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Lezione n.

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I serbatoi cilindrici: analisi dello stato di sollecitazione
L’equazione generale

Tra le strutture bidimensionali si annoverano, oltre a quelle piane (lastre o piastre), quelle a
semplice o doppia curvatura: di quest’ultima categoria fanno parte ad esempio le cupole (purché di
piccolo spessore) ed i gusci sottili.
Tra le strutture a semplice curvatura rientrano i serbatoi cilindrici, il cui studio riveste una certa
importanza per la vasta gamma di applicazioni, che possono trovare riscontro in impianti spesso
collegati ad alcuni settori dell’ingegneria, soprattutto ambientale (si pensi, ad esempio, a vasche di
decantazione o di sedimentazione per il trattamento delle acque, a digestori, a silos, etc.).
In questo capitolo si affronterà quindi lo studio dei serbatoi cilindrici, analizzandone in generale lo
stato di sollecitazione/deformazione ed investigando alcuni dei casi più semplici che possono
incontrarsi correntemente.

Caratteristiche di sollecitazione per carichi assial-simmetrici


Il serbatoio riportato in figura rappresenta la situazione tipica che verrà investigata: si tratta di una
vasca di forma cilindrica contenente, fino ad una certa quota, del liquido ed immersa, per una certa
profondità, nel terreno. Da un punto di vista geometrico, siamo quindi in presenza di un cilindro di
altezza h e raggio R, con generatrici verticali, di spessore s. Tale spessore, relativo alle pareti del
serbatoio, risulta generalmente molto più piccolo sia del raggio che dell’altezza del cilindro,
cosicché due dimensioni (R ed h) sono preponderanti rispetto alla terza (s).
Le azioni sono rappresentate di solito da spinte verso l’esterno o l’interno, che creano uno stato di
sollecitazione sulle pareti del serbatoio; ad esempio, nel caso in cui il contenuto sia un liquido, in
accordo con le leggi dell’idrostatica, si sarà in presenza di una spinta crescente in maniera lineare in
funzione della profondità.
s

quota del liquido


spinta
idrostatica
h

terreno
X

2R

In questa prima fase dello studio si prescinderà dalla conformazione del fondo del serbatoio e dalla
presenza di eventuali elementi superiori di copertura, per focalizzare l’attenzione verso il solo
cilindro. Si considererà quindi la superficie media del cilindro, utilizzando un sistema di riferimento
cilindrico, con l’asse X diretto parallelamente alle generatrici e rivolto verso l’alto: gli altri due
elementi del sistema di coordinate saranno rappresentati dal raggio (costante e pari ad R) e
dall’angolo al centro (in generale definito come “longitudine” ed indicato con θ).
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Le ipotesi alla base dello studio saranno le seguenti:


- spessore (s) costante e “piccolo” rispetto all’altezza h ed al raggio R (dove per “piccolo” si
intende, analogamente a quanto fatto nello studio delle travi, di almeno un ordine di grandezza(*)
minore rispetto alle altre due dimensioni), ossia s << h, R.
- Validità dell’ipotesi di comportamento elastico-lineare del materiale (e quindi piccoli
spostamenti e piccole deformazioni).
- Carico di tipo assial-simmetrico, cioè simmetrico rispetto all’asse geometrico del cilindro; tale
condizione impone di avere soltanto carichi pr in direzione radiale (cioè ortogonali alla
superficie laterale del cilindro) e px in direzione verticale, entrambi costanti lungo i paralleli
(indipendenti cioè dalla longitudine θ). L’unico legame di dipendenza del carico dal sistema di
riferimento è quindi espresso lungo la direzione meridiana X; si ha cioè una condizione di
carico descritta da pr(x) e px(x).
- Le caratteristiche di sollecitazione (che nel caso della trave sono definite sull’area trasversale
della sezione) saranno riferite all’unità di lunghezza, come indicato nel seguito.
Il solido di cui ci occupiamo è quindi quello riportato in figura, dove sono indicate le varie
grandezze geometriche di interesse.

