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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

L A C O R T E D’A P P E L L O D I M I L A N O

SEZIONE II CIVILE

nelle persone dei seguenti magistrati:

Dott. Gabriella Anna Maria SCHIAFFINO Presidente

Dott. Andrea Francesco PIROLA Consigliere

Dott. Manuela ANDRETTA Consigliere estensore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di secondo grado iscritta al n. 1390 del ruolo generale per

gli affari contenziosi dell’anno 2022, promossa con atto di citazione notificato il

28 aprile 2022 ai sensi della legge n. 53 del 1994

da

NADIA PERSICHELLA (C.F.: PRS NDA 69S52 H312O), nata a

Ripacandida (PZ) il 12 novembre 1969, residente in Grosotto (SO), via Roggiale,

n. 14 ed elettivamente domiciliata in Milano, viale Luigi Majno, n. 5, presso lo

studio dell’avv. Marco C. M. Impelluso, che la rappresenta e difende giusta

procura a margine dell’atto di citazione di primo grado

APPELLANTE

Contro

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UNIPOLSAI ASSICURAZIONI S.P.A. (P. I.V.A.: 00818570012), in

persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Bologna, via

Stalingrado, n. 45 ed elettivamente domiciliata in Milano, Piazza Castello, n. 19,

presso lo studio dell’avv. Andrea Russo, che la rappresenta e difende giusta

procura allegata alla comparsa di risposta

APPELLATA

e contro

GABRIELLA DEVIZZI (C.F.: DVZ GRL 90S57 F205Y), nata a Milano il

17 novembre 1990 ed ivi residente in via Emanuele Filiberto, n. 6

APPELLATA CONTUMACE

PER LA RIFORMA

della sentenza n. 9931/2021, pubblicata il 30 novembre 2021 dal Tribunale

di Milano nella causa iscritta al n. 504/2019 r.g.

OGGETTO: Lesione personale

Conclusioni:

Per Nadia Persichella:


“Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello di Milano, in accoglimento del gravame
proposto ed in riforma della sentenza n. 9931/2021 resa dal Tribunale di Milano,
Sez. X, G.U. dott.ssa Annamaria Salerno - all’esito del giudizio rubricato al n.
504/2019 R.G. - pubblicata in data 30 novembre 2021 e non notificata, respinta
ogni contraria istanza, domanda o eccezione così giudicare:
in accoglimento del primo motivo di gravame: riformare la sentenza di
primo grado, nella parte in cui afferma che sussiste un concorso di colpa in capo
a Nadia Persichella, nella causazione del sinistro per cui è causa, dichiarando
invece che il sinistro stradale avvenuto il giorno 9 ottobre 2016 è causalmente
riconducibile al solo comportamento colposo della signora Gabriella Devizzi e
voglia, per l’effetto, accertare e dichiarare la responsabilità esclusiva di
quest’ultima, quale proprietaria e conducente del veicolo Renault Captur tg.
EW269HR, assicurato per la R.c.a. con la compagnia UnipolSai Assicurazione
S.p.A., nella causazione del sinistro avvenuto il 9 ottobre 2016 ore a Varese, via

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Caracciolo all’esito del quale la signora Nadia Persichella riportava lesioni
personali; conseguentemente, per l’effetto, condannare Gabriella Devizzi, in
solido con UnipolSai Assicurazione S.p.A., in persona del legale rappresentante
pro tempore - quale compagnia assicuratrice per la R.C.A. del predetto veicolo in
forza di polizza n. 30/686588031 al risarcimento, in favore dell’appellante, di
tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali, dalla stessa subiti e subendi, nella
misura ritenuta di giustizia all’esito dell’espletanda istruttoria, oltre rivalutazione
monetaria ed interessi per il mancato tempestivo godimento delle somme, da
quantificarsi con il criterio degli interessi compensativi al tasso annuo non
inferiore al 1,86% o ad altro determinato di giustizia, al netto dell’acconto
corrisposto da UnipolSai Assicurazioni s.p.a.
in accoglimento del secondo motivo di gravame: nella denegata ipotesi di
rigetto del primo motivo d’appello, riformare la sentenza di primo grado, nella
parte in cui afferma che sussiste un concorso di colpa del 70% in capo a Nadia
Persichella, nella causazione del sinistro per cui è causa, dichiarando invece che
il sinistro stradale avvenuto il giorno 9 ottobre 2016 è causalmente riconducibile
in modo prevalente al comportamento colposo della signora Gabriella Devizzi e
voglia, per l’effetto, accertare e dichiarare la responsabilità prevalente di
quest’ultima, quale proprietaria e conducente del veicolo Renault Captur tg.
EW269HR, assicurato per la R.c.a. con la compagnia UnipolSai Assicurazione
S.p.A., nella causazione del sinistro avvenuto il 9 ottobre 2016 ore a Varese, via
Caracciolo all’esito del quale la signora Nadia Persichella riportava lesioni
personali; conseguentemente, per l’effetto, condannare Gabriella Devizzi, in
solido con UnipolSai Assicurazione S.p.A., in persona del legale rappresentante
pro tempore - quale compagnia assicuratrice per la R.C.A. del predetto veicolo in
forza di polizza n. 30/686588031 al risarcimento, in favore dell’appellante, nella
misura corrispondente all’accertato grado di corresponsabilità dell’appellante, di
tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali, dalla stessa subiti e subendi, nella
misura ritenuta di giustizia all’esito dell’espletanda istruttoria, oltre rivalutazione
monetaria ed interessi per il mancato tempestivo godimento delle somme, da
quantificarsi con il criterio degli interessi compensativi al tasso annuo non
inferiore al 1,86% o ad altro determinato di giustizia, al netto dell’acconto
corrisposto da UnipolSai Assicurazioni s.p.a.
In accoglimento del terzo motivo di gravame: riformare la sentenza di
primo grado, nella parte in cui rigetta la domanda di personalizzazione del
danno;
In accoglimento del quarto motivo di gravame: riformare la sentenza di
primo grado, nella parte in cui il Tribunale erra nel quantificare il danno
patrimoniale da lucro cessante e conseguentemente liquidare detta voce di danno
secondo i criteri indicati in narrativa;
In ogni caso con integrale vittoria di spese e compensi professionali di
entrambi i gradi del giudizio da distrarsi - ex art. 93 c.p.c. - in favore dell’avv.
Marco Impelluso che dichiara di aver anticipato le prime e di non aver riscosso i
restanti.
In via istruttoria: ammettere le prove per testi di cui alla memoria ex art.
183, comma VI n. 2 c.p.c. sui capitoli ivi formulati e con i testi indicati, da
intendersi preceduti da “vero che”:
1. Il giorno 9 ottobre 2016, alle ore 19.50 circa, la signora Nadia
Persichella giungeva in via Caracciolo a Varese, trasportata sulla vettura
condotta dal sig. Adriano Trinca Colonel;
7. Il tentativo del sig. Trinca di far rallentare la sig.ra Devizzi era vano;

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8. Il sig. Trinca riusciva con un balzo a uscire dalla traiettoria della vettura
condotta dalla sig.ra Devizzi e riusciva a raggiungere l’altro lato della
carreggiata dove si trova il civico n. 22;
9. la sig.ra Persichella veniva investita dalla vettura condotta dalla sig.ra
Devizzi;
13. la sig.ra Nadia Persichella manifesta un senso di disagio per gli esiti
delle lesioni conseguenti al sinistro per cui è causa;

