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Escursione Rif I Diacci Maggio 2019
Escursione Rif I Diacci Maggio 2019
E IL COMPLESSO FORESTLE
GIOGO-CASAGLIA
Il percorso scelto si sviluppa all’interno del Complesso Forestale Giogo-Casaglia che si estende per una
superficie di 6.240 ettari, a cavallo dello spartiacque appenninico che va dal Giogo di Scarperia al Monte
Faggeta, tra crinali e passi che scendono verso Bologna e la Romagna, nella parte alta dei bacini del
Santerno, del Senio e del Lamone a nord e della Sieve a sud.
Il paesaggio è caratterizzato da rilievi di altitudine limitata, intorno ai 1.000 metri, scavati dall’azione dei
torrenti, che formano veri e propri canyons come quello della Valle dell’Inferno e del Rovigo.
Estesi sono i boschi di faggio, alternati a pascoli e ambienti in transizione o di origine artificiale (come i
rimboschimenti di douglasia, abete bianco o pino nero).
L’intero Complesso è attraversato da un sistema diffuso di sentieri la cui ossatura principale è costituita dai
sentieri del SO.F.T. (trekking “Le Sorgenti di Firenze”), della Grande Escursione Appenninica (G.E.A.) e della
sentieristica appartenente alla Rete Escursionistica Toscana (R.E.T.), a cui si aggiungono i sentieri tematici.
Lunghezza: 6.41 Km
Pendenza massima: 43 %
Partendo dal parcheggio della piazzola denominata Prato all’Albero, lungo la strada Colla-Sambuca posto
quota 1036 m s.l.m. (S.P. 477).
Proprio davanti al bivacco parte a destra il sentiero per il Mulino dei Diacci (freccia per Torrente Rovigo
Diacci) che ben presto inizia a scendere lungo il boschivo solco del Fosso dei Pianacci.
Più avanti ci si porta sulla destra orografica della valletta e da qui in poi si scende accompagnati da piccole
ma suggestive cascate create dal torrente e dai suoi affluenti. Bellissimo l’ambiente naturale, dominato dal
faggio.
Il percorso e' segnalato da ripetuti segnavia e permette di arrivare alle Cascate dell'Abbraccio e visitare il
Mulino dei Diacci alimentato dalle sue acque.
Il sentiero che si sta percorrendo prosegue poi fino ad arrivare al rifugio “i Diacci” (941m): nostro punto di
sosta per il pranzo.
Da qui si seguono le indicazioni per Altello e Pian di Rovigo prendendo, dietro al rifugio, un largo sentiero
che si tiene in costa, CAI 739. Attraversato un torrente e dopo un breve tratto in lieve ascesa, lasciamo
sulla sx il bivio per Casetta di Tiara e sulla dx in salita percorriamo il cammino per Poggio all'Altello (direzione
Passo Sambuca) CAI 739.
Da qui imbocchiamo il sentiero a dx CAI 701, direzione Passo della Sambuca che in breve ci conduce al
parcheggio, meta del nostro percorso.
2.4.1 Aspetti Logistici
I punti più vicino per effettuare rifornimenti di acqua e viveri, sono Palazzuolo sul Senio nella Vallata del
Senio e Crespino nella vallata del Lamone.
Il primo bivio verrà incontrato sulla destra a circa 10 minuti dalla partenza. L’incrocio è ben segnalato ed è
posto di fronte al bivacco Capanna Marcone.
Dopo circa 1 km troviamo, sulla destra del fosso dei Pianacci, l’indicazione per il rifugio La Serra.
Manteniamo il sentiero che stiamo percorrendo.
Una volta raggiunto il Mulino dei Diacci, incontriamo un bivio sulla sinistra con l’indicazione Le Spiagge.
Manteniamo il sentiero che riport le indicazioni del Rifugio dei Diacci.
Dopo la sosta al Rifugio I Diacci, percorriamo la carraia dietro al rifugio – sentiero CAI 739 – che in breve
ci porta all’Altello.
Raggiunto l’Altello, incontriamo il Bivio con il sentiero CAI 741. Manteniamo la direzione sul sentiero CAI
739 fino a Poggio all’Altello e, poco dopo, raggiungiamo il bivio con il sentiero CAI 701.
