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Principi di base per lo studio dei motori alternativi a

combustione interna
M. Napolitano, P. De Palma, G. Pascazio

Indice
1 Generalità 3
1.1 Classificazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1.2 Ciclo di funzionamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1.3 Costituzione della macchina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

2 Parametri fondamentali di funzionamento 13


2.1 Parametri geometrici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
2.2 Lavoro, potenza e pressione media . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
2.3 Cicli e rendimenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
2.4 Il rendimento organico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

3 Il ciclo ideale 24
3.1 Fase di fornitura di calore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
3.2 Fase di cessione di calore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
3.3 Cicli tipici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
3.4 Calcolo del ciclo ideale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
3.4.1 Fase di compressione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
3.4.2 Fase di fornitura di calore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
3.4.3 Fase di espansione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
3.4.4 Fase di cessione di calore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

4 Il ciclo limite 30
4.1 Fase di aspirazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
4.2 Fase di compressione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
4.3 Fase di combustione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
4.4 Fase di espansione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
4.5 Fase di scarico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
4.6 Temperatura di inizio compressione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36
4.7 Esempio di calcolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
4.8 Confronto tra ciclo ideale e ciclo limite Otto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
4.9 Confronto tra ciclo ideale e ciclo limite Sabathè . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

1
INDICE 2

5 Funzionamento reale del motore 42


5.1 Il rendimento indicato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
5.2 Aspirazione, espulsione e scarico nei motori 4T . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46
5.2.1 Pressione all’interno del cilindro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50
5.2.2 Temperatura di fine aspirazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
5.3 Coefficiente di riempimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
5.3.1 Velocità di rotazione del motore e fenomeni ad essa connessi . . . . . . 52
5.3.2 Pressione e temperatura nell’ambiente di aspirazione . . . . . . . . . . 55
5.3.3 Pressione e temperatura dei gas residui . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55
5.4 Espressione della pme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57
5.5 Variazione delle prestazioni al variare delle condizioni ambiente . . . . . . . . . 57
5.6 Regolazione del motore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58

6 Curve caratteristiche 60

7 Esercizi 66

La presente raccolta di appunti, per il corso di Sistemi Energetici I + Macchine a Fluido I


della Laurea in Ingegneria Meccanica, costituisce una breve sintesi dei principi di base per
lo studio dei motori alternativi a combustione interna. Nella sua forma attuale essa non può
essere considerata completa. I testi di riferimento per uno studio più completo e approfondito
sono elencati in bibliografia. Da alcuni di essi è stata tratta la maggior parte delle figure che
compaiono nella presente raccolta.
1 GENERALITÀ 3

1 Generalità
1.1 Classificazioni
I motori alternativi a combustione interna sono macchine che hanno lo scopo di trasforma-
re in energia meccanica la maggior parte del calore derivante dalla combustione di sostanze
combustibili. Il fluido attivo è costituito dai prodotti della combustione, da cui la qualifica
interna, che imprimono il movimento ad un pistone collegato mediante un manovellismo al-
l’albero motore. Nel caso specifico dei motori alternativi a combustione interna l’aggettivo
interna indica anche che la combustione avviene all’interno della macchina. Le caratteristiche
generali di queste macchine (consumi, leggerezza, rumorosità, costi) fanno sı̀ che attualmente
esse costituiscano il tipo di propulsore largamente più utilizzato per l’autotrazione.
La macchina può essere costituita da uno o più cilindri a tenuta d’aria all’interno dei quali
scorrono i pistoni. Il funzionamento è ciclico: ciascun ciclo inizia con l’introduzione del fluido
fresco (carica) all’interno del cilindro e termina con espulsione dei gas combusti. La sostitu-
zione della carica avviene mediante un sistema di distribuzione basato su valvole comandate
o luci (di aspirazione e di scarico). Il fluido immesso nel cilindro può essere costituito da una
miscela di aria e combustibile oppure da aria e combustibile forniti separatamente. L’ener-
gia sprigionata dalla reazione di combustione causa un innalzamento della pressione e della
temperatura dei gas combusti che espandendosi producono lavoro azionando il pistone.
Le caratteristiche dei motori e le loro prestazioni sono fortemente collegate al tipo di
combustibile utilizzato, che usualmente, può essere liquido (benzina, gasolio, nafte, alcooli,
ecc.) o gassoso (metano, GPL, idrogeno, ecc.). Nel caso in cui il combustibile ha un elevato
grado di volatilità, è possibile formare una miscela con il comburente la cui combustione può
essere innescata da una o più scintille. Invece, se il combustibile è poco volatile, esso deve
essere iniettato nella massa del comburente, al momento opportuno, finemente polverizzato in
modo da facilitare l’innesco della combustione. Questa è provocata dalla elevata temperatura
raggiunta dall’aria in seguito alla forte compressione subita ad opera del pistone.
In base a queste modalitá di funzionamento, tali macchine vengono, rispettivamente, clas-
sificate come motori a combustione interna ad accensione comandata (AC) o ad accensione
spontanea (AS) (anche ad accensione per compressione).
La distinzione tra i due tipi di macchine non si limita, però, alla modalità di accensione,
bensı̀ interessa tutta la fase di combustione. Infatti, nei motori AC, l’accensione innescata
in una o più punti della miscela per mezzo di scintille, si propaga a tutta la massa con una
progressione che dipende dalle leggi di propagazione del calore, delle onde di compressione e
della velocità della reazione chimica. Invece, nei motori AS, se la durata della combustione
delle goccioline è breve rispetto alla durata dell’iniezione, allora il procedere della fase di
combustione può essere controllato dal ritmo dell’iniezione, attraverso opportuni meccanismi.
Un ciclo completo di lavoro del motore si effettua solitamente in uno o due giri dell’albero
(rispettivamente due o quattro corse del pistone) per cui si ha una ulteriore distinzione in
motori a due tempi (2T) o a quattro tempi (4T).

