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1 Tema 1. LA VITA DI SAULO / PAOLO.

A) PROBLEMI DI CRONOLOGIA

Le indicazioni della vita di Paolo sono particolarmente problematiche. Un certo margine


di incertezza è presente nella cronologia assoluta, vale a dire fondata sul confronto con gli
eventi della storia del tempo. Due sono i dati principali che consentono di stabilire la cronologia
assoluta; l'incontro di Paolo con il proconsole Gallione, fratello maggiore di Seneca, a Corinto
(At. 18,12) e la successione di Porcio Festo ad Antonio Felice nella carica di Procuratore della
Giudea (At. 24,27).

Tralasciamo questo secondo dato per l'alto grado di divergenza tra gli esperti: secondo alcuni
Antonio Felice fu procuratore dal 25 fino al 59/60, mentre altri ritengono (con minore
fondatezza, sembra) che sia stato richiamato a Roma giâ nel 55. Maggiormente utile è invece la
notizia che Paolo fu condotto al tribunale di Gallione quando questi era proconsole dell'Acaia. In
base a un'iscrizione trovata a Delfi e pubblicata da E. Bourguet (De rebus delphicis imperatoriae
aetatis capita duo, Montepessuelano MCMV) si è venuti a conoscenza di un rescritto
dell'imperatore Claudio inviato a Lucio Giunio Gallione e datato dalla 26a. acclamazione
imperiale. Questa molto probabilmente è da collegare con un fatto militare della primavera del
52. Se si tiene conto che la carica proconsolare durava un anno e che iniziava regolarmente in
aprile-maggio, si delineano le seguenti possibilità:

1ro. Galione era all'inizio del suo mandato che, conseguentemente, si protrasse
dalla primavera del 25 a quella del 53.
2do. Gallione era alla fine del suo mandato, per cui il suo proconsolato durò dalla
primavera del 51 a quella del 52.

Questi margini di datazione si presentano ancora più elastici quando si affronta la


domanda del momento in cui i Giudei intentarono il processo contro Paolo davanti al tribunale
di Gallione. Ciò avvenne quando Gallione era nuovo nel suo ufficio o quando stava per scadere.
Nella prima ipotesi Paolo si incontrò con Gallione nel 51 oppure nel 52, nella seconda ipotesi
l'incontro avvenne nel 52 o nel 53. Dal fatto che l'attività di Paolo si era protratta già per un
periodo di circa diciotto mesi, prima che egli fosse accusato davanti al proconsole, si evince che
egli evangelizzò a Corinto dal 50 al 52 oppure dal 51 al 53.
Questo sincronismo, pur con il suo margine di incertezza, rimane fondamentale e il piu sicuro
per la cronologia paolina.

Non è priva di incertezze nemmeno la cosiddetta cronologia interna, vale a dire il


succedersi degli eventi nella vita di Paolo, come ci viene narrato dalle fonti. Queste sono, in
modo particolare, gli Atti e Gal. 1,11-2;10.

In Atti incontriamo la seguente successione:


-Martirio di Stefano (Saulo è presente) 7,53-8;1.
-Conversione/Battesimo 9,1.
-Predicazione a Damasco 9,23-25.
-Fuga a Damasco 9,23-25.
-Visita a Gerusalemme 9,26.
-Partenza per Tarso 9,30.

1
-Chiamata di Barnaba ad Antiochia 11,25-26.
-Barnaba e Saulo portano un aiuto a Gerusalemme 11,30;12,25
-Barnaba e Saulo inviati in missione 13,1-3.
-Primo viaggio 13,4-14;25.
-Ritorno ad Antiochia 14,26-28.
-2do. Viaggio(Fillippi,Tessa.,Atene,Corinto) 15,36-18,21.
-Visita a Gerusalemme 18,22a.
-Ritorno ad Antiochia 15,30-35.
-Nuova partenza. Attività afesina 18,23-19;41.
-Breve viaggio in Macedonia,Grecia 20,1-3a.
-Ritorno:per Macedonia giunge a Troade e Mileto 20,3b-38.
-Viaggio a Gerusalemme 21,1-26.
-Arresto di Paolo 21,27-23;22.
-Trasferimento di Paolo, prigioniero, a Cesarea 23,23-26;32
-Viaggio a Roma 27,1-28;31.

Da Gal 1,15-2,10 si possono facilmente ricavare le seguenti indicazioni:

-Conversione, soggiorno in Arabia, ritorno a Damasco


(senza indicazione di date) 1,15-17.
-Dopo (epeita) tre anni:1ra. visita a Gesulamemme
e soggiorno di quindici giorni presso Pietro 1,18-19.
-Dopo (epeita): Viaggio in Siria e Cilicia 1,21.
-Dopo (epeita) quattordici anni: secondo viaggio a
Gerusalemme e "concilio" apostolico 2,1-10.

Questi dati della cronologia relativa di Paolo offrono indubbiamente delle preziose
informazioni, però anch'essi presentano dei problemi di interpretazioni che rendono meno sicura
la loro utilizzazione per una cronologia assoluta. I problemi principali sono fondamentalmente
due:

*L'anno della sua conversione (questo problema e particolarmente connesso con quello
relativo alla durata del suo soggiorno in Arabia).

*E l'anno al quale fa riferimento l'avverbio "Dopo" (epeita).

