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arboricoltura generale
ARBORICOLTURA GENERALE
SVILUPPO E FRUTTIFICAZIONE
CICLO VEGETATIVO produrre nuova biomassa, crescita del germoglio, nuove foglie
CICLO RIPRODUTTIVO porta alla formazione del seme (organo di riproduzione), può essere
parziale/deviato se ci interessa soltanto avere il frutto e non il seme. Coltivazione= mondo
artificiale da sempre modificato dall’uomo seppur rimanendo in linea con la natura
- Fotosintesi
- Relazioni idriche e traspirazione
- Nutrizione minerale
- Ormoni
- Riproduzione
- Moltiplicazione (Rizogenesi, Talea, Ceppaia, Innesto): sapere come si propaga
- Organizzazione vivaistica (sistema di certificazione, organizzazione, ciclo di produzione
di piante arboree da frutto)
- Criteri di scelta dei portinnesti
Anche gli alberi non coltivati, ma spontanei, possono essere molto utili e permettere la
sopravvivenza di alcune popolazioni Africa (Baobab - cibo)
1. STRUTTURA DELL’ALBERO
Alberi molto simili, con fenotipi molto diversi ciliegio con innesti
PARTE AEREA
- Scheletro (fusto, branche, rami-parte distale) organi che si trovano anche negli alberi
decidui (rimangono fissi)
- Gemme: anche in inverno
- Germogli: solo nella fase riproduttiva
- Foglie
- Fiori e frutti
PARTE RADICALE
Tronco / fusto. Tronco è più basso ed è stato potato. Fusto= asse centrale intatto
Alberi a fusto unico o con più fusti come il nocciolo.
- Fusto
- Branche (in inverno senza gemme)
- Rami: con la maggior parte delle gemme= base di tutto, organo più importante. Sono
quelle che in primavera diventano germogli. I rami possono essere più o meno sviluppati.
Le foglie cadono in autunno
ALBERO SEMPREVERDE (olivo, agrumi)
- Fusto (tronco/fusto/ceppo/ciocco)
- Branche
- Rami sui quali sono presenti foglie, alla cui ascella vi sono le gemme, e a volte i frutti
(foglie durano alcuni anni)
TRONCO
Ha una propria morfologia che ci può definire il tipo di albero, in base alle caratteristiche
della corteccia
ALBERO DECIDUO DURANTE LA STAGIONE VEGETATIVA (primavera-estate)
- Fusto
- Branche
- Rami
- Germogli: che derivano dalle gemme presenti sui rami; portano foglie e talvolta
fiori/frutti
- Fiori/frutti possono essere portati anche direttamente sui rami, quando derivano da
gemme particolari (“a fiore”)
RAMI
Distinguiamo i rami in base al tipo di gemme presenti su di esso ed in base alla loro
dimensione.
Diversi tipi di germogli generano diversi tipi di rami. Germoglio cresce con ritmi variabili e
genera internodi di diversa lunghezza.
Col tempo e a partire dalla base, i germogli si accrescono anche in spessore (crescita
secondaria) e tendono a lignificare per poi diventare rami. La lignificazione procede per tutto
l’anno.
Al termine della stagione successiva, la porzione legnosa che corrispondeva al ramo, prende
il nome di branca.
La loro caratteristica è quella di portare le gemme sui nodi (in corrispondenza del punto dove
erano presenti le foglie).
- Rami a legno: presentano solo gemme a legno (di tipo vegetativo), tra di essi si ricordano
anche polloni (derivano da gemme avventizie formatesi a livello radicale, crescendo
entrerebbero in competizione con l’albero-come un fusto secondario-accestimento) e i
succhioni (cresce soltanto ma non fruttifica). In posizione elevata sull’albero
- Rami a fiore (a frutto): nel periodo della fioritura solo gemme a fiore e qualche gemma a
legno (foglia, prolungamento ramo)
Pomacee (melo e pero) brindillo con gemme laterali a legno, gemma apicale mista
Drupacee (pesco, ciliegio, susino) brindillo con gemme laterali a fiore, gemma apicale a
legno
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DARDI: tipici delle drupacee con rami corti (da pochi mm a qualche cm) che terminano con
una gemma a legno (dardi vegetativi) e sono formati da numerose gemme a fiore laterali e
una gemma apicale a legno. Formazione di un dardo fruttifero in ciliegio (nello stadio di
germoglio): si notano bene le gemme a fiore all’ascelle delle foglie ravvicinate, oltre alle
quali è presente anche una gemma a legno, che permette di rigenerare il dardo e consentire
una produzione di frutti anche l’anno successivo.
LAMBURDE: tipiche formazioni fruttifere di melo e pero, terminano con una gemma mista o
talvolta a legno. Quando la lamburda si forma sopra una lamburda pre-esistente, si forma
alla loro base un tessuto di riserva detto “borsa”. Borsa e lamburda realizzano, insieme,
formazioni tipiche di organi invecchiati, denominate “zampe di gallo”.
RAMI ANTICIPATI
Derivano dalla lignificazione di germogli anticipati, ossia di germogli che sono stati formati
da gemme (definite “pronte”) che si schiudono nell’anno stesso della loro formazione
all’ascella della foglia, e non nella primavera seguente.
Talvolta, se una gemma si comporta come gemma pronta, esaurisce il potenziale di crescita,
ossia non ci saranno gemme ibernanti in quel punto. In altre specie, esempio la vite,
troviamo sia gemme pronte che gemme ibernanti all’ascella della foglia.
INNESTO= mettere insieme due genotipi polloni; Il portainnesto è la porzione di pianta che
fornisce le radici all'innesto che dà invece i fiori e i frutti
COLLETTO= zona di contatto tra innesto e terreno (punto di passaggio tra la parte epigea e
quella ipogea), zona delicata, possono inserirsi facilmente insetti e funghi, zona da
mantenere controllata. È una zona
specializzata che consente di resistere alla pressione del terreno circostante ed è il punto
fino al quale le piante devono essere interrate al momento del trapianto: se la pianta viene
interrata meno rischia di morire per esposizione delle radici, se viene interrata troppo viene
lesionato il fusto e possono insorgere patologie, come il marciume del colletto. In natura può
accadere che le radici restino esposte per dilavamento del terreno in seguito a forti piogge,
in tal caso la pianta riesce a irrobustire le radici in modo da resistere all'esposizione (ad
esempio certi ulivi secolari).
- Radici
- Branche
- Tronco-fusto
- Radici grosse
Dal punto di vista istologico, le strutture legnose (rami, branche fusti, radici strutturali)
sonno così formate (esterno interno)
CORTECCIA
-- sughero
-- fellogeno (tessuto meristematico, ovvero cellule capaci di dividersi e produrre altri
tessuti; non molto spesso)
-- felloderma
LEGNO
-- trachee, tracheidi, fibre e tessuti parenchimatici nelle angiosperme
-- solo tracheidi nelle conifere che assolvono al compito di trasporto, sostegno e
riserva di sostanze nutritive
LE GEMME
- Latenti
- Avventizie
ELEMENTI: brattee, foglie vere, foglie di transizione, perule, primordi del fiore centrale,
primordi dei fiori laterali
Alcune specie da frutto hanno gemme miste con infiorescenze dalla cui base si sviluppa un
germoglio (melo, pero). Altre hanno gemme miste che sviluppano germogli, che portano i
fiori all’ascella delle foglie nel tratto basale (vite).
GEMME ANTICIPATE
Germogli anticipati si sviluppano soprattutto nella parte basale del germoglio principale ed in
momenti di intensa crescita.
La loro emissione può essere stimolata da
potature, eliminazione di foglie e con irrorazione delle gemme con una classe di ormoni
chiamata citochinine (CYT).
Importanza dei rami anticipati in vivaio (più che nei campi veri e propri)
Noce: specie monoica, fiori unisessuali sulla stessa pianta come il mais
Particolari gemme avventizie possono prendere la forma di noduli inglobati nella corteccia
(SFEROBLASTI), oppure di ovuli (tipo nell’olivo).
Gemme a legno sono spesso (ma non
sempre, es. vite) facilmente riconoscibili quanto più appuntite e più piccole delle gemme
riproduttive dello stesso albero.
Gli alberi giovani e soprattutto quelli dotati di un elevato vigore non portano gemme a fiore o
miste ma posseggono solo gemme a legno di tipo vegetativo.
Alberi adulti posseggono sia gemme
vegetative che gemme riproduttive, in un equilibrio variabile in funzione del genotipo, delle
tecniche colturali.