1.2 Ciclo di funzionamento


In generale una macchina a fluido volumetrica è caratterizzata dal fatto di avere camere a
volume reso periodicamente variabile dallo spostamento relativo di una porzione della sua
superficie rispetto alla parte complementare. Nel caso in considerazione, tale camera è delimi-
1 GENERALITÀ 4

Figura 1.1: Fasi del ciclo a quattro tempi.

tata dalla testa e dalla superficie laterale del cilindro e dal pistone in esso scorrevole con moto
alterno. Le posizioni in cui il volume della camera è massimo o minimo si chiamano punti
morti (vedi figura 2.1). In corrispondenza di essi la velocità del pistone e la potenza erogata
sono nulle. In particolare, il punto morto corrispondente al volume minimo si chiama punto
morto superiore (P.M.S.), mentre quello corrispondente al volume massimo si chiama punto
morto inferiore (P.M.I.). La macchina si dice a doppio effetto se il cilindro ha due teste opposte
e il pistone divide il volume interno in due camere che possono essere contemporaneamente
utilizzate. Se il cilindro ha una sola camera utile per la produzione di lavoro la macchina si
dice a semplice effetto.
Nei motori 4T il ciclo può essere suddiviso nelle seguenti fasi (figura 1.1):

1. Fase di aspirazione: il pistone si muove dal P.M.S. verso il P.M.I aspirando all’interno
del cilindro la carica fresca. Per aumentare la massa introdotta la valvola di aspirazione
si apre prima dell’inizio di tale fase e si chiude dopo la fine della stessa.
2. Fase di compressione: il pistone si muove dal P.M.I. verso il P.M.S. Avviene con le valvole
chiuse e la carica viene compressa sino ad una piccola frazione del suo volume iniziale.
Verso la fine di tale fase inizia la combustione per cui si ha un repentino incremento di
pressione.
3. Fase di espansione: il pistone si muove dal P.M.S. verso il P.M.I. I gas combusti, ad
elevata temperatura e pressione, azionano il pistone producendo lavoro. Verso la fine
di tale fase, prima del P.M.I., la valvola di scarico si apre consentendo la rapida fuoriu-
scita dei gas combusti e l’abbassamento della pressione a valori prossimi alla pressione
ambiente.
4. Fase di espulsione: il pistone si muove dal P.M.I. verso il P.M.S. I gas combusti fuorie-
scono sotto l’azione della pressione interna superiore a quella esterna, nella prima parte
di tale fase, e poi sotto l’azione della spinta dovuta al pistone. Prima che il pistone
raggiunga il P.M.S. la valvola di aspirazione si apre. Subito dopo il P.M.S. la valvola di
scarico si chiude e il ciclo si ripete.
1 GENERALITÀ 5

Figura 1.2: Fasi del ciclo a due tempi.

I motori 2T sono stati realizzati per ottenere una potenza maggiore a parità di volume del
motore e un sistema di distribuzione più semplice. Le fasi caratteristiche del funzionamento
di tali motori sono (figura 1.2):

1. Fase di compressione: il pistone si muove dal P.M.I. verso il P.M.S. La fase ha inizio
quando il pistone (che funziona anche come organo della distribuzione) ha chiuso sia la
luce di scarico che quella di immissione. La carica fresca viene compressa. Prima che il
pistone raggiunga il P.M.S. la combustione ha inizio.
2. Fase di espansione: il pistone si muove dal P.M.S. verso il P.M.I. I gas combusti, ad
elevata temperatura e pressione, azionano il pistone producendo lavoro. Prima di ar-
rivare al P.M.I., il pistone scopre la luce di scarico e poi quella di immissione. Gran
parte dei gas combusti fuoriescono spontaneamente dal cilindro per l’azione dell’elevata
pressione interna. Poi, attraverso la luce di immissione comincia ad entrare la carica
fresca precedentemente compressa. La compressione della carica può avvenire ad opera
di un apposito organo detto pompa di lavaggio oppure, nei motori leggeri, tale funzione
può essere assolta dal pistone stesso, comprimendo l’aria presente nel carter durante la
sua corsa dal P.M.S. verso il P.M.I. (carter-pompa, vedi figura 1.2). La carica fresca,
entrando nel cilindro, spazza davanti a sè i gas combusti residui spingendoli attraverso
la luce di scarico. Tale processo è detto lavaggio. In genere le luci e il pistone hanno una
geometria tale da non permettere il diretto fluire della carica fresca dalla luce di immis-
sione a quella di scarico, bensı̀, si cerca di imporre alla carica entrante un percorso che
ottimizzi il lavaggio del cilindro (vedi figura 1.2), che, ovviamente, non è mai perfetto.

Da un lato il motore 2T comporta una più razionale disposizione costruttiva, ottenuta


separando le funzioni di organo motore e pompa, rispetto al motore 4T, in cui le due fun-
zioni sono attribuite al pistone. Dal punto di vista delle dimensioni in rapporto alla potenza
sviluppata, il motore 2T è vantaggioso solo se viene adottata la soluzione con carter-pompa,
altrimenti bisogna prevedere anche la presenza della pompa separatamente. Inoltre, lo svan-
taggio maggiore del motore 2T rispetto a quello 4T è nel fatto che una parte della carica fresca
viene inevitabilmente persa durante la fase di lavaggio: ciò può essere tollerato solo per motori
di piccola potenza se la carica è costituita da una miscela di aria e combustibile.
1 GENERALITÀ 6