I sentieri che percorreremo sono tutti indicati da crocevia segnalati. Nonostante questo, per la presenza di
numerosi bivi e incroci e per via di alcuni cartelli divelti, il gruppo verrà compattato ad ogni crocevia e
verranno utilizzate radio per la continua comunicazione tra il capo fila e il chiudi fila.
I sentieri percorsi saranno i seguenti: sentiero CAI 743, sentiero CAI 00 di crinale, sentiero CAI 739,
sentiero CAI 701. Gli altri percorsi che si sovrappongono a questi, sono: Percorso Biodiversità - Alta Via dei
Parchi.
3.Criticità
Punti in cui prestare particolare attenzione sono i guadi sul Torrente Rovigo
Altro punto molto scivoloso a cui prestare particolare attenzione è l’attraversamento della cascata
dell’Abbraccio, rischiosa soprattutto in caso di piene o pioggia per scivolamenti.
La presenza di vegetazione mitiga le zone esposte al sole. In caso di giornata estremamente calda e afosa
si consiglia l’utilizzo del cappellino e della crema solare.
Da segnalare anche la possibilità di incontrare nebbia fitta, anche improvvisa, che può rendere incerto il
percorso. In questo caso sarà importante percorrere i sentieri in gruppo compatto e mantenere un continuo
contatto via radio con il chiudi-fila.
3.2 Pericoli legati allo stato di conservazione/presenza della segnaletica
La segnaletica verticale è presente ma non sempre ben conservata. Sono stati trovati a terra cartelli in
cattivo stato di conservazione.
I segnali bianco rossi identificativi dei sentieri CAI sono presenti e frequenti.
In primavera inoltrata ed in estate, la presenza di molte specie in fiore può creare problemi a chi soffre di
allergia ai pollini come pure la presenza di qualche raro nocciolo.
Si raccomanda di non ingerire bacche o frutti e non raccogliere fiori o erbe spontanee.
Durante il percorso non è da escludere l’incontro con animali selvatici che recentemente hanno ripopolato
l’appennino come per esempio i caprioli.
Anche la presenza di zecche non è da sottovalutare: indossare pantaloni lunghi leggeri e ed evitare di
sedersi o sostare a lungo in spazi erbosi.
Verrà attraversata una zona adibita a pascolo: prati su Poggio all’Altello. Prestare attenzione alle recinzioni
elettrificate rimanendo a debita distanza. Nel caso di presenza di bestiame al pascolo verrà valutata la
possibilità di modificare il percorso evitando la salita di Poggio all’Altello e risalire al Passo della Sambuca
dalla forestale che collega il Rif I Diacci alla SP 477.
Durante i sopralluoghi sono stati rari gli incontri con vespe e api, comunque non esclusi.
3.5 Pericoli legati all’attività umana
I pericoli legati a mezzi motorizzati esistono praticamente al solo punto di partenza (per l’attraversamento
della S.P. 477).
Nel percorso ipotizzato per il Piano B, i punti a cui prestare attenzione sono due; il primo è al Punto di
partenza Prati all’Albero in quanto il percorso prevede un tratto di circa 200 m da percorrere su asfalto
prima di imboccare il sentiero CAI 743 “alto”. Il secondo punto è l’attraversamento della SP477 al termine
del sentiero CAI 743 “alto” per imboccare il sentiero che raggiunge il Molino dei Diacci.
Gli attraversamenti verranno effettuati con gruppo compatto. Le guide si posizioneranno al centro della
carreggiata per fermare eventuali mezzi di passaggio.
Lungo tutto il tragitto percorreremo sentieri interdetti ai mezzi motorizzati (ad esclusione dei mezzi di
soccorso o mezzi autorizzati).
Sul sentiero potremo incrociare eventualmente qualche escursionista in mtb (molto rari). Non vi è la
possibilità di incrociare cacciatori in quanto l’area è interdetta alla caccia.
Si segnala la presenza di cataste di tronchi all’inizio della pista forestale sentiero CAI 00.
Non avvicinarsi alle cataste e prestare attenzione a non inciampare in eventuali rami e tronchi a terra
4.Considerazioni
L’attività si rivolge ad escursionisti mediamente allenati, in buono stato di salute e abituati a camminare in
presenza di dislivelli collinari.
Saranno effettuate diverse pause lungo il tragitto dettate anche da momenti di approfondimento
storico/naturalistici delle varie emergenze che incontreremo.
Il rifugio “I Diacci” sarà il nostro punto di sosta per pranzo e ristoro lungo il cammino e permetterà l’utilizzo
delle aree attrezzate e dei servizi.
