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Sentenza n. 18884/2020 pubbl.

il 31/12/2020
RG n. 5461/2018
Repert. n. 19066/2020 del 31/12/2020
N. R.G. 5461/2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA


SEZIONE XVII CIVILE
Il Giudice, in persona del dr. Tommaso MARTUCCI, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel procedimento civile di I grado iscritto al n. 5461/2018 del Ruolo Generale degli Affari Civili,
posto in deliberazione all’udienza dell’8/10/2020 e promosso da:
EDIL KOERTING – CANEPA S.R.L. in liquidazione con sede in Roma, via Rodi n. 24,

Firmato Da: MARTUCCI TOMMASO Emesso Da: ARUBAPEC S.P.A. NG CA 3 Serial#: 12d0d026be91bed376367f158bb94132
interno 2, C.F. 01881070518
DEGLI INNOCENTI SIMONE nato a Figline Valdarno (FI) il 9/9/1965, residente in
Montevarchi (AR), via Burzagli n. 64, (C.F. DGLSMN65P09D583L)
entrambi rappresentati e difesi, congiuntamente e disgiuntamente, dall’Avv. Paolo Leucalitti del
foro di Arezzo e dall’Avv. Fabio Giorgi, elettivamente domiciliati presso lo studio di
quest’ultimo sito in Roma, via dei Gracchi n. 278, giusta procura in calce all’atto di citazione
OPPONENTI
contro
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.p.A. con sede legale in Siena, Piazza Salimbeni
n. 3 aderente al Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi – Capogruppo del Gruppo Bancario
Monte dei Paschi di Siena - cod. Banca 1030.6 - cod. Gruppo 1030.6, iscritta nel Registro delle
Imprese di Siena, (C.F. e Partita IVA 00884060526), in persona dell’Avv. Filippo Lo Giudice in
forza di procura conferita con atto del Notaio Mario Zanchi di Siena in data 24/6/2013 –
Repertorio n. 32491 Raccolta n. 15267, rappresentata e difesa dall’Avv. Massimo Luconi, (C.F.
LCNMSM64P09I921G), elettivamente domiciliata presso il suo studio sito in Roma, via Antonio
Bosio n. 2, giusta procura alle liti allegata alla comparsa di risposta
OPPOSTA
SIENA NPL 2018 S.R.L., società a responsabilità limitata unipersonale costituita in Italia ai
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RG n. 5461/2018
Repert. n. 19066/2020 del 31/12/2020
sensi dell’art. 3 della Legge n.130 del 30 aprile 1999, con sede legale in Roma, via Piemonte
n.38, (C.F., P. I.V.A. e numero di iscrizione al Registro delle Imprese di Roma 14535321005,
iscritta al n.35412.6 dell’elenco delle società veicolo tenuto dalla Banca d’Italia ai sensi del
regolamento del 7 giugno 2017, per questo atto rappresentata da CERVED CREDIT
MANAGEMENT S.p.A. a socio unico, con sede legale in San Donato Milanese (MI), Via
Dell’Unione Europea n. 6/a-6/b, C.F. e P. I.V.A. n. 06374460969), giusta procura del 12.03.2018
autenticata dal Notaio Dott. Nicola Atlante da Roma, Rep. 56233, Racc. 28373, rappresentata e
difesa dall’Avv. Vincenzo Manciocchi, presso il cui studio, sito in Latina via G. Oberdan n. 24, è
elettivamente domiciliata, giusta delega in calce alla comparsa di risposta
INTERVENUTA
Cui è riunita la causa civile iscritta al N.R.G. 17005/2018 promossa da:

GUIDI MASSIMILIANO nato a Firenze (FI) il 28/5/1967 e residente in Prato (PO), Via
Etrusca n. 3, (C.F. GDU MSM 67E28 D612Q), rappresentato e difeso, sia congiuntamente che
disgiuntamente, dagli Avv.ti Paolo Leucalitti e Giorgi Fabio ed elettivamente domiciliato presso

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lo studio del secondo sito in Roma, Via dei Gracchi n. 278, giusta procura in calce all’atto di
citazione
OPPONENTE
contro
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A. con sede in Siena, piazza Salimbeni n. 3,
(C.F., P. IVA e Reg. Imprese 00884060526) aderente al Fondo Interbancario di Tutela dei
Depositi – Capogruppo del Gruppo Bancario Monte dei Paschi di Siena - cod. Banca 1030.6 -
cod. Gruppo 1030.6, iscritta nel Registro delle Imprese di Siena, codice fiscale e Partita IVA
00884060526, in persona dell’Avv. Filippo Lo Giudice in forza di procura a lui conferita, in
virtù di atto del Notaio Mario Zanchi di Siena in data 24.06.2013 – Repertorio n. 32491 Raccolta
n. 15267, rappresentata e difesa dall’Avv. Massimo Luconi ed elettivamente domiciliata presso il
suo studio sito in Roma alla via Antonio Bosio n. 2
CONCLUSIONI:
per gli opponenti nei giudizi riuniti: “Voglia l’Ill.mo Tribunale di Roma, contrariis rejectis,
In via preliminare
Disporre l’estromissione dalla presente causa della Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A.,
avendo la stessa perso qualsivoglia legittimazione ad agire e/o resistere in giudizio in
conseguenza della cessione del presunto credito alla Siena NPL 2018 S.r.l.
Nel merito
Revocare il Decreto Ingiuntivo emesso perché il presunto credito vantato dalla ricorrente è molto
inferiore a quello richiesto, e, comunque, perché lo stesso non è né certo, né liquido, né esigibile
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per i motivi di cui al presente atto di citazione; dichiarare la nullità dei contratti unilaterali di
apercredito in conto corrente bancario depositati dalla banca come documento n. 1,3,5 e 7
allegati al ricorso per Decreto Ingiuntivo per il combinato disposto degli artt. 1987 e 1284 C.C.
essendo gli stessi stati sottoscritti solo da una parte e non in tutte le pagine e comunque perché
nei contratti di conto corrente di cui ai docc. 5 e 7 fascicolo convenuta non sono pattuiti i tassi da
applicare; dichiarare comunque l’invalidità e la nullità parziale dei singoli contratti di apertura di
credito e di conto corrente oggetto dei rapporti tra la Banca e la parte opponente, particolarmente
in relazione alle clausole di pattuizione nel conto corrente oggetto del rapporto fra le parti, degli
interessi ultralegali, degli interessi anatocistici trimestrali, delle commissioni di massimo
scoperto, dei giorni di valuta, delle spese non documentate e di tutti i costi, competenze e
remunerazioni a qualsiasi titolo pretese e addebitate dalla parte convenuta nei conti correnti degli
attori opponenti; sia perché detti istituti sono stati convenuti ed applicati in violazione dell’art. 25
d.lgs. 342/99, della delibera del CICR 9.2.2000 e, di conseguenza dell’art. 120 T.U.L.B. sia per:
a) non aver le parti previsto in tutti i contratti, comunque da dichiararsi nulli, né la
corresponsione di interessi a credito della correntista e/o, comunque, per aver la banca applicato
l’accrescimento su base annua del solo tasso effettivo a debito del correntista e non anche del
tasso effettivo a credito su base annua; b) aver la banca applicato l’anatocismo e la
capitalizzazione trimestrale non solo sugli interessi, ma anche sulle spese, sulle commissioni e
sulle differenze di valuta (elementi tutti insuscettibili di ogni forma d’anatocismo, per esplicita
previsione dell’art. 1283 c.c., non trattandosi di interessi); c)l’evidente dilatazione
dell’asimmetria contrattuale tra la misura pari quasi allo zero del tasso degli interessi a credito

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della correntista e quella del tasso degli interessi a debito della correntista ammontante ad una
misura infinitamente superiore.
La nullità dell’applicazione di interessi ultralegali nei c/c n. 1290660,75 e n. 33683306,56 senza
averli preventivamente pattuiti per iscritto;
dichiarare la nullità di tutte le consequenziali annotazioni a debito sui c/c sopra indicati effettuate
per tutta la durata dei rapporti, per violazione degli artt. 1282,1283,1284 C.C., 117 e 120
T.U.L.B., con eliminazione delle relative partite annotate a debito del correntista; dichiarare la
nullità di tutte le annotazioni per differenze di valuta, per tutte le operazioni di addebito, dalla
prima all’ultima, nessuna esclusa od eccettuata, sugli stessi conti, con eliminazione delle relative
partite di interessi annotate a debito del correntista, effettuate nel corso dell’intera durata di tutto
il rapporto, dall’inizio fino alla sua conclusione, derivanti dal “gioco delle valute” o dai
cosiddetti “giorni banca”, quale differenza tra la valuta effettiva e quella fittizia per effetto della
antergazione delle valute a debito della correntista e della postergazione delle valute a credito
della medesima, da un lato per il fatto che le scoperture di valuta hanno operato come erogazione
di credito, mai di fatto pattuita, ai sensi dell’art. 117 TULB co. 7°, lettera b), con aggravio dei
relativi interessi e commissioni per il corrispondente periodo; dall’altro, se attuate attraverso
l’esercizio dello jus variandi, degli atti nulli per mancanza di causa e/o di giustificazione
giuridico patrimoniale ex art. 118 TULB, per effetto ed a causa anche della istantaneità ed
immediatezza delle operazioni in tempo reale mediante l’utilizzo di mezzi telematici dei quali la
Banca si avvale o deve avvalersi con la diligenza qualificata del bonus argentarius; dichiarare di
conseguenza, la nullità (e/o ovvero l’annullamento) ex art. 1418 – 1325 – 1346 c.c. perché non
esplicitamente ovvero validamente convenute per iscritto ex art. 117 TULB, ovvero per difetto
della causa e/o dell’oggetto, di tutte le annotazioni di fatto eseguite trimestralmente dalla Banca
sui conti sopra menzionati, con valuta fittiziamente antergata a suo favore per le poste in dare e
postergata a sfavore della cliente per le poste in avere, rettificando e dichiarando valida ed
operante tra le parti la sola valuta corrispondente al giorno in cui la Banca rispettivamente ha di
fatto realmente acquistato (o avrebbe dovuto acquistare) o perduto (ovvero avrebbe dovuto
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perdere) la disponibilità effettiva del danaro; in subordine, ove la Banca non provi l’esistenza
della comunicazione preventiva scritta ex art. 117 TULB, la nullità di tutte le variazioni in peius
rispetto alla misura del tasso debitore dei c/c di cui è causa operate nel corso del rapporto per
violazione dell’art. 118 TULB; dichiarare la nullità del computo dell’addebito di commissioni di
massimo scoperto e di ogni altra commissione, ivi compresa quella di “mancanza fondi”
applicata fino alla chiusura del rapporto con eliminazione delle relative partite annotate a debito
del correntista, effettuata quasi per tutta la durata del rapporto, sui medesimi conti sopra
menzionati, ai sensi dell’art. 117 TULB, co. 7, lett. B), perché non convenute per iscritto, ovvero
in subordine perché prive di causa, in quanto utilizzate dalla banca a proprio favore come un
interesse aggiuntivo, ovvero, per mancanza dell’oggetto e/o dell’accordo delle parti sul metodo
di determinazione e di calcolo delle stesse CMS o CMF, e/o indeterminate ovvero
indeterminabili ex ante sia per l’oggetto dell’obbligazione che per il metodo di determinazione
e/o di calcolo, in violazione degli articoli 1418, 1325 e 1346 c.c.; dichiarare la nullità ovvero
l’inefficacia delle annotazioni a debito di parte attrice con conseguente eliminazione delle
relative partite annotate a debito di tutte le commissioni (di massimo scoperto di mancanza di
fondi e/o ogni altro tipo di commissione, comunque denominata) applicate dalla banca sui c/c in
questione oltre il termine di 150 gg. dalla data di pubblicazione sulla G.U. (28.1.2009), stabilito
dall’art. 2 bis, comma 3, della legge n. 2/2009, ovvero in violazione delle Leggi 214/2011,
27/2012 e 62/2012 e dei relativi decreti convertiti nelle suddette leggi e la totale inefficacia o
nullità delle commissioni applicate in violazione dell’art. 117 bis TULB; dichiarare la nullità di
tutte le annotazioni a debito effettuate per tutta la durata del medesimo rapporto riguardante tutte

