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I serbatoi cilindrici: analisi dello stato di sollecitazione
L’equazione generale
Tra le strutture bidimensionali si annoverano, oltre a quelle piane (lastre o piastre), quelle a
semplice o doppia curvatura: di quest’ultima categoria fanno parte ad esempio le cupole (purché di
piccolo spessore) ed i gusci sottili.
Tra le strutture a semplice curvatura rientrano i serbatoi cilindrici, il cui studio riveste una certa
importanza per la vasta gamma di applicazioni, che possono trovare riscontro in impianti spesso
collegati ad alcuni settori dell’ingegneria, soprattutto ambientale (si pensi, ad esempio, a vasche di
decantazione o di sedimentazione per il trattamento delle acque, a digestori, a silos, etc.).
In questo capitolo si affronterà quindi lo studio dei serbatoi cilindrici, analizzandone in generale lo
stato di sollecitazione/deformazione ed investigando alcuni dei casi più semplici che possono
incontrarsi correntemente.
terreno
X
2R
In questa prima fase dello studio si prescinderà dalla conformazione del fondo del serbatoio e dalla
presenza di eventuali elementi superiori di copertura, per focalizzare l’attenzione verso il solo
cilindro. Si considererà quindi la superficie media del cilindro, utilizzando un sistema di riferimento
cilindrico, con l’asse X diretto parallelamente alle generatrici e rivolto verso l’alto: gli altri due
elementi del sistema di coordinate saranno rappresentati dal raggio (costante e pari ad R) e
dall’angolo al centro (in generale definito come “longitudine” ed indicato con θ).
Gianni Bartoli/Claudio Mannini/Carlo Guastini – Appunti di Tecnica delle Costruzioni (2) Revisione – 28/05/12
Lezione n. 5 – pag. V.2
s
R
1
h
1
X θ
Per caratterizzare lo stato di sollecitazione, si estrae un elemento unitario dalla superficie del
cilindro (ossia di base ed altezza unitarie e spessore s), evidenziando le azioni interne che ne
garantiscono l’equilibrio.
La particolarità del carico (assial-simmetria) implica che, nel piano della sezione del cilindro,
descritta da un cerchio, ogni asse passante per il centro sia asse di simmetria; in altre parole, la
struttura in esame possiede infiniti assi di simmetria. Per l’elemento unitario estratto, quindi, deve
risultare uno stato di sforzo indipendente dal valore della longitudine θ.
Di conseguenza, si ha che sono diverse da zero soltanto le sollecitazioni indicate nella parte di
sinistra della figura seguente, mentre devono necessariamente risultare nulle quelle riportate nella
parte di destra. Per quanto riguarda la notazione impiegata, nel seguito si indicheranno con il pedice
“m” le caratteristiche di sollecitazione riferite alle strisce meridiane, e con il pedice “p” quelle
riferite alle strisce di parallelo.
(*)
Per fissare le idee, una vasca di sedimentazione tipica in cemento armato ha spessore dell’ordine di 2040 cm, un
raggio dell’ordine di grandezza di una decina di metri (610 m) ed un’altezza almeno pari a 3 m. Nel caso di
serbatoi in acciaio, le dimensioni di altezza e raggio sono praticamente le stesse, mentre gli spessori si riducono di
un fattore 10 (spessori nell’ordine di qualche centimetro).
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Lezione n. 5 – pag. V.3
In dettaglio:
- il momento flettente “di parallelo” m p (cioè quello che inflette i paralleli della struttura) deve
essere costante rispetto a θ e quindi deve essere nullo il taglio corrispondente (indicato con t p);
- le azioni di taglio nel piano della sezione (indicate con tpm e tmp) devono essere nulle in quanto
non rispettano la simmetria del problema (per l’elemento estratto, infatti, anche X’ è asse di
simmetria);
- i momenti torcenti (non indicati nella figura) sono nulli sempre per la simmetria del problema.
nm+dnm
tm+dtm
tmp
np X
mp 1
mm+dmm X tpm
1
X’ X
tp tp
np X
mp tpm X
mm
X tmp
nm 1 tm 1
(**)
In una condizione di carico assial-simmetrica potrebbero essere ammissibili anche carichi distribuiti lungo la
superficie del cilindro con direzione verticale, ossia in direzione X, anche se questi sono di solito presenti soltanto
in situazioni particolari (ad esempio, i carichi legati all’attrito nel caso in cui il cilindro contenga materiale
granulare, come nel caso dei sili); di conseguenza, lo sforzo normale di meridiano nm è generalmente nullo. Inoltre,
si ha sempre uno sforzo normale di meridiano a causa della presenza del peso proprio della struttura: gli elementi
meridiani risultano quindi generalmente compressi con un valore dello sforzo normale negativo e crescente (in
valore assoluto) verso il basso, che assume il suo massimo in corrispondenza del fondo del serbatoio. In ogni caso,
lo sforzo normale di meridiano nm risulta sempre staticamente determinato e, essendo del tutto disaccoppiato dalle
altre caratteristiche di sollecitazione, verrà tralasciato nella trattazione successiva.