I sopralluoghi sono stati effettuati in maggio (mercoledì 08.05.2019 e sabato 11.05.2019) ma il percorso
è pensato per poter essere effettuato durante tutto l’arco dell’anno in assenza di ghiaccio e neve.
Durante i mesi piovosi sarà necessario valutare il percorso con un sopralluogo precedente l’escursione.
4.3 Punti raggiungibili dai soccorsi/Connessione telefonica
Il sentiero CAI 743 non garantisce la presenza di segnale telefonico. Per questo motivo le guide utilizzeranno
le radio per le comunicazioni. Dal rifugio I Diacci fino al passo della Sambuca, invece, il segnale, seppur
debole, è presente.
Lungo il percorso sono affissi cartelli geo referenziati con le indicazioni per la chiamata di soccorso (Prato
all’albero, Capanna Marconi, Molino dei Diacci, Rifugio I Diacci, Poggio all’Altello).
Diverse carraie consentono un facile raggiungimento dei mezzi di soccorso lungo l’itinerario: la pista
forestale che scende dalla S.P. 477 al Rifugio I Diacci è di facile percorribilità. Il percorso CAI 743 “alto” è
una pista forestale transitabile da mezzi motorizzati.
In caso di maltempo durante l’escursione e in caso di piogge consistenti nei giorni immediatamente
precedenti, sarà possibile modificare l’itinerario percorrendo il Piano B. Questo percorso prevede di
percorrere il sentiero CAI 743 “alto” come da mappa sotto riportata ed evitare quindi di affrontare i 6 guadi
del Fosso dei Pianacci che in caso di piene possono diventare scivolosi e impegnativi.
Lunghezza: 6.47 Km
Pendenza massima: 46 %
4.4.2 Piano C
Nel caso di pioggia fin dal mattino, l’escursione verrà modificata percorrendo la pista forestale che dalla SP
477 raggiunge il rifugio I Diacci. Il percorso di ritorno percorrerà a ritroso la stessa pista. Al rifugio verranno
affrontati argomenti naturalistici e storico/culturali relativi al complesso forestale Giogo-Casaglia.
5 Aspetti d’interesse
Nel territorio demaniale del Giogo-Casaglia sono distinguibili tre diverse formazioni rocciose che danno
luogo a paesaggi molto diversificati e caratteristici dell’Alto Mugello: dalle forme più dolci e arrotondate
tipiche della Formazione del Caotico a quelle più aspre e di aspetto quasi alpestre tipiche
delle Formazione del Cervarola-Falterona e della Formazione Marnoso-arenacea. Le diverse
caratteristiche delle rocce danno luogo a paesaggi molto diversi.
Le rocce delle formazioni Cervarola-Falterona e Marnoso-arenacea, che caratterizzano la maggior parte del
territorio, sono tipiche “rocce sedimentarie” ed hanno avuto origine grazie ad un lungo processo di
sedimentazione, la prima nel Miocene inferiore ed il Miocene medio (tra circa 21 e 18 milioni di anni fa), è
costituita da una massa detritica proveniente dall’erosione di rocce granitiche delle Alpi centrali mentre la
Marnoso-arenacea, che fa parte del cosiddetto complesso Umbro-Romagnolo, sedimentatasi tra il Miocene
medio e il Miocene superiore (tra circa 18 e 6 milioni di anni fa), è costituita da una massa detritica
proveniente dall’erosione della catena appenninica in formazione. La marnoso-arenacea forma paesaggi di
valli scavate dalle acque e pareti ripide con l’aspetto tipico di canyon, visibili nella Valle del Rovigo.
I rilievi del Complesso Demaniale appaiono rivestiti fino alla sommità da estesi boschi di latifoglie, con
faggete nelle parti sommitali e castagneti, prevalentemente da frutto, nelle zone più basse. A seconda del
versante e dell’esposizione oltre a queste due tipologie di bosco sono presenti estesi boschi misti, con
roverelle, cerri, carpini e altre piante tipiche di questo fascia vegetazionale.
Al di sopra degli 800-900 metri si trova il faggio, riconoscibile per le macchie argentate e la superficie liscia
del tronco. Scenari spettacolari e ambienti molto adatti per gli animali sono i castagneti, con maestose
piante molto antiche che hanno garantito la sopravvivenza alle popolazioni delle montagne.
