedendo
a
crescerequindi
cosasta
sianopassatida venia
about.sn
invapore
e
abolizionepenicurassarie
ilfilo
daisolana E amuseanoaeavasoinsornaceo
siicessa
amico atermico unaruina stabileioscambio

di
rischio ètonnoaviani
pero
peggiorano
sanno a ncora
abbassoin
noil
esenzione
Fino ad a in bruscamente
a rrivareapuro asso punto cosa
succede
ilfiord i
vapore
instabileeurinanoin mai urne
vapore
air
i cciavisori
in
Bruscamente concorso conilt.io
casoavionicao
orizzonteciriportiamoapunto e Facendouso
conessrenacauseasipuò raggiungereunponsori
di
Basso daianaso punto
nelanale
Leidentross abbia
sinoad
risaia accontineer
spuò
non i fare
5
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Nella zona delle bolle singole, queste provocano un


violento mescolamento del liquido vicino al filo caldo,
aumentando lo scambio termico, ma è il liquido che
trasporta la maggior parte del calore.
Invece, nella zona delle colonne continue
l’interferenza tra le bolle rende difficile il contatto tra
liquido e filo.
Pertanto il massimo del coefficiente di convezione si Punto di
ha in corrispondenza di un punto intermedio della burn-out
curva.

In ogni caso, i valori di h in questa zona sono


estremamente elevati (104 W m-2 K-1) e di vari ordini
di grandezza superiori rispetto al normale scambio
termico convettivo.
Giunti al punto a si ha un improvviso e
violento aumento della temperatura del filo,
che giunge rapidamente a fusione (punto di
“burn-out”).

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Nel caso dell’acqua, ad esempio, in


queste condizioni si hanno flussi termici di
oltre 1 MW / m2.
Sovente il superamento del punto critico
può avere conseguenze catastrofiche
nelle applicazioni.
Ripetendo l’esperienza con un filo di
platino (punto di fusione 2045°C), si
percorre il tratto a-b in cui il flusso
termico si mantiene costante, mentre la
temperatura ha un brusco aumento.
Ulteriori aumenti del flusso hanno luogo sul
tratto di curva a destra del punto b.
Al decrescere del flusso invece si torna
indietro sulla stessa curva
In questa zona si osserva la formazione di
una pellicola stabile di vapore intorno al
filo, che giustifica la maggiore resistenza
termica tra questo ed il liquido.
7
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Nella zona dell’ebollizione pellicolare,
essendo il contatto tra filo e liquido impedito
dal vapore, diviene significativo lo scambio
termico radiativo tra filo e liquido

La curva dell’ebollizione pellicolare decresce


sino ad un punto di minimo d, in punto di Leidenfrost.
corrispondenza del quale si ha un brusco
decremento di temperatura e si torna alla
curva dell’ebollizione a nuclei (punto c).
Il punto di minimo relativo tra la zona di
transizione e la zona di ebollizione pellicolare
stabile è detto punto di Leidenfrost. 8
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Pool boiling di acqua satura a pressione atmosferica.

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Per l’ebollizione in liquido stagnante sono state proposte varie correlazioni:


nell’ebollizione a nuclei si può ricondurre lo scambio termico ad una convezione
forzata tra parete e liquido, nella quale la velocità è quella delle bolle che si
allontanano dalla superficie e la dimensione caratteristica è il diametro delle
bolle. Quest’ultimo, al momento del distacco dalla superficie, è determinato
dall’equilibrio tra forza di galleggiamento e forza di adesione, determinata
dalla tensione superficiale.
1/ 2
  
Db   
 g  l   
v 

La velocità è invece proporzionale al diametro Db e inversamente


proporzionale al tempo tra due distacchi tb. Da un bilancio energetico si può
vedere che:
 l hlv Db3
tb 
qDb2
 g  l   v   c p ,l Ts  Tsat  
1/ 2 3

Sostituendo si ottiene la correlazione: q  l  hlv    C h Pr n 


    s ,l lv l 
dovuta a Rohsenow, valida solo per superfici pulite. In essa i coefficienti 𝐶𝑠, 𝑙 ed
𝑛 dipendono dal particolare accoppiamento superficie/fluido.
10
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Valori dei coefficienti Cs,l ed n Cs,f n


Acqua – rame
Rigato 0.0068 1.0
lucidato 0.0128 1.0
Acqua - nickel 0.006 1.0
Acqua - platino 0.0130 1.0
Acqua - ottone 0.0060 1.0
Acqua – acciaio inox
inciso chimicamente 0.0133 1.0
lavorato meccanicamente 0.0132 1.0
lucidato 0.0080 1.0
C Cl4 - rame 0.013 1.7
Benzene - cromo 0.0101 1.7
n-pentano - cromo 0.015 1.7
n-pentano - rame
lucidato 0.0154 1.7
lappato 0.0049 1.7
Etanolo - cromo 0.0027 1.7
Iso-propanolo - rame 0.0025 1.7
n-butanolo - rame 0.0030 1.7
La relazione di Rohsenow può portare ad errori del 100% sul flusso termico; è più
precisa per il calcolo della differenza di temperatura a partire dal flusso.
11
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La sequenza di distacco delle bolle dalla superficie parte da un nucleo iniziale


e termina con il collasso dello strato limite, con elevate velocità del liquido a
contatto con la parete.

It Tso

12
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Altrettanto importante è la valutazione del flusso critico:


qmax  C  hlv  v1 / 2 g  l   v 
1/ 4

Questa relazione, dovuta a Zuber, rappresenta un limite da non superare.


La costante C vale 0.131 per cilindri orizzontali e sfere e 0.149 per piastre piane
orizzontali.
Per ottenere sperimentalmente la zona tratteggiata (zona di transizione) si
deve controllare la temperatura del filo caldo, anziché la potenza; ad esempio si
può usare al posto del filo un tubo ove circola fluido in cambiamento di fase.
Per questo tratto della curva di ebollizione, non sono comunemente disponibili
correlazioni, visto anche il modesto interesse tecnico, dovuto al fatto che nei
casi di interesse pratico viene controllato il flusso termico e non l’eccesso di
temperatura.
Per il punto di Leidenfrost si ha una correlazione dovuta a Zuber:
 g  l   v 
1/ 4

qmin  C  hlv  v  2 
 l   v  
ove C = 0.09 (risultati accurati entro il 50%).
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Per il tratto di ebollizione a film, si riporta la correlazione:


 g  l   v hlv D  3 1/ 4
hD
NuD   C 
kv  k
 v v s T  T sat  
ove la costante C è uguale a 0.62 per cilindri orizzontali e 0.67 per sfere. A
rigore si dovrebbe modificare il calore sensibile aggiungendovi un termine che
tiene conto del surriscaldamento del film. Inoltre, al di sopra di certe
temperature, occorre tener conto dell’irraggiamento.

