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Bachisio Meloni
che questa rottura sia un evento estetico. Ma la parola poesia non denomina,
in ultima analisi, una specie di cui la parola arte sarebbe il genere.
Inseparabile dal verbo, essa travalica i significati profetici8.
Ecco in che senso, per Levinas, si determina nel modo più autentico la
poésie, questa “designazione” che è “rottura dell’immanenza”, o movimento
di “separazione”. “Poesia” in questa accezione è ciò che realmente
“avviene” nella scrittura, ciò che nell’atto della significazione, nel dono di sé
che è parola significante, si allontana pur non disgiungendosi dalle parole
espresse. La poesia, dimentica di sé stessa, si svincola così procedendo oltre
la sua natura più propriamente estetica; e per quanto l’enunciato si esprima
attraverso l’intreccio inestricabile del rigo o del verso, la parole, nel suo farsi
fable, nel suo significare il gesto che la sostiene, travalica o, per così dire, si
“lascia andare” rispetto anche a “ciò a cui si afferra”9. Di fronte a questa
‘realtà’ messa in luce dalla poesia, non possiamo dire di trovarci alle prese
con un’“esperienza” in quanto tale. In questo movimento comunicativo in
cui si afferma l’idea del superamento dell’essere, Levinas scorge un
“travalicare i significati” che l’autore ha inteso infondere alle sue parole:
“esperienza poetica”, trascendenza pura.
Da questa particolare concezione della scrittura Levinas ricava
l’impressione che l’opera di Picard sia concepita ben al di là degli usi e delle
mode correnti, siano esse filosofiche o culturali, a lui contemporanee: “è
forse questo ciò che insegnano i libri di Picard. L’interesse per l’uomo,
certo. Ma chi si permetterebbe, al giorno d’oggi, di dire – malgrado la ‘crisi
dell’umanismo’ – che non si interessa all’uomo?” (Levinas 1976: 124). Ogni
manifestazione di segno, l’arte stessa, si potrebbe dire, ha come primo ed
esclusivo interesse il porre l’attenzione sulle sorti umane; ma “in Picard, al di
là dell’interesse per l’uomo, è vivo l’interesse per ogni volto umano.
Filosofia del volto”10. Volto inteso non in qualità di ciò che riporta
preoccupazioni, sensazioni emotive, umori, insomma il vissuto di ciascun
individuo; il volto, quanto di più poetico e profondo dimori in esso – al di là
di ogni idea tradizionale di umanismo –
è, certo, la personalità, ma la personalità nella sua manifestazione, nella
sua esteriorizzazione e nella sua accoglienza, nella sua schiettezza originaria.
Il volto si definisce a partire da sé ed è, se ci si può esprimere in questi
termini, il mistero di ogni luce, il segreto di ogni apertura11.
Note
1 Levinas, E., “Max Picard et le visage” (tr. it. “Max Picard e il volto”); si tratta di una
comunicazione tenuta il 22 marzo 1966 ad una seduta organizzata dalla ‘Jeunesses
Littéraire de France’ in memoria del filosofo e scrittore svizzero M. Picard; ora in Noms
propres, Fata Morgana, Saint-Clement-la-Riviere 1976; tr. it. di F. P. Ciglia, Nomi Propri,
Marietti, Casale Monferrato 1984.
2 Levinas, E., “Roger Laporte. Une voix de fin silence”, in La Nouvelle Revue Française, 1966, 12,
pp. 1085-88; tr. it. “Roger Laporte. Una voce di fine silenzio”; ora in Levinas 1976. Una più
approfondita disamina del significato della poesia nell’ambito della significazione
culturale, Levinas la fornisce in “La signification et le sens” (in Revue de Metaphysique et de
Morale, 69, 1964-5/6, pp. 125-6; ora in Humanisme de l’autre homme, Fata Morgana, Saint-
Clement-la-Riviere, 1972; tr. it. di A. Moscato, Umanesimo dell’altro uomo, Il Melangolo,
Genova 1985. 95-114). Sul ruolo determinante di questo ultimo saggio al fine di un
nuovo approccio alla dimensione estetica da parte del nostro filosofo, cfr. J.-M.