s
R

1
h
1

X θ

Per caratterizzare lo stato di sollecitazione, si estrae un elemento unitario dalla superficie del
cilindro (ossia di base ed altezza unitarie e spessore s), evidenziando le azioni interne che ne
garantiscono l’equilibrio.
La particolarità del carico (assial-simmetria) implica che, nel piano della sezione del cilindro,
descritta da un cerchio, ogni asse passante per il centro sia asse di simmetria; in altre parole, la
struttura in esame possiede infiniti assi di simmetria. Per l’elemento unitario estratto, quindi, deve
risultare uno stato di sforzo indipendente dal valore della longitudine θ.
Di conseguenza, si ha che sono diverse da zero soltanto le sollecitazioni indicate nella parte di
sinistra della figura seguente, mentre devono necessariamente risultare nulle quelle riportate nella
parte di destra. Per quanto riguarda la notazione impiegata, nel seguito si indicheranno con il pedice
“m” le caratteristiche di sollecitazione riferite alle strisce meridiane, e con il pedice “p” quelle
riferite alle strisce di parallelo.

(*)
Per fissare le idee, una vasca di sedimentazione tipica in cemento armato ha spessore dell’ordine di 2040 cm, un
raggio dell’ordine di grandezza di una decina di metri (610 m) ed un’altezza almeno pari a 3 m. Nel caso di
serbatoi in acciaio, le dimensioni di altezza e raggio sono praticamente le stesse, mentre gli spessori si riducono di
un fattore 10 (spessori nell’ordine di qualche centimetro).
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In dettaglio:
- il momento flettente “di parallelo” m p (cioè quello che inflette i paralleli della struttura) deve
essere costante rispetto a θ e quindi deve essere nullo il taglio corrispondente (indicato con t p);
- le azioni di taglio nel piano della sezione (indicate con tpm e tmp) devono essere nulle in quanto
non rispettano la simmetria del problema (per l’elemento estratto, infatti, anche X’ è asse di
simmetria);
- i momenti torcenti (non indicati nella figura) sono nulli sempre per la simmetria del problema.

nm+dnm
tm+dtm
tmp
np X
mp 1

mm+dmm X tpm
1
X’ X
tp tp
np X
mp tpm X

mm
X tmp

nm 1 tm 1

In ultima analisi, le uniche caratteristiche di sollecitazione non nulle sono:


np, sforzo normale di parallelo
mp, momento flettente di parallelo
nm, sforzo normale di meridiano
mm, momento flettente di meridiano
tm, taglio di meridiano
Tutte queste grandezze risultano, come già detto, indipendenti da θ e quindi sono funzioni soltanto
di x(**). È da ricordare che tali caratteristiche di sollecitazione sono riferite all’unità di lunghezza,
quindi si misurano in:
[F/L] = [FL-1] per np, nm e tm
[FL/L] = [F] per mp e mm
A tal proposito è da osservare che, anche se un momento per unità di lunghezza ha le stesse
dimensioni di una forza, si preferisce in genere adottare la scrittura FL/L, proprio per evidenziare il
fatto che di momento si tratta. In altre parole, si useranno spesso unità di misura del tipo Nm/m
(Newton metro al metro) o kgcm/cm (chilocentimetri al centimetro), in modo da sottolineare la
grandezza “momento per unità di lunghezza”; anche la scelta di utilizzare per le caratteristiche di

(**)
In una condizione di carico assial-simmetrica potrebbero essere ammissibili anche carichi distribuiti lungo la
superficie del cilindro con direzione verticale, ossia in direzione X, anche se questi sono di solito presenti soltanto
in situazioni particolari (ad esempio, i carichi legati all’attrito nel caso in cui il cilindro contenga materiale
granulare, come nel caso dei sili); di conseguenza, lo sforzo normale di meridiano nm è generalmente nullo. Inoltre,
si ha sempre uno sforzo normale di meridiano a causa della presenza del peso proprio della struttura: gli elementi
meridiani risultano quindi generalmente compressi con un valore dello sforzo normale negativo e crescente (in
valore assoluto) verso il basso, che assume il suo massimo in corrispondenza del fondo del serbatoio. In ogni caso,
lo sforzo normale di meridiano nm risulta sempre staticamente determinato e, essendo del tutto disaccoppiato dalle
altre caratteristiche di sollecitazione, verrà tralasciato nella trattazione successiva.
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sollecitazione lettere minuscole, anziché maiuscole come nel caso delle travi, vuole evidenziare che
si tratta di forze (e momenti) per unità di lunghezza.

