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Protesi sensoriali
Protesi visive
I primi esperimenti compiuti dai ricercatori attorno al 1940 venivano effettuati provando a stimolare
elettricamente la corteccia visiva di soggetti non vedenti. In questo modo, si forniva ad essi la
sensazione di stimolazioni visive attraverso la eccitazione di fosfeni. Questo approccio è stato
approfondito negli anni successivi, utilizzando elettrodi a filo ultrasottile. Le protesi visive
realizzate con questo approccio sono chiamate impianti visivi corticali.
Protesi uditive
Lo stesso argomento in dettaglio: Impianto
cocleare.
L'impianto cocleare, o orecchio bionico, è un dispositivo impiantabile che fornisce al paziente una
sensazione acustica per pazienti ipo-udenti o non udenti. Diversamente dagli ausili per l'udito, un
impianto cocleare non amplifica il suono, ma stimola direttamente il nervo acustico nella coclea,
utilizzando impulsi elettrici. Per fare questo, un impianto cocleare `e composto da un microfono, un
microprocessore per l'elaborazione del suono, ed un trasmettitore.
Protesi per il sollievo del dolore
Attraverso la stimolazione della colonna dorsale su zone dedicate attraverso un generatore di
impulsi impiantato, il paziente avverte una sensazione di formicolio che altera e diminuisce la
percezione del dolore,
Protesi motorie
I dispositivi che migliorano le funzioni del Sistema nervoso autonomo includono la stimolazione
della radice sacrale anteriore per il controllo della vescica, la stimolazione elettrica funzionale, e la
stimolazione della radice anteriore lombare.
Protesi motorie per il controllo di movimenti volontari
In questo campo, le neuroprotesi hanno come obiettivo la restituzione delle funzioni associate al
movimento volontario, che possono essere compromesse per diverse patologie, come la tetraplegia,
e la sclerosi laterale amiotrofica. Attraverso l'impianto di microelettrodi sullo scalpo, è ad oggi
possibile effettuare semplici funzioni cognitive quali muovere un cursore sullo schermo, o dare
risposte binarie specifiche. Per quanto riguarda l'utilizzo di tale informazione per l'esecuzione di
movimenti, i ricercatori ad oggi sono interessati all'integrazione tra il campo delle Neuroprotesi e la
Robotica per sviluppare sistemi ibridi che possano essere comandati attraverso le informazioni
raccolte a livello del cervello, ad esempio arti robotici o macchine da indossare come l'esoscheletro.
Per fare questo, spesso si sfruttano alias delle intenzioni motorie, poiché più semplici da
decodificare.
https://en.wikipedia.org/wiki/Cochlear_implant
https://www.wysscenter.ch/project/implantable-neuro-device/
https://eyewiki.aao.org/Retina_Prosthesis
http://www.centropiaggio.unipi.it/sites/default/files/course/material/papers_visual_prostheses.pdf
Protesi sensorimotorie
In questo caso, le neuroprotesi hanno il duplice obiettivo di raccogliere informazioni sensoriali
eventualmente compromesse attraverso sensori, da utilizzare come input per un sistema di
elaborazione in grado di decodificare tale informazione per l'attuazione. In questo senso, nel 2002,
un impianto fu interfacciato direttamente con le fibre del nervo mediano del ricercatore Kevin
Warwick, per comandare un braccio robotico in grado di simulare le azioni del braccio di Warwick,
e fornire quindi una sensazione tattile attraverso l'impianto stesso. [3]
Protesi cognitive
Una terza classe di neuroprotesi è quella delle protesi cognitive [4] , in cui il dispositivo prova a restituire
funzioni cognitive sostituendo, a livello funzionale, aree del cervello che siano state compromesse.
MYKY, un progetto europeo che in 5 anni svilupperà un’innovativa protesi robotica di mano,
i cui movimenti potranno essere controllati in maniera naturale e intuitiva
28.12.2015
Testo
dell’articolo
Dal 2016 partirà MYKI (A Bidirectional MyoKinetic Implanted Interface for Natural Control
of Artificial Limbs), un progetto europeo che in 5 anni svilupperà un’innovativa protesi robotica di
mano, i cui movimenti potranno essere controllati in maniera naturale e intuitiva. Il progetto sarà
finanziato con 1,5 milioni di euro dall’European Research Council (ERC), tramite il programma
“ERC Starting Grant 2015”, uno dei più competitivi a livello globale.