Alcune specie o varietà hanno la tendenza ad alternare anni con elevata presenza di gemme
a fiore con anni di loro bassa presenza (mela Fuji, pistacchio).
2. LA CHIOMA
Rappresenta il rivestimento dell’albero e racchiude gli organi effimeri (ossia che non
permangono – spesso non sono dotati di accrescimento secondario). = tutto ciò che non è lo
scheletro
- Gemme
- Germogli
- Foglie chioma
- Fiori
- Frutti
1) GERMOGLI
Sono assi vegetativi erbacei formati da nodi ed internodi. Derivano dall’attività di meristemi
(cellule con attività mitotica), che si realizza in alcuni periodi dell’anno (crescita primaria).
Col tempo e a partire dalla base, i germogli si accrescono anche in spessore (crescita
secondaria) e tendono a lignificare per poi diventare rami di solito in estate e a partire
dalla base. Hanno lunghezza variabile, in base al ritmo di crescita.
Tessuti meristematici = tessuti formati da cellule con la capacità di dividersi CAMBIO
tessuto responsabile della crescita in spessore.
2) FOGLIE
Le foglie assolvono funzioni essenziali quali:
- Fotosintesi
- Traspirazione
- Sintesi ormonale
- Accumulo temporaneo di nutrienti a acqua
- Il loro ruolo e la loro efficienza, soprattutto nel periodo successivo a quello di raccolta
dei frutti è inoltre essenziale per la costituzione delle riserve.
Le foglie sono portate sui germogli o sui rami (nelle specie sempreverdi) secondo una
disposizione della singola foglia (fillotassi) alterna, opposta o verticillata, volta a
massimizzare l’intercettazione luminosa. A volte sono disposte a spirale lungo il germoglio.
AMPELOGRAFIA, POMOGRAFIA
Sono l’organo della chioma che è maggiormente appariscente che la caratterizza,
permettendone il riconoscimento, l’identificazione del genotipo.
Come si esprime la quantità di foglie per albero o per ettaro. LAI= leaf area index, indice
di area fogliare (area foglie m2/ area suolo su cui stanno le foglie m2). Melo max 2,5/3,
agrumi max 4,5/5. Non tutte sono in grado di utilizzare al meglio la luce (più luce a quelle
esterne rispetto a quelle interne)
Quanto tempo risiede una foglia sul germoglio/ramo: meno di una non nelle caducifoglie,
fino a 3 anni nei sempreverdi.
TIPI
La foglia può essere singola (melo, vite) o composta come nel noce, pistacchio.
La foglia si compone essenzialmente di lamina, nervatura centrale e secondarie e picciolo.
Quest’ultimo, oltre a consentire i movimenti della foglia nell’aria facilitando il ricambio
dell’anidride carbonica, del vapore acqueo e l’esposizione anche temporanea alla luce,
collega vascolarmente la foglia con il ramo in corrispondenza di un punto che prende il nome
di nodo.
Il numero degli stomi per mm2 di foglia varia tra 125 nella vite e 500 nell’olivo, per una
superficie complessiva che rappresenta circa l’1-2% della superficie totale della foglia.
Glandole lungo il picciolo, non hanno una grande funzione, solo per riconoscere
eventualmente le varie varietà. Uguale per le stipule, loro però sono anche simbolo di una
proliferazione di virus.
3) FIORI
Ermafroditi o unisessuali (autosufficienti, capaci di autofecondazione in assenza di altre
limitazioni). Raramente (carrubo) sullo stesso individuo sono presenti fiori ermafroditi E
unisessuali. Se una specie
presenta fiori unisessuali, allora possono realizzarsi due situazioni: specie monoiche
(castagno, noce, nocciolo) o dioiche con individui femminili e maschili (pistacchio, actinidia).
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Le specie da frutto delle zone temperate ed appartenenti alla famiglia delle Rosacee
(pomacee e drupacee) sono accumunate da un unico modello di fiore:
- Perfetto
- Ermafrodita
- Con calice a 5 sepali
- Corolla a 5 petali
- Numerosi stami
- Un pistillo mono-carpellare nelle prunoidee e penta-carpellare nelle pomoidee
4) FIORI
I frutti e le infruttescenze sono collegati al germoglio [vite, kiwi] o al ramo [mela] (raramente
alla branca-tronco, in questo caso si parla di specie cauliflorie, ossia che posseggono gemme
a fiore anche su branche-fusto, es. cacao) attraverso organi analoghi ai piccoli che definiamo
“peduncoli”.
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- FRUTTI FALSI alla cui formazione concorrono altri tessuti del fiore (es. ricettacolo). Si
possono sviluppare anche senza fecondazione (senza semi = partenocarpico banana,
clementine, alcuni tipi d’uva)
MORFOLOGIA
Sono di regola costituiti da un ESOCARPO, da un MESOCARPO e da un ENDOCARPO, che nei
diversi tipi di frutti assumono dimensioni e consistenze diverse.
Si distinguono FRUTTI SECCHI e FRUTTI CARNOSI.
Questa distinzione è sia di tipo botanico sia di tipo commerciale (noci, pistacchi vs mele,
pesche).
Nel caso della frutta secca noi mangiamo il seme
- Le drupe, che nei frutti carnosi hanno esocarpo secco membranoso, mesocarpo carnoso
ed endocarpo osseo mango, olive, datteri
- Le bacche che hanno esocarpo membranoso, mesocarpo ed endocarpo carnoso
acini uva, passion fruit, banane, kiwi, cacao
- I pomi, che hanno un aspetto intermedio tra le bacche e le drupe
- Gli esperidi, che hanno esocarpo membranoso di colore giallo (flavedo), mesocarpo
spugnoso bianco (albedo) ed endocarpo polposo diviso a spicchi mandarini, arance,
limoni
Lenticelle= puntini sulla mela, facilitano scambi gassosi, possono essere presenti anche sui
rami.
Frutti (e semi) deiscenti (si aprono o staccano da soli) o indeiscenti (carattere spesso voluto
ed apprezzato). Quasi sempre il prodotto con interesse commerciale dell’albero da frutto è il
frutto stesso, talvolta è il seme (es. mandorlo) o una parte di esso (noce, dove sono presenti
cotiledoni molto sviluppati).
SEME costituito da embrione, tessuti di riserva (endosperma e cotiledoni), tessuti di
protezione (tegumenti, più o meno spessi, es. sono poco spessi nelle drupe, dove il seme è
protetto dall’endocarpo legnoso). In alcuni semi,
come quelli di abete, detti albuminosi, all’interno dell’involucro è contenuto un abbondante
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3. LE RADICI
FUNZIONI
- Ancoraggio
- Assorbimento dell’acqua
- Assorbimento di nutrienti
- Produzione di ormoni (citochinine)
- Riserva di azoto (proteine e aminoacidi) e di carboidrati (amido)
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[Suberina=“lignina”]
Le radici
avventizie
non sono
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Per convenienza spesso si fissa a 2mm di diametro il limite che separa le radici fini da quelle
grosse.
In realtà si possono distinguere (in base alla funzionalità):
- Radici fibrose (molto fini) di breve durata (alcuni mesi e poi muoiono sostanza
organica)
- Radici di allungamento (Pioneer roots, poco ramificate)
- Radici di transizione (fibrose o di allungamento, ma in fase di divenire strutturali)
- Radici di conduzione e di accumulo (grosse)
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- Ciclo vegetativo
- Ciclo riproduttivo
In funzione del tipo di coltivazione (es. se si vuole produrre legno e frutti) i due cicli hanno
importanza diversa.
Entrambi i cicli convivono e devono svilupparsi al meglio in un albero da frutto. Nelle
coltivazioni arboree da legno prevale il primo.
CICLO VEGETATIVO
CICLO RIPRODUTTIVO
- Induzione a fiore
- Differenziazione a fiore
- Periodo di dormienza
- Completamento della differenziazione a fiore
- Fioritura
- Fecondazione
- Crescita dei frutti e dei semi
- Maturazione
Gli alberi di tipo deciduo hanno sviluppato particolari strategie per sopravvivere ai freddi
invernali. Durante questi periodi, nell’albero non si realizza nuova
crescita anche se temporaneamente le condizioni climatiche lo permettessero.
Si dice che l’albero è in
una fase di dormienza; in realtà sono le gemme ed i meristemi cambiali ad entrare in
dormienza.
Anche se non si assiste a visibili fenomeni di crescita nella gemma, ciò non significa che non
vi sia attività nella gemma stessa.