Altre specie comuni sono il cerro, usato per la gestione a ceduo e dalla cui corteccia si estrae il tannino per
conciare le pelli e il carpino dal cui legno si ricavavano i gioghi e si può ottenere un buon carbone. Ci sono
anche numerose specie da frutto selvatiche o coltivate in passato, come meli, peri, ciliegi e noci.
La presenza dell'uomo ha cambiato radicalmente la vegetazione dell'Appennino, prima con un intenso
utilizzo e poi con i grandi rimboschimenti a fini riproduttivi o di recupero ambientale a partire dalla fine
dell'800. Si notano così il pino nero, l'abete bianco e l'abete di douglas o comunemente douglasia, pianta
che cresce velocemente fino a 100 metri di altezza e per questo molto diffusa a fini produttivi.
Nel Giogo-Casaglia si trovano anche circa una quarantina di specie di orchidee, molto legate al territorio
che le accoglie, ogni specie ha il suo insetto impollinatore, attirato con strategie sempre diverse, mentre
funghi simbionti garantiscono la germinazione del seme. Per questo le orchidee sono sensibili alle evoluzioni
dell'ambiente e spesso sono a rischio d'estinzione.
La diversità di ambienti e la scarsa presenza dell'uomo rendono l'area del Giogo-Casaglia particolarmente
adatta all'insediamento di diverse specie di animali.
Il lupo
Dopo una progressiva diminuzione a partire dagli anni 70 il lupo ha recuperato l'areale perduto, grazie ad
una legge che lo ha dichiarato animale protetto, ad un aumento degli ungulati selvatici e all'abbandono
delle montagne da parte dell'uomo. Il lupo si ciba quasi esclusivamente di animali selvatici. È molto difficile
avvistare il lupo, è un animale timoroso e con i sensi molto sviluppati. Lungo i sentieri si possono però
trovare le sue tracce, tra cui gli escrementi, fatti di pelle e ossa, lunghe 15-30 cm per 2-3 cm di diametro
e le impronte, simili a quelle di un cane di grossa taglia lungo un'unica via retta. Dal 1993 si studia la
distribuzione e l'ecologia della specie nella zona.
I rapaci diurni e notturni
Passeggiando lungo i sentieri del Giogo Casaglia si possono avvistare anche numerosi rapaci diurni. Tra
questi l'aquila reale, di cui è ormai documentata la presenza stabile di una coppia nella Valle del Rovigo e
il falco pellegrino, con ali appuntite e coda lunga, specie ritenute vulnerabili e inserite nella lista rossa
italiana dell'IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura). Sono presenti anche il gheppio,
piccolo falco con ali lunghe e appuntite, la poiana, lo sparviere, l'astore, il pecchiaiolo e il biancone.
Di notte i boschi si popolano di numerosi rapaci, il più comune è l'allocco.
Gli ungulati selvatici
Numerosi interventi di introduzione e reintroduzione rendono oggi gli ungulati numerosi nell'Appennino,
così oggi è abbastanza usuale udire in estate uno strano abbaio, il verso del capriolo. Si possono inoltre
incontrare tracce di daini, che non fanno parte della fauna autoctona, ma sono stati immessi e si avvistano
facilmente nelle zone più aperte al crepuscolo riuniti in piccoli branchi tra cui ci sono anche i daini bianchi.
Il cervo presenta invece una minore densità di popolazione. Numerosi sono i segni lasciati dal cinghiale, la
cui presenza è molto elevata.
Gli anfibi e i rettili
Nei torrenti e nei piccoli stagni del Giogo-Casaglia si trovano diversi tipi di rana, geotritoni e salamandre e
la particolare salamandrina dagli occhiali. È possibile incontrare il biacco, il comune serpente giallo nero,
chiamato “frustone” perchè si srotola come una frusta e scappa, e nei torrenti le comuni bisce. Difficile
incontrare vipere.
Gli uccelli del bosco
Nel Giogo-Casaglia sono presenti uccelli comuni tra cui la ghiandaia, le cince, il fringuello e il pettirossi. Ci
sono anche diversi picchi: il picchio verde, inserito nella Lista Rossa Toscana come specie a più basso rischio,
il picchio rosso maggiore e il picchio rosso minore, specie mediamente vulnerabile nella Lista Rossa Toscana,
che predilige i castagneti da frutto.
