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arboricoltura generale

Arboricoltura Generale (Libera Università di Bolzano)

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ARBORICOLTURA GENERALE

Lezioni, esercitazioni, attività lab, visite tecniche

ESAME: orale, lezioni + esercitazioni

SVILUPPO E FRUTTIFICAZIONE

- Morfologia degli alberi e organografia: saper riconoscere le varie strutture


- Ciclo vegetativo e riproduttivo (avvengono con logica, grazie alla fisiologia della pianta -
fotosintesi)
- Dormienza delle gemme
- Germogliamento ed attività vegetativa
- Ciclo di fruttificazione (differenziazione fiore-gemme, antesi e allegagione, crescita del
frutto maturazione e caratteristiche dei frutti)
- Competizione tra organi dell’albero

CICLO VEGETATIVO  produrre nuova biomassa, crescita del germoglio, nuove foglie
CICLO RIPRODUTTIVO  porta alla formazione del seme (organo di riproduzione), può essere
parziale/deviato se ci interessa soltanto avere il frutto e non il seme. Coltivazione= mondo
artificiale da sempre modificato dall’uomo seppur rimanendo in linea con la natura

CENNI DI FISIOLOGIA DEGLI ALBERI

- Fotosintesi
- Relazioni idriche e traspirazione
- Nutrizione minerale
- Ormoni

PROPAGAZIONE DELGI ALBERI

- Riproduzione
- Moltiplicazione (Rizogenesi, Talea, Ceppaia, Innesto): sapere come si propaga
- Organizzazione vivaistica (sistema di certificazione, organizzazione, ciclo di produzione
di piante arboree da frutto)
- Criteri di scelta dei portinnesti

CLIMA E INTERAZIONI CON LE SPECIE ARBOREE

- Temperatura (gelate, sensibilità al freddo, temperature ottimali)


- Idrometro e umidità atmosferica
- Vento (danni, strutture di difesa)
- Radiazioni

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INTERAZIONI TRA COLTURE ARBOREE E AMBIENTE (SUOLO)

- Fattori legati al suolo (tessitura e struttura, profondità, pH e calcare, sostanza organica,


fertilità chimica, salinità, ristagno idrico)

IMPIANTO DEL FRUTTETTO E ALLEVAMENTO ALBERI

- Stanchezza suolo e rimpianto


- Lavorazioni pre-impianto, analisi suolo, concimazione
- Impianto
- Cura degli alberi post-impianto
- Criteri di scelta dei sistemi di allevamento

TECNICA COLTURALE (principi di corretta applicazione della tecnica)


Irrigazione, fertilizzazione, gestione della superficie, potatura, diradamento, regolatori di
crescita, raccolta frutti

PER QUALI MOTIVI SI COLTIVANO GLI ALBERI


Necessitano di una maggiore cura e attenzione rispetto alle colture erbacee, ma riescono a
dare un riscontro anche nelle medie piccole imprese in termini di guadagno

- Scopi alimentari (frutti, semi, foglie)


- Bevande (the, caffè)
- Spezie (cannella, noce moscata, chiodi di garofano)
- Olio di palma
- Materiali vari (legno, sughero, pioppo-cellulosa, gomma)
- Energia (biomassa)
- Biofertilizzanti

Anche gli alberi non coltivati, ma spontanei, possono essere molto utili e permettere la
sopravvivenza di alcune popolazioni  Africa (Baobab - cibo)

Italia leader in molte colture a livello europeo.

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1. STRUTTURA DELL’ALBERO
Alberi molto simili, con fenotipi molto diversi  ciliegio con innesti
PARTE AEREA

- Scheletro (fusto, branche, rami-parte distale) organi che si trovano anche negli alberi
decidui (rimangono fissi)
- Gemme: anche in inverno
- Germogli: solo nella fase riproduttiva
- Foglie
- Fiori e frutti

PARTE RADICALE

- Radici strutturali (parte dello scheletro)


- Radici fini (non parte della struttura permanente dell’albero, solo in alcuni periodi,
alcune di loro diventano strutturali aumentando la propria massa)

 ALBERI SEMPREVERDI; agrumi, olivo e molte specie arboree di climi mediterranei-


subtropicali-tropicali

 ALBERI DECIDUI (caducifoglie in autunno)

In base alle dimensioni:


 Alberi
 Arbusti (sambuco) non è di grandi dimensioni, spesso con vari fusti
 Cespugli (mirtillo)
 Piante sarmentose (liane, vite)

Tronco / fusto. Tronco è più basso ed è stato potato. Fusto= asse centrale intatto
Alberi a fusto unico o con più fusti come il nocciolo.

ALBERO DECIDUO IN INVERNO

- Fusto
- Branche (in inverno senza gemme)
- Rami: con la maggior parte delle gemme= base di tutto, organo più importante. Sono
quelle che in primavera diventano germogli. I rami possono essere più o meno sviluppati.
Le foglie cadono in autunno
ALBERO SEMPREVERDE (olivo, agrumi)

- Fusto (tronco/fusto/ceppo/ciocco)
- Branche
- Rami sui quali sono presenti foglie, alla cui ascella vi sono le gemme, e a volte i frutti
(foglie durano alcuni anni)

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TRONCO
Ha una propria morfologia che ci può definire il tipo di albero, in base alle caratteristiche
della corteccia
ALBERO DECIDUO DURANTE LA STAGIONE VEGETATIVA (primavera-estate)

- Fusto
- Branche
- Rami
- Germogli: che derivano dalle gemme presenti sui rami; portano foglie e talvolta
fiori/frutti
- Fiori/frutti possono essere portati anche direttamente sui rami, quando derivano da
gemme particolari (“a fiore”)

RAMI
Distinguiamo i rami in base al tipo di gemme presenti su di esso ed in base alla loro
dimensione.
Diversi tipi di germogli generano diversi tipi di rami. Germoglio cresce con ritmi variabili e
genera internodi di diversa lunghezza.
Col tempo e a partire dalla base, i germogli si accrescono anche in spessore (crescita
secondaria) e tendono a lignificare per poi diventare rami. La lignificazione procede per tutto
l’anno.
Al termine della stagione successiva, la porzione legnosa che corrispondeva al ramo, prende
il nome di branca.
La loro caratteristica è quella di portare le gemme sui nodi (in corrispondenza del punto dove
erano presenti le foglie).

- Rami a legno: presentano solo gemme a legno (di tipo vegetativo), tra di essi si ricordano
anche polloni (derivano da gemme avventizie formatesi a livello radicale, crescendo
entrerebbero in competizione con l’albero-come un fusto secondario-accestimento) e i
succhioni (cresce soltanto ma non fruttifica). In posizione elevata sull’albero

- Rami a fiore (a frutto): nel periodo della fioritura solo gemme a fiore e qualche gemma a
legno (foglia, prolungamento ramo)

- Rami misti: gemme vegetative e riproduttive presenti in modo equilibrato (doppio


potenziale)  ramo più importante tipo nel pesco
(avvicina nello stesso punto gemme diverse, ma non miste)
Nodo= parte del germoglio dove nasce la foglia
Rami della vite= TRALCI, molti sono rami misti, non si distinguono in modo chiaro i tipi di
gemme
BRINDILLI: rametto di dimensioni ridotte, presentano gemme diverse
BRACHIBLASTI: dimensioni molto piccole, lamburde (pomacee) e dardi (drupacee)

Pomacee (melo e pero)  brindillo con gemme laterali a legno, gemma apicale mista
Drupacee (pesco, ciliegio, susino)  brindillo con gemme laterali a fiore, gemma apicale a
legno
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DARDI: tipici delle drupacee con rami corti (da pochi mm a qualche cm) che terminano con
una gemma a legno (dardi vegetativi) e sono formati da numerose gemme a fiore laterali e
una gemma apicale a legno. Formazione di un dardo fruttifero in ciliegio (nello stadio di
germoglio): si notano bene le gemme a fiore all’ascelle delle foglie ravvicinate, oltre alle
quali è presente anche una gemma a legno, che permette di rigenerare il dardo e consentire
una produzione di frutti anche l’anno successivo.
LAMBURDE: tipiche formazioni fruttifere di melo e pero, terminano con una gemma mista o
talvolta a legno. Quando la lamburda si forma sopra una lamburda pre-esistente, si forma
alla loro base un tessuto di riserva detto “borsa”. Borsa e lamburda realizzano, insieme,
formazioni tipiche di organi invecchiati, denominate “zampe di gallo”.
RAMI ANTICIPATI
Derivano dalla lignificazione di germogli anticipati, ossia di germogli che sono stati formati
da gemme (definite “pronte”) che si schiudono nell’anno stesso della loro formazione
all’ascella della foglia, e non nella primavera seguente.
Talvolta, se una gemma si comporta come gemma pronta, esaurisce il potenziale di crescita,
ossia non ci saranno gemme ibernanti in quel punto. In altre specie, esempio la vite,
troviamo sia gemme pronte che gemme ibernanti all’ascella della foglia.

INNESTO= mettere insieme due genotipi  polloni; Il portainnesto è la porzione di pianta che
fornisce le radici all'innesto che dà invece i fiori e i frutti
COLLETTO= zona di contatto tra innesto e terreno (punto di passaggio tra la parte epigea e
quella ipogea), zona delicata, possono inserirsi facilmente insetti e funghi, zona da
mantenere controllata. È una zona
specializzata che consente di resistere alla pressione del terreno circostante ed è il punto
fino al quale le piante devono essere interrate al momento del trapianto: se la pianta viene
interrata meno rischia di morire per esposizione delle radici, se viene interrata troppo viene
lesionato il fusto e possono insorgere patologie, come il marciume del colletto. In natura può
accadere che le radici restino esposte per dilavamento del terreno in seguito a forti piogge,
in tal caso la pianta riesce a irrobustire le radici in modo da resistere all'esposizione (ad
esempio certi ulivi secolari).

ORGANI AD ACCRESCIMENTO SECONDARIO

- Radici
- Branche
- Tronco-fusto
- Radici grosse

Dal punto di vista istologico, le strutture legnose (rami, branche fusti, radici strutturali)
sonno così formate (esterno  interno)
 CORTECCIA
-- sughero
-- fellogeno (tessuto meristematico, ovvero cellule capaci di dividersi e produrre altri
tessuti; non molto spesso)
-- felloderma

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-- libro secondario costituito da tessuto parenchimatico che circonda elementi


conduttori (tubi cribrosi) e elementi meccanici (fibre) = FLOEMA

 CAMBIO (tessuto meristematico, presenza importante, accrescimento in spessore)

 LEGNO
-- trachee, tracheidi, fibre e tessuti parenchimatici nelle angiosperme
-- solo tracheidi nelle conifere che assolvono al compito di trasporto, sostegno e
riserva di sostanze nutritive

 MIDOLLO CENTRALE: non sempre, ma a volte si può trovare, composto da cellule


morte
[Distacco della corteccia dal cambio, in estate rende possibile alcuni tipi di innesti]

LEGNO PRIMAVERILE E LEGNO ESTIVO (TARDIVO)


Le cerchie annuali, soprattutto nelle angiosperme (meno nelle gimnosperme) sono
riconoscibili grazie alle differenze strutturali tra la parte più interna e quella più esterna di
ogni strato, che si formano all’inizio (legno primaverile) e alla fine (legno estivo) della
stagione vegetativa. In genere il legno primaverile è più ricco di vasi, a ampio lume e pareti
più sottili, e povero di fibre, rispetto al legno estivo, che risulta di colore più scuro.
LEGNO PRIMAVERILE E TARDIVO
Le cerchie annuali si possono contare alla base di un tronco, indicano approssimativamente
l’età di un albero. Si tratta di uno strumento utilizzato anche per ricerche archeologiche e per
capire il clima del passato (dendrocronologia).
PINO CEMBRO: in alcuni alberi, nella fase adulta, solo gli strati più esterni del legno, più
giovani e di colore chiaro (alburno), hanno funzione di conduzione mentre gli strati di legno
più interni, più duri, mantengono la sola funzione meccanica di sostegno (durame).
Incremento del tronco nel corso dell’anno, maggiore durante i mesi estivi.

LE GEMME

- A legno (vegetative): potenziale per generare quel germoglio.


- A fiore (riproduttive): si schiudono producendo i fiori  formazione: dardo + una
gemma a legno
- Miste (entrambe le funzioni): posizione mediana e non basale

Legno+fiore (melo, pero, vite) legno+miste


con fiore F+fiore con fiore M (noce) morfologicamente tutte molto
diverse, hanno posizioni specifiche per riconoscerle

- Apicali: apice (gemma mista nel melo, pero)


- Laterali (ascella della foglia)
- Ibernanti: la maggior parte, prodotte lungo il germoglio in un anno ma non si sono
schiuse nello stesso anno. Generate nella stagione vegetativa dell’anno, ci sono
durante l’inverno: hanno bisogno di basse temperature per schiudere successivamente
dormienza
- Pronte: schiudono nello stesso anno della formazione generando altri germogli.
Caratteristica: sviluppare germogli con grande facilità
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- Latenti
- Avventizie

Sono piccoli nuclei meristematici sub-conici o emisferici che si formano prevalentemente


all’ascella delle foglie lungo il germoglio. Sono loro a garantire la crescita e la produttività
degli alberi  più gemme = maggiore potenziale di crescita
La regolazione del loro numero avviene con la potatura (diradamento dei rami o
accorciamento)
Le gemme non sono sempre uguali, ma si evolvono a partire dal momento della loro
formazione:

- Comparsa primordi di foglie, brattee e perule


- Trasformazione a carico dell’apice meristematico (differenziazione delle gemme in
senso riproduttivo)
Destino primario  gemma legno, ma se la stimoliamo diversamente può diventare a fiore
All’interno di una gemma ci sono già delle foglie in forma ridotta, che saranno le prime a
spuntare.
Gemme protette da perule e da peli cotonosi  gemme vestite
Cosa troviamo nelle gemme?
- gemme vegetative contiene meristema apicale e primordi delle foglie
- gemma a fiore contiene i primordi del fiore
- gemma mista contiene apice meristematico, primordi delle foglie e dei fiori
- possono poi essere presenti nelle gemme foglie modificate chiamate brattee
- la gemma può essere rivestita da perule

ELEMENTI: brattee, foglie vere, foglie di transizione, perule, primordi del fiore centrale,
primordi dei fiori laterali
Alcune specie da frutto hanno gemme miste con infiorescenze dalla cui base si sviluppa un
germoglio (melo, pero). Altre hanno gemme miste che sviluppano germogli, che portano i
fiori all’ascella delle foglie nel tratto basale (vite).

GEMME ANTICIPATE
Germogli anticipati si sviluppano soprattutto nella parte basale del germoglio principale ed in
momenti di intensa crescita.
La loro emissione può essere stimolata da
potature, eliminazione di foglie e con irrorazione delle gemme con una classe di ormoni
chiamata citochinine (CYT).
Importanza dei rami anticipati in vivaio (più che nei campi veri e propri)

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Gemme pronte e ibernanti non si comportano in antitesi,


possono co-esistere.
GEMMA PRNCIPALE E SOTTOGEMME DELLA VITE
Le sottogemme (“gemme di controcchio”) in genere non si
sviluppano, ma possono rimanere latenti. Non schiudono tutte e
3, le altre sono cosiddette di riserva per un secondo momento
(dopo eventuale gelata, attacco di insetti). Non sempre ci sono,
ma in caso di necessità si formano. Generalmente sono sterili
ma in alcune varietà di uva possono essere fertili (gemme
miste).

Noce: specie monoica, fiori unisessuali sulla stessa pianta come il mais

GEMME LATENTI E AVVENTIZIE


Gemme latenti già presenti, mantengono il loro potenziale.
Gemme avventizie vengono stimolate da eventi traumatici particolari come un taglio (forti
eventi cesorei), e di conseguenza è presente una riorganizzazione delle cellule.  gemme a
legno  ceppaia di pioppo da biomassa, non ci interessano i fiori ma la vegetazione della
pianta. La loro
emissione può essere stimolata appositamente per creare vegetazione in una vegetazione
dove essa manca.
Bosco ceduo diverso da bosco ad alto fusto. CEDUAZIONE

Particolari gemme avventizie possono prendere la forma di noduli inglobati nella corteccia
(SFEROBLASTI), oppure di ovuli (tipo nell’olivo).
Gemme a legno sono spesso (ma non
sempre, es. vite) facilmente riconoscibili quanto più appuntite e più piccole delle gemme
riproduttive dello stesso albero.

Gli alberi giovani e soprattutto quelli dotati di un elevato vigore non portano gemme a fiore o
miste ma posseggono solo gemme a legno di tipo vegetativo.
Alberi adulti posseggono sia gemme
vegetative che gemme riproduttive, in un equilibrio variabile in funzione del genotipo, delle
tecniche colturali.
Alcune specie o varietà hanno la tendenza ad alternare anni con elevata presenza di gemme
a fiore con anni di loro bassa presenza (mela Fuji, pistacchio).

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2. LA CHIOMA

Rappresenta il rivestimento dell’albero e racchiude gli organi effimeri (ossia che non
permangono – spesso non sono dotati di accrescimento secondario). = tutto ciò che non è lo
scheletro

- Gemme
- Germogli
- Foglie  chioma
- Fiori
- Frutti

1) GERMOGLI
Sono assi vegetativi erbacei formati da nodi ed internodi. Derivano dall’attività di meristemi
(cellule con attività mitotica), che si realizza in alcuni periodi dell’anno (crescita primaria).
Col tempo e a partire dalla base, i germogli si accrescono anche in spessore (crescita
secondaria) e tendono a lignificare per poi diventare rami  di solito in estate e a partire
dalla base. Hanno lunghezza variabile, in base al ritmo di crescita.
Tessuti meristematici = tessuti formati da cellule con la capacità di dividersi  CAMBIO
tessuto responsabile della crescita in spessore.

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2) FOGLIE
Le foglie assolvono funzioni essenziali quali:

- Fotosintesi
- Traspirazione
- Sintesi ormonale
- Accumulo temporaneo di nutrienti a acqua
- Il loro ruolo e la loro efficienza, soprattutto nel periodo successivo a quello di raccolta
dei frutti è inoltre essenziale per la costituzione delle riserve.
Le foglie sono portate sui germogli o sui rami (nelle specie sempreverdi) secondo una
disposizione della singola foglia (fillotassi) alterna, opposta o verticillata, volta a
massimizzare l’intercettazione luminosa. A volte sono disposte a spirale lungo il germoglio.
AMPELOGRAFIA, POMOGRAFIA
Sono l’organo della chioma che è maggiormente appariscente che la caratterizza,
permettendone il riconoscimento, l’identificazione del genotipo.

