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NEL MEDITERRANEO di
Salvatore Bono
Storia Moderna
Università di Pisa (UNIPI)
17 pag.
SALVATORE BONO
GUERRE CORSARE NEL MEDITERRANEO
Vari cambi di fronte, attacchi contro i corsari sia da parte inglese che
olandese, guerra tra Ottomani e Veneziani con vittoria dei Veneziani 1645-
1669, ma pochi risultati concreti. Infine, dopo la metà del 600, Inghilterra e
Francia ottennero grandi risultati contro i porti e navi barbaresche. Nel
1676 l’Inghilterra distrusse il porto di Tripoli. Ma nel 1679 i Paesi Bassi
riallacciarono rapporti commerciali con il governo algerino causando molti
disagi al resto d’Europa.
I francesi nel 1681 1684 fecero guerra agli Algerini riuscendo a liberare
molti schiavi europei. Nel 1663 1664 ci furono nuove ostilità tra Austria e
Turchia con un nuovo assedio di Vienna nel 1683, intervenne di nuovo la
Lega Santa con la Polonia, Austria e Venezia fino a costringere i Turchi a
ritirarsi.
Sul finire dell’800 l’impero ottomano risulta sempre più debole rispetto agli
stati europei.
Ci fu l’occupazione dell’Egitto fatta da Napoleone e poi gli Inglesi. Comincia
anche l’influenza e il controllo coloniale europeo su gran parte del mondo
arabo nel Mediterraneo. La fine dell’attività corsara si può indicare nel
1830, quando la Francia occupa l’Algeria dando il via al colonialismo
europeo.
E’ difficile stabilire grandezza e quantità delle navi, sia dei corsari che dei
corsari privati europei. Le attività corsare erano pratica da molti attori
doversi, dalle potenti flotte statali, come quelle guidate dal turco
Barbarossa o dal genovese Andrea Doria, sino alle piccole unità che
agivano da sole.
Le navi nel 500 e nei primi del 600 erano prevalentemente a remi,
manovrate da braccia di centinaia di uomini abituati a simili sforzi.
Dal 600 inoltrato divennero sempre più diffuse le navi a vela e i barbareschi
dovettero farsi addestrare dai marinai del Nord Europa, olandesi e inglesi
specialmente, all’inizio le navi integravano il sistema propulsivo delle vele
con i remi.
Schiavi al re mo erano anche molti europei in maggioranza ucraini sulle
galere ottomane, ma anche occidentali come tedeschi o spagnoli. Anche
molti protestanti condannati per la loro fede religiosa.
In ogni squadra avevano un rango preminente due galere, la prima era la
Capitana e la seconda la Padrona, con maggior velatura e una poppa più
grande per ospitare le cabine del comandante o di personaggi illustri.
Il numero di uomini a bordo cresceva a seconda del tipo delle navi. I
corsari, specie i maghrebini, operavano in preferenza con galeotte e fuste,
imbarcazioni più piccole e snelle rispetto alle galere. Numerose unità delle
loro navi provenivano da cantieri di altri stati o erano le prede catturate,
poi adattate e rinnovate.
Un vascello di Danzica, che aveva portato il nome del sovrano Augustus III
Rex Poloniae, caduto in mani algerini, per tre anni – 1749 – 1751 divenne la
nave ammiraglia della reggenza maghrebina.
1Verso la fine del secolo il console francese ad Algeri, Vallière attestava che
il Re di Danimarca invia ogni anno come tributo alla reggenza di Algeri un
bastimento carico di palle, polveri, cordami ecc., così come faceva anche
l’Olanda. Ad attestare la collaborazione di stati europei per tenersi buoni i
corsari.
Altro grande centro della corsa mediterranea è stata l’antica città di Salè,
affiancata alla costa marocchina atlantica, sulla riva destra del fiume Bu
Regreg, mentre sul’altra riva si trova l’antica fortezza, la Kasbah, oggi
inglobata nella moderna Rabat.