Gli altri animali
Lungo i sentieri del Giogo-Casaglia è possibile trovare tracce di altri animali, tra cui la volpe, il tasso, la
faina, la donnola, la puzzola e l'istrice. Nelle acque del torrente Rovigo si trova il gambero di fiume,
diminuito a causa dell'alterazione dei corsi d'acqua e delle catture illegali, il gambero è un bioindicatore ed
è in grado di vivere solo in acque pulite. La specie è protetta dalla legge e oggi considerata vulnerabile in
base ai criteri della Lista Rossa IUCN. Dalla primavera all'autunno numerose sono le farfalle, tra cui alcune
di interesse comunitario e protette dalla direttiva Habitat, la Licena arion e la falena tigrata.
Per biodiversità di un determinato ambiente, si intende la varietà di organismi viventi in esso presenti,
attualmente minacciata dal progressivo aumento dei fattori inquinanti e dalla riduzione degli habitat. La
biodiversità può essere descritta in termini di geni, specie od ecosistemi. L’importanza della biodiversità è
data principalmente dal fatto che la vita sulla terra, compresa quella della specie umana, è possibile
principalmente grazie ai cosiddetti “servizi” forniti dagli ecosistemi che conservano un certo livello di
funzionalità. Sono i servizi di fornitura (ad es. cibo, acqua, legno e fibre), di regolazione (ad es.
stabilizzazione del clima, assesto idrogeologico, barriera alla diffusione di malattie, riciclo dei rifiuti, qualità
dell’acqua), culturali (ad es. i valori estetici, ricreativi e spirituali) e di supporto (ad es. formazione di suolo,
fotosintesi, riciclo dei nutrienti).
La Convenzione sulla Diversità Biologica è stata ratificata da 188 paesi, firmata durante il Summit Mondiale
dei Capi di Stato tenutosi a Rio de Janeiro nel 1992, insieme alla Convenzione sui Cambiamenti Climatici e
alla Convenzione contro la Desertificazione, per questo denominate le tre Convenzioni di Rio.
L'area del Giogo Casaglia presenta un'elevata biodiversità, si tratta di un insieme di ambienti, ognuno con
la propria storia e vocazione, che permettono ad un'eccezionale varietà di esseri animali e vegetali di vivere
e riprodursi. Alcune valli sono state fino a pochi decenni fa intensamente abitate ed oggi ruderi, campi e
boschi ci presentano un paesaggio molto diverso, sempre in cambiamento.
L'Unione Montana dei Comuni del Mugello, a cui è affidata la gestione del complesso, svolge interventi per
la conservazione della biodiversità, contenuti nel Piano di Gestione.
Nell'alta valle del Rovigo è stato creato il Percorso della Biodiversità, un itinerario ad anello, con 17 punti
di sosta.
5.2 Aspetti storico/culturali
Nell’inverno 1943-44 una cinquantina di giovani patrioti imolesi e faentini, guidati da Giovanni Nardi detto
“Caio”, Andrea Gualandi detto “Bruno” e Luigi Tinti detto “Bob”, si sistemarono in un casolare, chiamato
l’Albergo, in località Cortecchio sul versante est del monte La Faggiola, nell’Alto Imolese, e iniziarono la
guerriglia lungo le strade che dall’Emilia portano in Toscana. Tra il 22 e il 23 febbraio 1944 l’Albergo fu
attaccato dai fascisti e i partigiani si dispersero, molti raggiunsero il Monte Falterona e si aggregarono alle
formazioni di patrioti sparse sul territorio. Dopo l’offensiva nazifascista, che sgominò le formazioni
partigiane del Falterona, una ventina di partigiani imolesi e faentini - guidati da Nardi e Tinti - fecero ritorno
nella zona della Faggiola e all’inizio d’aprile, in località Dogana, diedero vita a quella che fu chiamata la 4a
brigata Garibaldi poi ribattezza in 36a brigata Garibaldi Bianconcini, dal nome d’Alessandro Bianconcini,
reduce dalla guerra civile di Spagna e fucilato a Bologna dai fascisti. Nella nuova formazione confluirono
altri gruppi guidati da Libero Lossanti “Capitano Lorenzini” e Ernesto Venzi “Nino” - entrambi reduci da una
dura esperienza partigiana nel Veneto - oltre a Guido Gualandi detto il “Moro”. In breve tempo la 36a
Brigata divenne una delle più forti brigate dell’Appennino tosco-emiliano sostenendo combattimenti quasi
quotidiani per tutta l’estate.
