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L'architettura rinascimentale è quella fase dell'architettura italiana che si sviluppò dal 1420 alla metà del
XVI secolo, con il ritorno alla vita dell'antichità classica.[1]
Caratteristiche principali dell'architettura rinascimentale sono infatti la sensibilità verso il passato antico, la
ripresa degli ordini classici, l'articolazione chiara nelle piante e negli alzati, nonché le proporzioni tra le
singole parti degli edifici.[1]
Lo stile del cosiddetto "primo rinascimento" ebbe origine a Firenze, favorito dall'affermazione della
borghesia e della cultura umanistica, fiorendo poi in altre corti come quelle di Mantova e di Urbino.[1][2]
La
successiva fase cinquecentesca, detta "Rinascimento classico",[2] ebbe in Roma il nuovo centro della vita
artistica, coesistendo nello stesso secolo con il Manierismo, che è generalmente considerato dalla
storiografia come la terza fase del Rinascimento.[3]
Nei secoli seguenti le idee architettoniche elaborate in Italia si propagarono anche nel resto d'Europa, ma le
opere che ne scaturirono ebbero poco in comune con le caratteristiche dell'architettura italiana, consistenti
nella ripresa di particolari romani e nel senso di equilibrio e stabilità.[1]
Indice
Contesto
Caratteristiche
Il palazzo
La villa
La biblioteca
Il teatro
La chiesa
La pianta centrale
La pianta longitudinale
La facciata
La città
Urbanistica
La piazza
Trattati e teorie
Il primo Rinascimento San Lorenzo, Firenze
Filippo Brunelleschi
Leon Battista Alberti
La diffusione del Rinascimento a Urbino, Ferrara,
Napoli, Venezia, Milano
Urbino
Ferrara
Napoli
Venezia
Milano
Il Rinascimento classico
Bramante a Roma
Raffaello
Manierismo e tardo Rinascimento
Giulio Romano
Baldassarre Peruzzi
Michelangelo
Vignola
Sanmicheli e Sansovino
Andrea Palladio
I manieristi fiorentini
La diffusione del Rinascimento in Europa
Elenco cronologico dei principali architetti del
Rinascimento
Altre immagini
Note
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
Contesto
«Lo stile gotico fu creato per Suger, abate di St-Denis, consigliere di due re di Francia:
il Rinascimento per i mercanti di Firenze, banchieri dei re d'Europa»
(Nikolaus Pevsner[4])
Il secondo campo utile alla contestualizzazione dell'architettura del Quattrocento è quello degli studi
letterari, linguistici, filologici e di traduzione dei testi classici iniziati nel XIV secolo con Francesco Petrarca
e proseguiti con una serie di autori di estrazione fiorentina. Gli umanisti, a differenza dei monaci medievali,
tentarono una lettura critica delle opere latine, ricercando non solo quello che interessava i teologi, ma
anche altri aspetti della vita dell'uomo, come la storia, la politica e l'arte.[5]
L'altro aspetto che può spiegare la predisposizione della Toscana allo sviluppo dell'architettura
rinascimentale è il carattere geografico e nazionale di questa regione, che aveva avuto la sua espressione
iniziale nell'arte etrusca e che era ancora chiaramente riconoscibile in epoca medievale: dall'eleganza della
facciata di San Miniato al Monte, alle grandiose e serene composizioni di Santa Croce, Santa Maria
Novella e Santa Maria del Fiore.[4]
Quando inoltre già nel 1334 le autorità avevano deciso di nominare un
pittore, Giotto, quale nuovo capomastro della cattedrale fiorentina, si gettarono le premesse per un nuovo
periodo nella storia professionale dell'architettura, che troverà il suo apice nel periodo rinascimentale: da
allora i grandi artisti furono onorati e ammessi a posti che non rientravano nelle loro specialità solo per il
rispetto dovuto al loro genio.[6]
In altre parole, all'inizio del Quattrocento a Firenze si verificarono una serie di eccezionali fattori autonomi,
ma concomitanti, per la nascita di una nuova architettura. Del resto, una ricca repubblica mercantile come
quella fiorentina doveva necessariamente essere rivolta a ideali umani e non trascendentali, alla chiarezza e
non all'oscurità, all'attività e non alla meditazione; per questo lo spirito dell'antica Roma, chiaro e realista,
non poté essere riscoperto che a Firenze.[6]
Questa felice stagione fu interrotta dal sacco di Roma del 1527, che lasciò la città in rovina e compromise le
basi della civiltà risorgimentale, almeno fino all'arrivo di Michelangelo Buonarroti nel 1534, il quale, dopo
quella data, realizzò alcune delle sue opere più importanti; il tutto, però, nel rinnovato clima della
controriforma.[9]
Caratteristiche
Il termine "Rinascimento" fu utilizzato già dai trattatisti dell'epoca per evidenziare la riscoperta
dell'architettura romana, di cui nel Quattrocento sopravvivevano integre diverse vestigia.[1]
Principali indici
di questo atteggiamento furono la ritrovata sensibilità verso le forme del passato, non solo dell'architettura
romana, ma anche di quella paleocristiana e del romanico fiorentino, la ripresa degli ordini classici, l'uso di
forme geometriche elementari per la definizione delle piante, la ricerca di articolazioni ortogonali e
simmetriche, nonché l'impiego della proporzione armonica nelle singole parti dell'edificio.[1]
In particolare,
caratteristica comune tra l'architettura rinascimentale e quella romana è l'effetto prodotto dall'adattamento di
semplici masse basato sui sistemi modulari della proporzione, il cui modulo è fissato dal semidiametro delle
colonne.[10]
Del resto, lo storico dell'arte Bruno Zevi ha definito il Rinascimento come "una riflessione matematica
svolta sulla metrica romanica e gotica", evidenziando la ricerca, da parte degli architetti dei secoli XV e
XVI, di una metrica spaziale basata su rapporti matematici elementari.[11] In altre parole, la grande
conquista del Rinascimento, rispetto al passato, è stata quella di aver creato negli spazi interni quello che i
greci antichi avevano realizzato per l'esterno dei loro templi, dando vita ad ambienti regolati da leggi
immediatamente percepibili e facilmente misurabili dall'osservatore.[11]
In questo ebbe certamente un peso
determinante anche lo studio della prospettiva da parte di Filippo Brunelleschi; il Brunelleschi introdusse
una visione d'interno totalizzante, elevando la prospettiva a struttura spaziale globale.[12] Da Brunelleschi in
poi, "lo spazio vero dell'architettura, quello nel quale si penetra e si vive, è pensato intenzionalmente in
vista di un risultato prospettico".[13]
Il palazzo
Il palazzo Medici, commissionato da Cosimo il Vecchio a Michelozzo prima della metà del XV secolo, può
essere considerato l'archetipo del palazzo del primo Rinascimento: si tratta di un "dado di pietra",[16] con
cortile su colonne e facciate esterne caratterizzate da una rustica graduazione di bugne, che riprendono
elementi derivanti dai palazzi pubblici medievali.[5][17]
All'interno però le diverse funzioni non sono ancora
riconducibili a uno schema pienamente simmetrico e assiale, che resta ancora limitato alla zona dell'ingresso
e della corte.[15]
Alla soluzione con facciata in bugnato di palazzo Medici si oppose quella con ordini di semipilastri, che
trova ancora la sua prima realizzazione a Firenze, nel palazzo Rucellai di Leon Battista Alberti. In ogni
caso, l'articolazione delle superfici mediante semipilastri, pur distaccandosi dalla tradizione medievale, non
prese particolarmente piede in Toscana, ma aprì comunque la strada a futuri sviluppi.[15]
Ancora nel pieno Rinascimento, Bramante e Raffaello proposero nuovi modelli di facciate per palazzi, con
la combinazione di bugnato al piano terra e scansione della facciata con ordini in rilievo.[18]
La villa
A Roma si sviluppa un volume edilizio più articolato, con una sequenza di spazi paralleli e loggia centrale:
è il caso della villa Farnesina edificata da Baldassarre Peruzzi all'inizio del XVI secolo, da cui deriveranno
una serie di ville di campagna, come quella Imperiale di Pesaro, rinnovata da Gerolamo Genga nel secondo
decennio del Cinquecento.[20]
La scena cinquecentesca è comunque dominata dalle ville che Andrea Palladio realizzò in Veneto; tra
queste, un'intensa fortuna ebbe il progetto della cosiddetta Rotonda, che divenne fonte di ispirazione per
diversi artisti appartenenti alla corrente del palladianesimo internazionale: la Rotonda presenta una pianta
centrale, evidenziata da una cupola, con avancorpi su ogni lato caratterizzati da pronai con colonne d'ordine
ionico.[20]
La biblioteca
Il teatro
La chiesa
La pianta centrale
Nel primo Rinascimento, la predilezione per le forme geometriche
elementari e per l'armonia tra le parti portò alla concezione di chiese
a pianta centrale, in cui si anteponeva l'ideale estetico e simbolico
alla funzionalità.