Salè, dopo aver offerto riparo andalusi musulmani, dopo la conquista
spagnola di Granada, dovette la sua fortuna all’arrivo degli hornacheros,
i moriscos di Hornachos, città dell’Estremadura.
Sin dalla prima metà del 500 anche la flotta ottomana effettuò azioni
corsare, guidate da Khair ed-Din Barbarossa e poi da altri ammiragli,
persino nel 1620 le galere turche si presentarono nell’Adriatico. La flotta
ottomana era strutturata in diverse squadra. La squadra imperiale era al
comando del kapudàn pascià, carica a cui arrivarono Barbarossa e poi
Ulucciali.
In analogia ai barbareschi, troviamo da parte europea due Ordini
cavallereschi a carattere eminentemente marinaro e istituzionalmente
votati a contrastare i colleghi musulmani e a compiere parallele azioni di
rappresaglia e attacco. Il più antico è quello dei Cavalieri di Malta.
Al vertice c’era il gran maestro, eletto a vita e assistito da un Consiglio.
Alle risorse economiche per la sussistenza dell’Ordine contribuivano le
eredità di beni mobili e immobili e il denaro.
Nell’organizzazione dell’Ordine i corsari, a livello di capitani di nave,
ufficiali e combattenti, erano gli stessi cavalieri, impegni che divenne
preminente dall’insediamento a malta. Il carattere corsaro della loro attività
spiega bene il fatto che alcuni gran maestri potessero armare a titolo
personale una o più galere che si univano alle atre attività belliche ma i cui
proventi spettavano esclusivamente al gran maestro. Dal finire del 500 per
incrementare l’attività corsara contro i musulmani l’Ordine decise di
rilasciare le patenti di corsa anche ai laici.
In Toscana il 15 marzo 1561 il Granduca Cosimo I dei Medici istituì il Sacro
militare ordine marittimo dei Cavalieri di Santo Stefano, con sede a Pisa, il
porto della flotta era a Livorno. E’ ragionevole opportuno qualificare come
corsari anche gli appartenenti a suddetti Ordini impegnati nel
Mediterraneo.
All’estremità occidentale del Mediterraneo, sulla riva europea, altra
importante zona strategica era Gibilterra, dal 1713 possedimento
britannico. Gibilterra è stata anche ospitale rifugio di corsari, d’intesa con i
colleghi di Tetuàn (città del Marocco settentrionale), dove risiedevano
ricchi mercanti e finanziatori ebrei.
Al vertice delle flotte vi erano comandanti di vario tipo, dal capo supremo il
kapudàn pascià, grande ammiraglio, al qubtàn, generale delle
galere.
Al di là del titolo ad Algeri i comandanti delle forze marittime esercitarono
nel corso del tempo un potere di poco inferiore a quello del pascià, i due
grandi ammiragli prima designati ne sopravanzarono di fatto l’autorità. Nel
sovrintendere alla marina e dunque ai corsari, dai primi decenni del 600
acquisto più potere il “gran divano”, l’assemblea, molto affollata, fino a
2000 membri, dei responsabili militari e civili e dei ras. Più tardi
l’assemblea si ridusse e chiamata “divano” per distinguerla dalla
precedente.
A bordo delle navi maghrebine e ottomane con il compito specifico di
condurre l’assalto alle navi nemiche e di sopraffarne gli uomini armati e
tutti gli altri c’era una milizia armata, i giannizzeri. Milizia riservata come
regola ai turchi venuti dall’Anatolia, un privilegio ben difeso dagli
interessati, fonte di reddito più elevato derivato dalla spartizione del
bottino corsaro.