Gli edifici fra i monti Altello e Carzolano nella valle del Rovigo, sembrarono il posto adatto per farne una
base partigiana e il comando venne spostato alle Spiagge, che di conseguenza diventò il primo centro
operativo della formazione. A giugno la formazione contava oltre 400 combattenti e ben 1200 verso la fine
dell’estate. Il comando della Brigata fu affidato a Libero Lossanti, mentre Guido Gualandi assunse il ruolo
di commissario. Si formarono poi due compagnie, guidate rispettivamente da Luigi Tinti e Giovanni Nardi.
I partigiani che dalla pianura si aggregavano alla 36a seguivano una trafila che partiva dalle prime colline
sopra Imola. Settimio Alpi e Guerrino Rocca erano alla guida. Accompagnavano nella notte gli aspiranti
partigiani, coloro che portavano i rifornimenti e le staffette alla Dogana, lungo il crinale che saliva verso La
Faggiola. Con una seconda tappa i gruppi raggiungevano le basi dislocate nella valle del Rovigo. Da quelle
basi partivano importanti azioni per prelevare armi e rifornimenti o di attacco e sabotaggio alle colonne
militari dei tedeschi, per ridurne le possibilità di movimento sulle carrozzabili ed ostacolarne la
predisposizione dei sistemi difensivi.
Ai primi di maggio da Casetta di Tiara salì verso Cimone della Bastia un reparto fascista alla caccia dei
partigiani, i quali si resero conto del pericolo e si spostarono verso il monte Altello. Ignaro del pericolo
Giovanni Nardi tornava da Imola con altri sette compagni. Nei pressi di Lotro il gruppo si trovò circondato
dai fascisti. Nello scontro tre partigiani, tra i quali Nardi, rimasero subito uccisi, mentre gli altri cinque
rimasti feriti, furono poi fucilati. In quelle settimane i nazifascisti compirono anche alcune pesanti
rappresaglie trucidando nove contadini di Casetta di Tiara. Il comando della Brigata intanto era stato
spostato a Cà di Vestro, al centro della valle del Rovigo. Si trattava di due antichi edifici allineati con annesso
oratorio posti sulla riva del rio omonimo (che aveva acqua per tutto l’anno), un affluente del torrente Rovigo
stesso. Le altre case che ospitarono le compagnie della 36a furono: Cà dell’Altello, Pian di Rovigo, Val
Cavaliera, Pallareto, Cà di Cicci, Pian dell’Aiara, Cà di Rovigo. Cà di Vestro diventò dunque il centro
amministrativo di una vasta area nella quale si dovevano garantire l’organizzazione quotidiana, le
necessarie difese e il rispetto della popolazione, la cui collaborazione era quanto mai indispensabile alla
Brigata. Il 14 giugno, in uno scontro ai Prati della Faggiola, fu ferito, catturato e poi ucciso, il comandante
Libero Lossanti “Lorenzini”. A seguito di quel tragico evento i comandanti delle compagnie decisero di
affidare il comando della Brigata a Luigi Tinti “Bob”.
Nella battaglia del 9 agosto del 1944 i tedeschi tentarono un attacco in grande stile alla Brigata,
convergendo dal versante toscano, dal Senio e dal Santerno. Il primo scontro fu alla Bastia, dove riuscirono
ad avanzare, ma Bob li bloccò ai Prati: scontri a distanza, uso dell’artiglieria, ma i partigiani tennero le
posizioni, ebbero perdite limitate e nella notte i tedeschi dovettero ritirarsi. L’indomani attaccarono dal
versante sud ma non sfondarono: per due giorni fu guerra di posizione, coi tedeschi che usavano armi
pesanti e artiglieria, ma con pochi risultati. La mattina del 12 nuovo attacco da sud, ma a Capanna Marcone
(oggi bivacco sempre aperto) una settantina di partigiani guidati da Guerrino presero in un’imboscata il
battaglione di fanteria che forse intendeva raggiungere il Rovigo: i tedeschi ebbero decine di morti e
altrettanti feriti e furono bloccati. Ma avevano portato in zona cannoni da 88 e numerosi mortai coi quali
sottoposero le postazioni della Brigata ad un incessante fuoco. Impossibilitato a fronteggiare gli effetti delle
artiglierie, nella notte fra il 13 e il 14 Bob concentrò tutta la Brigata alla Bastia e da lì, sul percorso di
crinale, si sganciò abbandonando così la valle del Rovigo per portarsi in quella del Sintria, che fu raggiunta
dopo un altro scontro durissimo a Castagno, dove i tedeschi furono messi in rotta.