A partire dal 1420 Filippo Brunelleschi innalzò la
cupola della cattedrale fiorentina, il più grande organismo a pianta
centrale dall'epoca del Pantheon; allo stesso architetto sono
riconducibili diversi edifici centralizzati, come la Sagrestia Vecchia,
la cappella Pazzi e la Rotonda di Santa Maria degli Angeli.[27]
Sulla
Giuliano da Sangallo, basilica di scia del Brunelleschi si inseriscono numerose chiesa a croce greca,
Santa Maria delle Carceri, Prato come la basilica di Santa Maria delle Carceri a Prato, di Giuliano da
Sangallo (1486), nonché alcuni disegni di Leonardo da Vinci, che
ebbero notevole influenza sul pensiero architettonico
cinquecentesco e, in particolare, su quello di Bramante.[27]
Lo stile di Bramante risentì anche dell'influenza esercitata dalle chiese paleocristiane, che ebbe modo di
osservare durante il suo soggiorno milanese. Su tutte la basilica di San Lorenzo, un grandioso organismo a
pianta centrale formato da un quadrato con quattro absidi. Inoltre, per la sua prima realizzazione nota, la
chiesa di Santa Maria presso San Satiro, restaurò l'antico sacello di San Satiro, un edificio a pianta centrale
dal tipico disegno paleocristiano (una croce greca in un quadrato iscritto in un cerchio).[28] Inoltre, chiamato
dal Ascanio Sforza a intervenire nel cantiere del duomo di Pavia (di cui si conserva anche il modello ligneo
risalente al 1497), impose la cupola e la pianta centrale alla cattedrale.[29]
Il successivo tempietto di San Pietro in Montorio, una delle prime costruzioni realizzate dal Bramante dopo
il suo trasferimento Roma, esprime una nuova concezione nella tipologia di complessi a pianta centrale,
mostrando una maggiore derivazione dai modelli dell'antichità (il tempio di Vesta a Roma e il tempio di
Vesta a Tivoli).
Nonostante le ridotte dimensioni, il tempietto può essere considerato l'embrione del disegno
originario bramantesco per la basilica di San Pietro in Vaticano,[30] un imponente complesso a croce greca,
dominato al centro da una colossale cupola emisferica. Da essa e dalla sua versione michelangiolesca
discenderanno una serie di chiese centralizzate, come Santa Maria di Carignano a Genova di Galeazzo
Alessi, il Gesù Nuovo di Napoli e la chiesa del Monastero dell'Escorial presso Madrid.[31]
La pianta longitudinale
Malgrado il successo degli schemi a pianta centrale, la pianta longitudinale, che rappresentava la forma
tradizionale della chiesa comunitaria, non fu messa da parte.
Le grandi chiese fiorentine innalzate da Filippo
Brunelleschi tra il 1420 e il 1440 circa, San Lorenzo e Santo Spirito, rimandano ancora a uno schema a
croce latina, su tre navate, in cui gli elementi della tradizione sono aggiornati al sistema modulare
rinascimentale.[27]
La generazione successiva apportò delle modifiche significative. Per la basilica di Sant'Andrea, a Mantova,
Leon Battista Alberti elaborò un'aula molto ampia, affiancata da cappelle laterali che, richiamandosi alle
costruzioni romane di età imperiale, ebbe fortuna anche nei secoli successivi, a partire dalla chiesa del
Gesù, a Roma.[27]
La facciata
Le facciate, con la riscoperta di motivi dell'antichità come pronai, frontoni e archi trionfali, furono concepite
come prospetti scenografici.[27]
Tra i primi esempi di
facciate rinascimentali sono
da ricordare Santa Maria
del Popolo a Roma e Santa
Maria Novella a Firenze.[32]
In particolare, il prospetto
ideato da Leon Battista
Alberti per Santa Maria
Novella, nonostante
Facciata di Santa Maria Novella, l'inserimento di elementi
Firenze gotici preesistenti nella
parte inferiore e il
proseguimento delle tarsie
marmoree della tradizione toscana nel livello superiore, può essere
considerato lo schema di maggior successo, che sarà applicato,
nelle sue numerosi varianti, anche nei secoli successivi: esso
presenta un ordine di semipilastri a due piani, uniti da cornici
orizzontali, con l'elevata sezione centrale del fronte, posta a
sostegno del frontone triangolare, raccordata alle navate laterali
Pianta della basilica di Santo Spirito,
mediante l'inserimento di grandi volute.[27]
Firenze
All'Alberti è legata anche la soluzione ad arco di trionfo,
esemplificata dalla basilica mantovana di Sant'Andrea: ripetendo il
ritmo dell'interno, caratterizzato dal susseguirsi di archi a tutto sesto, la facciata è costituita da un avancorpo
che unisce il tema dell'arco trionfale a quello del tempio classico.[33]
Dieci anni dopo, nel disegno della facciata di Santa Maria presso San Satiro, Bramante propose uno
schema basato sulla facciata a due timpani, con le ali del frontone inferiore poste in corrispondenza delle
navate laterali. Tale soluzione troverà successivi sviluppi nel prospetto della chiesa di Santa Maria in
Castello di Carpi del Peruzzi, ma soprattutto nelle facciate delle chiese veneziane erette dal Palladio nel
tardorinascimento, in cui si completa la fusione del fronte di due templi classici: il primo, più alto, posto a
chiusura della navata principale, mentre il secondo, più basso ed esteso sui fianchi, a schermare gli spazi
laterali.[27][34]
La città
Urbanistica
Nel Rinascimento l'urbanistica assunse un carattere scientifico-teorico, sforzandosi di unire tra loro le
esigenze umane, quelle difensive, l'estetica, la simbologia ed il centralismo signorile.[35]
Alla base delle esperienze urbanistiche del XV secolo vi è la metodologia stabilita da Leon Battista Alberti
nel De re aedificatoria. Per Alberti la città costituiva un oggetto complesso, la cui costruzione non poteva
essere assimilabile a quella dei singoli edifici, ma era influenzata dai vincoli e dalle proprietà dell'ambiente.
