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De vulgari eloquentia
L’opera rappresenta la vera ricerca del volgare “illustre”. In questo caso, l’autore
ricorre all’uso della lingua dei dotti (il latino) allo scopo di convincerli del valore della
lingua volgare. La scrittura latina diventa d’ora in poi, per Dante, una lingua
artificiale che consente una comunicazione universale che non considera le
differenze linguistiche locali. Anch’essa è un’opera incompiuta a causa della scrittura
della Commedia. Il testo afferma il carattere naturale del volgare, in quanto è
appresa spontaneamente fin dall’infanzia e per questa sua “naturalità”, quest’ultima
viene considerata più nobile del latino. Inoltre, Dante articola la lingua
distinguendola in tre forme: la lingua d’oil, lingua d’oc e lingua del sì, idiomi instabili
e vari che si oppongono al latino. Tuttavia, nessuna delle tre soddisfa pienamente le
condizioni elencate dal poeta (un volgare illustre doveva essere cardinale, aulico e
curiale) affinché una lingua possa elevarsi allo stato di “illustre”. In conclusione,
Dante ammette che il valore unitario della lingua volgare possa solo affermarsi solo
tramite l’opera degli scrittori.