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14. la sig.ra Nadia Persichella manifesta difficoltà a rapportarsi con le
altre persone per la limitazione all’autonomia personale nella deambulazione e
negli altri atti di vita quotidiana e un senso di vergogna per la menomazione
subita;
15. la sig.ra Persichella manifesta un senso di vergogna nel dover utilizzare
un sostegno per poter deambulare;
16. la sig.ra Persichella manifesta difficoltà nello svolgere le attività fisiche
precedentemente svolte;
17. dal giorno del sinistro la sig.ra Persichella è impossibilitata a compiere
i movimenti più basilari come, ad esempio, portare sacchetti della spesa e altri
oggetti di un certo peso oppure piegarsi sulle gambe per chinarsi;
18. La sig.ra Persichella, già affetta da sinovite villo nodulare, manifesta
perdita della fiducia in sé stessa per le proprie condizioni fisiche aggravate
dall’evento traumatico del 9.10.2016;
19. La sig.ra Persichella, all’epoca dei fatti aiuto cuoca presso una mensa
di Varese, dopo essere stata licenziata dal proprio datore di lavoro Pellegrini spa
per superamento del periodo di comporto come da doc. n. 29 che si mostra al
teste, risulta attualmente ancora in attesa di occupazione;
20. La sig.ra Persichella manifesta uno stato di preoccupazione e un senso
di inutilità per la mancanza di un’occupazione lavorativa;
21. La mancanza di un’attività lavorativa e l’infruttuosa ricerca di
un’occupazione hanno insinuato nella sig.ra Persichella la preoccupazione di non
riuscire più a trovare un lavoro, preoccupazione manifestata ad amici, conoscenti
e congiunti;
22. In seguito all’investimento del 9.10.2016 la sig.ra Persichella ha dovuto
abbandonare la passione per la cucina che poteva esercitare tutti i giorni presso
il posto di lavoro come aiuto cuoca alla Pellegrini spa in una mensa di Varese;
23. La sig.ra Persichella ha dovuto abbandonare la passione per la cucina
anche tra le mura di casa per la impossibilità di mantenere la posizione eretta in
modo prolungato. Si indica come testimone sui precedenti capitoli di prova il
signor Trinca Colonel Adriano, residente a Grosotto (SO) via Roggiale n. 14”.

Per UnipolSai Assicurazioni S.p.A.:

“Il procuratore della Unipolsai Assicurazioni s.p.a. si riporta integralmente


al contenuto della propria comparsa di costituzione ed insiste affinché codesta
Ill.ma Corte, rigettata ogni avversa istanza istruttoria, voglia:
1) in via preliminare, dichiarare inammissibile l’appello ex adverso
proposto ai sensi degli art. 348 bis c.p.c.;
2) respingere, poiché infondato in fatto ed in diritto, l’appello proposto
dalla signora Nadia Persichella e dunque confermare la sentenza n. 9931/2021
del Tribunale di Milano;
3) in via subordinata, accertare la concorrente responsabilità della sig.ra
Persichella nella causazione dell’evento e ridurre proporzionalmente la quota di
risarcimento di competenza dell’odierna comparente;
4) rigettare qualsiasi avversa richiesta in ordine al quantum.
Con vittoria delle spese di lite, comprensive di IVA, CPA e rimborso spese
generali”.

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RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Decidendo la causa instaurata da Nadia Persichella nei confronti di


Gabriella Devizzi e di UnipolSai Assicurazioni S.p.A. (quale assicuratore della
responsabilità civile di Devizzi), al fine di conseguire l’accertamento
dell’esclusiva responsabilità di Devizzi, quale proprietaria e conducente
dell’autovettura Renault Captur, targata EW269HR, nella causazione del sinistro
occorso a parte attrice il 9 ottobre 2016 in Varese e la conseguente condanna
solidale dei convenuti, nelle rispettive qualità, al risarcimento dei danni subiti da
Nadia Persichella, con sentenza n. 9931/2021, pubblicata il 30 novembre 2021, il
Tribunale di Milano ha disposto nei seguenti termini:
“accerta la responsabilità concorsuale del conducente Gabriella Devizzi
nella misura del 30% e del pedone Nadia Persichella nella misura del 70%;
condanna Gabriella Devizzi e Unipolsai Assicurazioni s.p.a., in solido tra
loro e nelle rispettive qualità, a pagare, tenuto conto dell’accertato concorso di
colpa dell’attrice nella misura del 70%, a favore di Nadia Persichella:
la somma di Euro 11.330,10 a titolo di danno non patrimoniale oltre
accessori come in motivazione;
la somma di Euro 7.552,90 a titolo di danno patrimoniale, oltre accessori
come in motivazione;
rigetta ogni ulteriore domanda;
previa compensazione delle spese di lite nella misura di due terzi, condanna
i convenuti Gabriella Devizzi e Unipolsai Assicurazioni s.p.a., in solido tra loro e
nelle rispettive qualità, a rifondere all’attrice Nadia Persichella le spese di lite
che si liquidano, per il restante terzo, in Euro 6.137,66 per compensi, Euro
219,65 per esborsi, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge, da distrarsi
a favore dell’avv. Marco Carmelo Impelluso come da dichiarazione ex art. 93
c.p.c.;
previa compensazione nella misura di due terzi, pone definitivamente a
carico dei convenuti Gabriella Devizzi e Unipolsai Assicurazioni s.p.a., in solido
tra loro e nelle rispettive qualità, le spese di C.T.U., nella misura del restante
terzo, come liquidate in corso di causa con decreto di pagamento del
29.01.2021”.

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Con atto di citazione ritualmente notificato il 28 aprile 2022 Nadia
Persichella ha proposto appello avverso la detta sentenza, di cui ha chiesto
l’integrale riforma.
Costituitasi in giudizio, UnipolSai Assicurazioni S.p.A. ha puntualmente
confutato le deduzioni della parte appellante, chiedendo il rigetto del gravame.
Gabriella Devizzi non si è costituita neanche nel presente giudizio ed è stata
dichiarata contumace con ordinanza emessa all’udienza del 27 settembre 2022.
Non essendo possibile conciliare la lite, la causa è stata trattenuta in
decisione all’udienza del 28 marzo 2023, celebrata nelle forme della trattazione
scritta.
Le parti costituite hanno depositato comparse conclusionali e memorie di
replica entro i termini (cinquanta giorni e, successivamente, venti giorni) all’uopo
assegnati con provvedimento emesso ai sensi del combinato disposto degli artt.
190 e 352 c.p.c.
L’appello di Nadia Persichella.
Con un primo motivo di gravame la parte appellante censura la sentenza
impugnata nella parte in cui ha ritenuto il concorso di colpa del pedone Nadia
Persichella nella causazione del sinistro del 9 ottobre 2016.
Deduce, quindi, “Vizio di motivazione, motivazione illogica, violazione ed
errata applicazione degli artt. 2054, 2043 e 1227 c.c., nonché gli artt. 115 e 116
c.p.c.” (p. 7, atto di appello), svolgendo le seguenti argomentazioni.
Il giudice di prime cure ha omesso di considerare che, così come confessato
da Gabriella Devizzi nel corso dell’interrogatorio formale assunto il 28 novembre
2019, ella non aveva guardato lateralmente e, quindi, non aveva ispezionato
adeguatamente la strada, non accorgendosi, pertanto, della presenza né di Nadia
Persichella né dell’altro pedone, Trinca, sebbene quest’ultimo si fosse sbracciato
per rendersi visibile, senza riuscirvi.
Gabriella Devizzi ha investito Nadia Persichella, colpendola con la parte
sinistra del proprio veicolo, mentre, contemporaneamente, con la parte destra, ha
sfiorato il tacco della scarpa di Trinca, il quale è riuscito per un soffio ad evitare
di essere investito. Dopo essere stata attinta sul proprio fianco destro, Nadia
Persichella è stata caricata sul cofano motore e ha urato contro la parte bassa del
parabrezza, venendo poi sbalzata in avanti di quasi otto metri.