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Per promuovere l’ebollizione


a nuclei si possono usare
particolari trattamenti
superficiali.

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Molti di questi trattamenti


prevedono la formazione di
cavità sulla superficie.

Le prestazioni sono mostrate


nel grafico della slide
successiva.

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La presenza di cavità facilita la


formazione di bolle, che poi
collassano e lasciano che la
cavità si riempia bruscamente
di liquido.

21
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Nel caso di superficie calda


verticale, il film sale verso
l’alto e si possono raggiungere
condizioni di flusso turbolento.
Le bolle si staccano dal film.

22
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Ebollizione forzata.
Nel caso di flussi interni,
l’ebollizione da luogo ad un
flusso bifase.
Partendo dal liquido
sottoraffreddato, per il quale
si ha una normale convezione
forzata, si ha formazione di
bolle a contatto con le pareti.
Le bolle si accrescono e
coalescono, sino a formare dei
“tappi” che occupano tutta la
sezione del tubo.

Segue il “regime anulare”: la


parte centrale del condotto è
occupata da un flusso continuo
di vapore; le pareti sono
coperte da un film liquido.
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Come per il pool boiling, si ha


un punto critico (punto di
dry-out) nel quale il film
evapora e il coefficiente di
convezione crolla.
Segue un regime di transizione
e poi il regime “a nebbia”, nel
quale residue goccioline di
liquido sono trascinate dalla
suoinquesta
corrente di vapore
lasuaDel
regioneèsostanzialmente
asciuasa nonci
qcomodo
uindi
anche
Infine si ha titolo unitario e
sono Goccioline
FaPRESENTI
se Bossa convezione forzata tra vapore
diriavisomanon
e condotto.
ILVAPOREAVENDOUNVOLUMESPECIEin motoPiù ar
delliquido ilvapore al centroandaipiùveloce
i uno o dueordini di grandezzadelliquido
NELREGIMEANULARE

24
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Allorché il titolo di vapore


aumenta, data la differenza
di densità, aumenta molto la
velocità, e quindi il
coefficiente di convezione.
Tuttavia, per alti valori del
titolo, prevale l’effetto della
emersa
one unadea
anulare senon
pare
simantiene scarsa conducibilità del
cosa ne erain piùdi
presenzao
avidolaraffredda
re cuisonose vapore.
Le correlazioni sono molto
complesse e per esse si
rimanda ai testi specialistici.

25
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Il flusso bifase orizzontale è complicato dalla asimmetria


dovuta all’effetto della gravità, che tende ad accumulare il
liquido sulla parte inferiore del condotto.

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Condensazione.

schermala
Formazione disett
DIS CAMBIOMOKO Vasi
E
Nell'Ebollizionenon ci
PIACEVA
nuclei
EBOLLIZIONE
SIPREFERIsel'Ebollizionea
PELICOLARE

Nella condensazione è opportuno


distinguere un regime a film e un regime a gocce. ilnostro è iodi
obbiettivo aver
nell'ebollizione caloredaiaparer
p rendere
volevano
cederecalore evaporazione
dobbiamocondensareq uindi dobbiamo calore
cedere a llaparete sica
ora questomodoHointesoera supfredda
piùcaloreinavevoagocceperché in
e la 27
condensazione
E scaricare
VAPOREPosso calore dalvaporealla promuovere
superficie
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Condensazione.

Di norma il regime a gocce


comporta coefficienti di
scambio più elevati.RISPETTO
AQUELLIDIEbollizione
In ogni caso i valori sono
elevati.

28
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Ingegneria Industriale Lezione 11 – Ebollizione e condensazione

Condensazione.

29
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Ingegneria Industriale Lezione 11 – Ebollizione e condensazione

La presenza di gocce che scorrono sulla


superficie genera un’alternanza di zone
asciutte che favoriscono il contatto tra
superficie e vapore saturo.

30
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Molto importante nella tecnica è anche il caso


dei tubi orizzontali sui quali si forma un film di
liquido che cade, talvolta interagendo con i
tubi sottostanti (condensatori a fascio
tubiero).

31
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Nel caso particolare in cui si ha scambio termico tra una miscela di aria e
vapor d'acqua con una parete ed il vapore cambia fase, cioè si ha acqua liquida
che evapora in aria od si forma rugiada, si può dimostrare la validità della
relazione:
hconv  A
Q ( J1  J 2 )
c pa

dove J è l'entalpia dell'aria umida nelle due condizioni considerate, aria indisturbata
ed aria a contatto con la condensa (o liquido).
Questa relazione è valida solo per l'acqua e l'aria, date le loro particolari proprietà
termofisiche e di trasporto di massa.

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Come più volte affermato, un ciclo termodinamico è una sequenza chiusa di


processi che si ripete indefinitamente nel tempo e che può essere utile a descrivere,
in modo più o meno dettagliato, il funzionamento di una macchina.
L’esempio più semplice è il ciclo ideale del compressore alternativo volumetrico.
1) Aspirazione: il volume
qualora cresce e si riempie di
Naponosquandovinescaricaso fluido attraverso la valvola
ivolumenouriornaazerocouveroi
aperta. P = P1 = cost
pissonenonarrivaabacereconar lserminaleccioEc'Éilvolumemorso

