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Realtà virtuale: ficcanza in abbondanza

Nel 1968 Ivan Sutherland, con l'aiuto del suo studente Bob Sproull, creò


quello che è considerato il primo sistema di realtà virtuale con visore. Era
primitivo sia in termini di interfaccia utente sia di realismo, il visore da
indossare era così pesante da dover essere appeso al soffitto e la grafica era
costituita da semplici stanze in wireframe. L'aspetto di quel dispositivo ne
ispirò il nome, La Spada di Damocle.
Il primo dispositivo che possa essere considerato di realtà virtuale è
dal MIT nel 1977. Il principale scopo di questo simulatore era ricreare
virtualmente Aspen, cittadina del Colorado; agli utenti era concesso di
camminare per le vie in modalità estate, inverno e in modalità poligonale.
Mentre le prime due modalità erano indirizzate alla replica di filmati delle
strade della cittadina, la terza si basava su una poligonazione
tridimensionale, con una grafica scarsa visti i limiti tecnologici di allora.
La nascita del termine VR, Virtual Reality, risale al 1989, anno in
cui Jaron Lanier, uno dei pionieri in questo campo, fondò la VPL
Research (Virtual Programming Languages, "linguaggi di
programmazione virtuale").
Con le tecnologie attuali, la percezione di un mondo virtuale è ancora
distinguibile da quella del mondo reale, ifatti per quanto il fotorealismo
delle immagini rende completa o quasi l'esperienza visiva, tuttavia gli altri
sensi sono parzialmente trascurati.

Periferiche
La realtà virtuale immersiva secondo il livello tecnologico attuale e
secondo le previsioni possibili per il prossimo futuro potrà essere utilizzata
dalla massa grazie ad alcune periferiche (in parte già utilizzate):
 visore - un casco o dei semplici occhiali in cui gli schermi vicini
agli occhi annullano il mondo reale dalla visuale dell'utente. Il visore può
inoltre contenere dei sistemi per la rilevazione dei movimenti, in modo che
girando la testa da un lato, ad esempio, si ottenga la stessa azione anche
nell'ambiente virtuale.
 auricolari - trasferiscono i suoni all'utente.
 wired gloves (guanti) - Possono essere utilizzati per i movimenti, per
impartire comandi, digitare su tastiere virtuali, ecc.
cybertuta - una tuta che avvolge il corpo. Può avere molteplici utilizzi: può
simulare il tatto flettendo su se stessa grazie al tessuto elastico, può
realizzare una scansione tridimensionale del corpo dell'utente e trasferirla
nell'ambiente virtuale.

La realtà aumentata (augmented reality) si basa invece sull'ampliamento o


sull'integrazione della realtà circostante con immagini generate
al computer, che modificano l'ambiente originario senza influire sulle
possibilità di interazione.
Il mercato di AR / VR è già diventato un mercato da un miliardo
di dollari e si prevede che continuerà a crescere ben oltre i $120 miliardi
entro pochi anni.[1]

