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IL GIOCO

Corso EPI — Dott.ssa Teresa FUSCO


“Sulla spiaggia di mondi senza fine,
i bambini giocano".
DEFINIZIONE
Attività ricreativa praticata liberamente, fine a sé
stessa e gestita generalmente da regole arbitrarie
e vincolanti. La spontanea sottomissione al
sistema di regole, distingue il gioco da altre forme
di divertimento che possono essere, invece,
caratterizzate da una semplice infrazione di
regole (per es., suonare i campanelli per la
strada), ma distingue il gioco anche dalla vita
sociale non ludica le cui regole vengono
accettate ma non liberamente scelte.
UN FENOMENO UNIVERSALE
•Le discipline che si sono occupate dello
studio del gioco sono diverse: dalla
psicologia aII'etologia, alla matematica, alla
psicoanalisi e altre ancora. Esiste
indubbiamente un'universalità temporale e
spaziale nell'attività ludica dell'uomo.
* lnfatti il gioco è presente sin daII'antichità
(basti pensare alla Tavola di Ur, una specie di
dama, trovata in Iraq, che risale al 2600/2400
a.C.), ed è presente in ogni popolo
dela Terra. Il gioco si riscontra anche in
molte altre specie animali.
Nel mondo animale...
•Gran parte dei Mammiferi, infatti, gioca, e così anche diverse
specie di Uccelli. Ultimamente è st&to scoperto che giocano
anche alcuni rettili, come le tartarughe, e i coccodrilli, e
persino un mollusco, il polpo.
› L'uomo trae dal gioco numerosi benefici: negli adulti scioglie le
tensioni e aiuta la concentrazione, mentre nei bambini è
fondamentale per lo sviluppo cognitivo e la crescita
neurologica. Una comparazione tra diverse specie di
mammiferi ha rivelato che la presenza e la complessità del
gioco sono correlate con la dimensione del cervello: più il
cervello di una specie è voluminoso, in proporzione al corpo, più
il gioco ha un ruolo cruciale nella sua vita. lnoltre esiste una
correlazione tra sviluppo neurologico e il gioco, dimostrata
dal fatto che topi, privati della possibilità di giocare, non
sviluppano pienamente le connessioni neuronali della corteccia
prefrontale.
Perche si gioca!
Tre teorie principali tentano di spiegare l'evoluzione del gioco.

• 1) La prima, quella del surplus di energia di Herbert Spencer (filosofo britannico, I 820- 1903), sostiene che il
bambino attraverso il gioco scarichi un eccesso di energia, ma l'osservazione che spesso un bambino sente il
desiderio di giocare, anche se è stanco, mostra che non vi è una chiara relazione tra energia e pulsione al
gioco.
• 2) Secondo la teoria di Granville S. Hall (psicologo e pedagogista statunitense, 1846 - 1924), invece, nel gioco i
bambini ripercorrerebbero le attività e i comportamenti dei nostri antenati. Ma se certi gioco come la lotta,
sembrano confermare questa teoria altri giochi moderni, come l'andare in bicicletta, non trovano analogie
nelle società primitive.
• 3) La terza ipotesi, quella più accreditata, di Karl Groos (psicologo tedesco, 186 1 1946), ipotizza che il gioco
infantile altro non sia che un esercizio per allenare gli istinti e i comportamenti necessari da adulti, come
dimostra il fatto che spesso i giochi dei bambini sono giochi di imitazione dei comportamenti adulti.Anche
negli animali vengono usati nel gioco schemi che sono comuni ad altre attività quali la caccia, gli
accoppiamenti e la fuga. In tal senso il gioco sarebbe una ‘palestra’ dove il bambino e il cucciolo
sperimentano e migliorano comportamenti e movimenti fondamentali per la vita adulta.
Interpretazioni sociologiche e
Psicologiche
Un grande contributo alla comprensione del gioco, dal punto di vista della psicologia
evolutiva, viene dagli studi di jean Piaget. Secondo questo autore esiste una
corrispondenza diretta tra gioco e sviluppo mentale del bambino, che tramite il
gioco cerca di affermare la propria presenza nel mondo.
Si possono descrivere così diverse fasi dello sviluppo del comportamento di gioco.

1)Il primo stadio è quello sensomotorio (0+ 18 mesi) in cui il bambino ripete
schemi motori che gli arrecano il piacere di sentirsi la causa di un evento. Il proprio
corpo diventa così il primo gioco che ha a disposizione.
2)La seconda fase consiste nel eioco simbolico e fantastico (fino a circa S anni); in
questa fase il bambino impara a 'far finta di' sviluppando cosi il pensiero astratto.