1.3 Costituzione della macchina


Il moto e il lavoro dello stantuffo vengono trasmessi all’albero attraverso una catena cinematica
costituita da spinotto, biella e manovella nei motori leggeri o veloci; nei motori pesanti o lenti
tale catena può essere presente anche una testa a croce. Nelle figure 1.3 e 1.4 sono riportate,
rispettivamente, le sezioni trasversali di un vecchio motore veloce e di un vecchio motore lento
utili didatticamente per evidenziare le parti fondamentali che costituiscono la macchina.
I cilindri sono contenuti nel blocco. Tradizionalmente il blocco è fabbricato in ghisa grigia
che garantisce una lunga durata e un costo abbastanza basso. I passaggi per il fluido refri-
gerante sono ricavati nel blocco al momento della fusione. I grossi motori spesso utilizzano
camicie cilindriche amovibili che vengono pressate nel blocco e che possono essere sostituite
se logore. Queste camicie possono essere a diretto contatto con il fluido refrigerante o a secco.
Per ridurre il peso, nel caso di piccoli motori, si possono utilizzare blocchi in alluminio. Canne
cilindriche in ferro sono inserite al loro interno. L’involucro esterno (incastellatura) spesso
costituisce un pezzo unico con il blocco e ha il compito di collegare i cilindri con il basamento.
Su quest’ultimo si scaricano le forze dovute all’azione del fluido motore e le forze di inerzia.
L’albero motore tradizionalmente è fabbricato in acciaio. Per i motori automobilistici viene
utilizzata anche ghisa nodulare. Esso è supportato mediante i supporti di banco (che sono
parte del basamento) ed è costituito dai perni di banco e da parti eccentriche (manovelle) in
numero pari al numero dei cilindri. In corrispondenza di ciascuna manovella vi è un perno sul
quale è collegata la testa della biella. I collegamenti dei perni di banco e dei perni di mano-
vella sono realizzati mediante cuscinetti in bronzo, alluminio o in lega di stagno e piombo. La
coppa dell’olio, che chiude inferiormente il carter, è realizzata in acciaio o alluminio e ha lo
scopo di raccogliere l’olio di lubrificazione (ed eventualmente di raffreddarlo). I pistoni sono
in alluminio nei motori più piccoli o in ghisa nei motori più grandi e lenti. Il pistone ha il
compito di sigillare il cilindro e di trasmettere la forza proveniente dal fluido motore al perno di
manovella attraverso la biella. La biella può essere fabbricata in acciaio o, nei motori piccoli,
in alluminio. Essa è collegata, in corrispondenza del piede di biella, al pistone mediante uno
spinotto in acciaio, di solito cavo per ridurne il peso. A causa del moto alternativo, la biella
esercita una forza oscillante sulle pareti del cilindro attraverso il mantello del pistone (la parte
del pistone al di sotto degli anelli). Il pistone è dotato di anelli elastici sistemati in apposi-
te scanalature circonferenziali nella parte alta del pistone stesso. Gli elementi superiori sono
anelli di tenuta che, premendo contro le pareti del cilindro, isolano l’ambiente ad alta pressione
dal carter. Gli anelli inferiori hanno il compito di raschiare l’olio superfluo dalle pareti del
cilindro e farlo fluire verso il carter. Comunque, il carter non deve essere a tenuta di aria per
evitare che la pressione possa raggiungere valori elevati in seguito ad imperfetta tenuta degli
anelli. La testata chiude superiormente i cilindri ed è fabbricata in ghisa o alluminio. Essa
deve essere resistente e rigida in modo da sopportare e distribuire uniformemente sul blocco
le forze dovute alla pressione del fluido motore. Sulla testata vengono montate le candele nei
motori AC, gli iniettori del carburante e parte degli organi della distribuzione. Normalmente
nei motori 4T si usano valvole a fungo fabbricate in lega di acciaio (ferritico o austenitico con
eventuali riporti di materiali duri, come la stellite, sui bordi di tenuta). Il raffreddamento
della valvola di scarico, che può operare a circa 700◦ C, è spesso facilitato dall’adozione di steli
cavi riempiti di sodio che, attraverso evaporazione e condensazione, trasferisce calore dalla
testa calda della valvola allo stelo. I motori moderni in genere hanno le valvole posizionate
sulla testa dei cilindri. In questa configurazione si possono ottenere camere di combustione più
compatte con minore durata di propagazione del fronte di fiamma, minori perdite per scambio
1 GENERALITÀ 7

Figura 1.3: Sezione trasversale di un motore veloce. 1. Filtro aria. 2. Carburatore. 3. Testata
4. Condotto di scarico. 5. Blocco cilindri (monoblocco). 6. Pistone. 7. Alternatore. 8. Biella.
9. Albero motore. 10. Coppa olio. 11. Pompa olio. 12. Albero a camme. 13. Asta bilancieri.
14. Spinterogeno. 15. Candela. 16. Valvola di scarico. 17. Bilanciere.
1 GENERALITÀ 8

Figura 1.4: Sezione trasversale di un motore lento. 1. Iniettore. 2. Testata. 3. Collettore di


lavaggio. 4. Luci di lavaggio. 5. Valvole lamellari di non ritorno. 6. Compressore alternativo
aria lavaggio. 7. Basamento. 8. Carter. 9. Albero. 10. Incastallatura. 11. Biella 12. Asta
dello stantuffo. 13. Cilindro. 14. Collettore di scarico. 15. Luci di scarico. 16. Stantuffo. 17.
Turbocompressore.
1 GENERALITÀ 9

termico e migliore riempimento del cilindro. Sia la guida dello stelo della valvola che la sede
sono ricavate nella testata. La sede è direttamente tagliata nella testata se questa è in ghisa,
altrimenti è necessario pressare nella testata un inserto in acciaio ad elevata durezza. Un mec-
canismo ruota la valvola di pochi gradi ad ogni alzata per mantenare pulita la sede, evitare
la formazione di punti caldi e prevenire la formazione di depositi nella guida. Per azionare
le valvole si adopera un albero a camme in ghisa o acciaio avente una camma per ciascuna
valvola. La superficie delle camme deve essere trattata opportunamente per raggiungere una
elevata durezza. L’albero a camme è mosso dall’albero motore mediante ruote dentate, oppure
cinghia, oppure catena. Nei motori 4T esso ruota ad una velocità angolare pari alla metà di
quella dell’albero motore. L’albero a camme può azionare anche gli iniettori del combustibile.
Sistemi di alzata meccanici o idraulici sono collegati mediante piattelli alle camme. A seconda
della posizione relativa della valvole e dell’albero a camme sono necessari diversi sistemi per
portare il moto dal piattello allo stelo. Per esempio se le valvole sono sulla testa dei cilindri
e l’albero a camme è affiancato si usano aste e bilanceri. Attualmente la tendendenza è po-
sizionare l’albero a camme sulla testa in modo che possa direttamente azionare le valvole. Il
condotto di aspirazione è in genere fabbricato in alluminio o ghisa mentre quello di scarico è
in ghisa.
Le figure 1.5 e 1.6 sono riferite a moderni motori automobilistici e rappresentano rispettiva-
mente la sezione trasversale di un motore ad accensione comandata Alfa Romeo e lo spaccato
di un motore ad accensione spontanea BMW. Il primo è un motore a quattro cilindri in linea
di 1970 cm2 con sedici valvole e due candele per cilindro (twin spark). Presenta una potenza
massima pari a 121 kW a 6400 giri/min e una coppia massima di 206 N m a 3250 giri/min. E’
un motore ad iniezione diretta come si può notare dal posizionamento dell’iniettore (indicato
con la lettera A) direttamente affacciato all’interno della camera di combustione. La lettara B
indica la pompa del combustibile che alimenta il circuito con una pressione compresa tra 30 e
100 bar. Si può notare (lettera C) la forma della superficie del pistone studiata per favorire la
formazione di vortici durante la fase di aspirazione. A differenza del vecchio motore mostrato
nella figura 1.3 che presenta l’albero a camme nel basamento, in questo motore l’albero a
camme è in testa come avviene in tutti i motori moderni. Il secondo motore mostrato nella
figura 1.6 è un motore ad accensione spontanea sovralimentato con turbogruppo (visibile in
basso a sinistra). E‘ un motore a sei cilindri in linea di cilindrata pari a 2993 cm3 , rapporto di
compressione ρ = 18, potenza massima 160 kW a 4000 giri/min e coppia massima 500 N m
a 2000 giri/min. Il motore presenta quattro valvole per cilindro con due assi a camme in
testa e alimentazione mediante common rail funzionante a 1600 bar. La camera di combu-
stione è ricavata nel pisone. L’immissione del combustibile nella camera avviene in quattro
fasi: due pre-iniezioni che, evitando l’accumulo di combustibile nella camera nella fase iniziale
della combustione, riducono la rumorosità; una iniziezione principale e una iniezione di post-
combustione per ridurre le emissioni di particolato. I condotti di aspirazione sono divisi in
due in modo da creare un flusso di aria diretto ed uno tangenziale in modo da migliorare la
la struttura dei vortici nella camera di combustione. I condotti di scarico hanno una doppia
parete per alleggerire il motore e mantenere alta la temperatura dei gas di scarico. Per gli
elementi non strutturali sono stati utilizzati materiali sintetici in modo da alleggerire il pro-
pulsore che ha una massa di 213 kg. Il basamento è in ghisa grigia (altre case costruttrici
utilizzano alluminio anche per questo tipo di motori).
Per completezza si fornisce un elenco degli apparati fondamentali di cui un motore deve
essere dotato, alcuni dei quali sono già stati citati precedentemente:
1 GENERALITÀ 10
1 GENERALITÀ 11