Cognizione nella realtà virtuale


Il mondo virtuale strettamente inteso è un ambiente idoneo a compiere
esperimenti di vita artificiale, studiare i comportamenti sociali degli umani
e supportare nuove forme di comunicazione (Schell 2002).
Schematizzando, il senso dell'esperienza virtuale è dato dalle relazioni fra
due categorie: la presenza e l'immersione. Con il primo termine, si può
intendere il livello di realismo psicologico che un soggetto esperisce
dall'interazione con il mondo virtuale, nel rapporto istantaneo con
l'ambiente e nella coerenza della sua evoluzione rispetto alle aspettative ed
alle previsioni. Ad esempio, se si lascia la presa di un oggetto, ci si aspetta
che questo cada a terra e non fluttui nell'aria; se si tratta di un oggetto
fragile, si prevede che esso, al contatto con il suolo, si danneggi più o
meno gravemente. Se ciò non succedesse, si perderebbe il senso di
presenza nell'ambiente virtuale. In egual modo ciò accade anche nel
mondo onirico, dove finché il senso di presenza viene mantenuto, non
distinguiamo i sogni dalla realtà. Con il termine "immersione" ci si
riferisce, dal punto di vista percettivo, alla capacità dell'ambiente virtuale
di coinvolgere direttamente i sensi del soggetto, isolandolo dagli stimoli
dell'ambiente reale (Biocca e Delaney, 1995). Dal punto di vista
psicologico, l'immersione si realizza con il coinvolgimento e l'impiego
delle risorse cognitive del soggetto. Riprendendo l'esempio del corpo
lasciato cadere, l'immersione è data non solo dalla sensazione tattile
dell'oggetto che scivola via dalla mano, dal suono prodotto all'impatto col
terreno e dalle conseguenze visive dell'azione, ma anche (ad esempio)
dall'attivazione dei processi automatici legati al tentativo di riprenderlo
prima che tocchi terra e si danneggi.
Dispositivi in commercio
Attualmente i dispositivi di realtà virtuale in commercio non sono molti,
ma è prevista la commercializzazione da parte di alcune grandi case di
produzione videoludiche nel corso di pochi anni:
 HTC Vive (2016)
 HTC Vive Pro (2018)
 Oculus Rift (2016)
 Playstation VR (2016)
 Razer OSVR
 Google Cardboard
 Samsung Gear VR

Il visore può essere sopperito da un supporto VR per smartphone (è questo


il caso degli ultimi due esempi appena riportati), dove la componente
video viene elaborata e visualizzata dallo smartphone, il supporto di
conseguenza si limita a reggere lo smartphone e regolare le varie misure,
di conseguenza risulta molto meno costoso, oltre ad essere adattabile a
molti smartphone, inoltre permette anche di essere utilizzato per la realtà
aumentata, cosa che non sempre è possibile con un visore da realtà
virtuale.

Utilizzi
Medicina
Cuore 3D
L'azienda francese Dassault Systemes ha sviluppato un modello
tridimensionale che permette di guardare all'interno del cuore del paziente:
un software che potrebbe rivoluzionare la diagnosi e il trattamento delle
disfunzioni cardiache.
Lo ha sviluppato la francese Dassault Systemes nel contesto del Living
Heart Project, con la collaborazione di decine di aziende specializzate,
ricercatori e medici.
 Partendo da scansioni TC (tomografia computerizzata), il software
costruisce al computer una precisa elaborazione tridimensionale dinamica,
ossia che pulsa e si muove come un cuore vero.
Non solo: il modello può essere modificato in tempo reale, consentendo di
sperimentare procedure complicate prima di prendere in mano il bisturi, o
mostrando per esempio come si comporta l'organo in seguito all'innesto di
una valvola artificiale, in modo da poter scegliere quella più adatta e
ridurre i rischi di esiti negativi.
Questa tecnica è utilizzata anche per altri tipi di operazione quali quelli di
rimozione di masse tumorali utilizzando i dati provenienti dalle analisi più
adatte al caso.
Gli sviluppatori hanno portato il cuore tridimensionale anche fuori dallo
schermo piatto del computer, calandolo in ambienti virtuali accessibili con
strumenti come il visore Oculus Rift. In particolare hanno elaborato due
situazioni: la simulazione di una sala operatoria e un cuore ingigantito,
grande come una stanza, "visitabile" dall'interno.
I benefici di questo organo digitale per la ricerca, la diagnosi e la terapia
sono evidenti, ma c'è anche un altro aspetto fondamentale: poter mostrare e
spiegare ai pazienti in modo chiaro qual è il loro problema e a quali
procedure saranno sottoposti.