E i
donazousdoveicevino
rimaneinappassoma
adanapressioneavindisibranoladinandaacavavora si 2) Compressione: Il
espande
apresoloavandosomastessa nellacompres
volume decresce aisuavoias
pressionearsambiessernoe
pistone chiude
valvola chiusa; P cresce
da P1 a P2.
3) Mandata: Il volume
decresce ma la valvola è
aperta e il fluido viene
scaricato; P2 = P3
Tutto il ciclo si compie in un giro dell’albero che muove
4) Espansione: Il volume
il pistone con un manovellismo di spinta.
cresce a valvole chiuse; la
Le valvole si aprono automaticamente con la pressione pressione scende da P3 a
del fluido. P4. 1
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Se la pressione di mandata cresce (ad esempio gonfiando la gomma di una bicicletta),


il punto 2 si sposta in alto ad un punto 2’ per cui la durata della compressione
aumenta.
L’espansione ora parte dal punto 3’, la massa intrappolata nel «volume morto» è
maggiore rispetto al punto 3: pertanto a fine espansione il fluido occupa un volume
V4’>V4. pressionesposarsi
MaessendooccupatodaFluido amaggior
morso rame b VipiùFavinovai
All’aumentare della Va
pressione di mandata a
quindi diminuisce la
portata in massa del
compressore.
Il lavoro compiuto sul fluido
è sempre:
𝐿 = ‫𝑉𝑑𝑃 ׯ‬
ed è facilmente calcolabile
considerando due
trasformazioni adiabatiche
isentropiche e due isobare.
Il risultato è negativo.
2
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Analoga al compressore è la pompa, che elabora fluidi incomprimibili e pertanto ha


un ciclo rettangolare sul piano Pv.
Passando dalle macchine operatrici (che variano lo stato del fluido assorbendo
lavoro) a quelle motrici (che ricavano lavoro dalle trasformazioni del fluido), sappiamo
già che il ciclo migliore possibile è quello reversibile di Carnot.

Sul piano Ts il
ciclo di Carnot
è un rettangolo Il ciclo di Carnot
si può ottenere
usando un fluido
in cambiamento
di fase

3
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Mantenendo per il momento l’ipotesi di reversibilità per le trasformazioni del ciclo,


occupiamoci delle irreversibilità esterne al ciclo.
Se abbiamo una sorgente calda ed una fredda, affinché si abbia scambio termico,
occorre che le temperature delle sorgenti siano esterne al ciclo.

sorgente calda

sorgente fredda
4
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𝑄0 allasoracaldo
LAVOROcalorePrelevato

Il rendimento del ciclo è 𝜀 = 1 − . D’altro canto, se indichiamo con 𝑈𝐴 la


𝑄1
ilrantolosiaccorciaaunaa
conduttanza degli scambiatori, possiamo scrivere: vaandsinistroareamala
nonousiamocornadeglizerima
𝑄1 = 𝑈1 𝐴1 𝑇1 − 𝑇𝑐1 ; 𝑄0 = 𝑈0 𝐴0 𝑇𝑐0 − 𝑇0 duezeric'eunmassimo
µ𝑇
Il lavoro è 𝐿 = 𝑄1 − 𝑄0 e si annulla per i due casi estremi 𝑇𝑐1 = 𝑇1 e 𝑇𝑐1 = 𝑐0
mezzo sasso
ilciao
tesoriereladivaazero
nonriesceaprovare alia
c alore
e
sorgente
calda
non
lavoro

T1
TC1
Q1

Q0
TC0
T0
5
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Infatti per 𝑇𝑐1 = 𝑇1 si ha 𝑄1 = 0, e quindi anche 𝑄0 = 0.


Invece per 𝑇𝑐1 = 𝑇𝑐0 si ha il trasferimento diretto della massima quantità di calore
𝑄1 = 𝑄0 = 𝑄𝑚𝑎𝑥 dalla sorgente calda a quella fredda.
Poiché il lavoro è una funzione continua ed ha sicuramente valori positivi, tra due
punti di zero esiste almeno un massimo.
𝑄1 𝑄0 𝑈1 𝐴1 𝑇1 −𝑇𝑐1 𝑈0 𝐴0 𝑇𝑐0 −𝑇0
Ricordiamo poi che per il ciclo reversibile = per cui: =
𝑇𝑐1 𝑇𝑐0 𝑇𝑐1 𝑇𝑐0
𝑇0
Da questa si ottiene: 𝑇𝑐0 = 𝑈 𝐴 𝑇 I Passaggilerisparmia
1−𝑈1𝐴1 𝑇 1 −1
0 0 𝑐1

Quest’ultima può essere sostituita nell’espressione


del lavoro, che è così scritto in funzione della sola
variabile 𝑇𝑐1 . Derivando e ponendo uguale a zero si
ottiene il valore per cui il lavoro è massimo. Si può
dimostrare che in corrispondenza di tale massimo il
rendimento vale: cosapossiamoconcludere cheillavoro a massimo valoridellesup 𝜀𝐿𝑚𝑎𝑥
un per ra 𝜀𝐶
1ciaobenprecisein corrispondenzadel
avoro
𝑇0 2cosacidice Houn
m assimo rodimento m assimo

dauncasonoilciaosiconosceperò ciclodicorno
midalavorononosiroilmio sino
ad
𝜀𝐿𝑚𝑎𝑥 = 1 − lo
𝑇1 cuoredai saledue
spazio
auraHouna
sorgenti occu ano
notano unamanina però
pensache non mda
i no nona
nulla lavoro
Questo risultato è stato dimostrato da
maninainexicienza
minore
unavaro
dandomi
lavoro
IBRANO
DELP E
rotesistadi Curzon e Ahlborn nel 1975.
6
che
machina consumi
non scopodandomi sorpassi
posata icone i
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In pratica, i cicli motori con cambiamento di fase hanno forma alquanto diversa dal
ciclo di Carnot. Il ciclo di Hirn infatti prevede una completa condensazione del liquido
allo scambiatore freddo (punto 1) ed un surriscaldamento del vapore (punto 3).
Divapore
Impianto

di morsomaleaderosionesua
Coccioline scala vanno imparare pace
Adella
turbinaaifamoso

www.obiseu
una pass
pompa
ma seèuno

g
riconsascurarsi
usoany
rischifinov
ainia caloriee
Hatrezonelaprima
avidofino aabolizione aseno
sisaurazioneporrei
isosermobarica
Finoaquandoansimagocciolinadi
cuboèdove c ucina
evaporata zonaè
una
viene in
serena a
nuore
orario
il
vapore
riscaldano
r iscalda

e sopra consDi
surriscaldamento

espande turbinauna4
saturazione Doc seinoa
si
manina
la
ideanon
Ecuore
scambia

euna
di a
einisotropia
assenza irreversibilità
e a
se
conuna
a evapora
condensazione
torre in

di
incremento

sup attosuoaumentodipressioneaiavidoincomprimibile
ovannodatese loscavapochissimo

7
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Il ciclo Beau de Rochas, è il riferimento ideale per un motore a combustione interna


a 4 tempi. Il ciclo si compie in 2 giri del motore.
ODIAPURASEMOTOREDIESELMiscela diariaEBazin
ASPIRA
Le valvole sono comandate meccanicamente.