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Nadia Persichella non è entrata in collisione con la fiancata sinistra del
mezzo, come sostenuto dal giudice, ma l’urto è stato frontale, benchè sul lato
sinistro del veicolo, come emerge dal punto d’urto sul parabrezza, dal quale si
dipanano le crepe. Si deve, pertanto, ritenere che Nadia Persichella sarebbe stata
investita anche se si fosse trovata più centrale, dato che anche Trinca è riuscito ad
evitare l’investimento per un soffio.
Gabriella Devizzi costituiva, quindi, un chiaro pericolo, non avendo la
percezione di cosa stesse accadendo al di fuori dell’abitacolo della propria
autovettura; ciò denota una tale disattenzione che pare lecito supporre che la
stessa non avrebbe notato i pedoni nemmeno sei si fossero trovati a transitare, solo
quattro metri più avanti, sulle strisce pedonali.
Dalle dichiarazioni testimoniali di Adriano Colonel Trinca emerge come
Gabriella Devizzi fosse del tutto distratta e non stesse guardando affatto la strada
davanti a sé.
Il giudice di prime cure non ha adeguatamente valutato le dichiarazioni rese
da Devizzi in sede di interrogatorio formale e, pertanto, non ha considerato le
seguenti circostanze:
Gabriella Devizzi procedeva in pieno centro abitato alla velocità elevata di
40 Km/h, nonostante l’orario serale (ore 19.45), la forte precipitazione in atto, la
presenza di intersezioni (via Cantoreggio, vicolo Carlo Poma), il passaggio
pedonale visibile e regolarmente segnalato circa 4 metri più avanti, così violando
l’art. 141, comma 1, del Codice della Strada (per non aver regolato adeguatamente
la velocità) e l’art. 141, comma 3, del Codice della Strada (per non averla regolata
in un tratto di strada a visibilità limitata, per l’orario e per le condizioni
atmosferiche, nell’attraversamento di un centro abitato, su un tratto di strada
fiancheggiato da edifici ed esercizi pubblici);
in sede di interrogatorio formale Gabriella Devizzi ha confessato di non aver
adeguatamente ispezionato la strada, così ammettendo di aver violato l’art. 191
del Codice della Strada;
Gabriella Devizzi ha investito Nadia Persichella, la quale stava
attraversando da sinistra verso destra rispetto al veicolo Renault Captur, sicché
Devizzi ha avuto tutto il tempo di vedere il pedone che aveva iniziato
l’attraversamento arrivando da sinistra; Persichella si trovava a metà della
carreggiata quando è sopraggiunta l’autovettura di Devizzi la quale non ha

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accennato a rallentare o a fermarsi, non ha notato Adriano Colonel Trinca
sbracciarsi e nemmeno ha notato Nadia Persichella, investendola;
Gabriella Devizzi ha colpito anche il tacco della scarpa dell’altro pedone
(Adriano Colonel Trinca), il quale si trovava a destra del veicolo ed era riuscito ad
evitare l’investimento, completando l’attraversamento con un balzo;
Gabriella Devizzi era probabilmente distratta dall’uso del telefono cellulare,
visto che dal rapporto di incidente emerge che ella ha concluso una telefonata alle
ore 19.43, mentre il sinistro è avvenuto alle 19.45.
Il motivo è privo di fondamento.
In via preliminare deve essere confermata la dinamica del sinistro stradale,
quale accertata nella gravata sentenza sulla base delle prove documentali e orali
(interrogatorio formale di Gabriella Devizzi e dichiarazioni testimoniali di
Adriano Colonel Trinca) acquisite nel processo, che si ritengono sufficienti al fine
della decisione della causa.
Evidenziata l’esaustività dell’attività istruttoria espletata nel giudizio di
primo grado e l’irrilevanza delle istanze istruttorie riproposte da Nadia Persichella
nel presente giudizio, si svolgono le seguenti argomentazioni di merito.
In ragione delle allegazioni della parte appellante, che mette in dubbio che
Nadia Persichella sia entrata in collisione con la parte sinistra del veicolo di
Gabriella Devizzi (cfr. p. 11, atto di appello), ancorché al solo fine di sottolineare
l’imperizia e l’imprudenza di quest’ultima quale esclusiva causa del sinistro
stradale del 9 ottobre 2016, è opportuno evidenziare la correttezza
dell’accertamento compiuto dal giudice di prime cure in ordine alla circostanza
che Nadia Persichella ha urtato lateralmente il veicolo in passaggio.
Tanto emerge, nonostante le contrarie allegazioni dell’appellante, dalle
rilevazioni degli agenti verbalizzanti (dal verbale di accertamenti urgenti sullo
stato dei luoghi e sulle cose, redatto il 10 ottobre 2016, alle ore 01.00, ai sensi
dell’art. 354 c.p.p., risulta che “I danni sono evidenti sul passaruota anteriore
sinistro e parabrezza parte sinistra inferiore”: doc. n. 1, fascicolo di primo grado
di Persichella), dalle sommarie informazioni rese nell’immediatezza del sinistro
da Adriano Colonel Trinca (il quale ha dichiarato che il veicolo in arrivo “colpiva
la mia signora buttandola a terra dopo l’urto con la parte laterale sinistra del
veicolo”: doc. n. 1, cit.), nonché dalle stesse fotografie dell’autovettura, dalle quali
risulta che il parabrezza è danneggiato in basso, nella parte angolare sinistra.

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Ciò premesso e precisato, va confermata, anche in ragione del difetto di
censure sul punto, la ricostruzione del sinistro quale accertata nella sentenza
gravata nei seguenti termini:
“la signora Persichella giungeva sulla via Caracciolo di Varese a bordo
come unica trasportata del veicolo condotto dal proprio compagno, signora
Trinca; dopo avere parcheggiato il proprio veicolo, la signora Persichella ed il
signor Trinca scendevano dal mezzo con l’intento di portarsi al civico 22 della
via Caracciolo e la signora Persichella impugnava con una mano l’ombrello e
con l’altra un mazzo di fiori; ad un tratto, con il compagno affiancato sulla
destra, approcciava la carreggiata al fine di attraversarla allorquando vi era
pioggia forte e continua che rendeva pessima la visibilità atmosferica in contesto
di ore serali; le due persone si avvicinavano alla mezzeria nell’intento di
attraversare la sede stradale per entrare nel porticato del civico 22 ove erano
ospiti quando sopraggiungeva sulla corsia opposta un veicolo che non si
fermava; il signor Trinca balzava in avanti riuscendo a portarsi sull’opposto
margine della carreggiata al fine di evitare l’investimento, invece la signora
Persichella, stante il suo deficit motorio alla gamba destra, non riusciva a fare
altrettanto e impattava contro il passaruota anteriore sinistro della Renault
Captur che proveniva da Varese verso Casciago” (p. 3, sentenza impugnata).
E’ pacifico in causa e del resto accertato dagli agenti accertatori nella
relazione di incidente stradale redatta dalla Polizia Stradale di Varese (cfr. doc. n.
1, fascicolo di primo grado di Persichella) che l’attraversamento da parte di Nadia
Persichella è avvenuto al di fuori delle strisce pedonali e che le condizioni di
visibilità erano scarse, in quanto vi era pioggia battente e in quanto il sinistro è
avvenuto in orario serale (alle ore 19.50: cfr. verbale di accertamenti urgenti del
10 ottobre 2016, doc. n. 1, cit.) di una giornata autunnale.
E’ opportuno precisare, in ragione delle allegazioni di parte appellante, che
dal verbale di accertamenti urgenti redatto ex art. 354 c.p.p. risulta che “il campo
del sinistro si attesta in metri 9,50 di massima”, compresi tra l’autovettura lasciata
in sosta (condotta da Trinca) e l’estremo inferiore dell’attraversamento pedonale e
che “si può restringere il campo a mt. 4,65 sotto l’inferiore della zebratura dove è
stato fissato il bocciolo di una rosa (si assume di fatto che la coppia scesa
dall’auto stesse attraversando la strada per accedere al prospiciente civico 22
dove era ospite in serata; la signora reggeva alla mano destra l’ombrello e nella