Secondo gli approcci correnti (anche i più tecnologicamente avanzati o ancora in via di sviluppo) il
controllo dei movimenti della protesi di mano avviene sulla decodifica dei potenziali elettrici,
trasmessi dal cervello e captati dal sistema neuromuscolare periferico, attraverso degli elettrodi. Il
progetto ha l’ambizione di voler superare i limiti di queste tecniche, attraverso lo sviluppo di un
interfaccia basata su marcatori magnetici impiantabili nei muscoli, capaci di monitorare
l’elongazione (allungamento) dei muscoli residui, come avviene naturalmente quando si compie un
task (azione) motorio, per esempio si afferra una bottiglia. Con tale informazione MYKI vuole
controllare i movimenti di una mano robotica in maniera naturale e intuitiva. A livello di
potenzialità, i marcatori magnetici potranno essere utilizzati anche per fornire un ritorno sensoriale
alla persona che indossa la protesi robotica, quando essa interagisce con l’ambiente, proprio come
avviene nella mano naturale.
Al via la fase di sperimentazione clinica su pazienti amputati “trans radiali” di una protesi
bionica di mano in grado di trasmettere ai soggetti portatori sensazioni tattili
04.07.2015
Testo
dell’articolo
Per sperimentare un innovativo prototipo di protesi bionica verrà condotto sui pazienti amputati
“trans radiali” uno studio coordinato dal gruppo di ricerca del Prof. Silvestro Micera, dell’École
Polytechnique Fédéral di Losanna (EPFL) e dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore
Sant’Anna di Pisa, e finanziato dalla Commissione Europea. I soggetti coinvolti saranno persone
che hanno subito un’amputazione agli arti superiori, tra il polso e il gomito, e che sono afflitti dalla
“sindrome dell’arto fantasma”, un dolore acuto avvertito all’altezza della mano che in realtà non c’è
più.
La fase di sperimentazione clinica, che partirà nelle prossime settimane presso i laboratori del
Centro IRCCS Don Carlo Gnocchi di Firenze, ha lo scopo di mettere a punto e di testare una protesi
di mano in grado di “dialogare” con il paziente in maniera non invasiva.
La mano della protesi sarà mossa in modo volontario dal paziente, attraverso gli stimoli derivanti
dai muscoli residui del braccio e la protesi, a sua volta, trasmetterà alle terminazioni nervose del
braccio una serie di stimoli, incluso la percezione della presa e altre sensazioni tattili, proprio come
se l’arto non fosse stato amputato. Tutto questo, senza alcun intervento invasivo, ma con una
trasmissione di impulsi che avviene a livello epidermico. La capacità della protesi di trasmettere le
sensazioni della mano al paziente è proprio una delle innovazioni più importanti, un aspetto
fondamentale per il controllo del dolore nei soggetti con la “sindrome dell’arto fantasma”.
Presso i laboratori della Fondazione Don Gnocchi di Firenze nei mesi scorsi era stato messo a punto
con successo anche un sistema di protesi e ortesi con l’obiettivo di restituire il cammino alle
persone amputate a livello transfemorale (Progetto Cyberlegs).
Progetto My-HAND: pronta alla sperimentazione l’innovativa protesi bionica di mano che
restituisce il tatto e non necessita di intervento chirurgico per l’impianto
16.04.2015
Testo
dell’articolo
Nell’ambito di My-HAND è stata messa a punto la tecnologia per la “mano bionica”, l’innovativa
protesi robotica frutto di un ambizioso progetto interdisciplinare, che unisce ricerca d’avanguardia
nei settori dell’Ingegneria Biomedica, Scienze dei Materiali, Tecnologie delle Bio-informazioni con
Neuroscienze cognitive, Neurofisiologia Clinica e terapia occupazionale per risolvere un problema
sociale e clinico quale è la sostituzione funzionale della mano, nelle persone a cui l’arto è stato
amputato. La perdita della mano è causa di problemi legati all’incapacità di afferrare e di
manipolare gli oggetti: una persona amputata perde la capacità di sentire e di esplorare il mondo
circostante, di utilizzare i movimenti per sostenere la parola e per esprimere emozioni e può
sviluppare problemi psicologici a causa delle differenze fisiche connesse all’amputazione.
La protesi sviluppata con My-HAND si pone in continuità con un altro progetto coordinato da
Christian Cipriani e anche’esso appena concluso, WAY: oltre al “guanto robotico”, l’esoscheletro
per ripristinare il controllo motorio delle mani in persone con problemi nell’usare questo arto a
causa di danni neurologici, è stato possibile sviluppare la tecnologia per “impiantare” la nuova e
rivoluzionaria “mano bionica” senza passare dalla sala operatoria. Ora la protesi è pronta per la
sperimentazione clinica e si trova in laboratorio, per le ultime verifiche.