Figura 1.6: Spaccato di un motore ad accensione spontanea (BMW).


1 GENERALITÀ 12

1. apparato di distribuzione

2. apparato di alimentazione (iniezione o carburazione)

3. apparato di accensione (solo per motori AC)

4. apparato di lubrificazione

5. apparato di refrigerazione

6. apparato di avviamento

Infine, si ricorda che i motori alternativi a c. i. possono anche essere classificati in base
alla loro costituzione cinematico-geometrica secondo la disposizione spaziale degli assi dei
cilindri. Un motore è detto in linea quando gli assi dei cilindri sono paralleli e giacciono in
uno stesso semipiano passante o parallelo all’albero; a V semplice o multiplo quando gli assi
sono contenuti, in numero uguale, in due o più semipiani passanti o paralleli all’albero; a stella
semplice o multipla quando tutti gli assi giacciono in un piano, o rispettivamente in più piani,
normali all’albero motore e convergono con sfasamento uniforme in un unico suo punto. Altre
classificazioni si possono avere per i motori pluricilindrici; ad esempio, per i motori in linea, si
distinguono motori ritti, invertiti o coricati a seconda che il semipiano contenente i cilindri sia,
rispettivamente, verticale sovrastante o sottostante l’albero motore, oppure sia orizzontale. Il
motore a V, invece, può essere proprio, se due cilindri corrispondenti condividono la stessa
manovella, o scalato, se ciascun cilindro ha la propria manovella.
2 PARAMETRI FONDAMENTALI DI FUNZIONAMENTO 13

2 Parametri fondamentali di funzionamento


2.1 Parametri geometrici
Consideriamo ora i parametri fondamentali che definiscono la geometria di base di un motore
alternativo. Con riferimento alla figura 2.1, indichiamo con a la lunghezza della manovella,
con ` la lunghezza della biella e con θ l’angolo di manovella. La distanza tra il P.M.S. e il
P.M.I. è la corsa c del pistone ed è valida, pertanto, la relazione:
c = 2a. (2.1)
Il volume minimo della camera si chiama spazio morto; la differenza tra il volume massimo
ed il volume minimo (pari al volume spazzato dal pistone in una corsa) è la cilindrata Vc (vedi
figura (2.1)).

Figura 2.1: Grandezze geometriche fondamentali.

Per una macchina a semplice effetto si ha:


πD2
Vc = c, (2.2)
4
dove con D si indica il diametro (alesaggio) del cilindro. Il rapporto tra il volume massimo (V1 )
della camera e il volume minimo (V2 ) è detto rapporto volumetrico di compressione (o sempli-
cemente rapporto di compressione) ed è indicato con la lettera ρ. In seguito alle definizioni
poste si ha:
V1 = Vc + V2 , (2.3)
V1 Vc + V2 Vc
ρ= = =1+ , (2.4)
V2 V2 V2
2 PARAMETRI FONDAMENTALI DI FUNZIONAMENTO 14

1 ρ
V2 = Vc , V1 = Vc . (2.5)
(ρ − 1) (ρ − 1)
Altri parametri geometrici di interesse sono:
D `
R? = , R= . (2.6)
c a
I valori tipici di alcuni dei parametri presentati sono qui riportati: ρ = 8 ÷ 12 per motori
AC; ρ = 12 ÷ 24 per motori AS; R? = 0.5 ÷ 1.2, dove i valori più bassi sono propri di grandi
motori lenti e, viceversa, i valori più alti corrispondono a piccoli motori veloci; R = 3 ÷ 9, dove
i valori più bassi sono propri di piccoli motori veloci e, viceversa, i valori più alti corrispondono
a grandi motori lenti.
Il volume interno del cilindro, in corrispondenza dell’angolo di manovella θ è dato da:
πD2
V = V2 + (` + a − s), (2.7)
4
con
1
s = a cosθ + (` 2 − a2 sen2 θ) 2 . (2.8)
Derivando quest’ultima espressione rispetto al tempo si ottiene la velocità istantanea del
pistone: " #
ds ds cosθ
uθ = = ω =− 1+ 1 asenθω, (2.9)
dt dθ (R2 − sen2 θ) 2
dove ω è la velocità angolare di rotazione dell’albero. Se R À 1 si può ritenere approssimati-
vamente valida la seguente espressione:
" #
sen2θ
uθ ∼
= −aω senθ + . (2.10)
2R
Derivando l’espressione della velocità rispetto al tempo si ottiene l’accelerazione istantanea
del piede di biella. In particolare, derivando la (2.10) si ottiene la seguente espressione
approssimata: " #
cos2θ
aθ ∼
= −aω 2 cosθ + . (2.11)
R
Le stesse espressioni approssimate per la velocità e l’accelerazione possono essere ottenute
mediante espansione in serie di Fourier, considerando solo le prime due armoniche.
Un altro parametro importante nello studio del funzionamento dei motori alternativi a c.
i. è la velocità media del pistone:
1Zπ
u =| uθ dθ |= 2cn, (2.12)
π 0
dove n è il numero di giri dell’albero nell’unità di tempo:
ω
n= . (2.13)

È interessante notare che il rapporto tra la velocità istantanea e quella media dipende solo
dal parametro R: " #
uθ π cosθ
= − senθ 1 + 1 . (2.14)
u 2 (R2 − sen2 θ) 2
2 PARAMETRI FONDAMENTALI DI FUNZIONAMENTO 15

Per R = 3.5 si ha una velocità massima pari a circa 1.6 volte la velocità media. Come si vedrà
in seguito, il parametro u ha un ruolo importante perché influenza i trafilamenti del fluido
nei processi di cambio di massa, le perdite meccaniche e gli scambi termici. I valori tipici
della velocità media del pistone sono compresi tra 8 e 15 m/s. I motori automobilistici veloci
sono al limite superiore di questo intervallo, mentre i grandi motori marini lenti si collocano
al limite inferiore.