Per questo la cerchia muraria poteva essere diversa secondo la varietà dei luoghi, mentre le strade principali,
larghe e dritte nelle grandi città, potevano seguire un percorso incurvato nei piccoli centri. Diverso il
discorso per gli spazi pubblici, che Alberti considerava come singole opere di architettura, dall'aspetto
unitario, con piazze circondate da loggiati e portici.
In sostanza, Alberti giunse a una mediazione tra la città
medievale e quella rinascimentale, integrando cioè i nuovi organismi nei nuclei urbani preesistenti;
un'influenza riscontrabile nei piccoli centri, come Pienza e Urbino,
ma meno nelle grandi città, come Roma o Milano, dove le iniziative
rinascimentali ruppero la coerenza dei vecchi nuclei, aprendo però
la strada a importanti trasformazioni.[36]
Una fusione tra la visione utopica rinascimentale ed uno schema più funzionale, adatto alle esigenze di una
fiorente città mercantile, si registra ad Amsterdam solo all'inizio del Seicento, quando, attorno alla vecchia
città, vennero realizzati una serie di canali poligonali, lungo i quali sorsero strette case a schiera e
magazzini, protetti da una cinta fortificata lunga circa otto chilometri.[35]
La piazza
Nel secolo successivo i modelli si fanno più complessi. Ad esempio, la piazza del Campidoglio a Roma,
progettata da Michelangelo, esprime una concezione nuova dello spazio pubblico, in cui si contrappongono
una complessa combinazione di movimenti: il moto rettilineo ascensionale della scala di accesso e quello
circolare intorno alla statua equestre di Marco Aurelio, su cui fa da sfondo il palazzo Senatorio.[39]
Trattati e teorie
Nel Rinascimento, con la riscoperta dell'unico trattato di architettura pervenuto integro dall'antichità, il De
architectura di Marco Vitruvio Pollione, si diffuse ampiamente l'attitudine a esprimere nella forma più
completa le teorie e le conoscenze pratiche dell'arte edificatoria.
Direttamente collegato al modello
vitruviano è il De re aedificatoria, trattato che Leon Battista Alberti pubblicò in lingua latina alla metà del
Quattrocento. L'opera riprendeva dal testo classico la suddivisione in dieci libri, nonché la maggior parte
dei temi, affrontandoli tuttavia in un ordine più razionale; pur recependo integralmente la teoria degli ordini
architettonici, Alberti sottopose le affermazioni di Vitruvio a un confronto con gli edifici dell'antichità
ancora superstiti, analizzando i principi da cui determinati precetti avevano avuto origine.[40]
Nel suo Regola delli cinque ordini d'architettura (1562), Jacopo Barozzi da Vignola ridusse ulteriormente
le parti contenenti il testo, semplificò il metodo per determinare le proporzioni e fissò il modulo come
strumento di misura assoluta, svincolandolo cioè da diversi sistemi di misurazione regionale. Il trattato ebbe
un successo senza precedenti, tanto da essere pubblicato in oltre 250 edizioni e in 4 lingue diverse.[40]
Un grande successo riscossero anche I quattro libri dell'architettura, che Andrea Palladio pubblicò nel
1570.
Più esaustivo rispetto al trattato del Vignola e più preciso rispetto a quello del Serlio, l'opera di
Palladio si caratterizza per il rigore nell'utilizzo del metodo nelle proiezioni ortogonali e la rinuncia ai
disegni con effetti pittorici e prospettici, così da facilitare la lettura delle proporzioni.
Oltre agli ordini
architettonici e alle tematiche costruttive, ne I quattro libri contengono i disegni di edifici dell'antichità,
nonché piante e alzati di fabbriche realizzate dallo stesso architetto. Inigo Jones lo studiò approfonditamente
e attraverso di lui l'architettura palladiana trovò fortuna nell'Inghilterra secentesca.[40][43]
Il primo Rinascimento
Filippo Brunelleschi
Il punto di svolta, che segna il passaggio dall'architettura gotica a
quella rinascimentale, coincide con la realizzazione della cupola del
Duomo di Firenze.[44] Eppure l'opera non può essere considerata
veramente rinascimentale, poiché alla base della sua concezione
sono presenti gran parte di quei principi costruttivi ereditati dal
secolo precedente.[45]
La cupola, a pianta ottagonale, avrebbe
dovuto completare la cattedrale fiorentina, la cui ricostruzione era
cominciata nel 1296 sotto Arnolfo di Cambio; tuttavia,
l'impossibilità di disporre di robuste centine e travi di legno in grado
di sostenerne l'enorme peso della volta durante la fase realizzativa,
impedirono per lungo tempo la conclusione dell'opera.
Filippo
Brunelleschi, che aveva fatto pratica come orafo e aveva lavorato
come scultore, cominciò ad interessarsi alla questione sin dal 1404,
quando fu chiamato per la prima volta a riflettere sul cantiere della
cattedrale, ma fu solo a partire dal 1417 che dedicò gran parte dei
suoi studi alla risoluzione del problema.[46]
L'analisi dell'architettura
romana e la diretta conoscenza delle tecniche costruttive gotiche,
permisero a Brunelleschi di portare a termine, tra il 1420 e il 1436,
Veduta della Cupola del Brunelleschi, la più grande cupola in muratura mai costruita fino ad allora.
Dal
Firenze punto di vista strutturale, la struttura della cupola è costituita da una
serie di costoloni verticali a sesto di quinto acuto, uniti
trasversalmente da otto costole orizzontali; al fine di alleggerire il
peso della muratura, l'intero organismo è formato da due calotte sovrapposte, che furono eseguite
orizzontalmente, circolo dopo circolo, secondo una tecnica desunta dall'osservazione delle rovine
romane.[44]
Nel 1446 iniziarono i lavori della lanterna, per la quale Brunelleschi aveva vinto un concorso dieci anni
prima. L'opera, portata a termine dopo la morte dell'architetto, è in qualche modo ispirata a quella del vicino
battistero di San Giovanni, ma ha un aspetto decisamente più classico: i costoloni della cupola sono infatti
raccordati al corpo ottagonale della torretta mediante una sorta di archi rampanti sormontati da volute. A
Brunelleschi si devono anche le cosiddette "tribune morte" piccole esedre costruite tra il 1439 e il 1445 alla
base del tamburo, costruite per contrastare le spinte orizzontali della cupola.[47]
Lo schema adottato nel portico dello spedale degli Innocenti si ripete anche lungo le navate della basilica
fiorentina di San Lorenzo, eseguita sotto la direzione di Brunelleschi. La pianta deriva dai modelli
medioevali di Santa Croce e Santa Maria Novella: si tratta di una croce latina, con tre navate e cappelle
laterali poco profonde, terminanti in un coro quadrato affiancato da altre cappelle disposte secondo l'uso
gotico. Ancora una volta, i colonnati delle navate sostengono una teoria di volte a vela, che, essendo prive
di costoloni sulle diagonali, esaltano la leggerezza della struttura portante e migliorano la visione prospettica
dell'insieme.[51]
Maggiore importanza assunse il cantiere di Sant'Andrea, il cui prospetto principale fu schermato con un
arco trionfale sormontato da un frontone.