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sinistra il mazzo di fiori mentre il compagno le stava sulla destra)” (doc. n. 1,
cit.).
Sulla base degli evidenziati rilievi può, dunque, ritenersi accertato che
Nadia Trinca abbia attraversato la carreggiata a una distanza di 4.65 metri dalle
strisce pedonali, le quali si trovavano a una distanza non superiore a dieci metri
(precisamente, 9.50 metri) dal punto in cui la coppia aveva parcheggiato
l’autovettura.
Ciò evidenziato quanto alla dinamica del sinistro, si deve osservare che le
censure formulate dall’appellante con il motivo in esame non sono idonee ad
inficiare la decisione impugnata quanto al ritenuto concorso di colpa del
danneggiato, ai sensi dell’art. 1227, primo comma, c.c.
Invero, il comportamento assunto da Nadia Persichella è comunemente
qualificato dalla giurisprudenza quale concausa nella produzione dell’evento (cfr.,
da ultimo, Cass., ord. 28 gennaio 2019, n. 2241, che ha ribadito il principio per cui
“In tema di responsabilità civile per l'investimento del pedone, il comportamento
del pedone che attraversi la strada fuori dalle strisce è una concausa nella
produzione dell'evento atteso che su di lui grava l'obbligo di dare la precedenza
ai veicoli”).
Nell’affermare il concorso colposo di Nadia Persichella nella causazione del
sinistro del 9 ottobre 2016 il giudice di prime cure ha fatto, dunque, piena e
corretta applicazione del suindicato principio di diritto, peraltro espressamente
richiamato in sentenza, ove si precisa che “Per costante orientamento
giurisprudenziale, inoltre, la presunzione di colpa del conducente investitore
prevista dalla norma predetta non opera in contrasto con il principio della
responsabilità per fatto illecito fondata sul rapporto di causalità fra evento
dannoso e condotta umana, nel senso che se il conducente del veicolo investitore
non ha fornito la prova idonea a vincere la suddetta presunzione, non è preclusa
l’indagine da parte del giudice di merito in ordine al concorso di colpa del
pedone investito ai sensi dell’art. 1227 c.c. pacificamente rilevabile ex officio (cfr.
Cass. civ. n. 2127/del 2006); accertata la pericolosità e l’imprudenza della
condotta del pedone, la colpa dello stesso concorre con quella presunta del
conducente, di cui all’art. 2054 c.c. (in tal senso, cfr. ex plurimis, Cass.
13.11.2014 n. 24204; Cass. 13.03.2012, n. 3966, inedita; Cass., 11.06.2010, n.
14064; Cass., 24.11.2009, n. 24689)” (pp. 4 e 5, sentenza impugnata).

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Avendo ritenuto non superata la presunzione di colpa del conducente,
prevista dall’art. 2054, primo comma, c.c., il giudice ha correttamente accertato
un concorso di responsabilità della vittima “nel determinismo dell’evento” (cfr. p.
5, sentenza impugnata), in ragione del suo comportamento imprudente, per aver
attraversato al di fuori delle strisce pedonali.
La circostanza che Nadia Persichella abbia attraversato nelle vicinanze delle
strisce pedonali (distanti non più di cinque metri dal punto di verosimile
attraversamento, secondo quanto in precedenza evidenziato; ma il discorso è
valido anche se si ritenesse che l’attraversamento sia avvenuto a 9.50 metri di
distanza dalle strisce pedonali, essendo pur sempre una distanza molto vicina) non
consente di escludere, come vorrebbe l’appellante, il concorso di colpa del
pedone.
A tal fine Nadia Persichella richiama la giurisprudenza della Corte di
Cassazione Penale (in particolare, Cass. pen. n. 47290 del 2014), la quale ha
affermato che “In tema di circolazione stradale, il conducente di un veicolo è
tenuto ad osservare in prossimità degli attraversamenti pedonali la massima
prudenza e a mantenere una velocità particolarmente moderata, tale da
consentire l’esercizio del diritto di precedenza, spettante in ogni caso al pedone
che attraversi la carreggiata nella zona delle strisce zebrate, essendo al riguardo
ininfluente che l’attraversamento avvenga sulle dette strisce o nelle vicinanze”.
La giurisprudenza invocata dall’appellante non è pertinente, posto che i
criteri che presiedono all’accertamento compiuto dal giudice penale sono affatto
diversi da quelli del giudice civile e non possono applicarsi sic et simpliciter alla
fattispecie dell’art. 2054 c.c., oggetto di causa.
Considerato che le censure svolte dalla parte appellante si risolvono nello
stigmatizzare la responsabilità del conducente del veicolo investitore, peraltro già
correttamente ritenuta esistente dal giudice di prime cure, poiché presunta ex art.
2054, primo comma, c.c., in difetto di prova contraria, va confermato
l’accertamento in ordine alla sussistenza del concorso di colpa di Nadia
Persichella nella causazione del sinistro stradale del 9 ottobre 2016, essendo
pacifico che quest’ultima ha attraversato fuori dalle strisce pedonali.

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Con il secondo motivo di gravame, proposto in via di subordine al primo,
Nadia Persichella si duole della misura (pari al 70%) del concorso di colpa
attribuito dal giudice di prime cure al pedone.
Deduce, in merito, “violazione delle regole in tema di riparto della colpa
tra vittima e offensore; violazione degli artt. 2043 e 1227 c.c., nonché gli artt.
115 e 116 c.p.c.” (p. 19, atto di appello), svolgendo le argomentazioni che di
seguito si riportano.
Il giudice di prime cure non ha compiuto la dovuta comparazione tra la
colpa del conducente del veicolo e quella del pedone.
Tale comparazione porta a ritenere una maggiore responsabilità di Gabriella
Devizzi, posto che, mentre Nadia Persichella attraversava nelle immediate
vicinanze delle strisce pedonali (condotta assimilata dalla giurisprudenza
all’attraversamento sulle zebre), Gabriella Devizzi viaggiava su una strada del
centro cittadino circondata da esercizi pubblici e abitazioni, alla velocità di 40
km/h, nonostante la visibilità ridotta dovuta all’ora e alla pioggia, con ciò ponendo
in essere una condotta di guida imprudente, negligente e imperita che è
enormemente più grave rispetto a quella di chi attraversa in prossimità delle
strisce pedonali e con un ottimo margine di vantaggio, non avvistando veicoli
all’orizzonte.
La responsabilità di Gabriella Devizzi è più grave anche sotto il profilo delle
conseguenze che ne sono derivate, poiché dalla sua condotta colposa sono derivati
danni al pedone investito, mentre dalla condotta colposa del pedone sono derivati
danni solo a quest’ultimo.
Il motivo merita accoglimento.
E’ opportuno ricordare, in linea di principio, che la Corte di Cassazione ha
più volte affermato che “il conducente di veicoli a motore è onerato da una
presunzione di colpa e ove il giudice si trovi a dover valutare e quantificare
l'esistenza di un concorso di colpa tra la colpa del conducente e quella del pedone
investito deve: a) muovere dall'assunto che la colpa del conducente sia presunta e
pari al 100%; b) accertare in concreto la colpa del pedone; c) ridurre
progressivamente la percentuale di colpa presunta a carico del conducente via
via che emergono circostanze idonee a dimostrare la colpa in concreto del
pedone (v. Cass., 4/4/2017, n. 8663; Cass., 18/11/2014, n. 24472; Cass.
19/2/2014, n. 3964)” (Cass., ord. n. 2241 del 2019, cit.).

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Nel procedere al riparto delle rispettive percentuali di colpa, il giudice di
prime cure ha ritenuto la prevalente responsabilità del pedone Nadia Persichella
evidenziando le seguenti circostanze: “da un lato, che risulta provato in giudizio
che l’attrice stesse attraversando al di fuori delle strisce di attraversamento
pedonale, ivi presenti a distanza di circa 9.50 metri (v. verbale di incidente, sub
doc. 1, fasc. att.), dall’altro, che vi era pioggia forte e continua la quale rendeva
estremamente difficoltoso il tempestivo avvistamento del pedone; infine, ella stava
attraversando la carreggiata al di fuori delle strisce preposte per
l’attraversamento pedonale con degli oggetti in mano (un mazzo di fiori ed un
ombrello) e pur in presenza di un comprovato deficit motorio che dunque non le
avrebbe potuto consentire, come nella specie è accaduto, alcun tempestivo
intervento di emergenza, come invece compiuto dal compagno signor Trinca che è
riuscito ad evitare l’evento lesivo” (p. 6, sentenza impugnata).
Non si ritiene che la richiamata motivazione faccia applicazione del
suindicato principio di diritto, ove si consideri quanto segue:
l’unica circostanza idonea a dimostrare la colpa del pedone Nadia
Persichella è rappresentata dall’attraversamento al di fuori delle strisce pedonali,
nonostante le stesse fossero a una distanza raggiungibile (metri 4.65 o, al
massimo, metri 9.50);
detta condotta costituisce violazione dell’art. 190 del decreto legislativo n.
285 del 1992 e comporta una riduzione della percentuale di colpa presunta di
Gabriella Devizzi, conducente del veicolo investitore, in misura del 30%, dovendo
ritenersi prevalente la colpa di quest’ultima;
Gabriella Devizzi non ha tenuto una condotta di guida adeguata allo stato e
alle condizioni dei luoghi; in particolare, non ha prestato la dovuta attenzione alla
strada, poiché, come dalla stessa dichiarato in sede di interrogatorio formale, non
ha guardato lateralmente; ha viaggiato ad una velocità (pari a 40 km/h secondo
quanto dalla stessa dichiarato agli agenti accertatori: cfr. doc. n. 1, fascicolo di
primo grado di Persichella) che deve ritenersi elevata considerate la scarsa
visibilità dovuta alle condizioni atmosferiche (pioggia battente e continua) e
all’orario serale (ore 19.50) di un giorno autunnale, nonché la presenza
dell’attraversamento pedonale visibile e regolarmente segnalato;
Nadia Persichella stava attraversando da sinistra verso destra rispetto al
veicolo di Gabriella Devizzi, con la conseguenza che, in ragione della sua