70
70
70 Scarico libero
Compressione
Combustione
Aspirazione
Scarico forzato
3
33
Espansione 1) Aspirazione 0-1: 𝑃 = 𝑐𝑜𝑠𝑡 =I 𝑃𝑎𝑚𝑏
Valvola aFungo
60
60
60 1 2) Compressione 1-2: 𝑃𝑣 𝑘 = 𝑐𝑜𝑠𝑡
50 C'È
50
50 schiva3) Combustione 2-3: 𝑣 = 𝑐𝑜𝑠𝑡 n E
ionel
adesso motorea accensionecomandata simuove
40
40 maintain 4) Espansione 3-4: 𝑃𝑣 𝑘 = 𝑐𝑜𝑠𝑡
[bar]

40
[bar]
P[bar]

Di Ponzio nonera Iascimia


carica
la
incendia miscela
diariaebenzinaprovando 5) Scarico libero 4-1: 𝑣 = 𝑐𝑜𝑠𝑡
30
30
30
P
P

2
22 abbiamo
speso noncompressionesonomoorenongiraresecinon 6) Scarico forzato 1-0: 𝑃 = 𝑐𝑜𝑠𝑡
20
20
20 seareaaaaa
disponibili positiva positivo
lavoro
abbiano
ilFluidoadAsaPressionesiscaricanell'ambienteedeccocosìil
ROMBOQuindi
P a dubMail
diminuisce sino quella
è cilindro pieno

10
DIgLe
asdifasi 3 e 5 sono
viatalmente brevi
scaricodobbiamoBasarci aramis
escarico
da
forzoso
10
10
4
44 esser considerate istantanee
0
00 0
00 1
11 (isocore) in sede ideale.
0
00 0,0005
0,0005
0,0005 0,001
0,001
0,001
V
VV [m
[m3333]]]
[m 8
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Ai fini degli scambi energetici le 70 Ciclo Beau de Rochas


fasi di aspirazione e scarico 3
forzato possono essere omesse 60
(la 𝑃𝑎𝑚𝑏 vige sopra e sotto il
pistone). 50
Pertanto il ciclo si riduce a due
40

P [bar]
isocore e due adiabatiche
isentropiche. 30
Il lavoro è scambiato sulle 2
adiabatiche isentropiche: 20
𝐿 = 𝐿12 + 𝐿34 = −∆𝑈12 − ∆𝑈34
10
Trattando il fluido come gas 4
ideale con calore specifico 0 0 1
costante: 0 0,0005 0,001
𝐿 = 𝑚𝑐𝑣 𝑇1 − 𝑇2 + 𝑇3 − 𝑇4 V [m3]
Il calore è fornito al ciclo lungo l’isocora 2-3: 𝑄 = 𝑚𝑐𝑣 𝑇3 − 𝑇2
Il rendimento è dunque:
𝑇1 − 𝑇2 + 𝑇3 − 𝑇4
𝜀=
𝑇3 − 𝑇2 9
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Per le trasformazioni isentropiche 70 Ciclo Beau de Rochas


3
possiamo scrivere:
60
𝑇𝑣 𝑘−1 = 𝑐𝑜𝑠𝑡
D’altro canto: 50
𝑣1 𝑣4
= =𝜌
𝑣2 𝑣3 40

P [bar]
ove 𝜌 è il rapporto volumetrico di
compressione. 30
2
Pertanto: 20
𝑇2 𝑇3
= = 𝜌𝑘−1
𝑇1 𝑇4 10
4
Sostituendo nell’espressione di 𝜀:
0 0 1
0 0,0005 0,001
𝑇1 1 − 𝜌𝑘−1 − 𝑇4 1 − 𝜌𝑘−1 1 non DIPENDE
bae
ragionamentoV [m ]
3
𝜀= =1− istesso
Temperatura
𝜌𝑘−1 𝑇4 − 𝑇1 𝜌𝑘−1 conmacchinadicorno conle sorgenticonvieneavererapportidiconnessioneai
in
diesel avi
hauna icienzamiglioredevoporreanche dei
limitila
superava nonpuosu
laseup.aesorgentecasacoimeladai non combustione
potrei
arrivarealmassimobiro
Può apparire sorprendente che il rendimento del ciclo sia indipendente dalle nelmareabenzina
temperature e che tenda ad 1 per 𝜌 → ∞ senza che intervenga il limite di Carnot.
MASAPPIAMOCHENONPossiamosuperare ilRendimentomassimo 10
do a e
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In realtà bisogna considerare che dev’essere 𝐿 > 0 e che la temperatura 𝑇3 non può
superare la temperatura della sorgente calda (per un motore a combustione
interna il massimo è la «temperatura adiabatica di fiamma» del combustibile).
Pertanto, fissato 𝑇3 , si deve imporre: Il
rodimentodellamacchinabenzinasia
rendeunpo'divano inauanaossianooperandorervaio
𝐿 = 𝑚𝑐𝑣 𝑇1 − 𝑇2 + 𝑇3 − 𝑇4 > 0
i siavvicinanosecauinn

cioè: arene.eu
ineaBeuzi aiasvorodinnoninasz

canacainavissonacino

È
𝑇3 − 𝑇4 > 𝑇2 − 𝑇1
ovvero: consumerà.int
vicinarnassinnooincour
1 il
𝑇3 1 − > 𝑇1 𝜌𝑘−1 − 1 aneurisma
come

𝜌𝑘−1 sversonnassimosinoneaterrarieandannoversodèittifidi
censaceurioscer
Da cui: usavano massimo votano
massima
inoromicouroraaun i
𝑇3 consumonsociorgavinairradimensobuonacainadirocassia

𝜌𝑘−1 < amassinoiavorouissonaciconicarnosauroraonnoaunconsumon


malavorandoneuaporserisconneaounsprouzionediunnosure
𝑇1 pasemenopesanepiticoeroconrisparmioavinsinicombusi