Malgrado le modifiche messe in atto nei secoli successivi, che
trasformarono la pianta rettangolare in una a croce latina, l'interno perde ogni riferimento all'architettura del
Brunelleschi e a quella paleocristiana: lo spazio è definito da una massiccia volta a botte, la più ampia e
pesante costruita dai tempi classici, la cui mole è sorretta da possenti arcate, che definiscono il perimetro
delle cappelle laterali; una configurazione analoga a quella degli edifici termali e delle basiliche di epoca
romana.[61]
Sempre dell'Alberti è il tempietto del Santo Sepolcro nella chiesa fiorentina di San Pancrazio, ultimato nel
1467 e realizzato su incarico della famiglia Rucellai; esso costituisce un'interpretazione classica del Santo
Sepolcro di Gerusalemme.
Sempre i Rucellai incaricarono l'architetto del completamento della facciata di
Santa Maria Novella (ultimata nel 1470). Fortemente condizionato dalla preesistenza medievale, l'Alberti
suddivise la facciata in parti elementari, con rapporti di 1:1, 1:2 e 1:4, coronando il prospetto con un
frontone triangolare classico e raccordando le navate laterali a quella centrale mediante ampie volute.[62]
L'altro palazzo, realizzato per il cardinale Riario e in seguito occupato dalla Cancelleria Apostolica, fu
probabilmente costruito tra il 1486 e il 1496, dopo la morte dell'Alberti, a cui l'ignoto autore si rifà per il
ritmo delle lesene che scandiscono i registri superiori dell'immensa facciata. L'articolazione del prospetto,
rispetto a quella di palazzo Rucellai, risulta più complessa per l'alternanza di campate strette, chiuse entro
lesene binate, a campate più larghe con finestra, con il ricorso all'applicazione della proporzione aurea.
Il
cortile riprende il modello di Michelozzo, sostituendo però le colonne angolari con robusti pilastri.
La diffusione del Rinascimento a Urbino, Ferrara, Napoli, Venezia, Milano
Urbino
Il Palazzo Ducale di Gubbio, fatto costruire sempre da Federico da Montefeltro, è una replica in piccolo di
quello urbinate e possiede uno studiolo decorato a tarsie probabilmente progettato da Francesco di Giorgio
Martini, architetto, trattatista, pittore e ingegnere militare che fu molto attivo nel territorio del ducato e in
Toscana.
La chiesa di San Bernardino a Urbino, a lui attribuita, è un organismo rustico concepito come
un'aggregazione di diversi volumi. Le soluzioni dell'esterno pongono la chiesa urbinate in analogia con
Santa Maria delle Grazie al Calcinaio presso Cortona, che il Martini eseguì nel medesimo periodo; l'interno
della chiesa urbinate supera però quello del Calcinaio, dove la navata, malgrado il ricorso a proporzioni
antropomorfe, è scandita da un'inelegante partizione con due ordini di semipilastri e presenta grossolani
speroni a sostegno della cupola.[71]
Ferrara
Dopo la morte di Ercole I l'attività edilizia si spense gradualmente e, complice la crisi economica della metà
del Cinquecento, l'incremento demografico previsto non si realizzò.[75]
Napoli
Tra questi, particolarmente attivo fu Giuliano da Maiano, che tra gli anni ottanta e anni novanta si dedicò
alla progettazione delle nuove mura orientali della città, alle costruzione di alcune ville suburbane e
all'acquedotto della Bolla.
La sua Porta Capuana, che riprende il tema dell'arco trionfale, è stata definita la
più bella porta del Rinascimento insieme alla porta di San Pietro a Perugia,[78] mentre la configurazione
della scomparsa villa di Poggioreale, basata su un quadrato con una torre su ogni angolo, diverrà un
paradigma per numerose ville, anche oltre i confini italiani.[79]
Il programma urbanistico di Alfonso II era molto ambizioso e paragonabile a quello dell'Addizione Erculea
di Ferrara: una serie di assi stradali rettilinei concepiti come proseguimento della scacchiera antica che
ancora caratterizzava la città. Tuttavia, la caduta del sovrano e l'ascesa al trono di Carlo VIII di Francia
impedirono il concretizzarsi del progetto, che sarà parzialmente ripreso nel Cinquecento dai viceré spagnoli,
sebbene con uno spirito completamente diverso.[80]
Venezia
Venezia restò a lungo distante dalle vicende della cultura rinascimentale, offrendo una vera e propria
resistenza alla diffusione dei modelli fiorentini.
Ancora nel Quattrocento erano in corso i lavori di
completamento del Palazzo Ducale, con la facciata rivolta verso la piazzetta di San Marco che riprendeva lo
stile tardo-gotico di quella prospiciente il molo.
Le altre grandi costruzioni, sia pubbliche che private,
rimasero per molto tempo ancorate alla tradizione locale,
ammettendo solo l'inserimento di elementi decorativi rinascimentali,
come nel caso della porta dell'Arsenale.[81]
Anche l'architettura ecclesiastica si conformò agli usi locali e fu condizionata dalle forme della basilica di
San Marco, come nel caso della chiese quattrocentesche di Santa Maria dei Miracoli (con incrostazioni
marmoree che rimandano anche alla cappella del Perdono nel Palazzo Ducale di Urbino), e San Zaccaria
(con contaminazioni gotiche), ma l'influenza si protrasse anche nel secolo successivo: la San Salvador
(1507) mostra una pianta a croce latina composta da tre campate indipendenti coperte da quattro cupole
minori, secondo uno schema riconducibile ancora ai modelli bizantini.[83]
Un'eccezione è costituita dalla chiesa di San Michele in Isola, costruita su disegno del Codussi (1468-
1479). L'edificio, probabilmente perché costruito in aderenza a un cimitero, rinuncia a certa esuberanza
decorativa e presenta invece una sobria facciata tripartita ispirata al Tempio Malatestiano di Leon Battista
Alberti, con due ordini sovrapposti: quello superiore è sormontato da un frontone curvilineo, mentre i lati
sono raccordati da due ali ricurve, dai fini ornamenti a rilievo a conchiglia.[84]
Milano
Il Rinascimento classico
Bramante a Roma
Più significativo è il secondo intervento, il tempietto di San Pietro in Montorio, risalente al 1502.
Si tratta
del "primo monumento del pieno rinascimento in contrasto col protorinascimento, ed è un vero
monumento, cioè una realizzazione più plastica che strettamente architettonica".[90]
Esso fu costruito nel
luogo in cui, secondo la tradizione, era stato crocifisso san Pietro; il piccolo edificio fu quindi concepito
come una sorta di martyrium paleocristiano e progettato su modello dei templi peripteri a pianta centrale
dell'antichità.