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provenienza, quest’ultima aveva avuto la possibilità e il tempo necessari per
vedere il pedone che aveva iniziato l’attraversamento;
Nadia Persichella non ha compiuto un attraversamento improvviso, ma ha
iniziato l’attraversamento in un momento in cui non vi erano vetture in arrivo
(come dichiarato da Adriano Colonel Trinca in sede di sommarie informazioni) e
si trovava a circa metà della carreggiata quando è sopraggiunto il veicolo di
Devizzi;
Gabriella Devizzi non ha accennato a rallentare o a fermarsi (gli agenti
accertatori hanno rilevato che “non sono rilevati segni di frenata e/o
scarrocciamento prodromi”: doc. n. 1, fascicolo di primo grado di Persichella).
In conclusione, considerato che il pedone Nadia Persichella non ha posto in
essere alcuna condotta eccezionale o atipica; che non è anormale e imprevedibile
che, in un centro abitato, in un tratto di strada fiancheggiato da edifici ed esercizi
pubblici, qualcuno decida di attraversare fuori dalle strisce pedonali (come nel
caso in esame) e che il conducente dell’autovettura deve tenere in debita
considerazione tale eventualità; che Gabriella Devizzi non ha prestato adeguata
attenzione alla strada, omettendo di guardare lateralmente; non ha moderato la
propria velocità (peraltro, già di per sé elevata in rapporto alle condizioni
climatiche e alle circostanze di tempo e di luogo) in prossimità
dell’attraversamento pedonale visibile e segnalato, nonostante l’ampio campo
visivo consentito dalla direzione di provenienza rispetto al pedone; che
quest’ultimo aveva iniziato l’attraversamento quando non vi erano autovetture
all’orizzonte; tutto ciò considerato, deve ritenersi che la colpa di Gabriella Devizzi
sia maggiore di quella di Nadia Persichella.
Nel giudizio comparativo delle rispettive colpe del pedone e del conducente
dell’autovettura devono essere evidenziate le seguenti ulteriori circostanze che,
contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata, costituiscono elementi
di attenuazione della colpa di Nadia Persichella:
l’incontestata circostanza che il compagno della predetta parte appellante,
Adriano Colonel Trinca, avesse tentato, invano, di segnalare, sbracciandosi, la
propria presenza e quella di Nadia Persichella all’auto che sopraggiungeva e che
sembrava non aver notato la loro presenza (cfr. verbale di udienza del 28
novembre 2019, nel corso della quale il teste Trinca ha dichiarato “Ho visto
arrivare questa auto e mi sono reso conto che non si stava fermando. Ho cercato

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di farle segno ma probabilmente non ci ha visti. Mi sono sbracciato per rendermi
più visibile e invitarla a fermarsi”);
l’incontestata circostanza che Nadia Persichella camminasse piano per un
deficit motorio;
l’ulteriore incontestata circostanza che ella avesse in una mano l’ombrello e
nell’altra un mazzo di fiori, sì che la sua sagoma occupava una superficie
maggiore.
Tutti gli evidenziati elementi, idonei a richiamare ulteriormente l’attenzione
di Gabriella Devizzi, sono indicativi di una censurabile mancanza di
concentrazione di tale conducente nella guida e giustificano, pertanto, un
aggravamento del suo grado di colpa nella determinazione dell’incidente stradale
oggetto di causa.
In accoglimento del motivo in esame e in parziale riforma della sentenza
impugnata, va accertata nella misura del 30% la percentuale di colpa di Nadia
Persichella e nella misura del 70% la percentuale di colpa di Gabriella Devizzi.

Con il terzo motivo di gravame Nadia Persichella censura la sentenza


impugnata nella parte in cui ha rigettato la domanda di personalizzazione del
danno per cenestesi lavorativa e per le altre circostanze eccezionali dedotte da
parte attrice.
Sotto un primo profilo la parte appellante si duole che il giudice di prime
cure abbia ritenuto la richiesta personalizzazione per cenestesi lavorativa una
duplicazione rispetto al danno patrimoniale per riduzione della capacità lavorativa
specifica.
Afferma, in contrario, che la cenestesi lavorativa indica un danno di natura
non patrimoniale consistente nella maggiore usura, fatica e difficoltà incontrate
nello svolgimento dell’attività lavorativa, che può essere ristorato attraverso un
aumento percentuale del punto di invalidità, così come determinato dalla tabelle in
uso presso il Tribunale di Milano; che si tratta di un danno ben distinto dal danno
di natura patrimoniale relativo alla perdita di capacità lavorativa specifica, con la
conseguenza che l’autonomo riconoscimento di entrambe le voci di danno non
comporta alcuna duplicazione.

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Spiega che a causa delle lesioni patite sopporterà in futuro maggiore fatica
nello svolgimento delle mansioni tipiche della propria attività lavorativa di aiuto
cuoco.
Sotto un secondo profilo la parte appellante lamenta che il giudice non abbia
motivato in ordine all’omesso riconoscimento della personalizzazione del danno
non patrimoniale in considerazione delle seguenti specifiche circostanze allegate
dalla stessa parte attrice:
la natura composita e politraumatica dell’invalidità permanente accertata,
integrata da un danno ortopedico funzionale in conseguenza della frattura
policontusa che ha interessato il “piatto tibiale dx”; da un danno estetico
(apprezzabile cicatrice sull’arto inferiore destro);
la pregressa condizione di salute di Nadia Persichella (affetta da molti anni
da sinovite vielo-nodulare al ginocchio destro);
le limitazioni funzionali accertate dal consulente tecnico d’ufficio: al
ginocchio, dolore diffuso alla digitopressione su tutti i comparti; movimenti
articolare complessivamente molto ridotti; flessione limitata a 40-45°; stress in
varo-valgo debolmente positivo; accovacciamento impossibilitato, così come la
deambulazione sulle punte e sui talloni;
disagio e difficoltà a rapportarsi con le altre persone per la limitazione
dell’autonomia personale nella deambulazione;
perdita dell’attività lavorativa;
abbandono della passione per la cucina anche tra le mura domestiche per
impossibilità a mantenere la posizione eretta in modo prolungato.
Il motivo è privo di fondamento.
Come è stato di recente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, “il
danno da lesione della "cenestesi lavorativa", che consiste nella maggiore usura,
fatica e difficoltà incontrate nello svolgimento dell'attività lavorativa, non
incidente neanche sotto il profilo delle opportunità sul reddito della persona
offesa, si risolve in una compromissione biologica dell'essenza dell'individuo e va
liquidato onnicomprensivamente come danno alla salute (Cass. n. 20312/2015,
Cass. n. 12572/2018, Cass. n. 17931/2019)” (così Cass., ord. 2 maggio 2022, n.
13726).
In senso analogo è stato affermato che “Il danno di natura patrimoniale
derivante dalla perdita di capacità lavorativa specifica richiede un giudizio