Lo sforzo normale di parallelo


Lo sforzo normale di parallelo np dà luogo, per un elemento infinitesimo, ad una risultante che per
simmetria ha componente soltanto in direzione radiale e che vale (si veda la parte di sinistra della
figura seguente):
dF dF'
R dθ R dθ
dθ/2 dθ/2

np np
R
R
dθ dθ

 d   d 
dF  2  n p  sin    2  n p     n p  d
 2   2 
dove si è considerato un angolo al centro di valore infinitesimo.
Analogamente, considerando una distribuzione di forze radiali di intensità , la risultante su un
elemento infinitesimo ha ancora componente soltanto radiale ed assume il valore
dF'   ds   R  d
dove per la lunghezza ds dell’arco infinitesimo si è sfruttata la relazione
ds  R  d
Uguagliando i due termini, si ottiene
n p  d   R  d
e quindi
np

R
La presenza dello sforzo normale di parallelo è quindi assimilabile, per i meridiani, ad una
distribuzione di carico radiale di intensità np/R, verso l’interno del serbatoio se di trazione.
In termini deformativi, la presenza di np genera un allungamento delle fibre del parallelo, che può
essere valutata come segue. Lo sforzo normale induce tensioni normali pari a
np np
p  
A s 1
dove si è fatto uso del fatto che le caratteristiche di sollecitazione sono espresse come azioni per
unità di lunghezza (da cui l’area al denominatore). Di conseguenza, si ingenerano delle
deformazioni che ammontano a
p np np
p   
E E  s 1 E  s
dove E rappresenta il modulo di Young del materiale costituente il serbatoio. Tali deformazioni,
positive se np è di trazione, comportano un allungamento del parallelo, che si trasforma da una
circonferenza di raggio R in una di raggio maggiore. Ipotizzando che il raggio del cilindro aumenti
di w (passando da R ad un valore R+w), si avrebbe una deformazione
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Ldopo  Lprima 2    R  w   2   R w
p   
Lprima 2   R R
dove si è indicato con Lprima e Ldopo rispettivamente la lunghezza del parallelo prima e dopo la
deformazione. Uguagliando le due espressione per p, si ottiene
np w

E s R
Infine, sostituendo l’espressione trovata per np nella relazione che lega lo sforzo normale di
parallelo al carico equivalente , ricavata in precedenza, si ottiene la relazione finale:

np 1 w  E s E s
    w 2
R R R R

Quindi, la presenza di uno sforzo normale di parallelo si manifesta come una pressione radiale sui
meridiani (verso l’interno se np è di trazione) proporzionale, attraverso il fattore Es/R2, al valore
dello spostamento radiale w (inflessione di meridiano).
In altre parole, le strisce lungo i paralleli “sostengono” le strisce meridiane del serbatoio con forze
proporzionali allo spostamento di quest’ultime. L’azione, ad esempio, di un liquido contenuto nel
serbatoio tende a deformarne le pareti verso l’esterno (ossia ad allungare i paralleli): la struttura si
oppone a tale cambio di configurazione generando uno sforzo normale (di trazione) di parallelo
tanto più grande quanto maggiore risulta l’entità dello spostamento. L’azione di sostentamento dei
paralleli è quindi paragonabile a quella di tanti “elastici” disposti intorno al cilindro: tanto maggiore
è lo sforzo normale in tali elementi, e quindi il loro allungamento, tanto maggiore risulterà la
pressione che essi esercitano in direzione radiale.