Tumore all'intestino, prima operazione chirurgica 'a


distanza' con la realtà virtuale
AL ROYAL London hospital, uno dei più grandi della capitale inglese,
una donna viene operata per rimuovere un tumore all’intestino. Il
chirurgo in carica è l’oncologo Shafi Ahmed. Ad assisterlo ci sono anche il
professor Hitesh Patel e Shailesh Shrikhande, chirurgo oncologo. I tre
specialisti si consultano durante l’intervento, condividono radiografie ed
esami della paziente e poi procedono. Sarebbe tutto normale se non fosse
che Patel si trovava, sì a Londra, ma in un altro ospedale (il London
Independent) e Shrikhande al Tata Memorial di Mumbai, il più grande
ospedale oncologico dell’India.
Il consulto virtuale, il primo al mondo per un intervento chirurgico di
questo tipo, è stato reso possibile da HoloLens di Microsoft, un visore per
la realtà mista, dotato di sensori e speaker, in grado di proiettare
ologrammi (per esempio l’immagine delle radiografie) sull’ambiente reale
circostante.  
“Noi tre indossavamo il dispositivo, io ero in sala operatoria, i miei
colleghi nei loro rispettivi uffici a chilometri di distanza”, racconta
a Repubblica il professor Shafi Ahmed, 48 anni, originario del Bangladesh
ma cresciuto a Londra. “Durante l’intervento ho preso cinque minuti di
pausa, mi sono messo in disparte e mi sono consultato con loro. Ci
potevamo vedere come avatar, ma non in volto. Tutti e tre eravamo in
grado di consultare contemporaneamente le note della paziente e tutte le
informazioni che la riguardavano e potevamo comunicare in tempo reale.

La realtà virtuale per curare le fobie


Pubblicato uno studio sulla Harvard Review of Psychiatry. L’autrice,
Jessica Maples-Keller, psicologa della Emory university, ha revisionato
tutte le ricerche esistenti sulla virtual reality (vr) in campo medicale e ha
concluso che la tecnologia è particolarmente efficace per combattere ansie
e fobie, come la paura di volare, della folla o dell’acqua.
Per superare questi timori si usa la tecnica dell’esposizione, cioè attraverso
il visore della realtà virtuale si crea uno scenario adatto e si espone
gradualmente il paziente alle situazioni che sono fonti di ansia. Lo scenario
è controllato dal terapeuta che può renderlo più o meno ostile. Grazie al
carattere immersivo di questi mondi fittizi, l’esposizione risulta più
autentica e quindi più efficace. L’esposizione alla fonte di stress si ripete
finché la reazione del soggetto diventa più controllata.
L’Italia è all’avanguardia. L’Istituto Auxologico Italiano è l’unico al
mondo ad avere due "cave" (nelle residenze sanitarie assistenziali
Monsignor Bicchierai a Milano), ovvero stanze i cui muri e pavimenti
sono in realtà schermi tappezzati di sensori a raggi infrarossi che tracciano
i movimenti del paziente. I computer proiettano sugli schermi lo scenario
desiderato e il soggetto non deve nemmeno indossare il visore della realtà
virtuale, ma solo degli occhialini 3D.

Tecnologia vr e capacità cognitive


Un altro studio clinico in pubblicazione ha riguardato gli anziani con
peggioramento delle capacità cognitive. Facendoli muovere in una città
virtuale Riva ha concluso che la vr è più efficace della terapia tradizionale
nel bloccare il declino cognitivo. In particolare riduce significativamente
(del 18%) il disorientamento spaziale. Per questo la cyberterapia può
risultare decisiva nel trattamento di Alzheimer, demenza e Parkinson.
Simulare una situazione reale, come fare acquisti al supermercato o
preparare una ricetta in cucina, per identificare e rallentare il declino
cognitivo. “L'obiettivo è quello di individuare segnali di una riduzione di
alcune abilità cognitive, come quelle legate alle funzioni esecutive”.
In pratica, come ha spiegato
l'esperto, già nella fase iniziale del declino cognitivo, il soggetto può
manifestare difficoltà nello svolgimento di alcune attività della vita
quotidiana, come quelle citate. “In tal senso – prosegue Riva – abbiamo
messo a punto un labirinto virtuale, mediante Cave, due stanze in cui sono
presenti tecnologie virtuali, all'interno dell'Istituto Auxologico Italiano.
Attraverso queste stanze Cave, il paziente cammina e svolge azioni di vita
quotidiana, e nel frattempo viene monitorato in ogni istante”.
In queste stanze, si nasconde un vero e proprio mondo virtuale: attraverso
un joypad ed occhiali virtuali la persona viene proiettata all'interno di
situazioni di vita quotidiana, come strade o negozi. In tal modo, spiega il
professore, oltre ad osservare il paziente, è possibile misurare la
sua attività motoria in relazione al tempo impiegato, ottenendo dunque una
misura scientifica di eventuali segnali di declino cognitivo. “Lo scopo –
spiega Riva – è quello di anticipare la diagnosi, intercettando il paziente
nella fase che precede la demenza. Ma oltre alla diagnosi, questi sistemi
virtuali forniscono strumenti per stimolare la sfera cognitiva”. E gli
esercizi possono ritardare il declino di queste abilità: questo approccio,
come ha spiegato l'esperto, in un primo gruppo di 20 pazienti è risultato
essere più efficace clinicamente rispetto a quello riabilitativo tradizionale.