Quel che costituisce il punto fondamentale di quest'opera non è tanto il suo classicismo, più
avanzato rispetto a quello del Brunelleschi e dell'Alberti, ma il fatto che il tempietto avrebbe dovuto
collocarsi al centro di uno spazio centralizzato, reso permeabile dalla presenza porticati, divenendone il
fulcro.[91]
Malgrado il cortile non sia stato completato secondo il progetto originario, è possibile riconoscere
l'effetto geometrico ottenuto dalla combinazione di cerchi concentrici in pianta con cilindri concentrici in
alzato. Il tempietto consiste in due cilindri (peristilio e cella), posti in rapporti proporzionali tra loro, con una
cupola emisferica sia all'interno che all'esterno.[92]
Nell'architettura civile, un posto di rilievo spetta al suo palazzo Caprini (distrutto), noto anche come casa di
Raffaello, risalente al 1508; esso può essere considerato uno dei paradigmi del palazzo cinquecentesco.
L'opera riprende le caratteristiche dei modelli fiorentini, ovvero il bugnato di palazzo Medici e gli ordini
architettonici di palazzo Rucellai, ponendoli rispettivamente al piano terra e al primo piano della facciata; le
bugne sono disposte intorno alle aperture ad arco del registro inferiore, mentre l'ordine architettonico si
traduce in una serie di colonne binate che sorreggono la trabeazione.[93]
Occorre poi ricordare le commissioni per i palazzi vaticani: il cortile
di San Damaso, ideato da Bramante come una serie di arcate a
giorno derivate da quelle del Colosseo, ma soprattutto la
sistemazione del cortile del Belvedere, concepito come una
successione di cortili scalati che avevano il compito di collegare il
Palazzo Apostolico alla palazzina del Belvedere. Malgrado le
alterazioni subite nel corso dei secoli (come la nicchia di Pirro
Ligorio e i bracci dei Musei Vaticani), l'aspetto più importante del
Belvedere è oggi costituito dal modo in cui Bramante risolse la Palazzo Caprini, Roma
grande estensione delle superfici murarie ricorrendo ai moduli simili
a quelli adottati da Leon Battista Alberti nella navata della basilica
di Sant'Andrea: arcate a tutto sesto intervallate da lesene binate.[94]
Tutti questi lavori furono comunque surclassati dalla sua opera più
impegnativa: la basilica di San Pietro.
Dopo i primi interventi di
recupero dell'antica basilica paleocristiana avviati da Niccolò V
intorno alla metà del Quattrocento, papa Giulio II si convinse
dell'opportunità di ricostruire la più importante chiesa della
cristianità occidentale.
Bramante probabilmente non lasciò un unico
progetto definitivo della basilica, ma è opinione comune che le sue
idee originarie, presumibilmente influenzate dagli schizzi
architettonici che si ritrovano nei manoscritti di Leonardo da Vinci,
prevedessero un impianto a croce greca, sovrastato, al centro, da
una grande cupola emisferica, con quattro cupole minori in
corrispondenza delle cappelle laterali e da altrettanti campanili ai
Progetto bramantesco per San lati.[95] Tale configurazione si può desumere, almeno in parte,
Pietro, Roma dall'immagine impressa su una medaglia del Caradosso coniata per
commemorare la posa della prima pietra del tempio, il 18 aprile
1506, e soprattutto da un disegno ritenuto autografo, detto "piano
[96]
pergamena".
In ogni caso, l'unica certezza sulle ultime intenzioni di Giulio II e di Bramante, che
morirono rispettivamente nel 1513 e nel 1514, è la realizzazione dei quattro pilastri uniti da altrettanti grandi
arconi a tutto sesto destinati a sorreggere la cupola.[97]
Strettamente legata a San Pietro, oltre che alla basilica di Santa Maria delle Carceri a Prato, è la chiesa di
San Biagio, progettata da Antonio da Sangallo il Vecchio e innalzata a partire dal 1518. Anche in questo
caso la pianta è una croce greca, lievemente allungata presso l'abside, con due campanili ai lati della
facciata, di cui solo uno portato a termine.[99]
Ancor più semplice è l'impostazione del tempio della Consolazione (1509): la pianta, ottenuta da quattro
absidi aggregate a un quadrato, è assai simile a un disegno di Leonardo da Vinci. L'edificio fu realizzato
sotto la direzione di Cola da Caprarola, un architetto quasi sconosciuto, tanto che si è più volte tentato di
attribuire il progetto a Bramante. Tuttavia, il contratto relativo alla sua costruzione parlava di solo di tre
absidi: la chiesa fu voltata verso la fine del Cinquecento e la cupola ai primi del Seicento. Non viene
comunque meno il suo carattere di prelibatezza, con quell'accento indelebile e gradevole che si rifà al gusto
quattrocentesco.[100]
Raffaello
Raffaello Sanzio era nato a Urbino nel 1483 e aveva avuto una
formazione artistica nella bottega del Perugino.
Pittore, prima
ancora che architetto, negli ultimi anni della sua breve vita si dedicò
anche alla progettazione di alcuni palazzi, di una cappella e di una
villa, sostituendo il Bramante nel cantiere della basilica di San
Pietro in Vaticano.
Se palazzo Vidoni Caffarelli, probabilmente progettato con Lorenzo Lotti, è quasi una copia di palazzo
Caprini, completamente diversa è la soluzione adottata da Raffaello nel palazzo Branconio dell'Aquila.
Scomparso nel corso del Seicento, ma comunque noto attraverso una serie di rappresentazioni grafiche, il
palazzo costruito per Giovanni Battista Branconio dell'Aquila esibiva una facciata caratterizzata da un ricco
repertorio ornamentale.
Il pian terreno presentava archi su semicolonne tuscaniche, sovrastati da una
trabeazione continua, mentre il piano nobile era caratterizzato dall'alternanza di nicchie e finestre, queste
ultime incorniciate in una serie di edicole sormontate da timpani ricurvi e triangolari, oltre le quali correva
una fascia decorata con festoni da Giovanni da Udine, al cui interno era ricavato il mezzanino; l'edificio era
poi completato da un piano attico con un cornicione e triglifi.
Se alcuni hanno individuato in questa facciata
un inizio di Manierismo,[102] per altri il palazzo Branconio dell'Aquila vede solo una ripresa del gusto
romano aggiornato alle scoperte archeologiche relative alle grandi decorazioni a stucco della Domus Aurea
e delle terme di Tito, che diventerà un motivo manierista solo nel più tardo palazzo Spada.[103]
In ogni caso, il Manierismo non cancellò le caratteristiche e le valenze del Classicismo, che continuerà a
sopravvivere nel panorama architettonico non solo del Cinquecento, ma anche dei secoli successivi, sia
nell'ambito della scuola romana sia in quello della scuola veneta; del resto, lo stile di Jacopo Sansovino o di
Andrea Palladio difficilmente potrebbe definirsi manierista nel senso in cui il termine può essere usato,
invece, per definire quello di Giulio Romano o di Michelangelo Buonarroti, tra i principali esponenti di
questa corrente.[3][109]
Giulio Romano
Alla morte di Raffaello era chiaro che il suo stile stava per entrare
in una nuova fase, caratterizzata da una maggiore ricchezza e liberà
espressiva, evidenziata nel palazzo Branconio dell'Aquila e nella
cappella Chigi.