3)Successivamente i giochi acquistano connotazioni sociali e sono guidati da regole


scaturite da patti convenzionali: il gioco da simbolico diventa così costruttivo.
Ottica sociologica
Altri autori cercano di analizzare il gioco con un'ottica sociologica,
considerandolo come il primo e basilare prodotto culturale dell'uomo.
Per johan Huizinga (storico olandese) l'uomo è soprattutto Homo ludens
più che sopiens, in quanto è il gioco a consentire uno sviluppo di qualsiasi
società. Secondo il sociologo francese Roger Caillois, i giochi si dividono in
quattro categorie:
•• gioco di competizione (agon): tutte le gare in generale, sia fisiche come
quelle sportive, sia mentali come una partita a scacchi;
•• gioco di fortuna (oleo): dove il fattore primario è il caso, dal semplice
’tesca o croce* alle lotterie, dalle scommesse alla morra cinese;
•gioco di simulacro (mimicry): in cui si fa finta di essere qualcun altro, da
*guardia e ladri' ai g. di ruolo, ai g. in rete come Second life,°
•gioco di vertigine (i/inx): in cui si sfidano le leggi fisiche, dalle giostre come
l'ottovolante agli sport escremi.
Il gioco nella psicoanalisi
Con la psicoanalisi, l'attenzione si concentra sulle emozioni e le sensazioni
che il bambino prova giocando.
Per Donald W.Winnicott, il gioco è un mezzo per analizzare, e
possibilmente curare, la psicopatologia del bambino. Il gioco viene visto,
infatti, come un'espressione infantile della creazione di simboli in cui vari
aspetti si intrecciano, dalla fantasia alla realtà, dai sentimenti aII'inteIIetto. I
bambini, a differenza degli adulti, manifestano i propri bisogni e il proprio
inconscio principalmente con il gioco, e non con i sogni, in quanto l'azione è
l'espressione principale del bambino.
Secondo Sigmund Freud, i giochi devono essere interpretati tramite un
simbolismo inconscio e servono per elaborare le ansie presenti nella vita
del bambino. II g. fornisce infatti i mezzi per affrontare situazioni di angoscia,
quali la separazione dalla madre (per es., nel g. del cucù o del nascondino).
Per /‘1elanie Klein, il gioco può essere inserito in un contesto clinico ed
essere paragonato alle associazioni libere degli adulti, e rappresentare così
il modo migliore per interagire con il bambino durante l'analisi.
OTTICA PSICOANALITICA
•Secondo I\4e/onie Mein (Vienna 1882-Londra I960) la tecnico del
gioco da lei uti/izzoto nella psicoanalisi in(antiIe assolve la stesso
funzione che hanno le “associazioni libere” nell'analisi degli odu/ti.
L'analista deve interpretare e comunicare al bambino il signi[ìcato
simbolico inconscio che assume l’azione ludica compiuto in sUo
presenza e in questo modo si arrivo a gettare Iuce sui suoi processi
inconsci, suIl’ori$ine delle sue onsie, paure, sensi di colpa. Il bambino
deve essere messo in condizione di sperimentCfre liberamente le sue
emozioni e le sue fantasie, servendosi di moteriCl/i ludici appropriati
— oggetti piccoli, semplici, non meccanici — che si §resiino a creClre
le situazioni più diverse. Spesso ne/ gioco il bambino mani(esta la suo
oggressivitò e i suoi impulsi distruttivi — ad esempio rompendo un
giocotto/o —; anche in questo coso il compito deII'anaIista è que/lo di
osservare, comprendere e comunicare al bambino ciò che awiene il lui,
senza esprimere valutazioni morali e senza voler esercitare alcun ruolo
educativo nei suoi confronti.
Il gioco nel quotidiano...
•L'evoluzione affettiva e quella intellettuale sono i due compiti che il bambino deve
affrontare, per trasformarsi d8 esserino bisognoso impaurito e dipendente, in una persona
autonoma ragionevole e capace di stabilire rapporti affettivi.
•Il bambino è il gioco, trovare un bambino che non gioca è impossibile, il gioco è l'autocura che il
bambino (ma non solo il bambino), fa a se stesso per rinfrancarsi delle difficoltà che la vita di tutti i
giorni gli porta.
' Non stiamo più parlando solo di bambini con problemi di una cerca gravità, ma proprio di tutti i
bambini.
•Il bambino gioca per acquistare il pieno dominio di se stesso e della realtà. Giocando,
ottiene un piacere e insieme arricchisce il suo patrimonio di conoscenze esplorando quanto
lo circonda.
•All'inizio i giochi servono soprattutto ad affinare i suoi strumenti
percettivi: vedere, sentire, riconoscere la realtà esterna, sia che si tratti di un
giocattolo, che del viso della madre.
I bambini godono nel vedere oggetti colorati, provano piacere per ciò che fa
rumore, per questo Mettano a terra tutte le cose. Afferrano e palpano gli oggetti, li esplorano a
sazietà, poi li abbandonano per passare ad altri.
Man mano che il bambino perfeziona le sue capacità psicomotorie i giochi si fanno più
complessi: trascinamento di oggetti, lanci e prese di palla, costruzioni con cubi sabbia creta ecc.
II gioco nel quotidiano...
Questa separazione è addolcita e favorita da un altro tipo di gioco. Spesso i bambini spostano l'interesse che
hanno per la madre su un oggetto inanimato. quasi sempre fornito dalla madre stessa e legato alle pratiche
deII'alimentazione o delI'andare a letto: una copertina, un pannolino, un biberon un giocattolo.