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prognostico sulla compromissione delle aspettative di lavoro in relazione alle
attitudini specifiche della persona mentre il danno da lesione della "cenestesi
lavorativa", di natura non patrimoniale, consiste nella maggiore usura, fatica e
difficoltà incontrate nello svolgimento, dell'attività lavorativa, non incidente,
neanche sotto il profilo delle opportunità, sul reddito della persona offesa,
risolvendosi in una compromissione biologica dell'essenza dell'individuo. Tale
tipologia di danno configurabile solo ove non si superi la soglia del 30% del
danno biologico, va liquidato onnicomprensivamente come danno alla salute,
potendo il giudice, che abbia adottato per la liquidazione il criterio equitativo del
valore differenziato del punto di invalidità, anche ricorrere ad un appesantimento
del valore monetario di ciascun punto” (Cass. 28 giugno 2019, n. 17411).
Come è stato chiarito dalla Corte di Cassazione, “il danno patrimoniale,
come conseguenza della riduzione della capacità di guadagno ed a sua volta della
riduzione della capacità lavorativa specifica e non della sola invalidità
permanente, è risarcibile autonomamente dal danno biologico, soltanto se vi è la
prova che il soggetto leso svolgesse - o presumibilmente in futuro avrebbe svolto
un'attività lavorativa produttiva di reddito (Cass. 15.11.1996, n. 10015). Detto
danno patrimoniale da invalidità, inoltre, deve essere accertato in concreto e la
prova dello stesso grava sul danneggiato, che ne chiede il risarcimento, anche se
detta prova può essere presuntiva, purché sia certa la riduzione della capacità
lavorativa specifica (che costituisce il fatto noto da cui risalire al fatto ignoto)”
(Cass., 11 agosto 2000, n. 10725).
Si è, quindi, ribadito che “In caso di illecito lesivo della integrità psico-
fisica della persona, la riduzione della capacità lavorativa generica, quale
potenziale attitudine alla attività lavorativa da parte di un soggetto che non
svolge attualmente attività produttive di reddito, né sia in procinto
presumibilmente di svolgerla, è legittimamente risarcibile come danno biologico -
nel quale si ricomprendono tutti gli effetti negativi del fatto lesivo che incidono
sul bene della salute in sé considerato - con la conseguenza che la anzidetta voce
di danno non può formare oggetto di autonomo risarcimento come danno
patrimoniale, che andrà, invece, autonomamente liquidato qualora alla detta
riduzione della capacità lavorativa generica si associ una riduzione della
capacità lavorativa specifica, che, a sua volta, dia luogo ad una riduzione della
capacità di guadagno. La liquidazione del danno per la perdita di capacità

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lavorativa specifica (come danno permanente e futuro) può avvenire con criteri
equitativi solo dopo che sia stata verificata con la prova scientifica medico-legale
la gravità e permanenza della invalidità al lavoro specifico” (Cass. 1 dicembre
2009, n. 25289).
Emerge dalla richiamata giurisprudenza che la cenestesi lavorativa è una
componente di danno di natura non patrimoniale che va valutata nella
liquidazione del danno alla salute e va distinta dal danno da perdita o riduzione
della capacità lavorativa specifica, il quale ha, invece, natura di danno
patrimoniale.
La differente natura del danno da lesione della cenestesi lavorativa (cioè la
compromissione della sensazione di benessere connessa allo svolgimento del
proprio lavoro) e del danno da perdita della capacità lavorativa specifica non
comporta che tali voci di danno siano sovrapponibili.
La perdita della capacità lavorativa va, infatti, considerata unitariamente, nel
senso che, ove riconosciuta la perdita della capacità lavorativa specifica, per un
soggetto che già svolge o è in procinto di svolgere un lavoro, non vi è spazio per
la liquidazione della capacità lavorativa generica, assorbita nella concreta
valutazione di quella specifica.
E’ stato, invero, chiarito che “il danneggiamento della cenestesi lavorativa
si presterà di regola a essere risarcito attraverso un appesantimento del
risarcimento del danno biologico, in via di personalizzazione cioè, a meno che la
maggiore usura, la maggiore penosità del lavoro non determinino l’eliminazione
o la riduzione della capacità del danneggiato di produrre reddito, nel qual caso,
evidentemente, il pregiudizio andrà risarcito come danno patrimoniale (Cass. n.
20312 del 2015)” (Cass. 11 novembre 2019, n. 28988).
Nel caso in esame non può riconoscersi a Nadia Persichella una maggiore
percentuale di danno biologico in ragione della lesione della cenestesi lavorativa,
poiché di tale maggiore usura, fatica e difficoltà che Nadia Persichella incontrerà
in futuro nello svolgimento dell’attività lavorativa, in ragione dei postumi
permanenti residuati al sinistro stradale del 9 ottobre 2016, il consulente tecnico
d’ufficio ha già tenuto conto, avendo accertato una riduzione della capacità
lavorativa specifica del 10% in ragione di tale maggiore usura.
Nel senso in precedenza precisato va, dunque, confermata la valutazione del
giudice di prime cure, secondo cui il riconoscimento del danno da cenestesi

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lavorativa e del danno da perdita della capacità lavorativa specifica può
comportare una duplicazione risarcitoria.
Quanto alle ulteriori circostanze di personalizzazione del danno non
patrimoniale, allegate sin dal primo grado di giudizio da Nadia Persichella e
riproposte a base del motivo in esame, si osserva che quanto dedotto da tale parte
non integra le circostanze eccezionali e peculiari che valgano a superare le
conseguenze ordinarie che derivano da pregiudizi identici a quelli subiti da parte
appellante.
“In tema di danno non patrimoniale da lesione della salute, la
personalizzazione del danno in aumento rispetto alla misura standard prevista
dalle tabelle può essere concessa solo laddove si rinvengano circostanze
straordinarie che rendano il danno più grave rispetto alle conseguenze
ordinariamente derivanti da pregiudizi identici” (Cass. 18 maggio 2022, n.
15924).
Secondo il consolidato orientamento della Corte di Cassazione “In tema di
liquidazione del danno non patrimoniale, ai fini della c.d. "personalizzazione" del
danno forfettariamente individuato (in termini monetari) attraverso i meccanismi
tabellari cui la sentenza abbia fatto riferimento (e che devono ritenersi destinati
alla riparazione delle conseguenze "ordinarie" inerenti ai pregiudizi che
qualunque vittima di lesioni analoghe normalmente subirebbe), spetta al giudice
far emergere e valorizzare, dandone espressamente conto in motivazione in
coerenza alle risultanze argomentative e probatorie obiettivamente emerse ad
esito del dibattito processuale, specifiche circostanze di fatto, peculiari al caso
sottoposto ad esame, che valgano a superare le conseguenze "ordinarie" già
previste e compensate dalla liquidazione forfettizzata assicurata dalle previsioni
tabellari; da queste ultime distinguendosi siccome legate all'irripetibile
singolarità dell'esperienza di vita individuale nella specie considerata,
caratterizzata da aspetti legati alle dinamiche emotive della vita interiore o
all'uso del corpo e alla valorizzazione dei relativi aspetti funzionali, di per sé tali
da presentare obiettive e riconoscibili ragioni di apprezzamento (in un'ottica che,
ovviamente, superi la dimensione "economicistica" dello scambio di prestazioni),
meritevoli di tradursi in una differente (più ricca e, dunque, individualizzata)
considerazione in termini monetari, rispetto a quanto suole compiersi in assenza

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di dette peculiarità” (Cass. 21 settembre 2017, n. 21939; in senso conforme Cass.
7 novembre 20214, n. 23778).
Il danno ortopedico-funzionale, il danno estetico (per la presenza della
cicatrice all’arto inferiore destro), le limitazioni funzionali accertate dal
consulente tecnico d’ufficio, come pure il senso di disagio sofferto da Nadia
Persichella per la limitazione nella deambulazione, rappresentano le ordinarie
conseguenze previste e compensate dalla liquidazione effettuata dal giudice di
prime cure sulla base delle previsioni tabellari.
Si tratta, invero, di conseguenze della menomazione, che incidono sulla vita
quotidiana e sugli aspetti dinamico relazionali, che sono generali e inevitabili per
tutti coloro che abbiano patito il medesimo tipo di lesione.
Anche le pregresse condizioni di salute di Nadia Persichella non
costituiscono circostanze eccezionali tali da giustificare una personalizzazione del
danno non patrimoniale, ove si consideri che il consulente tecnico d’ufficio ha
valutato il complessivo quadro clinico di Nadia Persichella (avendo esaminato
anche le cartelle cliniche relative ai ricoveri per “sinovite vielo-nodulare
ginocchio destro”) nel determinare nella misura del 10% il danno permanente
subito dall’odierna parte appellante in esito al sinistro stradale del 9 ottobre 2016.
In conclusione, deve essere confermato il rigetto della domanda di
personalizzazione del danno non patrimoniale, proposta da Nadia Persichella.