Il suo allievo Giulio Romano, il primo grande
artista nato a Roma dopo molti secoli,[110] ebbe il compito di portare
a termine gli affreschi vaticani e le pitture di villa Madama. Nel
1524, quando aveva intorno ai 25 anni, lasciò Roma per mettersi al
servizio dei Gonzaga, signori di Mantova, dove si occupò della
Palazzo Te, Mantova
costruzione di palazzo Te. Il palazzo fu concepito come una villa
suburbana: un edificio a pianta quadrata, vuoto al centro, dotato di
un grande giardino verso est. Il ricorso all'uso di muraglie romane,
l'impiego di serliane, le aperture sormontate da conci a ventaglio e persino l'impostazione planimetrica sono
tutti elementi desunti dal codice classico, ma il carattere rustico delle facciate, la differenziazione dei
prospetti e la notevole profondità dei porticati articolati su colonne aggregate in gruppi tetrastili, rientrano
nella sfera delle deroghe e proiettano palazzo Te nell'ambito del Manierismo.[111]
Un'altra opera significativa dell'attiva mantovana dell'architetto è il palazzotto che costruì per sé poco prima
della morte, avvenuta nel 1546.
Qui il modello bramantesco di palazzo Caprini subisce una variazione: il
bugnato si estende su entrambi i piani dell'edificio, mentre l'ordine architettonico del primo piano lascia il
posto ad una serie di pilastri e archi entro i quali si aprono le finestre col timpano. Un altro timpano si
inserisce sopra il portale di ingresso, estendendosi fino al piano superiore e rompendo la continuità della
cornice marcapiano.[112]
Se nella cattedrale di Mantova Giulio Romano si mostra più severo e contenuto in senso classico, è in
un'altra architettura civile, il cortile della Cavallerizza del Palazzo Ducale, che si realizza il culmine nella
ricerca di deroghe rispetto al prototipo bramantesco, con la profonda alterazione di ogni riferimento
classico, accentuata dalla presenza di semicolonne tortili che si stagliano su un paramento bugnato ad
archi.[112]
Baldassarre Peruzzi
Tra il 1509 e il 1511, sulla riva destra del Tevere, costruì la villa
Farnesina per il banchiere Agostino Chigi. Nonostante si verifichi il
prevalere della norma rispetto alla deroga, la villa può essere
Palazzo Massimo alle Colonne,
considerata un punto di partenza dell'architettura manierista.
Roma
L'edificio presenta una pianta a pianta a "U", con due ali che
racchiudono una parte mediana in cui, al piano inferiore, si apre un
portico costituito da cinque arcate a tutto sesto. L'articolazione della
facciata, ornata con lesene e bugnato angolare, è ancora classica, ma il fregio riccamente decorato, che
corre alla sommità dell'edificio, evidenzia già un mutamento dei gusti.[113]
Nel palazzo Massimo alle Colonne, costruito oltre vent'anni dopo, la deroga prevale sulla norma.
La pianta,
condizionata dall'esigenza di sfruttare al massimo l'esiguo spazio a disposizione, presenta un prospetto
convesso; il bugnato si estende su tutta la facciata, mentre le colonne, rispetto al modello bramantesco, sono
spostate al piano terra, dove definiscono un ombroso atrio.[114]
Michelangelo
Dopo Michelangelo il suo stile energico perse buon parte del favore di cui godeva: Giacomo Della Porta,
che ebbe il compito di completare la cupola di San Pietro, mutò ben presto il suo stile, Tiberio Calcagni, che
lo aveva assistito realizzando il modello ligneo per il progetto della basilica di San Giovanni Battista dei
Fiorentini, morì nel 1565, mentre Giorgio Vasari non costruì niente di significativo a Roma.
Colui che
continuò l'opera di Michelangelo fu Giacomo Del Duca, suo assistente nel cantiere di Porta Pia, che
realizzò la piccola chiesa di Santa Maria in Trivio e costruì la sproporzionata cupola di Santa Maria di
Loreto.[126]
Vignola
L'architetto più sensibile a Roma nella seconda metà del Cinquecento fu Jacopo Barozzi da Vignola.
Emiliano, formatosi come pittore, rafforzò la sua autorevolezza nel campo dell'architettura con la
pubblicazione di un trattato che riscontrò un immediato successo.
Iniziò la sua attività di architetto a
Bologna, dove si segnala il palazzo Bocchi, in cui confluiscono i ricordi di palazzo Te e la grammatica di
Antonio da Sangallo il Giovane. A Roma lavorò al cantiere di villa Giulia, ma la presenza del Vasari e
dell'Ammannati limitarono l'opera dell'emiliano: caratteristica
dell'edificio è il contrasto tra l'esterno, di forme regolari, e l'interno,
aperto verso il giardino, con l'elegante emiciclo, la loggia e il
ninfeo.[127]
La chiesa del Gesù, costruita per l'ordine dei Gesuiti, deriva dalla
basilica di Sant'Andrea a Mantova. Vignola riprese ed elaborò l'impostazione planimetrica dell'Alberti,
concependo un'aula a croce latina, coperta da una volta a botte e dotata di una cupola all'intersezione del
transetto, su cui affacciano una serie di cappelle laterali; una sorta di anticipazione del prolungamento della
navata di San Pietro, una soluzione frutto del clima controriformista, destinata ad essere esportata in tutto il
mondo e a "esercitare un'influenza forse più ampia di qualunque altra chiesa costruita negli ultimi
quattrocento anni".[128][129] Il suo schema fu sostanzialmente replicato, ma con alcune modifiche, nella
basilica di Sant'Andrea della Valle, un'opera iniziata sul finire del Cinquecento, che introduce ormai
nell'epoca barocca. La facciata del Gesù fu costruita da Giacomo Della Porta, con una soluzione meno
felice di quella proposta da Vignola e alquanto confusionaria, sovraccarica di colonne, pilastri e volute.
L'interno, in origine austero, è oggi caratterizzato da una ricca decorazione, frutto di interventi attuati nei
secoli successivi.[130]
Accanto a queste opere, occorre citare un intervento nel campo dell'urbanistica: il palazzo dei Banchi, che
andava a delimitare, con un esteso ma non monotono porticato, il lato della piazza Maggiore parallelo alla
basilica di San Petronio, a Bologna.