La dormienza delle gemme ha affinità con la dormienza del seme (stato di quiescenza che
per essere interrotto e perché sia abbia la sua germinazione ha bisogno di un periodo di
basse temperature= vernalizzazione del seme).
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- paradormienza (estiva)
- endodormienza (dal termine dell’estate fino all’inverno)
- ecodormienza (fine inverno)
1) PARADORMIENZA
Controllo esercitato da fattori esterni alla gemma ma interni all’albero.
La crescita delle gemme laterali può essere stimolata dall’asportazione della gemma apicale
o da applicazioni di citochinine sulle gemme stesse
Oppure
di nuovo impedita dall’applicazione esogena di auxine in grado di mimare l’effetto della
gemma apicale.
I diversi genotipi (tra specie e all’interno della stessa specie) differiscono circa:
2) ENDODORMIENZA
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La prova che una gemma è entrata in endodormienza si ha quando essa non risponde a
trattamenti che erano in grado di provocare l’uscita dalla paradormienza.
La gemma esce dalla endodormienza solo quando è in grado di rispondere a stimoli esterni
che promuovono il germogliamento (temperature elevate).
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3) ECODORMIENZA
È quella fase della dormienza in cui le gemme hanno solo bisogno di accumulare calore per
schiudersi.
Di solito a febbraio-marzo (alle nostre latitudini).
Più rapido è l’accumulo di calore, prima si schiuderanno le gemme e prima si realizzerà la
fioritura (ed i rischi di gelate tardive).
ASPETTI PRATICI
L’importanza pratica
della dormienza riguarda
la coltivazione di specie o
varietà in ambienti con
inverni assai più miti di
quelli dove sono state
selezionate.
In tali situazioni la schiusura delle gemme è parziale e di
conseguenza il ciclo vegetativo e quello riproduttivo sono alterati.
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5. CICLO RIPRODUTTIVO
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- Presenza di sink forti (es. eccessiva quantità di frutti nelle parti vicine alla chioma, non
ci sono nutrienti a sufficienza per tutti i germogli).
SINK= potere di richiamo dei fotosintati da
parte di un organo (frutti, apice in crescita sink forte - radici, gemme sink debole)
- Eccessivo vigore vegetativo (germogli in forte crescita)
- Eccessiva concimazione azotata (va bene se dobbiamo stimolare la crescita del legno)
Per quanto riguarda l’induzione a fiore, le specie arboree da frutto di climi di tipo temperato
sono in genere “neutrali” verso il fotoperiodo. Ossia, l’induzione antogena avviene
indipendentemente da esso (a differenza della fragola, che può essere brevidiurna,
longidiurna o neutrale).
DIFFERENZIAZIONE MORFOLOGICA
Il primo sintomo è l’appiattimento dell’apice meristematico nella gemma.
Poi compaiono i primordi dei sepali
(calice) e petali (corolla). Successivamente
si completa la differenziazione dei primordi degli stami e del pistillo.
[Il meristema nella fase iniziale si presenta arrotondato e circondato dai
primordi delle brattee i primordi fiorali emergono dal meristema
primordi dei sepali disposti secondo un pentagono alla fine i verticilli
fiorali, compresi sepali e petali, sono differenziati.] GEMME IBERNANTI che
si schiudono dopo la dormienza invernale
INIBIZIONE della differenziazione a fiore delle gemme causata dalla presenza eccessiva di
frutti. Genera il fenomeno detto “ALTERNANZA DI PRODUZIONE”
(alternate bearing). in un anno si produce sopra la media (tanti frutti e poche gemme per
l’anno successivo, riserva insufficiente di amido negli organi permanenti), l’anno successivo
poco e niente.
Cause:
Controllo tramite:
- potatura (dopo un anno OFF potare molte gemme, anno ON ha già poche gemme per
cui ridurre la potatura)
- concimazione azotata (OFF no sink forte dei frutti perciò il germoglio ha tutti i nutrienti
per sé per poter crescere quindi concimazione ridotta, ON stimolare l’accrescimento
vegetativo tramite l’azoto)
- diradamento dei frutti (intervenire con l’allegagione elevata)
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MICRO E MACROSPOROGENESI
L’evoluzione degli organi riproduttivi si completa con:
In alcune specie, micro- e macro- avvengono prima dell’entrata in dormienza, ma più spesso,
avviene dopo la dormienza; essa si completa poi solo poco prima della fioritura.
Qui il fenomeno principale è la meiosi (2n
n)con la formazione di cellule sessuali dotte di nuclei aploidi n =
individuo/organo che nasce da n = gametofito (organismo dentro un organismo, es. tubetto
pollinico nello stilo), diverso dallo sporofito (2n).
o MICROSPOROGENESI
o MACROSPOROGENESI
La gametogenesi femminile si compie nella base del pistillo, a livello dell’ovulo, contenuto
nell’ovario.
L’ovario è costituito in gran parte da un tessuto detto nucella, in cui si differenzia una o più
cellule madri delle megaspore, che in seguito a divisione meiotica origina 4 megaspore.
Di queste, 3 degenerano, mentre quella
basale diventa la cellula uovo (gametofito femminile) che contiene due nuclei, di cui uno
aploide (n) ed uno diploide (2n).
Questo processo è ripetuto, anche più volte, all’interno di ogni carpello in cui l’ovario è
eventualmente suddiviso.
FIORITURA (ANTESI)
La fioritura avviene in periodi diversi in funzione delle esigenze termiche delle diverse
specie. Spesso è scalare (in alcune specie vi è un fiore
centrale): alcuni fiori si aprono prima, altri dopo. Può cambiare la durata della fioritura stessa
se troppo caldo.
La fase di piena fioritura si realizza quando più del 50% dei fiori è aperto.
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PROTERANDRIA= il fiore maschile rilascia il polline prima di quando il fiore femminile sia
matura per riceverlo. Motivo per cui a volte alcune specie non possono essere coltivate con
un solo genotipo.
PROTEROGINIA= il fiore femminile è pronta a fornire l’ovulo per la fecondazione ma il fiore
maschile non ha ancora maturato la produzione del polline nelle antere.
CLEISTOGAMIA= la fecondazione/rilascio del polline avviene quando il fiore è ancora chiuso
autofecondazione. Es. alcuni genotipi di pesco usati come portinnesti, o la vite.
esaltazione dell’OMOZIGOSI
Caliptra o corolla (ossia insieme dei petali del fiore della vite) si distacca dal fiore in fase di
fioritura, si rilasciano i filamenti delle antere.
DURATA DELLA FIORITURA E DEL PERIODO UTILE ALLA FECONDAZIONE
Circa 10 giorni in molte specie. Ma dipende molto dalle condizioni climatiche presenti.
Più breve con clima asciutto e temperature elevate.
Più lungo con basse temperature.
IMPOLLINAZIONE
Polline dalle antere allo stimma.
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- Con temperature sotto il 10°C e in condizioni di vento, il volo delle api è scarso; i
bombi volano anche quando è più freddo. Uso di arnie nei frutteti per incentivare
l’impollinazione, evitare i trattamenti in quel periodo
POLLINE
In peso: indicativamente 0.2-2 mg polline/fiore
Dimensioni medie del polline melo: 30 micron
Nel melo e nel pero la media del numero di stami per
fiore è 19-20
IMPOLLINAZIONE ARTIFICIALE
Per alcune specie dove l’impollinazione è molto importante per la qualità dei frutti (80-90
gr). Costi elevati. Procedure operate durante la fioritura. Si sfregano le antere per raccogliere
il polline che poi verrà diluito in sostanze acquose e spruzzato sulle piante.
Scelta degli impollinatori non
da tralasciare. Presenza di genotipi diversi che rilasciano polline utile (in grado di fecondare
la cellula uovo), facile da trasportare, compatibile e contemporaneo alla mia fioritura.
FECONDAZIONE
Granulo pollinico arriva sullo stimma, si idrata (arriva essicato), produce proteine di
riconoscimento ed enzimi idrolitici. Germina un tubetto pollinico che cresce nel
canale stilare e riversa nell’ovulo un nucleo vegetativo e due nuclei generativi
(fecondazione) destinati a fondersi con:
1. L’oosfera o cellula uovo (aploide, n) per generare l’embrione (diploide, 2n)
2. E con un nucleo diploide (2n) presente nell’ovulo, generando l’endosperma (3n) -
tessuto di riserva del seme
Papille e stimmi umidi per trattenere il polline.
La germinabilità del polline e la velocità di crescita del tubetto pollinico sono fattori
fondamentali per il successo della riproduzione (arrivare all’ovulo velocemente).