Con il quarto e ultimo motivo di gravame la parte appellante si duole della


liquidazione del danno patrimoniale da perdita della capacità lavorativa specifica.
Sostiene, richiamando il principio di diritto affermato nell’ordinanza del 9
dicembre 2020, n. 28071 della Corte di Cassazione, che “Se a seguito del danno
subito la vittima perde un preesistente rapporto di lavoro a tempo indeterminato
di cui era titolare, a causa delle lesioni conseguenti ad un illecito, il danno
patrimoniale da lucro cessante, inteso come perdita dei redditi futuri, va liquidato
tenendo conto di tutte le retribuzioni (nonchè di tutti i relativi accessori e
probabili incrementi, anche pensionistici) che egli avrebbe potuto
ragionevolmente conseguire in base a quello specifico rapporto di lavoro, in
misura integrale e non in base alla sola percentuale di perdita della capacità
lavorativa specifica accertata come conseguente alle lesioni permanenti riportate,
salvo che il responsabile alleghi e dimostri che egli abbia di fatto reperito una

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nuova occupazione retribuita, ovvero che avrebbe potuto farlo e non lo abbia
fatto per sua colpa, nel qual caso il danno potrà essere liquidato esclusivamente
nella differenza tra le retribuzioni perdute e quelle di fatto conseguite o
conseguibili in virtù della nuova occupazione”.
Spiega, quindi, di aver perso il proprio impiego a tempo indeterminato in
conseguenza del danno alla salute subito a causa dell’incidente, per essere stata
licenziata al termine del periodo di comporto.
Aggiunge che il suo danno patrimoniale per la perdita reddituale avrebbe
dovuto essere liquidato sulla base dell’importo delle retribuzioni che avrebbe
conseguito in virtù del suo preesistente rapporto di lavoro se non fosse stata
licenziata a causa delle lesioni permanenti, fino alla data della pensione, oltre che
della perduta possibilità di progressione in carriera, di percepire eventuali assegni
familiari e del danno pensionistico.
Conclude, quindi, affermando che la percentuale di perdita della capacità
lavorativa specifica conseguente all’incidente, riconosciuta dal consulente tecnico
d’ufficio nella misura del 10%, non poteva avere in concreto alcun rilievo ai fini
della liquidazione del danno patrimoniale, rilevando, invece, l’azzeramento della
propria capacità reddituale.
Spiega che non potrà trovare un posto di lavoro analogo a quello perduto,
poiché lavorava come aiuto cuoco, attività che le richiedeva di stare soprattutto in
posizione eretta per molte ore al giorno, di spostare pesi, nonché molte energie e
forza fisica; ciò che adesso non le è più possibile a causa delle lesioni riportate
nell’incidente.
Il motivo è privo di fondamento.
Le censure svolte dalla parte appellante presuppongono la totale perdita
della capacità lavorativa specifica, mentre il consulente tecnico d’ufficio, dott.
Maurizio Rossi, ha accertato una riduzione della capacità lavorativa specifica
nella misura del 10%.
Le critiche che Nadia Persichella svolge nei confronti della sentenza gravata
si risolvono in una contestazione della consulenza tecnica d’ufficio non suffragata
da alcun elemento di natura medico scientifica.
Deve, essere, quindi, confermata la liquidazione del danno patrimoniale da
lucro cessante effettuata dal giudice di prime cure assumendo come base di
calcolo il reddito del 2016, “ritenuto di maggiorare in via equitativa del 20% tale

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importo per tener conto dei verosimili incrementi futuri connessi al favorevole
sviluppo della sua attività (cfr. Cass. civ. 3758/07) e di applicare un abbattimento
del 10% per tenere conto dello scarto tra vita fisica e vita lavorativa (cfr. Cass.
civ. 7629/2003), anche tenuto conto che l’attrice aveva solo 46 anni al momento
del sinistro” e, quindi, ponendo a fondamento del calcolo la somma di denaro di
euro 9.170,88 (p. 11, sentenza impugnata).
Va, inoltre, confermato il criterio di liquidazione, conforme al consolidato
orientamento giurisprudenziale, consistente nel moltiplicare il detto reddito di
euro 9.170,88 per il coefficiente di capitalizzazione di cui ai Quaderni del C.S.M.
(quelli diffusi dal Consiglio Superiore della Magistratura e allegati agli Atti
dell’Incontro di studio per i magistrati, svoltosi a Trevi dal 30 giugno al 1 luglio
1989) – che nel caso in esame è pari a 24,3866 (coefficiente corrispondente all’età
di anni 46, che Nadia Persichella aveva al momento dell’evento lesivo) – nonché
per la riduzione del 10% della capacità lavorativa specifica, così pervenendo a
liquidare un danno patrimoniale in moneta attuale pari a euro 22.364,67 in linea
capitale (poi ulteriormente ridotto in ragione del concorso di colpa del
danneggiato).
La liquidazione dei danni non patrimoniali e patrimoniali spettanti a
Nadia Persichella.
L’accoglimento del secondo motivo di gravame e il conseguente
riconoscimento di una maggior percentuale di colpa di Gabriella Devizzi (70% in
luogo del 30%) comporta che, in riforma dell’impugnata sentenza, debba
procedersi alla liquidazione del maggior danno (pari al 40%).
Considerato che il quarto motivo di gravame, concernente il quantum
risarcitorio, non attiene ai criteri di liquidazione applicati dal giudice di primo
grado nella determinazione del danno non patrimoniale (utilizzazione delle tabelle
del Tribunale di Milano), ma censura, da un lato, l’omessa personalizzazione del
danno biologico e, dall’altro lato, l’applicazione della riduzione percentuale del
10% per perdita della capacità lavorativa specifica quale accertata dal consulente
tecnico d’ufficio, ne consegue che devono ritenersi accertati con efficacia di
giudicato il danno biologico per inabilità temporanea e i danni per spese mediche
e di altra natura liquidati nella sentenza impugnata, poiché non fatti oggetto di
alcuna censura.

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Esclusa la personalizzazione del danno biologico, può essere confermato,
poiché conforme ai criteri di liquidazione espressi dalla giurisprudenza di
legittimità, l’ammontare del danno da invalidità permanente quale liquidato
nell’impugnata sentenza, sulla base delle tabelle milanesi, in euro 21.807,00 in
moneta attuale.
Esclusa, altresì, la pretesa di liquidare il danno da riduzione della capacità
lavorativa specifica sull’ammontare complessivo del reddito perso, senza tenere
conto della percentuale di perdita della capacità lavorativa specifica in concreto
accertata, può essere confermato, poiché conforme ai criteri di liquidazione
espressi dalla giurisprudenza di legittimità, l’ammontare del danno liquidato nella
sentenza gravata, pari a euro 22.364,67 in moneta attuale.
Deve, quindi, riconoscersi a Nadia Persichella il residuo 40% dell’importo
dei danni tutti complessivamente accertati dal giudice di primo grado e, quindi, i
seguenti importi:
il 40% di euro 37.767,00 (euro 21.807,00 più euro 15.960,00) a titolo di
danno non patrimoniale (permanente e temporaneo), pari a euro 15.106,80;
il 40% di euro 1.082,40 a titolo di spese mediche, pari a euro 432,96;
il 40% di euro 610,00 per spese per la consulenza medico legale ante
causam, pari a euro 244,00;
il 40% di euro 1.903,20 per spese per la consulenza cinematica ante causam,
pari a euro 761,28;
il 40% di euro 216,07 per spese di trasporto, pari a euro 86,42;
il 40% di euro 22.364,67 per danno patrimoniale da lucro cessante, pari a
euro 8.945,86.
Il credito risarcitorio ulteriore spettante a Nadia Persichella è, quindi, pari a
complessivi euro 25.577,32 (15.106,80+ 432,96+ 244,00+ 761,28+ 86,42+
8.945,86).
Essendo calcolato con riferimento ai valori liquidati nella sentenza di primo
grado (pubblicata il 30 novembre 2021), il detto credito deve essere rivalutato
all’attualità (dal 30 novembre 2021 al 30 aprile 2023, data dell’ultimo indice Istat
disponibile).
A Nadia Pesichella spetta, quindi, l’ulteriore credito risarcitorio di euro
28.646,60 attuali.