In altri termini, fissata la temperatura massima del ciclo, il rapporto di compressione


dev’essere inferiore al limite sopra visto, anzi alquanto inferiore se si vuole ottenere
un lavoro per ciclo adeguato rispetto all’ingombro e al costo del motore.
Si può dimostrare che il massimo lavoro per ciclo corrisponde al valore:
𝑇3 Sostituendo si ritrova il
𝜌𝑘−1 = rendimento di Curzon-Ahlborn
𝑇1 11
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Il ciclo Brayton o Joule è invece il riferimento per gli impianti di turbina a gas.Ripartire
QUA
da
LEE
Si tratta anche in questo caso di un ciclo aperto a combustione interna, ma ai fini del
ciclo ideale si può chiudere il ciclo con una trasformazione di raffreddamento.
E unoscambiatoredicuoreacaso
senzasupdiscambioquindilaresistenza
sostanzialmente è isobara
conrisanamento
un
ggIIII Effetti
p il
vivere ciclo
possiamo
unastronomoisobareuscita
con
sana
superatura in
inannolaturbina
è ca
ancora

raredaremocon cessionedigascombustibile
in nel
quanto esseresoggettaaariapulita
deve
compressore

12
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Il rendimento del ciclo è:


𝐿 𝑇 − 𝐿𝐶 ∆ℎ34 − ∆ℎ12
𝜀= =
𝑄1 ∆ℎ23
Considerando un gas perfetto con calori
specifici costanti:
𝑇3 − 𝑇4 + 𝑇1 − 𝑇2
𝜀=
𝑇3 − 𝑇2

Considerando le adiabatiche isentropiche 1-2 e 3-4 si può scrivere:


𝑇2 𝑇3 𝑘−1
= =𝛽 𝑘
𝑇1 𝑇4
𝑃2
ove 𝛽 = ൗ𝑃1 è il rapporto manometrico di compressione. Sostituendo:
𝑘−1 𝑘−1
𝑇4 𝛽 𝑘 −1 − 𝑇1 𝛽 𝑘 −1 1
𝜀= 𝑘−1 =1− 𝑘−1
𝑇4 − 𝑇1 𝛽 𝑘 𝛽 𝑘
Anche in questo caso sembra di poter portare il rendimento ad 1 facendo tendere
𝛽 all’infinito.
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In realtà, a parte i problemi tecnologici, il rapporto di compressione non può


superare un valore massimo legato alle temperature estreme del ciclo:
𝑘−1 𝑇3
𝛽 𝑘 <
𝑇1
Infatti, fissate 𝑇1 e 𝑇3 , se 𝛽 superasse tale valore si arriverebbe a 𝑇3 con la sola
compressione, senza apporto di calore nella camera di combustione.
Il lavoro, in tale condizione, sarebbe nullo, così come sarebbe nullo per 𝛽 = 0.
Tra queste due condizioni estreme il lavoro presenta un massimo, che anche in
questo caso coincide con il valore indicato da Curzon e Ahlborn.

Un possibile miglioramento è la
rigenerazione, cioè il recupero di calore
dallo stato 5 (che è ad alta temperatura)
per riscaldare l’aria compressa prima della
camera di combustione.
Tale possibilità è realizzabile solo per
bassi rapporti di compressione, per i quali
la 𝑇2 è già abbastanza elevata.
InpuscitadavaaUrbinaHodeifumicaldièunospreco
unacompressa èquella
rimastrategia dicombustione
usarli preriscaldare
cameradi
per invece
aria della
prima ma 14
i casi
combinano usanofumi
uncicloa
Alimentare vaporeilqualeeuna termicaas
macchina

DIEF il rendi
massimo meno
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Più diffuso è il ciclo combinato, che unisce un impianto turbogas con uno a vapore,
usando i gas di scarico del primo per alimentare il generatore di vapore del secondo.

15
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Cicli frigoriferi

Il ciclo più comune si compone


di quattro trasformazioni: condensatore
• condensazione irreversibile
FORTEMENTE

• laminazione
Valvola di aumento
Grande
mtrasformazione dientropia compressore
• evaporazione laminazione e cifadel
Maie
LaTurbinainPresenzadi
• compressione cavitazione aTurbina si
DANNEGGEREBBE
Ll'espansione
deaarrivasiformano
anche
dellegocciolinedi chepossono
vapore
QuindigenerarenelTemposonnialle
evaporatore
parere

La “laminazione” è la trasformazione che avviene in una valvola e sostituisce


l’espansione, che fornirebbe poco lavoro e sarebbe difficile da realizzare.
La compressione avviene nella zona del vapore surriscaldato, per evitare di avere
liquido al compressore.
Esempio: frigorifero domestico che deve mantenere cibi surgelati a -20°C, operante in
una stanza mantenuta a 20°C
16
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Per realizzare un ciclo frigorifero occorre un fluido che evapori alla temperatura
dell’ambiente da refrigerare e condensi alla temperatura dell’ambiente esterno.
Esempio: R600a (Isobutano - CH(CH3)3 - 2-metilpropano)
Punto triplo: 113,73 K; Punto critico: 407,81 K, 3,629 MPa
1 riserva
R600a (isobutano)
P [MPa]

40

20
20

0.1
-20

-40

0.01
100 200 300 400 500 600 h [kJ/kg] 700 17
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cucina usuriene sia in
1) Condensazione: ambiente esterno a 20°C – Condensazione a 30°C gradodisorarrecoorea
isouano.sipuifarcon.az

Pressione: 4.05 bar; entalpia del vapore: 595 kJ/kg; entalpia del liquido: 271 kJ/kg
qual'e'ilcane cedevososarealcondensasoredhuaggianiesubisodawasabeus
1
R600a (isobutano)
P [MPa]

Liquido

enslaving ti 40
_VAPORE
condensazione
pervapore
20

0.1
-20

-40

0.01
100 200 300 400 500 600 h [kJ/kg] 700 18
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2) Laminazione dalla pressione del condensatore a quella dell’evaporatore. EspansioneDEILD


valvola
Per mantenere i cibi a -20°C, l’evaporazione avviene a -30°C (pressione: 0.47 bar).
Si noti il confronto tra la laminazione isoentalpica e una espansione isoentropica: il lavoro
recuperabile, pari alla differenza di entalpia degli stati finali, è ben poco.
1
R600a (isobutano)
P [MPa]