Probabilmente il progetto risale agli anni sessanta del Cinquecento, al
tempo in cui a Piacenza si stava occupando anche del palazzo Farnese, un grandioso edificio rimasto però
incompleto.[131]
Nel periodo compreso tra la sua morte, avvenuta nel 1573, e l'avvento del Barocco, la scena romana fu
dominata da Domenico Fontana e Giacomo Della Porta. Il primo fu valente ingegnere, zio di Carlo
Maderno, noto per aver trasportato l'Obelisco Vaticano di fronte alla basilica di San Pietro e per la
ricostruzione del palazzo del Laterano su modello del palazzo Farnese; la fama del secondo è legata alla
villa Aldobrandini di Frascati e a una serie di progetti di stampo manierista che preannunciano le invenzioni
del secolo successivo, come Sant'Atanasio dei Greci, con le due torri poste a delimitazione della
facciata.[132]
Sanmicheli e Sansovino
Nel palazzo Canossa, risalente al medesimo periodo, gli elementi rustici e quelli di artificio raggiungono
una maggiore integrazione e viene introdotta una balaustra alla sommità.[134]
Il terzo di questi palazzi è quello costruito per la famiglia Bevilacqua. Pur ponendosi in diretto collegamento
con palazzo Pompei, il palazzo Bevilacqua presenta un paramento più ricco: il portone è decentrato, il
piano terra è trattato con un paramento rustico che avvolge anche i semipilastri, mentre il registro superiore
è alleggerito da grandi aperture ad arco che si alternano a finestre di dimensioni minori contenute nello
spazio dell'intercolonnio. Il senso di disagio derivante dalla presenza delle aperture del mezzanino sopra le
finestre minori, le ricche decorazioni e i pilastri fasciati al piano terra proiettano il palazzo Bevilacqua tra i
grandi esempi del Manierismo dell'Italia settentrionale.[135][136]
Un maggiore classicismo, forse per l'attrazione esercitata dalle vestigia romane che ancora sopravvivevano
a Verona, si denota nella cappella Pellegrini, chiaramente derivata dal Pantheon. Si tratta di una struttura
circolare, con cupola a cassettoni sorretta da otto semicolonne sormontate da una cornice; la cornice,
tuttavia, non corre ininterrotta come nel modello del Pantheon, ma aggetta in corrispondenza degli altari,
formando l'appoggio per i frontoni concavi.[137]
Anche la successiva chiesa della Madonna di Campagna si
rifà allo schema circolare, ma il progetto del Sanmicheli fu alterato dopo la morte dell'architetto, avvenuta
nel 1559.[138]
Jacopo Sansovino proveniva dalla Toscana, dove era nato nel 1486; scultore e architetto, prima di stabilirsi
in Veneto dopo il 1527, si era formato alla scuola di Bramante a Roma e aveva lavorato a Firenze. Nel
1529 fu nominato architetto capo di Venezia, carica che gli permise di occuparsi per quarant'anni del
rinnovamento della città.
Nel 1537 cominciò i lavori per la Biblioteca Marciana, il suo capolavoro, che
andò a occupare il lato della piazza San Marco prospiciente Palazzo Ducale. L'opera, completata da
Vincenzo Scamozzi che ne ripeterà l'impostazione generale nel braccio delle Procuratie Nuove, doveva
inserirsi in un contesto dominato da edifici monumentali; per questo Sansovino concepì una lunga facciata,
più bassa rispetto a quella del Palazzo Ducale, così da non dominare la scena, facendo ricorso inoltre a
ricche decorazioni e a un gioco di chiaroscuri, che pongono la biblioteca in dialogo con le preesistenze. Lo
schema della facciata riprende il modello bramantesco su due ordini: quello inferiore presenta colonne che
sostengono architravi e aperture a tutto sesto, mentre quello
superiore, in cui è più evidente il gusto manierista, è costituito da
serliane incorniciate da colonne che sostengono un fregio
riccamente ornato. Anche l'interno presenta i caratteri elaborati, ma
in uno stile distante da quello dell'altro manierista dell'Italia
settentrionale, Giulio Romano.[139][140]
Nell'ambito dell'edilizia privata, il palazzo Corner rappresenta il più importante contributo del Sansovino.
Esso nasce dall'unione dello schema romano con quello veneziano: l'immobile è costituito da un blocco
chiuso, con cortile interno ma, a causa della profondità del lotto, l'accesso alla corte avviene per mezzo di
un lungo atrio; i piani superiori accolgono un salone centrale, tipico dell'architettura veneziana, mentre la
facciata principale deriva dal collaudato schema di palazzo Caprini.
Palazzo Coner diventerà il modello per
altre costruzioni successive, come Ca' Pesaro e Ca' Rezzonico, di Baldassarre Longhena.[143]
Andrea Palladio
Della sua vasta produzione è utile ricordare innanzitutto il restauro del palazzo della Ragione di Vicenza,
oggi noto col nome di Basilica Palladiana.
L'edificio originario era stato compiuto nel 1460, e nel 1494 era
stato aggiunto un portico esterno simile a quello del palazzo della Ragione di Padova. A seguito del crollo
parziale del lato di sud-ovest, per il suo restauro furono interpellati i più importanti architetti della regione,
sui quali prevalse il progetto di Palladio.
La soluzione, messa in atto a partire dal 1549, si limitava al
rifacimento del loggiato esterno, lasciando immutato il nucleo preesistente. Dovendo tenere in
considerazione gli allineamenti con le aperture e i varchi originari, il sistema si basa su due ordini di
serliane, composti da archi a luce costante e aperture laterali rettangolari di larghezza variabile, cui era
affidato il compito di assorbire le differenze di ampiezza delle campate, ereditata dai cantieri precedenti.[145]
Palazzo Thiene, eretto qualche anno dopo, testimonia un interesse, tutto manierista, per la trama
compositiva e, nel contempo, offre una pianta con forme desunte dall'architettura termale romana.
Un
manierismo più estremo si registra comunque nella campata terminale del palazzo Valmarana, realizzato a
partire dal 1566, mentre la facciata principale accoglie l'ordine gigante caro a Michelangelo, che sarà
ripreso anche nel palazzo Porto in piazza Castello, costruito dopo il 1570.[149]
Altre due residenze suburbane, villa Serego in Santa Sofia di Pedemonte e villa Barbaro a Maser, risentono
dell'influenza manierista. La prima fu costruita intorno al 1565 e presenta loggiati con colonne rustiche,
realizzate con blocchi di pietra calcarea appena sbozzati, sovrapposti per creare pile irregolari. Di alcuni
anni più recente, la villa Barbaro si inserisce lungo il leggero declivio di una collina. Se nella maggior parte
delle ville palladiane la residenza vera e propria è spesso preceduta dagli ambienti dedicati al lavoro
agricolo, qui questo rapporto è invertito e la casa padronale precede gli ambienti di lavoro; sul retro si apre
una grande esedra, che rimanda al ninfeo delle ville romane.[152]
Negli ultimi anni di vita Palladio si dedicò alla progettazione del
Teatro Olimpico, che si basa sul principio romano dello scenario
fisso a cui si antepone il palcoscenico. A differenza dei teatri
dell'antichità, si tratta di uno spazio coperto: la cavea presenta un
andamento semiellittico, con uno scenario prospettico eseguito da
Vincenzo Scamozzi su disegno del Palladio.[153]
I manieristi fiorentini
La fama di Giorgio Vasari, coetaneo dell'Ammannati, è legata soprattutto alla pubblicazione de Le vite de'
più eccellenti pittori, scultori e architettori; si tratta di una serie di biografie di artisti, stampate per la prima
volta nel 1550 e ripubblicate, aggiornate, nel 1568.
Come architetto collaborò, con Ammannati e Jacopo
Barozzi da Vignola, alla costruzione di villa Giulia, anche se è probabile che la sua attività si sia limitata al
solo ambito amministrativo.