La risposta a questo secondo problema porta delle divergenze significative. Da quando


bisogna partire a contare i tre e i quattordici anni o, meglio, i due e i tredici anni (dato che il
sistema di datazione allora in uso calcolava anche l'anno già iniziato9? Secondo alcuni entrambe
le datazioni fanno riferimento al momento della conversione, mentre secondo altri il primo
"dopo" si riferisce al momento della conversione ("tre" anni dopo la conversione), mentre il
terzo e correlato al primo viaggio di Paolo a Gerusalemme. Questa seconda interpretazione, a
nostro avviso, risponde meglio all'indole narrativa di Ga 1,11-2;10. Nel primo caso la
conversione dell'apostolo si è verificata 14 o 13 anni prima del concilio di Gerusalemme e,
quindi, intorno al 35 o 36; nella seconda ipotesi la conversione è avvenuta o 17 (3 más 14) 0 15 (
2 más 13) anni prima del concilio di Gerusalemme e quindi mel 32 o 34.
Le osservazioni appena sviluppate consentono di conoscere la particolare natura dei
problemi relativi alla cronologia paolina e i margini di incertezza che essa presenta. La
complessità del discorso appare ancora più acuta da alcune ricerche che rivoluzionano la
cronologia tradizionale. Così, p.es., G. Ludemann ritiene che Paolo ha fondato Corinto nel 41, il

1
concilio apostolico ebbe luogo nel 47, mentre l'incontro con il proconsole Gallione a Corinto si
verificò non nel periodo in cui lApostolo fondò la Chiesa, ma nell'ultima visita che egli fece alla
città. Quando lo ritiene necessario l'autore nella sua ricostruzione si discosta dalla narrazione
degli Atti e dalla lettere paoline dato che questi scritti, a suo avviso, rispondono ad interessi
diversi da quelli propriamente storici.

Poichè queste proposte innovatrice si presentano, allo stato delle ricerche, molto fragili e
ipotetiche, la cronologia tradizionale è ancora quella che orienta meglio nella conoscenza
dell'opera di Paolo e nella comprensione dei suoi scritti.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE.
Tra i numerosi lavori ricordiamo:
OGG G., CHronology of the Life of Paul, London 1968.
DOCKX S., Chronologie de la vie de Saaint Paul, NT 13 (1971)
Pag. 261-304.
JERVELL J., A Chronology of Paul's Life, Philadelphia l979.
LUEDEMANN G., Paulus, der Heidenapostel. Band I. Studien zur Chronologie,
Gottingen 1980.

1
DOCHS S.,Chronologies néotestamentaires et vie de L'Eglise primitive,
Leuven 1984.

B) VITA E MISSIONE.

1. Il periodo della formazione

La cronologia dell'Apostolo dei Gentili é particolarmente incerta. Saulo, questo era il suo
nome originario ebraico, nacque negli anni tra il 5 e il 10 d.C. Apparteneva alla tribù di
Beniamino (Fil 3,5) e alla categoria religioso-politica dei farisei (At 23,6). La sua città natale fu
Tarso, capitale della provincia romana della Cilicia e centro rinomato di cultura ellenistica.
Saulo fu dunque per nascita anche cittadino di Roma e venne così a trovarsi, lui ebreo, nella
felice condizione di poter conoscere, oltre le tradizioni dei padri, anche la società e la mentalità
ellenistica del mondo greco-romano.

La prima formazione ebbe luogo in patria. Successivamente Saulo si reco a


Gerusalemme, alla scuola del celebre rabbino Gamaliele (At 22,3), sviluppando così, insieme
alla familiarità con la cultura greco-romana, una profonda conoscenza del patrimonio religioso
di Israele. La perfetta padronanza della lingua greca e di quella ebraica (At 21,37.40) costituisce
una chiara conferma di questo processo formativo, allora comune a molti giovani giudei. Per
Saulo, però, questa formazione era destinata a rivelarsi provvidenziale.

2. Sulla via di Damasco

L'attaccamento appassionato alle tradizioni farisaiche (At 26,5; Gal 1,14) e il suo
carattere energico e deciso lo portaron presto a partecipare, peraltro con retta coscienza (cf. I Tm
1,13), alla lotta che le autorità di Gerusalemme avevano intrapreso contro le comunità dei
discepoli di Gesù (At 7,58; 8,1-3; 9,1ss). Gli Atti menzionano la sua presenza attiva al momento
della lapidazione del diacono Stefano (At 8,1) e, soprattutto, lo descrivono in marcia verso
Damasco, munito della necessaria autorizzazione "per condurre in catene a Gerusalemme quanti
avesse trovato, uomini e donne, seguaci della dottrina di Cristo" (At 9,2).

Proprio sulla via di Damasco Saulo ebbe quell'esperienza singolare del "Signore risorto"
che trasformò radicalmente la sua vita. Questo evento, che l'autore degli Atti narra al c. 9 e pone
in bocca a Paolo in 22,5-16 e 26,9-18, si verificò intorno all'anno 35. Riferendosi ad esso
l'Apostolo lo descrive come il momento nel quale il Padre "si compiacque di rivelargli il Figlio
suo perché lo annunziasse in mezzo alle genti" (cf. Gal 1,15-16). In Fil 3,12 Paolo allude ancora
a questa esperienza quando coglie il significato della propria vita e la garanzia della sua
autenticità nell'impegno a raggiungere la pienezza della risurrezione, dato che egli stesso è stato
"afferrato" da Gesù Cristo. Se in Gal 1 l'evento è delineato nella luce teologica della vocazione e
rivelazione profetica, in Fil 3 prevale la prospettiva esistenziale di un'unione vitale e permanente
con Gesù Messia.

3. Le difficoltà degli inizi: Damasco, Gerusalemme, Tarso

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Ricevuto il battesimo da Anania (At 9,18), Saulo si ritirò per un certo periodo nella
solitudine dell'Arabia (Gal 1,11), espressione che forse connota il regno dei Nabatei a sud di
Damasco. Successivamente fece ritorno alla città di Damasco, dove si mise a predicare tra i suoi
correligionari la fede in Gesù, Messia e Signore (At 9,20ss.; Gal 1,17s.). L'esito positivo della
sua predicazione eccitò l'ira dei Giudei che giunsero, con l'approvazione del re Areta, ad ordire
un complotto per ucciderlo. Saulo, però, riuscì a sfuggire a queste insidie (At 9,23ss.; II Cor
11,32). Verso il 39 si recò a Gerusalemme, dove venne presentato agli Apostoli da Barnaba (At
9,21),e così gli fu possibile "fare visita a Pietro" (Gal 1,18). Anche a Gerusalemme, però, la vita
di Saulo si trovò nuovamente in pericolo a causa dei Giudei, al punto che egli ritenne opportuno
di ritornare alla sua città di Tarso, e così fece imbarcandosi a Cesarea (At 9,29s.; Gal 1,21).
Questa decisione maturò grazie a un'esperienza interiore di fede, nella quale egli comprese che il
Signore Gesù lo avrebbe mandato "lontano, tra i gentili" (At 22,17-21; cf. anche Gal 1,16; 2,7s.).
Non sappiamo quanto sia durato il soggiorno di Saulo a Tarso, né l'eventuale attività da lui
svolta.