II bambino esperto sentendo oprattutto l'odore, ma anche il sapore e la composizione. Questi giocattoli
diverrano di sua assoluta proprietà. Sono soprattutto utili al bambino al momento di andare a letto o quando
piange per qualcosa. In sintesi, stanno per la madre o per il seno materno; servono a consolare il bambino della
perdita delle attenzioni esclusive da parte della madre; è come se il bambino dicesse: anche se non posso più
avere la mamma solo per me e in tutti i momenti, possono spostare queste pretese su un oggetto che lei mi ha
dato o che la rappresenti. Infatti qual è la più grande preoccupazione del bambino in questo periodo? Quella di
essere abbandonato dalla madre. Per calmare quesce angosce. perché di avere angosce si va oltre ai giocattoli
morbidi di cui abbiamo parlato. Il bambino si serve del gioco a nascondino, gioco di solito proposto dalła madre,
ma poi ripreso con entusiasmo dal bambino e giocato dai bambini di tutto il mondo. II gioco del nascondino, nella
sua forma attiva e passiva ha un doppio significato: trovare la madre, ma ąnche essere ritrovato da lei. Nel gioco
ancora una voIta il bambino cerca di superare le sue angosce invertendo i ruoli: io stesso allontano la mamma, io
stesso la riprendo (vedi il gioco del rocchecco del nipotino di Freud). II bambino si gira le coperte sul viso la
mamma non c'è più, le tira di nuovo giù con un sorriso: la mamma è di nuovo qui. In conclusione, attraverso
una serie di giochi che lo aiutano a padroneggiare la scomparsa e la ricomparsa degli oggetti e delle persone, il
bambino arriva ad interiorizzare la figura materna e a credere nella sua esistenza anche quando non è
presente. Progresso che aiuterà il bambino a staccarsi anche fisicamence in via temporanea dalla madre e a
permettergli l'ingresso nella scuola materna.
Il gioco nel quotidiano...
La nascita biologica non coincide con la nascita psicologica.
Il bambino è nato ma non ha ancora coscienza di essere un bambino, non è ancora uscita da quella fusione con
la madre che caratterizza i primi mesi di vita, non ha ancora acquistato caratteristiche individuali.
•Nelle prime settimane di vita, come tutti i genitori sanno, il bambino passa quasi tutto il tempo in uno stato di
dormiveglia, dal quale si scuote solo quando la tensione per la fame o altri bisogni Io fa piangere, e appena è
soddisfatto ripiomba nel sonno.
In questo periodo il bambino è completamente assorbito in se stesso e nei suoi bisogni fisiologici, e non ha
consapevolezza che c'è qualcuno intorno a lui che provvede alle sue necessità. Tuttavia attraverso un'assidua
assistenza la madre. intervenendo ogni volta a soccorrerlo, lo aiuta gradualmence ad uscire da questo scatto semi
vegetativo. Il bambino comincia in qualche modo ad avvertire che la soddisfazione dei suoi bisogni non proviene da
se stesso, ma da qualche parte esterna a sé. Dal secondo-terzo mese di vita comincia nel bambino una vaga
consapevolezza della madre.Tuttavia il piccolo si comporta come se lui e la madre facessero parce di una unicà,
entrambi racchiusi in un confine comune: immaginate un cerchio in cui siano presenti madre e bambino, separati
da tutto il resco del mondo. Ma poi, la necessità che vengano soddisfatti i suoi bisogni, diventa gradualmente un
desiderio di ricevere qualcosa da quella persona in particolare: la madre, desiderio non più solo di ricevere sollievo
alle tensioni fisiche ma il desiderio di uno scopo bisogno affettivo.
Il gioco nel quotidiano...
A circa sei mesi il bambino riconosce la madre come una persona separata da lui. A questo punto,
attraverso la mediazione materna, il bambino comincia ad entrare in contatto con parti sempre più
estese della realtà esterna. Quali sono i giochi del bambino in questo periodo?
Da un primo gioco in cui erano coinvolti il corpo del bambino e quello della madre senza che il bambino
facesse distinzione tra dove finisse il suo e dove cominciasse quello della madre, si passa ad una vera
e propria esplorazione manuale-tattile e visiva del volto e dell'intero corpo materno.
Queste sono le settimane in cui il bambino scopre affascinato una spilla, un paio d'occhiali
o un ciondolo addosso alla madre.
Senza stancarsi il bambino esplora la madre con le mani e con gli occhi, allontana la testa da Iei per
esaminarla in altre prospettive, la controlla ripetutamente.
Dai sette mesi in poi il bambino comincia a fare giochi che servono maggiormente a distinguere la sua
immagine corporea da quella della madre: prende pezzetti di cibo e li mette alternativamente nella
bocca della madre e nella propria. Non si tratta di un comportamento aItruistico. A questi
comportamenti ludici del bambino, le madri rispondono facendo giochi in cui paragonano le parti del
corpo del bambino, con le proprie: questo è il mio naso, dov'è il tuo?
Attraverso questi momenti il bambino si avvia nel corso dei successivi due anni ad una vera
separazione psicologica dalla madre. Si tratta di un processo durissimo di cui molti adulti portano
ancora le tracce: è difficile separarsi.

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