L’equazione della linea elastica


A questo punto, lo sforzo normale di parallelo può
essere sostituito dalla presenza di un carico radiale
dell’intensità ricavata in precedenza. Isolando un
meridiano del serbatoio, e tralasciando per il momento
la presenza del momento flettente mp, si ha la
situazione riportata in figura.
Ogni striscia meridiana è quindi assimilabile ad una
trave inflessa dal carico “equivalente”
pr(x) – (x)
dove pr(x), nel seguito indicato semplicemente con pr(x)
p(x), rappresenta il carico radiale applicato, positivo se (x)
agente verso l’esterno del serbatoio, mentre ρ(x) è
equivalente alla porzione del carico che viene assorbita
dai paralleli attraverso la presenza dello sforzo normale
np. Di conseguenza il carico equivalente può essere
uguagliato al termine EJw(IV), tipico della trave
inflessa (equazione della linea elastica). x
In realtà, al termine E si sostituisce il valore E´,
definito dalla relazione
E
E 
1 2

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che, attraverso il coefficiente di Poisson, , tiene conto del fatto che la deformazione di una striscia
meridiana è ostacolata dalla continuità con le strisce adiacenti (si vedano le considerazioni svolte
nella lezione sulle lastre inflesse).
Si ha quindi
EJ E s
 w (IV)  x   p  x     x   p  x   2  w  x 
1  2
R
ossia
EJ E s
 w (IV)  x   2  w  x   p  x 
1  2
R
Il valore di J della striscia meridiana è offerto da
s 3 1
J
12
per una striscia di larghezza unitaria, e quindi, ponendo
EJ E  s3
B 
1   2 12  1   2 
si ha
E s px
w (IV)  x    w  x  
B  R2 B
Come già detto nelle lezioni precedenti, il termine B è equivalente al termine (E∙J) che compare
nella soluzione delle travi inflesse: la differenza è data dall’introduzione del modulo di Young
modificato per tener conto del contributo offerto dal comportamento bidimensionale della struttura
(attraverso il valore del coefficiente di Poisson, ) e dal fatto che ci stiamo riferendo a
caratteristiche inerziali di una sezione di larghezza unitaria (per cui, dimensionalmente, il termine B
è una grandezza del tipo [B] = F∙L).
Infine, ponendo
E s
4  4 
B  R2
si ottiene l’equazione della linea elastica del serbatoio nella sua forma “classica”:

px
w (IV)  x   4   4  w  x  
B
La costante  che compare nell’equazione differenziale è ovviamente definita da

E s E  s 12  1  
2
 4 3  1   2 
 4  4

4 R2  B 4 R2 E  s3 R s
e quindi dipende dalle caratteristiche geometriche del serbatoio (raggio R e spessore s) e dal
materiale (attraverso ). La dipendenza da  è però piuttosto debole, come si può osservare nella
tabella seguente, in cui si sono utilizzati i valori usuali del coefficiente di Poisson:

= 0.0 = 0.1 = 0.2 = 0.25 = 0.3
4

3  1  2  1.3161 1.3128 1.3027 1.2950 1.2854

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Conseguentemente, in forma approssimata, si assume di solito:


1.3

R s

Soluzione dell’equazione differenziale


Nel caso di carichi assial-simmetrici, il problema elastico dei serbatoi richiede la soluzione di
un’equazione differenziale ordinaria; se si fosse analizzato un caso più generale (ad esempio
rimuovendo l’ipotesi di simmetria del carico), si sarebbe pervenuti ad un’equazione più complicata,
nella quale sarebbero comparse derivate parziali della funzione di spostamento.
Nel caso in esame, l’equazione differenziale ordinaria appena ricavata(***) ha soluzione generale del
tipo:
wx   w om x   w part x 
in cui si è diviso wom(x), soluzione dell’equazione omogenea associata (cioè quella ottenuta
ponendo uguale a zero il termine non dipendente dalla funzione incognita w), dall’integrale
particolare wpart(x), dipendente dalla particolare configurazione di carico p(x) considerata. Inoltre, si
ha:
wx   ex  C1  cosx   C2  sinx   e x  C3  cosx   C4  sinx   w part x 
in cui le quattro costanti Ci (i = 1,…,4) sono da determinarsi in funzione delle condizioni al
contorno. Dunque, si può vedere la soluzione come la sovrapposizione di due sistemi; il primo
(l’integrale particolare) corrisponde al caso in cui il carico agisca in un serbatoio in assenza di
vincoli esterni; il secondo (soluzione dell’equazione omogenea) corrisponde alla sola azione sul
serbatoio delle reazioni offerte dai vincoli presenti. Le costanti di integrazione si determinano
quindi dall’imposizione delle condizioni statiche e cinematiche al contorno, in modo da ripristinare
la congruenza in corrispondenza dei vincoli.
Riguardo all’integrale particolare, è rilevante il caso in cui il carico sia espresso da una funzione
polinomiale in x, con grado del polinomio non superiore a 4. Un carico idrostatico, ad esempio, può
essere espresso attraverso una forma lineare in x, del tipo:
p  x  = γ   h liq  x  , x  0, h liq 
essendo hliq e rispettivamentel’altezza massima rispetto al fondo del serbatoio e il peso specifico
del liquido in esso contenuto.
Più in generale, se risulta
p  x   Pn  x  , n  4
indicando con Pn(x) un polinomio di grado n in x, si ottiene:
Pn  x 
w part  x   , n4
4  4  B
o anche, sfruttando la definizione di ,

(***)
Tale equazione è formalmente uguale alla relazione a cui si perviene nel calcolo degli spostamenti di una trave di
fondazione su suolo elastico alla Winkler (letto di molle elastiche). Nel caso del serbatoio, è come se le strisce
meridiane fossero supportate da un letto di molle elastiche, rappresentato dai paralleli: questi ultimi forniscono
cioè un vincolo elastico alle strisce meridiane. Il fenomeno è molto simile a quello che avviene in una botte in
legno, dove le doghe (meridiani) sono sostenute elasticamente dalla presenza dei cerchi metallici (paralleli). La
spinta del liquido all’interno provoca un’inflessione delle doghe ed uno sforzo di trazione nei cerchi (questo è il
motivo per il quale, a parte altre considerazioni di carattere pratico, i cerchi sono realizzati in materiale che resiste
bene a trazione, quale, appunto, il ferro o l’acciaio).
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R2
w part  x   Pn  x  , n  4
E s
In termini fisici, la soluzione particolare rappresenta la possibile deformazione che si avrebbe in un
serbatoio libero da vincoli. Nell’ottica del metodo della congruenza, la soluzione particolare
coincide con una soluzione equilibrata che non rispetta la congruenza con le condizioni al contorno
offerte dalla presenza dei vincoli, che viene invece ripristinata grazie alla soluzione dell’equazione
differenziale omogenea associata.
La parte della soluzione relativa all’equazione omogenea associata, si presta ad alcune ulteriori
riflessioni. Nel caso limite in cui l’altezza h del serbatoio fosse estremamente elevata, al limite
tendente all’infinito (si pensi ad un lungo tubo rettilineo), la soluzione ricavata dovrebbe porsi nella
forma:
w om x   e x  C3  cosx   C4  sinx 
ossia occorrerebbe che le due costanti C1 e C2 assumessero valori nulli. Se così non fosse, infatti, si
avrebbe che, per x, la soluzione (a causa dell’esponenziale positivo) tenderebbe anch’essa
all’infinito, con l’assurdo di avere spostamenti infiniti anche per valori finiti del carico. Da notare
che in un serbatoio infinitamente lungo si hanno a disposizione soltanto due condizioni al contorno
e difatti la soluzione presenta due sole costanti d’integrazione.
La soluzione, nel caso di serbatoi di lunghezza infinita, può essere riscritta come:
w om x   C  e x  sin x   
in cui le due nuove costanti d’integrazione C e  sono collegate alle precedenti dalle consuete
relazioni:
C 
C  C32  C24 , ψ  arctg 3 
 C4 
Si ha quindi:
wx   C  e x  sin x     w part x 
L’ultima espressione riportata per la soluzione dell’equazione omogenea associata consente
l’adozione di una semplice regola “mnemonica” di derivazione. Si ha infatti che
dw om  x 
w om  x   C  ex  sin  x    
dx
   π
 -α 2  ex  sin  x   - 
 4
cioè l’operazione di derivazione comporta che:
- il modulo risulti moltiplicato per (-2);
- la fase risulti in ritardo di /4.
Una volta imposte le condizioni al contorno e ricavate le due costanti C e , le grandezze di
interesse possono essere ricavate per derivazione, come avviene usualmente a seguito
dell’integrazione della linea elastica di una trave inflessa.
In particolare, si avrà(****):
dw  x    dw part  x 
 x  
dx
  