Come si esprime la quantità di foglie per albero o per ettaro.  LAI= leaf area index, indice
di area fogliare (area foglie m2/ area suolo su cui stanno le foglie m2). Melo max 2,5/3,
agrumi max 4,5/5. Non tutte sono in grado di utilizzare al meglio la luce (più luce a quelle
esterne rispetto a quelle interne)
Quanto tempo risiede una foglia sul germoglio/ramo: meno di una non nelle caducifoglie,
fino a 3 anni nei sempreverdi.

TIPI
La foglia può essere singola (melo, vite) o composta come nel noce, pistacchio.
La foglia si compone essenzialmente di lamina, nervatura centrale e secondarie e picciolo.
Quest’ultimo, oltre a consentire i movimenti della foglia nell’aria facilitando il ricambio
dell’anidride carbonica, del vapore acqueo e l’esposizione anche temporanea alla luce,
collega vascolarmente la foglia con il ramo in corrispondenza di un punto che prende il nome
di nodo.
Il numero degli stomi per mm2 di foglia varia tra 125 nella vite e 500 nell’olivo, per una
superficie complessiva che rappresenta circa l’1-2% della superficie totale della foglia.
Glandole lungo il picciolo, non hanno una grande funzione, solo per riconoscere
eventualmente le varie varietà. Uguale per le stipule, loro però sono anche simbolo di una
proliferazione di virus.

3) FIORI
Ermafroditi o unisessuali (autosufficienti, capaci di autofecondazione in assenza di altre
limitazioni). Raramente (carrubo) sullo stesso individuo sono presenti fiori ermafroditi E
unisessuali. Se una specie
presenta fiori unisessuali, allora possono realizzarsi due situazioni: specie monoiche
(castagno, noce, nocciolo) o dioiche con individui femminili e maschili (pistacchio, actinidia).

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Le specie da frutto delle zone temperate ed appartenenti alla famiglia delle Rosacee
(pomacee e drupacee) sono accumunate da un unico modello di fiore:

- Perfetto
- Ermafrodita
- Con calice a 5 sepali
- Corolla a 5 petali
- Numerosi stami
- Un pistillo mono-carpellare nelle prunoidee e penta-carpellare nelle pomoidee

Corolla parte più appariscente, petali molto


grandi e colorati  api
Parti essenziali: gineceo=pistillo,
androceo=stami con antere (numerosi in un
singolo fiore)
Antere  processi per la produzione del
polline =meiosi
Stilo  riconoscibile dagli stami perché di
colore diverso

Disegno di una sezione trasversale di un fiore di melo.


Struttura penta-carpellare del pistillo comporti una struttura
ovarica con 5 loculi ovarici, all’interno dei quali si dispongono
due ovuli.
Nel caso delle prunoidee, l’ovario sezionato trasversalmente
presenta un’unica cavità all’interno del quale si possono trovare due ovuli.

Possiamo avere fiori singoli o infiorescenze. Tra le più frequenti abbiamo:

- Corimbi (malo, pero, agrumi)


- Amenti (nocciolo, castagno, noce)
- Pannocchia (pistacchio, nespolo, olivo)
- Grappoli o racemo (vite e carrubo)

4) FIORI
I frutti e le infruttescenze sono collegati al germoglio [vite, kiwi] o al ramo [mela] (raramente
alla branca-tronco, in questo caso si parla di specie cauliflorie, ossia che posseggono gemme
a fiore anche su branche-fusto, es. cacao) attraverso organi analoghi ai piccoli che definiamo
“peduncoli”.

- FRUTTI VERI (trasformazione dell’ovario). Sviluppo grazie alla fecondazione.

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- FRUTTI FALSI alla cui formazione concorrono altri tessuti del fiore (es. ricettacolo). Si
possono sviluppare anche senza fecondazione (senza semi = partenocarpico  banana,
clementine, alcuni tipi d’uva)

MORFOLOGIA
Sono di regola costituiti da un ESOCARPO, da un MESOCARPO e da un ENDOCARPO, che nei
diversi tipi di frutti assumono dimensioni e consistenze diverse.
Si distinguono FRUTTI SECCHI e FRUTTI CARNOSI.
Questa distinzione è sia di tipo botanico sia di tipo commerciale (noci, pistacchi vs mele,
pesche).
Nel caso della frutta secca noi mangiamo il seme

[drupa=vero frutto, falso frutto=pomo  vero frutto=endocarpo]

Tra i frutti carnosi sono da ricordare:

- Le drupe, che nei frutti carnosi hanno esocarpo secco membranoso, mesocarpo carnoso
ed endocarpo osseo  mango, olive, datteri
- Le bacche che hanno esocarpo membranoso, mesocarpo ed endocarpo carnoso
 acini uva, passion fruit, banane, kiwi, cacao
- I pomi, che hanno un aspetto intermedio tra le bacche e le drupe
- Gli esperidi, che hanno esocarpo membranoso di colore giallo (flavedo), mesocarpo
spugnoso bianco (albedo) ed endocarpo polposo diviso a spicchi  mandarini, arance,
limoni

Lenticelle= puntini sulla mela, facilitano scambi gassosi, possono essere presenti anche sui
rami.
Frutti (e semi) deiscenti (si aprono o staccano da soli) o indeiscenti (carattere spesso voluto
ed apprezzato). Quasi sempre il prodotto con interesse commerciale dell’albero da frutto è il
frutto stesso, talvolta è il seme (es. mandorlo) o una parte di esso (noce, dove sono presenti
cotiledoni molto sviluppati).
SEME  costituito da embrione, tessuti di riserva (endosperma e cotiledoni), tessuti di
protezione (tegumenti, più o meno spessi, es. sono poco spessi nelle drupe, dove il seme è
protetto dall’endocarpo legnoso). In alcuni semi,
come quelli di abete, detti albuminosi, all’interno dell’involucro è contenuto un abbondante

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endosperma e l’embrione. In altri, come quelli di melo, detti esalbuminosi, l’endosperma è


praticamente sostituito dai cotiledoni.
FOGLIE, FRUTTI E SEMI SONO CARATTERI FENOLOGICI UTILIZZATI SPESSO NELLA
TASSONOMIA (FORMA, DIMENSIONI, RAPPORTI DIAMETRICI ETC).

3. LE RADICI
FUNZIONI

- Ancoraggio
- Assorbimento dell’acqua
- Assorbimento di nutrienti
- Produzione di ormoni (citochinine)
- Riserva di azoto (proteine e aminoacidi) e di carboidrati (amido)
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Quai conoscenze sulle radici delle colture arboree sono necessarie?

- Sviluppo verticale e orizzontale ( stabilità,


acqua)
- Dinamica annuale di crescita
- Densità radicale
- Tipologia di radici
- Abilità specifiche delle radici ad assorbire acqua
e nutrienti (radici fini)
- Abilità specifiche a tollerare particolari
condizioni di suolo
Le radici si sviluppano nel suolo in modo non
omogeneo sia in senso orizzontale che in senso
verticale. Scarsa prevedibilità.
La maggior parte della biomassa ipogea è
rappresentata dalle radici strutturali (grosse,
permanenti), mentre la maggior parte della
superficie di contatto tra radici e suolo avviene
grazie alle radici fini.
Le radici fini, nel loro complesso, pesano meno ma
hanno maggiore lunghezza delle radici strutturali, e non sono (in genere) parte permanente
del sistema radicale (la maggior parte nasce e muore in meno di un anno). Assorbono molto
facilmente le sostanze nutritive e acqua.

[Suberina=“lignina”]

Le radici
avventizie
non sono

preformate, ma si formano in risposta a stimoli esterni e


disponibilità interna di risorse. Una tipica risposta è quella
che avviene in conseguenza del taglio dell’apice o ad un
suo danneggiamento a causa di resistenze meccaniche
(es. sassi, terreno compatto).

Cicli di divisione cellulare permettono a poche cellule


fondatrici, posizionate vicino alle arche xilematiche di
creare
un
primordio radicale in 24 ore.
Radici primarie (fittone), sono presenti
solo nelle piante propagate da seme. Se
esse vengono poi trapiantate, il fittone
viene danneggiato e non continua a
crescere.

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Radici avventizie nascono da:

- Radici primarie (  secondarie)


- Altre radici secondarie ( terziarie)
- Organi epigei (= aerei)

Per convenienza spesso si fissa a 2mm di diametro il limite che separa le radici fini da quelle
grosse.
In realtà si possono distinguere (in base alla funzionalità):

- Radici fibrose (molto fini) di breve durata (alcuni mesi e poi muoiono  sostanza
organica)
- Radici di allungamento (Pioneer roots, poco ramificate)
- Radici di transizione (fibrose o di allungamento, ma in fase di divenire strutturali)
- Radici di conduzione e di accumulo (grosse)

Si possono suddividere anche in base al loro colore


(bianco, marrone)  suberina
La parte più giovane (parte distale) delle radici
bianche, ha una struttura di tipo primario senza la
“banda del Caspary” (= endoderma) barriera alla
libera circolazione dell’acqua e sostanze

Curva più alta: valori totali della crescita,


somma delle crescite relative dei diversi
organi

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Bimodale: su due fasi (primaverile, tardo-estiva)

Crescita radicale: dinamiche di


crescita
Studi su melo, utilizzando i
minirizotroni hanno suggerito
che la dinamica bimodale di
crescita delle radici, proposta da
Head e Atkinson, non si verifica
regolarmente.

INTERAZIONI TRA RADICI E MICROORGANISMI


1) Patogeni
2) Simbionti: Endomicorrize (VAM) Ectomicorrize
Ectomicorrize: colonizzano soprattutto specie forestali, vivono esternamente alla radice e
formano un mantello.
Endomicorrize: VAM= vescicular arbuscular mycorrhizae, infettano le cellule della radice con
vescicole e hanno ife che si sviluppano all’esterno per diversi centimetri.
[Noduli radicali formati da batteri del genere Rhizobium e radici di una leguminosa arborea
in zone tropicali]

4. DORMIENZA DELLE GEMME


Nell’albero coltivato si possono individuare due serie di eventi riconducibili a:
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- Ciclo vegetativo
- Ciclo riproduttivo

In funzione del tipo di coltivazione (es. se si vuole produrre legno e frutti) i due cicli hanno
importanza diversa.
Entrambi i cicli convivono e devono svilupparsi al meglio in un albero da frutto. Nelle
coltivazioni arboree da legno prevale il primo.

CICLO VEGETATIVO

- Formazione delle gemme ibernanti


- Periodo di dormienza
- Germogliamento
- Crescita dei germogli (tipo secondario)
- Maturazione del legno
- Caduta delle foglie
- Riposo invernale

CICLO RIPRODUTTIVO

- Induzione a fiore
- Differenziazione a fiore
- Periodo di dormienza
- Completamento della differenziazione a fiore
- Fioritura
- Fecondazione
- Crescita dei frutti e dei semi
- Maturazione

FASI: Paradormienza - endodormienza – ecodormienza

Gli alberi di tipo deciduo hanno sviluppato particolari strategie per sopravvivere ai freddi
invernali. Durante questi periodi, nell’albero non si realizza nuova
crescita anche se temporaneamente le condizioni climatiche lo permettessero.
Si dice che l’albero è in
una fase di dormienza; in realtà sono le gemme ed i meristemi cambiali ad entrare in
dormienza.
Anche se non si assiste a visibili fenomeni di crescita nella gemma, ciò non significa che non
vi sia attività nella gemma stessa.
La dormienza delle gemme ha affinità con la dormienza del seme (stato di quiescenza che
per essere interrotto e perché sia abbia la sua germinazione ha bisogno di un periodo di
basse temperature= vernalizzazione del seme).

FASI DELLA DORMIENZA

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- paradormienza (estiva)
- endodormienza (dal termine dell’estate fino all’inverno)
- ecodormienza (fine inverno)

1) PARADORMIENZA
Controllo esercitato da fattori esterni alla gemma ma interni all’albero.

[la gemma non schiude gemma ibernante/eventuale gemma pronta]


Il controllo esercitato dal meristema apicale,
sito di produzione di auxine, del germoglio sulle gemme laterali fino all’entrata di
endodormienza è stato comunemente attribuito al fenomeno della dominanza apicale 
l’apice del germoglio cresce e domina/frena la produzione di rami anticipati

La crescita delle gemme laterali può essere stimolata dall’asportazione della gemma apicale
o da applicazioni di citochinine sulle gemme stesse
Oppure
di nuovo impedita dall’applicazione esogena di auxine in grado di mimare l’effetto della
gemma apicale.

A = gemma in paradormienza in uno stato normale


B = la cimatura del germoglio revoca la dormienza
apicale e determina lo sviluppo di getti anticipati
C = sperimentalmente e artificialmente è stata
applicata una soluzione con citochinine sulle gemme
laterali, può consentire il loro sviluppo pure in
presenza dell’apice del germoglio
D = in un germoglio cimato l’inibizione delle gemme
laterali può essere ripristinata con la
somministrazione di auxine all’apice del germoglio

I diversi genotipi (tra specie e all’interno della stessa specie) differiscono circa:

- Il loro grado di dominanza apicale


- Il loro grado di controllo sullo sviluppo delle gemme laterali

A, D, F scarsa dominanza apicale


rispetto alle altre specie.

2) ENDODORMIENZA
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Dormienza vera e propria, controllo esercitato da fattori interni alla gemma

La prova che una gemma è entrata in endodormienza si ha quando essa non risponde a
trattamenti che erano in grado di provocare l’uscita dalla paradormienza.

La gemma esce dalla endodormienza solo quando è in grado di rispondere a stimoli esterni
che promuovono il germogliamento (temperature elevate).

L’entrata in endodormienza di una gemma è innescata da fattori ambientali quali


l’abbassamento delle temperature e la riduzione del fotoperiodo.
Essi determinano l’accumulo di inibitori (quello maggiormente noto è l’acido abscissico, ABA)
nella gemma, provenienti dalle foglie, la cui degradazione avviene solo dopo il
soddisfacimento del fabbisogno in freddo.

Con l’entrata in endodormienza si verificano importanti modifiche nelle gemme:


- Rallenta e poi cessa la divisione cellulare
- Diminuisce l’acqua disponibile
- Si formano particolari proteine in grado di sottrarre acqua (deidrine= proteine
idrofiliche), che aumentano in autunno al decrescere delle temperature
- Avvengono cambiamenti a livello degli acidi grassi di membrana per consentire il
funzionamento a temperature più basse.

IL SODDISFACIMENTO DEL FABBISOGNO IN


FREDDO (CHILLING REQUIREMENT)
Come si misura?
Unita di freddo (CU) o numero di ore a T <7
°C Da quando inizia il calcolo?
Dal 50% della filloptosi (caduta foglie)

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MODELLI PER IL CALCOLO DEL FABBISOGNO


DI FREDDO
Modello Richardson o modello Utah
Modelli dinamici che tengono in
considerazione il fatto che le variazioni
termiche entro i 0-12 gradi circa, in
aumento ed in calo sono più efficaci di
temperature costanti.
Temperatura sopra i 12°C agiscono
negativamente, cancellando in parte gli
effetti positivi del freddo accumulato.
Fabbisogno in freddo – frutticoltura con specie decidue in zone subtropicali:
A basse latitudini, la coltivazione ad elevate altitudini può far accumulare abbastanza freddo
agli alberi da interrompere la dormienza; in tali condizioni di coltivazione, tuttavia, non si
attivano i meccanismi per la completa abscissione delle foglie in autunno (fotoperiodo non si
riduce abbastanza).

3) ECODORMIENZA

È quella fase della dormienza in cui le gemme hanno solo bisogno di accumulare calore per
schiudersi.
Di solito a febbraio-marzo (alle nostre latitudini).
Più rapido è l’accumulo di calore, prima si schiuderanno le gemme e prima si realizzerà la
fioritura (ed i rischi di gelate tardive).

Con un aumento di 1°C nella temperatura media tra febbraio


ed aprile si realizza un anticipo di una settimana della ripresa
vegetativa e della fioritura del melo.

ASPETTI PRATICI
L’importanza pratica
della dormienza riguarda
la coltivazione di specie o
varietà in ambienti con
inverni assai più miti di
quelli dove sono state
selezionate.
In tali situazioni la schiusura delle gemme è parziale e di
conseguenza il ciclo vegetativo e quello riproduttivo sono alterati.

TRATTAMENTI PER SUPERARE O IMPEDIRE LA DORMIENZA


- Defogliazione
- Trattamenti con “rest-breaking properties” (nitrato di potassio, idrogeno cianamide)
- Selezione varietà a basso fabbisogno in freddo

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5. CICLO RIPRODUTTIVO

- Induzione e differenziazione a fiore (detta anche induzione e differenziazione antogena)


delle gemme  stimolo a cambiare il destino della gemma e
cambiamento morfologico.
- Micro e macrosporogenesi (ovvero il completamento della formazione degli organi
sessuali maschili e femminili)  antere e ovario: gametofiti zigote 2n
- Fioritura (“antesi”)
- Impollinazione dall’antera allo stima
- Fecondazione (2 gametofiti  1 sporofito)
- Sterilità
- Allegagione e cascola (A= sviluppo del frutto, C= caduta del frutto dall’albero)
- Crescita del frutto e sua maturazione

ENTRATA NELLA FASE RIPRODUTTIVA

- GIOVANILITÀ: fase che caratterizza per molti anni le


piante che derivano da seme. Non si formano gemme
riproduttive. Unico ciclo presente è quello vegetativo,
solo gemme a legno (non c’è ancora produzione di frutti).
Fase durante la quale, inizialmente, le piante che
derivano da seme presentano caratteristiche fisiologiche
e morfologiche diverse da quelle dello stato adulto, es.
foglie più piccole e spinescenza (difesa contro gli erbivori,
es. pero, limone)  DIMORFISMI
- TRANSIZIONE: tipica anche delle piante che derivano da
innesto o propagazione vegetativa (il germoglio da un
innesto non produce nulla per i primi anni)  dal punto di
vista economico deve essere più breve possibile
(=perdita)
- ADULTA e RIPRODUTTIVA: in questa fase, polloni e succhioni possono possedere ancora
caratteri di giovanilità

INDUZIONE E DIFFERENZIAZIONE A FIORE


L’acquisizione della potenzialità di produrre fiori da parte di una gemma segna l’inizio del
ciclo riproduttivo che terminerà con la maturazione dei frutti. (stimolo invisibile)
Esiste una costituzionale predisposizione a
differenziare in senso riproduttivo alcune gemme portate su particolari organi (brachiblasti in
alcune specie e rami misti in altre).
La prima fase del processo riproduttivo è l’induzione a fiore di una gemma, che all’inizio,
ovvero dopo la sua formazione, è ancora indifferenziata.
L’induzione a fiore non è un fenomeno visibile, ma
corrisponde ad un particolare quadro biochimico (ormonale e nutrizionale) nella gemma che
ne determina il destino.
Hanno azione positiva sull’induzione a fiore delle gemme:

- Il rallentamento della crescita dei germogli e la presenza di un certo numero di nodi

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- La presenza di un numero abbastanza elevato di foglie e la quantità di luce (nel melo,


l’induzione a fiore si riduce nelle parti della chioma dove il PAR è meno del 30% di
quello esterno), ossia la disponibilità di carboidrati
- Stress idrici controllati nelle varietà e specie rifiorenti (es. limone = più fioriture
nell’arco dell’anno)

Hanno azione negativa sull’induzione a fiore delle gemme:

- Presenza di sink forti (es. eccessiva quantità di frutti nelle parti vicine alla chioma, non
ci sono nutrienti a sufficienza per tutti i germogli).
SINK= potere di richiamo dei fotosintati da
parte di un organo (frutti, apice in crescita sink forte - radici, gemme sink debole)
- Eccessivo vigore vegetativo (germogli in forte crescita)
- Eccessiva concimazione azotata (va bene se dobbiamo stimolare la crescita del legno)

Per quanto riguarda l’induzione a fiore, le specie arboree da frutto di climi di tipo temperato
sono in genere “neutrali” verso il fotoperiodo. Ossia, l’induzione antogena avviene
indipendentemente da esso (a differenza della fragola, che può essere brevidiurna,
longidiurna o neutrale).