40

20

0
laminazione
0.1
-20
espansione

-40

0.01
100 200
4 300 400
ma
500 600 h [kJ/kg] 700non
cnn.ie
lavoro
19
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3) Evaporazione a -30°C e 0.47 bar. E’ la fase in cui si ha l’effetto utile della macchina.
Il fluido sottrae calore all’ambiente refrigerato e varia l’entalpia da 271 a 514 kJ/kg.
misantropia
1
R600a (isobutano)
P [MPa]

40

20

0.1
-20

evaporazione
KVAPODE
-40

0.01
100 200 300 400 500 600 h [kJ/kg] 700 20
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4) Compressione da 0.47 a 4.05 bar . E’ la fase in cui si ha la spesa energetica della macchina.
Il fluido riceve lavoro nel compressore e varia l’entalpia da 514 a 595 kJ/kg.

isoenaria

21
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• Effetto utile: Q = 514 – 271 = 243 kJ/kg sonogli


effetticheentrano nelciclo
T*
• Lavoro speso: L = 595 – 514 = 81 kJ/kg
• Calore ceduto all’ambiente: Q* = L + Q = 324 kJ/kg
Q*
• Coefficiente di prestazione COP = Q / L = 243 / 81 = 3 L
• Efficienza massima: ciclo di Carnot tra T* = 293.15 e T = 253.15 K;
• COP(Carnot) = Q / L = Q / (Q* – Q) = T / (T* – T) = 6.33
• Efficienza di secondo principio ηII = COP / COP(Carnot) = 0.47 Q
T
In pratica la
420

Diagramma
compressione non è
T [K]

3
Ts
isentropica. 370
2

Per le pompe di 1

calore, l’effetto 320


0.5

utile è Q*, quindi


COP* = Q*/L > Q/L
270

220
1 1.25 1.5 1.75 2 2.25 2.5 s [kJ/(kg K)]
2.75
22
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360
2
Per ottenere un effetto frigorifero si
può anche usare un ciclo Brayton 340
inverso, usando aria come fluido
frigorifero. 320 3 TH
Questi cicli sono utilizzati nella
climatizzazione degli aerei, usando

T [K]
300
aria compressa spillata direttamente 1 TC
dai compressori dei motori. 280
L’aria permette di realizzare un ciclo
aperto eliminando uno scambiatore 260
di calore. 4
Anche per questi cicli si può usare 240
-0.02 0 0.02 0.04 0.06 0.08 0.1 0.12 0.14
la rigenerazione. s [kJ/(kg K)]

TH TH high pressure

T2 T3=TH T2 T3 T2 T3

M C T M C T M C T

T1 T4 T1 T4 T1=Tc T4

TC low pressure TC 23
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Macchine frigorifere ad alimentazione termica

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Macchine frigorifere ad alimentazione termica


Queste macchine possono essere viste come l’unione di
una macchina motrice e di una macchina frigorifera.
Ambedue le macchine devono rispettare il limite di
Carnot.
Ad esempio per una macchina frigorifera operante fra
una bassa temperatura T2 e l’ambiente a temperatura T0,
alimentata da una sorgente calda a temperatura T1, deve
valere la relazione:
𝑄2 𝑄2 𝐿 𝑇2 𝑇0
𝐶𝑂𝑃 = = ≤ 1−
𝑄1 𝐿 𝑄1 𝑇0 − 𝑇2 𝑇1

Inevitabilmente il COP cresce con la temperatura della


sorgente calda e decresce con la differenza di
temperatura tra ambiente e sorgente fredda.
Poiché spesso questi sistemi usano calore di scarto, il
COP sarà basso per colpa della macchina motrice.

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Macchine ad assorbimento
Queste macchine utilizzano soluzioni per evitare di dover comprimere il fluido in fase
gassosa. Ad esempio si usa acqua e il sale bromuro di litio, fortemente igroscopico.

Il vapor d’acqua puro pro-


veniente dall’evaporatore E è
assorbito dalla soluzione
nell’assorbitore A.
La soluzione (liquida) viene
pompata da 4 nel generatore
G, ove riceve calore. Si libera
vapor d’acqua che va al
condensatore C e poi, dopo
normale laminazione, torna
all’evaporatore.
La soluzione calda uscente dal
generatore in 1 torna
all’assorbitore tramite uno
scambiatore rigenerativo.
A parte la pompa, la macchina consuma prevalentemente calore. 26
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Macchine ad eiezione
Funzionano secondo un principio più semplice: il vapore
prodotto dal generatore trascina quello proveniente
dall’evaporatore nell’eiettore, ed insieme vanno al
condensatore.

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L’eiettore è uno «scambiatore di quantità di moto» tra il fluido a
pressione maggiore proveniente dal generatore e quello lento
proveniente dall’evaporatore.

Grandi eiettori a vapore sono usati spesso in


industrie ove è disponibile vapore a basso costo.

Gli eiettori moderni operano in condizioni


supersoniche.

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Il nostro laboratorio dispone di un sistema frigorifero ad eiezione operante con fluido
sintetico a basso impatto ambientale. Ha una potenza di 40 kW frigoriferi ed un COP
di circa 0.4 nelle condizioni più favorevoli.

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Ingegneria Industriale Lezione 10 – Scambiatori di calore

Scambiatori di calore
Con il termine scambiatori di calore indichiamo una apparecchiatura in cui si ha
trasmissione di calore da un fluido ad un altro.
In campo termotecnico queste apparecchiature sono della massima importanza:
basti pensare ai comuni radiatori, ai termoconvettori impiegati per il riscaldamento
ambientale, ai radiatori delle automobili, oppure agli evaporatori ed ai condensatori
delle macchine frigorifere.
La prima fondamentale distinzione è tra:
- scambiatori a contatto diretto (o a miscela - ad es.
torri evaporative)

- scambiatori a
contatto indiretto
(o a superficie - ad
esempio caldaia a
tubi di fumo).

1
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In base alla configurazione del


moto si possono poi distinguere:

scambiatori in equicorrente (a correnti


parallele equiverse)

scambiatori in controcorrente (a correnti


parallele con versi opposti)

scambiatori a flussi incrociati


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Le configurazioni costruttive si caratterizzano poi in base alla complessità geometrica,


partendo dal semplice scambiatore tubo in tubo

sino ai tipi a tubi alettati

o a piastre.