4. L'inserimento nella Chiesa di Antiochia

Intanto ad Antiochia di Siria si andava formando una comunità di discepoli di Gesù. La


Chiesa di Gerusalemme vi inviò Barnaba e questi dopo aver iniziato a svolgervi la propria opera
si recò a Tarso per cercare e prendersi con sé Saulo. La venuta di Barnaba segnò cosi la fine del
soggiorno di Saulo a Tarso e l'inizio della sua partecipazione alla vita della comunità di
Antiochia. Proprio in questa città "per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani" (At
11,19-26).

5. La missione di Barnaba e Saulo

Dalla comunità di Antiochia, dove figurava nel gruppo dei profeti e dottori, Saulo fu
inviato insieme con Barnaba, per designazione pneumatica, ad "annunciare la parola di Dio" (At
13,1-3). Si tratta della cosiddetta prima missione apostolica, che ebbe luogo tra il 45 e il 49.
Barnaba e Saulo annunciarono il Vangelo a Cipro, in Panfilia, Pisidia e Licaonia (At 13,4-
14,26). A Cipro, secondo l'autore degli Atti, Saulo incomincia ad essere chiamato con il nome
greco di Paolo (At 13,9) e viene nominato prima del suo compagno Barnaba a causa della sua
predicazione (cf. At 14,12).

Gia in questo viaggio si manifesta una caratteristica nell'attività missionaria: l'annuncio


di Gesù Messia inizia nella sinagoga, ma quando l'opposizione dei Giudei rende impossibile o
sterile la "Parola", allora la predicazione viene rivolta ai Gentili. Nonostante le difficoltà
incontrate i frutti furono copiosi, tanto che Paolo e Barnaba poterono lasciare delle comunità
adeguatamente organizzate (At 14,23). Per mezzo loro Dio aveva aperto la porta della fede ai
Gentili.

6. L'assemblea degli apostoli e degli anziani a Gerusalemme

La gioia dell'opera, di cui Barnaba e Paolo resero conto alla comunità di Antiochia (At
14,27), venne turbata quando giunsero da Gerusalemme alcuni giudeo-cristiani i quali
sostenevano che ai cristiani convertiti dalla gentilità era necessario imporre l'osservanza delle
pratiche religiose giudaiche, in modo speciale la circoncisione (At 15,1ss.). Questa tesi, non era

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un fatto isolato di alcuni estremisti, al contrario focalizzava un problema fondamentalmente
nuovo. La missione di Barnaba e Saulo ebbe come conseguenza che alle comunità
giudeo-cristiane si affiancarono varie comunità costituite da Gentili convertiti alla fede in Gesù
Messia e Signore. Potevano tali comunità essere il nuovo Israele senza l'appartenenza all'lsraele
storico mediante la circoncisione? Oppure la fede in Gesù Messia e Signore da sola operava
l'innesto nell' "olivo buono" del popolo santo del Signore? In questi termini, è ovvio, il problema
non riguarda solo la convivenza tra gruppi diversi per tradizione e cultura, ma assume una
dimensione teologica e cristologica, le cui implicazioni interpellano le comunità cristiane di tutti
i tempi.

A motivo della sua importanza, la questione venne trattata a Gerusalemme "dagli


apostoli e dagli anziani" (At 15,1-4). L'influsso di Pietro, che condivise la tesi di Paolo, fece
maturare la decisione che i Gentili convertiti alla fede in Gesù non dovevano essere sottoposti
alla legge giudaica (cf. At 15,6-12): "Noi crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo
salvati e nello stesso modo anche loro" (At 15,11). In quell'occasione Paolo si vide ufficialmente
riconoscere dai Dodici la sua missione di apostolo dei Gentili (Gal 2,7-9). L'assemblea degli
apostoli e degli anziani, nella quale venne presa una simile decisione di capitale importanza per
il futuro della cristianità, ebbe luogo nell'anno 49. L'Apostolo rimase un convinto sostenitore di
questo principio fondamentale, al punto che non esitò a "resistere" allo stesso Pietro nel
cosiddetto "incidente di Antiochia", un episodio che Paolo menziona in Gal 2,11-14 e del quale
rimane incerta la datazione.

7. Il viaggio missionario di Paolo e Sila [secondo viaggio apostolico]

La decisione dell'assemblea di Gerusalemme aprí le porte all'opera dell'annuncio della


Parola tra i Gentili. Ad Antiochia, peró, si verificò la separazione di Paolo da Barnaba. Paolo
scelse Sila e, con l'approvazione della comunità, Partì per il suo secondo viaggio missionario (At
15,36-18,22), che ebbe la durata di oltre due anni (49-52). Varcata la catena montuosa del Tauro
i due missionari attraversarono a piedi l'Asia Minore giungendo a Troade. Nel loro cammino
visitarono le comunità di Derbe e di Listra, fondate durante il primo viaggio. A Listra Paolo
prese con sè il giovane Timoteo, che rimarrà il suo discepolo e collaboratore prediletto come
risulta dal fatto che l'Apostolo, ormai avanzato negli anni, amerà ancora ricordarlo tra le cure e
gli affetti famliari (II Tim 1,5; 3,14-15; At 16,1-3). A Troade il piccolo drappello, al quale si era
unito anche Luca, partì per l'Europa. Filippi, Tessalonica, Berea, Atene e Corinto furono le
tappe successive di quel viaggio che suscitò fiorenti comunità nel cuore stesso della cultura e
civiltà greca.

Presentiamo, in forma schematica, alcuni rilievi su questa opera missionaria:

a. Attività a Filippi (At 16,11-40).