All’induzione segue la differenziazione, fase in cui si iniziano a vedere le modificazioni


morfologiche nella gemma. Nella fase di induzione le gemme sono morfologicamente
indifferenziate ma “fisiologicamente programmate” in senso vegetativo-riproduttivo.

FASE REVERSIBILE: può avvenire nelle specie


decidue già entro le 6-9 settimane dalla
fioritura. Una gemma ritorna verso un destino di
tipo “vegetativo” se vengono meno i fattori che
favorivano l’induzione a fiore, es. luce e
temperatura.
FASE IRREVERSIBILE: indicativamente inizia a 4-5settiamne prima dell’inizio della
differenziazione morfologica di organi fiorali all’interno della gemma.

DIFFERENZIAZIONE MORFOLOGICA
Il primo sintomo è l’appiattimento dell’apice meristematico nella gemma.
Poi compaiono i primordi dei sepali
(calice) e petali (corolla). Successivamente
si completa la differenziazione dei primordi degli stami e del pistillo.
[Il meristema nella fase iniziale si presenta arrotondato e circondato dai
primordi delle brattee  i primordi fiorali emergono dal meristema
 primordi dei sepali disposti secondo un pentagono  alla fine i verticilli
fiorali, compresi sepali e petali, sono differenziati.]  GEMME IBERNANTI che
si schiudono dopo la dormienza invernale

EPOCA DI DIFFERENZIAZIONE A FIORE


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Varia da specie a specie. Le specie caducifoglie differenziano le gemme in tarda primavera-


estate (almeno dopo 4-6 settimane dall’inizio della ripresa vegetativa), di solito dopo il
rallentamento dell’attività vegetativa del germoglio.
Possono differenziare a fiore (anche se con minore possibilità) anche gemme formatesi
all’inizio dell’autunno.
Nelle specie sempreverdi (olivo, agrumi) i sintomi della differenziazione sono apprezzabili
durante o al termine dell’inverno (dipende dalla temperatura).

FERTILITÀ DELLE GEMME NELLA VITE


Fertilità gemme lungo il tralcio, non è omogenea.
Varietà con diversa fertilità gemme basali. Conseguenze sulla potatura: potature corte e
lunghe (sono obbligato a realizzarla quando le gemme basali sono poco fertili).

- Buona fertilità (forma di allevamento= cordone speronato): Cabernet Sauvignon,


Chardonnay, Merlot, Moscato bianco, Pinot, Sangiovese
- Bassa fertilità (forma di allevamento= pergola, Guyot): Barbera, Lagrein, Lambrusco,
Malvasie, Marzemino, Prosecco, Raboso, Teroldego, Verduzzo

INIBIZIONE della differenziazione a fiore delle gemme causata dalla presenza eccessiva di
frutti. Genera il fenomeno detto “ALTERNANZA DI PRODUZIONE”
(alternate bearing).  in un anno si produce sopra la media (tanti frutti e poche gemme per
l’anno successivo, riserva insufficiente di amido negli organi permanenti), l’anno successivo
poco e niente.
Cause:

- Diminuzione dell’accrescimento e del numero di gemme che potenzialmente si possono


differenziare a fiore nell’anno di “carica” di frutti
- Controllo ormonale dovuto alla produzione di particolari tipi di un ormone denominato
“gibberelline” da parte dei semi dei frutti che inibisce la differenziazione a fiore della
gemma (es. melo). Analogamente, l’acido clorogenico in olivo ha effetto inibente la
differenziazione a fiore
- Gelata tardiva
- Controllo dipendente da competizione di tipo nutrizionale (sostanze nutritive attratte
dai frutti a in carenza nelle gemme)
- Gestione  diradamento che segue l’allegagione dei frutti

Controllo tramite:

- potatura (dopo un anno OFF potare molte gemme, anno ON ha già poche gemme per
cui ridurre la potatura)
- concimazione azotata (OFF no sink forte dei frutti perciò il germoglio ha tutti i nutrienti
per sé per poter crescere quindi concimazione ridotta, ON stimolare l’accrescimento
vegetativo tramite l’azoto)
- diradamento dei frutti (intervenire con l’allegagione elevata)

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MICRO E MACROSPOROGENESI
L’evoluzione degli organi riproduttivi si completa con:

- Formazione del polline all’interno delle antere (micro-)


- Con quella del sacco embrionale all’interno degli ovuli (macro- o ovulazione)

In alcune specie, micro- e macro- avvengono prima dell’entrata in dormienza, ma più spesso,
avviene dopo la dormienza; essa si completa poi solo poco prima della fioritura.
Qui il fenomeno principale è la meiosi (2n 
n)con la formazione di cellule sessuali dotte di nuclei aploidi n =
individuo/organo che nasce da n = gametofito (organismo dentro un organismo, es. tubetto
pollinico nello stilo), diverso dallo sporofito (2n).

o MICROSPOROGENESI

L’antera è l’organo in cui ha sede il processo di microsporogenesi (gametogenesi maschile).


Nell’antera esistono sacche polliniche che generano le cellule
madri del polline, la cui vitalità è garantita da altre cellule, dette del “tappetto”.
Da ciascuna cellula madre si originano 4 cellule microspore che diventano altrettanti granuli
pollinici. Ossia i gameti maschili.
Il granulo pollinico (polline) possiede 3 nuclei (2 generativi-2 fecondazioni e 1 vegetativo-
crescita) racchiusi da una parete a due strati denominati “intina” ed “esina”.

o MACROSPOROGENESI

La gametogenesi femminile si compie nella base del pistillo, a livello dell’ovulo, contenuto
nell’ovario.
L’ovario è costituito in gran parte da un tessuto detto nucella, in cui si differenzia una o più
cellule madri delle megaspore, che in seguito a divisione meiotica origina 4 megaspore.
Di queste, 3 degenerano, mentre quella
basale diventa la cellula uovo (gametofito femminile) che contiene due nuclei, di cui uno
aploide (n) ed uno diploide (2n).
Questo processo è ripetuto, anche più volte, all’interno di ogni carpello in cui l’ovario è
eventualmente suddiviso.

FIORITURA (ANTESI)
La fioritura avviene in periodi diversi in funzione delle esigenze termiche delle diverse
specie. Spesso è scalare (in alcune specie vi è un fiore
centrale): alcuni fiori si aprono prima, altri dopo. Può cambiare la durata della fioritura stessa
se troppo caldo.
La fase di piena fioritura si realizza quando più del 50% dei fiori è aperto.

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PROTERANDRIA= il fiore maschile rilascia il polline prima di quando il fiore femminile sia
matura per riceverlo. Motivo per cui a volte alcune specie non possono essere coltivate con
un solo genotipo.
PROTEROGINIA= il fiore femminile è pronta a fornire l’ovulo per la fecondazione ma il fiore
maschile non ha ancora maturato la produzione del polline nelle antere.
CLEISTOGAMIA= la fecondazione/rilascio del polline avviene quando il fiore è ancora chiuso
 autofecondazione. Es. alcuni genotipi di pesco usati come portinnesti, o la vite. 
esaltazione dell’OMOZIGOSI

 CASO DEL LIMONE – cv. Femminello


Mostra una spiccata rifiorenza: fiorisce e produce frutti in diversi periodi. (in presenza di
determinati requisiti climatici) Prima fioritura a marzo (precoce) – limoni in tardo autunno
(frutti di piccole dimensioni) Seconda fioritura a aprile
maggio – frutti (primofiore) in inverno, a buccia gialla
Terza fioritura luglio (forzata, se sottoposta a stress idrico) – frutti in estate dell’anno
seguente (verdelli) a buccia verde
Possibile trovare in contemporanea fiori e frutti.

Caliptra o corolla (ossia insieme dei petali del fiore della vite)  si distacca dal fiore in fase di
fioritura, si rilasciano i filamenti delle antere.
DURATA DELLA FIORITURA E DEL PERIODO UTILE ALLA FECONDAZIONE
Circa 10 giorni in molte specie. Ma dipende molto dalle condizioni climatiche presenti.
Più breve con clima asciutto e temperature elevate.
Più lungo con basse temperature.

IMPOLLINAZIONE
Polline dalle antere allo stimma.

- Autoimpollinazione = interno alla pianta stessa


- Impollinazione anemofila (fiori poco vistosi e molto polline, polline piccolo e leggero che
si muove e disperde facilmente nell’ambiente; olivo) = aiuto del vento
- Impollinazione entomofila (fiori colorati e vistosi- corolla, presenza di nettari attirare
gli insetti; pero) = simbiosi tra piante e insetti
Costanza fiorale dei pronubi (api bottinatrici). Nelle forme ad allevamento a parete, le api
tendono a rimanere nello stesso filare (aspetto da considerare per l’impollinazione).
Pronubi hanno preferenza per alcuni tipi di fiori
(il ciliegio viene preferito al pero).
Polline viene rilasciato dalle antere a temperature diverse in funzione della specie
(collegamento con la fenologia):

- Con temperature >5°C nel ciliegio e nel pero


- Ma solo >10°C nel melo (nelle ore più calde della giornata)

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- Con temperature sotto il 10°C e in condizioni di vento, il volo delle api è scarso; i
bombi volano anche quando è più freddo. Uso di arnie nei frutteti per incentivare
l’impollinazione, evitare i trattamenti in quel periodo

CASO DI PROTERANDRIA: IL NOCCIOLO


(fiore femminile poco appariscente perché non deve attirare
nessun insetto) Il polline germina già a fine
inverno (febbraio-marzo, molto precoce) e il tubetto pollinico
si sviluppa subito, ma, arrivato alla base dello stile, arresta il
proprio sviluppo in quanto l’ovulo non è ancora differenziato.
A marzo iniziano a svilupparsi gli ovuli ma solo a maggio
avviene la fecondazione (ovuli maturi).

POLLINE
In peso: indicativamente 0.2-2 mg polline/fiore
Dimensioni medie del polline melo: 30 micron
Nel melo e nel pero la media del numero di stami per
fiore è 19-20

IMPOLLINAZIONE ARTIFICIALE
Per alcune specie dove l’impollinazione è molto importante per la qualità dei frutti (80-90
gr). Costi elevati. Procedure operate durante la fioritura. Si sfregano le antere per raccogliere
il polline che poi verrà diluito in sostanze acquose e spruzzato sulle piante.
Scelta degli impollinatori non
da tralasciare. Presenza di genotipi diversi che rilasciano polline utile (in grado di fecondare
la cellula uovo), facile da trasportare, compatibile e contemporaneo alla mia fioritura.
FECONDAZIONE
Granulo pollinico arriva sullo stimma, si idrata (arriva essicato), produce proteine di
riconoscimento ed enzimi idrolitici. Germina un tubetto pollinico che cresce nel
canale stilare e riversa nell’ovulo un nucleo vegetativo e due nuclei generativi
(fecondazione) destinati a fondersi con:
1. L’oosfera o cellula uovo (aploide, n) per generare l’embrione (diploide, 2n)
2. E con un nucleo diploide (2n) presente nell’ovulo, generando l’endosperma (3n) -
tessuto di riserva del seme
Papille e stimmi umidi per trattenere il polline.
La germinabilità del polline e la velocità di crescita del tubetto pollinico sono fattori
fondamentali per il successo della riproduzione (arrivare all’ovulo velocemente).
Spesso è necessaria una rapida
crescita del tubetto pollinico, che deve raggiungere il sacco embrionale quando questo è
ancora vitale.
Vitalità variabile in funzione della specie: 4-5 giorni nel ciliegio; 1-2 settimane nel melo (dopo
potrebbero esserci problemi di varia natura, anche a causa del cambiamento della
temperatura).

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Periodo utile per l’impollinazione: il tubetto pollinico necessita di 2 giorni per svilupparsi e
fecondare (linee tratteggiate).

PARTENOCARPIA: non è sempre necessaria la fecondazione perché si sviluppi il frutto (pere


Conference/Abate, uva, banana, limone). Nel centro del frutto non troviamo i semi (sink
molto forte, IAA-Auxina, stimola il trasferimento dei carboidrati), molto più piccolo, spessore
minimo. Il melo non è un
esempio particolare. Succede in zone molto calde.
Dimensioni dei frutti in funzione della presenza dei semi (per crescere bene servono i semi).
Applicazione esogena di gibberelline (ormoni), soprattutto nelle uve senza semi (incremento
di crescita, simulano l’attività dei semi).
Le bacche delle uve apirene sono di dimensioni ridotte rispetto a quelle con semi.
Le uve stenospermocarpiche presentano una forma variabile, tendenzialmente più allungata,
rudimenti di vinaccioli (semi) abortiti, di consistenza erbacea e non percettibili alla
masticazione; gli acini partenocarpici sono rotondi e totalmente privi di semi.

APOMISSIA: sviluppo embrione in assenza della meiosi e della fecondazione. Embrione che
deriva da alcuni tessuti della parte femminile del fiore. Seme apomittico con corredo
genetico uguale al seme normale (riproduzione identica). È tipica degli agrumi (apomissia
avventizia, associata a poliembrionia-dentro al singolo seme abbiamo più embrioni). Può
venir usata per propagare tramite seme una varietà mantenendo inalterato il genotipo.
Poliembrionia nel limone: più germogli provenienti da un unico seme, apomittico. I germogli
sono geneticamente tutti uguali, tranne uno, il solo che deriva dalla fecondazione tra la
cellula della pianta e il polline arrivato.

Partenocarpia negli agrumi: se coltivati in maniera isolata non c’è presenza di polline
estraneo, frutti senza semi; se coltivati vicino ad altre specie compatibili sessualmente
(ibridi) ci sono più semi.

PROBLEMI ALLA FECONDAZIONE

- La carenza di alcuni elementi nutritivi (B, N, Ca) può influire negativamente sulla
germinabilità del polline e sulla vitalità del sacco embrionale (si applicano poi
trattamenti specifici del caso)
- Piogge insistenti in fioritura possono dilavare gli stimmi dal polline o causare la morte di
granuli pollinici
- Anticrittogamici = fungicidi
- Sterilità

STERILITÀ
1- Morfologica (manca qualcosa)

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Androsterilità = difetti morfologici degli stami (castagno, vite, kiwi). Sterilità delle antere
(pesco, arance). Caso
particolare: vite in cui i granuli pollinici non riescono a
germinare per difetti morfologici.
Ginosterilità = assenza o deficiente sviluppo dell’ovario
(specie ornamentali di Prunus, cultivar maschili di kiwi)
A = amenti astaminei (no stami, androsterile); B =
brachistaminei; C = mesostaminei; D= longistaminei
(normali)

2- Citologica (legata al DNA)


Dipende da problemi nella meiosi (macro o microsporogenesi). I fiori sono
morfologicamente normali, ma le antere emettono polline che non germina. Tipicamente
si osserva nelle cultivar triploidi (3n - melo, pero, agrumi, banano)  problema
impollinazione incrociata 3n-2n (non ancora risolto)

3- Fattoriale (più comune)


Incompatibilità polline-stilo (gametofitico) o polline-stimma (sporofitico). Base genetica,
meccanismo biochimico.
Autoincompatibilità  fiore ermafrodita, il polline di quella varietà genera un tubetto
pollinico che poi viene bloccato. Necessità di altri impollinatori.
L’autoincompatibilità riproduttiva rappresenta l’incapacità di una
pianta, fertile ed ermafrodita, di produrre zigoti a seguito di
autoimpollinazione.
Rappresenta il più comune meccanismo di difesa all’autoimpollinazione
ed interessa più della metà delle specie appartenenti alle
angiosperme. È meccanismo molto
diffuso: si riscontra di norma in melo, pero, susino, ciliegio, castagno,
nocciolo.
Predominante in olivo, mandorlo. Talvolta avviene anche in ciliegio
acido, albicocco, agrumi, susino europeo.
Assente in vite, pesco e noce.
L’indubbio vantaggio di questo meccanismo è quello di promuovere la
riproduzione tra individui diversi in modo da limitare la depressione da
inbreeding nella popolazione; aumentare la biodiversità genetica nelle
popolazioni; favorire la variabilità dei caratteri.

Interincompatibilità  scelta di particolari impollinatori (compatibili)

Controllo genetico sull’incompatibilità di tipo fattoriale:


L’incompatibilità ha una base genetica ed è controllata da un gene situato sul locus S
presente sia nel polline che nella parte femminile del fiore (stilo o stimma).
Questo gene può presentare diverse forme (varianti) dette alleli.

Incompatibilità di tipo sporofitico:


È più rara di quella di tipo gametofitico ed è tipica delle Brassicacee, Asteracee,
Convolulacee, Betulacee, tra cui il nocciolo.
Riguarda interazioni tra una proteina prodotta, dai tessuti diploidi del “tappeto”, sull’antera,
e trasferita sull’esina del polline, e un’altra proteina prodotta dallo stimma.
Nel caso del polline, si deposita una sola proteina se l’allele presente nelle cellule del
“tappeto” è dominante sull’altro allele presente nel locus S (dominanza di uno sull’altro),

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oppure se ne depositano due nel caso di co-dominanza (una per allele – riconoscimento di
due proteine). Polline riconosciuto grazie a queste proteine.
La parte esterna del polline viene riconosciuta dalle cellule dello stimma: si forma così uno
strato di callosio sotto il polline, nello stimma, che impedisce la penetrazione nel tubetto
pollinico (tessuto duro).