Spesso è necessaria una rapida
crescita del tubetto pollinico, che deve raggiungere il sacco embrionale quando questo è
ancora vitale.
Vitalità variabile in funzione della specie: 4-5 giorni nel ciliegio; 1-2 settimane nel melo (dopo
potrebbero esserci problemi di varia natura, anche a causa del cambiamento della
temperatura).
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Periodo utile per l’impollinazione: il tubetto pollinico necessita di 2 giorni per svilupparsi e
fecondare (linee tratteggiate).
APOMISSIA: sviluppo embrione in assenza della meiosi e della fecondazione. Embrione che
deriva da alcuni tessuti della parte femminile del fiore. Seme apomittico con corredo
genetico uguale al seme normale (riproduzione identica). È tipica degli agrumi (apomissia
avventizia, associata a poliembrionia-dentro al singolo seme abbiamo più embrioni). Può
venir usata per propagare tramite seme una varietà mantenendo inalterato il genotipo.
Poliembrionia nel limone: più germogli provenienti da un unico seme, apomittico. I germogli
sono geneticamente tutti uguali, tranne uno, il solo che deriva dalla fecondazione tra la
cellula della pianta e il polline arrivato.
Partenocarpia negli agrumi: se coltivati in maniera isolata non c’è presenza di polline
estraneo, frutti senza semi; se coltivati vicino ad altre specie compatibili sessualmente
(ibridi) ci sono più semi.
- La carenza di alcuni elementi nutritivi (B, N, Ca) può influire negativamente sulla
germinabilità del polline e sulla vitalità del sacco embrionale (si applicano poi
trattamenti specifici del caso)
- Piogge insistenti in fioritura possono dilavare gli stimmi dal polline o causare la morte di
granuli pollinici
- Anticrittogamici = fungicidi
- Sterilità
STERILITÀ
1- Morfologica (manca qualcosa)
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Androsterilità = difetti morfologici degli stami (castagno, vite, kiwi). Sterilità delle antere
(pesco, arance). Caso
particolare: vite in cui i granuli pollinici non riescono a
germinare per difetti morfologici.
Ginosterilità = assenza o deficiente sviluppo dell’ovario
(specie ornamentali di Prunus, cultivar maschili di kiwi)
A = amenti astaminei (no stami, androsterile); B =
brachistaminei; C = mesostaminei; D= longistaminei
(normali)
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oppure se ne depositano due nel caso di co-dominanza (una per allele – riconoscimento di
due proteine). Polline riconosciuto grazie a queste proteine.
La parte esterna del polline viene riconosciuta dalle cellule dello stimma: si forma così uno
strato di callosio sotto il polline, nello stimma, che impedisce la penetrazione nel tubetto
pollinico (tessuto duro).
1-
INTERINCOMPATIBILITÀ: È molto comune nel ciliegio dolce in cui vi sono molte varietà auto
incompatibili. 24 gruppi di incompatibilità. Nel ciliegio vi sono anche cultivar autocompatibili,
che fungono da donatori universali.
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Un frutto può svilupparsi a partire dal fiore perché fecondato o perchè è partenocarpico. Se il
fiore si evolve in frutto si parla comunque di allegagione.
I fiori che non vengono “allegati” sono soggetti ad una abscissione, detta COLATURA.
(allegagione imperfetta) In genere una percentuale elevata di fiori cascola
(>80% - solo il 50 nel caso dei fiori della vite, ma anche >90 nel melo).
Grappolo spargolo (contrario di compatto) causato dalla mancanza di fecondazione di molti
fiori; frutti sparsi e radi, poca rendita.
Apice quantità fiori ad aprile ma dura poco (maggio= cascola immediata); da giugno (dopo
una seconda cascola) a settembre livelli minimi.
CASCOLA
In alcune specie, es. melo, la cascola può continuare per molto tempo dopo l’allegagione
(maggio/giugno). Si tratta di una autoregolazione (più marcata in alcune specie) del numero
di frutti presenti. Quelli più piccoli, meno abili nella competizione per i
nutrienti (SINK) rispetto ai frutti più grandi o più avanti nella fenologia, sono più predisposti a
cadere. La cascola è
innescata da un insufficiente livello di alcuni ormoni (auxine o gibberelline) prodotti dal
frutto. i frutti che non cascolano si dicono “allegati” (coinvolgimento
delle auxine dell’allegagione).
Nei frutti destinati a cascolare, si assiste,
prima del loro distacco, ad una diminuzione
del proprio ritmo di crescita e di divisione
cellulare.
Tiba= inibitore del trasporto delle auxine
CASCOLA PRE-RACCOLTA
Predisposizione alla cascola in alcune specie imparare a sfruttare questa caratteristica (es.
olivo). Molto grave nel periodo pre-raccolta.
- Stress idrico
- Attacchi parassiti
- Azione del vento
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- Divisione cellulare
- Distensione cellulare
- L’aumento di volume dipende anche dall’aumento di spazi vuoti tra la cellule all’interno
del frutto (es. nella mela, ma non nella pesca o nell’actinidia – nel tempo della fioritura
cala il peso specifico per questo motivo, alcune cultivar sono ancora ricche di liquidi al
momento del taglio del frutto; non succede per la pesca, pera, kiwi – densità elevate)
31
OLIVE accumulano olio nel mesocarpo (alla maturazione circa 60-70%). Tra gli acidi grassi
prevale l’acido oleico, seguito dal palmitico e linoleico. La presenza di acidi grassi non
determina l’acidità dell’olio. L’acidità (più elevata, peggiore qualità) dell’olio si esprime in %
acido oleico (olio EVO >0,8%) ed è il risultato di reazioni di idrolisi di acidi grassi
(inacidimento), es. olive cadute a terra o in quelle dove i grassi sono a contatto con acqua.
32
6. CALO RESISTENZA AL DISTACCO DEL FRUTTO dal peduncolo o del peduncolo dal
ramo (processo importante se si procede a raccogliere meccanicamente i frutti)
Olive, susine, frutta secca. Sfruttare questo fenomeno per effettuare una raccolta
sostenendo dei costi più bassi.
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Criteri basati su osservazioni visive (dimensioni, forma e colore) non distruttive, o metodi
analitici distruttivi che valutano caratteristiche intrinseche ai frutti.
- Presenza di amido
- Colorazione di fondo della boccia (scomparsa del colore verde)
- Resistenza al distacco
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8.CICLO VEGETATIVO
Questo ciclo è normalmente più intenso nella fase giovanile e di transizione dell’albero
rispetto alla fase adulta. Nella fase adulta, questo ciclo avviene contemporaneamente al
ciclo riproduttivo, lo influenza e ne a sua volta viene influenzato, attraverso meccanismi di
competizione per i carboidrati.
- Germogliamento
- Gradiente vegetativo
- Dominanza apicale
- Crescita dei germogli ed habitus vegetativo
TIPI DI GERMOGLI
Quelli chiamati “sillettici” (anticipati), provenienti da gemme laterali formatesi nella stessa
stagione, che pertanto non hanno subito dormienza.
Quelli chiamati “prolettici”, provenienti da gemme che schiudono l’anno successivo alla loro
formazione.
GRADIENTE VEGETATIVO
Il diverso fabbisogno in freddo e in calore delle gemme che si trovano in posizioni diverse
lungo il ramo (gemme terminali, apicali, mediane o basali) determina le modalità di
schiusura delle gemme. In primavera sono le
gemme apicali a schiudersi per prime, poi quelle sottostanti ma sempre in senso basipeto.
La schiusura delle gemme a legno e lo sviluppo iniziale dei getti avvengono secondo un
gradiente vegetativo acrotono, indipendentemente dalla posizione.
Il gradiente vegetativo riguarda la dinamica della schiusura delle gemme e le prime fasi di
sviluppo dei germogli.
Successivamente, invece, il loro allungamento può venire modificato:
- Dalla posizione del ramo su cui sono inseriti i germogli
- Dall’habitus vegetativo del genotipo
- Da interventi di tipo colturale (es. piegature, potature)
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HABITUS VEGETATIVO
I germogli possono venir modificati tramite dei procedimenti meccanici (piegamenti dei rami
da parte dell’uomo modificare il flusso delle cellule, linfa, nutrienti e variare la crescita dei
germogli).