- Importanza di Lidia nella fondazione della comunità (At 16, 11-15.40).

- L'accusa di proselitismo: i Giudei potevano vivere secondo la loro fede, ma non potevano fare
proseliti tra i Romani.

1
- Notare la teologia degli Atti: ascolto della Parola, battesimo, gioia "per aver creduto in Dio"
(At 16,32-34).

- L'espressione "si fece battezzare con tutti i suoi" indica una realtà abbastanza frequente nella
società antica: la conversione del capofamiglia normalmente portava con sé anche la
conversione di quanti appartenevano alla sua casa: cf. At 10,44; 16,15.31.34; 18,8; I Cor 1,16.

b. Attività a Tessalonica (At 11,1-9).

I vv.1-3 sono importanti non solo per la conoscenza della teologia degli Atti degli
Apostoli, ma anche per la ricchezza di informazioni che contengono. Appare anzitutto la
"consuetudine" di Paolo di recarsi nella sinagoga dei Giudei. Inoltre si incontra il verbo
dialegomai che negli Atti degli Apostoli è tecnico per indicare l'annuncio di Gesù fatto sulla
base delle Scritture, spiegate e comprese nella luce della morte e risurrezione del Messia. Anche
se questo verbo non è paolino esso riflette certamente la metodologia propria della predicazione
dell'Apostolo.

c. Attività a Berea (At 17,10-15) e soggiorno ad Atene (At l7,18-34)

Il discorso all'Areopago è importante per la redazione degli Atti degli Apostoli. La


Parola di Dio è annuciata dall'Areopago, che era il simbolo del sapere e della cultura nel mondo
antlco.

d. Attività a Corinto (At 18,1-16).

- Corinto, capitale della provincia romana di Acaia, era costituita da una popolazione
cosmopolita, tuttavia l'elemento romano e latino era predominante. Nella città, famosa per la
corruzione (tristemente richiamata anche dall'espresslone "morbo corinzio"), prosperava un
fiorente commercio. Vi era anche attiva una colonia giudaica.

- A Corinto Paolo si stabilisce nella casa di Aquila. Questi era un Giudeo, oriundo del Ponto, che
insieme alla moglie Priscilla, chiamata anche Prisca (Rom 16,3; I Cor 16,19; II Tm 4,19), era
giunto poco prima dall'Italia, in seguito all'espulsione dei Giudei da Roma per ordine
dell'imperatore Claudio.

- At 18,3 ci permette di conoscere la professione di Paolo: tessitore di tende. Si tratta di un


lavoro particolarmente importante nella situazione socio-politica dell'epoca. [Quanto al fatto che
Paolo lavorava cf. Ia nota della Bibbia di Gerusalemme a At 18,3].

- "Quando giunsero dalla Macedonia Sila e Timoteo, Paolo si dedicò tutto alla predicazione" (At
18,6). Nel momento in cui si rivolge ai Gentili l'Apostolo si sistema nella casa di Tizio Giusto,
vicino alla sinagoga. La predicazione di Paolo è feconda. Anche il capo della sinagoga, Crispo,
"credette al Signore insieme a tutta la sua famiglia".

- I Giudei, per invidia, denunciano Paolo che compare davanti al tribunale del proconsole
romano Gallione (At 18,12-17). L'importanza di questa notizia per la cronologia paolina è

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fondamentale, anche se non siamo in grado di interpretarla con sicurezza (vedi la discussione
nelle questioni introduttive).

- Paolo si fermò a Corinto diciotto mesi (At 18,11). La comparsa davanti al proconsole Gallione
probabilmente e avvenuta verso la fine della sua permanenza nella città.

- A Corinto Paolo scrisse le due lettere al Tessalonicesi: la prima nell'inverno del 50-51 e la
seconda poco dopo, sempre nel 51.

e. Ritorno ad Antiochia (At 18,18-22).

- Il voto di nazireato, che Paolo aveva emesso e che conclude a


Cencre, facendosi tagliare i capelli (At 18,18), mostra come L'Apostolo vivesse la sua fede in
Gesù con i parametri delle tradizioni spirituali del suo popolo, tradizioni che affondavano le
proprie radici nella stessa Scrittura.

- Molto più importante è l'interpretazione dei fatti che sono narrati. Al riguardo numerose sono
le domande: perchè Paolo non ritorna subito ad Antiochia come alla fine del primo viaggio, ma
si reca a "salutare" la Chiesa di Gerusalemme? perchè Priscilla e Aquila si trasferiscono ad
Efeso e compiono il viaggio insieme con Paolo? Perchè, nella narrazione degli Atti, i "fratelli"
della comunità di Antiochia scompaiono completamente sia quando Paolo arriva, sia quando
parte successivamente per una nuova missione?

- Probabilmente queste domande sono dovute al fatto che la redazione degli Atti presenta
intenzionalmente l'attività missionaria di Paolo secondo lo schema del primo viaggio. A ben
guardare già il secondo viaggio non si conclude come il primo. Forse a Corinto Paolo insieme ai
coniugi Priscilla e Aquila ha maturato il progetto di creare una comunità ad Efeso, quale centro
della propria futura attività missionaria. Sempre durante questo viaggio le difficoltà incontrate
precedentemente ad Antiochia (in particolare l'incidente con Pietro e la separazione da Barnaba),
possono aver spinto l'apostolo a porre se stesso e la propria attività in diretto rapporto con la
Chiesa di Gerusalemme. Di fatto quando Paolo partì nuovamente da Antiochia non intrattenne
più rapporti con quella comunità, ma solo con la Chiesa di Gerusalemme. Forse quello che
abitualmente è indicato come il terzo viaggio apostolico di Paolo deve intendersi come
l'inaugurazione di una nuova fase nella vita e nell'attività dell'Apostolo. Il centro di questa fase
fu Efeso, capitale della provincia dell'Asia, da dove Paolo si allontanò solo quando vi fu
costretto dall'evolversi della situazione.