Incompatibilità di tipo gametofitico:


Riguarda il tubetto pollinico aploide che, durante la sua crescita lungo lo stilo, viene
riconosciuto e fermato.
Il meccanismo è scatenato da proteine codificate da geni su alleli nel locus-S su un
cromosoma.
Il locus è multigenico e se l’allele del polline corrisponde ad uno dei due alleli dello stilo
(diploide), il tubetto pollinico viene
riconosciuto e fermato.


1-

Autoimpollinazione: riconosciuti e bloccati


2- Stesso polline, viene riconosciuto, 1
soltanto in comune
3- Impollina un altro genotipo con cui non
condivide nessuno dei 2 alleli, può
germinare

INTERINCOMPATIBILITÀ: È molto comune nel ciliegio dolce in cui vi sono molte varietà auto
incompatibili. 24 gruppi di incompatibilità. Nel ciliegio vi sono anche cultivar autocompatibili,
che fungono da donatori universali.

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6.CRESCITA DEL FRUTTO

Un frutto può svilupparsi a partire dal fiore perché fecondato o perchè è partenocarpico. Se il
fiore si evolve in frutto si parla comunque di allegagione.
I fiori che non vengono “allegati” sono soggetti ad una abscissione, detta COLATURA.
(allegagione imperfetta) In genere una percentuale elevata di fiori cascola
(>80% - solo il 50 nel caso dei fiori della vite, ma anche >90 nel melo).
Grappolo spargolo (contrario di compatto) causato dalla mancanza di fecondazione di molti
fiori; frutti sparsi e radi, poca rendita.
Apice quantità fiori ad aprile ma dura poco (maggio= cascola immediata); da giugno (dopo
una seconda cascola) a settembre livelli minimi.

CASCOLA
In alcune specie, es. melo, la cascola può continuare per molto tempo dopo l’allegagione
(maggio/giugno). Si tratta di una autoregolazione (più marcata in alcune specie) del numero
di frutti presenti. Quelli più piccoli, meno abili nella competizione per i
nutrienti (SINK) rispetto ai frutti più grandi o più avanti nella fenologia, sono più predisposti a
cadere. La cascola è
innescata da un insufficiente livello di alcuni ormoni (auxine o gibberelline) prodotti dal
frutto.  i frutti che non cascolano si dicono “allegati” (coinvolgimento
delle auxine dell’allegagione).
Nei frutti destinati a cascolare, si assiste,
prima del loro distacco, ad una diminuzione
del proprio ritmo di crescita e di divisione
cellulare.
Tiba= inibitore del trasporto delle auxine

CASCOLA PRE-RACCOLTA
Predisposizione alla cascola in alcune specie  imparare a sfruttare questa caratteristica (es.
olivo). Molto grave nel periodo pre-raccolta.

- Stress idrico
- Attacchi parassiti
- Azione del vento

CURVA DI ACCRESCIMENTO detta a doppio sigmoide tipica


delle drupacee (pesco, albicocca).
Processi che accompagnano la crescita del frutto: la
citochinesi (divisione cellulare, fase 1 - citochinine) e la
distensione cellulare (predomina sulla fase 3 -
gibberelline).

Invaiatura= cambio colore dell’uva

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CURVA DI ACCRESCIMENTO del frutto di una pomo (es. pero o


melo), a sigmoide semplice

#fragola: divisione cellulare in tutto il periodo della fioritura

A COSA SI DEVE LA CRESCITA DEL FRUTTO

- Divisione cellulare
- Distensione cellulare
- L’aumento di volume dipende anche dall’aumento di spazi vuoti tra la cellule all’interno
del frutto (es. nella mela, ma non nella pesca o nell’actinidia – nel tempo della fioritura
cala il peso specifico per questo motivo, alcune cultivar sono ancora ricche di liquidi al
momento del taglio del frutto; non succede per la pesca, pera, kiwi – densità elevate)

Auxine, gibberelline, citochinine = promotori della crescita, calano la loro attività


proporzionalmente alla maturazione del frutto.
Gibberelline: allungamento del frutto se
applicate dall’uomo (non si intende quelle già presenti all’interno dei frutti). Stimolate dalla
differenza di temperatura giorno-notte.

COSA SOSTIENE LA CRESCITA DEL FRUTTO

- Acqua (70-80% del peso del frutto)


- Carboidrati (zuccheri semplici, amidi)
- Acidi organici (a volte acidi grassi, es. olive)
- Elementi minerali (aminoacidi-proteine e singoli ioni, es. K Mg)

Entrano dalle connessioni vascolari.


Il flusso della linfa nello xilema e quello nel floema sostengono in modo diverso la crescita
del frutto in funzione del periodo che stiamo analizzando.
Caso MELA: nelle prime fasi dopo l’allegagione,
il frutto cresce lentamente in volume ed è soprattutto lo xilema a consentire la
compensazione delle perdite idriche per traspirazione. In una fase di crescita intermedia
(estate) e poi sempre più verso la maturazione, l’incremento in volume del frutto è
soprattutto dovuto al flusso floematico e la traspirazione cala.

ACCUMULO ELEMENTI MINERALI NEL FRUTTO


Mobilità floematica: buona per quasi tutti gli elementi minerali (K, N, Mg, P).
Media per molti micronutrienti metallici (Fe, Zn). Scarsa mobilità per Ca e
Mn  eventuali trattamenti esogeni.

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(CARBOIDRATI) ZUCCHERI DI TRASPORTO (trasporto di C)

- saccarosio, sorbitolo (mela, pera, rosacee);


- saccarosio (vite);
- saccarosio, mannitolo, raffinosio (oliva);
- saccarosio e inositolo (actinidia).

Sorbitolo, inositolo e mannitolo sono zuccheri-alcol.


CARBOIDRATI DI ACCUMULO

- Frutti climaterici = frutti che accumulano amido-C, “lunga conservazione” (actinidia,


avocado, albicocca, banana, mango, pesca, mela)
- Frutti aclimaterici = frutti che accumulano zuccheri solubili (fruttosio e glucosio o
saccarosio) e solo trascurabili quantità di amido (ananas, ciliegia, lampone, fragola,
mirtillo, uva, agrumi)
[amido= polisaccaride formato da molecole di glucosio]
ACIDI ORGANICI
Abbiamo già visto quali siano gli zuccheri semplici presenti nella frutta polposa. Gli acidi
organici sono prevalentemente 3:

- MALICO (mele, pere, pesche, ciliegie, banana)


- CITRICO (agrumi, fragole, lamponi)
- TARTARICO (uva, avocado)
- Succinico (papaya, mela)
- Chinico (prugne, kiwi)
- Isocitrico (more)
- Lattico (mirtilli, ananas)

OLIVE  accumulano olio nel mesocarpo (alla maturazione circa 60-70%). Tra gli acidi grassi
prevale l’acido oleico, seguito dal palmitico e linoleico. La presenza di acidi grassi non
determina l’acidità dell’olio. L’acidità (più elevata, peggiore qualità) dell’olio si esprime in %
acido oleico (olio EVO >0,8%) ed è il risultato di reazioni di idrolisi di acidi grassi
(inacidimento), es. olive cadute a terra o in quelle dove i grassi sono a contatto con acqua.

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7.MATURAZIONE DEI FRUTTI


[SPECIALE RIFERIMENTO AI FRUTTI POLPOSI]

Fenomeni che accompagnano la maturazione del frutto e ne influenzano la qualità finale:


1. ANDAMENTO RESPIRAZIONE (frutti climaterici e non)
frutti climaterici accumulano
polisaccaridi-amido nel mesocarpo (mele, pere, pesche,
banana, avocado, mango), aclimaterici accumulano
direttamente zuccheri semplici- saccarosio/fruttosio
(agrumi, ciliegie, uva, fragola, ananas)
Respirazione di un frutto non climaterico cala nel tempo
continuamente ma non rapidamente.
Minimo climaterico:
momento raccolta. Massimo climaterico: maturazione di
consumo; periodo che può variare in base alle modalità di
conservazione del frutto. Senescenza: frutto è sovramaturo (cachi).
I frutti non climaterici non presentano la crescita climaterica della respirazione
durante la maturazione, non accumulano amido, sono presenti gran parte dei
cambiamenti chimico-fisici della maturazione, processo lento e graduale.

CLIMATERIO= un’accentuata crescita dell’attività respiratoria del frutto durante la


maturazione e/o dopo la raccolta.
A cosa serve il climaterio?  produzione di energia
sottoforma di ATP (glicolisi-TCA), incremento dell’attività di sintesi proteica e di acidi
nucleici (mRNA), sintesi di enzimi responsabili dei processi biochimici della maturazione

2. AUMENTO ETILENE E ABA, calo ormoni promotori della crescita


Etilene è un gas prodotto dai frutti in maturazione, che, a sua volta, stimola ulteriormente
la loro maturazione. Nella fase di aumento della respirazione (climaterico, nei solo frutti
climaterici) si assiste ad un aumento della sintesi dell’etilene (mela).
La concentrazione di
etilene interna ai frutti va da 1 /L nei frutti non climaterici a 500 nelle mele mature e in
frutti tropicali.
L’etilene avvia processi di rammollimento della polpa e la formazione di alcuni pigmenti
(verde  giallo). Trattamenti per accelerare la maturazione delle banana o di
frutti di actinidia, direttamente nelle confezioni in cui si trasportano o, più spesso nelle
celle (impulso-maturazione artificiale). Inibitori della
sintesi dell’etilene (es. Retain) o sostanze che ne bloccano l’efficacia (MCP, Smartfresh),
utilizzati per aumentare la durata della conservazione dei frutti.
Rimozione dell’etilene dalle celle di conservazione (soprattutto frutti tropicali, actinidia e
molti ortaggi).

3. IDROLISI AMIDO (climaterici)


Mentre l’amido tende a calare, aumentano gli zuccheri solubili.
Amilasi: substrato-amido, prodotto-glucosio
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Maltasi: substrato-maltosio disaccaride, prodotto-glucosio


Invertasi: substrato-saccarosio, prodotto-glucosio e fruttosio
Fosforilasi: substrato-amido, prodotto-glucosio

4. AUMENTO ZUCCHERI SOLUBILI, CALO ACIDITÀ


Modello a doppio sigmoide.
Nel frutto non climaterico c’è un accumulo di zuccheri
(fase 3).
Invaiatura: massima presenza dell’acidità del frutto.
Vendemmia quando abbiamo un certo livello di zuccheri e
di acidità.
Acidità:
- Precipitazione dell’acido organico insieme ad un catione
(formazione di Sali di precipitazione)
- L’acido organico viene usato come substrato per la respirazione (questo fenomeno
aumenta in modo direttamente proporzionale alla temperatura) – vini molto diversi
- Neoglucogenesi: a partire da un acido organico si forma uno zucchero

5. IDROLISI DELLE PROTOPECTINE (forme polimerizzate di pectine) e rammollimento


della polpa
Sono forme polimerizzate di pectine presenti nelle pareti e nelle lamelle mediane delle
cellule della polpa che cementano le cellule (nel frutto immaturo).
Durante la maturazione, esse si trasformano in pectine solubili grazie ad enzimi quali le
poligalatturonasi, cellulasi e pectin-esterasi.
I risultati di questo processo sono il rammollimento della polpa (perdita della durezza), la
presenza fi sostanze gelatinose (mucillagine pectica) nella polpa.

6. CALO RESISTENZA AL DISTACCO DEL FRUTTO dal peduncolo o del peduncolo dal
ramo (processo importante se si procede a raccogliere meccanicamente i frutti)
Olive, susine, frutta secca. Sfruttare questo fenomeno per effettuare una raccolta
sostenendo dei costi più bassi.

7. COMPARSA PIGMENTI E AROMI


Pigmenti  sulla buccia (uva), negli strati sottostanti, tutta la polpa (albicocca, pesca),
prossimità del nocciolo-endocarpo (pesca).
Colore di fondo: cavità peduncolare o calicina o zone in ombra (golden); cambia
avvicinandosi alla maturazione verde-bianco-giallo-rosso.
Sovracolore si sovrappone al colore di fondo
(dipende dalle condizioni esterne al frutto), non è utilizzabile come indice di maturazione,
al contrario del colore di fondo.
Colore controllato geneticamente e da fattori ambientali (colturali, es. differenza di
temperatura giorno-notte, quantità e qualità di luce, N, K).
La disponibilità di zuccheri è essenziale per lo sviluppo di colore.
Clorofille
Carotenoidi insolubili in acqua, presenti nei cloroplasti-cromoplasti, caroteni (pomodoro,
albicocca) e xantofille (uve, pesche).

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Antociani (flavonoidi di colore rosso-blu/viola), sintesi stimolata da escursioni termiche


elevate e elevata intensità luminosa, solubili in acqua-vacuoli, sintetizzati dagli enzimi Pal,
i più comuni sono le Antocianidine (uva, mela, ciliegia).
Teli riflettenti per esaltare il colore (aumento albedo, UV). Potatura pre-raccolta esalta il
colore.

Aromi i composti volatili sono caratterizzati da un basso peso molecolare e vaporizzano


rapidamente a temperatura ambiente. Sono generalmente presenti a concentrazioni
estremamente basse, spesso frazioni di ppm, e appartengono a diverse classi di composti
chimici.
Aldeidi (esanale mela acerba)
Lattoni (pesca)
Esteri (mela matura)
Terpeni (uva moscato)

INIDICI DI RACCOLTA – MATURAZIONE

Criteri basati su osservazioni visive (dimensioni, forma e colore) non distruttive, o metodi
analitici distruttivi che valutano caratteristiche intrinseche ai frutti.

I parametri usati si differenziano a seconda della specie ma generalmente riguardano, la


dolclezza, l’acidità o la durezza della polpa determinati con le letture al rifrattometro, al
titolatore ed al penetrometro, ma anche verificabili facilmente dall’operatore attraverso un
riscontro gustativo o tattile.

- Presenza di amido
- Colorazione di fondo della boccia (scomparsa del colore verde)
- Resistenza al distacco

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8.CICLO VEGETATIVO

Questo ciclo è normalmente più intenso nella fase giovanile e di transizione dell’albero
rispetto alla fase adulta. Nella fase adulta, questo ciclo avviene contemporaneamente al
ciclo riproduttivo, lo influenza e ne a sua volta viene influenzato, attraverso meccanismi di
competizione per i carboidrati.

- Germogliamento
- Gradiente vegetativo
- Dominanza apicale
- Crescita dei germogli ed habitus vegetativo

TIPI DI GERMOGLI
Quelli chiamati “sillettici” (anticipati), provenienti da gemme laterali formatesi nella stessa
stagione, che pertanto non hanno subito dormienza.

Quelli chiamati “prolettici”, provenienti da gemme che schiudono l’anno successivo alla loro
formazione.

GRADIENTE VEGETATIVO
Il diverso fabbisogno in freddo e in calore delle gemme che si trovano in posizioni diverse
lungo il ramo (gemme terminali, apicali, mediane o basali) determina le modalità di
schiusura delle gemme. In primavera sono le
gemme apicali a schiudersi per prime, poi quelle sottostanti ma sempre in senso basipeto.

La schiusura delle gemme a legno e lo sviluppo iniziale dei getti avvengono secondo un
gradiente vegetativo acrotono, indipendentemente dalla posizione.

Il gradiente vegetativo riguarda la dinamica della schiusura delle gemme e le prime fasi di
sviluppo dei germogli.
Successivamente, invece, il loro allungamento può venire modificato:
- Dalla posizione del ramo su cui sono inseriti i germogli
- Dall’habitus vegetativo del genotipo
- Da interventi di tipo colturale (es. piegature, potature)

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HABITUS VEGETATIVO

A= acrotonia; modo di vegetare di alcune specie che


il vigore vegetativo dei germogli è più ridotto
andando verso il basso della pianta. (melo, vite)
B= basitonia; le gemme più prossimali e formatesi
prima sono quelle che producono a loro volta dei
germogli più lunghi. Spostandoci verso l’apice
troviamo invece quelli più corti (olivo, pesco). Piante che continuano a rimanere basse e non
sfruttano adeguatamente il volume della pianta anche in altezza (intercettazione luce)
C= mesotonia; non hanno sviluppato nessun modo estremo di vegetare, rimangono in
equilibrio (melo)
D= quando una specie viene obbligata ad avere dei rami in direzione orizzontale; Epitonia 
i germogli della parte superiore si sviluppano in maniera maggiore rispetto a quelli
sottostanti

I germogli possono venir modificati tramite dei procedimenti meccanici (piegamenti dei rami
da parte dell’uomo  modificare il flusso delle cellule, linfa, nutrienti e variare la crescita dei
germogli).
DOMINANZA APICALE
Riguarda si il ramo sia il germoglio (sia le radici)

- Germoglio: riguarda l’inibizione che l’apice del germoglio esercita sulla schiusura delle
gemme ascellari che non si comportano come “pronte” ma entrano in dormienza
(paradormienza)
- Ramo: consiste nell’inibizione che il germoglio derivante dalle gemme poste in
posizione apicale esercita sulla schiusura delle gemme sottostanti. La conseguenza
riguarda anche la mancata schiusura di gemme e quindi l’assenza di germogli in una
parte dello spazio a disposizione per la crescita.

CAUSE
Teoria ormonale (Auxine, Citochinine)
La teoria maggiormente accreditata suggerisce che il germoglio derivante dalla gemma
apicale, che inizia prima a germogliare, produce un flusso basipeto di auxine che inibisce il
trasporto di auxine da parte delle gemme laterali.
Quest’inibizione è tanto maggiore quanto ci si sposta verso la base del germoglio perché il
flusso auxinico aumenta.

A – habitus vegetativo già chiaro, tipicamente acrotono,


risultato del gradiente vegetativo.
B – la corteccia è quello starto che arriva fino al cambio,
togliendo la corteccia togliamo anche il floema e si tronca il
flusso floematico dalla parte alta a quella bassa  si crea una
situazione di dominanza apicale anche nella parte bassa del
ramo, si sviluppano gemme sottostanti come fossero apicali.
Stimolare lo sviluppo di gemme che non si svilupperebbero
nemmeno
C – taglio. Effettuando un taglio netto, le gemme basali che
non si sarebbero schiuse, hanno una buona possibilità di
germogliare (soprattutto in piante provenienti da vivaio).