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le spese ivi comprese quelle di chiusura contabile periodica trimestrale e/o finale dei conti, delle
spese di istruttoria e simili e delle spese relative alle comunicazioni obbligatorie per legge, per
difetto dell’in idem placitum e/o in violazione dell’art. 117 TULB, sia sulla dovutezza delle
stesse che sul quantum e di tutte le spese forfettarie, per indeterminatezza e/o indeterminabilità
dell’oggetto, con criteri oggettivamente riscontrabili ex ante; Accertare e dichiarare che la Banca
ha applicato tassi ed interessi che, maggiorati delle commissioni di massimo scoperto, di tutte le
altre commissioni e spese annotate sui c/c, hanno comportato che il relativo tasso effettivo
globale –TEG- (si vedano perizie del Dott. Maurizio Forzoni docc. n. 2,3,4 e 5 fascicolo parte
attrice) abbia superato i tassi soglia del periodo, specificatamente indicati negli stessi allegati;
previo accertamento del tasso effettivo praticato ed applicato dalla Banca nei trimestri
evidenziati in perizia e del superamento dei tassi soglia dei relativi periodi, nonché della
ricorrenza dell’usura soggettiva, ai sensi dell’art. 644 III co. C.P. (supero verificatosi
costantemente per tutta la durata del rapporto avendo la Banca applicato costantemente interessi
superiori alla media anche nel periodo di maggiore difficoltà finanziaria della Edil Koerting
Canepa S.r.l. in Liquidazione) dichiarare che nessun interesse era dovuto alla Banca per i sopra
ricordati periodi in cui si sia verificato il superamento del tasso soglia per i quali si eccepisce
specificatamente l’usurarietà sopravvenuta dei rapporti e, di conseguenza anche la nullità di ogni
addebito di interessi, con eliminazione delle relative partite annotate a debito della correntista per
tale titolo; di conseguenza, eliminate dal conto tutte le relative partite dichiarate nulle e/o
annullate e/o indebite, operare il ricalcolo e la riclassificazione dei c/c intercorsi rideterminando
sia il saldo finale che ciascun saldo trimestrale di tutti i c/c mediante l’applicazione del tasso di
interessi legali, ovvero dei tassi previsti dall’art. 117 TULB VII co. Lettera a), per i trimestri in
cui non s’è verificato il supero del tasso soglia, non applicando alcun interesse, per i periodi di
supero, né tenendo conto degli interessi applicati dalla Banca, dell’anatocismo, della
capitalizzazione trimestrale, dell’antergazione delle valute a debito e della postergazione delle
valute a credito della correntista, effettuate dall’inizio alla fine di ogni rapporto, senza
applicazione di commissioni e spese di alcun genere ovvero delle spese e commissioni annotate a
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Sentenza n. 18884/2020 pubbl. il 31/12/2020
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debito della debitrice in violazione degli articoli 117, 117 bis, 118 TULB e di tutti gli altri
articoli di legge sopra richiamati 1194, 1283,1284, 1418,1325,1346,1362 c.c. 644 c.p.; accertato
che la banca ed i suoi dipendenti, nella conclusione e nell’esecuzione dei rapporti de quibus
hanno violato, oltre che le norme contrattuali ed extracontrattuali, anche imperative,
specificatamente indicate nei precedenti punti, le regole di correttezza, buona fede,
(1175,1176,1227,1337,1338,1375,1391,1460 c.c.) di solidarietà reciproca, di fiducia, di diligenza
altamente qualificata in relazione all’attività professionale bancaria esercitata; dichiarare
manifestamente illegittimo il recesso operato dalla banca dai rapporti di conto corrente di cui è
causa i quali, al contrario, accertati i gravi e plurimi inadempimenti della Banca, andranno
dichiarati risolti per gravi e plurimi inadempimenti contrattuali di quest’ultima e per violazione
delle norme contrattuali citate in precedenza ed extracontrattuali (644 c.p., 2043) e di
conseguenza condannare la Banca ad esigere l’effettivo saldo accertato o a proprio favore ovvero
a pagare la somma dovuta alla medesima ed, in quest’ultimo caso, a corrispondere anche gli
interessi legali e maggior danno da ritardato pagamento dalla data della domanda al saldo
effettivo; determinare tutte quelle somme indebitamente percepite dalla Banca in base ai risultati
della rielaborazione e ricalcolo di tutti i conti correnti intrattenuti fra le parti e di cui è causa che
verrà effettuato in sede di C.T.U. tecnico – bancaria sulla base dell’intera documentazione
relativa ai rapporti di apertura di credito e conti correnti; e per l’effetto, in accoglimento della
domanda riconvenzionale, condannare la Siena NPL 2018 S.r.l. e la sua rappresentante Cerved
Credit Management S.p.A. alla restituzione ed al pagamento e/o comunque compensare con
l’eventuale avere della Banca tutte le somme illegittimamente addebitate e/o riscosse dalla

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stessa, oltre gli interessi legali creditori dalla data di contestazione della tenuta illegittima dei c/c
(V. doc. n.1) al saldo effettivo; dichiarare comunque nulle le fideiussioni omnibus sottoscritte in
data 22/12/2006 ed in data 1/4/2008 dal Sig. Degli Innocenti Simone.
Con vittoria di spese e competenze di causa”

per Monte dei Paschi di Siena S.p.A.: “Voglia l’Ecc.mo Tribunale adito, disattesa ogni contraria
istanza, e per tutti i motivi di cui in narrativa:
- rigettare l’opposizione e tutte le domande spiegate dagli opponenti, per la preclusione del
fideiussore a sollevare eccezioni relative al rapporto negoziale, perché inammissibili e/o
infondate in fatto ed in diritto, perché prescritte e comunque non provate, così confermando il
decreto ingiuntivo opposto, con ogni consequenziale provvedimento al riguardo;
- rigettare la domanda riconvenzionale e dichiarare il difetto di legittimazione attiva del
fideiussore Degli Innocenti Simone;
- con vittoria di spese e compensi del giudizio, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge”

per Siena NPL s.r.l. quale mandataria di Cerved Credit Management S.p.A.: “In via preliminare
per la concessione della provvisoria esecuzione del decreto opposto non essendo l’opposizione
fondata su idonea prova scritta e/o di pronta soluzione.
Nel merito per il rigetto dell’opposizione in quanto assolutamente inammissibile e comunque
infondata in fatto e diritto per tutti i motivi esposti in premessa con conseguente integrale
conferma del decreto opposto.
In via subordinata, nella denegata ipotesi di accoglimento dell’opposizione con conseguente
revoca del decreto, si conclude per l’accertamento del credito della Banca con la condanna
dell’opponente al pagamento del relativo importo.
Con vittoria di spese, competenze ed onorari di causa”

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Sentenza n. 18884/2020 pubbl. il 31/12/2020
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MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione notificato in data 19/1/2018 la s.r.l. Edil Koerting – Canepa in liquidazione,
in persona del legale rappresentante pro tempore, e Simone Degli Innocenti convenivano in
giudizio avanti all’intestato Tribunale la S.p.A. Banca Monte dei Paschi di Siena, in persona del
legale rappresentante pro tempore, proponendo opposizione al decreto ingiuntivo n. 26701/2017,
N.R.G. 73168/2017, emesso dal Tribunale di Roma il 27/11/2017, con cui era stato loro intimato,
nelle rispettive qualità di debitrice principale e fideiussore, in solido con gli altri garanti Leandro
Pisapia, Stefano Benassai, Marco Tancredi e Massimiliano Guidi, il pagamento in favore della
controparte della somma di € 255.264,98, i fideiussori fino alla concorrenza di € 180.000,00,
oltre agli interessi e alle spese processuali, di cui € 65.757,14, oltre agli interessi al tasso
convenzionale, per saldo debitore del c/c n. 12687.14, intrattenuto presso la filiale di Firenze n.
14 della Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. e chiuso in data 22/02/2013, € 61.121,08, oltre
agli interessi al tasso convenzionale, quale saldo debitore del c/c n. 631038,22, intrattenuto
presso la filiale di Montevarchi della Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. e chiuso in data

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21/02/2013, € 48.114,21, oltre agli interessi al tasso convenzionale, per saldo debitore del
rapporto anticipi su fatture n. 1290660,75, intrattenuto presso la filiale di Montevarchi della
Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. e chiuso in data 21/02/2013 ed € 80.272,75, oltre agli
interessi al tasso convenzionale, quale saldo debitore del rapporto anticipi su fatture n.
33683306,56, intrattenuto presso la filiale di Firenze n. 14 della Banca Monte dei Paschi di Siena
S.p.A. e chiuso il 22/03/2013, chiedendone la revoca, previo accertamento della nullità delle
clausole concernenti i tassi d’interesse, l’anatocismo, la postergazione delle valute, la CMS e le
altre spese applicate in danno della correntista, con la rideterminazione dei saldi dei conti
correnti controversi e con condanna della banca alla ripetizione delle somme corrisposte in
eccesso anche per effetto della illegittima variazione delle condizioni economiche.
La parte opponente, premesso che la s.r.l. Edil Koerting - Canepa in liquidazione aveva
intrattenuto con la S.p.A. Banca Monte dei Paschi di Siena Agenzia i rapporti di conto corrente
con affidamenti mediante scopertura sui conti correnti n. 12687,14, n. 10672S (n.10672.93 - n.
631038,22), n. 1290660,75, n. 33683306,56, n. 10673T, n. 10210.87, n. 12121.96, n. 12120.06 e
collegati, accesi nell'anno 2006 e chiusi per volontà della Banca, eccepiva:
- l'incompetenza territoriale del giudice adito in sede monitoria in favore del Tribunale di Arezzo
relativamente a Simone Degli Innocenti, residente in Montevarchi (AR), essendo applicabile il
foro del consumatore alla persona fisica che presta fideiussione in favore di una società, ai sensi

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della Direttiva n. 93113/CEE, attuata in Italia con gli artt. 33 e seguenti del D.Lgs. n. 206/2005
(c.d. codice del consumo);
- la mancanza di prova dell’avverso credito, fondato soltanto su certificazioni rilasciate ex art. 50
D.Lgs. n. 385/1993;
- l’illegittima applicazione, da parte della banca, di interessi anatocistici e di tassi d’interesse ai
limiti della soglia d’usura indicata trimestralmente dalla Banca d’Italia, commissioni di massimo
scoperto, anatocismo, interessi non dovuti a causa dell'antergazione e postergazione dei giorni
della valuta, spese e costi non documentati, competenze e remunerazioni non dovute;
- la mancata previsione, nei contratti di anticipo su fatture, dei tassi di interesse;
- la nullità della fideiussione rilasciata da Simone Degli Innocenti, di contenuto corrispondente al
modello predisposto dall'ABI e ritenuto parzialmente illegittimo dalla Banca d’Italia per
violazione dell’art. 2 della legge n. 287/1990.
Gli ingiunti, chiedevano, in via riconvenzionale, la condanna della S.p.A. Banca Monte dei
Paschi di Siena alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate sui conti correnti

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controversi.
La S.p.A. Cerved Credit Management, in persona del legale rappresentante pro tempore,
intervenuta con comparsa del 4/7/2018 quale mandataria della s.r.l. Siena NPL 2018, premesso
che quest’ultima, data 20/12/2017, era divenuta titolare di un portafoglio di crediti di cui era
originaria creditrice la società Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A./MPS Capital Services
Banca per le Imprese S.p.A./MPS Leasing & Factoring, Banca per i Servizi Finanziari alle
Imprese S.p.A. con ogni accessorio e garanzia allo stesso connesso, per atto di cessione
pubblicato, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 1 e 4 della L. 130/99 e art.
58 D.Lgs. n. 385/1993, sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 23/12/2017, parte
II, n. 151, chiedeva il rigetto dell’opposizione e, in subordine, accertarsi il proprio credito.
L’intervenuta eccepiva l’inammissibilità delle eccezioni formulate in ordine ai rapporti bancari
intrattenuti tra le società Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. e Edil Koerting Canepa s.r.l.
per effetto della mancanza di tempestiva contestazione da parte di quest’ultima degli estratti
conto periodicamente inviatile, nonché l’inammissibilità delle eccezioni sollevate dal garante,
obbligato in forza di un contratto autonomo di garanzia.
La S.p.A. Cerved Credit Management contestava l’avversa eccezione di incompetenza per
territorio nei confronti di Simone Degli Innocenti, invocando l’applicazione dell’articolo 33
c.p.c. in materia di cause connesse.