In previsione di quella che si riteneva la battaglia finale, la brigata fu organizzata in quattro battaglioni: il
primo comandato da Edmondo Golinelli “Libero”; il secondo, “Ravenna”, comandato da Ivo Mazzanti; il
terzo comandato da Carlo Nicoli; il quarto comandato da Guerrino de Giovanni. Fu deciso che il II
battaglione avrebbe dovuto puntare su Faenza; Tinti con il grosso della brigata su Imola e Guido Gualandi
con il primo su Bologna. Causa l’andamento della campagna bellica, i piani non poterono essere realizzati
e la brigata sostenne storici combattimenti a Ca’ di Guzzo, Monte Battaglia, Santa Maria di Purocielo.
Il 16 ottobre, dopo duri e sanguinosi combattimenti, la formazione attraversò la linea del fronte e si
ricongiunse con gli alleati. Il 22 febbraio 1945 fu sciolta e la maggior parte dei partigiani si arruolarono nel
rinato esercito italiano. La brigata ebbe 1.597 partigiani riconosciuti, 102 patrioti e un numero imprecisato
di benemeriti. I morti furono 172 e 121 i feriti.
Lungo il sentiero che da capanna Marcone ci conduce in direzione Diacci-Sambuca e discende la valle fino
a giungere al torrente Rovigo, si incontra un guado, passato il quale si raggiunge il vecchio Molino de I
Diacci (834 m). Il Mulino è di proprietà privata e un tempo utilizzava le acque della cascata dell’abbraccio
per il funzionamento delle macine. Veniva prodotta principalmente farina di castagne.
Il castagno, Castanea sativa, è un albero a foglie caduche, della famiglia delle Fagacee. In Italia predilige
la fascia altimetrica che mediamente va dai 300 agli 800 metri sul livello del mare: cosiddetta sottozona
del castanetum. L'economia del castagno viene da taluni studiosi anche associata all'esistenza di una vera
e propria civiltà del castagno che avrebbe permeato nel passato, in molte regioni italiane, specialmente
lungo la dorsale appenninica e nelle grandi isole, non solo le attività agricole, forestali e l'alimentazione,
ma anche l'ambiente, il paesaggio, la struttura architettonica ed urbanistica] del territorio, l'edilizia,
l'artigianato del mobile rustico e dei serramenti, la gastronomia, perfino la letteratura, la poesia, la pittura,
l'arte in generale e la stessa cultura materiale della popolazione.
Il castagno produce frutti denominati castagne destinate all’alimentazione umana: il pane di castagne era
l’unico alimento dei poveri in tempi di carestia. Ma dal Castagno si ottengono molti altri prodotti: legname
da opera e tavole impiegate nella produzione di mobili rustici e di montagna; serramenti, infissi, morali e
travi per l'edilizia; pali adoperati per recinzioni o quali tutori delle piante nell'orticoltura e nel vivaismo
ornamentale da esterni, nel giardinaggio, nella frutticoltura e nella viticoltura; tannino per la concia delle
pelli; carbone vegetale di carbonaia e legna da ardere per cucinare i cibi e per riscaldamento degli interni;
terriccio per il florovivaismo.
Un altro impiego del castagno è in erboristeria: la farmacopea popolare lo considera una pianta officinale:
le foglie sono astringenti e sedative della tosse; la corteccia si impiega nella fitocosmesi. Anche l'apicoltura
si avvantaggia della presenza dei castagneti: i fiori maschili vengono bottinati volentieri dalle api e la
produzione è elevata: il miele è ottimo, di colore bruno scuro ed assai ricco di fruttosio e polline. Nel
castagneto si raccolgono infine ottimi funghi epigei commestibili. Le castagne vengono raccolte in ottobre,
fatte seccare nel metato e quindi macinate nel mulino per ottenere la farina dolce o farina neccia, con la
quale si preparano: la polenta dolce, i necci, il castagnaccio, i manafregoli, la marmellata di castagne e le
frittelle. Le castagne secche possono anche essere lasciate intere ed allora vengono lessate, ottenendo le
cosiddette ballotte o ballotti; se sono arrostite, si chiamano caldarroste, frugiate o anche bruciate; infine,
possono venire destinate alla produzione di dolci quali il marron glacé.