8. Attività missionaria efesina

Per i motivi sopra indicati riteniamo più appropriato parlare di attività efesina, anziché di
un terzo viaggio missionario. Questo periodo, che è riferito in At 18,23-21,11, si protrasse dal 53
al 58 circa. Annotiamo schematicamente alcuni rilievi:

a. Attività di Apollo ad Efeso (At 18,24-28)

- L'episodio permette di intuire l'importanza della comunità dei giovanniti, che si ispirava al
Battista, riconoscendolo Messia.

1
- Si scorge anche l'importanza dell'attività dei coniugi Priscilla e Aquila. Essi insegnavano la via
di Dio e, quando fosse stato necessario, la esponevano con "maggiore accuratezza", orientando
alla fede in Gesù.

b. Paolo e i giovanniti di Efeso (At 19,1-7)

- L'episodio riflette la teologia degli Atti: mediante l'imposizione delle mani, dopo il battesimo,
si rinnova nei credenti il prodigio della Pentecoste (cf. At 2). Il brano, però, ha anche un valore
storico in quanto testimonia sia la diffusione della comunità dei giovanniti, sia la stretta
connessione dell'Apostolo con i coniugi Priscilla e Aquila.
c. L'attività di Paolo ad Efeso (At 19,8-41)

- Dopo tre mesi, in cui parlò liberamente nella sinagoga, Paolo ritenne necessario separare i
discepoli e raccoglierli in una scuola propria, in una sede che un certo Tiranno gli mise a
disposizione. Qui ogni giorno trasmise il proprio insegnamento partendo dalle Scritture (l'autore
degli Atti usa significativamente il verbo dialegomai). Questa attività si protrase per due anni
"con il risultato che tutti gli abitanti della provincia d'Asia, Giudei e Greci, poterono ascoltare la
Parola del Signore (At 19,l0).

- I due anni di attività nella scuola di Tiranno hanno costituito per Paolo un periodo di
maturazione del proprio pensiero, nutrito da una crescente ermeneutica cristologica della
Scrittura, dalla tradizione di Israele, dalla ricchezza pneumatica delle comunità cristiane e dalla
propria esperienza di apostolo dei Gentili.

- A Efeso Paolo matura un progetto grande e coraggioso: rivisitare le comunità della Macedonia
e dell'Acaia, recarsi a Gerusalemme e quindi portarsi a Roma (At 19,21-22). Come ci risulta
dalla lettera ai Romani, scritta a Corinto poco dopo l'attività efesina, l'Apostolo pensa alla
Spagna come ulteriore meta della sua predicazione. Forse il viaggio a Roma, nel pensiero di
Paolo, è correlato all'annuncio del Vangelo in Spagna.

- Gli ultimi tempi della dimora efesina furono anche amareggiati per i problemi sorti nella
Chiesa di Corinto che coinvolsero l'Apostolo nella sua stessa persona. I dettagli saranno
analizzati nell'introduzione alle lettere ai Corinzi, che furono scritte la prima verso la Pasqua del
57 (cf. I Cor 5,7s.; si veda anche 16,5-9 insieme con At 19,21) e la seconda sul finire dello
stesso anno.

- Gli Atti narrano solo la sommossa degli orefici (At 19,23-41), come episodio che convinse
Paolo a partire da Efeso per la Macedonia, secondo un plano che egli aveva già prima maturato.
Molto probabilmente, però, le difficoltà furono molteplici ed estremamente gravi (cf.I Cor
4,9-13; 15,31-32; II Cor 1,8-10). E' probabile che per un certo tempo Paolo sia stato anche
incarcerato. Durante questa "prigionia efesina" l'Apostolo compose la lettera ai Filippesi.

9. Il ritorno a Gerusalemme

1
- Partito da Efeso Paolo attraversa la Macedonia, confortando con "molti discorsi" i fedeli (si
pensi alle comunità di Filippi, di Tessalonica e forse anche della Berea). Scende quindi in Grecia
e sosta tre mesi a Corinto (At 20,1-3a).

- Durante questo soggiorno a Corinto l'Apostolo scrive la lettera ai Galati e, successivamente, la


lettera ai Romani, nella quale traspare la sintesi del suo pensiero e la grandezza dei suoi progetti.

- Un complotto dei Giudei gli impedisce di imbarcarsi per la Siria, per cui egli è costretto a
proseguire per terra il suo viaggio a Gerusalemme, attraversando di nuovo la Macedonia.
Probabilmente nel 58, dopo Pasqua (cfr. "dopo i giorni degli Azimi"), Paolo poté imbarcarsi a
Filippi. Di qui raggiunse Troade, dove si fermò una settimana (At 20,3b-6).

- La narrazione dell'episodio che avvenne "il primo giorno dopo il sabato", alla vigilia della
partenza dell'Apostolo (At 20,7-12), è particolarmente significativa. Essa, infatti, contiene una
preziosa testimonianza dell'importanza del giorno del Signore nella vita della Chiesa
protocristiana. Dal testo risulta:

(1) Abbiamo ancora la terminologia del calendario giudaico: "il primo giorno della
settimana" (o anche: "il primo giorno dopo il sabato"). L'Apocalisse contiene un nome nuovo:
"giorno del Signore". Esso attraverso il latino (dominica dies) entrerà in molte lingue.

(2) In questo giorno la comunità dei discepoli si raduna in assemblea (sinassi).

(3) L'assemblea della comunità dei discepoli del Signore è finalizzata all'Eucaristia (cf.
"per spezzare il pane").

(4) Lo svolgimento della celebrazione comporta, prima dello "spezzare il pane",


l'annuncio di Gesù Messia e Signore, annuncio che viene effettuato a partire dalle Scritture lette
e interpretate alla luce della fede in Gesù Risorto (come insinua l'uso del verbo dialegomai).

10. Arresto e prigionia romana

I Giudei della provincia d'Asia, vedendo Paolo nel Tempio, alzarono contro di lui tutta la
folla (At 21,27). Da questo momento gli avvenimenti si svolgono in rapida successione:

- Il tribuno della coorte salva Paolo dal linciaggio e lo arresta. Paolo fa la propria arringa davanti
ai Giudei (At 21,37-22,21) e successivamente, nella fortezza dove il tribuno lo ha fatto rinchiu-
dere, si dichiara cittadino romano (At 22,22-29).