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Nel merito, l’intervenuta contestava tutte le doglianze della parte opponente in ordine ai rapporti
controversi, chiedendo concedersi la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto.
La S.p.A. Banca Monte dei Paschi di Siena, in persona del legale rappresentante pro tempore,
costituitasi con comparsa del 4/7/2018, eccepiva la inammissibilità delle eccezioni sollevate dal
fideiussore afferenti al rapporto garantito, venendo il rilievo nella fattispecie una garanzia
autonoma e, nel merito, chiedeva il rigetto dell’opposizione.
L’opposta contestava l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dalla parte opponente,
ritenendo inapplicabile alla fattispecie la disciplina di cui al D.Lgs. n. 206/2005, venendo il
rilievo una fideiussione prestata in favore di un’impresa e, nel merito, ribadiva la fondatezza
della propria pretesa creditoria, avuto riguardo ai documenti versati in atti.
Con separato atto di citazione Massimiliano Guidi conveniva in giudizio avanti all’intestato
Tribunale la S.p.A. Banca Monte dei Paschi di Siena, in persona del legale rappresentante pro
tempore, proponendo opposizione al decreto ingiuntivo n. 26701/2017, N.R.G. 73168/2017,
emesso dal Tribunale di Roma il 27/11/2017, con cui gli era stato intimato, in qualità di

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fideiussore, in solido con la debitrice principale Edil Koerting – Canepa s.r.l. in liquidazione e
con gli altri garanti Leandro Pisapia, Stefano Benassai, Marco Tancredi e Simone Degli
Innocenti, il pagamento in favore della controparte della somma di € 255.264,98, i fideiussori
fino alla concorrenza di € 180.000,00, oltre agli interessi e alle spese processuali, chiedendone la
revoca. Il Guidi contestava l’avverso credito, dolendosi dell’applicazione da parte della banca,
nelle more del rapporto di conto corrente da lui garantito, di interessi usurari, anatocismo in
violazione dell’art. 1283 c.c., della CMS in violazione di legge e dell’antergazione e
postergazione dei giorni di valuta in violazione di legge. Eccepiva, altresì, la nullità della
fideiussione da lui prestata per violazione della legge antitrust n. 287/1990, essendo stata
stipulata in conformità del modulo predisposto dall’ABI e dichiarato invalido dalla Banca
d’Italia.
Esperiti gli incombenti preliminari, concessa la provvisoria esecuzione del decreto opposto,
riunite le due cause e assegnati i termini ex art. 183, co. VI c.p.c., con la memoria ex art. 183, co,
VI, c.p.c. la parte opponente, oltre a ribadire le eccezioni già proposte, eccepiva la carenza di
legittimazione attiva della S.p.A. Banca Monte dei Paschi di Siena per effetto della cessione del
credito di cui al monitorio, quindi il giudice disponeva c.t.u. contabile e fissava per la
precisazione delle conclusioni l’udienza dell’8/10/2020, svoltasi in modalità cartolare, al cui

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Sentenza n. 18884/2020 pubbl. il 31/12/2020
RG n. 5461/2018
Repert. n. 19066/2020 del 31/12/2020
esito, sulle conclusioni rassegnate, la causa era trattenuta in decisione, con concessione dei
termini ex art. 190 c.p.c..
***
Simone Degli Innocenti eccepisce l’incompetenza del giudice adito con ricorso monitorio in
favore del Tribunale di Arezzo, essendo egli residente in Montevarchi (AR), invocando
l’applicazione gli artt. 33 e seguenti D.Lgs. 206/2005 (c.d. codice del consumo), con cui è stata
data attuazione alla Direttiva n. 93113/CEE.
L’eccezione è priva di pregio.
Simone Degli Innocenti risultava essere, all’epoca della prestazione della garanzia sottesa al
monitorio, legale rappresentante della s.r.l. Edil Koerting – Canepa, con conseguente
inapplicabilità della disciplina a tutela del consumatore, anche ai fini della individuazione del
foro competente, non potendosi ritenere che egli abbia agito per scopi diversi da quelli
commerciali o professionali, avendo prestato garanzia a favore di una società commerciale di cui
aveva la rappresentanza legale.

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E’ inammissibile, inoltre, la deduzione, introdotta per la prima volta dalla parte opponente con la
memoria ex art. 183, co. VI, n. 1 c.p.c., secondo cui la s.r.l. Edil Koerting –Canepa rientrerebbe
nella categoria delle “Microimprese” di cui all’art. 18 L. 24/03/2012 n. 27, di conversione del
D.L. n. 1/2012. Ad abundantiam, trattasi di deduzione inidonea a supportare l’eccezione di
incompetenza territoriale sollevata dal Degli Innocenti, essendo la disciplina di cui al D.Lgs. n.
206/2005 applicabile alle sole persone fisiche che agiscano per scopi estranei alla propria attività
commerciale, professionale o imprenditoriale, ipotesi che non ricorre nella fattispecie, in cui la
s.r.l. Edil Koerting – Canepa è una società commerciale e il Degli Innocenti ne risultava legale
rappresentante all’epoca della prestazione della garanzia su cui si controverte, quindi non
potevano considerarsi come consumatori.
E’ parimenti inammissibile, essendo stata introdotta per la prima volta dalla parte opponente con
la memoria ex art. 183, co. VI, n. 1 c.p.c., l’eccezione di carenza di legittimazione attiva della
S.p.A. Banca Monte dei Paschi di Siena, di cui si ritiene peraltro l’infondatezza.
Invero, ai sensi dell’art. 111 c.p.c., se nel corso del giudizio interviene la cessione a titolo
particolare del diritto controverso, il processo prosegue tra le parti originarie ed il cedente può
essere estromesso, se le parti vi consentono.
Nella specie la cessione dei crediti controversi è avvenuta il 20/12/2017, successivamente alla
proposizione, in data 7/11/2017, del ricorso per decreto ingiuntivo da parte della S.p.A. Banca

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Sentenza n. 18884/2020 pubbl. il 31/12/2020
RG n. 5461/2018
Repert. n. 19066/2020 del 31/12/2020
Monte dei Paschi di Siena, pertanto, ai sensi dell’art. 111 c.p.c., sussiste la legittimazione della
cedente a proseguire il giudizio, avuto anche riguardo alle domande riconvenzionali proposte
dagli opponenti.
Nel merito, per costante giurisprudenza, l’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un
ordinario giudizio di cognizione, teso ad accertare il fondamento della pretesa fatta valere e non
se l'ingiunzione sia stata legittimamente emessa in relazione alle condizioni previste dalla legge.
Pertanto l'eventuale carenza dei requisiti probatori per la concessione del provvedimento
monitorio può rilevare solo ai fini del regolamento delle spese processuali e la sentenza non può
essere impugnata solo per accertare la sussistenza o meno delle originarie condizioni di
emissione del decreto, se non sia accompagnata da una censura in tema di spese processuali (cfr.
Cass. civ. n. 16767 del 23/07/2014).
Ne consegue che, ai fini dell’accertamento della pretesa creditoria dell’opposta, deve aversi
riguardo all’intero materiale probatorio offerto dalla parte opposta anche in sede di opposizione,
non potendo il giudicante arrestare la propria analisi alle sole prove allegate al ricorso monitorio.

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In tema di prova dell’adempimento di un’obbligazione, inoltre, il creditore che agisca per la
risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto
provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi
alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore
convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito
dall’avvenuto adempimento (cfr., ex plurimis, Cass. sez. un. n. 13533 del 30/10/2001).
L’adito giudicante condivide, inoltre, l’orientamento consolidato in giurisprudenza, secondo cui,
in tema di conto corrente bancario, l'estratto conto comunicato dalla banca al debitore principale
e dal medesimo non impugnato nel termine di cui all'art. 1832 c.c., assume carattere di
incontestabilità, sicché è idoneo a fungere da mezzo di prova anche nel successivo giudizio
contenzioso instaurato nei confronti del fideiussore. Gli "estratti-conto di chiusura", ai fini di cui
all'art. 1832, co. II, c.c., sono le comunicazioni al cliente sulla situazione finale del conto, inviate
dalla banca non solo allo scioglimento del rapporto, ma anche alle scadenze periodiche
contrattualmente previste, quando non si limitino a contenere l'indicazione del saldo, con il
calcolo delle spese e degli interessi, ma portino anche un preciso riferimento alle partite di dare
ed avere che hanno condotto a quel risultato: inoltre, ai fini indicati, la riproduzione di tutte le
partite contabili non è necessaria quando l'estratto conto finale faccia seguito e richiami
espressamente precedenti estratti parziali, inviati al cliente con l'indicazione di tutte le operazioni

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Sentenza n. 18884/2020 pubbl. il 31/12/2020
RG n. 5461/2018
Repert. n. 19066/2020 del 31/12/2020
afferenti il relativo periodo (in quanto, in detta situazione, viene ugualmente soddisfatta
l'esigenza di porre il cliente medesimo in condizione di riscontrare ogni eventuale vizio incidente
sul saldo finale), essendo, in tal caso, sufficiente, affinché decorra il termine semestrale di
decadenza di cui all'art. 1832 c.c., che l'estratto conto relativo alla liquidazione di chiusura dia al
correntista la comunicazione del saldo definitivo riflettente il periodo considerato, comprensivo
delle spese e degli interessi (cfr. Cass. civ. n. 2802 del 5 febbraio 2009).
Infatti può considerarsi provato il saldo finale di ciascun estratto conto, quando il destinatario del
medesimo non abbia mosso tempestivi rilievi circa l'eventuale omissione del conto precedente,
cui l'ultimo estratto faccia anche implicito riferimento per il saldo iniziale (cfr. Cass. civ. n. 817
del 19/01/2016). D’altra parte, per ciò che concerne la mancata contestazione degli estratti conto,
l'approvazione dell’estratto-conto rende incontestabili soltanto le registrazioni a debito e credito
nella loro realtà contabile, ma non anche l'efficacia e la validità dei rapporti sostanziali (cfr.
Cass. civ. n. 23974 del 25/11/2010).
Ne consegue il rigetto dell’eccezione di decadenza degli opponenti dalle contestazioni relative ai