5.2.3 La Fonte di Betta
Il nostro percorso è ricco di nomi molto curiosi e suggestivi, le cascate, il rifugio e anche le fonti evocano
personaggi da leggenda oppure vicende di fantasia che hanno lasciato come tracce i toponimi locali come
ad esempio la storia della Fonte di Betta.
La sorgente sgorga nel luogo dove ebbe fine la tragica storia di Elisabetta, figlia di un nobile locale,
Sigismondo, che l’aveva promessa in sposa ad un suo fedele compagno di battaglia, molto più vecchio di
lei. Come nella più classica delle favole, la giovinetta si innamora, ricambiata, di un giovane musicista e
cantastorie che si presenta un giorno al castello. I due si fanno promesse d’amore e pianificano una classica
fuga d’amore, però un fedele servo del padre scopre l’intrigo e contribuisce ad organizzare un agguato nei
confronti del musicista, colpito a morte. La giovane Elisabetta si reca all’appuntamento e trova il corpo
dell’amato, decide quindi di togliersi la vita con il suo stiletto. La terra stessa volle piangere la sorte dei due
amanti e le sue lacrime generarono la sorgente che vediamo oggi.
6. Info e Numeri Utili
Rifugio “I Diacci”
Località I Diacci
50035 Passo della Sambuca, Palazzuolo Sul Senio FI
Tel 339 772 2208
TRENITALIA
89 20 21 per acquisto biglietti ed informazioni
199 89 20 21 servizio con risponditore automatico
www.trenitalia.com
7. Regolamento dell’escursione
Dichiarazione di idoneità
Equipaggiamento obbligatorio
Cani
Il Partecipante che voglia partecipare accompagnato dal proprio cane ha l’OBBLIGO, in fase di prenotazione,
di comunicare alla guida la presenza dell’animale al seguito, per valutare l’idoneità e le modalità di
partecipazione. Sarà a discrezione della guida confermare o meno l’idoneità alla partecipazione del singolo
cane o di più cani contemporaneamente, anche in base a taglia, sesso, carattere, e tipologia dell’escursione.
NON saranno ammessi animali in calore o che abbiano terminato tale periodo nelle due settimane
precedenti all’escursione. Il cane al seguito deve essere docile e facilmente controllabile; il Partecipante
dovrà disporre dei mezzi di conduzione e controllo dell’animale necessari a garantirne la corretta
partecipazione (guinzaglio e/o museruola o affini). Sarà compito del Partecipante assicurarsi che il proprio
cane non arrechi danno o disturbo a cose, persone o animali, che non danneggi la flora, le proprietà private,
né gli altri escursionisti. La responsabilità relativa alla conduzione del cane ed eventuali problematiche ad
essa connesse, è esclusiva del Partecipante. La mancata comunicazione della partecipazione del cane o la
mancata ottemperanza alle disposizioni atte a controllarlo, possono prevedere l’esclusione del Partecipante
dall’escursione, anche al momento della partenza.
Nel corso dell’escursione verranno effettuati scatti fotografici e/o riprese video che possono comparire su
siti di pubblico dominio e che saranno utilizzati dall’organizzazione per finalità promozionali riguardanti
l’attività stessa. La partecipazione all’escursione sottintende il nullaosta alla pubblicazione del suddetto
materiale.
Telefoni cellulari
I partecipanti sono invitati a mantenere spenti i propri telefoni cellulari. Se questo non fosse possibile,
occorre comunque che le suonerie vengano disattivate. In caso di necessità, l’interessato è pregato di
allontanarsi dal gruppo previa comunicazione ed autorizzazione della guida, rimanendo comunque in vista
alla stessa.
La partecipazione alle nostre escursioni comporta l’accettazione incondizionata del presente regolamento.
La quota di partecipazione comprende esclusivamente il servizio di accompagnamento.
Tutte le guide del gruppo sono iscritte ad AIGAE, l’Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche.
Hanno seguito selettivi e impegnativi corsi della Regione Emilia-Romagna ottenendo così
l’abilitazione a esercitare la professione. Sono assicurate come da disposizioni della Legge Regionale
Emilia R.- N.4 del 1/2/2000 e succ. modifiche.
7.1 Regolamento del Complesso Forestale Giogo – Casaglia