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Lezione n. 5 – pag. V.4
sollecitazione lettere minuscole, anziché maiuscole come nel caso delle travi, vuole evidenziare che
si tratta di forze (e momenti) per unità di lunghezza.
d d
dF 2 n p sin 2 n p n p d
2 2
dove si è considerato un angolo al centro di valore infinitesimo.
Analogamente, considerando una distribuzione di forze radiali di intensità , la risultante su un
elemento infinitesimo ha ancora componente soltanto radiale ed assume il valore
dF' ds R d
dove per la lunghezza ds dell’arco infinitesimo si è sfruttata la relazione
ds R d
Uguagliando i due termini, si ottiene
n p d R d
e quindi
np
R
La presenza dello sforzo normale di parallelo è quindi assimilabile, per i meridiani, ad una
distribuzione di carico radiale di intensità np/R, verso l’interno del serbatoio se di trazione.
In termini deformativi, la presenza di np genera un allungamento delle fibre del parallelo, che può
essere valutata come segue. Lo sforzo normale induce tensioni normali pari a
np np
p
A s 1
dove si è fatto uso del fatto che le caratteristiche di sollecitazione sono espresse come azioni per
unità di lunghezza (da cui l’area al denominatore). Di conseguenza, si ingenerano delle
deformazioni che ammontano a
p np np
p
E E s 1 E s
dove E rappresenta il modulo di Young del materiale costituente il serbatoio. Tali deformazioni,
positive se np è di trazione, comportano un allungamento del parallelo, che si trasforma da una
circonferenza di raggio R in una di raggio maggiore. Ipotizzando che il raggio del cilindro aumenti
di w (passando da R ad un valore R+w), si avrebbe una deformazione
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Lezione n. 5 – pag. V.5
Ldopo Lprima 2 R w 2 R w
p
Lprima 2 R R
dove si è indicato con Lprima e Ldopo rispettivamente la lunghezza del parallelo prima e dopo la
deformazione. Uguagliando le due espressione per p, si ottiene
np w
E s R
Infine, sostituendo l’espressione trovata per np nella relazione che lega lo sforzo normale di
parallelo al carico equivalente , ricavata in precedenza, si ottiene la relazione finale:
np 1 w E s E s
w 2
R R R R
Quindi, la presenza di uno sforzo normale di parallelo si manifesta come una pressione radiale sui
meridiani (verso l’interno se np è di trazione) proporzionale, attraverso il fattore Es/R2, al valore
dello spostamento radiale w (inflessione di meridiano).
In altre parole, le strisce lungo i paralleli “sostengono” le strisce meridiane del serbatoio con forze
proporzionali allo spostamento di quest’ultime. L’azione, ad esempio, di un liquido contenuto nel
serbatoio tende a deformarne le pareti verso l’esterno (ossia ad allungare i paralleli): la struttura si
oppone a tale cambio di configurazione generando uno sforzo normale (di trazione) di parallelo
tanto più grande quanto maggiore risulta l’entità dello spostamento. L’azione di sostentamento dei
paralleli è quindi paragonabile a quella di tanti “elastici” disposti intorno al cilindro: tanto maggiore
è lo sforzo normale in tali elementi, e quindi il loro allungamento, tanto maggiore risulterà la
pressione che essi esercitano in direzione radiale.
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Lezione n. 5 – pag. V.6
che, attraverso il coefficiente di Poisson, , tiene conto del fatto che la deformazione di una striscia
meridiana è ostacolata dalla continuità con le strisce adiacenti (si vedano le considerazioni svolte
nella lezione sulle lastre inflesse).
Si ha quindi
EJ E s
w (IV) x p x x p x 2 w x
1 2
R
ossia
EJ E s
w (IV) x 2 w x p x
1 2
R
Il valore di J della striscia meridiana è offerto da
s 3 1
J
12
per una striscia di larghezza unitaria, e quindi, ponendo
EJ E s3
B
1 2 12 1 2
si ha
E s px
w (IV) x w x
B R2 B
Come già detto nelle lezioni precedenti, il termine B è equivalente al termine (E∙J) che compare
nella soluzione delle travi inflesse: la differenza è data dall’introduzione del modulo di Young
modificato per tener conto del contributo offerto dal comportamento bidimensionale della struttura
(attraverso il valore del coefficiente di Poisson, ) e dal fatto che ci stiamo riferendo a
caratteristiche inerziali di una sezione di larghezza unitaria (per cui, dimensionalmente, il termine B
è una grandezza del tipo [B] = F∙L).