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rapporti controversi per effetto della mancata tempestiva contestazione degli estratti conto
relativi ai conti correnti per cui è causa, trattandosi di contestazioni sottratte all’onere di
contestazione nelle forme e nei termini di cui al citato art. 1832 c.c..
Nei rapporti bancari in conto corrente, inoltre, l’accertata nullità delle clausole che prevedono,
relativamente agli interessi dovuti dal correntista, tassi superiori a quelli legali nonché la loro
capitalizzazione trimestrale, impone la rideterminazione del saldo finale mediante la
ricostruzione dell'intero andamento del rapporto, sulla base degli estratti conto a partire dalla sua
apertura, che la banca, quale attore in senso sostanziale nel giudizio di opposizione a decreto
ingiuntivo, ha l’onere di produrre, non potendo ritenersi provato il credito in conseguenza della
mera circostanza che il correntista non abbia formulato rilievi in ordine alla documentazione
prodotta nel procedimento monitorio (cfr. Cass. civ. n. 15148 del 11/06/2018).
Va, altresì, disattesa l’eccezione, proposta sia dall’ingiungente che dall’intervenuta,
dell’inammissibilità delle eccezioni sollevate dai garanti in ordine alla validità dei rapporti
garantiti.
Si rileva al riguardo che, nel contratto autonomo di garanzia - ai fini della cui distinzione dalla
fideiussione non è decisivo l'impiego o meno di espressioni quali "a prima richiesta" o "a
semplice richiesta scritta", ma la relazione in cui le parti hanno inteso porre l'obbligazione
principale e quella di garanzia - il garante, improntandosi il rapporto tra lo stesso ed il creditore

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Sentenza n. 18884/2020 pubbl. il 31/12/2020
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beneficiario a piena autonomia, non può opporre al creditore la nullità di un patto relativo al
rapporto fondamentale, salvo che dipenda da contrarietà a norme imperative o dalla illiceità della
causa e che, attraverso il medesimo contratto autonomo, si intenda assicurare il risultato vietato
dall'ordinamento.
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha affermato che la clausola di pagamento “a prima
richiesta e senza eccezioni” vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di
garanzia (cd. Garantievertrag), in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che
caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto
all’intero contenuto della convenzione negoziale (cfr. Cass. civ. sez. un. n. 3947 del 18/02/2010).
In tale ipotesi la previsione del carattere incondizionato dell’obbligo di corrispondere
l’indennizzo pari all’ammontare dell’obbligazione garantita esclude l’applicabilità della
normativa sulla fideiussione alla garanzia, la quale si deve ritenere svolgere una funzione
analoga a quella del deposito cauzionale.
Ma nel caso in esame il carattere autonomo della garanzia non si desume dal dato testuale, che si

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riferisce alla figura della fideiussione, né dalla disciplina dell’escussione della garanzia, secondo
cui “il fideiussore è tenuto a pagare immediatamente alla banca, a semplice richiesta scritta …” e
che è evidentemente riferita alle modalità dell’escussione ed ai tempi del pagamento da parte del
fideiussore, ma non limita in alcun modo le eccezioni da questo opponibili. Si rileva, inoltre, che
qualora si ritenesse dubbia l’interpretazione del testo, dovrebbe preferirsi l’opzione per la
fideiussione, per le seguenti ulteriori ragioni: perché questa, diversamente dalla garanzia
autonoma, configura una fattispecie tipica, alla quale pertanto si deve presumere indirizzata la
comune volontà delle parti.
Non è decisiva, infatti, ai fini della qualificazione del contratto di garanzia come autonomo o
accessorio all’obbligazione cui accede, la clausola di "pagamento a prima richiesta", o altra
equivalente, che è espressione di un'esigenza di protezione del fideiussore che, prescindendo
dall'esistenza di un vincolo di accessorietà tra l'obbligazione di garanzia e quella del debitore
principale, può essere considerata meritevole di tutela anche quando tale collegamento sia
assente, potendo tali espressioni riferirsi sia a forme di garanzia svincolate dal rapporto garantito
(e quindi autonome), sia a garanzie, come quelle fideiussorie, caratterizzate da un vincolo di
accessorietà, più o meno accentuato, nei riguardi dell'obbligazione garantita, sia, infine, a
clausole il cui inserimento nel contratto di garanzia è finalizzato, nella comune intenzione dei
contraenti, a una deroga parziale della disciplina dettata dal citato art. 1957 c.c. (ad esempio,

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Sentenza n. 18884/2020 pubbl. il 31/12/2020
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limitata alla previsione che una semplice richiesta scritta sia sufficiente ad escludere l'estinzione
della garanzia), esonerando il creditore dall'onere di proporre l'azione giudiziaria (cfr. Cass. civ.
n. 16825 del 09/08/2016).
Ne consegue che, con riferimento ai fideiussori, sono proponibili tutte le eccezioni e le
contestazioni concernenti la nullità del contratto di conto corrente; ad abundantiam, quand’anche
si qualificasse la garanzia come contratto autonomo, sarebbe in ogni caso esperibile, da parte dei
garanti, la domanda afferente alla nullità delle clausole relative agli interessi di cui si assume, da
parte attrice, l’usurarietà. Si rileva al riguardo che, nel contratto autonomo di garanzia,
improntandosi il rapporto tra il garante e il creditore beneficiario a piena autonomia, il garante
non può opporre al creditore la nullità di un patto relativo al rapporto fondamentale, salvo che
essa dipenda da contrarietà a norme imperative o dall'illiceità della causa e che, attraverso il
medesimo contratto autonomo, si intenda assicurare il risultato vietato dall'ordinamento; tuttavia
si deve escludere che la nullità della pattuizione di interessi ultralegali si comunichi sempre al
contratto autonomo di garanzia, atteso che detta pattuizione - eccezion fatta per la previsione di

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interessi usurari - non è contraria all'ordinamento, non vietando quest'ultimo in modo assoluto
finanche l'anatocismo, così come si ricava dagli artt. 1283 c.c. e 120 del D.Lgs. n. 385 del 1993
(cfr. Cass. civ. n. 20397 del 25/08/2017).
E’ infondata, inoltre, l’eccepita nullità della fideiussione prestata dal Degli Innocenti e dal Guidi
per violazione dell’art. 2 L. n. 287/1990.
La questione in oggetto trae origine dal provvedimento n. 55 del 2/5/2005 emesso dalla Banca
d’Italia in funzione di Autorità garante della concorrenza tra istituti creditizi ai sensi degli artt.
14 e 20 della legge n. 287/1990, vigenti fino al trasferimento dei poteri all’AGCM, con la legge
n. 262/2005, a far tempo dal 12 gennaio 2016, avente ad oggetto il denunziato contrasto tra lo
schema contrattuale di fideiussione omnibus predisposto dall’ABI e l’art. 2 della legge n.
287/1990 (“Legge Antitrust”), in virtù della quale “1. Sono considerati intese gli accordi e/o le
pratiche concordati tra imprese nonché le deliberazioni, anche se adottate ai sensi di disposizioni
statutarie o regolamentari, di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari; 2.
Sono vietate le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o
falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in
una sua parte rilevante, (…); 3. Le intese vietate sono nulle ad ogni effetto.”
A fronte dell’esame dello schema contrattuale di fideiussione omnibus predisposto dall’ABI, la
Banca d’Italia invitava quest’ultima a modificare il contenuto dello schema in quanto

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Sentenza n. 18884/2020 pubbl. il 31/12/2020
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contrastante con la normativa sulla concorrenza, pertanto l’ABI emendava lo schema e
provvedeva ad una nuova comunicazione all’Autorità di vigilanza, cui seguiva l’apertura - da
parte della Banca d’Italia nella sua veste di Autorità garante della concorrenza tra istituti creditizi
- dell’istruttoria, ai sensi degli articoli 2 e 14 della Legge Antitrust e l’istruttoria si protraeva per
ulteriori due anni, avendo la Banca d’Italia incentrato la sua analisi sulle clausole che avrebbero
potuto avere effetti anticoncorrenziali in seguito a un’eventuale adozione generalizzata da parte
delle banche, in mancanza di un equilibrato contemperamento degli interessi delle parti e
precisamente sulle previsioni che ponevano in capo al fideiussore obblighi non previsti dalla
disciplina codicistica della fideiussione, stante la loro potenziale diffusione.
All’esito del procedimento, la Banca d’Italia ha pronunciato il contrasto con l’articolo 2, comma
II, lettera a) degli articoli 2, 6 e 8 dello schema contrattuale di fideiussione omnibus predisposto
dall’ABI. In particolare, l’art. 2 prevedeva la cosiddetta “clausola di reviviscenza” e imponeva al
fideiussore di “rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in
pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento,

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inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo”; l’articolo 6 disponeva che
“i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo
credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore
medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi,
dall’art. 1957 cod. civ., che si intende derogato” e l’articolo 8 prevedeva che “qualora le
obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo
del debitore di restituire le somme allo stesso erogate”.
L’Autorità di vigilanza muove dal presupposto che la standardizzazione contrattuale frutto di
un’attività associativa non è di per sé lesiva della concorrenza, ben potendo incentivare la stessa,
pertanto al fine di determinare quando tale standardizzazione si ponga in contrasto con le regole
della concorrenza evidenzia alcune tipologie di schemi, precisamente “gli schemi contrattuali atti
a: - fissare condizioni aventi, direttamente o indirettamente, incidenza economica, in particolare
quando potenzialmente funzionali a un assetto significativamente non equilibrato degli interessi
delle parti contraenti; - precludere o limitare in modo significativo la possibilità per le aziende
associate di differenziare, anche sull’insieme degli elementi contrattuali, il prodotto offerto.
Ciò che rileva, quindi, è la capacità dello schema di determinare – attraverso la standardizzazione
contrattuale – una situazione di uniformità idonea a incidere su aspetti rilevanti per i profili di
tutela della concorrenza”. L’Autorità di Vigilanza precisa quindi come lo schema predisposto

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Sentenza n. 18884/2020 pubbl. il 31/12/2020
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dall’ABI potesse essere idoneo a determinare una situazione di standardizzazione - come ritenuto
poi ad esito dell’istruttoria - visto e considerato che già all’epoca dell’istruttoria i testi di
fideiussione omnibus in uso nella prassi bancaria disciplinano in modo sostanzialmente uniforme
le clausole oggetto dell’istruttoria differenziandosi, tuttalpiù, rispetto allo schema predisposto
dall’ABI per un aggravamento della posizione contrattuale del garante.
La Banca d’Italia conclude nel senso che le intese vietate sono quelle che “abbiano per oggetto o
per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza e
che la standardizzazione contrattuale è anticoncorrenziale nel caso in cui gli schemi contrattuali
prevedano clausole, incidenti su aspetti importanti del negozio, che impediscano “un equilibrato
contemperamento degli interessi delle parti”. Tale elemento è considerato discriminante nella
valutazione condotta dalla Banca d’Italia, secondo cui la clausola di pagamento “a prima
richiesta” di cui all’articolo 7 dello schema del contratto di fideiussione omnibus predisposto
dall’ABI prevede un onere in capo al fideiussore da ritenersi “non ingiustificato”, stante la sua
finalità di garantire l’accesso al credito con attenuazione del rischio di credito ai sensi

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dell’Accordo Basilea; al contrario, la Banca d’Italia afferma che non vi sono collegamenti
funzionali con gli articoli 2, 6 e 8 del citato schema contrattuale atti a contemperare gli interessi,
avendo quindi gli stessi il solo scopo di “addossare al fideiussore le conseguenze negative
derivanti dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca ovvero dall’invalidità o
dall’inefficacia dell’obbligazione principale e degli atti estintivi”.
Il provvedimento dell’Autorità di vigilanza pertanto dispone che i predetti articoli 2, 6 e 8
contenuti nello schema predisposto dall’ABI contengono disposizioni “che, nella misura in cui
vengano applicate in modo uniforme, sono in contrasto con l’articolo 2, comma 2, lettera a) della
legge n. 287/90”.
Tanto premesso, conformemente all’orientamento espresso dalle Sezioni Unite della Suprema
Corte, la legge “antitrust” del 10/10/1990, n. 287 detta norme a tutela della libertà di concorrenza
aventi come destinatari non soltanto gli imprenditori, ma anche gli altri soggetti del mercato,
ovvero chiunque abbia interesse, processualmente rilevante, alla conservazione del suo carattere
competitivo al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla
diminuzione di tale carattere per effetto di un'intesa vietata, tenuto conto, da un lato, che, di
fronte ad un'intesa restrittiva della libertà di concorrenza, il consumatore, acquirente finale del
prodotto offerto dal mercato, vede eluso il proprio diritto ad una scelta effettiva tra prodotti in
concorrenza, e, dall'altro, che il cosiddetto contratto "a valle" costituisce lo sbocco dell'intesa