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Applicazione pratica nella potatura

GERMOGLIAMENTO

Eventi che si verificano poco prima del germogliamento:


- Idratazione dei tessuti (aumento del rischio di gelate)
- Rimobilizzazione delle riserve azotate e carboidrati zuccheri dagli organi di riserva
(radici, tronco) e loro traslocazione alle gemme
- Sintesi di ormoni (auxine) nei meristemi delle gemme

INTESITÀ DELLA CRESCITA DEI GERMOGLI


Negli alberi decidui, si verifica di norma un flusso principale di crescita annuale, al cui termine
si forma spesso una gemme apicale.
In alcuni casi si possono riscontrare più flussi di crescita
annuali (il meristema apicale cessa la crescita per poi riprenderla); frequente nel ciliegio
(primaverile e post-estivo).
Negli alberi sempreverdi (agrumi) si verificano più flussi di crescita dei germogli durante
l’anno (anche 3- primavera, estate, autunno. Non hanno tutti la stessa entità e non generano
tutti la stessa crescita, solitamente quello primaverile è quello maggiore).
Gli alberi nelle zone tropicali, soggette a stagioni secche e periodi piovosi, concentrano la
crescita dei germogli in questi ultimi.
I germogli che continuano a vegetare fino ad autunno inoltrato tendono poi a lignificare con
difficoltà e appaiono erbacei in inverno (fico). Questi rami soffrono maggiormente i danni da
abbassamenti termici nel periodo invernale.
La velocità di crescita dei germogli determina il tempo necessario per la formazione di un
nuovo modo: ad esempio, nel melo si forma un nuovo nodo in un periodo variabile da 2 fino a
7 giorni. Il numero di giorni necessari perché si
formi un nuovo nodo viene definito INDICE DI PLASTOCRONO.
Crescita con intensità variabile lungo la stagione, in funzione:

- di fattori ambientali = luce, acqua, azoto (minerale e non organico), temperatura


(quando si supera il valore ottimale si ha un rallentamento/stop della crescita)
- di fattori interni all’albero = tipo di gemma, posizione del germoglio sul ramo, presenza
di sink forti vicino al germoglio (frutti), stato nutrizionale (azoto interno), caratteristiche
del portinnesto (se non sono della stessa specie abbiamo delle crescite variabili e con
necessità diverse)

VITE
Ciclo vegetativo anticipa quello riproduttivo. Sigmoide con
crescita proporzionale per la maggior parte del tempo.

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RUOLO DEGLI ORMONI NELLA CRESCITA DEI GERMOGLI


Gli apici dei germogli (meristemi) producono auxine.
Le giovani foglioline sono siti di sintesi di una classe di ormoni, le
gibberelline, che stimolano la distensione delle cellule del tratto sub-apicale, favorendo
pertanto l’allungamento degli internodi.
Le radici producono citochinine che hanno effetto positivo sull’emissione di germogli
anticipati, mantengono a lungo la vegetazione sull’albero (ritardano la caduta delle foglie),
l’assorbimento di azoto da parte delle radici stimolata la produzione di citochinine e
determina una prolungata presenza delle foglie in autunno sull’albero.

ARRESTO DELLA CRESCITA E ABSCISSIONE DELLE FOGLIE


Specie decidue: abscissione annuale/sempreverdi (durata media 15-24 mesi). Abscissione=
momento in cui cadono, Senescenza= processo che porta poi all’abscissione.
Cadono prima le foglie basali e poi
quelle apicali e più recenti. Formazione di setto di
separazione tra picciolo e germoglio. Perdita clorofilla
e comparsa pigmenti (stessi pigmenti dell’esocarpo del frutto) durante la senescenza.
La senescenza fogliare è contrastata dalla presenza di auxine e
citochinine (queste ultime favorite dalla presenza di elevate disponibilità di azoto nel suolo e
nelle foglie), mentre è favorita dalla presenza di etilene. Durante la
senescenza fogliare, inoltre, si accumula acido abscissico nelle foglie e nelle gemme (ABA,
che si accumula come inibitore nelle gemme).
Rimobilizzazione di zuccheri e nutrienti dalle foglie senescenti per
questo il peso specifico delle foglie riduce sempre di più durante la senescenza.

LIGNIFICAZIONE DEI GERMOGLI


Estremamente importante nelle specie decidue.
Una buona lignificazione dei germogli a partire dall’estate è importante per assicurare la
resistenza del ramo in inverno, partendo dalla lignificazione del germoglio e poi via via verso
l’apice. Essa è favorita dalla penetrazione
della luce nella chioma; se i germogli fossero al buio (chioma troppo folta) la lignificazione
sarebbe parziale e/o limitata ( potature dedicate).
La lignificazione è scarsa nella porzione di germoglio che cresce in autunno.
Eccessive concimazioni azotate la riducono.

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9.PROPAGAZIONE

 RIPRODUZIONE (propagazione gamica)


Si propagano per seme le specie ornamentali, le specie forestali, alberi per produzione
di legname (non sempre) ed alcuni portinnesti di alberi da frutto, generalmente datti
portinnesti “franchi”.
Si usa per il portinnesto e non per la varietà perché ogni volta che sfruttiamo la
fecondazione si ottiene un nuovo organismo. Se noi facciamo crescere il seme, quella
pianta sarà geneticamente diversa da quella di partenza-pianta madre. Nella varietà i
frutti sarebbero tutti diversi, compreso l’habitus e la fenologia della pianta.

La riproduzione è inoltre assai utilizzata per il miglioramento genetico al fine di ottenere


nuove varietà (tramite incrocio – nuova fecondazione).
Eterozigosi: rimescolamento di geni diversi. Durante la meiosi avremmo pollini diversi,
con diverse forme alleliche.
Omozigosi: allele padre uguale all’allele madre. Durante la meiosi ci sarà sempre lo
stesso S. Accettiamo la variabilità nei portinnesti quando prevale la omozigosi.
Variabilità nella pianta rimane limitata.
Autogama: si autofeconda. Allogama: necessario polline esterno per la fecondazione

SEME

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Embrione, Tessuti di riserva (endosperma e cotiledoni), Tessuti di protezione (tegumenti)


Gli individui che provengono da seme sono in generare geneticamente diversi tra loro
(eterogeneità) causata dalla eterozigosi della specie, a sua volta determinata dall’allogamia e
dall’autoincompatibilità che impone la presenza di altri genotipi.

DORMIENZA
Il seme si sviluppa insieme al frutto, accumula carboidrati,
proteine, lipidi… In molte specie decidue, al termine del
ciclo di fruttificazione aumenta nei semi il contenuto di
acido abscissico ed il seme entra in dormienza, da cui
uscirà dopo un periodo di post-maturazione a basse
temperature (2-4 °C).
Superata la quiescenza, il seme germinerà quando si
verificano condizioni ottimali di temperatura, umidità e
disponibilità di ossigeno.
In altre specie non serve un periodo di freddo ma occorre
che i tegumenti diventino più permeabili (leguminose
arboree), per altre specie invece avviene una scarificazione dei tegumenti.

STRATIFICAZIONE
I semi quiescenti trascorrono normalmente il periodo di post-maturazione stratificati in sabbia
inumidita o in altro materiale inerte. In questo modo se ne tutela la germinabilità e se ne
facilità la successiva germinazione.

FACOLTÀ GERMINATIVA (POTERE GERMINATIVO) è il


rapporto tra il numero di semi che originano semenzali
validi ed il numero totale di semi, si esprime in
percentuale. Non è eterna, ma per periodi molto lunghi.

PROVENIENZA DELLE PIANTE DA SEME PER USO


VIVAISTICO
- Casuale: scarti della lavorazione industriale, es.
pesche utilizzate per la produzione di succhi, olive
da frantoi – presentano elevata eterogeneità
- Controllata: piante “portaseme”, minore
eterogeneità soprattutto in specie autogame
EMBRIOCOLTURA
= Allevamento in vitro degli embrioni. Può servire per:

- Assicurare sopravvivenza di embrioni destinati ad essere abortiti. Es. provenienti da


specie a maturazione precoce o ibridi interspecifici (incrocio di piante precoci per creare
una specie ancora più precoce-primizia)
- Assicurare sopravvivenza di embrioni gamici nei casi di poliembrionia (apomissia)
- Anticipare lo sviluppo di un embrione che è destinato a svilupparsi solo nell’anno
seguente (quiescente)
GERMINAZIONE
Temperature ottimali  substrati per la germinazione (sabbia, torba-preferita radici fitte e
corte)  allevamento in fitocelle o vasi  trapianto in pieno campo

 MOLTIPLICAZIONE (propagazione agamica)


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Si basa sull’attitudine che vari organi vegetativi hanno di formare radici


(autoradicazione – creazione di portinnesti) oppure di unirsi tra loro (innesto) in modo
da dare origine ad un nuovo individuo formato da 2 membri.
Interessa sia i portinnesti (detti clonali) sia le varietà-cultivar.

Rispetto alla riproduzione, la moltiplicazione offre due vantaggi:


- Ottenere piante che non devono superare un lungo stadio giovanile
- Produrre materiale omogeneo dal punto di vista genetico

La fedeltà con cui la pianta figlia assomiglia in tutto alla pianta madre, viene meno nei
seguenti casi: TOPOFISI e MUTAGENESI.
TOPOFISI: è l’influenza esercitata dalla zona della pianta da cui viene prelevato il
materiale di moltiplicazione sulle piante che da questo derivano – influenzare la
morfologia finale dalle pianta figlia in base al materiale che abbiamo prelevato (es.
rami con diverso vigore, diverse porzioni di ramo, innesti con gemme da semenzali in
fase giovanile). Es_ Araucaria (nuova pianta da una talea)
MUTAZIONI GEMMARIE: spontanee o indotte causano modifiche nell’assetto genetico
delle gemme.

RIZOGENESI
= genesi di radici.
Consiste nell’organizzazione da parte di alcune cellule, chiamate “iniziali radicali”,
normalmente presenti nel floema secondario, ma talvolta anche nel cambio o nei raggi
parenchimatici, che evolvendosi si trasformano in primordi radicali. Questi crescono ed
attraversano la corteccia ed erompono all’esterno, mentre, all’interno, si collegano con il
sistema conduttore, floematico e xilematico.
La produzione di primordi radicali in una talea presenta analogie con la produzione di radici
avventizie da parte di una radice.
Tecniche:

- Talea: radicazione di un organo separato dalla pianta madre


- Margotta/Propaggine: radicazione di un organo prima della sua separazione con la
pianta madre
- Micropropagazione

L’attitudine rizogena (non uguale in tutte le specie) è in genere elevata nelle specie che
possiedono inziali radicali preformate nei rami e nelle branche, come cotogno, cedro, ribes,
pioppo; altre volte la rizogenesi deve venire indotta attraverso trattamento con auxine
(ormone che stimola la radicazione).
TALEA
= è una porzione distaccata di pianta provvista di gemme caulinari e indotta ad emettere
radici. La talea radicata viene chiamata “barbatella”.
> Talee legnose: sono utilizzate
per questo tipo di moltiplicazione porzioni di ramo o branche, no foglie; nel periodo invernale
si prende il materiale da radicare
> Talee erbacee o semi-legnose: porzioni di germogli più o meno lignificate con foglie; in
estate-autunno > Talee radicali: poco utilizzate (pioppo)
Il successo della moltiplicazione per talea legnosa-semi legnosa-erbacea dipende
essenzialmente dalla rapidità con cui si formano le radici avventizie. Nelle talee legnose un

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lento processo di rizogenesi impedisce la formazione delle radici prima del germogliamento
che esaurisce le riserve idriche e nutrizionali della talea stessa. Nelle talee semi legnose-
erbacee una difficile e lenta formazione delle radici porta a squilibri idrici e nutrizionali.
All’appassimento e alla morte delle talee.
Per favorirne la crescita: applicazione di ormoni, come le Auxine (IBA e NAA) per la
radicazione. Mantenere la parte radicale eziolata (no alla luce, sottoterra si mantengono i
tessuti più morbidi e facilmente radicabili). Con un riscaldamento
basale rispetto a quello apicale si favorisce anche la radicazione (serpentine sottoterra con
acqua calda, differenza anche di 10°C mantenere la gemma in stato di quiescenza).

 TALEE ERBACEE-SEMILEGNOSE IN OLIVO E SPECIE ORNAMENTALI


- Le foglie sono presenti, si prelevano i germogli
- Rischio di perdite idriche (la traspirazione delle foglie non viene compensata dalla
presenza delle radici)
- La radicazione avviene in serra o all’aperto, su bancali, ma non direttamente in campo
- Utilizzo della nebulizzazione-MIST per mantenere RH tra 80-100% (ambiente saturo di
vapore, VPD=0), stomi chiusi e piante non attive dal punto di vista fotosintetico.
Ambiente favorevole alla crescita di patogeni  difendere le colture da queste
propagazioni
- Le piantine radicate vengono poi mantenute in ambienti dove la radiazione e ridotta
(ombrari).

MARGOTTA DI CEPPAIA
Capacità di produrre gemme avventizie che producono germogli dopo un taglio. Pianta madre:
eziolamento alla base del germoglio con del
materiale soffice, che mantiene l’umidità ma
permeabile all’aria (sabbia, pula di riso).
Con un taglio si separa la pianta figlia dalla pianta
madre. La radicazione avviene
quando la pianta figlia è ancora attaccata alla
madre (al contrario delle talee). Ogni taglio è
considerabile come portinnesto.
Problema: costi di
meccanizzazione elevati.

PROPAGGINE DI TRINCEA
Molto simile alla margotta ma in questo caso non abbiamo delle singole ceppaie, ma delle
piante madri più distanziate e legate tra di loro tramite un “cordone” sottoterra. Si sviluppano
i germogli dalle gemme, ricreando una parte aerea, che verrà in un certo momento, tagliata.
Importanza della legatura orizzontale, tutte allo stesso livello  taglio a macchina

INNESTO
Paraffine: per proteggere l’innesto e per limitare le perdite idriche
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L’innesto è un metodo di propagazione che consiste nell’unire porzioni di piante diverse in


modo da costituire un unico individuo. L’albero innestato è formato da una parte sottostante
al punto d’innesto detta IPOBIONTE, SOGGETTO o PORTINNESTO e una sovrastante detta
EPIBIONTE, NESTO, OGGESTO o GENTILE destinata a formare la chioma.
Le piante innestate sono in genere bi-membri, ma possono verificarsi casi di piante tri-
membri. In quest’ultimo caso, verranno effettuati due innesti e vi sarà un genotipo
“intermedio” tra il portinnesto e la varietà, in modo da superare eventuali problemi di
incompatibilità.

PERCHÉ

- L’uso dei portinnesti consente di adattare gli alberi alle diverse condizioni ambientali
(es. pH, struttura del suolo, temperatura) e presenza di parassiti e patogeni
- L’uso dei portinnesti consente di regolare lo sviluppo e la messa a frutto degli alberi
impiegando portinnesti di differente vigore
- Innestando, si bypassa il problema della giovanilità e si anticipa l’entrata in produzione
(c’è comunque un periodo di transizione di post-innesto che non ammette produzione)
- L’innesto consente di introdurre impollinatori nei frutteti che ne sono sprovvisti
(problema della autosterilità)
- L’innesto consente di sostituire, tramite il reinnesto, una cultivar non più valida
- In patologia vegetale, l’innesto consente di diagnosticare virosi

TIPI

- A GEMMA: l’oggetto è costituito da una gemma provvista di una porzione di corteccia


più o meno estesa e talvolta anche di legno.
A GEMMA DORMIENTE o VEGETANTE.
Es. innesti a occhio, scudo, scudetto, a T. innesti a chip budding

- A MARZA: l’oggetto è costituito da un segmento di ramo provvisto di una o più gemme


detto appunto marza.
Es. a spacco, spacco comune/terminale/inglese, a sella, a cavallo, a intarsio, a corona

- A SPACCO TERMINALE

Criteri per la scelta: pecentuale di innesti che attecchisce (probabilità di riuscita), tempi
richisti di crescita, manodopera (attività ancora molto specializzata, non per tutti). Ci sono vari
tipi perché ci sono varie specie, e alcuni sono più adatti di altri.

ATTECCHIMENTO INNESTO A GEMMA


Si taglia un gemma, sielimmina la foglia se presente, si fa un taglio
sopra e sotto la gemma = scudetto. Il successo dell’innesto è legato al
fatto che il cambio dello scudetto deve ricongiungersi il più presto
possibile con il cambio del portinnesto (congiungimento dei tessuti). La
gemma viene inserita sotto la corteccia tramite un taglio.
In estate è più semplice effettuare questo inseriemtno nella
corteccia, rispetto all’inverno. La prima cosa che si forma è il
CALLO, tessuto indifferenziato che viene prodotto dal portinnesto per
riempire gli spazi vuoti-ferite.

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Innesto a T con inserimento scudetto all’interno, preferito nel pesco 


sostituito dal chip budding = il portinnesto viene sagomato, si crea lo
spazio per lo scudetto che viene inserito dentro questa tasca.
Nastro parafilm: legare e isolare l’innesto dall’atmosfera, permette
all’innesto di non perdere l’acqua interna.
L’anno successivo si taglia appena sopra l’innesto per avere la crescita
della pianta dalla gemma e non da tutto l’innesto.

ATTECCHIMENTO INNESTO A MARZA


Innesti in cui inseriamo una porzione di ramo-germoglio. Innesto a triangolo: intarsio delle
dimensioni dell’incastro nel portinnesto. Cambio
della marza allo stesso livello del cambio del
portinnesto.
Innesto a triangolo intermedio: 3
genotipi. Disaffinità di innesto.
A spacco diametrale: si preleva in
inverno ma si lavora a primavera,
quando il portinnesto ha recuperato la sua attività vegetativa.

REINNESTO
Tornato di moda negli ultimi anni, rifare l’albero in tempi abbastanza rapidi nel caso la pianta
non cresca più normalmente o produca frutti che non vengono più venduti. Reinnesto a
marza. Soprattutto in alberi che producono frutta secca, ma anche nel melo.

INNESTO A MACCHINA
In strutture coperte e non in campo. La macchina sagoma l’innesto in maniera speculare-a
incastro (innesto a omega il più frequente). Innesto e portinnesto devono avere lo stesso
spessore.

INNESTI-TALEE: VITE
Il portinnesto non ha le radici, si innesta a macchina. Si prelevano tralci del portinnesto e della
varietà in inverno (conservati fino a febbraio in frigorifero). Innesto a banco con paraffinatura
(paraffine con fungicidi per disinfettare). Stratificazione in cassoni con segatura umida per 15-
18 giorni (si salda l’innesto, proliferazione del callo e formazione dei primordi radicali).
Materiale lasciato poi ad ambientare in ambiente riparato, viene paraffinato nuovamente e poi
trapiantato in campo.

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EPOCHE E TECNICA D’INNESTO

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10. PORTINNESTI

- La maggior parte degli alberi da frutto è composta da due individui geneticamente diversi.
- Portinnesto e varietà
- Portinnesto propagato per seme o più spesso agamicamente.
- La varietà è propagata agamicamente (innesto o autoradicazione)

VANTAGGI DEL PORTINNESTO

- Permettere la propagazione agamica della varietà tramite l’innesto


- Tolleranza a condizioni ambientali di tipo abiotico particolari (salinità, calcare, pH, ristagno
idrico)
- Tolleranza a patogeni e parassiti del suolo (nel caso di reimpianti)
- Regolazione di: vigore dell’albero, precocità nell’entrata in produzione, efficienza produttiva
(produzione di frutti normalizzata sul vigore, dividere kg frutti e kg legno potato), qualità
dei frutti

Cultivar di pero Conference su cotogno: si noti l’albero centrale che si è “affrancato” (= si è


resa autonoma) ossia che è stato piantato troppo in basso, per cui la stessa varietà ha
emesso radici (lo stesso problema si verificherebbe se si creasse un cumulo di suolo troppo
alto lungo la fila).

