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Filomena Esposito

Matricola N55003700
Pagine 54-65 di Lessico famigliare di Natalia Ginzburg: analisi tematica e
linguistica.

Natalia Levi, in arte Natalia Ginzburg, scrive il suo capolavoro, Lessico Famigliare,

pubblicato da Einaudi nel 1963, dopo un lungo processo di costruzione della propria

prosa narrativa in cui matura l’armonia tonale della voce narrante con il parlato dei

personaggi1. L’opera maggiore della Ginzburg ebbe un grande successo di vendite,

sebbene non mancarono voci discordanti che alimentarono la critica verso l’autrice;

eppure in luglio dello stesso anno, Lessico Famigliare le assicurò la vittoria del premio

Strega, superando Tommaso Landolfi e Primo Levi. 2 Lessico Famigliare ebbe un

impatto notevole soprattutto sul pubblico di massa e tale successo, con l’edizione del

1972 nella collana einaudiana "Letture per la scuola media”, le permise di inserirsi

all’interno del canone scolastico. Contribuì largamente alla fortuna critica dell’autrice

il critico Cesare Garboli, in quanto riuscì a revocare, con la Prefazione al primo dei

due volumi dei Meridiani Mondadori delle Opere, l’etichetta, di fatto consolidata, che

attribuiva all’autrice la scrittura di un solo libro e di darne una lettura gender oriented,

cioè di una narrazione tipicamente femminile, ma anzitutto fu capace di intravedere

una riflessione antropologica verso la società italiana, dietro l’esteriore monotonia dei

temi della Ginzburg 3. Lessico Famigliare, ambientato soprattutto a Torino tra le due

guerre mondiali, racconta di una famiglia ebraica ed antifascista, i Levi; l’autrice ci fa

conoscere tutti i membri della propria famiglia: il padre, la madre, i tre fratelli (Gino,

Alberto, Mario), la sorella Paola, i nonni e suo marito Leone, in una quotidianità che
1
Montuori, F. (2022). SAGGI DI LINGUISTICA E STORIA DELLA LINGUA ITALIANA PER RITA LIBRANDI, Franco
Cesati editori, p.237.
2
Scarpa, D. (2016). Per un ritratto di Natalia Ginzburg, Griseldaonline, 16.
3
Manetti, B. (2018). Natalia Ginzburg. Il romanzo in Italia, 3.
1
resiste tra il fascismo, la guerra, i campi di concentramento, la Resistenza e la

successiva Liberazione.4 La straordinarietà di quest’opera è che, nonostante quel

determinato contesto storico, particolarmente difficile per una famiglia ebraica, la

Ginzburg non si soffermerà a lungo sulla Storia, ma sulla vita famigliare: la vita

privata e i suoi rituali si pongono come testimonianza di una generazione che ha

vissuto il fascismo, in una cronaca che rende i Levi emblema della quotidianità e della

famiglia unita.5 La Ginzburg stessa parlò di Lessico Famigliare sul giornale Corriere

della sera, poco dopo l’uscita del romanzo:

˝ Il mio libro, che sta per uscire, Lessico famigliare, non è nato da un ricordo o da una sensazione, è

nato da una folla di ricordi. L´estate passata, pensai che desideravo scrivere un breve racconto, o

meglio un breve saggio, dove fossero enumerate, su un tenue filo di ricordi d´infanzia, le frasi, le

parole e le storie che avevo nell´infanzia udito, che nella mia infanzia usavano ripetere sempre: di

simili frasi, parole e storie, ogni famiglia ha le sue proprie, e costituiscono il nucleo e il fondamento

di ogni circolo familiare.

Ma quando, nel tardo autunno, cominciai a scrivere, mi accorsi fin dalle prime pagine che avrei

scritto non un piccolo racconto o saggio, ma un libro; perché sulla traccia di quelle frasi, parole e

storie, m´era venuto l´impulso di ricercare e far rivivere sia l´atmosfera in cui venivano pronunciate,

sia le persone che usavano pronunciarle: e cioè l´atmosfera di casa mia, e le figure dei miei genitori,

dei miei fratelli, dei loro amici, e degli amici miei. Non desideravo molto soffermarmi sulle mie

sensazioni infantili, e non l´ho fatto; e in genere, non avevo molta voglia di parlare di me. Desideravo

invece parlare di tutti quelli che mi circondavano; ma non tanto in relazione a me, quanto in

relazione ai miei genitori, i quali sono i veri protagonisti di questa storia.