Infine, ponendo
E s
4 4
B R2
si ottiene l’equazione della linea elastica del serbatoio nella sua forma “classica”:
px
w (IV) x 4 4 w x
B
La costante che compare nell’equazione differenziale è ovviamente definita da
E s E s 12 1
2
4 3 1 2
4 4
4 R2 B 4 R2 E s3 R s
e quindi dipende dalle caratteristiche geometriche del serbatoio (raggio R e spessore s) e dal
materiale (attraverso ). La dipendenza da è però piuttosto debole, come si può osservare nella
tabella seguente, in cui si sono utilizzati i valori usuali del coefficiente di Poisson:
= 0.0 = 0.1 = 0.2 = 0.25 = 0.3
4
3 1 2 1.3161 1.3128 1.3027 1.2950 1.2854
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Lezione n. 5 – pag. V.7
(***)
Tale equazione è formalmente uguale alla relazione a cui si perviene nel calcolo degli spostamenti di una trave di
fondazione su suolo elastico alla Winkler (letto di molle elastiche). Nel caso del serbatoio, è come se le strisce
meridiane fossero supportate da un letto di molle elastiche, rappresentato dai paralleli: questi ultimi forniscono
cioè un vincolo elastico alle strisce meridiane. Il fenomeno è molto simile a quello che avviene in una botte in
legno, dove le doghe (meridiani) sono sostenute elasticamente dalla presenza dei cerchi metallici (paralleli). La
spinta del liquido all’interno provoca un’inflessione delle doghe ed uno sforzo di trazione nei cerchi (questo è il
motivo per il quale, a parte altre considerazioni di carattere pratico, i cerchi sono realizzati in materiale che resiste
bene a trazione, quale, appunto, il ferro o l’acciaio).
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Lezione n. 5 – pag. V.8
R2
w part x Pn x , n 4
E s
In termini fisici, la soluzione particolare rappresenta la possibile deformazione che si avrebbe in un
serbatoio libero da vincoli. Nell’ottica del metodo della congruenza, la soluzione particolare
coincide con una soluzione equilibrata che non rispetta la congruenza con le condizioni al contorno
offerte dalla presenza dei vincoli, che viene invece ripristinata grazie alla soluzione dell’equazione
differenziale omogenea associata.
La parte della soluzione relativa all’equazione omogenea associata, si presta ad alcune ulteriori
riflessioni. Nel caso limite in cui l’altezza h del serbatoio fosse estremamente elevata, al limite
tendente all’infinito (si pensi ad un lungo tubo rettilineo), la soluzione ricavata dovrebbe porsi nella
forma:
w om x e x C3 cosx C4 sinx
ossia occorrerebbe che le due costanti C1 e C2 assumessero valori nulli. Se così non fosse, infatti, si
avrebbe che, per x, la soluzione (a causa dell’esponenziale positivo) tenderebbe anch’essa
all’infinito, con l’assurdo di avere spostamenti infiniti anche per valori finiti del carico. Da notare
che in un serbatoio infinitamente lungo si hanno a disposizione soltanto due condizioni al contorno
e difatti la soluzione presenta due sole costanti d’integrazione.
La soluzione, nel caso di serbatoi di lunghezza infinita, può essere riscritta come:
w om x C e x sin x
in cui le due nuove costanti d’integrazione C e sono collegate alle precedenti dalle consuete
relazioni:
C
C C32 C24 , ψ arctg 3
C4
Si ha quindi:
wx C e x sin x w part x
L’ultima espressione riportata per la soluzione dell’equazione omogenea associata consente
l’adozione di una semplice regola “mnemonica” di derivazione. Si ha infatti che
dw om x
w om x C ex sin x
dx
π
-α 2 ex sin x -
4
cioè l’operazione di derivazione comporta che:
- il modulo risulti moltiplicato per (-2);
- la fase risulti in ritardo di /4.
Una volta imposte le condizioni al contorno e ricavate le due costanti C e , le grandezze di
interesse possono essere ricavate per derivazione, come avviene usualmente a seguito
dell’integrazione della linea elastica di una trave inflessa.