TIPI DI DISAFFINITÀ DI INNESTO


Il portinnesto e la varietà possono appartenere alla stessa specie o a specie diverse.

- Disaffinità di innesto: totale (non si forma il tessuto cambiforme tra le due specie) o
parziale (quest’ultima più o meno severa e a volte accettabile)
- Disaffinità iniziale o differita nel tempo
- Disaffinità locale oppure dovuta alla traslocazione di tossine da un bionte all’altro
Uso di portinnesti virus-free diminuisce il rischio di disaffinità di innesto.

DISAFFINITÀ
 Disaffinità locale con discontinuità nel punto di innesto:
La manifestazione più frequente è una discontinuità
dei tessuti nella zona di unione tra i bionti (tipica del pero su cotogno, o alcune cv. di
albicocco su mirabolano, o albicocco su mandorlo, in questo caso molto grave).
In questi casi si assiste ad una traslocazione solo parziale di sostanze e ad una parziale
comunicazione tra i due bionti. Questo tipo di disaffinità può essere risolta con l’uso di un
“intermedio”.
CLASSICI ESEMPI
Alcune varietà di pero come la William e la Kaiser mostrano disaffinità se innestate su
portinnesti appartenenti alla specie cotogno.
Il problema si risolve attraverso l’uso di un
intermedio ossia una seconda varietà innestata sul portinnesto e su cui si innesta la cv
disaffine. Gli intermedi sono spesso la cv Butirra o Passacrassana.
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La cv di melo Granny Smith è parzialmente incompatibile con il portinnesto di melo M9 e


pertanto spesso si utilizza come intermedio la cv Golden Delicious, ciò consente anche di
diminuirne il vigore.

Innesto nel caso di disaffinità può rappresentare un punto debole che si può spaccare
facilmente (durante i temporali).
A volte la crescita diversa di portinnesto e nesto
comporta ulteriori problemi di disaffinità (ipertrofia sopra il punto di innesto, soprattutto
nel melo). Es alcune cv di melo su M9 o M27, con ipertrofie sopra i punti di innesto
 Disaffinità dovuta a traslocazione di tossine:
es. sostanze fenoliche; non si notano difetti nelle connessioni vascolari a livello di punto di
innesto, ma si verifica una degenerazione dei tessuti sopra il punto di innesto.
Es. mandorlo innestato su ibrido di susino o pesco innestato su Mirabolano.
In questi casi, l’uso di un “intermedio” ovvero di un terzo genotipo compatibile con
entrambi, non aiuta a risolvere il problema.
Il portinnesto esercita un’elevata influenza sulla dimensione dell’albero. Le differenze tra
portinnesti relativamente al vigore indotto, superano le differenze tra le varietà.

PORTINNESTI NANIZZATI

- Disaffinità
- Teoria nutrizionale: non particolarmente abile nell’assorbire i nutrienti-acqua
- Teoria idrica
- Teoria ormonale: citochinine
- Competizioni tra organi

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11. MIGLIORAMENTO GENETICO


CORREDO CROMOSOMICO
L’informazione genetica è contenuta nel nucleo, dove sono presenti, in un numero variabile, i
cromosomi (filamenti di DNA), che nel loro insieme costituiscono il genoma.
Il numero e la morfologia dei cromosomi
sono costanti per ogni specie. Il numero di cromosomi nelle cellule somatiche si indica con 2n,
quello presente nei gametofiti (es cellule uovo), è n.
n  melo 17, ciliegio dolce 8, vite 19, pioppo 19
un organismo diploide 2n contiene due copie dello stesso
cromosoma, una proveniente dal genitore maschile e una da
quello femminile.
Non tutte le piante arboree sono diploidi (es. alcuni meli
sono triploidi 3n); la fragola coltivata è ottoploide 8n; il caffè
è tetraploide; la banana è triploide 3n. Ogni cromosoma
materno ha un corrispettivo paterno.
I cromosomi omologhi portano i geni (codifica per le
proteine) nella stessa posizione = LOCUS.
Le diverse forme (versioni) dello stesso gene sono definite
“alleli”.
Geni di resistenza: su di essi possiamo agire con il miglioramento genetico.

GENI
Sono frammenti di Dna su una determinata parte di un cromosoma collegato ad un carattere
dell’individuo. In passato si pensava che vi fosse sempre una diretta
corrispondenza tra un gene ed un carattere dell’albero. In realtà oggi si sa che il collegamento
non è diretto, ma deriva da una serie di reazioni e di interazioni chimico-ambientali, che
partendo dal materiale ereditario conducono al fenotipo.
I geni sono in genere collegati (ossia codificano) ad un enzima
(proteina) o, più precisamente, codificano i componenti delle proteine, ossia i polipeptidi.

CARATTERI SEMPLICI (a probabile base ereditaria mendeliana, mono fattoriale)

- Il colore della foglia e del fiore


- I caratteri del frutto
 Colore della buccia del frutto
 Presenza o assenza di tomento sull’epicarpo del frutto (una peluria): nel pesco si
possono originare frutti di nettarine, cioè a buccia glabra
 Presenza di rugginosità dell’epidermide
 Colore della polpa (es. tra le pesche bianche e gialle, la differenza è un enzima che
degrada i carotenoidi)
 Apirenia (agrumi – frutti senza semi)
 Androsterilità

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- La struttura della chioma o habitus (lunghezza dell’internodo e l’angolo di inserzione


dei rami), che origina fenotipi standard, o compatti (cespugliosi) o spur (internodi
raccorciati) o nani (internodi cortissimi).
CARATTERI COMPLESSI (a probabile base ereditaria quantitativa – in cui partecipano più geni
anche su diversi cromosomi)

- Le fasi fenologiche (epoche di fioritura e di maturazione. Anticipate o ritardate)


- La fertilità e quindi la produttività degli alberi
- Le caratteristiche intrinseche della qualità dei frutti

SPECIE
Tra gli esseri a riproduzione sessuata, i membri di una specie sono in grado di incrociarsi
liberamente generando individui fertili a loro volta, mentre ciò non avviene o avviene
raramente tra individui di specie diverse (ibridi interspecifici).
Una specie mantiene
quindi nel tempo la sua distinzione dalle altre specie.
Ogni specie ha una propria variabilità genetica: gli alberi della stessa specie hanno spesso
elevati livelli di diversità genetica, determinata da alti livelli di eterozigosi.
Melo: eterozigosi molto forte, grande variabilità di frutti che si possono produrre con diversi
genotipi appartenenti alla stessa specie.

CONCETTO DI ETEROZIGOSI E OMOZIGOSI


Un individuo eterozigote è quello che possiede (spesso) sui cromosomi omologhi, alleli
differenti nei loci corrispondenti. L’eterozigosi è determinata dall’allogamia, ossia
dalla fecondazione tra individui diversi (melo, pero, ciliegio).
Gli individui in cui, invece, prevale l’omozigosi (pesco), possiedono sui cromosomi omologhi,
alleli identici nei loci corrispondenti.
L’omozigosi è tipica delle piante autogame in cui
prevale l’autofecondazione.

CULTIVAR
La cultivar cv è una pianta coltivata, ottenuta di solito attraverso il miglioramento genetico,
che riassume un insieme di specifici caratteri morfologici, fisiologici, agronomici e
merceologici di particolare interesse e trasmissibili con la propagazione, sia per seme (raro
negli alberi) sia per parti di pianta (propagazione agamica). La
cv si identifica perciò in un particolare genotipo.
Di solito si parla di cv solo per il genotipo che produce (il nesto nel caso di alberi innestati), e
non per il portinnesto.
Il concetto cv differisce da quello botanico di varietà (detta anche popolazione o sottospecie):
individui della stessa specie che occupano un certo areale geografico e pertanto condividono
alcuni alleli che altre popolazioni della stessa specie non possiedono.

CLONE
Quando una cv è rappresentata da individui che posseggono una o più mutazioni, si viene a
perdere il carattere della omogeneità della cv.
per clone si intende “un insieme di individui uguali,
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derivati in origine da un singolo individuo per propagazione agamica, capaci di mantenere la


costanza e l’omogeneità dei caratteri”.
In molte specie arboree moltiplicate agamicamente si possono avere cv policlonali, in
particolare nelle cv di più vecchia origine.
Il riconoscimento e l’isolamento dei cloni
rappresenta il primo passo verso la sua futura propagazione ed utilizzazione commerciale.
CLONI STABILI E INSTABILI
Le mutazioni sono eventi a carico delle informazioni genetiche delle cv e pertanto possono
provocare modificazioni permanenti del fenotipo.
Nelle piante arboree tali mutazioni riguardano il più
delle volte uno o pochi caratteri, che possono essere migliorativi o peggiorativi rispetto allo
standard della cv. Risulta
molto importante la posizione anatomica ove si verifica la mutazione (dalle varie cellule
dell’apice gemmario prendono origine i vari organi della futura pianta – cosa da considerare
quando si innesta).
MUTAZIONI GEMMARIE

- Genomiche (intero genoma, es. plodia)


- Cromosomiche (singoli cromosomi)
- Geniche (singoli geni sui cromosomi, più frequenti)

Ogni tipo di mutazione può essere:

- Totale (tutte le cellule dell’apice gemmario sono mutate, decisamente stabile)


- Parziale (l’apice gemmario è costituito da cellule mutate e da cellule normali)
 Periclinali
 Mericlianli
 Settoriali
- Naturali o, più raramente, indotte tramite raggi X o raggi gamma o con metodi chimici.

In un apice gemmario, le cellule dello strato esterno sono responsabili della formazione delle
epidermide delle foglie e frutti.
Quelle del secondo strato presiedono alla formazione degli
organi sessuali, del mesocarpo e di parte dei tessuti di conduzione.
Quelle del terzo strato
presiedono alla formazione della parte più interna della corteccia e di un’altra parte dei tessuti
di conduzione.
Le radici provengono dagli strati più interni.
Esempi caratteri mutati

- William rossa con mutazione periclinale di William bianco


- Rovi senza spine
- Cloni di mele Red Delicious, Gala e altre cv

OBIETTIVI DEL MIGLIORAMENTO GENETICO

- Struttura e produttività dell’albero: vigore, habitus, fertilità, quantità e qualità dei frutti,
costanza e efficienza produttiva
- Adattabilità all’ambiente fisico (avversità abiotiche): il fabbisogno in freddo e in calore,
fasi fenologiche. Resistenza agli stress  freddo invernale e primaverile, alte
temperature e siccità. Condizioni pedologiche anomale  eccesso di calcare, pH,
carenza di ferro, asfissia, salinità
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- Qualità dei frutti


- Resistenza alle avversità biotiche: funghi, batteri, insetti, nematodi

Un futuro senza peronospora e oidio? : viti ibride, sensibili, resistenti


Nuove mele italiane (ibridi, resistenti a patogeni-ticchiolatura): Gold
Chief, Golden Orange, Modì, Rubens, Majestic, Isaaq, Opal, Juliet
Resistenza piramidale:
inserimento di 2 geni che riescono a combattere 2 meccanismi del fungo. Maggiore garanzia

METODI DI MIGLIORAMENTO GENETICO DELLE COLTUREE ARBOREE


1- Incrocio controllato
 Identificazione dei parentali
 Incrocio (in elevato numero, in quanto sono basse le probabilità che un genotipo
figlio possieda tutti i caratteri desiderati) e talvolta reincrocio
 Controllo del fenotipo
Occorrono tempi lunghi, molto spazio e molto
lavoro. Può essere più rapido procedendo tramite
innesto degli individui più promettenti, oppure con
test con patogeni nei casi di selezione per caratteri
legati alla tolleranza, oppure attraverso la SAM
(=selezione assistita da markers)
2- Selezione assistita con marcatori molecolari (SAM)
È possibile grazie alla disponibilità di marcatori
molecolari per determinati caratteri.
Permette di rendere meno onerosa al selezione della
progenie derivante da incrocio, in quanto consente di
controllare già in fase di piantina, se la pianta figlia possiede il gene desiderato, oppure
no
Marcatori molecolari ne esistono di diversi tipi, tra cui:
 RAPD
 SSR o microsatelliti
 SNP (single nucleotide polymorphism)

3- Selezione massale
È la selezione degli individui migliori all’interno di una popolazione, al fine di migliorare il
patrimonio genetico di una determinata specie; è da sempre utilizzata dall’uomo (es. nel
castagno).
In particolare, la scelta delle piante più vigorose, più produttive e più resistenti agli stress
biotici ed abiotici ha permesso all’uomo di selezionare i biotipi in grado di perpetuare ed
arricchire le popolazioni, modificando indirettamente il patrimonio genetico della
popolazione.

4- Selezione clonale
È la procedura che permette l’identificazione dei cloni presenti in una cultivar, dove si
presume esistano individui mutati, non facilmente distinguibili se non da confronto
diretto nello stesso campo. Confronto tra i diversi cloni, per selezionare quelli migliori per
la propagazione. Soprattutto nella vite.
 Individuazione, negli arboreti, delle piante portatrici di probabili mutazioni e che
quindi si diversificano per uno o più caratteri dalla cultivar di origine (es. epoca di
fioritura o di maturazione, caratteri del frutto, produttività).
 Controllo dello stato sanitario ed eventuale risanamento da virus e/o microplasmi
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 Prelievo di marze (o talee) da queste piante e innesto (o messa a dimora se trattasi


di talee radicate) su portinnesti a propagazione vegetativa esenti da virus.
 Impianto dei campi di comparazione clonale
 Esecuzione dei rilievi ampelografici (nel caso della vite) e pomologici (per le altre
specie da frutto) e selezione dei cloni migliori

5- Mutagenesi indotta
Tecnica adesso poco utilizzata.
Si tratta di indurre mutazioni tramite messi fisici o chimici oppure sfruttando la naturale
predisposizione a mutare di cellule indifferenziate (calli di piante in vitro).
Es. Colchicina (estratto di piante del genere Colchium)
Radiazioni ionizzanti con raggi X o gamma o 60Co, quest’ultimo utilizzato per ottenere
mutanti compatti di ciliegio o di pero, o genotipi autocompatibili di ciliegio o di mandorlo.

6- Ingegneria genetica
- Trans-genesi (specie e genere diversi)
- Cis-genesi (almeno specie o genere sessualmente compatibili)
- Silenziamento genico
- DNA editing con metodo CRISPR
12. L’AMBIENTE DI COLTIVAZIONE DELLE SPECIE ARBOREE
Relazioni albero/ambiente

L’espressione delle caratteristiche genetiche di una specie e varietà dipende dall’ambiente:


ambiente naturale e modificazioni dell’ambiente imposte dall’uomo.

Scelte da effettuare prima dell’impianto.


Eventuali errori in fase di impianto si ripercuoteranno per l’intera vita del frutteto-vigneto.

Importanza della corretta scelta della coltura per un determinato ambiente di coltivazione.
- Qualità delle produzioni
- Costi
- Processo produttivo: capacità di coltivare con un ridotto impiego di fattori della
produzione – es. bassa incidenza di patogeni

QUALITÀ DELLE PRODUZIONI


In frutti-viticoltura la qualità spesso ripaga: può convenire produrre meno, ma con frutti di
qualità.
Standard qualitativi variabili anche all’interno della stessa specie.
Un ambiente può essere adatto per una o poche varietà, ma
non per tutte (es. melo – colore e epoca di maturazione; pero – rugginosità).
Collegare le produzioni ad un ambiente è stata una strategia assai adottata in frutti-
viticoltura. In Italia: 17 DOP e 33 IGP tra prodotti frutticoli, 118
vini IGT, 330 vini DOC, 73 vini DOCG.
COSTI DI PRODUZIONE
Una specie (varietà/portinnesto) ben adattata ad un ambiente viene in genere coltivata
impiegando un minore livello di mezzi di produzione (irrigazione, concimi, prodotti per la
difesa dai patogeni).

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Una corretta scelta del genotipo per l’ambiente di coltivazione permette di soddisfare più
facilmente i requisiti di sostenibilità delle produzioni.
Sono i fattori del clima a governare la distribuzione
delle specie. Essi sono scarsamente manipolabili dall’uomo. I fattori
edafici (suolo) sono più facilmente modificabili.
SCELTA: SPECIE – CULTIVAR – PORTINNESTO
La frutti-viticoltura si è spesso diffusa in aree altamente “vocate” dal punto di vista
ambientale per una certa specie. Tuttavia altre motivazioni possono spiegare la diffusione di
una determinata coltura in una certa zona:

- Infrastrutture (incluso sistema produzione e circolazione delle conoscenza tecniche)


- Manodopera
- Vicinanza ai mercati
- Politiche ed incentivi

L’uomo può entro certi limiti sopperire a insufficienti livelli di un fattore ambientale.

COME CONOSCERE IL CLIMA ED IL TERRENO PRIMA DELL’IMPIANTO?