DOMINANZA APICALE
Riguarda si il ramo sia il germoglio (sia le radici)
- Germoglio: riguarda l’inibizione che l’apice del germoglio esercita sulla schiusura delle
gemme ascellari che non si comportano come “pronte” ma entrano in dormienza
(paradormienza)
- Ramo: consiste nell’inibizione che il germoglio derivante dalle gemme poste in
posizione apicale esercita sulla schiusura delle gemme sottostanti. La conseguenza
riguarda anche la mancata schiusura di gemme e quindi l’assenza di germogli in una
parte dello spazio a disposizione per la crescita.
CAUSE
Teoria ormonale (Auxine, Citochinine)
La teoria maggiormente accreditata suggerisce che il germoglio derivante dalla gemma
apicale, che inizia prima a germogliare, produce un flusso basipeto di auxine che inibisce il
trasporto di auxine da parte delle gemme laterali.
Quest’inibizione è tanto maggiore quanto ci si sposta verso la base del germoglio perché il
flusso auxinico aumenta.
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GERMOGLIAMENTO
VITE
Ciclo vegetativo anticipa quello riproduttivo. Sigmoide con
crescita proporzionale per la maggior parte del tempo.
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39
9.PROPAGAZIONE
SEME
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DORMIENZA
Il seme si sviluppa insieme al frutto, accumula carboidrati,
proteine, lipidi… In molte specie decidue, al termine del
ciclo di fruttificazione aumenta nei semi il contenuto di
acido abscissico ed il seme entra in dormienza, da cui
uscirà dopo un periodo di post-maturazione a basse
temperature (2-4 °C).
Superata la quiescenza, il seme germinerà quando si
verificano condizioni ottimali di temperatura, umidità e
disponibilità di ossigeno.
In altre specie non serve un periodo di freddo ma occorre
che i tegumenti diventino più permeabili (leguminose
arboree), per altre specie invece avviene una scarificazione dei tegumenti.
STRATIFICAZIONE
I semi quiescenti trascorrono normalmente il periodo di post-maturazione stratificati in sabbia
inumidita o in altro materiale inerte. In questo modo se ne tutela la germinabilità e se ne
facilità la successiva germinazione.
La fedeltà con cui la pianta figlia assomiglia in tutto alla pianta madre, viene meno nei
seguenti casi: TOPOFISI e MUTAGENESI.
TOPOFISI: è l’influenza esercitata dalla zona della pianta da cui viene prelevato il
materiale di moltiplicazione sulle piante che da questo derivano – influenzare la
morfologia finale dalle pianta figlia in base al materiale che abbiamo prelevato (es.
rami con diverso vigore, diverse porzioni di ramo, innesti con gemme da semenzali in
fase giovanile). Es_ Araucaria (nuova pianta da una talea)
MUTAZIONI GEMMARIE: spontanee o indotte causano modifiche nell’assetto genetico
delle gemme.
RIZOGENESI
= genesi di radici.
Consiste nell’organizzazione da parte di alcune cellule, chiamate “iniziali radicali”,
normalmente presenti nel floema secondario, ma talvolta anche nel cambio o nei raggi
parenchimatici, che evolvendosi si trasformano in primordi radicali. Questi crescono ed
attraversano la corteccia ed erompono all’esterno, mentre, all’interno, si collegano con il
sistema conduttore, floematico e xilematico.
La produzione di primordi radicali in una talea presenta analogie con la produzione di radici
avventizie da parte di una radice.
Tecniche:
L’attitudine rizogena (non uguale in tutte le specie) è in genere elevata nelle specie che
possiedono inziali radicali preformate nei rami e nelle branche, come cotogno, cedro, ribes,
pioppo; altre volte la rizogenesi deve venire indotta attraverso trattamento con auxine
(ormone che stimola la radicazione).
TALEA
= è una porzione distaccata di pianta provvista di gemme caulinari e indotta ad emettere
radici. La talea radicata viene chiamata “barbatella”.
> Talee legnose: sono utilizzate
per questo tipo di moltiplicazione porzioni di ramo o branche, no foglie; nel periodo invernale
si prende il materiale da radicare
> Talee erbacee o semi-legnose: porzioni di germogli più o meno lignificate con foglie; in
estate-autunno > Talee radicali: poco utilizzate (pioppo)
Il successo della moltiplicazione per talea legnosa-semi legnosa-erbacea dipende
essenzialmente dalla rapidità con cui si formano le radici avventizie. Nelle talee legnose un
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lento processo di rizogenesi impedisce la formazione delle radici prima del germogliamento
che esaurisce le riserve idriche e nutrizionali della talea stessa. Nelle talee semi legnose-
erbacee una difficile e lenta formazione delle radici porta a squilibri idrici e nutrizionali.
All’appassimento e alla morte delle talee.
Per favorirne la crescita: applicazione di ormoni, come le Auxine (IBA e NAA) per la
radicazione. Mantenere la parte radicale eziolata (no alla luce, sottoterra si mantengono i
tessuti più morbidi e facilmente radicabili). Con un riscaldamento
basale rispetto a quello apicale si favorisce anche la radicazione (serpentine sottoterra con
acqua calda, differenza anche di 10°C mantenere la gemma in stato di quiescenza).
MARGOTTA DI CEPPAIA
Capacità di produrre gemme avventizie che producono germogli dopo un taglio. Pianta madre:
eziolamento alla base del germoglio con del
materiale soffice, che mantiene l’umidità ma
permeabile all’aria (sabbia, pula di riso).
Con un taglio si separa la pianta figlia dalla pianta
madre. La radicazione avviene
quando la pianta figlia è ancora attaccata alla
madre (al contrario delle talee). Ogni taglio è
considerabile come portinnesto.
Problema: costi di
meccanizzazione elevati.
PROPAGGINE DI TRINCEA
Molto simile alla margotta ma in questo caso non abbiamo delle singole ceppaie, ma delle
piante madri più distanziate e legate tra di loro tramite un “cordone” sottoterra. Si sviluppano
i germogli dalle gemme, ricreando una parte aerea, che verrà in un certo momento, tagliata.
Importanza della legatura orizzontale, tutte allo stesso livello taglio a macchina
INNESTO
Paraffine: per proteggere l’innesto e per limitare le perdite idriche
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PERCHÉ
- L’uso dei portinnesti consente di adattare gli alberi alle diverse condizioni ambientali
(es. pH, struttura del suolo, temperatura) e presenza di parassiti e patogeni
- L’uso dei portinnesti consente di regolare lo sviluppo e la messa a frutto degli alberi
impiegando portinnesti di differente vigore
- Innestando, si bypassa il problema della giovanilità e si anticipa l’entrata in produzione
(c’è comunque un periodo di transizione di post-innesto che non ammette produzione)
- L’innesto consente di introdurre impollinatori nei frutteti che ne sono sprovvisti
(problema della autosterilità)
- L’innesto consente di sostituire, tramite il reinnesto, una cultivar non più valida
- In patologia vegetale, l’innesto consente di diagnosticare virosi
TIPI
- A SPACCO TERMINALE
Criteri per la scelta: pecentuale di innesti che attecchisce (probabilità di riuscita), tempi
richisti di crescita, manodopera (attività ancora molto specializzata, non per tutti). Ci sono vari
tipi perché ci sono varie specie, e alcuni sono più adatti di altri.
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REINNESTO
Tornato di moda negli ultimi anni, rifare l’albero in tempi abbastanza rapidi nel caso la pianta
non cresca più normalmente o produca frutti che non vengono più venduti. Reinnesto a
marza. Soprattutto in alberi che producono frutta secca, ma anche nel melo.
INNESTO A MACCHINA
In strutture coperte e non in campo. La macchina sagoma l’innesto in maniera speculare-a
incastro (innesto a omega il più frequente). Innesto e portinnesto devono avere lo stesso
spessore.
INNESTI-TALEE: VITE
Il portinnesto non ha le radici, si innesta a macchina. Si prelevano tralci del portinnesto e della
varietà in inverno (conservati fino a febbraio in frigorifero). Innesto a banco con paraffinatura
(paraffine con fungicidi per disinfettare). Stratificazione in cassoni con segatura umida per 15-
18 giorni (si salda l’innesto, proliferazione del callo e formazione dei primordi radicali).
Materiale lasciato poi ad ambientare in ambiente riparato, viene paraffinato nuovamente e poi
trapiantato in campo.
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10. PORTINNESTI
- La maggior parte degli alberi da frutto è composta da due individui geneticamente diversi.
- Portinnesto e varietà
- Portinnesto propagato per seme o più spesso agamicamente.
