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Il Convivio

Il Convivio si presenta come un’opera in volgare concepita come un insieme di


commenti in prosa di opere dottrinali. Si ha un rapporto lirica-prosa diverso rispetto
a quello della Vita nova: nella prima si ha un’opera più liricheggiante, mentre nel
Convivio la prosa si allarga e tende ad essere più argomentativa ed espositiva
proprio per permetterne la comprensione dei vari significati complessi e allusivi
delle canzoni, semplificandoli. Si ha una traduzione in termine razionale della
filosofia di Aristotele e il pensiero aristotelico. Anche qui sono presenti cenni
autobiografici e l’opera si riferisce soprattutto ad un pubblico più vasto, di cui fanno
parte anche coloro che non hanno potuto dedicarsi agli studi. Questa prosa è
caratterizzata da un’argomentazione animata dalla ragione ed orientata verso la
scoperta della verità. Il famoso primo trattato di tale scritto letterario spiega il titolo
dell’opera il quale è fine a sé stesso: è un convivio che propone a chi ha un desiderio
intenso di conoscenza una difficile “vivanda” (le canzoni), accompagnata da un pane
(il commento) che ne illustrerà e spiegherà in maniera chiara i significati. Dante, per
evitare ulteriori critiche già previste, si serve del suo racconto autobiografico per
difendersi dalle accuse che lo portarono in esilio. Per quanto riguarda la difficoltà
dell’opera, egli sostiene che fu resa così per renderla più grave e autoritaria. Un’altra
critica potrebbe riguardare l’uso del volgare e non del latino, considerato perpetuo e
non elastico rispetto al volgare che garantisce una certa “libertà” che si allarga ad un
pubblico semicolto che non conosce la lingua latina. Inoltre, il volgare viene
considerato da Dante come la lingua della realtà più concreta della vita umana. Il
secondo trattato tratta della definizione dei diversi “sensi” può assumere la
scrittura: letterale, allegorico, morale, anagogico. In questo trattato, l’obbiettivo è
quello di ricavare dal significato più esplicito ed esteriore di un testo un ulteriore
significato che lo trascende, un significato più nascosto e interno. In aggiunta, si
commenta il tema dell’amore provato verso la “donna gentile” già comparsa nella
Vita Nuova il quale non è da considerare come una cosa negativa e dunque un
motivo di allontanamento da Beatrice. Al contrario questo amore per la donna
gentile è da considerare come un’esperienza positiva perché simboleggia
l’avvicinamento a Dante con la filosofia. In questo trattato è presente un’ampia
catalogazione della struttura dei cieli comparata ad una descrizione del sistema delle
scienze (ad ogni cielo corrisponde una scienza specifica) la quale, secondo una
struttura ascensionale, ha come punto più alto la “Divina Scienza”. Il materiale
accumulato nel Convivio sta ad indicare in generale che il sapere (secondo il punto
di vista aristotelico) è la manifestazione più alta di quel bisogno di perfezione che
caratterizza e realizza la felicità dell’uomo. Dunque Dante concentra tutte le proprie
forze sulla conoscenza e il sapere. Al tempo stesso egli mantiene vivo la tematica
amorosa attraverso la figura allegorica della donna-filosofia. La ricerca dell’umana
perfezione dovrebbe in realtà accontentarsi del “sapere naturale” ma che non può
portare alla comprensione di cose soprannaturali. L’anima umana, che ha in Dio il
suo principio, avverte il bisogno di sapere al di là della realtà terrena, dunque la
felicità assoluta può darsi solo nella beatitudine della visione di Dio. Il Convivio
rimarrà un’opera interrotta proprio perché Dante avrà successivamente l’idea di
scrivere la Commedia, dove il cammino verso la perfezione parte dalla conoscenza di
figure concrete, servendosi della poesia come mezzo per raggiungerla.

De vulgari eloquentia
L’opera rappresenta la vera ricerca del volgare “illustre”. In questo caso, l’autore
ricorre all’uso della lingua dei dotti (il latino) allo scopo di convincerli del valore della
lingua volgare. La scrittura latina diventa d’ora in poi, per Dante, una lingua
artificiale che consente una comunicazione universale che non considera le
differenze linguistiche locali. Anch’essa è un’opera incompiuta a causa della scrittura
della Commedia. Il testo afferma il carattere naturale del volgare, in quanto è
appresa spontaneamente fin dall’infanzia e per questa sua “naturalità”, quest’ultima
viene considerata più nobile del latino. Inoltre, Dante articola la lingua
distinguendola in tre forme: la lingua d’oil, lingua d’oc e lingua del sì, idiomi instabili
e vari che si oppongono al latino. Tuttavia, nessuna delle tre soddisfa pienamente le
condizioni elencate dal poeta (un volgare illustre doveva essere cardinale, aulico e
curiale) affinché una lingua possa elevarsi allo stato di “illustre”. In conclusione,
Dante ammette che il valore unitario della lingua volgare possa solo affermarsi solo
tramite l’opera degli scrittori.

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