- Banche dati – agrometeorologia


- Cartografia ed analisi del suolo che deve essere oggetto dell’impianto

FATTORI CLIMATICI responsabili della vocazionalità di un ambiente alla coltivazione di una


specie arborea

- Temperatura
 Minime termiche: differenze tra specie e varietà, portinnesti suscettibili, vari organi
con diverse sensibilità
 Massime termiche: maturazione precoce, bassa acidità, specie decidue soffrono il
caldo-melo, scottature evidenti e fotosintesi ridotta
(pesco più resistente)
 Fabbisogno di freddo
 Gelate precoci (kiwi, meli tardivi) e tardive (più
pericolose, danni ai tessuti interni, molto frequente nel
ciliegio – metodi di difesa)
 Temperature ottimali nel corso della fase fenologiche (in
fioritura >10°C per una corretta germinazione del polline) (durante la divisione
cellulare è fondamentale per determinare le dimensioni finali del frutto)

- Vento
 Venti secchi: aumento di perdite idriche, VPD molto basso
 Venti freddi: gelate
 Venti >15 km/h in fioritura  volo api
 Venti vicino al mare: danni da NaCl
 Venti in prossimità della maturazione dei frutti  caduta dei frutti

- Umidità relativa e piogge

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 Albicocco sensibile ad attacchi di funghi che penetrano tramite il fiore, soprattutto


se piove durante la fioritura
 Spaccature dell’epicarpo delle ciliegie causate da piogge in pre-raccolta
 Danni da grandine: aggravamenti di tipo patologico dovuti ad infezioni sul legno
come Nectria (fungo) e colpo del fuoco batterico (fireblight)  teli protettivi, reti

CARATTERISTICHE DEL SUOLO PER LA COLTIVAZIONI DELLE SPECIE ARBOREE

- Profondità del franco di coltivazione


- Tessitura e struttura
- Ristagno idrico
- pH
- Fertilità chimica
- Calcare
- Salinità

Caratteristiche del suolo ottimali  la maggior parte delle colture arboree da frutto crescono
meglio su suoli:

- Fertili
- Ben drenati
- Tendenzialmente sciolti o di medio impasto (poca argilla)
- Con una buona dotazione di sostanza organica
- Profondi almeno 1-2 m

DOVE REPERIRE LE INFORMAZIONI

- Carte dei suoli


- Prelievo ed analisi dei suoli in laboratorio
- Valutazioni in campo del profilo

PROFONDITÀ DEL SUOLO PER LA COLTIVAZIONE DEGLI ALBERI

- Necessità di ancoraggio
- Necessità di drenaggio
- Problemi ristagni idrici (profondità della falda in inverno)
- Maggiore indipendenza degli alberi dalle cure colturali dall’uomo

Talvolta i suoli hanno una profondità più che adeguata ma hanno un drenaggio difficoltoso.
TESSITURA DEL SUOLO

- Struttura
- Livello di sostanza organica
- Fertilità chimica
- Relazioni idriche
- Aerazione e ristagni idrici (porosità e
drenaggio)
- Resistenza alla penetrazione delle radici

TOLLERANZA ALLA SALINITÀ DI ALCUNE SPECIE DA


FRUTTO 

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ESEMPI DI PI SENSIBILI ALLA CLOROSI FERRICA

- Vitis riparia (PI della vita europea)


- Cotogno (PI per il pero)
- Pesco (PI da seme per il pesco)
- Actinidia autoradicata

ESEMPI DI PI TOLLERANTI LA CLOROSI FERRICA

- Vitis berlandieri e Vitis rupestris (PI della vite europea)


- Genotipi di pero (PI per il pero)
- Ibridi peschi X mandorlo (GF677 usati come PI per il pesco)

13. IMPIANTO E FORME DI ALLEVAMENTO

SISTEMAZIONI DEL TERRENO

PIANURA: problema di regimazione acque in eccesso (a volte è servita vera e propria bonifica
del terreno Olanda, Po)
COLLINA/MONTAGNA: problemi di erosione idrica – difficoltà di meccanizzazione

SOLUZIONI PER LA PIANURA

- AFFOSSATURA: sistemi di scoline, capofossi e fossi collettori, di dimensioni via via


crescenti – che permettono di eliminare l’acqua in eccesso/ristagno idrico
Scoline= raccolgono le acque superficiali e sottosuperficiali, sezione trapezoidale,
corrono paralleli al lato maggiore del campo, distanza variabile in funzione della
permeabilità e della tessitura
- DRENAGGIO SOTTERRANEO: tubi forati e rivestiti, posizionati lungo il terreno ad una
certa profondità e con una certa pendenza, per arrivare alla fine in una scolina per far
uscire l’acqua in eccesso.
Costi elevati ma adatti per terreni molto bassi con falda superficiale (l’acqua risale
troppo velocemente al livello delle radici)
- EFFETTO DRENO SOTTERRANEO tramite l’utilizzo di aratri “talpa” (strumento
discissore), per terreni argillosi e di medio impasto
- BAULATURE DELLA SUPERFICIE DEL TERRENO: fare in modo che tramite le lavorazioni
del terreno, la parte centrale del campo si leggermente più alta (leggera pendenza)
Forma del campo: spesso di tipo rettangolare
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Dimensioni dei campi: variabili in funzione del tipo di coltura e della meccanizzazione

SOLUZIONI PER LA COLLINA

- SISTEMAZIONI A RITTOCHINO: filari sono posti perpendicolari alle linee di livello,


permette fino al 40% di pendenza, ma meglio non superare il 15%  rischio erosione.
Soluzione inserire una capezzagna a metà filare, per interrompere il flusso
- SISTEMAZIONE A CAVALCAPOGGIO: filari secondo le linee di pendenza, si seguono le
curve di livello, pendenze massime fino al 30% (elevate rischio di ribaltamento delle
macchine operatrici). Utilizzate anche per i seminativi
- TERRAZZAMENTI: impiegati per le pendenze tra 30-50%, il terreno viene reso piano o
quasi, limitando così l’erosione del campo. Con muretti di sostegno per i “gradini”.
Operazione molto costosa (solo se si hanno colture ad alto reddito). Molto utilizzate nei
vigneti e meleti in Trentino AA.
Capezzagne: strade campestri spesso inerbite, servono per la viabilità interna all’azienda

IMPIANTO
Su terreno “vergine”, ovvero che non ha ospitato colture arboree (mai o per molto tempo, 10
anni). Su terreno che aveva ospitato una coltura arborea diversa da quella
che intende impiantare. Su terreno che aveva
ospitato la stessa coltura che si intende impiantate= REIMPIANTO

STANCHEZZA DEL TERRENO

- Problema legato al reimpianto della stessa specie stesso suolo


- Problema più serio nelle piccole aziende che hanno necessità di reimpiantare subito
- Problema più pronunciato in alcune specie (es. pesco, melo)
- Cause di diversa natura: problemi parassitari (nematodi del terreno, funghi) o di tipo
allelopatico (molecole tossiche nelle radici morte o in decomposizione)
Radici in suolo stanco sono più scarse, poco folte, crescita limitata.
Funghi maggiormente responsabili: Rhizoctonia, Fusarium, Cylindrocarpon, Phytium,
Phytophthora. Ancora più pericolosi in caso di ristagno idrico.
Difficili da eliminare, trattamenti chimici non sempre con risultato garantito. La loro
patogenicità può essere soppressa da altri microorganismi “benefici” del suolo. Se c’è poca
biodiversità e sostanza organica, la situazione è difficile da controllare.
Principali nematodi: nematode da ferita (feriscono le radici e ne prelevano la linfa), nematode
galligeno (forma delle palline infette nelle radici – frequenti nei reimpianti)

RIMEDI E PREVENZIONE STANCHEZZA DEL TERRENO

- Terreno a riposo
- Nuovo suolo o suolo riportato (prototipo di macchina che sposta il suolo dell’interfilare
al filare)
- Diverso PI per la stessa specie o diversa specie rispetto alla coltura precedente
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- Aumento della sostanza organica: maggior controllo biologico sui parassiti


- Trattamenti specifici con fitofarmaci giustificati solo quando si individua il patogeno
vegetale o parassita animale responsabile

- Fumigazione: intervento chimico sul suolo. Bromuro di metile (vietato in EU),


cloropricina, Dazomet, Dicloropropene (Namtocida)
- Sterilizzazione tramite vapore
- Biofumigazione: uso di piante biocide

LAVORI PREPARATORI: non sempre tutti necessari

- Disboscamento
- Spietramento
- Livellamento
- Scasso: aratura profonda (non più utilizzato), sostituito da una aratura meo profonda

IMPIANTO DEL FRUTTETO


Identificazione dell’appezzamento: dimensioni, orientamento dei filari (solitamente N - S).
Calcolo del numero di piante e delle file: solo dopo aver
definito le distanze di impianto e la forma di allevamento per ogni specie.
La squadratura dell’appezzamento da impiantare con individuazione delle file e delle posizioni
dei pali. Da considerare:

- Palificazione: dopo le lavorazioni e spesso prima del trapianto


- Fili
- Tutori
- Immaginare da subito il futuro eventuale impiego di reti antigrandine

Concimazioni pre-impianto ed eventuale applicazione di ammendamenti o correttivi prima di


lavorare il terreno per consentirne l’interramento, che permetterà di migliorare la fertilità del
volume di suolo dove si svilupperanno le radici.
Lavorazioni preparatorie all’impianto

- Una volta si praticava lo scasso, ossia una aratura anche a 100 cm


- Oggi si preferisce lavorare il suolo con aratro al max fino a 70-80 cm, più spesso fino a
60 cm (nei terreni sciolti non sempre serve l’aratura)
- Epoca di aratura
- Lavorazioni complementari

- Impianto tramite la creazione di un solco: densità elevata di piante, terreno viene


spostato sui lati. Utilizzato anche nel reimpianto del melo
- Impianto a buche mediante una trivella: campi a basse densità, buca 50x50cm circa

IL TRAPIANTO
Concimazione in buca di impianto o nel solco.
Piante a radice nuda o con “pane di terra” (per i sempreverdi), ossia
in fitocelle o vasi.

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Epoca di trapianto: preferibilmente prima dell’inverno, ma ci sono eccezioni in cui si preferisce


l’inizio primavera. Eventuale inoculazione delle radici prima del trapianto con funghi
micorrizici.
Potature di radici troppo lunghe o danneggiate.
Potature aeree.
SCELTA DEL SESTO DI IMPIANTO (DENSITÀ) E DELLA FORMA DI ALLEVAMENTO

- Ottimizzare la produttività, qualità dei frutti


- Mantenere bassi i costi (meccanizzazione parziale= difesa fitoiatrica, raccolta,
potatura)

CRITERI DI SCELTA DELLA FORMA DI ALLEVAMENTO E SESTI DI IMPIANTO

- Esigenze economiche/colturali (meccanizzazione di raccolta e potatura)


- Esigenze agronomiche/ecologiche: vincoli imposti dal portinnesto; massimizzazione
della fotosintesi – usare bene lo spazio, evitare i vuoti, giusta esposizione dei frutti alla
luce; problema della gelate tardive
- Assecondare habitus vegetativo della specie quando ciò è vantaggioso (forme libere del
ciliegio, forma a globo nell’olivo)

FORME DI ALLEVAMENTO
Diversi criteri di classificazione

- In parete (le piante sono tutte vicine). In volume (piante molto più distaccate)
- Libere (piante crescono secondo le loro preferenze). Obbligate (si interviene molto sulle
piante)
- Altezza variabile: in funzione della disponibilità di macchine agevolatrici la raccolta e la
potatura. Pianta alta con vigore elevato. Cambia l’effetto del portinnesto sulle varietà

FORME IN PARETE

- Palmetta: pesco e melo, potatura per rinvigorire i rami


- Sistemi Y o V
- Bi-baum: alberi a doppio asse, serve a dividere il vigore vegetativo su due assi
principali e non uno soltanto, controllo elevato del vigore (es. Fuji)
- Sistemi multiasse: “Guyot”, assi verticali , il tronco viene obbligato a crescere
orizzontalmente, parallelo al terreno. Poche foglie e quindi elevato rischio di scottature,
elevato numero di frutti
- Molti sistemi di allevamento della vite: tendone per evitare le scottature dei frutti,
pergola per intercettare meglio la luce
FORME IN VOLUME

- Vaso: fusto tagliato (tronco) con un paio di rami, più verticali  più vigore. Si riesce a
fare tutto da terra. Densità bassa per ettaro. Pesco, olivo
- Monocono: forma di allevamento per olivi, forma idonea a ambienti dove gli alberi
hanno crescita tendenzialmente ridotta.
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- Globo: tipico di zone ad elevata luminosità, densità molto basse. Es. noce, olivo
- Piramide: melo, su portinnesti vigorosi, branche basali più lunghe di quelle apicali
- Fusetto: “spindelbush” portinnesti deboli come M9, volume limitato. Stile a piramide
- Asse colonnare: aumenti di densità possibili con forme di allevamento in volume,
“superspindel”. Canale luminoso centrale per far entrare la luce anche per i frutti più
interni

14. BIOREGOLATORI ED IL DIRADAMENTO DEI FRUTTI

ORMONI DELLE PIANTE


Presenti nei vegetali a bassissime concentrazioni (ng/g di sostanza fresca) e riconducibili a 5
gruppi “classici”
1- AUXINE
(IAA- acido indol-acetico, l’auxina naturale) prodotte da semi e meristemi
Coinvolte nella dominanza apicale, nella radicazione, nella differenziazione a fiore delle
gemme, nell’attività del cambio, nella divisione delle cellule e nel loro allungamento.

2- GIBBERELLINE
(GA1, 3 e 4)
Stimolano la distensione delle cellule, inibiscono la differenziazione a fiore. Prodotte
dalle foglioline e dai semi.
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3- CITOCHININE
(BA, benzil-adenina)
Promuovono la divisione cellulare, il superamento della dominanza apicale, permettono
alla chioma di percepire la disponibilità di azoto a livello radicale. Prodotte nelle radici.

4- ACIDO ABSCISSICO
ABA
Collegato alla tolleranza allo stress da carenza idrica (chiusura stomi) e alla abscissione
di alcuni organi

5- ETILENE
Gasforme, stimola la maturazione dei frutti, coinvolto nella senescenza fogliare.
In aggiunta, esistono ormoni proteici e sostanze in grado di regolare la crescita come:
brassinosteroidi, poliammine, giasmonati, acido salicilico e strigolattoni.
In molti casi, gli ormoni sono
prodotti in un organo, vengono traslocati e agiscono su un altro organo.

APPLICAZIONE DI FITOREGOLATORI MEDIANTE IRRORAZIONI ALLA CHIOMA


Impiego dei bioregolatori in vivaio (citochinine da sole o con gibberelline).
Controllo dello sviluppo vegetativo e della differenziazione a fiore (mediante il controllo della
produzione di gibberelline).
Controllo dell’allegagione, mediante gibberelline per produzione frutti partenocarpici, o più in
generale auxine.
Azione anticascola pre-raccolta (auxine come NAA in melo cv Staymann)
Diradamento chimico dei frutti (diversi ormoni e altre sostanze)

CONTROLLO DELLO SVILUPPO VEGETATIVO E DELLE DIFFERENZIAZIONE A FIORE


Anni 60-70 già utilizzate, sostanze ritirate dal commercio per l’elevato livello e persistenza dei
residui, prodotti banditi o mai registrati in Italia.
Anni 80: rilasciano etilene che interferisce con il trasporto delle auxine
Oggi: unico prodotto che si può utilizzare è il Regalis, che interferisce con la sintesi delle
gibberelline e ridurre così la crescita del germoglio

DIRADAMENTO DEI FRUTTI

- Manuale
- Meccanico
- Ombreggiamento (metodo sperimentale, abbassando l’allegagione)
- Chimico

Da tener conto: epoche e condizioni climatiche


Per ottenere produzioni elevate con frutti di dimensioni ottimali. Per ottenere produzioni
costanti (senza alternanza di produzione).

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Il numero di frutti che si desidera lasciare sull’albero dopo il diradamento dipende dalla
varietà e dalle dimensioni dell’albero e dal numero di foglie. (es melo tra 330.000 e 400.000).
È importante una distribuzione
omogenea dei frutti che vengono lasciati (anche riguardo al numero di frutti per
infiorescenza).
Diradamenti tardivi hanno effetto positivo sulle dimensioni dei frutti.
Diradamenti precoci hanno effetti positivi anche sulla differenziazione a fiore delle gemme per
l’anno successivo.
A volte si calcola il numero di frutti che si desidera lasciare, in funzione delle dimensioni del
fusto alla sua base, o come numero di frutti per numero di foglie sul ramo a frutto.
DIRADAMENTO CHIMICO: Si effettua nel melo in fioritura o in allegagione. Si usano prodotti
diversi in base alla fase vegetativa della pianta. Le dosi di applicazioni e i tempi di crescita di
diametro sono fondamentali.

15. POTATURA
In senso stretto: interventi cesorei (tagli) per modificare la parte epigea (o ipogea)
In senso più ampio riguarda tutte le operazioni sullo scheletro
o sulla chioma per:

- Regolare la forma e la dimensione degli alberi


- Attività vegetativa
- Capacità produttiva

CRITERI DI SUDDIVISIONE DEI DIVERSI TIPI DI POTATURA

- Potatura di allevamento: include la potatura in vivaio e quella di post-trapianto


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- Potatura di produzione
- Potatura di ringiovanimento
- Potatura di risanamento: su alberi secolari, tipo nei parchi, per asportare solitamente
una parte malata e favorire la crescita della parte sana
- Potatura “verde”: primavera-estate
- Potatura “invernale”: quando non ci sono le foglie sugli alberi decidui

 POTATURA DI ALLEVAMENTO
Formare lo scheletro dell’albero secondo la forma che è stata decisa. Permettere una rapida
entrata in produzione degli alberi. Accorciare qualche ramo, eliminazione con taglio alla base.
Criteri:

- Limitare gli interventi cesorei, soprattutto in piante giovani (si tolgono troppe gemme
altrimenti), permettere all’albero di avere quante più foglie possibili
- Selezionare i germogli e rami perché diventino le future branche primarie o per
utilizzarli a scopi produttivi
- Eliminare rami troppo vigorosi o con angolo di inserzione sul fusto troppo stretto
- Stimolare emissione nuovi germogli

 POTATURA DI PRODUZIONE
Obiettivi:

- Regolare quantità e qualità della produzione, anche in previsione di mantenerla


costante negli anni successivi.
- Si agisce sul numero di gemme riproduttive e sulla loro distribuzione. Fare attenzione
su quale ramo sto potando.
- Mantenere la forma di allevamento e ricondurre il volume dell’albero a quello
assegnatoli in base ai sesti di impianto.
- Assicurare un rinnovo vegetativo dell’albero lasciando (non asportando) una parte dei
nuovi rami.
- Rigenerare-stimolare la vegetazione in parti dell’albero dove essa è debole.

Criteri:

- Si basa su interventi che devono recuperare il naturale equilibrio tra attività vegetativa
e riproduttiva
- Operazioni di taglio o equivalenti che fanno leva sulle risposte fisiologiche e quindi
prevedibili dell’albero
- L’ammontare dei tagli su una pianta adulta varia molto con l’età dell’albero e da specie
a specie
- Nel pesco e nella vita ad esempio è piuttosto elevata, si asporta in genere oltre la metà
dei rami misti, su ciliegio o olivo molto meno.
PRINCIPALI OPERAZIONI DI POTATURA (p.verde+interventi+p.invernale)

- Scacchiatura: asportazione getti (germogli corti)


- Cimatura: eliminazione cime del germoglio (meristema apicale, stimolo dei germogli
anticipati)
- Raccorciamenti dei germogli: potatura meccanica di diverse gemme. Potatura pre-
raccolta per esaltare il colore nelle cv di melo bicolori
- Soppressione germogli (es succhioni)
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- Sfogliatura: nella vite si eliminano le foglie vecchie vicino al grappolo per arieggiarlo
(diminuisce gli attacchi di patogeni). Si usano defogliatrici meccaniche. Nel melo si sta
recentemente studiando una defogliazione pneumatica.