   2  C  ex  sin  x     
 4 dx

(****)
Rispetto alla linea elastica di una trave c’è in realtà una differenza: le convenzioni adottate per attribuire i segni
alle caratteristiche di sollecitazione, considerano positivi i momenti che tendono l’interno del serbatoio, e positivi
i tagli che inducono un differenziale positivo del momento nel verso positivo dell’ascissa X. Tale convenzione,
unita al fatto che gli spostamenti sono positivi verso l’esterno, è opposta rispetto a quella adottata nello studio
delle travi: questa è la ragione per cui si è posto mm(x) = Bw"(x), con il segno positivo anziché con l’usuale segno
negativo.
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d2 w  x  d2w  x    d 2 w part  x 
mm  x    EJ  B  B   2   C  e  sin  x      B 
2 x

dx 2 dx 2  2 dx 2

d3 w  x  d3w  x  3  d3 w part  x 
t m  x    EJ 
dx 3
 B
dx 3
 B  2 2 
  3
 C  e 
x
 sin



x    
4 
 B 
dx 3
dove si è indicata con φ(x) la rotazione delle strisce meridiane del serbatoio.
Inoltre, una volta note le espressioni di w(x) e di mm(x) si possono ricavare i valori delle rimanenti
due caratteristiche di sollecitazione attraverso le relazioni (la dimostrazione della validità della
seconda è riportata in appendice):
E s
np  x    w x
R
mp  x     mm  x 


mm+dmm

tm

M M+dM
esterno interno

w X
T T
tm
mm v
Serbatoio Trave

Convenzioni di segno per taglio, momento flettente e spostamento adottate per serbatoi e travi
È interessante notare che il contributo della soluzione particolare al momento flettente (di meridiano
e di parallelo) e al taglio è nullo qualora il carico esterno sia distribuito lungo le pareti del serbatoio
con andamento lineare (uniforme o idrostatico). In tal caso, infatti, i meridiani si inflettono solo per
effetto delle reazioni vincolari.

La lunghezza d’onda
Come si può osservare dalle relazioni precedentemente scritte, a meno del contributo dell’integrale
particolare, tutte le grandezze di interesse mostrano un andamento, rispetto alla variabile x, espresso
dal prodotto di una funzione esponenziale decrescente e di una funzione armonica, come mostrato
nella figura seguente, riferita al caso = 1, C = 1,  = 1.
La parte armonica della soluzione dell’equazione differenziale omogenea presenta un periodo, o
meglio, una lunghezza d’onda, indicata con  che può essere ricavata dall’espressione:
2 R s
  2     2   4.83  R  s
 1.3
Da notare che, a causa del particolare decremento esponenziale, i punti di massimo della funzione
sono raggiunti dopo una distanza dai punti di nullo (invece di come per le funzioni
armoniche non smorzate).
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Lezione n. 5 – pag. V.10

