Don Abbondio viene paragonato al principe di Condé ( Luigi Borbone) e da questo
paragone il prelato non ne esce bene. La notte di Don Abbondio trascorre insonne, in preda a dubbi e angosce. È escluso che possa ribellarsi agli ordini di Don Rodrigo, così come è escluso che possa rivelare a Renzo di aver ricevuto delle minacce. Anche la fuga, per quanto allettante, è fuori discussione. L’unica via di uscita che conviene al curato è quella di cercare con dei pretesti di rimandare il matrimonio fino al “tempo proibito per le nozze”, ossia quei due mesi nei quali non era consentito celebrare matrimoni. In questo modo avrebbe guadagnato tempo e magari nel frattempo avrebbe penato qualcosa per uscirne fuori. “Egli pensa alla morosa”, dice tra sé e sé pensando alle possibili recriminazioni di Renzo, “ma io penso alla pelle; il più interessato son io, lasciando stare che sono il più accorto. Figliuol caro, se tu ti senti il bruciore addosso, non so che dire; ma io non voglio andarne di mezzo”. Ma non appena si fa mattina, ecco Renzo che si presenta a casa di Don Abbondio per prendere accordi per l’orario delle nozze, previste per quello stesso giorno. “Comparve davanti a Don Abbondio, in gran gala, con penne di vario colore al cappello, col suo pugnale del manoscio bello, nel taschino de’ calzoni, con una cert’aria di testa e nello stesso tempo di braveria, comune allora anche agli uomini più quieti”. Renzo è un ragazzo del popolo, che si guadagna da vivere come filatore e integra queste entrate con un piccolo podere di proprietà. Varca la soglia della casa del curato “con la lieta furia d’un uomo di vent’anni, che deve in quel giorno sposare quella che ama”, ma la sua spavalderia si scontra presto con la reticenza sospetta di Don Abbondio. Questi infatti inveta scuse, accenna a una serie di “impedimenti” non meglio specificati che sono nati e che impediscono la celebrazione del matrimonio, e, cercando di confondere il ragazzo, intromette nel discorso termini latini. Renzo, “con un volto tra l’attonito e l’adirato”, accetta malvolentieri le scuse del curato e alla fine si convince ad attendere un’ulteriore settimana.