- Decorticazione anulare o incisioni: interventi che consistono nell’asportazione di una


piccola parte di corteccia (+cambio). La pianta agisce ricostruendo la parte mancante
(callo). Da un lato indebolisce il vigore della branca, ma ne aumenta l’attività
riproduttiva a scapito di quella vegetativa. Si praticano dopo la ripresa vegetativa.
- Diradamento gemme (Solaxe – allevamento melo)
- Piegature, torsioni: effettuate a mano, in periodi specifici perché altrimenti si spezzano.
Utilizzate in moltissime specie. Più ampia è la piegatura, più indebolita è la fioritura-
vegetazione. Tramite tutori, fili, bastoni, pesi appesi.

- Raccorciamenti rami: spunture (accorciatura minima) o speronature (potatura invasiva);


lascio le gemme, non elimino il ramo. Potature lunghe, miste, corte. Potature corte:
allevamento di vite in cordone speronato. Potatura lunga: allevamento capovolto di
vite.
Potatura ricca o povera, in base al numero di gemme che rimane sulla pianta.
- Soppressione rami: diradamento dei rami, eliminazione alla base
- Tagli di raccorciamento di branche: raccorciare rami, lasciando una sola gemma a
legno, è pratica utilizzata per stimolare la crescita vegetativa in pari dell’albero dove
essa è scarsa ed in combinazione di innesti deboli.
Taglio di raccorciamento di un ramo che ha determinato la produzione e la schiusura di
gemme avventizie.
- Tagli di deviazione: es. sulla cima dell’albero, si effettuano quando una branca si sta
allungando troppo.

POTATURA VERDE:
Adottata molto nella potatura di allevamento. Eliminazione di rami a legno o succhioni quando
essi sono ancora corti. Favorire la penetrazione della luce all’interno della chioma e migliorare
il colore. Per diminuire i rischi di infezione da fireblight, nelle pomacee è talvolta sconsigliata.

 POTATURA DI RINGIOVANIMENTO
Se l’albero invecchia precocemente, per eccessivo sfruttamento produttivo o per qualsiasi
altro stress, si può ricorrere alla potatura di ringiovanimento, riducendo più o meno
drasticamente la parte aerea per indurre ripresa vegetativa. In presenza di
parassiti e patogeni si renderà utile anche una potatura di risanamento con asportazione delle
parti colpite.

 POTATURA MECCANICA
Mediante “barre falcianti” o “barre con dischi rotanti” capaci di tagliare anche branche di un
certo spessore (fino a 3-5 cm) e quindi adatta all’utilizzo nei mesi invernali. La potatura
meccanica non può essere totalmente sostitutiva di quella manuale. Interventi laterali o sulla
cima dell’albero. Richiede poche ore di
lavoro, però richiede una necessaria integrazione della potatura manuale. In generale
utilizzata in aziende medio-grandi che hanno problemi di reperimento di manodopera o che
desiderano contenere i costi della potatura.

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La pratica del “topping” con fronte d’avanzamento orizzontale non ha in genere


controindicazioni finchè serve a contenere lo sviluppo in alto. Nelle piante adulte,
eccessivamente folte in alto, può essere periodicamente praticato il topping (ogni 2-3 anni), al
fine di evitare l’ombreggiamento e l’abbassamento del livello qualitativo dei frutti.
La potatura della parete verticale od obliqua è chiamata “hedging”, ed è idonea per filari
siepiformi. Se il fronte di taglio è troppo approfondito si rimuove anche
parte delle formazioni fruttifere (fascia esterna periferica della chioma); se invece troppo
leggera (limitato raccorciamento dei germogli) può risultare senza effetti. Naturalmente, la
risposta al taglio è legata a specie e varietà.
Sarebbe invece dannoso il taglio di parete per le varietà che fioriscono
all’estremità dei rami, cioè con fioritura apicale, tipo i brindilli del pero.

 POTATURA RADICALE
Negli impianti frutticoli, il taglio delle radici, in genere una tantum, può essere praticato al fine
del contenimento della vigoria, sia in allevamento sia soprattutto nella stazione produttiva,
quando gli alberi, vigorosi, stentano a fruttificare. Si tratta di un’operazione straordinaria,
con un’elevata imprevedibilità per l’esito. Non si è certi infatti che lo scopo venga raggiunto.

Si pratica su pesco, melo e pero in impianti intensivi quando il vigore non consente di
mantenere le piante in equilibrio negli spazi assegnati.
L’impatto sulla crescita è maggiore se effettuato in tarda primavera e in estate in quanto si
crea un temporaneo stress per lo sbilanciamento del rifornimento di acqua e nutrienti. Se
effettuata in inverno si realizza uno stimolo alla crescita radicale, e quindi minori ripercussioni
sulla vegetazione.
Si esegue con un semplice coltello, che taglia fino ad una profondità di 30-40 cm, in direzione
parallela al filare. Problemi di cicatrizzazione del taglio radicale possono
avvenire soprattutto in suoli umidi e/o in inverno ed essere pericolosi per il possibile
insediamento di patogeni.

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16. IRRIGAZIONE COLTURE ARBOREE

Stress idrici riducono le dimensioni dei frutti e


spesso penalizzano la loro qualità. Moderati stress
idrici in alcune colture es. vite da vino/olivo,
possono essere favorevoli.

Vi sono differenze tra specie relativamente all’utilizzo dell’acqua:

- Rapporto chioma-radice
- Capacità di estrarre l’acqua dal suolo da parte delle radici
- Volume di suolo esplorato dalle radici
- Capacità di mantenere stomi parzialmente aperti anche a bassi valori di potenziale
idrico del suolo (no perdite di acqua nei periodi di stress idrico)

PRINCIPALI DOMANDE

- Se è necessaria per il successo produttivo – serve effettivamente? (colture arboree


solitamente sì, verificare la disponibilità naturale di acqua nel suolo)
- Quale impianto di irrigazione utilizzare – caratteristiche specie, caratteristiche fisiche
del suolo, disponibilità acqua irrigua
- Quanto frequentemente irrigare – monitoraggio potenziale idrico
- Quali volumi idrici utilizzare – durata di ogni ciclo di irrigazione e con che intensità
- Quando effettuare la prima irrigazione della stagione – potenziale idrico o bilancio idrico
- Come monitorare la corretta disponibilità idrica – indicatori non complessi
- Come ridurre i consumi idrici, mantenendo le rese produttive e le qualità del prodotto

Volumi irrigui medi (mm/anno) impiegati


mediante diversi sistemi di irrigazione in colture
arboree da frutto in Italia. Percentuale
di diffusione del metodo irriguo sul totale della
superficie irrigata.
[gravità-sovrachioma-basse portate]

SISTEMI IRRIGUI

- A scorrimento
- Per infiltrazione laterale (canali laterali)
- Per aspersione sovrachioma (simulazione di precipitazione, abbassamento
temperatura, evaporazione foglie, dilavazione fitosanitari, infezioni fungine, antibrina,
bagna la superficie e fa entrare grandi quantità di acqua  no irrigazione localizzata) e
sottochioma (impianti di soccorso mobili, non si bagnano le foglie)
- Localizzati (microirrigazione) a goccia o a microjet: gocce a distanza fissa, possono
essere a livello del terreno o elevati, sempre meno utilizzati; nel microjet la superficie è
più estesa-dispersione, nel sistema a goccia cade in un posto specifico e poi si
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distribuisce nel terreno (valutando le caratteristiche del suolo). Necessario il filtraggio


dell’acqua (vari tipi, per evitare l’entrata di sabbia/materiale organico nel sistema),
volumi di irrigazione bassi ma ad elevate frequenze (umidità costante ma limitata)
- Sub-irrigazione incluso sistemi che sfruttano la risalita capillare

Si differenziano per:

- Costo per acquisto e messa in opera


- Costo di gestione e manutenzione
- Necessità di manodopera/possibilità di automazione
- Consumi energetici
- Necessità di impianto di filtraggio (anche in funzione del tipo di acqua)
- Efficienza di adacquamento
- Volumi idrici erogati (volumi di adacquamento)
- Frequenza di funzionamento necessario

CRITERI PER L CALCOLO DELLA RESTITUZIONE DELL’ACQUA DI IRRIGAZIONE


Se l’acqua non è sempre disponibile, occorre sapere subito ogni quanto è possibile irrigare
(turno: periodo tra un’irrigazione e quella successiva). In tal caso il sistema irriguo deve poter
apportare la quantità di acqua sufficiente.
Se l’acqua è sempre disponibile, il momento in cui irrigare viene deciso in seguito, dopo aver
stabilito la necessità di un intervento.
Ci si basa sull’Etc, sulle piogge utili del periodo e sull’efficienza del sistema irriguo.
Deve essere calcolata la massima quantità di acqua che il suolo
può contenere quando è alla C.I.C. (deficit idrico del suolo).

BILANCIO IDRICO
Input= piogge utili
Output= Etc
Irrigazione=
Richieste idriche = Etc . piogge utili
Etc = ETo x Kc

CALCOLO DELLA QUANTITÀ DI ACQUA DA RESTITUIRE


Richieste idriche = Etc – piogge utili
Dal lato pratico va considerato che i diversi sistemi irrigui hanno
un’efficienza variabili, ma inferiori al 100% in quanto si verificano
perdite idriche nella distribuzione dell’acqua oppure perdite per
evaporazione, oppure si bagnano volumi di suolo non interessati
dalle radici.
Volume irriguo = (Etc – Pu) / Efficienza %
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MONITORAGGIO DELLO STATO IDRICO


SUOLO: Tramite sonde al suolo (tensiometri, sonde TDR). Il problema nel loro utilizzo risiede
nella variabilità spaziale delle caratterisitche del suolo e nella distribuzione non omogenea
delle radici nel suolo. ALBERO: Tramite misura di
parametri di crescita o fisiologici (potenziale idrico, ritmi di crescita organi, velocità flusso linfa
nel fusto, ritmi di variazione spessore foglia).
COME RIDURRE CONSUMI IDRICI E CONSUMI IRRIGUI
Stress idrico controllato (RDI):
consiste nel ridurre parzialmente la disponibilità idrica del terreno in alcune fasi fenologiche,
nelle quali non si penalizza la produzione o addirittura si migliora la qualità del prodotto.
Utilizzata soprattutto nelle drupacee e nella vite da vino.
Partial root drying: consiste nel creare stress idrici in una parte dell’apparato radicale, mentre
la rimanente parte delle radici viene normalmente irrigata. Si basa sulla risposta delle radici in
condizioni di stress che trasmettono ABA alla chioma riducendo perdite idriche.
Riduzione della superficie traspirante tramite potature estive.
Evaporative cooling – irrigazione climatizzante – per evitare scottature sui frutti

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17. LA NUTRIZIONE MINERALE DEGLI ALBERI E LA


CONCIMAZIONE
FONTI DI NUTRIENTI PER L’ALBERO
La necessità di nutrienti per sostenere la crescita e la produzione di albero sono soddisfatte a:

- Assorbimento radicale, che coinvolge flussi del suolo all’albero


- Dalla rimobilizzazione dei nutrienti accumulati durante le stagioni precedenti

Gli elementi minerali disponibili per l’assorbimento radicale derivano da:

- Mineralizzazione della sostanza organica nativa del suolo (humus)


- Mineralizzazione di sostanza organica fresca (foglie abscisse, legno di potatura, sfalcio)
- Deposizioni atmosferiche
- Acqua di irrigazione
- Rilascio da parte della frazione minerale del suolo
- Apporto di fertilizzanti

PERCORSO DEI NUTRIENTI NELL’ALBERO

- Assorbimento dall’esterno
- Traslocazione interna verso un organo
- Ritraslocazione (floematica) da un organo ad un altro (foglie  frutto)
- Accumulo negli organi di riserva
- Ritorno al suolo (tramite foglie abscisse ed altri organi)
- Loro allontanamento dal campo insieme ai frutti (variabile in funzione della loro
concentrazione e delle rese)

MODALITÀ NUTRIENTI SUOLO  RADICI


Modalità attraverso le quali i nutrienti presenti nel suolo in forme disponibili per
l’assorbimento, vengono a contatto con le radici degli alberi.

- Intercettazione diretta delle radici nei confronti dei nutrienti. In questo caso, le nuove
radici ed i peli radicali vengono a diretto contatto con nutrienti disponibili per
l’assorbimento; l’importanza relativa di questo processo aumenta con l’aumentare della
densità delle radici del suolo
- Flusso di massa che si realizza quando i nutrienti in forma di soluti sono trasportati
verso la radice insieme al flusso di acqua, innescato dalla traspirazione. Questo
meccanismo avviene soprattutto in condizioni di elevato flusso idrico verso la radice,
dopo piogge o irrigazioni, e quando la soluzione del suolo presenta una concentrazione
elevata di nutrienti (es. in seguito a concimazioni – Ca, Mg, NO3 e molti microelementi)
- Diffusione che permette lo spostamento di elementi minerali da zone di suolo a
maggiore concentrazione, verso la superficie esterna delle radici (K, H2PO4, NH4)

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ESIGENZE NUTRIZIONALI
Per prevedere quanti nutrienti vanno apportati all’arboreto ci si basa sull’individuazione delle
richieste dell’albero, spesso funzione dei ritmi di crescita e di fruttificazione dell’albero, e dalla
disponibilità dei nutrienti nel terreno per l’assorbimento.
In pratica ci si basa sui concetti del
bilancio nutrizionale (soil surface budgets).

RIPARTIZIONE DEI NUTRIENTI ASSORBITI

- Frazione di nutrienti che esce dall’arboreto (es frutti, nutrienti persi per sempre)
- Frazione immobilizzata nello scheletro (comunque non ritorna al suolo)
- Frazione che ritorna al suolo (foglie, legno potatura, radici morte)

BILANCIO NUTRIZIONALE  nutrienti che escono dall’arboreto – nutrienti che entrano =


ESIGENZE IN NUTRIENTI
NUTRIENTI DA APPORTARE ATTRAVERSO FERTILIZZANTI =
esigenze in nutrienti X coefficiente che considera efficienza del
sistema di concimazione e del tipo di concime

 AZOTO
Positivamente correlato con crescita, meno con la produttività. A volte negativo per la qualità
e conservazione frutti. Necessario soprattutto per formare lo scheletro dell’albero. Problema
delle perdite nell’ambiente.
 POTASSIO
Ruolo collegato alla quantità dei frutti. Svolge ruolo antagonista nei confronti del Ca. le
quantità asportate dipendono dall’entità della produzione dei frutti.
 CALCIO
Nonostante il contenuto di Ca dei frutti sia basso, esso gioca un ruolo nella stabilità delle
membrane delle cellule e sulla integrità delle pareti e lamelle mediane delle cellule dei frutti.
Di conseguenza, i frutti con più Ca si conservano meglio. Spesso il Ca è ben disponibile nei
suolo (tranne in quelli acidi) ed è assorbito facilmente dalle radici.
La traslocazione avviene tramite lo xilema e segue il flusso traspirativo (soprattutto verso le
foglie). Nel melo (periodo estivo) e nella vite (dall’invaiatura)
le connessioni xilematiche a
livello del peduncolo sono
interrotte.
Il Ca presente nei frutti si diluisce
progressivamente, in quanto
questi continuano a crescere, e
possono comparire fisiopatie
nutrizionali come la butteratura
amara.
La carica produttiva e il vigore
vegetativo influenzano la
ripartizione del Ca al frutto e la
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butteratura amara: maggiore in annate di scarica, con frutti di grandi dimensioni, che
diluiscono il Ca presente; maggiore in presenza di elevato vigore. La sensibilità di questa
fisiopatia dipende dalla cv e dalla carica produttiva (più alta in annate di scarica, con frutti di
grandi dimensioni, che diluiscono il Ca presente). Ripetuti trattamenti alla chioma con CaCl o
CaNO3 sono efficaci misure alla prevenzione.
 MAGNESIO
Presente nella clorofilla. Carenze di Mg causano precoce caduta delle foglie.

Carenza di Fe = clorosi ferrica

FASI PER DISTRIBUZIONE DEL FERTILIZZANTE

- Pre-impianto
- Fase allevamento alberi
- Fase di piena produzione dell’impianto

PROBLEMATICHE

- Efficacia: nutriente disponibile per l’assorbimento/distribuito


- Tempi necessari per far assorbire il concime dall’albero
- Inquinamento

CONCIMAZIONE AL SUOLO

- A spaglio su tutta la superficie del suolo con concimi granulari


- Localizzazione di concimi granulari sulla striscia del filare
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- Concimi disciolti in acqua e distribuiti “a doccia” sulla striscia del filare


- Concimi disciolti in acqua attraverso fertirrigazione
- Concimazione fogliare

MICROELEMENTI
Tre ordini di fattori ne fanno preferire
l’apporto fogliare rispetto a quello del
suolo.

- Piccole quantità richieste dagli


alberi
- Scarsa disponibilità di molti
microelementi quando
apportati al terreno
- La facilità con cui si passa nel
suolo da carenze ad eccessiva
disponibilità

18. LA GESTIONE DELLA SUPERFICIE DEL SUOLO

La superficie del suolo può essere divisa in due parti:

- Interfila (corridoio)
- Striscia di suolo sotto gli alberi lungo il filare

Zone di differente importanza e dimensione a seconda del tipo di coltura.

INTERFILA
Suolo

- Lavorato (anche solo in alcune parti dell’anno, controllo malerbe con lavorazione
meccanica)
- Inerbito (spontaneo o semine di essenze particolari)

VIGNETO  ambienti nord Italia: Festuca arundinacea, Festuca rubra, Poa pratensis. In
ambienti siccitosi e caldi sono consigliate leguminose come medica ppolimorfa e trifoglio
brachicalcino, che hanno una dormienza estiva. In genere, per rafforzare la resistenza al
calpestamento è meglio utilizzare le graminacee. Poco competitiva: Festuca pratensis. Molto
competitiva: Lolium perenne.

VANTAGGI INERBIMENTO

- Erosione soprattutto in terreni declivi


- Biodiversità
- Resistenza al calpestamento del terreno

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- Fissazione di C nel sistema


- Aumento frazione di nutrienti in forma organica, riducendo rischio liscivazione

Lupino usato come “green manure”. Veccia e erba.

LA ZONA CORRISPONDENTE AL FILARE


Lavorata (anche solo temporaneamente) con mezzi meccanici.
Può essere inerbita: solo impianti maturi e alberi vigorosi, e gestita
tramite sfalcio. Pacciamata: con materiale organico o plastiche.
Diserbata: con erbicidi di contatto
(Glifosate) o sostanze che inibiscono la germinazione dei semi (soprattutto su impianti
giovani).
Diserbo meccanico tramite decespugliatrici costituite da rotore a fili, disposto parallelamente
al terreno. I fili in nylon per effetto della forza centrifuga aggrediscono le erbe infestanti
distruggendole o danneggiandole.
Sviluppo di resistente agli erbicidi: Equiseto a Glifosate.

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