Ma pur essendo un libro fatto esclusivamente di cose vere, mi sembra che si configuri egualmente

come un romanzo: e vorrei che fosse letto così. Perché come testimonianza o cronaca di una epoca

4
Garboli, C. (2005). Opere e Lessico famigliare. Storie di Seduzione. Torino: Einaudi.
5
Ibidem.
2
passata, il suo valore è dubbio: difatti io mi sono attenuta a rievocare soltanto quello che sapevo e

ricordavo con assoluta certezza; e anche di quanto ricordavo, non ho detto tutto, ma soltanto ciò che

era in qualche modo penetrato fra le mura di casa nostra, o nel mondo della mia famiglia.˝ 6

Cesare Garboli rifletterà sul fatto che la Ginzburg applica a Lessico famigliare l’idea

di romanzo concepito come “frutto di privazione”: questo modo poetico di

appropriarsi del romanzo e di spremerlo per farne uscire la musica proviene da un

imbroglio metafisico, dalla confusione tra memorabilità del vissuto e la sua eternità. 7

Di fatto, il capolavoro della Ginzburg si fonda sull’idea dell’appartenenza; tutte le

espressioni che usa sono rappresentazione di coesione, convenzioni, unità, presupposti

comuni che ridanno movimento a quelle fotografie che appaiono all’interno della

narrazione8. Il libro viene scritto nel linguaggio parlato, pieno di termini che

provengono dal linguaggio comune e quotidiano: come spiegherà Garboli, la

seduzione passa da chi scrive a chi legge senza incontrare ostacoli grazie alla sovrana

semplicità dello stile e a un fraseggio fatto di tempi, ritmi, pause, misure, cadenze

infallibili.9 Enrico Testa definisce lo stile “famigliare” della Ginzburg come stile

semplice, limpido, scarno, essenziale, rapido; è uno stile paratattico, estremamente

concreto e preciso.10 La Ginzburg elabora una scrittura che tende alla medietà e all’

esaltazione della dimensione media del linguaggio, più comunicativa; rinuncia a usare

linguaggi in senso straniante prendendo le distanze dall’espressionismo di Gadda.

Chiaramente quando Natalia Ginzburg dice di voler scrivere un italiano colloquiale e

familiare è perché, oltre alla memoria familiare, vuole attraversare tematiche culturali

che riguardano l’Italia, attraverso spesso figure femminili che sono sempre un po’ ai
6
Cit. N. Ginzburg, Lessico famigliare, p. 217.
7
Garboli, C. (2005). Opere e Lessico famigliare. Storie di Seduzione. Torino: Einaudi
8
Ibidem.
9
Ibidem.
10
Bertoni, Testa, Lo stile semplice.
3
margini, che osservano con grandissima attenzione le dinamiche emotive intorno a

loro, e che parlano piano, in modo “essenziale”, perché mimano la loro posizione

invisibile nello spazio familiare; a tal riguardo ella stessa dirà:

“Beh io per tutta la vita, nella mia famiglia, dovevo parlare poco, mi sentivo a disagio quando dovevo

parlare, avevo dei pochi slot temporali e dovevo usarli nel miglior modo possibile”.

La scrittrice sfrutta il capitale espressivo, analitico e simbolico dell’italiano parlato per

arricchire la lingua scritta: è quindi una lingua funzionale al tema centrale del

romanzo, e cioè più specificamente, alla famiglia e alle sue particolarità 11


. Natalia

Ginzburg ha un atteggiamento stilistico di ironia verso le sue miserie e di compassione

verso le miserie degli altri: tutte le grandi tragedie esistenziali sono quasi dette en

passant; la Ginzburg si avvicina a quella che in Francia si chiama école du regarde,

perché mette in scena una scrittura che prova a non entrare nella psicologia, ma prova

a cogliere tutti quei dettagli, che sono indicativi di posture etiche, esistenziali ed

emotive. Ella presta attenzione “alle cose semplici, fatte di niente, fatte delle cose che

si guardano”, a ciò che per gli altri è inessenziale, mentre per lei è essenziale, come

dirà in merito il critico Luciano Parisi. 12 Lessico Famigliare è un’autobiografia

comunitaria, attraversata da storia e cronaca, racconto autobiografico e

rappresentazione corale: la narratrice è la stessa autrice che ha un’attitudine

esistenziale a osservare gli altri e a cogliere una sorta di distanza da loro, e allo stesso

tempo a cercare quei fili più o meno visibili che collegano l’esperienza esistenziale, in

una sorta di dicotomia che vede da un lato la solitudine del singolo, dall’altro la rete