0.35

0.30

0.25

0.20
lunghezza d’onda, 
w(x)
0.15

0.10

0.05

0.00

-0.05
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
x

Se si valuta il rapporto tra il valore dello spostamento in una generica sezione di ascissa x ed il
valore della stessa grandezza ad una ascissa (x+), si ottiene:

w x    C  e  x     sinx      e  x    1


   e    e  2  0.0019 
w x  Ce   x
 sinx   e  x 536

dove si è sfruttata la periodicità della parte armonica della funzione w(x). Analogamente, il
confronto tra il valore dello spostamento in una generica sezione di ascissa x ed il valore della
stessa grandezza ad una ascissa (x+) porge:

w x  λ/2  C  e  α x λ/2   sinαx  λ/2   ψ e  α x λ/2 


αλ
 1
    e 2
 e π  0.0432  
w x  C  e  sinαx  ψ
αx
e αx
23

Quanto sopra osservato permette di affermare che gli effetti delle condizioni al contorno (vincoli,
carichi concentrati, discontinuità di carico, etc.) tendono a smorzarsi rapidamente, tanto che, dopo
una distanza paragonabile alla lunghezza d’onda, risultano ridotti al 2‰ circa del valore iniziale.
Non seguono invece questo comportamento i contributi direttamente collegati al carico attraverso
l’integrale particolare wpart(x).
Questo comportamento, totalmente assente nelle travi o nelle lastre piane, è il frutto della presenza
dei paralleli che, come detto, assorbono una parte del carico esterno, sviluppando sforzi assiali, e
offrono una forte azione frenante nei confronti degli effetti che provengono dai bordi (o anche da
carichi concentrati o discontinuità di carico in posizione intermedia lungo l’altezza del cilindro). A
questo proposito, basti pensare ad un tubo abbastanza lungo, sollecitato ad un’estremità: è
facilmente intuibile che questo, ad una certa distanza dal bordo, non risentirà dell’azione applicata.
In base a quanto detto poco sopra, un serbatoio più alto di  è in sostanza assimilabile ad uno di
lunghezza infinita, visto che gli effetti delle condizioni al contorno, oltre tale distanza, sono
praticamente nulli. La trattazione proposta, a priori valida soltanto per altezze h del serbatoio
tendenti all’infinito, è quindi in realtà utilizzabile ogniqualvolta h sia dello stesso ordine di
grandezza della lunghezza d’onda  (anzi, anche se l’altezza fosse paragonabile a /2, si
commetterebbe comunque un errore trascurabile, visto che dopo mezza lunghezza d'onda gli effetti
risultano ridotti al 4% dei valori iniziali; in questo caso, però, può talvolta risultare necessario
sommare i contributi alle sollecitazioni che si propagano dai due bordi).

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Lezione n. 5 – pag. V.11

Sotto tale condizione ricade la maggior parte dei serbatoi di interesse: tanto per fissare le idee, un
serbatoio in cemento armato con spessore s = 25 cm e raggio R = 10 m, conduce a

  4.83  R  s  4.83  10  0.25  7.64 m

cioè è da ritenersi infinitamente lungo se l’altezza h è maggiore di 7.7 m circa (quindi addirittura
anche inferiore al raggio). Il concetto di “infinitamente lungo” è quindi esclusivamente di natura
meccanica, non rispecchiando, in generale, la realtà geometrica dell’oggetto.

Esempio: serbatoio con bordo inferiore incastrato


Consideriamo adesso un serbatoio di altezza h, supposto infinitamente lungo, incastrato alla base e
soggetto al carico idrostatico di un liquido di peso specifico γ. Per semplicità, assumiamo che il
liquido riempia il serbatoio per intero.
Da quanto detto in precedenza è facile verificare che la soluzione particolare dell’equazione
differenziale, che descrive gli spostamenti radiali w(x) del serbatoio, è data da:
 h  x
w part  x  
4 4 B
La soluzione del problema può quindi essere calcolata nella maniera seguente:
 h  x
w  x   w om  x   w part  x   C  e x  sin  x    
4 4 B
Le rotazioni delle sezioni meridiane sono date da:
  