Realtà virtuale come antidolorifico


Un’altra interessante applicazione della realtà virtuale riguarda l’ambito
farmaceutico per fini terapeutici, ovvero la terapia del dolore. In molti
esperimenti, i pazienti hanno trovato beneficio nell’immersione in
ambienti virtuali durante trattamenti molto invasivi e dolorosi. Ad
esempio, presso il Centro Medico Cedars-Sinai (Los Angeles), 60 persone
sono state immerse nel gioco Bear Blast nel quale, attraverso lievi
movimenti della testa, dovevano colpire con delle palline gli orsi che
comparivano. Questo studio ha dimostrato che la realtà virtuale può avere
degli effetti analoghi agli antidolorifici oppiacei portando a una riduzione
media del 24% del dolore percepito; secondo i medici, questo dato è
paragonabile a quanto si può ottenere in caso di dolore acuto con la
somministrazione di analgesici oppiacei. Un risultato che, se confermato
da ulteriori studi, potrebbe portare alla riduzione dell’utilizzo di
oppioidi nella fase pre e post-operatoria.
 

Pubblica sicurezza
Con sempre maggior frequenza, la realtà virtuale è utilizzata per addestrare
corpi di polizia e corpi militari e far sì che gli uomini delle forze armate
sappiano come comportarsi anche nelle situazioni più delicate e pericolose.
I vantaggi della realtà virtuale, in questi casi, sono immediatamente
"visibili": è sufficiente indossare un visore VR, caricare lo scenario nel
quale "immergersi" e far partire l'addestramento. 
Ad esempio, la società americana Sandia ha sviluppato, in collaborazione
con la DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency), un sistema
di realtà virtuale per addestrare i propri operatori sanitari nel
primo intervento sul campo di battaglia. In tal modo, gli operatori
avevano la possibilità di:
 interagire con i pazienti e con i diversi strumenti richiesti e avere una
esperienza in real-time dei risultati delle proprie azioni: se l’intervento
non andava a buon fine, il paziente virtuale simulava il dolore o il
pianto;
 calarsi nella situazione ambientale di guerra: il rumore delle bombe e
delle granate, le urla dei feriti etc…, producevano in loro una risposta
emotiva simile a quella che avrebbero provato su un vero campo di
battaglia.
In  questo caso, la realtà virtuale permette non solo di imparare una
tecnica, ma anche di sperimentare emozioni e imparare a controllarle,
così che l’operatore possa intervenire con successo e gestire la tensione
esacerbata dalla situazione.

Giudizio virtuale
Un sistema di realtà virtuale ricrea le scene dei delitti. Per aiutare
giudici e giurati durante i processi.
Un'azienda canadese ha infatti sviluppato un software in grado di
ricreare un modello tridimensionale e interattivo della scena del
crimine, a partire da poche centinaia di fotogrammi catturati con
una speciale videocamera.
Il sistema iSM (Modellatore istantaneo di scene), consente di
generare stanze e ambienti che possono essere esplorati da
angolazioni e posizioni diverse con pochi click di mouse, proprio
come accade nei più avanzati videogame.
La ripresa delle immagini utilizzate per la modellazione viene
effettuata con una stereo-camera, cioè un set di due videocamere
allineate l'una all'altra a distanza definita. Grazie a questo sistema
è possibile calcolare la distanza tra ciascuno dei punti della scena
ripresa, esattamente come i nostri occhi sono in grado di percepire
e stimare la distanza tra due punti nello spazio.
I filmati così ottenuti vengono poi elaborati dagli algoritmi i
singoli fotogrammi tridimensionali vengono così trasformati in
una vera e propria realtà virtuale.