A Cortona realizzò la chiesa di Santa Maria Nuova, concepita secondo uno
schema centralizzato, mentre tra il 1560 e il 1574, anno della sua morte, fu impegnato nel cantiere degli
Uffizi, destinati ad accogliere gli uffici amministrativi dello stato toscano. Di grande valenza urbanistica, gli
Uffizi furono concepiti come due lunghe gallerie parallele comprese tra l'Arno e il Palazzo Vecchio; di
contro, i particolari dell'opera denotano scarsa inventiva, fatta eccezione per alcune parti realizzate dal
Buontalenti dopo la sua morte.[158]
Bernardo Buontalenti era il più giovane dei tre; nato nel 1536, divenne il maggiore architetto toscano
dell'ultimo scorcio del Cinquecento. Realizzò la villa medicea del Pratolino, in seguito distrutta, disegnò la
porta delle Suppliche per il palazzo degli Uffizi, la facciata e l'altare della basilica di Santa Trinita (poi
trasportato nella chiesa di Santo Stefano al Ponte), la grotta nel giardino di Boboli, cimentandosi anche in
progetti urbanistici, come quello della città fortificata di Livorno.[43]
Nella Francia cinquecentesca, lo stile italiano inizialmente si limitò Cour Carrée, Parigi
al solo apparato decorativo di numerosi castelli. Ad esempio, nel
rinnovo e nell'ampliamento del castello di Blois (1515-1524),
furono realizzate finestre a croce e mansarde in stile manierista; di contro, alla tradizione medioevale
francese si rifanno la copertura fortemente inclinata e la struttura della scala esterna, che fu però decorata
secondo il gusto rinascimentale.[161]
Analoghe considerazioni possono essere espresse per il castello di
Fontainebleau (1528) e per il castello di Chambord (1519-1547): il primo con una loggia a tre ordini
sovrapposti che rimanda al Palazzo Ducale di Urbino, mentre il secondo, progettato da Domenico da
Cortona, caratterizzato da una scala circolare a doppia spirale ispirata a un'idea di Leonardo da Vinci.[162]
Sebastiano Serlio, tra i maggiori trattatisti del Cinquecento, contribuì a esportare lo stile rinascimentale in
Francia; prestò la sua opera nel castello di Ancy-le-Franc e, ispirandosi alla villa di Poggioreale di Giuliano
da Maiano, progettò un edificio quadrato affiancato da torri angolari, mentre sui fronti del cortile interno
impiegò il motivo delle nicchie e dei pilastri binati proposti da Bramante nel cortile del Belvedere a
Roma.[163]
A questo schema planimetrico è riconducibile anche la Cour Carrée del Louvre, di Pierre
Lescot, i cui fronti furono arricchiti, in senso manierista, dalle decorazioni di Jean Goujon. I lavori
iniziarono nel 1546 e si protrassero più a lungo del previsto, con la costruzione di facciate con tre ordini
sovrapposti dotate di volumi, leggermente sporgenti dalla parete di fondo, sormontati da frontoni
arcuati.[163] Per le proporzioni, il trattamento degli ordini, l'impiego di frontoni alternati sulle finestre e la
cura dei particolari la Cour Carrée è annoverata come la prima vera opera rinascimentale francese.[164]
L'architettura francese raggiunse la piena indipendenza con l'opera di Philibert Delorme, il quale, dopo un
apprendistato in Italia si stabilì definitivamente a Parigi. Tuttavia, quasi tutte le sue opere sono andate
distrutte: si segnalano alcune parti del castello di Anet, costruito per Diana di Poitiers tra il 1552 e il
1559.[165]
L'altro importante architetto francese fu Jean Bullant, che lavorò a Écouen e nel castello di
Chantilly, dove costruì una facciata forse ispirata a quella bramantesca di Santa Maria Nuova, con un
grande arco sorretto da colonne binate.[166]
In Spagna, l'architettura rinascimentale fu introdotta grazie agli scambi con l'Italia meridionale, dove gli
spagnoli si erano insediati.
Uno dei primi esempi si riscontra nell'Ospedale Reale di Santiago de
Compostela, iniziato nel 1501 da Enrique Egas, che per il suo schema cruciforme rimanda all'Ospedale
Maggiore del Filarete.[167]
La facciata dell'Alcázar di Toledo (1537-1573), progettata da
Alonso de Covarrubias, risente di influssi italiani limitati
all'apparato decorativo. Invece, il cortile originario, ricostruito dopo
le distruzioni inferte dalla guerra civile spagnola, presentava
un'articolazione su due livelli simile a quello del palazzo della
Cancelleria.[168]
Il diretto successore del palazzo di Carlo V, è il monastero dell'Escorial di Madrid, un vastissimo e austero
edificio costruito tra il 1563 e il 1584 da Juan Bautista de Toledo e da Juan de Herrera. Voluto da Filippo II,
presenta una pianta regolare che rimanda ancora al modello del Filarete, con un cortile centrale su cui
affaccia la chiesa sormontata da una cupola. La pianta della chiesa, peraltro, ricorda molto da vicino lo
schema di San Pietro in Vaticano.[169]
Nelle zone più settentrionali, l'affermazione dei gusti rinascimentali dovette attendere la seconda metà del
Cinquecento.
Nei paesi fiamminghi, elementi nordici e rinascimentali, derivati dal Bramante e dal Serlio,
confluirono nel Municipio di Anversa, edificato tra il 1561 ed il 1566, che divenne il modello per diversi
palazzi europei, in particolare olandesi e tedeschi. Ad esso infatti si rifà il Municipio di Augusta, costruito
nei primi anni del XVII secolo su progetto di Elias Holl.[171]
Al pari di altre regioni dell'Europa continentale, nel Cinquecento anche l'Inghilterra si trovava separata
dall'Italia, ma anche in Inghilterra vi fu almeno un esempio precoce di stile italiano: la tomba di Enrico VII,
ad opera di Pietro Torrigiano.
La costruzione della tomba ebbe luogo tra il 1512 e il 1518 all'interno della
cappella gotica appositamente realizzata sul fondo dell'abbazia di Westminster, dando luogo a un evidente
contrasto stilistico.[172]
Come altrove, l'influenza italiana in Inghilterra restò a lungo limitata all'apparato decorativo. Il palazzo reale
di Nonsuch (distrutto) rappresentò forse la prima costruzione del Rinascimento inglese: malgrado le forme
distanti dal gusto italiano, le ricche decorazioni anticheggianti dovettero certamente rappresentare un
modello per altre costruzioni successive, come Hampton Court, in cui è presente, emblematico, un infelice
tentativo di recare un soffitto a cassettoni.[173]
Ancora nell'ultimo scorcio del Cinquecento l'Inghilterra si
dimostrava incapace di recepire pienamente lo stile rinascimentale, come testimoniato da una serie di grandi
dimore di campagna (Longleat House, la Wollaton Hall e la
Hardwick Hall) molto distanti dall'equilibrio e dalle proporzioni
delle coeve costruzioni italiane.[174]
Altre immagini
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Voci correlate
Storia di Firenze
Rinascimento
Arte del Rinascimento
Architettura manierista
Architettura neorinascimentale
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