2.2 Lavoro, potenza e pressione media


Conoscendo l’andamento della pressione all’interno del cilindro durante un ciclo di funziona-
mento del motore è possibile determinare il lavoro scambiato tra il fluido e il pistone. La
pressione interna al cilindro è misurata di solito utilizzando trasduttori piezoelettrici. Tali
trasduttori contengono un cristallo di quarzo che viene esposto, attraverso un diaframma, al-
la pressione interna al cilindro. In seguito all’azione di compressione il cristallo genera una
carica elettrica proporzionale alla pressione stessa. Tale segnale viene convertito in segnale di
tensione attraverso un amplificatore. In questo modo si possono ottenere accurate descrizioni
dell’andamento della pressione in funzione dell’angolo di manovella o del volume interno. Il
ciclo cosı̀ rilevato, riportato su un piano che abbia in ascisse i volumi della camera del cilindro
e in ordinate la pressione, è detto ciclo di lavoro. In figura 2.2 è riportato il ciclo di lavoro di
un motore AC a quattro tempi. L’area di tale figura rappresenta il lavoro indicato Li , ovvero
il lavoro netto scambiato tra il fluido e il pistone in ciascun ciclo. Considerando positivo uno
spostamento dal P.M.I. verso il P.M.S., si ha:
I I I I
Li = dLi = F dx = pAp dx = − pdV = Area ciclo, (2.15)

dove Li è il lavoro che lo stantuffo compie sul fluido; Ap rappresenta l’area premuta dello
stantuffo; dx è lo spostamento infinitesimo e F = pAp è la forza esercitata su di esso.
Nel caso specifico di un motore 4T, è possibile suddividere il ciclo di lavoro in due cicli
corrispondenti, rispettivamente, alle fasi di compressione-espansione e aspirazione-espulsione.
Quest’ultimo ciclo è detto ciclo di pompaggio. Nei motori ad aspirazione naturale, quelli in
cui la carica è aspirata a pressione ambiente, a causa dei trafilamenti nelle valvole, si ha una
pressione minore di quella atmosferica durante la fase di aspirazione e, viceversa, una pressione
maggiore di quella atmosferica durante la fase di espulsione. L’area del ciclo di pompaggio
risulta, perciò, negativa, e ciò corrisponde al fatto che in tale fase il pistone trasferisce energia
al fluido. La situazione può essere invertita nel caso di motori sovralimentati. Per ciascun
cilindro, il lavoro indicato è legato alla potenza indicata Pi erogata dalla seguente relazione:

Li n
Pi = , (2.16)
m
dove m rappresenta il numero di giri dell’albero necessari per compiere un ciclo; quindi m = 2
per un motore 4T e m = 1 per un motore 2T.
La potenza indicata differisce dalla potenza utile Pu , misurata all’albero motore e fornita
all’utilizzatore, per la presenza di una quota di energia dissipata per attriti meccanici (ad
esempio nella rotazione dei cuscinetti e nello strisciamento del pistone) e per una quota di
energia necessaria per azionare gli organi ausiliari. Indicando con Pw la somma di questi due
termini, si ha:
Pu = Pi − Pw . (2.17)
2 PARAMETRI FONDAMENTALI DI FUNZIONAMENTO 16

Figura 2.2: Ciclo di lavoro di un motore AC, 4T, aspirato.

Figura 2.3: Schema di principio di un dinamometro.

La potenza utile di un motore può essere misurata attraverso un dinamometro. Il principio


di funzionamento di un dinamometro è schematizzato in figura 2.3. Il motore è montato
su un banco collegando l’albero con il rotore. Quest’ultimo è accoppiato, per mezzo di un
campo elettromagnetico, o per mezzo di azioni idrodinamiche, o ancora per mezzo di attrito
meccanico, con uno statore montato su cuscinetti a bassa resistenza. È possibile, quindi,
misurare la coppia C necessaria per mantenere fermo lo statore mentre il rotore ruota con
velocità costante ω. La misura può essere effettuata utilizzando dei pesi, delle molle o apparati
pneumatici.
Con riferimento alla figura 2.3 la coppia erogata dal motore è C = F b e la potenza utile:
Pu = Cω = 2πCn. (2.18)
Si definisce, inoltre, il lavoro utile al ciclo, Lu , come:
Lu = Li − Lw , (2.19)
2 PARAMETRI FONDAMENTALI DI FUNZIONAMENTO 17

dove Lw rappresenta la somma del lavoro dissipato per attrito meccanico e del lavoro assorbito
dagli organi ausiliari in ciascun ciclo. Si ha, quindi:

Lu n
Pu = . (2.20)
m
Il lavoro al ciclo, la coppia e la potenza sono grandezze che descrivono le prestazioni
del motore anche in funzione delle sue dimensioni. Un ulteriore parametro utile nell’analisi
del funzionamento del motore si ottiene dividendo il lavoro al ciclo per la cilindrata. Tale
parametro ha le dimensioni di una forza per unità di superficie ed è chiamato pressione media.
In particolare si defisce pressione media indicata (pmi) il lavoro indicato al ciclo per unità di
cilindrata:
Li
pmi = . (2.21)
Vc
Poichè il lavoro indicato rappresenta l’area del ciclo di lavoro, si ha che la pmi è l’ordinata
media del ciclo di lavoro. Si definisce anche la pressione media effettiva (pme) come il lavoro
utile al ciclo per unità di cilindrata:
Lu
pme = . (2.22)
Vc
Per le definizioni poste, valgono le seguenti ovvie relazioni:
Vc n Vc n Vc
Pi = pmi , Pu = pme , C = pme . (2.23)
m m 2πm
Dall’equazione (2.19), dividendo per la cilindrata, si ottiene:

pme = pmi − pv , (2.24)

Lw
dove pv = è detta pressione a vuoto.
Vc
In tabella 1 sono riportati i valori tipici della pme per alcuni tipi di motori 4T. I motori
AS 2T hanno prestazioni paragonabili a quelli 4T.

regime di: aspirato AC turbo AC aspirato AS turbo AS


Cmax 850 ÷ 1050 1250 ÷ 1700 700 ÷ 900 1000 ÷ 1400
Pmax 750 ÷ 900 900 ÷ 1400 700 850 ÷ 950

Tabella 1: Pressione media effettiva [kPa]

La figura 2.4, invece, riporta un istogramma delle perdite meccaniche e di quelle imputabili
al ciclo di pompaggio per due motori di cilindrata pari a 1600 cm3 ripsettivamente AC e AS,
a diversi regimi di rotazione.