- Paolo compare anzitutto davanti al sinedrio (At 22,30-23,11) e in un secondo momento, per
motivi di sicurezza (At 23,12-22), viene trasferito sotto buona scorta a Cesarea (At 23,23-35).

- Il procuratore romano Felice, per motivi di venialità, procrastina il processo. Paolo rimane così
in prigione a Cesarea per due anni (At 24,1-27), finche il successore di Felice, Festo, non lo mise
nella condizione di appellarsi a Cesare (At 25,1-26,32). Paolo, scortato insieme ad altri
prigionieri, fu fatto partire per Roma nell'autunno del 60. Dopo un viaggio piuttosto fortunoso
l'Apostolo giunse, verso la primavera del 61, nella capitale dell'Impero.

1
- Le autorità romane concessero a Paolo "di abitare per suo conto con un soldato di guardia" (At
28,17). In questa situazione egli ebbe la possibilità di accostare sia la comunità cristiana di Roma
sia i Giudei, anche se con questi ultimi l'annuncio del Vangelo non sembra che sia stato
fruttuoso.

- Verso il 63 Paolo ottenne da Roma la piena libertà.

11. Gli ultimi anni dell'Apostolo

L'attività di Paolo dopo la prigionia romana puo essere ricostruita solo in base alle
notizie contenute nelle lettere pastorali e nelle testimonianze antiche. Secondo una tradizione
che risale al 1. secolo, l'infaticabile Apostolo si recò in Spagna. Certamente fu in Asia Minore,
dove pose Timoteo a guida della Chiesa di Efeso (cf. I Tm 5,19-22 con II Tm 4,19: i saluti
inviati a Prisca ed Aquila e alla famiglia di Onesiforo fanno appunto supporre che Timoteo si
trovava in Efeso) e affidò a Tito il compito di dirigere la comunità cristiana di Creta (Tt 1,5).
Egli certamente passò a Troade, a Mileto e anche a Corinto (Cf. II Tm 4,13.20). In circostanze
che ignoriamo venne di nuovo arrestato e condotto a Roma. Nel carcere scrisse la seconda
lettera a Timoteo nella quale traspare la coscienza che ha l'Apostolo della fine imminente della
propria vita. Questa coscienza, però, è sostenuta dalla consapevolezza di aver adempiuto
fedelmente la propria missione (cf. II Tm 4,6-8).

Il processo si concluse con la condanna a morte. Nella tradizione si è conservata la


memoria della località dove l'Apostolo fu decapitato, intorno all'anno 67: alle Acque Salvie,
lungo la via di Ostia, a cinque miglia dalle mura di Roma.

1
GLI SCRITTI PAOLINI.

I Struttura delle lettere nell'antichità.

1.- Suddivisione delle lettere.


Le lettere presentavano tre parti:Prescritto, Corpo della lettera, saluti
finali.

2.- Le forme del prescritto.


Il prescritto presentava due forme diverse.

A) Prescritto greco. Era formulato in terza persona; "Tizio Sempronio


(augura di) stare bene".

B) Prescritto orientale. E' composto di tre elementi: Mittente, destinatario e la


formula di saluto ("tisaluto", pace a te, pace a voi.) . Solo la lettera apostolica di At. 15, 23ss. e
la lettera di Giacomo (1,1) Iniziano con il prescritto in forma greca. Paolo invece, usa
abitualmente la forma orientale. L'apostolo, però, amplia il prescritto e il corpo della lettera
inserisce un proemio che è costituito abitualmente da una formula di ringraziamento a Dio che
sgorga dal cuore di Paolo quando ricorda le sue comunità. Abbiamo però una eccezione
singolare nella lettera ai Galati. In questa lettera il proemio non incomincia con una formula di
benedizione, ma con un duro "mi meraviglio" (Gal 1,6-10). Qui Paolo esprime la sua amara
sorpresa verso i Galati che si sono lasciati irretire dalle posizioni estremistiche di alcuni giudeo-
cristiani.

II I Prescritti Paolini.

1.- Il mittente e I mittenti.

A) I Dati.

Tutte le lettere incominciano con il nome de Paolo. Nella lettera ai Romani e in


quella agli Efesini Paolo è L'unico mittente. Nelle altre lettere (in questa pagine non si
considerano quelle pastorali) abbiamo i seguenti collaboratori.

1 Cor. 1,1 Paolo...e il fratello Sostene,


2 Cor. 1,1 Paolo...e il fratello Timoteo,
Gal. 1,1 Paolo...(v.2) e tutti i fratelli che sono con me,

1
Fil. 1,1 Paolo...e Timoteo,
Col. 1,1 Paolo...e il fratello Timoteo,
1 Ts. 1,1 Paolo...e Silvano e Timoteo,
2 Ts. 1,1 Paolo...e Silvano e timoteo,
Flm. 1,1 Paolo...e il fratello Timoteo.

In tutte le lettere ad eccezione delle due ai tessalonicesi Paolo si presenta con


delle qualificazioni. Esse sono:

Rom 1,1 Paolo servo di C.G., chiamato apostolo, messo a parte per il vangelo di Dio.
1 Cor 1,1 Paolo, chiamato apostolo di G.C. per volontà di Dio
2 Cor 1,1 Paolo, apostolo di C.G. per volontà di Dio
Gal 1,1 Paolo, apostolo, non da uomini, nè per mezzo di uomini ma per mezzo di G.C. e
dio Dio Padre, cho lo ha risuscitato dai morti.
Ef. 1.1 Paolo, apostolo di C.G. per volontà di Dio.
Fil. 1.1 Paolo e Timoteo, servi di Cristo
Col. 1,1 Paolo, apostolo di C.G. per volontà di Dio
Flm. 1,1 Paolo, prigioniero di C.G.

B) L´interpretazione.