- La varietà è propagata agamicamente (innesto o autoradicazione)
- Disaffinità di innesto: totale (non si forma il tessuto cambiforme tra le due specie) o
parziale (quest’ultima più o meno severa e a volte accettabile)
- Disaffinità iniziale o differita nel tempo
- Disaffinità locale oppure dovuta alla traslocazione di tossine da un bionte all’altro
Uso di portinnesti virus-free diminuisce il rischio di disaffinità di innesto.
DISAFFINITÀ
Disaffinità locale con discontinuità nel punto di innesto:
La manifestazione più frequente è una discontinuità
dei tessuti nella zona di unione tra i bionti (tipica del pero su cotogno, o alcune cv. di
albicocco su mirabolano, o albicocco su mandorlo, in questo caso molto grave).
In questi casi si assiste ad una traslocazione solo parziale di sostanze e ad una parziale
comunicazione tra i due bionti. Questo tipo di disaffinità può essere risolta con l’uso di un
“intermedio”.
CLASSICI ESEMPI
Alcune varietà di pero come la William e la Kaiser mostrano disaffinità se innestate su
portinnesti appartenenti alla specie cotogno.
Il problema si risolve attraverso l’uso di un
intermedio ossia una seconda varietà innestata sul portinnesto e su cui si innesta la cv
disaffine. Gli intermedi sono spesso la cv Butirra o Passacrassana.
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Innesto nel caso di disaffinità può rappresentare un punto debole che si può spaccare
facilmente (durante i temporali).
A volte la crescita diversa di portinnesto e nesto
comporta ulteriori problemi di disaffinità (ipertrofia sopra il punto di innesto, soprattutto
nel melo). Es alcune cv di melo su M9 o M27, con ipertrofie sopra i punti di innesto
Disaffinità dovuta a traslocazione di tossine:
es. sostanze fenoliche; non si notano difetti nelle connessioni vascolari a livello di punto di
innesto, ma si verifica una degenerazione dei tessuti sopra il punto di innesto.
Es. mandorlo innestato su ibrido di susino o pesco innestato su Mirabolano.
In questi casi, l’uso di un “intermedio” ovvero di un terzo genotipo compatibile con
entrambi, non aiuta a risolvere il problema.
Il portinnesto esercita un’elevata influenza sulla dimensione dell’albero. Le differenze tra
portinnesti relativamente al vigore indotto, superano le differenze tra le varietà.
PORTINNESTI NANIZZATI
- Disaffinità
- Teoria nutrizionale: non particolarmente abile nell’assorbire i nutrienti-acqua
- Teoria idrica
- Teoria ormonale: citochinine
- Competizioni tra organi
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GENI
Sono frammenti di Dna su una determinata parte di un cromosoma collegato ad un carattere
dell’individuo. In passato si pensava che vi fosse sempre una diretta
corrispondenza tra un gene ed un carattere dell’albero. In realtà oggi si sa che il collegamento
non è diretto, ma deriva da una serie di reazioni e di interazioni chimico-ambientali, che
partendo dal materiale ereditario conducono al fenotipo.
I geni sono in genere collegati (ossia codificano) ad un enzima
(proteina) o, più precisamente, codificano i componenti delle proteine, ossia i polipeptidi.
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SPECIE
Tra gli esseri a riproduzione sessuata, i membri di una specie sono in grado di incrociarsi
liberamente generando individui fertili a loro volta, mentre ciò non avviene o avviene
raramente tra individui di specie diverse (ibridi interspecifici).
Una specie mantiene
quindi nel tempo la sua distinzione dalle altre specie.
Ogni specie ha una propria variabilità genetica: gli alberi della stessa specie hanno spesso
elevati livelli di diversità genetica, determinata da alti livelli di eterozigosi.
Melo: eterozigosi molto forte, grande variabilità di frutti che si possono produrre con diversi
genotipi appartenenti alla stessa specie.
CULTIVAR
La cultivar cv è una pianta coltivata, ottenuta di solito attraverso il miglioramento genetico,
che riassume un insieme di specifici caratteri morfologici, fisiologici, agronomici e
merceologici di particolare interesse e trasmissibili con la propagazione, sia per seme (raro
negli alberi) sia per parti di pianta (propagazione agamica). La
cv si identifica perciò in un particolare genotipo.
Di solito si parla di cv solo per il genotipo che produce (il nesto nel caso di alberi innestati), e
non per il portinnesto.
Il concetto cv differisce da quello botanico di varietà (detta anche popolazione o sottospecie):
individui della stessa specie che occupano un certo areale geografico e pertanto condividono
alcuni alleli che altre popolazioni della stessa specie non possiedono.
CLONE
Quando una cv è rappresentata da individui che posseggono una o più mutazioni, si viene a
perdere il carattere della omogeneità della cv.
per clone si intende “un insieme di individui uguali,
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In un apice gemmario, le cellule dello strato esterno sono responsabili della formazione delle
epidermide delle foglie e frutti.
Quelle del secondo strato presiedono alla formazione degli
organi sessuali, del mesocarpo e di parte dei tessuti di conduzione.
Quelle del terzo strato
presiedono alla formazione della parte più interna della corteccia e di un’altra parte dei tessuti
di conduzione.
Le radici provengono dagli strati più interni.
Esempi caratteri mutati
- Struttura e produttività dell’albero: vigore, habitus, fertilità, quantità e qualità dei frutti,
costanza e efficienza produttiva
- Adattabilità all’ambiente fisico (avversità abiotiche): il fabbisogno in freddo e in calore,
fasi fenologiche. Resistenza agli stress freddo invernale e primaverile, alte
temperature e siccità. Condizioni pedologiche anomale eccesso di calcare, pH,
carenza di ferro, asfissia, salinità
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3- Selezione massale
È la selezione degli individui migliori all’interno di una popolazione, al fine di migliorare il
patrimonio genetico di una determinata specie; è da sempre utilizzata dall’uomo (es. nel
castagno).
In particolare, la scelta delle piante più vigorose, più produttive e più resistenti agli stress
biotici ed abiotici ha permesso all’uomo di selezionare i biotipi in grado di perpetuare ed
arricchire le popolazioni, modificando indirettamente il patrimonio genetico della
popolazione.
4- Selezione clonale
È la procedura che permette l’identificazione dei cloni presenti in una cultivar, dove si
presume esistano individui mutati, non facilmente distinguibili se non da confronto
diretto nello stesso campo. Confronto tra i diversi cloni, per selezionare quelli migliori per
la propagazione. Soprattutto nella vite.
Individuazione, negli arboreti, delle piante portatrici di probabili mutazioni e che
quindi si diversificano per uno o più caratteri dalla cultivar di origine (es. epoca di
fioritura o di maturazione, caratteri del frutto, produttività).
Controllo dello stato sanitario ed eventuale risanamento da virus e/o microplasmi
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5- Mutagenesi indotta
Tecnica adesso poco utilizzata.
Si tratta di indurre mutazioni tramite messi fisici o chimici oppure sfruttando la naturale
predisposizione a mutare di cellule indifferenziate (calli di piante in vitro).
Es. Colchicina (estratto di piante del genere Colchium)
Radiazioni ionizzanti con raggi X o gamma o 60Co, quest’ultimo utilizzato per ottenere
mutanti compatti di ciliegio o di pero, o genotipi autocompatibili di ciliegio o di mandorlo.
6- Ingegneria genetica
- Trans-genesi (specie e genere diversi)
- Cis-genesi (almeno specie o genere sessualmente compatibili)
- Silenziamento genico
- DNA editing con metodo CRISPR
12. L’AMBIENTE DI COLTIVAZIONE DELLE SPECIE ARBOREE
Relazioni albero/ambiente
Importanza della corretta scelta della coltura per un determinato ambiente di coltivazione.
- Qualità delle produzioni
- Costi
- Processo produttivo: capacità di coltivare con un ridotto impiego di fattori della
produzione – es. bassa incidenza di patogeni
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Una corretta scelta del genotipo per l’ambiente di coltivazione permette di soddisfare più
facilmente i requisiti di sostenibilità delle produzioni.
Sono i fattori del clima a governare la distribuzione
delle specie. Essi sono scarsamente manipolabili dall’uomo. I fattori
edafici (suolo) sono più facilmente modificabili.
SCELTA: SPECIE – CULTIVAR – PORTINNESTO
La frutti-viticoltura si è spesso diffusa in aree altamente “vocate” dal punto di vista
ambientale per una certa specie. Tuttavia altre motivazioni possono spiegare la diffusione di
una determinata coltura in una certa zona:
L’uomo può entro certi limiti sopperire a insufficienti livelli di un fattore ambientale.