2.3 Cicli e rendimenti


Nello studio del funzionamento dei motori a combustione interna esistono diversi livelli di
approssimazione del ciclo dipendenti: 1) dal livello di completezza con il quale sono inclusi
nel modello i fenomemeni fisici reali (ad esempio le proprietà fisico-chimiche dei fluidi reali,
lo scambio termico, le perdite fluidodinamiche, gli attriti meccanici, inquinanti, ecc.); 2) la
2 PARAMETRI FONDAMENTALI DI FUNZIONAMENTO 18

Figura 2.4: Perdite meccaniche e di pompaggio.

complessità e l’accuratezza con la quale i fenomeni considerati vengono modellizzati. In gene-


rale possiamo dividere i modelli esistenti in due categorie principali: modelli termodinamici e
modelli multidimensionali. I primi a loro volta possono essere suddivisi in modelli: 1) single-
zone, in cui la composizione chimica della miscela all’interno del cilindro e la temperatura sono
considerate uniformi; 2) multi-zone, in cui si considerano le variazioni spaziali e temporali della
composizione chimica e della temperatura. I modelli multidimensionali, invece, sono basati
sulla soluzione delle leggi di conservazione della massa, della quantità di moto e dell’energia,
unite ad opportuni modelli di turbolenza e modelli per l’interazione tra la massa gassosa e le
fasi condensate presenti nei motori AS. Nell’ambito di tale classificazione, il modello termo-
dinamico più semplice a cui si può ricorrere per un approccio di base è quello ideale. In tale
modello i gas sono considerati perfetti (cioè termicamente e caloricamente perfetti), e non sono
inclusi nel modello: 1) i fenomeni dissipativi sia meccanici che fluidodinamici; 2) le reazioni
chimiche e le variazioni delle proprietà chimico-fisiche dei gas; 3) le perdite di energia dovute a
scambio termico; quindi le le fasi di compressione ed espansione sono considerate isoentropiche.
Tale modello, perciò, consiste nell’analisi del ciclo termodinamico, cioè di una sequenza ciclica
di trasformazioni che attraversano stati di equilibrio termodinamico. A titolo di esempio le
figure 2.5 e 2.6 riportano un possibile ciclo ideale di un motore costituito da due traformazioni
isocore e due trasformazioni isoentropiche. Si nota, rispetto al ciclo di lavoro in figura 2.2, che
non sono comprese le fasi di cambio di massa (aspirazione ed espulsione) perchè la sequenza di
trasformazioni è eseguita su una massa ideale che è fisicamente la medesima in ogni punto del
ciclo, per tutti i cicli. Perciò, è possibile descrivere la sequenza di trasformazioni rispetto al
volume specifico del fluido (in ascisse) invece che al volume della camera del cilindro. Inoltre,
non essendoci reazioni di combustione e scambi di massa, l’energia termica può essere fornita o
ceduta solo attraverso processi reversibili di scambio termico. Sappiamo dalla termodinamica
classica che il ciclo a rendimento massimo, funzionante tra due temperature fissate, è il ciclo
2 PARAMETRI FONDAMENTALI DI FUNZIONAMENTO 19

Figura 2.5: Ciclo ideale nel piano T-s. Figura 2.6: Ciclo ideale nel piano p-v.

di Carnot, costituito da due trasformazioni isoterme e due trasformazioni isoentropiche. Tale


ciclo, però, non è considerato nello studio dei motori alternativi a combustione interna perché
le modalità con le quali nella realtà avvengono l’introduzione e lo scarico di energia termi-
ca sono molto lontane dalla situazione isoterma. Vedremo in dettaglio nel prossimo capitolo
che le trasformazioni isocore e isobare sono le più adeguate per modellare idealmente le fasi
di scambio di energia termica. Il rendimento del ciclo ideale è detto rendimento ideale ed è
definito come il rapporto fra il lavoro ottenuto Lid ed il calore fornito Q1 al fluido nel ciclo:

Lid
ηid = . (2.25)
Q1

Un modello più vicino alla realtà è costituito dal cosiddetto ciclo limite. Rispetto al ciclo
ideale, cade l’ipotesi che il gas sia caloricamente perfetto mentre si continuano a trascurare
i fenomeni dissipativi sia meccanici che fluidodinamici e le perdite per scambio termico. Ciò
comporta un diverso andamento del ciclo a parità di caratteristiche geometriche ed energia
disponibile. Nel ciclo limite viene considerato il processo di combustione completo (si suppone,
cioè, che tutte le molecole di combustibile si ossidino) e in equilibrio chimico locale (cioè le
reazioni sono cosı̀ veloci da raggiungere istantaneamente lo stato di equilibrio corrispondente
allo stato termodinamico locale). Attraverso tale processo si determina la quantità di energia
trasferita al fluido motore. L’energia disponibile nella combustione di una massa mb di una
sostanza avente potere calorifico inferiore Hi è pari a Q1 = mb Hi . Il rendimento di tale ciclo
è detto rendimento limite ed è dato da:
L`
η` = , (2.26)
Q1

dove si è indicato con L` il lavoro ottenuto nel ciclo limite. Tipicamente, il valore di Hi per i
combustibili utilizzati nei motori automobilistici varia tra 42 ÷ 44 M J/kg.
Considerando un ciclo indicato ed il ciclo limite corrispondente, cioè avente la stessa massa
di combustibile introdotto e le stesse caratteristiche geometriche del ciclo indicato, si definisce
2 PARAMETRI FONDAMENTALI DI FUNZIONAMENTO 20

rendimento indicato il rapporto tra il lavoro indicato Li e il lavoro limite L` :

Li
ηθi = . (2.27)
L`
Tale rendimento, per definizione, contempla gli effetti negativi: 1) delle perdite fluidodi-
namiche (per esempio legate ai trafilamenti nelle valvole); 2) delle perdite per scambio ter-
mico attraverso la superficie ed il sistema di raffreddamento del motore; 3) delle perdite per
combustione incompleta o intempestiva o anomala (in alcuni testi viene definito a parte un
rendimento della combustione).
Si definisce, inoltre, il rendimento organico come il rapporto:

Lu
ηo = . (2.28)
Li
Valori tipici per di tale parametro per un motore moderno sono intorno a 0.9 per velocità di
rotazione comprese tra 1800 ÷ 2400 rpm, mentre scendono circa a 0.75 per regimi di rotazione
corrispondenti alla potenza massima.
Infine, possiamo itrodurre il rendimento utile definito come:

Lu
ηu = , (2.29)
mb Hi
che può essere espresso come segue:

L` Li Lu
ηu = · · = η` ηθi ηo . (2.30)
mb Hi L ` L i
I valori ottimali del rendimento utile sono intorno a 0.3 e 0.43, rispettivamente per motori
automobilistici AC e AS (questi ultimi sono sovralimentati, altrimenti si scende intorno a
0.41).
Spesso, per descrivere le prestazioni dei motori vengono utilizzati, oltre ai rendimenti, il
consumo specifico di combustibile qb oppure il consumo specifico di calore qc . Il primo è definito
come la quantità di combustibile spesa per produrre l’unità di lavoro utile:
mb
qb = . (2.31)
Lu
Il secondo è definito come la quantità di calore necessaria per produrre l’unità di lavoro
utile (ovvero è il reciproco di ηu ):
mb Hi
qc = . (2.32)
Lu
In seguito alle definizioni poste, valgono le seguenti ovvie relazioni:
1 qc
qb = = . (2.33)
ηu Hi Hi
Valori ottimali di qb sono 270 g/kW h per motori automobilistici AC e 200 g/kW h per
motori automobilistici AS sovralimentati.
Infine, si definisce il ciclo convenzionale che costituisce un modello un po’ più accurato
rispetto al ciclo limite. In tale modello, infatti, vengono anche considerati, sia pur in maniera
2 PARAMETRI FONDAMENTALI DI FUNZIONAMENTO 21

Figura 2.7: Attrito tra mantello e cilindro.

abbastanza semplice, gli effetti: 1) di scambio termico durante le fasi di compressione e di


espansione; 2) di trafilamento del fluido durante le fasi di cambio di massa; 3) di imperfetta
combustione. Le trasformazioni di compressione e di espansione sono considerate politropiche
con opportuni esponenti in modo da rappresentare la quantità complessiva di calore media-
mente scambiata in ciascuna fase. Mediante correlazioni, inoltre, si possono determinare sia
la frazione di gas incombusti sia una correzione sull’esponente della politropica di espansione
per tenere in considerazione il caso in cui la miscela non sia in equilibrio termodinamico (nel
caso di motori veloci). Analogamente, mediante correlazioni o basandosi su dati sperimentali,
si valutano la depressione e la sovrappressione medie all’interno del cilindro, rispettivamente
durante le corse di aspirazione ed espulsione.

2.4 Il rendimento organico


Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, il rendimento organico è il rapporto tra il
lavoro utile al ciclo sviluppato dal motore e il lavoro interno al ciclo scambiato tra il fluido
e l’organo mobile della macchina. Il lavoro utile è inferiore al lavoro interno di una quota
pari alla somma dell’energia dissipata a causa degli attriti meccanici tra stantuffo e cilindro,
di quella dissipata per gli attriti nelle coppie cinematiche del manovellismo e dell’energia
assorbita dagli organi ausiliari. Le perdite dovute agli attriti meccanici dipendono dalle forze
scambiate tra i diversi accoppiamenti. Esse possono essere suddivise in: 1) forze dovute alle
pressioni agenti sullo stantuffo; 2) forze d’inerzia. Per semplificare i calcoli, supponiamo di
poter valutare separatamente le perdite di energia dovute alle due forze e di poter sommare i
due contributi. Ciò, in realtà non è corretto poiché la perdita complessiva è dovuta alla forza
risultante e le le forze di pressione non agiscono sempre nello stesso verso delle forze d’inerzia.
Il risultato di questa valutazione approssimata sarà una sovrastima delle perdite per attrito
0 00
meccanico. Indichiamo, quindi, con Lw e Lw il lavoro dissipato per attrito meccanico dovuto
rispettivamente all’azione delle forze di pressione e delle forze d’inerzia. Ciascuno di essi
2 PARAMETRI FONDAMENTALI DI FUNZIONAMENTO 22

è costituito dalla somma di contributi corrispondenti alle diverse coppie cinematiche quali:
mantello-cilindro, perni di biella, perni di banco. Tra questi contributi, quello dovuto alle
forze scambiate tra mantello e cilindro è il più grande e può essere calcolato nella maniera
seguente. Consideriamo dapprima l’effetto delle sole forze di pressione. Con riferimento alla
figura 2.7, indichiamo con p la pressione agente sulla superficie frontale S dello stantuffo;
β è l’angolo formato tra la direzione della biella e l’asse del manovellismo; θ è l’angolo di
manovella; N è la componente normale alla superficie del cilindro della forza scambiata tra
cilindro e mantello; f è il coefficiente di attrito radente. Si ha pertanto:
0
I
Lw = f pStgβdx. (2.34)

assumendo un valore medio opportuno per il termine (f tgβp/pmax ), e procedendo in modo


analogo per le altre coppie cinematiche, si ha:
0
Lw = K 0 pmax Sc = K 0 pmax Vc , (2.35)

dove K 0 è una costante dipendente da f , da `/a e dall’andamento delle pressioni nel ciclo in
rapporto alla pressione massima.
00
Un discorso analogo può essere fatto per calcolare il termine Lw . Le forze d’inerzia sono pari al
prodotto tra la massa m degli organi in movimento e la loro accelerazione a. L’accelerazione
del piede di biella è stata ricavata nel paragrafo 2.1 in funzione dell’angolo di manovella θ
(equazione 2.11). Possiamo quindi porre:
· ¸
2 a
aθ = aω cosθ + cos2θ , (2.36)
`
e calcolare l’integrale I
00
Lw = f maθ tgβdx. (2.37)
H
Assumendo un valore medio opportuno per f aθ tgβdx e considerando che per un manovellismo
centrato ω 2 ac = 12 π 2 u2 si ottiene:
00
Lw = K 00 mu2 . (2.38)
000
Possiamo infine assumere che il lavoro richiesto dagli organi ausiliari Lw (quali i meccani-
smi della distribuzione, la pompa di lubrificazione, le pompe di alimentazione, ecc.), coman-
dati o non comandati direttamente dal motore, sia proporzionale (approssimativamente) alla
cilindrata: 000
Lw = K 000 Vc , (2.39)
dove il coefficiente K 000 dipende dal tipo di motore.
Dalla definizione di rendimento organico si ha:
P
Lu Li − Lw
ηo = = . (2.40)
Li Li
Qundi, esplicitando i termini nella sommatoria si ricava:
0 00 000
Lw + Lw + Lw K 0 pmax + K 00 Vmc u2 + K 000
1 − ηo = = , (2.41)
pmiVc pmi
2 PARAMETRI FONDAMENTALI DI FUNZIONAMENTO 23

Figura 2.9: Rendimento organi-


Figura 2.8: Rendimento organico
co in funzione della velocità di
in funzione del carico.
rotazione.

oppure:
pv pv
ηo = 1 − =1− , (2.42)
pmi pme + pv
dove avviamente la pressione a vuoto vale:
m 2
pv = K 0 pmax + K 00 u + K 000 . (2.43)
Vc
L’equazione 2.42 pone in evidenza che il rendimento organico cresce quasi iperbolicamente
con la pmi (a meno di lievi variazioni della pv ), come mostrato in figura 2.8. Invece, dall’e-
quazione 2.41 si evince che il rendimento organico decresce in maniera quasi parabolica con la
velocità di rotazione n a causa del lavoro dissipato per effetto delle forze d’inerzia rappresentato
m
dal termine u2 (figura 2.9).
Vc
3 IL CICLO IDEALE 24

3 Il ciclo ideale
Nel presente capitolo vengono analizzati in dettaglio i cicli termodinamici ideali, definiti nella
sezione precedente. Per quanto detto in precedenza, essendo le trasformazioni di compressione
ed espansione isoentropiche, i cicli possono differenziarsi esclusivamente nelle fasi di fornitura
e sottrazione di calore.