Analizzando i mittenti risulta anzittutto il ruolo particolare svolto da Timoteo,


come collaboratore di Paolo.

Quanto alle qualificazioni si noti:

1. Il titolo di "apostolo" è quello che Paolo applica costantemente a se


stesso. Il vocablo richiama alla figura rabbinica dello "shalah": colui che è inviato da una
autorità e rappresenta questa autorità con pieni poteri. Paolo si riconosce dunque inviato da Gesù
Cristo con la funzione di rappresentarlo, cioè di rendere presente in mezzo agli uomini la sua
signoria. Egli è "apostolo di Gesù Cristo".

Il termine "chiamato" è l´espressione "messo a parte per il vangelo di


Dio" mettono in evidenza che la condizione di apostolo viene da Dio (abbiamo qui due passivi
teologici), che chiama secondo il suo eterno disegno di grazia e costituisce il chiamato
rappresentante plenipotenziario di Gesù Cristo. Nell`intestazione della lettera ai Galati, data la
natura polemica di questo scritto, Paolo rivendica esplicitamente l´opera del Cristo e del Padre
all´origine del proprio apostolato. L´espressione "per volontà di Dio" mostra che nel suo essere
apostolo Paolo vede realizzarsi il "thelema" di Dio: il suo disegno di amore e di salvezza per tutti
gli uomini. La volontà di Dio indica dunque il mistero del suo eterno disegno d`amore che opera
salivificamente nella storia umana (Cfr. Ef. 1, 5)

2. Il titolo "servo di Cristo Gesù" deve comprendersi alla luce del tema
biblico "servo del Signore".

Nell´AT, "servo" è il ministro del re (Cfr. "i servi del faraone"), quindi
colui che coopera all´attuazione del suo governo. La Scrittura chiama Mosè "servo del Signore"
perché per mezzo suo, Dio ha realizzato il suo disegno di esodo e di alleanza a favore del suo
popolo. I profeti sono chiamati "servi del Signore" dato che per mezzo loro Dio comunica la sua

1
parola e quindi manifesta e realizza il suo disegno salvifico. Il "servo del Signore" di Is. 42, 1-4;
49, 1-6; 50, 4-9a; 52, 13 - 53, 12 rappresenta il grado più alto della teologia del servo nell´AT e
mentre unisce al tema del "ministro di Dio" il motivo della sofferenza che diventa fonte di
salvezza (Cfr. Is. 53), prepara anche a comprendere che tutto il popolo del Signore è servo del
Dio Santo, perché ha la missione di testimoniare e portare la salvezza di Dio fino agli stremi
confini della terra.

Nel NT, uno dei titoli più antichi dati a Gesù fu proprio quello di "Servo
di YHWH" (Cfr. At. 4, 27-30; i racconti del battesimo che richiamano Is. 42, 1-4, le predizioni e
i racconti della passione che rinviano chiaramente a Is. 54, 9a e Is. 53). Anche le parole che il
terzo vangelo pone sulle labbra di Maria ("Ecco la serva del Signore") manifestano secondo l
´intenzione del narratore la consapevolezza che ebbe la vergine della propria missione compresa
alla luce del disegno di Dio.

Il titolo "servo di Crsito Gesù" è possible solo mediante la fede nella


risurrezione con la quale si confesa che Gesù è il Messia.

Per chi ha questa fede, coloro che cooperano alla realizzazione del
disegno di Dio della salvezza sono stati chiamati da Dio ad essere "servi di Cristo Gesù",
"ministri del vangelo", testimoni del risorto con la vita con l´annuncio della parola. In questa
ottica l´apostolo è necessariamente "servo di Gesù Cristo"

2. I destinatari:

A) I dati:

Rm 1,7 A tutti coloro che sono in Roma, amati da Dio, chiamati santi.
1Cor 1,2 Alla Chiesa di Dio che è in Corinto, a coloro che sono santificati in Cristo Gesù.
2Cor 1,1 Alla Chiesa di Dio che è in Corinto con tutti i santi che sono nell´ Acaia
Gal. 1,2 Alle chiese della Galazia
Ef. 1,1 Ai santi [che sono in Efeso] e fedeli in Cristo Gesù
Fil. 1,1 A tutti i santi che sono in Filippi con gli episcopi e i diaconi
Col. 1,2 Ai santi di Colossi e fedeli fratelli in Cristo
1Ts 1,1 Alla Chiesa dei tessalonicesi, (che è) in Dio Padre (Nostro) e nel Signore Gesù
Cristo.
Flm. 1,1s A Filemone, amato e collaboratore nostro... e alla Chiesa della tua casa

B) L´interpretazione:

I destinatari sono caratterizzati con alcuni termini e locuzioni che contengono


una particolare ricchezza teologica. Essi sono:
1. Chiesa di Dio. Il vocabolo Greco "Ekklesia" tradice sia el termine
ebraico "miqra´" che il termine "qahal". Il vocabolo "miqra´" come insinua la radice "qra"
(chiamare) indica la convocazione del popolo del Signore, quindi lo stesso popolo in quanto è
chiamato, convocato alla presenza di Dio. Il vocabolo "qahal" connota il frutto della divina
convocazione, vale a dire l´assemblea liturgica del popolo del Signore. Se il vocabolo "miqra´"
spiega bene il termine greco "Ekklesia" (la convocazione), il titolo "qahal" è anche richiesto

1
perché l´espressione "Chiesa di Dio" supone necessariamente il sintagma ebraico "qahal
YHWH" in quanto la locuzione "miqra´ YHWH" non esiste.