  x    w  x     2  C  ex  sin  x      4
 4  4 B

Le condizioni al contorno per l’incastro, in base alle quali si può calcolare le costanti d’integrazione
C e ψ, sono offerte da:

 h
 w  0   C  sin   0
4 4 B

  0     2  C  sin         0
  4  4 4 B

Sviluppando il seno di una differenza, moltiplicando per -α la prima e sommando le due equazioni,
si ottiene il nuovo sistema:

 h
C  sin   4 4 B  0

  C  cos    h  1   0
 4 4 B
Da cui:

 h 1
C   4 4 B  sin 


 tg  h  h 
   arctg 
 
h  1  h  1 

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Lezione n. 5 – pag. V.12

Noto che
x
sin(arctg(x)) 
1 x2
si ottiene infine:
 
 C   2 2 2
h  2 h  1 
45 B

  arctg  h 
  h  1 
L’inflessione del generico meridiano è diagrammata nella figura seguente. Risulta evidente che gli
spostamenti radiali del serbatoio sono nulli in corrispondenza dell’incastro, mentre non sono
distinguibili da quelli dovuti al carico in assenza di vincoli, dopo una lunghezza d’onda (in questo
caso, di poco inferiore all’altezza del serbatoio). Tuttavia, l’andamento oscillatorio della parte
omogenea della soluzione fa sì che in certe zone si abbiano spostamenti radiali maggiori di quelli
imputabili alla sola soluzione particolare. Infine, il diagramma dello sforzo normale di parallelo
risulterà proporzionale a quello degli spostamenti w(x), mentre taglio e momenti flettenti possono
essere calcolati per derivazioni successive, come discusso in precedenza.

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Lezione n. 5 – pag. V.13

Appendice
Nell’affrontare il problema delle lastre inflesse, si è dimostrato che le equazioni di legame tra le
tensioni normali e le corrispondenti deformazioni possono essere espresse nella forma:
 E
 x     y 
 x  1   2

  E  y     x 
 y 1  2

 z  0
Di conseguenza, le relazioni inverse forniscono:
 1

 x  E  x     y 
 1

 y   y     x
E


1

 z      x     y
 E

Le equazioni precedenti hanno carattere generale e possono essere utilizzate in tutti i casi di solidi
bidimensionali (siano essi piani, come le lastre, oppure a semplice o doppia curvatura, quali serbatoi
cilindrici e cupole), in cui il piccolo spessore rende di fatto trascurabile il regime tensionale nella
direzione di quest’ultimo (coincidente con la coordinata z nel caso delle lastre inflesse).
Di conseguenza, le formule riportate sopra possono essere utilizzate nel caso dei serbatoi cilindrici
per stabilire il legame tra i momenti flettenti mm e mp, utilizzando un riferimento cilindrico (m, p),
offerto dalle direzioni delle strisce di meridiano e di parallelo, anziché quello cartesiano (x, y).
Infatti, il momento mm produce lungo lo spessore una tensione normale che raggiunge il suo valore
massimo in corrispondenza delle fibre più distanti dalla superficie media del serbatoio e che vale:
mm s 6  mm
m,max  m,min    2
s 3 1 2 s
12
Analogamente, si ha:
6  mp
p,max  p,min 
s2
Dal momento che i meridiani non sono liberi di espandersi in direzione trasversale (non possono
cioè variare la curvatura lungo la direzione dei paralleli, stante la simmetria del problema
investigato), occorre che i contributi in p imputabili ai momenti flettenti mm e mp siano
complessivamente nulli. Di conseguenza, si ha:
1 6
p  p    m    mp    mm   0
E E  s2 
e quindi
mp    mm
È da osservare che l’uguaglianza utilizzata impone l’assenza di variazioni di curvatura lungo i
paralleli, ma non l’assenza di deformazioni. Come già indicato in precedenza, in direzione dei
paralleli si ha infatti una deformazione p costante lungo lo spessore, causata dalla presenza dello
sforzo normale np.

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