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Alessandro Dal Pozzo1, Daniele Guglielmi1, Giacomo Antonioni1, Valerio Cozzani1, Stefano
Calvani2
Abstract. Nonostante l’abbattimento dei contaminanti acidi nei fumi di combustione sia applicato fin dagli
anni novanta, la necessità di conciliare il rispetto di limiti alle emissioni sempre più stringenti con il
contenimento dei costi ha portato recentemente allo sviluppo di soluzioni innovative, in particolare
nell’ambito delle tecnologie a secco. Sono state perciò esaminate le soluzioni a secco e a semi-secco di
maggiore attualità, discutendone i principi di funzionamento, le condizioni di applicabilità e le eventuali
criticità.
State of the art and perspectives of the dry treatment of flue gases from waste incineration
Although the removal of acid pollutants from flue gases has been performed since the 90s, the need to couple
the compliance with lower emission limits with cost optimisation led to the development of innovative
technologies, based mostly on dry treatment systems. An overview of the cutting-edge dry and semi-dry
solutions is provided, discussing operating principles, applicability constraints and criticalities.
Introduzione
I gas acidi (SO2, HCl, HF) sono inquinanti tipici derivanti dal processo di termovalorizzazione dei rifiuti e la
loro emissione è vincolata a limiti stringenti dalla Direttiva 2010/75/EU. Le raccomandazioni europee sulle
migliori tecnologie disponibili (BAT) per l’abbattimento dei gas acidi sono state emanate nel 2006 col
documento BREF WI, ma dal 2013 sono iniziati i lavori per la revisione delle BAT, con pubblicazione del
nuovo BREF entro fine 2016. Dal 2006, infatti, molti impianti sono stati aperti o ammodernati e una varietà
di tecniche di trattamento dei gas acidi si è affacciata sul mercato.
Da un database relativo a 399 impianti europei, formato raccogliendo dati pubblicati dalle agenzie ambientali
nazionali, dalle utility operanti nel settore e dai consorzi attivi sul territorio europeo (CEWEP, ESWET), è
possibile notare un netto trend di evoluzione nelle tecnologie adottate per la rimozione dei gas acidi (Figura
1): se fino al 2000 lo standard era il lavaggio dei fumi in scrubber a umido, successivamente ha iniziato a
registrarsi una evidente preferenza verso soluzioni a secco o semi-secco, con iniezione di reagenti solidi
(sorbenti).
Le caratteristiche che hanno suscitato l’interesse dei gestori d’impianto verso i trattamenti a secco sono
molteplici:
semplicità impiantistica: bassi costi di investimento e di manutenzione;
produzione di residui solidi di più facile ed economico smaltimento rispetto ai reflui liquidi dei
processi a umido;
assenza dei problemi di condensazione e “rain-out” al camino che affliggono i sistemi a umido.
A compensare questi vantaggi vi è la minore efficacia delle reazioni gas-solido rispetto alle reazioni gas-
liquido nel rimuovere i gas acidi dai fumi, che comporta la necessità di alimentare il sorbente in forte
eccesso. Di conseguenza, migliorare il rapporto efficienza/consumo di reagente dei sistemi a secco è
l’obiettivo delle soluzioni impiantistiche di più recente concezione.
120
80
60
40
SEMI-DRY
SEMI-DRY
SEMI-DRY
20
WET
WET
WET
DRY
DRY
0 DRY
Antecedenti al Avviate nel Successive al
2000 2000-2005 2005 o in
costruzione
Figura 1 – Numero di unità di trattamento gas acidi attualmente in funzione in Europa suddivise in base
all’anno di entrata in servizio.
Le condizioni operative ottimali per l’impiego dei due reagenti sono diverse. Per NaHCO3, l’intervallo di
utilizzo va dai 140 ai 300 °C, con un miglioramento delle prestazioni al crescere della temperatura legato a
fattori cinetici. Per Ca(OH)2, la finestra di temperature ideale è tra 120 e 160°C, con un miglioramento delle
prestazioni al diminuire della temperatura, poiché, a parità di contenuto d’acqua dei fumi, aumenta l’umidità
relativa (RH). L’effetto positivo di RH sulla reazione si spiega ricorrendo allo shrinking core model (vedi
Figura 3): l’acqua adsorbita induce un riarrangiamento della struttura cristallina del product layer, liberando
superficie utile per la reazione (Bausach, 2006).