Ne segue che il sintagma "Chiesa di Dio":

a) Connnota i discepoli di Gesù como vero popolo del Signore.

b) La Chiesa è la comunità di coloro che sono chiamati da Dio.

c) I discepoli di Gesù, chiamati da Dio, formano l'assemblea santa


del Signore.

d) La caratterizzazione di "assemblea" (gahal) appartiene alla


Chiesa non solo nel momento in cui i discepoli di Gesù sono reuniti insieme nella celebrazione
liturgica, ma sempre. La Chiesa è "assemblea di Dio" per natura.

e) Questa prospettiva può essere compresa solo alla luce della


testimonianza concorde del N.T. per il quale tutta la vita dei cristiani è un sacrificio gradito a
Dio (Rom. 12,1). La stessa espressione "Chiesa di Dio", che da Paolo è riferita alle sue
comunità, suppone dinque una reinterpretazione dei termini cultuali del'A.T.: essi non si
referiscono ai momenti liturgici dei cristiani, ma al loro stesso essere e alla loro vita di ogni
giorno. I battezzati formano l'assemblea santa del Signore perchè con l'amore vicendevole
offrono continuamente se stessi a Dio in sacrificio a lui gradito.

2.- Santi. Questo titolo va compreso alla luce della fede biblica
per la cuale "santo" è il termine che indica Dio en quanto Dio, in quanto nella totalità del suo
essere è infinita energia di vita, incandescente potenza d'amore e inesauribile sorgente di
misericordia. Se la Scrittura chiama Israele "santo" ciò significa che il popolo di JHWH
partecipa alla vita di Dio e quindi vive nel suo amore e nella sua misericordia1
Nel N.T. il vocabolo "santi", referito ai discepoli di Gesù, indica
che essi sono raggiunti dall'energia trasfigurante della vita di Dio in quanto sono partecipi della
risurrezione di Gesù.

Alcune annotazioni:

a) Il titolo "amati da Dio" mette in luce che la partecipazione alla


vita di Dio, in quanto uniti a Cristo risorto, è dono dell'amore del Signore. Il sintagma a nostro
avviso deriva da Os. 2,25 e dunque suppone la coscienza di essere l'Israele della nuova alleanza.
La Chiesa è la sposa che il Signore ha rinnovato con il suo amore.

b) L'espressione "Chiamati santi" evidenzia che l'essere santi è


dovuto alla chiamata divina ("santi per vocazione"). Il Signore chiamando fà uscire l'uomo dalla
schiavitù e lo fa entrare nella libertà propria di chi è figlio, dunque di chi è partecipe della vita e
dell'amore del Padre.

1
    ?G. ODASSO,"santità",nel Nuovo Dizzionario di Teologia
Biblica.

1
c) Il sintagma "santificati in Cristo Gesù" significa che i battezzati
sono resi santi da Dio mediante lo Spirito e che il loro essere santi è proporzionato al loro essere
"in Cristo Gesù", cioè al loro essere uniti a lui nella partecipazione alla sua risurrezione.

d) L'indicazione che la Chiesa è "in Dio Padre e nel Signore Gesù


Cristo" si comprende solo alla luce della fede nella risurrezione. I batezzati, risorti con Cristo,
sono uniti a lui, inseriti nella sua vita. Essendo però il Cristo in Dio (in forza della sua
risurrezione), anche i battezzati sono con lui in Dio (Gv 14,20).

3.- Fedeli in Cristo Gesù. Questi dintagma indica:


a) Che i battezzati sono fedeli a Dio perchè sono "in Cristo Gesù"
e quindi appartengono al mondo della risurrezione. Solo la partecipazione alla vita del Risorto e
l'unione vitale con lui è sorgente di fedeltà al dono di Dio e, quindi, al suo disegno di salvezza.

b) Questa fedeltà è caratterizzara dalla fede con la quale il


battezzato orienta totalmente il proprio essere a Gesù "Messia e Signore". In altri termini: non
c'è fedeltà senza fede.

2. Il Saluto.

A. I Dati.

Rom 1,7 grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo.
1 Cor 1,3 grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo.
2 Cor 1,2 grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo.
Gal 1,3 grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo.
Ef 1,2 grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo.
Fil 1,2 grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo.
Col 1,2 Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro.
1 Ts 1,1 grazia a voi e pace.
2 Ts 1,2 grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo.
Fil 1,3 grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù cristo.

B. L'interpretazione.

Il saluto è pressochê sempre uguale. Schematicamente:

-"grazia a voi e pace": sempre.


-"grazia a voi e pace da Dio Padre nostro": sempre ad
eccezione di 1Ts.
-"grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal
Signore Gesù Cristo": in tutte le lettere ad eccezione di 1Ts e Col.
Siamo dunque alla presenza di una formula, che ci rivela un orientamento
costante nell'Apostolo.

1.- Grazia. Il termine greco "charis" si comprende adeguatamente alla


luce del vocabolo ebraico "hesed" (Fedeltà familiare/ amore/ misericordia). E' l'amore fedele e

1
misericordioso che ha prevalso su di noi (Sal 117,2), che è all'origine tanto della creazione
quanto dell'esodo salvifico del popolo di Dio (Sal 136) e che dischiude al credente il futuro della
speranza (Cfr. 130; siveda inoltre il Sal 22).

L'Apostolo auspica per la sua comunità il dono di questo amore fedele e


misericordioso che ora si è rivelato con tutta la sua energia salvifica mediante la risurrezione di
Gesù.

2.- Pace. Il vocabolo ebraico "shalôm" connota il benessere totale


dell'uomo. Esso riguarda dunque la somma dei benni che portano l'uomo alla realizzazione del
sio essere in tutto l'ambito della sua dimensione personale e sociale. per questo "shalôm"
significa anzitutto quanto è necesario alla realizzazione autentica della vita:

I beni necessari alla salute e alla sicurezza biologica, i beni necessari alla
crescita culturale e spirituale nella sapienza di Dio e nella fede in lui. Al tempo stesso "shalôm"
esprimi i beni necessari alla dimesione comunitaria dell'uomo: promozione sociale nella
giustizia e nella fraternità, superamento delle tensioni nella mutua comprensione e cooperazione,
protesi verso un futuro sempre più plasmato dall'energia dell'amore di Dio.

Possiamo dunque affermare che se il termine "grazia" indica l'amore del


Signore nella sua infinita sorgente divina, il termine "pace" connota il frutto di questo amore,
che si dispiega nel cuore degli uomini e penetra, como nergia trasformante, nel cammino della
storia.

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