Il cancelliere del consolato francese ad Algeri nel 1718 ci informa del
reclutamento dell’equipaggio e dei militari fra turchi e mori (algerini): ogni
turco porta un fucile, una spada e una coperta e questo è tutto il suo
corredo, né altri oggetti né altro giaciglio. I giannizzeri sono posti al
comando di un Agà-Bachi, o un altro vecchio militare in qualità di Agha,
capo della milizia e giudice per i membri di essa. Il raìs non può dar caccia
a una nave senza il suo parere, né attaccare combattimento né decidere il
rientro. Nel corso degli anni, tuttavia, aumentò il guadagno del ras e
diminuì quello dei giannizzeri e degli altri marinai. Uno dei primi storici
barbareschi ha descritto in modo vivace l’eterogeneità etnico -
culturale del corpo dei giannizzeri: la milizia d’Algeri si reclutava
dappertutto, i suoi ranghi erano aperti a tutti, esclusi i neri e i figli
di nere anche se da turchi. Il cristiano, l’ebreo, un francese, uno
spagnolo, un moscovita, se si facevano musulmani e prendevano il
turbante, erano ammessi a tutte le cariche dell’invincibile milizia.
lavorare con loro non era obbligatorio convertirsi: importava non tanto la
fede come sincerità interiore quanto dimostrare il passaggio da una società
all’altra come scelta convinta e duratura. I protestanti, in genere olandesi e
britannici, considerati nemici assoluti del Papa e dei papisti erano bene
accetti dai barbareschi.
Sulle galere e sulle altri navi a remi un compito molto importante era quello
dell’aguzzino, il quale doveva guidare il ritmo della voga, controllando
disciplina ed efficienza della ciurma con fermezza e anche con crudeltà per
ottenere il massimo impegno. A bordo delle navi c’era il timoniere, il capo
cannoniere, il cambusiere, il maestro d’ascia, il remolaro, il calafato.
Per ogni squadra europea erano previste anche altre figure, come il
cerusico, un auditore (giudice) e un notaio, oltre addetti ai pagamenti.
Figure comunque presenti anche nelle navi barbaresche.
Il compito più duro era naturalmente quello dei rematori, la vera forza
motrice della nave. Sulle galere si praticavano due tipi di voga: a terzarolo,
quando ogni rematore muoveva il suo remo coordinando i movimenti con i
compagni di banco, in tutto tre. Altra voga era a scaloccio, tutti i remato
ridi un banco 4 o 5 ma anche 6 o 7 muovevano un unico remo. Quando
incontravano navi con si scontravano i rematori speravano che l’altra
vincesse in modo tale che, forse, avrebbero riacquistato la libertà. Gli
uomini al remo erano in parte procurati dalla stessa guerra corsara, dalla
cattura e riduzione in schiavitù di uomini, passeggeri, ciurma, equipaggio,
selezionati per età e costituzione. L’impiego degli schiavi è stata una
innovazione dell’epoca moderna rispetto all’età precedente, quando i
rematori erano solo volontari retribuiti, ovvero condannati dalla giustizia a
un periodo di “galera” appunto.
Anche nelle flotte islamiche il palamento era costituito da analoghe
componenti: condannati alla galera, e questi erano meno di quanti non ve
ne fossero sulle navi europee; volontari musulmani, schiavi europei e anche
molti “orientali”, cioè ucraini, polacchi e moscoviti.
Quando si parla di pirati e corsari si pensa subito alle Antille o al Mar dei
Caraibi. Quanto ai barbareschi si pensa ai pirati nel Mediterraneo. Non si
pensa invece ai corsari europei operanti nel Mediterraneo dell’età moderna
a servizio di uno o l’altro governo, specie di Francesi e Inglesi, in ostilità tra
loro o contro gli altri. Proprio un aspetto fra i meno facili da indagare è
costituito dalle intese, esplicite e formali o anche solo tacite o di fatto, che i
corsari europei nell’agire contro gli altri europei riuscirono a stabilire con
governi o con privati musulmani, per ricavarne aiuti e agevolazioni di vario
tipo, ovviamente ricambiati.
Un’attività corsara pressoché costante è stata quella derivata dalla
reciproca ostilità di cavalieri di malta e di veneziani, ne era alla base la
divergenza fra la ragion d’essere dell’ordine di Malta – contrastare la
Gli autori europei, quando hanno cominciato a parlare dei corsari, più
spesso qualificandoli come pirati, senza applicare nessuna distinzione tra