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Sentenza n. 18884/2020 pubbl. il 31/12/2020
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vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti. Pertanto, siccome la violazione di
interessi riconosciuti rilevanti dall'ordinamento giuridico integra, almeno potenzialmente, il
danno ingiusto "ex" art. 2043 cod. civ., il consumatore finale, che subisce danno da una
contrattazione che non ammette alternative per l'effetto di una collusione "a monte", ha a propria
disposizione, ancorché non sia partecipe di un rapporto di concorrenza con gli imprenditori
autori della collusione, l'azione di accertamento della nullità dell'intesa e di risarcimento del
danno di cui all'art. 33 della legge n. 287 del 1990, azione la cui cognizione è rimessa da
quest'ultima norma alla competenza esclusiva, in unico grado di merito, della corte d'appello (cfr.
Cass. civ. sez. un. n. 2207 del 04/02/2005).
Il Supremo Collegio ha precisato che l'art. 2 della legge n. 287/1990 allorché dispone che siano
nulle ad ogni effetto le "intese" fra imprese che abbiano ad oggetto o per effetto di impedire,
restringere o falsare in modo consistente il gioco della concorrenza all'interno del mercato
nazionale o in una sua parte rilevante, non ha inteso riferirsi solo alle "intese" in quanto contratti
in senso tecnico ovvero negozi giuridici consistenti in manifestazioni di volontà tendenti a

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realizzare una funzione specifica attraverso un particolare "voluto". Il legislatore - infatti - con la
suddetta disposizione normativa ha inteso - in realtà ed in senso più ampio - proibire il fatto della
distorsione della concorrenza, in quanto si renda conseguenza di un perseguito obiettivo di
coordinare, verso un comune interesse, le attività economiche; il che può essere il frutto anche di
comportamenti "non contrattuali" o "non negoziali". Si rendono - così - rilevanti qualsiasi
condotta di mercato (anche realizzantesi in forme che escludono una caratterizzazione negoziale)
purché con la consapevole partecipazione di almeno due imprese, nonché anche le fattispecie in
cui il meccanismo di "intesa" rappresenti il risultato del ricorso a schemi giuridici meramente
"unilaterali". Da ciò consegue che, allorché l'articolo in questione stabilisce la nullità delle
"intese", non abbia inteso dar rilevanza esclusivamente all'eventuale negozio giuridico originario
postosi all'origine della successiva sequenza comportamentale, ma a tutta la più complessiva
situazione - anche successiva al negozio originario - la quale - in quanto tale - realizzi un
ostacolo al gioco della concorrenza (cfr. Cass. civ. n. 827 del 1999).
Pertanto, qualsiasi forma di distorsione della competizione di mercato, in qualunque forma essa
venga posta in essere, costituisce comportamento rilevante ai fini dell'accertamento della
violazione dell'art. 2 della legge antitrust.
Ciò posto, parte della giurisprudenza di merito si è espressa in senso contrario alla nullità
derivata del contratto di fideiussione omnibus stipulato tra la banca e il garante per effetto del

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Sentenza n. 18884/2020 pubbl. il 31/12/2020
RG n. 5461/2018
Repert. n. 19066/2020 del 31/12/2020
citato provvedimento della Banca d’Italia (cfr. Trib. Milano n. 7796/2016), mentre l’indirizzo
contrario è a sua volta diviso tra l’orientamento che ritiene la nullità derivata delle singole
clausole che ripropongono il contenuto di quelle dello schema contrattuale predisposto dall’ABI
oggetto di censura da parte dell’Autorità di vigilanza (cfr. Trib. Venezia, n. 1447 del 6/6/2016) e
l’ipotesi ermeneutica, in realtà minoritaria, che considera nullo l’intero contratto.
Rileva, inoltre, la più recente giurisprudenza che il carattere uniforme dell'applicazione della
clausola contestata è certamente elemento costitutivo della pretesa attorea, essendo la sua
necessità pacificamente prevista nel provvedimento della Banca d'Italia su cui l’attore fonda, in
buona sostanza, la sua pretesa. In quanto elemento costitutivo del diritto vantato, dunque, esso
doveva essere provato dall’attore, secondo la regola generale di cui all’art. 2967 c.c..
Né può utilmente invocarsi la giurisprudenza della Suprema Corte, giustificata anche con il
criterio della vicinanza della prova, in materia di presunzione del danno per il consumatore a
seguito dell'accertamento dell'intesa anticoncorrenziale in sede amministrativa (cfr., ad es., Cass.
11904/2014, 7039/2012). Nel caso che ci occupa, infatti, è appunto contestata la sussistenza

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dell'intesa anticoncorrenziale avuto riguardo alla presenza di un suo elemento essenziale (il
carattere uniforme di cui si è detto), che il provvedimento della Banca d'Italia non ha accertato,
ma ha indicato in termini soltanto ipotetici (cfr. Cass. civ. n. 30818 del 28/11/2018).
Lo scrutinio sulla conformità della garanzia prestata allo schema predisposto dall’ABI necessita
della prova dell’esistenza di un illecito anticoncorrenziale, che lo schema contrattuale cui è
acceduto il garante corrisponda a quello derivante dal predetto illecito e che la libertà di scelta
del fideiussore sia stata effettivamente lesa.
Non vale in contrario richiamare il recente arresto della Suprema Corte, secondo cui, in tema di
accertamento dell'esistenza di intese restrittive della concorrenza vietate dall'art. 2 della legge n.
287 del 1990, e con particolare riguardo alle clausole relative a contratti di fideiussione da parte
delle banche, il provvedimento della Banca d'Italia di accertamento dell'infrazione, adottato
prima delle modifiche apportate dall'art. 19, comma 11, della l. n. 262 del 2005, possiede, al pari
di quelli emessi dall'Autorità Garante della concorrenza e del mercato, un'elevata attitudine a
provare la condotta anticoncorrenziale, indipendentemente dalle misure sanzionatorie che siano
in esso pronunciate, e il giudice del merito è tenuto, per un verso, ad apprezzarne il contenuto
complessivo, senza poter limitare il suo esame a parti isolate di esso, e, per altro verso, a valutare
se le disposizioni convenute contrattualmente coincidano con le condizioni oggetto dell'intesa
restrittiva, non potendo attribuire rilievo decisivo all'attuazione o meno della prescrizione

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Sentenza n. 18884/2020 pubbl. il 31/12/2020
RG n. 5461/2018
Repert. n. 19066/2020 del 31/12/2020
contenuta nel menzionato provvedimento con cui è stato imposto all'ABI di estromettere le
clausole vietate dallo schema contrattuale diffuso presso il sistema bancario (cfr. Cass. civ. n.
13846 del 22/05/2019).
Invero, premesso che le intese vietate e quindi nulle sono quelle che “abbiano per oggetto o per
effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza e che la
standardizzazione contrattuale è anticoncorrenziale nel caso in cui gli schemi contrattuali
prevedano clausole, incidenti su aspetti importanti del negozio, che impediscano un equilibrato
contemperamento degli interessi delle parti”, si rileva che, anche allorquando lo schema
contrattuale della singola fideiussione sottoposta all'attenzione del giudice appaia speculare
rispetto a quello stigmatizzato dalla Banca d’Italia, ciò non esclude che vi fossero nello stesso
periodo banche che offrivano delle condizioni fideiussorie più favorevoli e migliori di quelle
materialmente sottoscritte dal garante, né che il garante non sia stato comunque coartato da tali
disposizioni, poiché, esemplificativamente, la fideiussione era stata indicata dalla banca come
condizione necessaria per l’apertura del credito o per l’erogazione del finanziamento.

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E’, infatti, necessario, per affermare la nullità della fideiussione omnibus, accertare il nesso di
dipendenza tra quest’ultima e lo schema predisposto dall’ABI e sottoposto al vaglio della Banca
d’Italia in funzione di autorità garante per l'accertamento delle violazioni della legge antitrust nel
settore creditizio ovvero un collegamento negoziale, di cui nella fattispecie non vi è prova (cfr.
Trib. Napoli n. 2338 dell’1/3/2018).
Ad abundantiam, l’eventuale nullità delle clausole contrattuali ricettive di un accordo
anticoncorrenziale non avrebbe l’effetto di travolgere l’intero contratto, venendo in rilievo l’art.
1419 c.c., secondo cui la nullità di singole clausole contrattuali determina la nullità dell’intero
contratto nel solo caso in cui i contraenti non l’avrebbero stipulato in loro assenza, circostanza,
nella fattispecie, non addotta dalla banca e che non risulta verosimile con riferimento al
fideiussore, posto che le clausole ritenute invalide dalla Banca d’Italia sono sfavorevoli al
fideiussore (cfr. Trib. Roma n. 17243/2019).
Giova a tale riguardo richiamare un recente arresto della Suprema Corte, che, nel ribadire il
principio di diritto secondo cui «Dalla declaratoria di nullità di una intesa tra imprese per lesione
della libera concorrenza, emessa dalla Autorità Antitrust ai sensi dell'art. 2 della legge n. 287 del
1990, non discende automaticamente la nullità di tutti i contratti posti in essere dalle imprese
aderenti all'intesa, i quali mantengono la loro validità e possono dar luogo solo ad azione di
risarcimento danni nei confronti delle imprese da parte dei clienti» (Cass. civ. n. 9384 del

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Sentenza n. 18884/2020 pubbl. il 31/12/2020
RG n. 5461/2018
Repert. n. 19066/2020 del 31/12/2020
11/06/2003; Cass. civ. n. 3640 del 13/02/2009; Cass. civ. n. 13486 del 20/06/2011), ha rilevato
che dal principio di diritto espresso dal Supremo Collegio, secondo cui «In tema di accertamento
del danno da condotte anticoncorrenziali ai sensi dell'art. 2 della I. n. 287 del 1990, spetta il
risarcimento per tutti i contratti che costituiscano applicazione di intese illecite, anche se
conclusi in epoca anteriore all'accertamento della loro illiceità da parte dell'autorità indipendente
preposta alla regolazione di quel mercato» (Cass. civ. n. 29810 del 12/12/2017) non si può
presumere la qualificazione tout curt delle "Norme Bancarie Uniformi ABI in materia di contratti
di fideiussione" quali intese illecite, in quanto contenenti clausole contrarie a norme imperative,
né la nullità in toto del contratto di fideiussione di cui si discute.
La Suprema Corte ha ritenuto, inoltre, che, avendo l'Autorità amministrativa circoscritto
l'accertamento della illiceità ad alcune specifiche clausole delle NBU trasfuse nelle dichiarazioni
unilaterali rese in attuazione di dette intese (fol. 3 della sent. imp.), ciò non esclude, ne è
incompatibile, con il fatto che in concreto la nullità del contratto a valle debba essere valutata dal
giudice adito alla stregua degli artt. 1418 e ss. cod. civ. e che possa trovare applicazione