- Temperatura
Minime termiche: differenze tra specie e varietà, portinnesti suscettibili, vari organi
con diverse sensibilità
Massime termiche: maturazione precoce, bassa acidità, specie decidue soffrono il
caldo-melo, scottature evidenti e fotosintesi ridotta
(pesco più resistente)
Fabbisogno di freddo
Gelate precoci (kiwi, meli tardivi) e tardive (più
pericolose, danni ai tessuti interni, molto frequente nel
ciliegio – metodi di difesa)
Temperature ottimali nel corso della fase fenologiche (in
fioritura >10°C per una corretta germinazione del polline) (durante la divisione
cellulare è fondamentale per determinare le dimensioni finali del frutto)
- Vento
Venti secchi: aumento di perdite idriche, VPD molto basso
Venti freddi: gelate
Venti >15 km/h in fioritura volo api
Venti vicino al mare: danni da NaCl
Venti in prossimità della maturazione dei frutti caduta dei frutti
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Caratteristiche del suolo ottimali la maggior parte delle colture arboree da frutto crescono
meglio su suoli:
- Fertili
- Ben drenati
- Tendenzialmente sciolti o di medio impasto (poca argilla)
- Con una buona dotazione di sostanza organica
- Profondi almeno 1-2 m
- Necessità di ancoraggio
- Necessità di drenaggio
- Problemi ristagni idrici (profondità della falda in inverno)
- Maggiore indipendenza degli alberi dalle cure colturali dall’uomo
Talvolta i suoli hanno una profondità più che adeguata ma hanno un drenaggio difficoltoso.
TESSITURA DEL SUOLO
- Struttura
- Livello di sostanza organica
- Fertilità chimica
- Relazioni idriche
- Aerazione e ristagni idrici (porosità e
drenaggio)
- Resistenza alla penetrazione delle radici
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PIANURA: problema di regimazione acque in eccesso (a volte è servita vera e propria bonifica
del terreno Olanda, Po)
COLLINA/MONTAGNA: problemi di erosione idrica – difficoltà di meccanizzazione
Dimensioni dei campi: variabili in funzione del tipo di coltura e della meccanizzazione
IMPIANTO
Su terreno “vergine”, ovvero che non ha ospitato colture arboree (mai o per molto tempo, 10
anni). Su terreno che aveva ospitato una coltura arborea diversa da quella
che intende impiantare. Su terreno che aveva
ospitato la stessa coltura che si intende impiantate= REIMPIANTO
- Terreno a riposo
- Nuovo suolo o suolo riportato (prototipo di macchina che sposta il suolo dell’interfilare
al filare)
- Diverso PI per la stessa specie o diversa specie rispetto alla coltura precedente
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- Disboscamento
- Spietramento
- Livellamento
- Scasso: aratura profonda (non più utilizzato), sostituito da una aratura meo profonda
IL TRAPIANTO
Concimazione in buca di impianto o nel solco.
Piante a radice nuda o con “pane di terra” (per i sempreverdi), ossia
in fitocelle o vasi.
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FORME DI ALLEVAMENTO
Diversi criteri di classificazione
- In parete (le piante sono tutte vicine). In volume (piante molto più distaccate)
- Libere (piante crescono secondo le loro preferenze). Obbligate (si interviene molto sulle
piante)
- Altezza variabile: in funzione della disponibilità di macchine agevolatrici la raccolta e la
potatura. Pianta alta con vigore elevato. Cambia l’effetto del portinnesto sulle varietà
FORME IN PARETE
- Vaso: fusto tagliato (tronco) con un paio di rami, più verticali più vigore. Si riesce a
fare tutto da terra. Densità bassa per ettaro. Pesco, olivo
- Monocono: forma di allevamento per olivi, forma idonea a ambienti dove gli alberi
hanno crescita tendenzialmente ridotta.
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- Globo: tipico di zone ad elevata luminosità, densità molto basse. Es. noce, olivo
- Piramide: melo, su portinnesti vigorosi, branche basali più lunghe di quelle apicali
- Fusetto: “spindelbush” portinnesti deboli come M9, volume limitato. Stile a piramide
- Asse colonnare: aumenti di densità possibili con forme di allevamento in volume,
“superspindel”. Canale luminoso centrale per far entrare la luce anche per i frutti più
interni
2- GIBBERELLINE
(GA1, 3 e 4)
Stimolano la distensione delle cellule, inibiscono la differenziazione a fiore. Prodotte
dalle foglioline e dai semi.
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3- CITOCHININE
(BA, benzil-adenina)
Promuovono la divisione cellulare, il superamento della dominanza apicale, permettono
alla chioma di percepire la disponibilità di azoto a livello radicale. Prodotte nelle radici.
4- ACIDO ABSCISSICO
ABA
Collegato alla tolleranza allo stress da carenza idrica (chiusura stomi) e alla abscissione
di alcuni organi
5- ETILENE
Gasforme, stimola la maturazione dei frutti, coinvolto nella senescenza fogliare.
In aggiunta, esistono ormoni proteici e sostanze in grado di regolare la crescita come:
brassinosteroidi, poliammine, giasmonati, acido salicilico e strigolattoni.
In molti casi, gli ormoni sono
prodotti in un organo, vengono traslocati e agiscono su un altro organo.
- Manuale
- Meccanico
- Ombreggiamento (metodo sperimentale, abbassando l’allegagione)
- Chimico
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Il numero di frutti che si desidera lasciare sull’albero dopo il diradamento dipende dalla
varietà e dalle dimensioni dell’albero e dal numero di foglie. (es melo tra 330.000 e 400.000).
È importante una distribuzione
omogenea dei frutti che vengono lasciati (anche riguardo al numero di frutti per
infiorescenza).
Diradamenti tardivi hanno effetto positivo sulle dimensioni dei frutti.
Diradamenti precoci hanno effetti positivi anche sulla differenziazione a fiore delle gemme per
l’anno successivo.
A volte si calcola il numero di frutti che si desidera lasciare, in funzione delle dimensioni del
fusto alla sua base, o come numero di frutti per numero di foglie sul ramo a frutto.
DIRADAMENTO CHIMICO: Si effettua nel melo in fioritura o in allegagione. Si usano prodotti
diversi in base alla fase vegetativa della pianta. Le dosi di applicazioni e i tempi di crescita di
diametro sono fondamentali.
15. POTATURA
In senso stretto: interventi cesorei (tagli) per modificare la parte epigea (o ipogea)
In senso più ampio riguarda tutte le operazioni sullo scheletro
o sulla chioma per:
- Potatura di produzione
- Potatura di ringiovanimento
- Potatura di risanamento: su alberi secolari, tipo nei parchi, per asportare solitamente
una parte malata e favorire la crescita della parte sana
- Potatura “verde”: primavera-estate
- Potatura “invernale”: quando non ci sono le foglie sugli alberi decidui
POTATURA DI ALLEVAMENTO
Formare lo scheletro dell’albero secondo la forma che è stata decisa. Permettere una rapida
entrata in produzione degli alberi. Accorciare qualche ramo, eliminazione con taglio alla base.
Criteri:
- Limitare gli interventi cesorei, soprattutto in piante giovani (si tolgono troppe gemme
altrimenti), permettere all’albero di avere quante più foglie possibili
- Selezionare i germogli e rami perché diventino le future branche primarie o per
utilizzarli a scopi produttivi
- Eliminare rami troppo vigorosi o con angolo di inserzione sul fusto troppo stretto
- Stimolare emissione nuovi germogli
POTATURA DI PRODUZIONE
Obiettivi:
Criteri:
- Si basa su interventi che devono recuperare il naturale equilibrio tra attività vegetativa
e riproduttiva
- Operazioni di taglio o equivalenti che fanno leva sulle risposte fisiologiche e quindi
prevedibili dell’albero
- L’ammontare dei tagli su una pianta adulta varia molto con l’età dell’albero e da specie
a specie
- Nel pesco e nella vita ad esempio è piuttosto elevata, si asporta in genere oltre la metà
dei rami misti, su ciliegio o olivo molto meno.
PRINCIPALI OPERAZIONI DI POTATURA (p.verde+interventi+p.invernale)
- Sfogliatura: nella vite si eliminano le foglie vecchie vicino al grappolo per arieggiarlo
(diminuisce gli attacchi di patogeni). Si usano defogliatrici meccaniche. Nel melo si sta
recentemente studiando una defogliazione pneumatica.