comunitaria. Per tale motivazione, il Lessico è considerabile un romanzo corale,

11
Testa, E. (1997). Lo stile semplice. Discorso e romanzo. Torino: Einaudi.
12
Parisi, L. (2002). I romanzi di Natalia Ginzburg. Quaderni dell’italianistica, 107.
4
esclamativo, in cui domina una forte armonia tra la voce narrante e la voce dei

personaggi, differenziati rispetto alla narratrice da una colorita caratterizzazione

linguistica. Sicuramente, leggendo la Ginzburg, bisogna tenere in considerazione

anche l’influenza esercitata dalla sua produzione saggistica che dal 1944 va in

concomitanza con quella narrativa: è da questo processo che deriva la natura ibrida del

testo, che è al contempo romanzo autobiografico e saggio. Manetti mette in evidenza

la capacità del linguaggio e delle parole nel ricreare il ricordo, infatti laddove la

memoria di Ginzburg non può spingersi per ovvi motivi anagrafici o per la sua assenza

dalla scena interviene la madre 13.

«Il ricordo non può fare una passo senza tirarsi dietro la glossa, il commento, le pietre e le calce del

saggio e dove matura la consapevolezza della capacità poietica delle parole, che non solo

custodiscono il ricordo ma lo fanno esistere.» (Magrini, 1996b, p.798). 14

Adesso è utile procedere all’analisi tematica e linguistica delle pagine (54-65) del

romanzo, per osservare da vicino quanto appena esplicato. Le pagine in questione

raccontano dei rapporti tra i genitori e i fratelli della protagonista che in quel tempo

erano stati o arrestati o costretti a fuggire;poi racconta del matrimonio di Paola e di

tutti i suoi fratelli e, in seguito, anche di quello di Natalia che si sposò con Leone

Ginzburg ed ebbe, come gli altri, dei figli, per cui ebbe necessità di trasferirsi in

un'altra casa a Torino. Poco dopo Leone morì lasciandola sola con i suoi due figli e la

mamma venne a stare da lei per qualche tempo; Natalia conobbe delle ragazze che in

breve divennero sue amiche, tra cui Lola, che pochi anni prima le era in odio.

Poi decise di trasferirsi definitivamente a Roma, dove passò tutta la sua vita. La

narrazione è in prima persona, guidata dalla stessa autrice, Natalia, la più piccola della
13
Manetti, B. (2018). Natalia Ginzburg. Il romanzo in Italia, 3.
14
Ibidem.
5
famiglia, la quale rivive con la mente una successione di avvenimenti passati in casa

dei genitori, durante la sua infanzia e la trepidante fuoriuscita dal nido familiare e il

suo impatto con il mondo.

Calvino, a tal riguardo, si esprime dicendo:

«La debolezza e la parzialità di questa prima persona è qualcosa di più di un espediente narrativo, è

la via per esprimere un rapporto con il mondo, un rapporto diretto, mai psicologizzato, mai

intellettualizzato, mai liricizzato» (Calvino, 1995, vol.I, 1087) 15.

In queste pagine lo stile è prettamente paratattico, e sicuramente polifonico, così come

ci viene invece spiegato da Luciano Parisi. Lessico Famigliare ha uno stile polifonico

per tre motivazioni diverse: perché vediamo intrecciarsi costantemente due voci

diverse, quella dei Levi e quella della narratrice che fornisce ai lettori le coordinate per

riuscire a comprendere alcune delle formulazioni più stravaganti, perché si passa da un

personaggio all’altro e nessun di questi domina sugli altri e perché le battute passano

da un personaggio all’altro, in un continuo rinnovamento dei significati.16

Ciò che è immediatamente evidente in queste pagine è la dialettalità, che irrompe in

quanto componente della gergalità del lessico familiare, un lessico “speciale” nel quale

un gruppo si identifica attraverso il collettivo riconoscimento delle forme linguistiche

che caratterizzano i singoli componenti. Vediamo alcuni esempi: «Riguardo alla frutta,

usava compare sempre certe mele chiamate, a Torino, “carpandue”. Diceva “son

carpandue!” come diceva di una maglia “è di Neuberg!” e di un paltò: “è del signor

Belom!” Quando capitava che mio padre si lamentasse delle mele che venivano in

tavola, trovandole cattive, mia madre diceva stupita: – Cattive? son carpandue!» (p.

15
Ibidem.
16
Parisi, L. (2002). I romanzi di Natalia Ginzburg. Quaderni dell’italianistica, 107.
6
62). Il triestino “malignaso” viene italianizzato in “malignazzo”(pag.61), mentre il

dialettale “vegia”(pag.62) viene utilizzato, dalla madre, in un enunciato in italiano.