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Gabriella Devizzi e UnipolSai Assicuazioni S.p.A. devono essere, quindi,
condannate a corrispondere, in solido tra loro, a titolo di risarcimento del danno,
in favore di Nadia Persichella, l’ulteriore somma di denaro di euro 28.646,60
attuali.
Sulla predetta somma di denaro sono dovuti gli interessi compensativi
calcolati secondo i criteri stabiliti da Cass., S.U., 17 febbraio 1995, n. 1712 e,
quindi, calcolati dalla data del sinistro sulla somma originaria rivalutata anno
dopo anno, cioè con riferimento ai singoli momenti con riguardo ai quali la
predetta somma si incrementa nominalmente in base agli indici di rivalutazione
monetaria.

Gli interessi compensativi saranno, quindi, calcolati sulla somma di denaro


di euro 28.646,60, che va devalutata alla data del 9 ottobre 2016 (data del sinistro
produttivo del danno) e rivalutata anno per anno sino alla data di pubblicazione
della presente sentenza. Sulla somma così complessivamente determinata
spetteranno, inoltre, gli interessi moratori in misura legale a decorrere dalla
pubblicazione della presente sentenza e sino all’effettivo soddisfo.

La regolamentazione delle spese processuali.


Quanto, infine, alla regolamentazione delle spese processuali, la Corte di
Cassazione ha statuito che il giudice dell’appello “allorchè riformi in tutto o in
parte la sentenza impugnata, è tenuto a provvedere, anche d´ufficio, ad un nuovo
regolamento di dette spese alla stregua dell´esito complessivo della lite, atteso
che, in base al principio di cui all´art. 336 cod. proc. civ., la riforma della
sentenza del primo giudice determina la caducazione del capo della pronuncia
che ha statuito sulle spese” (Cass. n. 130/2017).
In ragione dell’accoglimento dell’appello non muta l’esito della lite
(risultando soccombenti gli appellati), ma muta lo scaglione di riferimento per la
liquidazione delle spese processuali, in quanto al credito accertato in primo grado
si aggiunge l’ulteriore credito accertato nel presente giudizio, con la conseguenza
che lo scaglione di riferimento per la liquidazione delle spese processuali del
primo grado non è più quello compreso da euro 5.201,00 a euro 26.000,00, ma lo
scaglione da euro 26.001,00 a euro 52.000,00.
In ragione del concorso di colpa della parte vittoriosa si giustifica la
compensazione di un terzo delle spese processuali e la condanna degli appellati a
rimborsare, in solido tra loro (art. 97 c.p.c.), in ragione dei comuni interessi, a

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Nadia Persichella, i residui due terzi delle spese processuali del primo grado di
giudizio da quest’ultima anticipate, nonché i due terzi del compenso del
consulente tecnico d’ufficio, quale liquidato dal giudice di primo grado con
decreto del 29 gennaio 2021 e i due terzi del compenso corrisposto al consulente
tecnico di parte, dott. Daniele Mazzetti, giusta fattura n. 00629 del 29 ottobre
2020, dell’importo di euro 1.464,00 (doc. n. 40, fascicolo di primo grado di
Persichella).
E’ opportuno ricordare che le spese per la consulenza tecnica di parte, la
quale ha natura di allegazione difensiva tecnica, rientrano tra quelle che la parte
vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsate, a meno che il giudice non si avvalga, ai
sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 1, della facoltà di escluderle dalla ripetizione,
ritenendole eccessive o superflue (cfr., da ultimo, Cass., ord. 3 dicembre 2021, n.
38241).
Previa compensazione di un terzo delle spese rispettivamente anticipate
dalle parti costituite, gli appellati devono essere, altresì, condannati a rimborsare,
in solido tra loro (art. 97 c.p.c.), a Nadia Persichella i residui due terzi delle spese
del presente grado da quest’ultima anticipate.
Le spese sono liquidate in dispositivo, in base al D.M. 13 agosto 2022, n.
147, contenente il “Regolamento recante modifiche al decreto 10 marzo 2014, n.
55, concernente la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi
per la professione forense, ai sensi dell’articolo 13, comma 6, della legge 31
dicembre 2012, n. 247”. Il detto decreto è in vigore dal 23 ottobre 2022 (cfr. art.
7) e trova applicazione alle prestazioni professionali esaurite successivamente alla
sua entrata in vigore (art. 6).
Sul punto, infatti, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che “i nuovi
parametri, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti in luogo
delle abrogate tariffe professionali, sono da applicare ogni qual volta la
liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata
in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un
professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria
prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in
parte svolta quando ancora erano in vigore le tariffe abrogate, evocando
l'accezione omnicomprensiva di "compenso" la nozione di un corrispettivo
unitario per l'opera complessivamente prestata” (così Cass., Sez. Un., 12 ottobre

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2012, n. 17405; principio recentemente ribadito da Cass., Sez. Un, ordinanza del
14 novembre 2022, n. 33482).
Le spese sono liquidate tenuto conto dell’attività svolta (escluso, quindi, il
compenso per l’attività istruttoria quanto al giudizio di secondo grado), sulla base
dei valori medi e del valore della causa, compreso nello scaglione da euro
26.001,00 a euro 52.000,00 anche per il secondo grado di giudizio (considerato
che il maggior credito accertato nel presente giudizio è pari a euro 28.646,60 in
linea capitale).
Non si ritiene di riconoscere l’aumento previsto dall’art. 4, comma 1-bis, del
detto decreto ministeriale, in assenza di collegamenti ipertestuali che agevolino la
consultazione dei documenti.
Le spese vanno distratte in favore del difensore di Nadia Persichella, avv.
Impelluso, che si è dichiarato antistatario ai sensi dell’art. 93 c.p.c.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando, così decide:
ACCOGLIE
l’appello proposto da Nadia Persichella nei confronti di Gabriella Devizzi e
UnipolSai Assicurazioni S.p.A., per la riforma della sentenza n. 9931/2021,
pubblicata il 30 novembre 2021 dal Tribunale di Milano nella causa iscritta al n.
504/2019 r.g. e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata,
ACCERTA
La responsabilità concorrente di Gabriella Devizzi, quale conducente del
veicolo Renault Captur targato EW269HR, nella misura del 70% e del pedone
Nadia Persichella, nella misura del 30%, nella causazione del sinistro stradale
occorso il 9 ottobre 2016 in Varese;
CONDANNA
Gabriella Devizzi e UnipolSai Assicurazioni S.p.A., in persona del legale
rappresentante pro tempore, a corrispondere, in solido tra loro, a Nadia
Persichella, a titolo di risarcimento del danno, l’ulteriore somma di denaro di euro
28.646,60 attuali, oltre interessi come in motivazione;
CONFERMA
Per il resto la sentenza impugnata;
PREVIA COMPENSAZIONE

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Di un terzo delle spese processuali del primo e del secondo grado
rispettivamente anticipate dalle parti costituite,
CONDANNA
Gabriella Devizzi e UnipolSai Assicurazioni S.p.A., in persona del legale
rappresentante pro tempore, a rimborsare, in solido tra loro, a Nadia Persichella i
residui due terzi delle spese processuali da quest’ultima anticipate, liquidate, in
tale misura, quanto al primo grado di giudizio, in euro 3.384,66 per compensi ed
euro 488,10 per spese, oltre ai due terzi del compenso del consulente tecnico
d’ufficio, quale liquidato dal giudice di primo grado con decreto del 29 gennaio
2021 e al rimborso di euro 976,00, pari ai due terzi del compenso del consulente
tecnico di parte e, quanto al giudizio d’appello, in euro 4.630,66 per compensi ed
euro 643,10 per spese; il tutto oltre spese generali e C.P.A. come per legge, oltre
I.V.A. se dovuta; dispone la distrazione delle predette spese a favore
dell’avvocato Marco C. M. Impelluso, che si è dichiarato antistatario.
Così deciso in Milano, dalla Seconda Sezione Civile della Corte d’Appello,
nella camera di consiglio del 14 giugno 2023
Il Presidente
Dott. Gabriella Anna Maria Schiaffino
Il consigliere estensore
Dott. Manuela Andretta

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