Un parametro di valutazione della geometria è il rapporto tra superficie di scambio


e volume. Scambiatori con elevati valori di tale rapporto (> 700 m2/m3) sono detti
compatti.
3
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Una delle configurazioni più comuni è quella dello scambiatore a fascio tubiero (o a
tubi e mantello).
ANTERIORE
CAMERA

NENA
LAMBISCE
PORSEEssernapeiji fluidochepassanelmantello
In tale schema un fluido entra in 1, passa entro
un fascio di tubi ed esce in 2, mentre l’altro
entra in A nel volume tra i tubi e il mantello,
uscendo poi da B.
Appositi setti verticali costringono il fluido che
scorre entro il mantello ad un moto sinuoso,
potenziando lo scambio termico convettivo.
4
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Molto diffusi sono oggi gli scambiatori a piastre (Plate Heat Exchangers), molto
compatti.

Nella versione con piastre saldate (Brazed Plate) sono


relativamente economici (ma non possono essere aperti per
pulire le superfici di scambio).

Nella versione smontabile, la


tenuta tra le piastre è garantita da
guarnizioni (gasket) pressate dalle
due piastre molto robuste alle
estremità.
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Ingegneria Industriale Lezione 10 – Scambiatori di calore

Anche gli scambiatori a


microcanali hanno una
diffusione crescente come
raffreddatori ad aria.

In questo caso ci sono alette cave


in cui scorre il fluido da raffreddare.
Sono realizzate in estrusione di
alluminio e i passaggi hanno
dimensioni inferiori al mm.

Lato aria si hanno ulteriori


alettature molto sottili con feritoie
per promuovere la turbolenza.
In questo modo si hanno
scambiatori compatti, efficienti ed
economici (privi di rame).

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In genere i due fluidi sono separati da una parete di superficie A per cui lo scambio
termico tra fluido caldo a temperatura 𝑇𝑐 e freddo a temperatura 𝑇𝑓 avviene per
convezione nel primo fluido, poi per conduzione attraverso la parete di spessore 𝑠
e conducibilità termica 𝑘 e nuovamente per convezione nel secondo fluido.
Lo scambio termico per irraggiamento in generale può venire trascurato negli
scambiatori, a meno che non si sia in presenza di gas ad elevata temperatura
provenienti da una combustione, come ad esempio accade in una caldaia.
La quantità di calore scambiata sarà allora data da:
𝑄 = 𝑈𝐴 𝑇𝑐 − 𝑇𝑓
dove 𝑈 è il coefficiente globale di scambio termico, calcolabile come:
1
𝑈=
1 1
+ 𝑅𝑘 +
ℎ𝑐 ℎ𝑓
ℎ𝑐 ed ℎ𝑓 sono i coefficienti di convezione dei due fluidi, mentre 𝑅𝑘 è la resistenza di
conduzione, dipendente dalla geometria e dalla conducibilità termica della parete di
separazione tra i due fluidi.
Tale parete è di solito sottile e metallica, per cui 𝑅𝑘 può esser trascurata rispetto
alle altre due resistenze.
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Per scambiare grandi quantità di calore occorre quindi avere elevati ℎ𝑐 ed ℎ𝑓 .


Se questo non è possibile, come nel caso in cui uno o entrambi i fluidi sono allo stato
gassoso, bisogna estendere la superficie di scambio termico con superfici alettate.
Negli scambiatori gas/liquido, il coefficiente di Negli scambiatori gas/gas, serve
scambio lato liquido è alto: → si aumenta la un’ampia superficie di scambio da
superficie di scambio solo dal lato del gas. ambo i lati.

Si alternano i passaggi Entratubo


del fluido caldo e di caldo dal
SONOesce
quello freddo. FLUIDO
Fred

Occorre dare
accesso al fluido
su quattro facce
dello scambiatore
→ si adotta una
configurazione a
flussi incrociati.

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Nel dimensionamento di uno scambiatore di calore occorre tener presente che la


differenza di temperatura tra il fluido caldo e quello freddo non è costante lungo lo
scambiatore, per cui la potenza trasmessa varia da sezione a sezione e risente
della configurazione dello scambiatore.
Nel caso dello scambiatore Nel caso dello scambiatore controcorrente
equicorrente si ha una forte la differenza è più costante: il fluido freddo
differenza all’ingresso e una può uscire dallo scambiatore a temperatura
differenza minima all’uscita. maggiore di quella dell’uscita del fluido caldo.

M T Tp
47 Te T Questa
configurazione
è quindi

al superiore.

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Ammettendo che gli scambi di calore avvengano solo tra i due fluidi, ossia che la
superficie esterna dello scambiatore sia adiabatica, il bilancio dell'energia ad una
coordinata generica, per condotti orizzontali in condizioni stazionarie, trascurando le
variazioni di energia cinetica, ci porta a scrivere:

𝑑𝑄 = −𝑚𝑐 𝑐𝑝𝑐 𝑑𝑇𝑐 = +𝑚𝑓 𝑐𝑝𝑓 𝑑𝑇𝑓 = 𝑈 𝑇𝑐 − 𝑇𝑓 𝑑𝐴

Considerando le due relazioni separatamente e sommandole membro a membro,


essendo il differenziale un operatore lineare, si può scrivere:
1 1
𝑑 𝑇𝑐 − 𝑇𝑓 = −𝑑𝑄 +
𝑚ሶ 𝑓 𝑐𝑝𝑓 𝑚ሶ 𝑐 𝑐𝑝𝑐
da cui si può anche ottenere:
1 1
𝑑 𝑇𝑐 − 𝑇𝑓 = −𝑈 𝑇𝑐 − 𝑇𝑓 + 𝑑𝐴
𝑚ሶ 𝑓 𝑐𝑝𝑓 𝑚ሶ 𝑐 𝑐𝑝𝑐
Questa relazione può essere integrata tra l’ingresso 1 e l’uscita 2 dello scambiatore,
assumendo costanti i calori specifici ed il coefficiente di scambio termico globale U.