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l'art.1419 cod. civ., come avvenuto nel presente caso, laddove l'assetto degli interessi in gioco
non venga pregiudicato da una pronuncia di nullità parziale, limitata alle clausole rivenienti dalle
intese illecite (cfr. Cass. civ. n. 24044 del 26/9/2019).
Orbene, ritiene il collegio infondate le domande attoree di nullità totale e parziale, limitatamente
alle clausole riproducenti il contenuto degli artt. 2, 6 e 8 dello schema di N.B.U. predisposto
dall’A.B.I. e su cui si è pronunciata la banca d’Italia con il citato provvedimento.
Ed invero, conformemente al citato orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità,
secondo cui la legge "antitrust" 10 ottobre 1990, n. 287 detta norme a tutela della libertà di
concorrenza aventi come destinatari non soltanto gli imprenditori, ma anche gli altri soggetti del
mercato, ovvero chiunque abbia interesse, processualmente rilevante, alla conservazione del suo
carattere competitivo e che il cosiddetto contratto "a valle" costituisce lo sbocco dell'intesa
vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti, siccome la violazione di interessi
riconosciuti rilevanti dall'ordinamento giuridico integra, almeno potenzialmente, il danno
ingiusto "ex" art. 2043 cod. civ., il consumatore finale, che subisce danno da una contrattazione
che non ammette alternative per l'effetto di una collusione "a monte", ha a propria disposizione,
ancorché non sia partecipe di un rapporto di concorrenza con gli imprenditori autori della
collusione, l'azione di accertamento della nullità dell'intesa e di risarcimento del danno di cui
all'art. 33 della legge n. 287 del 1990 (cfr. Cass. civ. sez. un. n. 2207 del 04/02/2005), così

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RG n. 5461/2018
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sottolineando la differenza che ricorre tra gli accordi a monte, e cioè le intese, - oggetto di
valutazione in merito alla illiceità per violazione della normativa antitrust e sanzionate dalla
nullità - e i contratti stipulati a valle, in relazione ai quali può essere esercitata l'azione
risarcitoria.
In proposito, quanto agli effetti della nullità di un'intesa, la Suprema Corte ha predicato che
«Dalla declaratoria di nullità di una intesa tra imprese per lesione della libera concorrenza,
emessa dalla Autorità Antitrust ai sensi dell'art. 2 della legge n. 287 del 1990, non discende
automaticamente la nullità di tutti i contratti posti in essere dalle imprese aderenti all'intesa, i
quali mantengono la loro validità e possono dar luogo solo ad azione di risarcimento danni nei
confronti delle imprese da parte dei clienti.» (Cass. civ. n. 9384 del 11/06/2003; Cass. civ. n.
3640 del 13/02/2009; Cass. civ. n. 13486 del 20/06/2011).
Si rileva, inoltre, la mancanza di prova che nel caso specifico la fideiussione nella sua interezza o
le clausole riproducenti il contenuto di quelle valutate negativamente dalla Banca d’Italia con
riferimento alla schema di N.B.U. predisposto dall’A.B.I. siano l’effetto di una intesa

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anticoncorrenziale ed in quanto tale illecita, anziché di una legittima pattuizione tra i contraenti e
che vi sia stata, da parte delle banche, nel periodo in chi è stata stipulata la fideiussione in
oggetto, una uniformità di schemi contrattuali a cui ha aderito l’odierno convenuto in modo tale
da realizzare quella condotta a cui la Banca d’Italia, con il citato provvedimento, subordinava la
illiceità dello schema predisposto dall’A.B.I..
Ciò posto, la pretesa creditoria dell’ingiungente è fondata sui seguenti rapporti:
- c/c n. 12687.14, intrattenuto dalla s.r.l. Edil Koerting – Canepa presso la filiale di Firenze n. 14
della Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. e chiuso il 22/02/2013;
- c/c n. 631038,22, già n. 10672, acceso dalla s.r.l. Edil Koerting – Canepa presso la filiale di
Montevarchi della Banca Antonveneta, cui è succeduta la Banca Monte dei Paschi di Siena
S.p.A., chiuso in data 21/02/2013
- conto anticipi su fatture n. 1290660,75, intrattenuto dalla s.r.l. Edil Koerting – Canepa presso la
filiale di Montevarchi della Banca Antonveneta, cui è succeduta la Banca Monte dei Paschi di
Siena S.p.A., chiuso in data 21/02/2013;
- conto anticipi su fatture n. 33683306,56, intrattenuto dalla s.r.l. Edil Koerting – Canepa presso
la filiale di Firenze n. 14 della Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. e chiuso in data
22/03/2013;

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Sentenza n. 18884/2020 pubbl. il 31/12/2020
RG n. 5461/2018
Repert. n. 19066/2020 del 31/12/2020
- garanzia prestata da Simone Degli Innocenti, Leandro Pisapia, Stefano Benassai, Marco
Tancredi e Massimiliano Guidi per le obbligazioni assunte dalla s.r.l. Edil Koerting – Canepa
presso la filiale di Montevarchi della Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. originariamente
fino alla concorrenza di € 120.000,00, massimale elevato il 1°/4/2008 ad € 180.000,00.
L’ingiungente ha prodotto i contratti di cui sopra e l’intervenuta ha versato in atti gli estratti
conto dei rapporti di conto corrente n. 12687.14 e n. 12687.14, pertanto è stato adempiuto l’onus
probandi a carico della parte creditrice.
Invero, il c.t.u. ha riscontrato la mancanza degli estratti conto dei contratti di conto anticipi su
fatture nn. 1290660.75 e 33683306.56, dando atto tuttavia che gli estratti conto dei conti correnti
ordinari nn. 63103822 e 1268714 mostrano numerose registrazioni nelle quali è scritto “anticipi”
o “finanziamenti” in modo generico e senza citare il numero di rapporto da cui originavano.
E’ tuttavia condivisibile quanto dedotto dalla banca in sede di c.t.u., nel senso che i rapporti di
anticipazione su crediti venivano regolati nell’ambito dei conti ordinari, pertanto trovano in
questi ultimi la documentazione contabile. Ne consegue che l’istituto di credito, come riscontrato

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dall’ausiliario del Tribunale, ha duplicato le proprie pretese creditorie, avendo agito in sede
monitoria per il pagamento del saldo dei conti correnti ordinari, in cui sono state conteggiate le
partite regolate dai conti anticipi e per il pagamento del saldo degli stessi conti anticipi.
E’ pertanto condivisibile l’operazione compiuta dal c.t.u., che, al fine di verificare il saldo delle
anticipazioni non restituite, ha estrapolato dai conti ordinari le scritture relative ai due rapporti di
finanziamento, detraendo il relativo saldo finale da quello del conto ordinario in cui erano
regolate, mantenendo le competenze dovute sulle anticipazioni nei conti correnti ordinari, dove
generalmente avviene l’addebito effettivo al cliente.
Secondo le conclusioni del c.t.u., le competenze del rapporto n. 1290660.75 non sono state
ricalcolate in quanto è presente in atti il relativo contratto, contraddistinto in origine con il n.
10673T, mentre quelle relative al rapporto n. 33683306.56 sono state ricalcolate in sede di c.t.u.,
in mancanza del relativo contratto: ebbene, con riferimento al conto n. 33683306.56, non sono
condivisibili le conclusioni del c.t.u, poiché, trattandosi di un conto anticipo su fatture, le
condizioni economiche sono mutuate dal rapporto di conto corrente ordinario sul quale erano
regolate le rispettive partite, pertanto il saldo corrisponde a quello indicato dalla banca in sede
monitoria.
Con riferimento alle doglianze relative ai rapporti di conto corrente, la parte opponente contesta
la capitalizzazione degli interessi passivi operata dalla Banca convenuta.

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Sentenza n. 18884/2020 pubbl. il 31/12/2020
RG n. 5461/2018
Repert. n. 19066/2020 del 31/12/2020
La clausola relativa alla capitalizzazione degli interessi pattuita di cui all’art. 7 delle condizioni
generali del contratto di conto corrente inter partes stipulato il 24/7/2003 è conforme al disposto
della delibera del C.I.C.R. del 9/2/2000, che sancisce la validità e l’efficacia delle clausole
contrattuali che, in materia di interessi, prevedono l’identica periodicità della loro
capitalizzazione con riferimento agli interessi attivi e passivi e, nel caso di specie, è stabilita la
medesima periodicità trimestrale.
Da sottolineare che il contratto è stato stipulato successivamente all’entrata in vigore della citata
delibera del CICR e, ai sensi dell’art. 120, co. II, D.Lgs. n. 385/1993 nel testo vigente quando
venne emanato, secondo cui: “Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi
sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell'attività bancaria,
prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della
clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori.”. Da
evidenziare che, con sentenza n. 425/2000, la Corte Costituzionale aveva dichiarato illegittimo
l’art.120, co. III D.Lgs. n. 385/1993 solo nella parte in cui sanava retroattivamente la

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capitalizzazione degli interessi effettuata prima che entrasse in vigore la deliberazione del CICR
del 9/2/2000, quindi non ha effetto invalidante di quest’ultima delibera, che prevede la
regolamentazione della capitalizzazione degli interessi per l’avvenire.
Il quadro normativo, tuttavia, risulta nuovamente mutato a decorrere dall’1/1/2014. Infatti, da
tale data, il vecchio testo dell’art. 120, co. II, D.Lgs. n. 385/1993 è stato modificato dalla L. n.
147/2013 (legge di stabilità per il 2014) come segue: “Il CICR stabilisce modalità e criteri per la
produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria,
prevedendo in ogni caso che:
a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa
periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori;
b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle
successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale”.
La nuova norma pare assicurare solo la medesima scansione temporale (mensile, trimestrale,
ecc.) della liquidazione degli interessi di tutte le operazione di dare e avere, ma senza alcuna
capitalizzazione. La lettera b) conferma questa lettura della lettera a) ed elimina l'anatocismo
degli interessi liquidati o, meglio, contabilizzati.
Successivamente, con D.L. n. 91 del 24 giugno 2014 (cd. Decreto competitività), l’art. 31
contempla l’incarico al CICR di stabilire le modalità per la produzione di interessi sugli interessi,

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Sentenza n. 18884/2020 pubbl. il 31/12/2020
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Repert. n. 19066/2020 del 31/12/2020
con periodicità non inferiore ad un anno; tale modifica tuttavia non è stata confermata dalla legge
di conversione del Decreto Competitività ed è pertanto priva di effetto.
Pertanto la materia, per il periodo in esame è di nuovo regolata in via primaria dalla modifica
introdotta dalla Legge di Stabilità sopracitata.
In tale disallineamento tra normativa primaria e secondaria, si è discusso se fino alla data di
emissione della nuova delibera attuativa da parte del CICR ai sensi dell'art. 120 TUB come
modificato dalla Legge di Stabilità 2014, l'anatocismo debba ritenersi ancora ammesso nelle
operazioni bancarie nel rispetto delle disposizioni della Delibera CICR del 2000, o debba
ritenersi illegittimo alla luce dell'attuale formulazione di tale articolo. Orbene, conformemente
all’orientamento già espresso da questo Tribunale, deve ritenersi che la legge di stabilità sia
certamente fonte normativa sovraordinata rispetto alla delibera del CICR del 9/2/2000 e
pariordinata rispetto al D.Lgs. n. 342/1999, che aveva delegato al CICR l’intervento normativo
su modalità e tempi della capitalizzazione degli interessi in deroga al divieto di anatocismo
dell’art. 1283 cod. civ..