In particolare, si avrà(****):
dw x dw part x
x
dx
2 C ex sin x
4 dx
(****)
Rispetto alla linea elastica di una trave c’è in realtà una differenza: le convenzioni adottate per attribuire i segni
alle caratteristiche di sollecitazione, considerano positivi i momenti che tendono l’interno del serbatoio, e positivi
i tagli che inducono un differenziale positivo del momento nel verso positivo dell’ascissa X. Tale convenzione,
unita al fatto che gli spostamenti sono positivi verso l’esterno, è opposta rispetto a quella adottata nello studio
delle travi: questa è la ragione per cui si è posto mm(x) = Bw"(x), con il segno positivo anziché con l’usuale segno
negativo.
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Lezione n. 5 – pag. V.9
d2 w x d2w x d 2 w part x
mm x EJ B B 2 C e sin x B
2 x
dx 2 dx 2 2 dx 2
d3 w x d3w x 3 d3 w part x
t m x EJ
dx 3
B
dx 3
B 2 2
3
C e
x
sin
x
4
B
dx 3
dove si è indicata con φ(x) la rotazione delle strisce meridiane del serbatoio.
Inoltre, una volta note le espressioni di w(x) e di mm(x) si possono ricavare i valori delle rimanenti
due caratteristiche di sollecitazione attraverso le relazioni (la dimostrazione della validità della
seconda è riportata in appendice):
E s
np x w x
R
mp x mm x
Xʹ
mm+dmm
tm
M M+dM
esterno interno
w X
T T
tm
mm v
Serbatoio Trave
Convenzioni di segno per taglio, momento flettente e spostamento adottate per serbatoi e travi
È interessante notare che il contributo della soluzione particolare al momento flettente (di meridiano
e di parallelo) e al taglio è nullo qualora il carico esterno sia distribuito lungo le pareti del serbatoio
con andamento lineare (uniforme o idrostatico). In tal caso, infatti, i meridiani si inflettono solo per
effetto delle reazioni vincolari.
La lunghezza d’onda
Come si può osservare dalle relazioni precedentemente scritte, a meno del contributo dell’integrale
particolare, tutte le grandezze di interesse mostrano un andamento, rispetto alla variabile x, espresso
dal prodotto di una funzione esponenziale decrescente e di una funzione armonica, come mostrato
nella figura seguente, riferita al caso = 1, C = 1, = 1.
La parte armonica della soluzione dell’equazione differenziale omogenea presenta un periodo, o
meglio, una lunghezza d’onda, indicata con che può essere ricavata dall’espressione:
2 R s
2 2 4.83 R s
1.3
Da notare che, a causa del particolare decremento esponenziale, i punti di massimo della funzione
sono raggiunti dopo una distanza dai punti di nullo (invece di come per le funzioni
armoniche non smorzate).
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Lezione n. 5 – pag. V.10
0.35
0.30
0.25
0.20
lunghezza d’onda,
w(x)
0.15
0.10
0.05
0.00
-0.05
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
x
Se si valuta il rapporto tra il valore dello spostamento in una generica sezione di ascissa x ed il
valore della stessa grandezza ad una ascissa (x+), si ottiene:
dove si è sfruttata la periodicità della parte armonica della funzione w(x). Analogamente, il
confronto tra il valore dello spostamento in una generica sezione di ascissa x ed il valore della
stessa grandezza ad una ascissa (x+) porge:
Quanto sopra osservato permette di affermare che gli effetti delle condizioni al contorno (vincoli,
carichi concentrati, discontinuità di carico, etc.) tendono a smorzarsi rapidamente, tanto che, dopo
una distanza paragonabile alla lunghezza d’onda, risultano ridotti al 2‰ circa del valore iniziale.
Non seguono invece questo comportamento i contributi direttamente collegati al carico attraverso
l’integrale particolare wpart(x).
Questo comportamento, totalmente assente nelle travi o nelle lastre piane, è il frutto della presenza
dei paralleli che, come detto, assorbono una parte del carico esterno, sviluppando sforzi assiali, e
offrono una forte azione frenante nei confronti degli effetti che provengono dai bordi (o anche da
carichi concentrati o discontinuità di carico in posizione intermedia lungo l’altezza del cilindro). A
questo proposito, basti pensare ad un tubo abbastanza lungo, sollecitato ad un’estremità: è
facilmente intuibile che questo, ad una certa distanza dal bordo, non risentirà dell’azione applicata.
In base a quanto detto poco sopra, un serbatoio più alto di è in sostanza assimilabile ad uno di
lunghezza infinita, visto che gli effetti delle condizioni al contorno, oltre tale distanza, sono
praticamente nulli. La trattazione proposta, a priori valida soltanto per altezze h del serbatoio
tendenti all’infinito, è quindi in realtà utilizzabile ogniqualvolta h sia dello stesso ordine di
grandezza della lunghezza d’onda (anzi, anche se l’altezza fosse paragonabile a /2, si
commetterebbe comunque un errore trascurabile, visto che dopo mezza lunghezza d'onda gli effetti
risultano ridotti al 4% dei valori iniziali; in questo caso, però, può talvolta risultare necessario
sommare i contributi alle sollecitazioni che si propagano dai due bordi).