Beaurent, “De l’ombre à la gloire. Relations entre esthétique et éthique dans l’œuvre d’Emmanuel
Lévinas”; in Mélanges de Science Religieuse, 55 (1998), pp. 63-78.
3 Levinas, E., “La servante et son maitre. A propos de L’attente l’oubli”; in Critique, XXII, n. 229,
1966, pp. 514-22; ora in Sur Maurice Blanchot, Fata Morgana, Saint-Clement-la-Riviere
1975, 27-42; tr. it. di A. Ponzio e F. Fistetti, Su Blanchot, Palomar, Bari 1994.
4 Levinas, E., “Langage et proximité” (1967); ora in: En découvrant l’existence avec Husserl et
Heidegger, Librairie Philosophique J. Vrin, 1949; 19672; tr. it. Scoprire l’esistenza con Husserl
e Heidegger, Raffaello Cortina Editore, Milano 1998.
5 Levinas, E., “Maurice Blanchot et le regard du poète”, in Monde nouveau, n. 98, 1956, pp. 6-19;
Levinas 1976: 97-106; citaz. p. 103. Per tale modalità, vera e propria risalita al di qua del
Detto in cui l’essere si adagia, per questa fondamentale “Riduzione” alla “responsabilità
per altri”, la quale è precisamente un “Dire prima di ogni Detto”, cfr. Autrement qu’être
ou au-delà de l’essence, Nijhoff, La Haye, 1974, 19782, Livre de poche, LGF, Paris 1990,
Altrimenti che essere o al di là dell’essenza, tr. it. di S. Petrosino e M. T. Aiello, Jaca Book,
Milano 1983. Si vedano in particolare i capitoli “Dall’intenzionalità al sentire” e “Sensibilità
e prossimità”.
7 Levinas 1975: 69.
8 Ivi, pp. 68-69, n. 3. Più problematico risulta invece per il curatore dell’ed. it. di Noms
9 Levinas 1975: 68. In questa “sproporzione” tra la “scrittura” e l’“opera” dell’autore ciò
che si determina a nostro avviso è una “separazione” da intendersi non tanto come
disgiunzione (o come dissociazione, “sottrazione”) quanto invece come distinzione nei
termini della pura eccedenza. La poesia, del resto, dice Levinas, è inseparabile dal verbo.
Qualche pagina prima il filosofo aveva scritto: “E forse abbiamo torto nel chiamare arte
e poesia questo evento eccezionale – questo oblio sovrano – che libera il linguaggio
della sua servitù nei confronti delle strutture in cui il detto persiste? Forse Hegel aveva
ragione per quanto concerne l’arte. Ciò che conta – che lo si chiami poesia o come altro
si voglia – è che un senso possa proferirsi al di là del discorso compiuto di Hegel, che
un senso dimentico dei presupposti di questo discorso divenga favola” (ivi 64-65).
10 Levinas 1976: 124.
11 Ibid.
12 Ibid.
13 Ibid. “È nel volto dell’uomo che, al di là della espressione della singolarità umana, e forse
a causa di questa singolarità estrema, si manifesta la traccia di Dio e la luce della rivelazione
inonda l’universo” (Levinas 1976; 124).
14 Levinas 1998: 266.
15 Ibid.
16 Levinas 1976: 124.
17 Ibid.
18 Cfr. Levinas 1976: 47.
19 Il testo di Picard al quale Levinas fa qui riferimento è Die Welt des Schweigens, Erlenbach,
Zürich 1948; tr. it Il mondo del silenzio, a cura di C. di Scipio, Ed. di Comunità, Milano
1951.
20 “Tra l’esilio dell’uomo delle città e il radicarsi dei pagani ebbri di suolo e di sangue, si
1974.
Bibliografia