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Di conseguenza, a partire dall’1/1/2014 prevale sul precedente assetto normativo e peraltro
esclude dalla futura delega al CICR la possibilità prima prevista per tale comitato dal D.Lgs. n.
342/1999 di regolamentare la capitalizzazione periodica degli interessi in contrasto col dettato
dell’art. 1283 cod. civ., negando in radice la possibilità che al termine dell’anno, o del periodo di
capitalizzazione previsto (attualmente il trimestre), gli interessi maturati possano andare a
costituire capitale soggetto a sua volta ad applicazione di interessi.
Secondo questa interpretazione, coerente con la finalità di dare continuità all’orientamento
espresso dalle sezioni unite della Corte di Cassazione, sugli interessi calcolati a partire dal 2014,
non sono più applicabili ulteriori interessi nei trimestri successivi a quello di maturazione, o
comunque nei periodi successivi alla capitalizzazione, intesa come accorpamento degli interessi
al capitale, per cui capitale ed interessi devono rimanere separati nei conteggi periodici.
Trattandosi di norma non retroattiva, questa trova applicazione anche per i contratti conclusi
prima del 31/12/2013 (avendo questi natura di contratti di durata destinati a produrre per lungo
tempo i loro effetti), ma opera con riferimento alle operazioni compiute a partire dall’1/1/2014.
Ciò posto, ai fini della determinazione del saldo del conto corrente in esame, deve applicarsi la
capitalizzazione trimestrale degli interessi, poiché, come rilevato anche dal c.t.u., nei contratti
depositati è stata pattuita la medesima periodicità trimestrale di capitalizzazione degl’interessi
debitori e creditori e dagli estratti conto dei conti correnti nn. 12687.14 e 631038.22, intestati alla

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società opponente, si rileva che la medesima periodicità della capitalizzazione è stata
effettivamente applicata dalla banca. Trattasi, inoltre, di rapporti chiusi anteriormente al
1°/1/2014.
E’ parimenti infondata la censura degli opponenti relativa all’applicazione di interessi usurari,
essendo emerso dagli atti che i tassi d’interesse pattuiti non superavano la soglia d’usura.
Per i conti correnti nn. 12687.14 e 631038.22 intestati all’opponente i relativi contratti
contengono le relative pattuizioni; in merito alle variazioni dei tassi d’interessi, non risulta dagli
atti alcuna comunicazione di jus variandi, sebbene in alcuni periodi la banca abbia applicato tassi
debitori diversi da quelli previsti dai contratti.
Parte attrice si duole in second’ordine della illegittima corresponsione della commissione di
massimo scoperto che, seppur pattuita, risulta applicata sull’utilizzato.
Al riguardo va ricordato che la questione sull'astratta validità delle clausole di previsione della
commissione di massimo scoperto, sulla quale peraltro già si era espressa la giurisprudenza di
legittimità nel qualificare la `commissione di massimo scoperto' come la " ... remunerazione

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accordata alla banca per la messa a disposizione dei fondi a favore del correntista
indipendentemente dall'effettivo prelevamento della somma ..." (cfr. Cass. civ. n. 870/2006, in
motivazione), può ritenersi definitivamente superata per effetto del D.L. 185/2008 del
28/11/2008, convertito con modificazioni dalla L. 2/2009 del 28/1/2009, che costituisce la prima
regolamentazione organica della materia, oggetto di successivi interventi legislativi, che hanno
integrato e sostituito l'originaria normativa, poi invero abrogata nel 2012 dall'art. 27, 4° comma,
del D.L. 1/2012 del 24/1/2012, convertito con modificazioni dalla L. 27/2012 del 24/3/2012.
Era stato previsto un termine di 150 giorni per l'adeguamento dei contratti in corso, termine
decorrente dall'entrata in vigore della legge di conversione; quindi, entrata in vigore la L. n.
2/2009 il 29/1/2009, il termine scadeva il 28/6/2009.
Venivano ad essere disciplinate due distinte ipotesi di commissioni: la prima sulle somme
utilizzate (cd. commissione sulle somme utilizzate), sia pure nella sola ipotesi di conti affidati e
per utilizzi del fido per un tempo superiore a trenta giorni, e la seconda sulla messa a
disposizione dei fondi (c.d. commissione per messa a disposizione dei fondi o CMDF), dovuta a
prescindere dall'effettivo utilizzo e dalla durata dell'utilizzo, ma a precise condizioni: 1)
predeterminazione del corrispettivo per il servizio di messa a disposizione delle somme,
unitamente al tasso debitore per le somme effettivamente utilizzate; 2) pattuizione con atto
scritto, non rinnovabile tacitamente; 3) determinazione del corrispettivo in misura

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onnicomprensiva e proporzionale all'importo ed alla durata dell'affidamento richiesto dal cliente;
4) rendicontazione al cliente con cadenza massima annuale, in cui si doveva dare indicazione
dell'effettivo utilizzo avvenuto nello stesso periodo, il tutto fatta salva comunque la facoltà di
recesso del cliente in ogni momento.
Si è pertanto in presenza di un primo intervento organico che, nel disciplinare la materia delle
CMS, da considerare pienamente valide ed efficaci se conformi ai dettami di legge, ha consentito
implicitamente di riconoscere la piena legittimità delle CMS, anche per il passato, quanto alla
sussistenza di una valida causa negoziale, già peraltro - come detto- affermata da giurisprudenza
di legittimità e di merito.
Come già evidenziato in passato, era normativamente previsto che detta commissione dovesse
essere pattuita in apposita clausola del contratto scritto fra banca e cliente, anche al fine di
rispondere all'esigenza di determinatezza dell'oggetto del contratto.
Immediatamente dopo l'entrata a regime della predetta disciplina e scaduto il termine per
l'adeguamento dei contratti in corso (giugno 2009), vi è stata un'integrazione, con l'aggiunta di

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un'ulteriore condizione per la validità delle citate CMDF (c.d. commissione per messa a
disposizione dei fondi), per effetto dell'art. 2, 2° comma, del D.L. 78/2009 dell'1/7/2009,
convertito con modificazioni dall'art. 1, 1° comma, L. 102/2009.
In conclusione era possibile per la banca prevedere e conteggiare contemporaneamente gli
interessi passivi, la CMS e la CMDF, il tutto peraltro nel rispetto delle previsioni di legge su
citate e dei tassi soglia in tema di usura.
La disciplina legale è stata modificata tra il 2011 ed il 2012 : in particolare, con il D.L. 201/2011
del 6/12/2011, convertito con modificazioni dalla L. 214/2011 del 22/12/2011, è stato introdotto,
con l’art. 6-bis, il nuovo art. 117-bis del D.Lgs 385/1993 TUB; dopo poco più di un mese, con il
D.L. 1/2012 del 24/1/2012, convertito con modificazioni dalla L. 27/2012 del 24/3/2012, è stato
previsto, all'art. 27-bis, che "sono nulle tutte le clausole comunque denominate che prevedano
commissioni a favore delle banche a fronte della concessione di linee di credito, della loro messa
a disposizione, del loro mantenimento in essere, del loro utilizzo anche nel caso di sconfinamenti
in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido", mentre -come detto- con l'art. 27 era
stata disposta l'abrogazione dei " ... commi 1 e 3 dell'articolo 2-bis del decreto- legge 29
novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, ...";
nella stessa giornata del 24/3/2012 vi è stata peraltro una nuova decretazione d'urgenza con il
D.L. 29/2012 del 24/3/2012, convertito con modificazioni dalla L. 62/2012 del 18/5/2012, con

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Sentenza n. 18884/2020 pubbl. il 31/12/2020
RG n. 5461/2018
Repert. n. 19066/2020 del 31/12/2020
cui si è proceduto alla modifica tanto dell'art. 27-bis del citato D.L. 1/2012, con l'aggiunta al 1°
comma, alla fine, delle seguenti parole " ... stipulate in violazione delle disposizioni applicative
dell'articolo 117-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto
legislativo 1° settembre 1993, n. 385, adottate dal Comitato interministeriale per il credito ed il
risparmio al fine di rendere i costi trasparenti e immediatamente comparabili" e con l'aggiunta di
due nuovi commi (1-bis e 1-ter), quanto dell'art. 117-bis del citato D.Lgs 385/1993 TUB.
Da ultimo, a completamento e definizione del quadro normativo, è intervenuto il D.M. 644 del
30/6/2012 del C.I.C.R., che, entrato in vigore in data 1/7/2012, ha fornito una disciplina di
dettaglio anche per quanto riguarda il regime transitorio.
Alla luce di tale complessa evoluzione normativa, si deve ritenere che – con riferimento al
periodo antecedente il 2009 (data del primo intervento normativo) - la commissione di massimo
scoperto abbia un'idonea causa giustificatrice solo qualora sia prevista come corrispettivo per la
messa a disposizione delle somme del fido e sia, pertanto, calcolata sull'importo accordato e non
utilizzato, conformemente alla posizione espressa dalla Suprema Corte, con la menzionata

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sentenza 18.1.2006 n°870, servendo a riequilibrare i costi sostenuti dalla banca per
approvvigionarsi del denaro che sarebbe stato concesso alla clientela.
Per contro, la C.M.S. deve essere ritenuta priva di causa laddove calcolata sulle somme in
concreto utilizzate dal correntista. Ed infatti, appare legittimo che i contratti di apertura di credito
prevedano la C.M.S. come una remunerazione della messa a disposizione di un importo da parte
della banca, nella misura in cui detta somma non sia utilizzata: trattasi, invero, di una prestazione
dell'istituto di credito che ha (a prescindere dal suo ammontare) un costo per lo stesso,
segnatamente nemmeno remunerato dagli interessi, generalmente calcolati solo sull'importo
utilizzato se, quando e nella misura in cui si verifichi l’utilizzazione.
D'altro canto, non può riconoscersi un'idonea causa giustificatrice laddove la C.M.S. sia
applicata sull'utilizzato, indifferentemente intra o extra fido. Rileva in tal senso non solo e non
tanto la previsione di interessi sull'importo utilizzato (la quale già remunera la banca della
concreta privazione di liquidità), ma anche e soprattutto l'atteggiarsi della C.M.S. in dette ipotesi.
Ed invero, laddove la C.M.S. sia applicata sull'utilizzato, la stessa – in genere – viene
parametrata all'utilizzo più elevato nel trimestre di riferimento, a prescindere dalla durata di detta
massima esposizione debitoria. Orbene, è proprio l'irrilevanza della durata della massima
esposizione debitoria nel periodo di riferimento a palesare la mancanza di causa della C.M.S. in
dette ipotesi: in questi termini, infatti, la C.M.S. perde la logica di un corrispettivo per la somma

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Sentenza n. 18884/2020 pubbl. il 31/12/2020
RG n. 5461/2018
Repert. n. 19066/2020 del 31/12/2020
utilizzata, prescindendo dalla concreta durata della perdita di liquidità della banca, atteggiandosi
invece come una sorta di inammissibile clausola penale per il “fatto lecito”, in quanto, da un lato,
quantificata in un forfait a prescindere dalla durata dell'erogazione del credito e, dall'altro,
inaccettabilmente prevista per quanto è oggetto del contratto di apertura di credito e non anche
per l'inadempienza dello stesso.
Sulla base di tali considerazioni, è stato posto al consulente tecnico d’ufficio il quesito, nel senso
di escludere la C.M.S. nel caso di previsione ed applicazione della stessa sull’utilizzato, salvo nel
caso in cui, per i periodi successivi alla data di entrata in vigore della legge di conversione n. 2
del 28.1.2009 ed alla data dell’1.7.2012, la banca abbia adeguato le clausole alle nuove
normative afferenti tale commissione. Nella specie, il c.t.u. ha rilevato l’applicazione della
commissione, come risultante dagli estratti conto, sul saldo passivo massimo, ossia sulla parte
utilizzata del credito concesso. Conseguentemente la C.M.S. deve essere esclusa ai fini della
determinazione del saldo dei conti correnti controversi.
Le commissioni sugli affidamenti introdotte ex lege nel 2009 e nel 2012 risultano applicate,

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benché di essi non risulta in atti la comunicazione di adeguamento dei contratti: ne consegue la
loro esclusione ai fini della determinazione del saldo dei conti correnti controversi.
Le contestazioni concernenti le valute sono oltremodo generiche, pertanto risultano infondate.
Ebbene, i rapporti controversi presentavano, alla data della loro chiusura, i seguenti saldi:
- c/c n. 12687.14, intrattenuto dalla s.r.l. Edil Koerting – Canepa presso la filiale di Firenze n. 14
della Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. e chiuso il 22/02/2013: € 74.082,08 a credito della
correntista;
- c/c n. 631038,22, già n. 10672, acceso dalla s.r.l. Edil Koerting – Canepa presso la filiale di
Montevarchi della Banca Antonveneta, cui è succeduta la Banca Monte dei Paschi di Siena
S.p.A., chiuso in data 21/02/2013: € 3.458,04 a credito della correntista
- conto anticipi su fatture n. 1290660,75, intrattenuto dalla s.r.l. Edil Koerting – Canepa presso la
filiale di Montevarchi della Banca Antonveneta, cui è succeduta la Banca Monte dei Paschi di
Siena S.p.A., chiuso in data 21/02/2013: € 50.432,00 a debito della correntista
- conto anticipi su fatture n. 33683306,56, intrattenuto dalla s.r.l. Edil Koerting – Canepa presso
la filiale di Firenze n. 14 della Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. e chiuso in data
22/03/2013: € 78.121,95 a debito della correntista.
In conclusione, in parziale accoglimento dell’opposizione, deve revocarsi il decreto ingiuntivo
opposto; nondimeno, operate le dovute compensazioni tra i reciproci crediti, la s.r.l. Siena NPL