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Lezione n. 5 – pag. V.11
Sotto tale condizione ricade la maggior parte dei serbatoi di interesse: tanto per fissare le idee, un
serbatoio in cemento armato con spessore s = 25 cm e raggio R = 10 m, conduce a
cioè è da ritenersi infinitamente lungo se l’altezza h è maggiore di 7.7 m circa (quindi addirittura
anche inferiore al raggio). Il concetto di “infinitamente lungo” è quindi esclusivamente di natura
meccanica, non rispecchiando, in generale, la realtà geometrica dell’oggetto.
Le condizioni al contorno per l’incastro, in base alle quali si può calcolare le costanti d’integrazione
C e ψ, sono offerte da:
h
w 0 C sin 0
4 4 B
0 2 C sin 0
4 4 4 B
Sviluppando il seno di una differenza, moltiplicando per -α la prima e sommando le due equazioni,
si ottiene il nuovo sistema:
h
C sin 4 4 B 0
C cos h 1 0
4 4 B
Da cui:
h 1
C 4 4 B sin
tg h h
arctg
h 1 h 1
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Lezione n. 5 – pag. V.12
Noto che
x
sin(arctg(x))
1 x2
si ottiene infine:
C 2 2 2
h 2 h 1
45 B
arctg h
h 1
L’inflessione del generico meridiano è diagrammata nella figura seguente. Risulta evidente che gli
spostamenti radiali del serbatoio sono nulli in corrispondenza dell’incastro, mentre non sono
distinguibili da quelli dovuti al carico in assenza di vincoli, dopo una lunghezza d’onda (in questo
caso, di poco inferiore all’altezza del serbatoio). Tuttavia, l’andamento oscillatorio della parte
omogenea della soluzione fa sì che in certe zone si abbiano spostamenti radiali maggiori di quelli
imputabili alla sola soluzione particolare. Infine, il diagramma dello sforzo normale di parallelo
risulterà proporzionale a quello degli spostamenti w(x), mentre taglio e momenti flettenti possono
essere calcolati per derivazioni successive, come discusso in precedenza.
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Lezione n. 5 – pag. V.13
Appendice
Nell’affrontare il problema delle lastre inflesse, si è dimostrato che le equazioni di legame tra le
tensioni normali e le corrispondenti deformazioni possono essere espresse nella forma:
E
x y
x 1 2
E y x
y 1 2
z 0
Di conseguenza, le relazioni inverse forniscono:
1
x E x y
1
y y x
E
1
z x y
E
Le equazioni precedenti hanno carattere generale e possono essere utilizzate in tutti i casi di solidi
bidimensionali (siano essi piani, come le lastre, oppure a semplice o doppia curvatura, quali serbatoi
cilindrici e cupole), in cui il piccolo spessore rende di fatto trascurabile il regime tensionale nella
direzione di quest’ultimo (coincidente con la coordinata z nel caso delle lastre inflesse).
Di conseguenza, le formule riportate sopra possono essere utilizzate nel caso dei serbatoi cilindrici
per stabilire il legame tra i momenti flettenti mm e mp, utilizzando un riferimento cilindrico (m, p),
offerto dalle direzioni delle strisce di meridiano e di parallelo, anziché quello cartesiano (x, y).
Infatti, il momento mm produce lungo lo spessore una tensione normale che raggiunge il suo valore
massimo in corrispondenza delle fibre più distanti dalla superficie media del serbatoio e che vale:
mm s 6 mm
m,max m,min 2
s 3 1 2 s
12
Analogamente, si ha:
6 mp
p,max p,min
s2
Dal momento che i meridiani non sono liberi di espandersi in direzione trasversale (non possono
cioè variare la curvatura lungo la direzione dei paralleli, stante la simmetria del problema
investigato), occorre che i contributi in p imputabili ai momenti flettenti mm e mp siano
complessivamente nulli. Di conseguenza, si ha:
1 6
p p m mp mm 0
E E s2
e quindi
mp mm
È da osservare che l’uguaglianza utilizzata impone l’assenza di variazioni di curvatura lungo i
paralleli, ma non l’assenza di deformazioni. Come già indicato in precedenza, in direzione dei
paralleli si ha infatti una deformazione p costante lungo lo spessore, causata dalla presenza dello
sforzo normale np.
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