Nei tribunali inglesi la giuria esplora la


scena del crimine con la realtà virtuale
Dei ricercatori della Facoltà di Archeologia e di Scienze
Forensidell’Università dello Staffordshire, in Inghilterra. Grazie alla
realtà virtuale puntano a ricreare fedelmente la scena del crimine in tutti i
suoi dettagli in modo da fornire alla giuria una visita immersiva sul luogo
del delitto. Il puzzle di particolari da analizzare diventa un video
interattivo consultabile mediante visori VR (al momento sono stati
testati gli HTC Vive). L’analisi diventa esperienza, lo studio diventa
viaggio digitale in un frammento di vita fedelmente ricreato per l’udienza
in tribunale.

Scenografia forense

Per realizzare questa “scenografia forense”, i ricercatori inglesi guidati


dalla Dott.ssa Caroline Sturdy Colls hanno impiegato tecnologie di
scansione laser grazie alla Advanced Laser Imaging ma anche droni nel
caso di terreni all’aperto. I dati raccolti sono stati poi riuniti al computer e
arricchiti usando tecniche di modellazione digitale. Anche se il progetto ha
già ricevuto il premio Marie Sklodowska-Curie di 182 mila euro offerto
dall’Unione Europea, questo nuovo approccio è al momento in fase di
test con degli ostacoli ancora da superare, e i primi non sono logistici. E’
vero, sarà necessario fare un investimento per fornire alle sedi giuridiche i
visori VR come anche finanziare le metodiche avanzate di raccolta dati.
Ma la sfida più importante è burocratica, se non culturale.

Si tratta di un nuovo modo di fare indagini e proporre i risultati. Il


sopralluogo viene virtualizzato e sarà necessario stabilire delle ferree linee
guida per assicurare la fedeltà delle scene digitali elaborate in
3D. Immergere i giurati nella scena del crimine significa anche
coinvolgerli maggiormente dal punto di vista emotivo, come accade in
tutte le esperienze VR. Per quanto si tratti di una semplice scenografia,
non bisogna mai dimenticare l’effetto cinematografico che ne deriva. E
qualcosa che passa sotto il nome di manipolazione.

VR e spazio
La NASA, invece, vuole utilizzare la realtà virtuale per esplorare lo
spazio. L'Ente statunitense, infatti, utilizza Oculus Rift e Microsoft
Kinect per controllare robot e altri dispositivi lanciati nello spazio.
Tecnici e astronauti possono così esplorare la superficie di un
pianeta senza doversi muovere dai laboratori terrestri o senza
dover uscire dalle navicelle spaziali.
ADDESTAMENTO VIRTUALE.Anche la NASA fa ampio uso della
realtà virtuale per preparare le sue missioni.

I ricercatori del Jet Propulsion Laboratory, per esempio, hanno


realizzato un sistema che permette di controllare da remoto un braccio
robotico, solo con i gesti.
 
L’operatore indossa un visore per la realtà virtuale che lo immerge
nell’ambiente in cui sta operando il robot, per esempio un pianeta
sconosciuto, e i suoi gesti vengono trasmessi alla macchina grazie a un
Kinect, un sensore di movimento comunemente utilizzato per i
videogiochi.
 

E per prepare gli astronauti allo sbarco su Marte gli scienziati dell’Agenzia
spaziale Usa hanno accoppiato un visore per la realtà virtuale a un tapis
rulant, per simulare nel modo più realistico possibile una passeggiata sul
Pianeta Rosso. L’astronauta "cammina" - come in palestra - e nel
frattempo si trova immerso nei panorami marziani mostrati nel visore.

In modo analogo, grazie a repliche digitali della Stazione Spaziale


Internazionale, gli astronauti possono prendere familiarità con gli ambienti
e provare e riprovare fino a eseguire alla perfezione le manovre che si
troveranno a eseguire in orbita.

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