Il risultato principale di My-HAND è una innovativa protesi bionica di mano, dotata di sensori
tattili e caratterizzata da una elevata destrezza, che le permette di compiere tutte le prese e le posture
necessarie nella vita quotidiana. La protesi di mano, si distingue rispetto alle altre per il suo essere
“light”, tanto nel peso quanto nel costo, oltre che per la tecnologia e per il design che, proprio come
la tecnologia, supera il concetto tradizionale di protesi di mano, a partire dalle modalità di
connessione con il paziente che indosserà la protesi.
La mano, pur traducendo in movimenti le intenzioni della persona che la indossa e alla quale
restituisce anche sensazioni tattili, non richiede interventi chirurgici per essere “impiantata”. I
movimenti e le prese della mano possono essere attivate e controllate in maniera pressoché naturale
attraverso sensori (facilmente) indossabili, i quali rilevano i segnali nervosi che attraversano i
muscoli, quando si compiono tali movimenti. Così le intenzioni della persona possono “diventare” i
movimenti della protesi. I sensori tattili integrati sulle dita registrano le interazioni con l’ambiente e
– grazie a un sistema di piccoli vibratori posizionati sulla parte che resta dell’arto – è possibile
restituire sensazioni tattili, ripristinando anche quello che i ricercatori definiscono il “ritorno
sensoriale fisiologico
dell’articolo
È stata impiantata per la prima volta al San Raffaele di Milano la valvola aortica PERCEVAL:
l’innovativa protesi valvolare auto ancorante, che non necessita di punti di sutura. PERCEVAL può
essere impiantata nei pazienti di età maggiore o pari a 65 anni, affetti da stenosi o da steno-
insufficienza della valvola aortica. Oggi la stenosi aortica è la malattia cardiaca valvolare acquisita
più comune nel mondo occidentale e la sua insorgenza aumenta con l’invecchiamento della
popolazione. La prognosi dei pazienti affetti da stenosi aortica sintomatica grave è poco favorevole:
se il paziente non viene sottoposto a trattamento subito dopo l’insorgenza dei sintomi, la
sopravvivenza media è breve – spesso si tratta solo di 2 o 3 anni.
Oggi è possibile sostituire la valvola danneggiata con PERCEVAL che può essere posizionata e
ancorata nel sito d’impianto senza l’ausilio dei punti di sutura, grazie a un suo esclusivo dispositivo
di ancoraggio autoespandibile. Se prima per una sostituzione valvolare la procedura di fissaggio
richiedeva 30-40 minuti, oggi in 10 minuti è possibile inserire la valvola sutureless: l’importante
riduzione dei tempi operatori va a tutto vantaggio del paziente e offre anche al chirurgo più tempo
da dedicare a eventuali procedure associate.
Il primo impianto del San Raffaele è stato eseguito, nella sala operatoria dell’Unità di
Cardiochirurgia diretta dal Prof. Ottavio Alfieri, dal team del Dott. Stefano Moriggia su un paziente
di 74 anni affetto da stenosi aortica severa. L’Unità di Cardiochirurgia del San Raffaele ha all’attivo
1.400 interventi all’anno e comprende il più ampio spettro della disciplina cardiochirurgica. L’Unità
è infatti centro di riferimento nazionale e internazionale per la chirurgia riparativa della valvola
mitrale (circa 500 interventi annui), per la chirurgia della fibrillazione atriale e dello scompenso
cardiaco.
NEUROPROTESICA
“NEUWalk”, il progetto europeo nato per sviluppare impianti neuroprotesici di nuova
concezione per la cura di soggetti disabili colpiti da gravi lesioni spinali
Nell’ambito della Robotica Biomedica e della Bioingegneria della Riabilitazione sono stati
realizzati negli scorsi anni numerosi sistemi e dispositivi per il recupero di funzioni senso-motorie
in soggetti con varie tipologie di disabilità, come ad esempio quelle del midollo spinale. Tuttavia
l’usabilità di questi sistemi e dispositivi è fortemente ridotta dalla difficoltà di ottenere un
collegamento bi-direzionale uomo-macchina capace di permettere allo stesso tempo un controllo
intuitivo del sistema artificiale e la possibilità del paziente di ricevere informazioni sensoriali
durante il compito motorio.
NEUWalk – Neuroprosthetic interface systems for restoring motor functions è un progetto europeo
nato nel 2010, volto a trovare nuove soluzioni per la messa a punto di neuroprotesi in grado di
migliorare significativamente la qualità della vita delle persone paraplegiche.