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Sentenza n. 18884/2020 pubbl. il 31/12/2020
RG n. 5461/2018
Repert. n. 19066/2020 del 31/12/2020
2018 risulta creditrice di Edil Koerting – Canepa in liquidazione s.r.l. e Simone Degli Innocenti
della somma di € 51.013,83: su tale importo, trattandosi di debito di valuta, decorrono gli
interessi legali dalla notificazione del decreto ingiuntivo (14/12/2017) al saldo.
Con riferimento ai rapporti di conto corrente n. 10210.87, 12121.96 e 12120.06, accesi presso la
banca opposta dalla s.r.l. S.N.I.T.E.S. – Koerting Canepa la S.p.A. Banca Monte dei Paschi di
Siena eccepisce la carenza di legittimazione attiva dell’opponente e l’inammissibilità, in quanto
tardive, delle avverse deduzioni volte a supportare il subentro della s.r.l. Edil Koerting – Canepa
in liquidazione nei suddetti conti correnti accesi dalla s.r.l. S.N.I.T.E.S. – Koerting Canepa
presso la banca opposta.
L’eccezione sollevata dalla banca è fondata limitatamente alla dedotta carenza di legittimazione
attiva della parte opponente.
Ed invero, l’ingiunta ha tempestivamente proposto la propria domanda riconvenzionale
estendendola ai rapporti di conto corrente accesi originariamente dalla s.r.l. S.N.I.T.E.S. –
Koerting Canepa, cui è succeduta la s.r.l. Edil Koerting – Canepa per effetto dell’atto del

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17/07/2006, Repertorio n. 15683, di cessione del ramo di azienda relativo all’esercizio corrente
in Calenzano, Via del Colle n. 74, avente ad oggetto l’attività di costruzione restauro di beni
immobili, civili ed industriali, scavi, sterri, reti fognarie, acquisto, vendita e gestione beni
immobili.
Nondimeno, non vi è prova della successione dell’odierna opponente nei rapporti di conto
corrente stipulati tra le società S.N.I.T.E.S. – Koerting Canepa s.r.l. e Banca Monte dei Paschi di
Siena S.p.A., non essendo all’uopo idonea prova la mera menzione nella visura camerale della
s.r.l. Edil Koerting – Canepa del conferimento del ramo d’azienda sopra descritto.
Osserva al riguardo la Suprema Corte con motivazione del tutto condivisibile che il meccanismo
di successione automatica nei contratti riferiti all'azienda, secondo le previsioni dell'art. 2558 c.c,
se trova naturale applicazione alla fattispecie ordinaria della cessione d'azienda, non può ritenersi
indifferentemente estensibile anche all'ipotesi della cessione di ramo d'azienda, attesa, in tale
ultimo caso, la necessità di un'espressa previsione delle parti diretta alla specifica determinazione
dei rapporti contrattuali pertinenti al ramo d'azienda destinato al trasferimento, al fine di
distinguerli da quelli che permangono nella sfera del cedente (cfr. Cass. civ. n. 20417
dell’11/10/2016).
Ad abundantiam, la domanda riconvenzionale fondata sui rapporti di conto corrente accesi dalla
s.r.l. S.N.I.T.E.S. – Koerting Canepa è infondata.

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Sentenza n. 18884/2020 pubbl. il 31/12/2020
RG n. 5461/2018
Repert. n. 19066/2020 del 31/12/2020
Per costante giurisprudenza, nei giudizi promossi dal “cliente” – correntista o mutuatario - per
far valere la nullità di clausole contrattuali o l’illegittimità degli addebiti in conto corrente in
vista della ripetizione di somme richieste dalla Banca in applicazione delle clausole nulle o,
comunque, in forza di prassi illegittime, tra cui rientra la domanda riconvenzionale proposta
dall’opponente sulla base di rapporti diversi da quelli dedotti dalla banca in sede monitoria,
grava senz’altro sulla parte attrice innanzitutto l’onere di allegare in maniera specifica i fatti posti
alla base della domanda e, in secondo luogo, l’onere di fornire la relativa prova.
Infatti, in ossequio alle regole generali in tema di onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., in
caso di ripetizione di indebito incombe all'attore fornire la prova non solo dell'avvenuto
pagamento ma anche della mancanza di causa debendi ovvero del successivo venir meno di
questa (cfr., ex multis, Cass. civ. n. 7501 del 14/05/2012, secondo cui “Chi allega di avere
effettuato un pagamento dovuto solo in parte, e proponga nei confronti dell'"accipiens" l'azione
di indebito oggettivo per la somma pagata in eccedenza, ha l'onere di provare l'inesistenza di una
causa giustificativa del pagamento per la parte che si assume non dovuta”). La Suprema Corte ha

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evidenziato che l’onere della prova grava sul correntista attore non solo allorquando lo stesso
agisca per ottenere la ripetizione di somme indebitamente pretese dalla Banca, ma anche nel caso
in cui il medesimo correntista promuova mera azione di accertamento negativo.
In un recente arresto, inoltre, la Suprema Corte – in fattispecie analoga a quella in esame - ha
argomentato come segue: “Va premesso che la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente
ritenuto che qualora l’attore proponga domanda di accertamento negativo del diritto del
convenuto e quest’ultimo non si limiti a chiedere il rigetto della pretesa avversaria ma proponga
domanda riconvenzionale per conseguire il credito negato dalla controparte, ambedue le parti
hanno l’onere di provare le rispettive contrapposte pretese. […] In tal senso è stato altresì
ritenuto che l’onere probatorio gravante, a norma dell’art. 2697 cod. civ., su chi intende far
valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica o l’estinzione del diritto da altri
vantato, non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto “fatti negativi”, in quanto la
negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando esso pur
sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, ha carattere costitutivo
(cfr. Cass. civ. n. 9201 del 7/5/2015).
Non possono gli opponenti riversare l’onere probatorio in ordine ai rapporti inter partes sulla
banca, la quale, nella fattispecie, con riferimento ai contratti di conto corrente stipulati dalla s.r.l.
S.N.I.T.E.S. – Koerting Canepa, si è limitata a chiedere il rigetto delle avverse pretese e a

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Sentenza n. 18884/2020 pubbl. il 31/12/2020
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Repert. n. 19066/2020 del 31/12/2020
sollevare eccezioni volte a paralizzare la domanda riconvenzionale proposta dagli ingiunti in
sede di opposizione, trattandosi di rapporti non azionati dall’opposta in sede monitoria.
Ciò posto, risulta dagli atti ed è stato evidenziato dal c.t.u. che l’opponente, con riferimento ai
conti correnti aperti dalla s.r.l. S.N.I.T.E.S. – Koerting Canepa, ha depositato i seguenti
documenti:
- c/c n. 10210.87: estratti conto dal 1/1/2000 al 31/7/2007;
- c/c n. 12121.96: estratti conto dal 9/5/2000 al 30/6/2002
- c/c n. 12120.06: estratti conto dal 9/5/2000 al 31/12/2001.
Ebbene, in mancanza della completa documentazione contrattuale concernente i suddetti rapporti
di conto corrente, sono infondate le domande riconvenzionali proposte dagli opponenti in
relazione ai conti correnti accesi dalla s.r.l. S.N.I.T.E.S. Koerting Canepa.
Sussistono giusti motivi, stante la parziale soccombenza reciproca, per compensare tra le parti le
spese di lite nella misura della metà, dovendo porsi la restante parte, liquidata come in
dispositivo, a carico degli opponenti, in base al criterio della soccombenza prevalente.

Firmato Da: MARTUCCI TOMMASO Emesso Da: ARUBAPEC S.P.A. NG CA 3 Serial#: 12d0d026be91bed376367f158bb94132
Per i motivi sopra addotti si ritiene equo compensare tra le parti le spese di c.t.u., liquidate con
separato decreto, nella misura della metà, dovendosi porre la restante parte definitivamente a
carico degli opponenti.
P.Q.M.
visto l’art. 281-quinquies c.p.c.;
il Tribunale di Roma, definitivamente pronunziando sull’opposizione proposta con atto di
citazione notificato in data 19/1/2018 da Edil Koerting – Canepa s.r.l. in liquidazione, in persona
del legale rappresentante pro tempore, e Simone Degli Innocenti avverso la S.p.A. Banca Monte
dei Paschi di Siena, con l’intervento della S.p.A. Cerved Credit Management, in persona del
legale rappresentante pro tempore, quale mandataria della s.r.l. Siena NPL 2018, cui è stata
riunita l’opposizione proposta da Massimiliano Guidi avverso la S.p.A. Banca Monte dei Paschi
di Siena, contrariis reiectis:
ACCOGLIE parzialmente l’opposizione e, per l’effetto, REVOCA il decreto ingiuntivo n.
26701/2017, N.R.G. 73168/2017, emesso dal Tribunale di Roma il 17/11/2017;
DICHIARA tenuti e, per l’effetto, CONDANNA Edil Koerting – Canepa s.r.l. in liquidazione,
Simone Degli Innocenti e Massimiliano Guidi al pagamento in favore della S.p.A. Cerved Credit
Management, quale mandataria della s.r.l. Siena NPL 2018, della somma di € 51.013,83, oltre
agli interessi legali dal 14/12/2017 al saldo;

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Sentenza n. 18884/2020 pubbl. il 31/12/2020
RG n. 5461/2018
Repert. n. 19066/2020 del 31/12/2020
RIGETTA le domande riconvenzionali proposte dagli opponenti;
COMPENSA tra le parti le spese di lite nella misura della metà e CONDANNA Edil Koerting –
Canepa in liquidazione s.r.l., Simone Degli Innocenti e Massimiliano Guidi a rifondere alle
controparti la residua parte, che liquida, quanto alla S.p.A. Cerved Credit Management, quale
mandataria della s.r.l. Siena NPL 2018, in € 6.500,00 per compenso professionale, oltre al 15%
per spese generali e agli accessori di legge e, quanto alla S.p.A. Banca Monte dei Paschi di
Siena, in € 6.500,00 per compenso professionale, oltre al 15% per spese generali e agli accessori
di legge.
Così deciso in Roma, li 30/12/2020.
Il Giudice
Tommaso Martucci

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"Avv. Massimo Luconi"
Da
<massimoluconi@ordineavvocatiroma.org>
"avv.fabiogiorgi@pec.it" <avv.fabiogiorgi@pec.it>,
A "info@pec.studiolegalemanciocchi.it"
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Data martedì 5 gennaio 2021 - 10:29

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Qualora si dovessero incontrare difficoltà nella
loro consultazione, si seguano i seguenti passi:
1) registrare gli allegati in una locazione
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2) verificare la firma digitale apposta sul o sui
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dalla seguente pagina del sito dell'Agenzia per
l'Italia Digitale: http://www.agid.gov.it/identita-
digitali/firme-elettroniche/software-verifica
oppure caricando tale/i documento/i nella
seguente pagina del Consiglio Nazionale del
Notariato: http://vol.ca.notariato.it/;
Per maggiori informazioni sulla firma digitale,
sulla verifica e la consultazione dei documenti
firmati digitalmente consultare la seguente
pagina del sito di Agenzia per l'Italia Digitale:
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elettroniche/firma-digitale.
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