POTATURA VERDE:
Adottata molto nella potatura di allevamento. Eliminazione di rami a legno o succhioni quando
essi sono ancora corti. Favorire la penetrazione della luce all’interno della chioma e migliorare
il colore. Per diminuire i rischi di infezione da fireblight, nelle pomacee è talvolta sconsigliata.
POTATURA DI RINGIOVANIMENTO
Se l’albero invecchia precocemente, per eccessivo sfruttamento produttivo o per qualsiasi
altro stress, si può ricorrere alla potatura di ringiovanimento, riducendo più o meno
drasticamente la parte aerea per indurre ripresa vegetativa. In presenza di
parassiti e patogeni si renderà utile anche una potatura di risanamento con asportazione delle
parti colpite.
POTATURA MECCANICA
Mediante “barre falcianti” o “barre con dischi rotanti” capaci di tagliare anche branche di un
certo spessore (fino a 3-5 cm) e quindi adatta all’utilizzo nei mesi invernali. La potatura
meccanica non può essere totalmente sostitutiva di quella manuale. Interventi laterali o sulla
cima dell’albero. Richiede poche ore di
lavoro, però richiede una necessaria integrazione della potatura manuale. In generale
utilizzata in aziende medio-grandi che hanno problemi di reperimento di manodopera o che
desiderano contenere i costi della potatura.
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POTATURA RADICALE
Negli impianti frutticoli, il taglio delle radici, in genere una tantum, può essere praticato al fine
del contenimento della vigoria, sia in allevamento sia soprattutto nella stazione produttiva,
quando gli alberi, vigorosi, stentano a fruttificare. Si tratta di un’operazione straordinaria,
con un’elevata imprevedibilità per l’esito. Non si è certi infatti che lo scopo venga raggiunto.
Si pratica su pesco, melo e pero in impianti intensivi quando il vigore non consente di
mantenere le piante in equilibrio negli spazi assegnati.
L’impatto sulla crescita è maggiore se effettuato in tarda primavera e in estate in quanto si
crea un temporaneo stress per lo sbilanciamento del rifornimento di acqua e nutrienti. Se
effettuata in inverno si realizza uno stimolo alla crescita radicale, e quindi minori ripercussioni
sulla vegetazione.
Si esegue con un semplice coltello, che taglia fino ad una profondità di 30-40 cm, in direzione
parallela al filare. Problemi di cicatrizzazione del taglio radicale possono
avvenire soprattutto in suoli umidi e/o in inverno ed essere pericolosi per il possibile
insediamento di patogeni.
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- Rapporto chioma-radice
- Capacità di estrarre l’acqua dal suolo da parte delle radici
- Volume di suolo esplorato dalle radici
- Capacità di mantenere stomi parzialmente aperti anche a bassi valori di potenziale
idrico del suolo (no perdite di acqua nei periodi di stress idrico)
PRINCIPALI DOMANDE
SISTEMI IRRIGUI
- A scorrimento
- Per infiltrazione laterale (canali laterali)
- Per aspersione sovrachioma (simulazione di precipitazione, abbassamento
temperatura, evaporazione foglie, dilavazione fitosanitari, infezioni fungine, antibrina,
bagna la superficie e fa entrare grandi quantità di acqua no irrigazione localizzata) e
sottochioma (impianti di soccorso mobili, non si bagnano le foglie)
- Localizzati (microirrigazione) a goccia o a microjet: gocce a distanza fissa, possono
essere a livello del terreno o elevati, sempre meno utilizzati; nel microjet la superficie è
più estesa-dispersione, nel sistema a goccia cade in un posto specifico e poi si
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Si differenziano per:
BILANCIO IDRICO
Input= piogge utili
Output= Etc
Irrigazione=
Richieste idriche = Etc . piogge utili
Etc = ETo x Kc
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- Assorbimento dall’esterno
- Traslocazione interna verso un organo
- Ritraslocazione (floematica) da un organo ad un altro (foglie frutto)
- Accumulo negli organi di riserva
- Ritorno al suolo (tramite foglie abscisse ed altri organi)
- Loro allontanamento dal campo insieme ai frutti (variabile in funzione della loro
concentrazione e delle rese)
- Intercettazione diretta delle radici nei confronti dei nutrienti. In questo caso, le nuove
radici ed i peli radicali vengono a diretto contatto con nutrienti disponibili per
l’assorbimento; l’importanza relativa di questo processo aumenta con l’aumentare della
densità delle radici del suolo
- Flusso di massa che si realizza quando i nutrienti in forma di soluti sono trasportati
verso la radice insieme al flusso di acqua, innescato dalla traspirazione. Questo
meccanismo avviene soprattutto in condizioni di elevato flusso idrico verso la radice,
dopo piogge o irrigazioni, e quando la soluzione del suolo presenta una concentrazione
elevata di nutrienti (es. in seguito a concimazioni – Ca, Mg, NO3 e molti microelementi)
- Diffusione che permette lo spostamento di elementi minerali da zone di suolo a
maggiore concentrazione, verso la superficie esterna delle radici (K, H2PO4, NH4)
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ESIGENZE NUTRIZIONALI
Per prevedere quanti nutrienti vanno apportati all’arboreto ci si basa sull’individuazione delle
richieste dell’albero, spesso funzione dei ritmi di crescita e di fruttificazione dell’albero, e dalla
disponibilità dei nutrienti nel terreno per l’assorbimento.
In pratica ci si basa sui concetti del
bilancio nutrizionale (soil surface budgets).
- Frazione di nutrienti che esce dall’arboreto (es frutti, nutrienti persi per sempre)
- Frazione immobilizzata nello scheletro (comunque non ritorna al suolo)
- Frazione che ritorna al suolo (foglie, legno potatura, radici morte)
AZOTO
Positivamente correlato con crescita, meno con la produttività. A volte negativo per la qualità
e conservazione frutti. Necessario soprattutto per formare lo scheletro dell’albero. Problema
delle perdite nell’ambiente.
POTASSIO
Ruolo collegato alla quantità dei frutti. Svolge ruolo antagonista nei confronti del Ca. le
quantità asportate dipendono dall’entità della produzione dei frutti.
CALCIO
Nonostante il contenuto di Ca dei frutti sia basso, esso gioca un ruolo nella stabilità delle
membrane delle cellule e sulla integrità delle pareti e lamelle mediane delle cellule dei frutti.
Di conseguenza, i frutti con più Ca si conservano meglio. Spesso il Ca è ben disponibile nei
suolo (tranne in quelli acidi) ed è assorbito facilmente dalle radici.
La traslocazione avviene tramite lo xilema e segue il flusso traspirativo (soprattutto verso le
foglie). Nel melo (periodo estivo) e nella vite (dall’invaiatura)
le connessioni xilematiche a
livello del peduncolo sono
interrotte.
Il Ca presente nei frutti si diluisce
progressivamente, in quanto
questi continuano a crescere, e
possono comparire fisiopatie
nutrizionali come la butteratura
amara.
La carica produttiva e il vigore
vegetativo influenzano la
ripartizione del Ca al frutto e la
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butteratura amara: maggiore in annate di scarica, con frutti di grandi dimensioni, che
diluiscono il Ca presente; maggiore in presenza di elevato vigore. La sensibilità di questa
fisiopatia dipende dalla cv e dalla carica produttiva (più alta in annate di scarica, con frutti di
grandi dimensioni, che diluiscono il Ca presente). Ripetuti trattamenti alla chioma con CaCl o
CaNO3 sono efficaci misure alla prevenzione.
MAGNESIO
Presente nella clorofilla. Carenze di Mg causano precoce caduta delle foglie.
- Pre-impianto
- Fase allevamento alberi
- Fase di piena produzione dell’impianto
PROBLEMATICHE
CONCIMAZIONE AL SUOLO
MICROELEMENTI
Tre ordini di fattori ne fanno preferire
l’apporto fogliare rispetto a quello del
suolo.
- Interfila (corridoio)
- Striscia di suolo sotto gli alberi lungo il filare
INTERFILA
Suolo
- Lavorato (anche solo in alcune parti dell’anno, controllo malerbe con lavorazione
meccanica)
- Inerbito (spontaneo o semine di essenze particolari)
VIGNETO ambienti nord Italia: Festuca arundinacea, Festuca rubra, Poa pratensis. In
ambienti siccitosi e caldi sono consigliate leguminose come medica ppolimorfa e trifoglio
brachicalcino, che hanno una dormienza estiva. In genere, per rafforzare la resistenza al
calpestamento è meglio utilizzare le graminacee. Poco competitiva: Festuca pratensis. Molto
competitiva: Lolium perenne.
VANTAGGI INERBIMENTO
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