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Si ottiene così:
𝑇𝑐 − 𝑇𝑓 1 1
2
ln = −𝑈𝐴 +
𝑇𝑐 − 𝑇𝑓 𝑚ሶ 𝑓 𝑐𝑝𝑓 𝑚ሶ 𝑐 𝑐𝑝𝑐
1

Il calore globalmente scambiato da ciascuno dei due fluidi è:


𝑄 = 𝑚ሶ 𝑓 𝑐𝑝𝑓 𝑇𝑓2 − 𝑇𝑓1 = 𝑚ሶ 𝑐 𝑐𝑝𝑐 𝑇𝑐2 − 𝑇𝑐1
quindi:
𝑇𝑐 − 𝑇𝑓 𝑈𝐴
2
ln =− 𝑇𝑐 − 𝑇𝑓 − 𝑇𝑐 − 𝑇𝑓
𝑇𝑐 − 𝑇𝑓 𝑄 1 2
1
da cui:
∆𝑇2 − ∆𝑇1 Questaformulaècostruita

𝑄 = 𝑈𝐴 = 𝑈𝐴∆𝑇𝑚𝑙 conUcostante
∆𝑇2
ln ∆𝑇
1
dove ∆𝑇1 = 𝑇𝑐 − 𝑇𝑓 e ∆𝑇2 = 𝑇𝑐 − 𝑇𝑓 .
1 2

∆𝑇𝑚𝑙 è la differenza di temperatura media effettiva per tutto lo scambiatore, ossia


la media logaritmica della differenza di temperatura (MLDT), valida sia per
scambiatori in controcorrente che in equicorrente. 11
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siscontranoi Nel caso controcorrente,


Hid coro corrente

se 𝑚𝑐𝑐𝑝𝑐 = 𝑚𝑓𝑐𝑝𝑓 , la
differenza di temperatura
è costante.NONIMPLICADIOAssenzion
dire
VUOL
celo nel
studiamo
caso ne
cosa
Bisogna tener presente
che l’uso della MLDT è
una approssimazione in
quanto 𝑈 non è costante.
Per scambiatori più
complessi non è possibile
ricavare semplici
espressioni analitiche.
In pratica si ricorre a dei
fattori di correzione che
si trovano diagrammati, in
modo da modificare
opportunamente la MLDT.

12
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Se la differenza tra le temperature di estremità non è elevata (< 30%), si può applicabile
no
approssimare la MLDT con la media aritmetica delle differenze di estremità. per averci
ineavicorrente

Purtroppo in fase di progetto non è sempre possibile conoscere le temperature


di uscita dei fluidi; quindi per valutare la potenza termica scambiata può essere
utile introdurre l’efficienza di uno scambiatore di calore.
Definiamo efficienza di uno scambiatore il rapporto tra potenza termica
effettivamente scambiata e la massima potenza termica scambiabile.
La potenza massima sarà esprimibile in funzione della massima variazione di
temperatura possibile nel sistema, variazione attribuita alla massima capacità
termica utilizzabile, che corrisponde al minore dei due prodotti (𝑚𝑐𝑝).VuoiProcessare
L'efficienza pertanto è data da: massima ixDi
se unoggettosapendochel'aria
è
dinamicaperchénonpossiamocausare

III
seusermo
principio
afona r affreddareierisono
possiamo
non d ei aage e l'acqua agogo
aria e SEFacessiunoscan
𝑄𝑠𝑐𝑎𝑚𝑏𝑖𝑎𝑡𝑜 𝑚ሶ 𝑐 𝑐𝑝𝑐 𝑇𝑐1 − 𝑇𝑐2 Ems 𝑚ሶ 𝑓 𝑐𝑝𝑓 𝑇𝑓2 − 𝑇𝑓1 Di infinite Dimensioni

𝜀= = = ACHETemperatura

ÈIEIE
𝑄max 𝑠𝑐𝑎𝑚𝑏𝑖𝑎𝑏𝑖𝑙𝑒 𝑚𝑐
ሶ 𝑝 𝑇𝑐1 − 𝑇𝑓1 𝑚𝑐
ሶ 𝑝 poseraila
𝑇𝑐1 − 𝑇𝑓1 CALDA cava
𝑚𝑖𝑛 𝑚𝑖𝑛 A19ELA
FÉE più
cosa che
fredda
Freddoed è pia Hoèl'ariamiscambio
ci
In tal modo di può calcolare il calore scambiato come: È
unvalore sup
una
vorrebbe di
infinita sestia
perche
𝑄 = 𝜀 𝑚𝑐
ሶ 𝑝 𝑇𝑐1 − 𝑇𝑓1 azeroArea Deve
rendere
𝑚𝑖𝑛 casofluido casoe è all'oper un
darmi modo

in cacciaagotefluido
questo tango finitodovrei
portarel'acaro
Valori di efficienza per i principali tipi di scambiatori sono reperibili in letteratura.60posso 19 E varia
non
seho
conlaun
suodi scambioinfinita
p posare
osso incaviaiosama
supDiscambioinfinitaira vaazerosolonel se una
avessi suasiaimfinire
arriverai
adun
modocaro calorea
finaleanniinquesto
arnica
s r
enza asoio peravere è
nonincriviese escavaavesseroossessa che
questo necessario
13
punto
il concisiarmi
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L'efficienza di uno scambiatore è riportata in letteratura in funzione dei due parametri


adimensionali 𝐶𝑚𝑖𝑛 /𝐶𝑚𝑎𝑥 e
NTU = 𝑈𝐴/𝐶𝑚𝑖𝑛
ove 𝐶 = 𝑚𝑐
ሶ 𝑝 è la capacità termica.
Il parametro adimensionale NTU, «numero di unità di scambio termico», è il
rapporto tra la conduttanza termica globale (determinata dalle caratteristiche
geometriche dello scambiatore e dal moto dei fluidi) e la capacità termica minima.
Più elevato è il valore di NTU, più vicino è lo scambiatore al suo limite termodinamico.

𝐶𝑚𝑖𝑛
Si ha = 0 quando lo scambiatore è un condensatore o un evaporatore in
𝐶𝑚𝑎𝑥
cui uno dei due fluidi subisce una trasformazione a T costante, come se avesse
capacità termica infinita.
Nel seguito alcuni grafici di efficienze in funzione del valore di NTU.

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Flussi paralleli

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Flussi incrociati

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