Inoltre, appaiono regionalismi e dialettalismi: «– Mi hai fatto un caffè che è una

sbroscia, non potresti farlo più forte?» (pag. 62); «Quanto alla regina Elena, non la

poteva soffrire. – Una bellona! – diceva: termine per lei dispregiativo. – Una paisana!

una stupida!» (p.62) . La lingua del padre ha una caratterizzazione quasi

esclusivamente lessicale, perché utilizza spesso parole del dialetto triestino: “ –

Sgarabazzi! sbrodeghezzi! – e non disse altro.” (pag.65). L’armonia linguistica di

Lessico Famigliare si concretizza nei riferimenti al dialetto, componente effettiva della

gergalità familiare: l’uso del dialetto non è mai neutro, ma bisogna sempre considerare

l’esistenza di un codice inferiore e uno superiore, almeno nella percezione. E’

frequente uso dell’imperfetto indicativo invece del congiuntivo: «mi chiedeva, prima

d'andarsene, come stavano i miei bambini, e io dicevo che stavano bene». Nelle pagine

esaminate, l’elementarità dello stile della Ginzburg si rende evidente a partire

dall’utilizzo di forme grammaticali che possiamo definire “scolastiche” e cioè

l’utilizzo dei pronomi come il quale: «[…] il quale era sempre più preoccupato dei

soldi» (pag.61) Molto utilizzato è anche il modulo costituito da quanto a + sostantivo:

«Quanto al vecchio padre delle mie due amiche di via Governolo […] ». In ogni

pagina si incontrano inversioni dell’ordine lineare della frase, con posposizione del

soggetto al predicato o ancora con la tematizzazione dell’oggetto diretto, «Era morto

in Spagna, in combattimento, il figlio di Giua»;« Io, questa vita facile, prima di

sposarmi l'avevo», con il ne partitivo «perché lui di coraggio non ne aveva», con la

doppia forma pronominale « A me mi pare che questi sono anche più noiosi di noi! » e

con lo che funge da richiamo di proposizione «Ho sete ma non lo dico». Anche
7
l’anacoluto, il caso-limite della dislocazione, è presente: «La guerra, noi pensavamo

che avrebbe immediatamente rovesciato e capovolto la vita di tutti.» Frequenti sono

anche le figure retoriche, l’anafora in particolare: «e lui raccontava, nei più minuti

particolari, di ogni cosa che aveva fatto e di ogni persona che aveva incontrato». Un

altro esempio di figura retorica è il poliptoto: «L'aveva tradotto, diceva, per suo puro

piacere; e l'avevano sì pagato, ma l'avrebbe fatto anche per niente ». Appaiono termini

provenienti dall’ambito medico, come “tracoma”; sono presenti anche locuzioni latine

come : «– Nigra sum, sed formosa.». Al livello di rapporti interfrasali, vengono attuate

anche connessioni col che «– Ieri hai fatto un piatto di carne, che ce n'era anche per i

poveri della parrocchia! – diceva ». Nella partitura oralizzante del testo compaiono

anche se no per altrimenti «Veniva perché se no non avrebbe saputo come passar le

serate», e moduli di spiccata caratterizzazione parlata come ma però «In Francia non è

perfetta, ma è però migliore!». Interessante è l’atteggiamento della Ginzburg riguardo

gli errori: l’autrice lascia invariate le pronunce errate, così come vengono usate dalla

sua famiglia, perché garantiscono al lettore che il romanzo in questione è un romanzo

della memoria: dunque, non è importante la veridicità di quanto riportato, e dunque i

ricordi vengono presentati così come sono, con uno statuto ambiguo che i ricordi stessi

hanno. A tale scopo utilizza le glosse, ovvero parole che hanno una funzionalità

mnemonica. Lessico Famigliare pare sia una ricostruzione attendibile del progressivo

passaggio da un uso sociale del dialetto tipico degli anni Trenta a un uso sociale

dell’italiano accanto al dialetto degli anni Cinquanta. C’è una volontà di conformità di

voci diverse: alla Ginzburg non interessa una resa linguistica diversa tra i personaggi.

Nel complesso abbiamo un quadro sofisticato in cui c’è semplicità, un effetto stilistico

prodotto attraverso strumenti retorici-linguistici. Sembra evidente, dunque, che così


8
come osservato da Montuori, nella scrittura letteraria del Lessico Famigliare, i gerghi e

i dialetti non devono manifestarsi necessariamente stridendo con la lingua della

tradizione: in letteratura è possibile rendere ordinata la convivenza di varietà regionali

e registri con quell’italiano di tutti i giorni che la Ginzburg ha usato per scrivere il suo

romanzo 17.

17
Ibidem.
9

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