a b
Diverse sono, infine, fonti e modalità di approvvigionamento dei reagenti solidi. Il NaHCO3 è un prodotto di
sintesi ottenuto con il processo Solvay. Il Ca(OH)2 è ottenuto per calcinazione e idratazione del calcare, e per
la sua abbondanza ed economicità è il reagente più utilizzato, nonostante mostri una reattività inferiore
rispetto al NaHCO3 a parità di condizioni operative. Varietà di Ca(OH)2 ad alta porosità sono prodotte con
processi brevettati da diversi fornitori, ma presentano costi e reattività paragonabili al NaHCO3.
In Figura 4 sono schematizzate le soluzioni impiantistiche a secco e semi-secco di maggior interesse
attualmente in uso, che verranno approfondite nel seguito.
OC a)
W
FF
fumi
LEGENDA
Apparati RS
CC
FF
Camera di combustione
Filtro a maniche
b)
Correnti
W Acqua FF
CI Calce idrata
OC Ossido di calcio
CM Calce magnesiaca
BS Bicarbonato di sodio
RS Residui solidi
W
CI RS
fumi
CM
c)
CC FF FF
RS BS
RS
d)
CC
FF
W
CI
RS
e)
FF FF
fumi
BS
CI
RS RS
Figura 4 – Alcune configurazioni: a) SDA, b) scrubber a letto ricircolante, c) DSI con pre-dusting + FSI, d)
sistema con ricircolo di sorbente riattivato con vapore, e) sistema a doppia filtrazione.
Dry Sorbent Injection (DSI)
L’iniezione del sorbente nei fumi (meglio nota come Dry Sorbent Injection o DSI) è la forma più semplice di
trattamento a secco. Consiste nel dosaggio di Ca(OH)2 o NaHCO3 direttamente nel condotto dei fumi, a valle
del preriscaldatore dell’aria e a monte di un’unità di depolverazione (precipitatore elettrostatico o filtro a
maniche) che provvede a raccogliere i residui solidi del processo. Nel caso in cui il depolveratore sia un filtro
a maniche, i reagenti alcalini iniettati vanno a depositarsi sulle maniche filtranti, formando un pannello di
sorbente che agisce come un reattore chimico a letto fisso nei confronti dei gas acidi che lo attraversano,
incrementando le prestazioni del sistema. Nella sua estrema semplicità impiantistica, la DSI è tuttora
ampiamente utilizzata, specie in interventi di retrofitting, come è avvenuto per le centrali elettriche a carbone
negli Stati Uniti a seguito dell’entrata in vigore della normativa Mercury and Air Toxics Standards (MATS,
2011).
Tuttavia, in ambito europeo, la semplice DSI con Ca(OH)2 comune non è in grado di garantire il rispetto dei
limiti di emissione al camino (che, per un composto come HCl, richiedono tipicamente rendimenti di
abbattimento del 98-99%, Direttiva 2010/75/EU). L’impiego di NaHCO3 o Ca(OH)2 ad alta superficie
specifica può invece garantire il rispetto dei limiti, risultando ideale per impianti di piccola potenzialità
(<300 t/giorno di rifiuto trattate), per i quali l’investimento in tecnologie più complesse è poco praticabile.
Elemento cruciale al fine del buon funzionamento di un sistema DSI è il contatto ottimale tra gas acidi e
reagente solido, garantito dall’inserimento, a monte delle lance di iniezione, di miscelatori statici che
fungono da generatori di vortice o dall’installazione di veri e propri reattori Venturi, particolarmente indicata
laddove si prevede l’impiego di NaHCO3, in modo da assicurare il tempo necessario all’attivazione termica
del reagente.
Conclusioni
Il varo di normative anti-inquinamento sempre più ambiziose ha spinto ad adottare tecnologie di trattamento
a secco altamente performanti. Nonostante la crescente comprensione qualitativa del meccanismo di reazione
gas-solido, specie in riferimento al ruolo dell’umidità, abbia già portato a cruciali modifiche nel design, il
definitivo salto di qualità nell’ottimizzazione del processo si otterrà attraverso una modellazione quantitativa
dei fenomeni fisico-chimici coinvolti.
Bibliografia
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