3.1 Fase di fornitura di calore


Non avendo a disposizione, nella realtà, una sorgente di calore a temperatura costante, bensı̀ un
combustibile che brucia a temperatura variabile, non ha interesse considerare il ciclo ideale
con fornitura di calore isoterma. Inoltre, possiamo aggiungere che non esistono limitazioni
pratiche nella temperatura massima del ciclo reale perché i materiali con cui il fluido motore
viene a contatto risentono della temperatura media del ciclo che è molto più bassa. Bisogna
invece porre delle limitazioni ai valori massimi della pressione raggiunta alla fine della fase di
compressione e al termine della fase di combustione per motivi diversi e complessi che coinvol-
gono problemi di avviamento, resistenza dei materiali, combustioni anomale, alcuni dei quali
verranno analizzati successivamente. Quindi, alla luce di quanto detto, cerchiamo di stabilire
nell’ambito del ciclo ideale, quale sia la trasformazione di fornitura di calore più conveniente a
parità di pressione di fine compressione o a parità di pressione alla fine della fase di fornitura di
calore. La figura 3.1 mostra tre diversi cicli sovrapposti nel piano T-s, aventi in comune: 1) il

Figura 3.1: Confronto a parità di Figura 3.2: Confronto a parità di


pressione di fine compressione. pressione massima.

punto di inizio compressione; 2) la quantità di calore fornito Q1 ; 3) il rapporto di compressione;


4) la fase di cessione di calore isocora (è ininfluente ai fini delle conclusioni). I tre cicli, inoltre,
hanno la fase di fornitura di calore rispettivamente a volume costante (ciclo ABCD), mista
0
(ciclo ABC1 C1 D1 ) e a pressione costante (ciclo ABC2 D2 ). L’area sottesa dalla trasformazione
di fornitura di calore rappresenta il calore fornito. Essendo tale calore uguale per i tre cicli, il
punto a temperatura massima raggiunge valori di entropia minori per la trasformazione con
pendenza media maggiore, cioè per la trasformazione isocora. Il calore scaricato Q2 in ciascun
ciclo, rappresentato rispettivamente dalle aree sottese dalle trasformazione AD, AD1 e AD2 è
minimo per il ciclo con fase di fornitura isocora. Tale ciclo ha lavoro e rendimento massimi,
3 IL CICLO IDEALE 25

Figura 3.3: Fase di scarico


Figura 3.4: Ciclo di Atkinson.
isoterma.

essendo:
Q2
Lid = Q1 − Q2 e ηid = 1 − . (3.1)
Q1
Quindi, per un ciclo ideale, nelle ipotesi 1), 2) e 3) il massimo rendimento è dato da una
trasformazione di fornitura di calore a volume specifico costante.
Consideriamo ora il secondo caso. La figura 3.2 mostra tre diversi cicli sovrapposti nel piano
T-s, aventi in comune: 1) il punto di inizio compressione; 2) la quantità di calore fornito Q1 ; 3’)
la pressione massima del ciclo; 4) la fase di cessione di calore isocora (è ininfluente ai fini delle
conclusioni). I tre cicli, ancora, hanno la fase di fornitura di calore rispettivamente a volume
0
costante (ciclo ABCD), mista (ciclo ABC1 C1 D1 ) e a pressione costante (ciclo ABC2 D2 ).
Osservando le aree sottese dalle trasformazioni di cessione di calore si evidenzia che il calore
scaricato Q2 è minimo per il ciclo avente la trasformazione di introduzione di calore isobara
B2 C2 . Quindi, per un ciclo ideale, nelle ipotesi 1), 2) e 3’) il massimo rendimento è dato da
una trasformazione di fornitura di calore a pressione costante.

3.2 Fase di cessione di calore


La fase di cessione di calore più conveniente sarebbe a temperatura costante. In natura
esistono pozzi di calore a bassa temperatura costituiti dalle masse di acqua o di aria con cui
il fluido motore potrebbe essere raffreddato. Questo è un procedimento ad esempio utilizzato
negli impianti a vapore. Vediamo perché esso non è praticabile nel caso dei motori alternativi
a combustione interna. La figura 3.3 mostra la parte a bassa pressione di un ciclo ideale
con scarico isotermo nel piano p-v. La trasformazione di espansione adiabatica è prolungata
fino al punto 4 in cui interseca la curva isoterma passante per il punto 1. Da 4 ad 1 segue
una trasformazione di compressione isoterma. Tale trasformazione in pratica è irrealizza-
bile. Inoltre, tale soluzione comporta valori molto elevati del rapporto v4 /v1 e cioè corse
molto lunghe con conseguenti bassi valori della pressione media. Ciò non deve sorprendere,
perché se si pensa ad una realizzazione pratica di un ciclo siffatto, si otterrebbe un motore
che utilizza solo una parte della cilindrata nella fase di aspirazione. Valori troppo bassi della
pressione media non sono accettabili nella realtà perché comporterebbero rendimenti meccanici
troppo bassi (vedi le considerazioni sulla pv nel capitolo precedente). Dovendo eliminare la
compressione isoterma si potrebbe pensare di effettuare lo scarico a pressione costante come
riportato in figura 3.4. Il ciclo con fase di fornitura di calore a volume costante e cessione
di calore a pressione costante è noto come ciclo di Atkinson. Questa soluzione in realtà non
viene adottata perché presenta ancora l’inconveniente di avere elevati rapporti v4 /v1 . Infine, la
3 IL CICLO IDEALE 26

Figura 3.5: Ciclo Otto. Figura 3.6: Ciclo Diesel.

Figura 3.7: Ciclo Sabathé.

soluzione termodinamica che corrisponde alla realizzazione cinematica più semplice e consente
uno sfruttamento ottimale della cilindrata è quella in cui v4 = v1 . Questa soluzione tuttavia
comporta la rinuncia ad una quota del lavoro (corrispondente alle aree 414’ nelle figure 3.3
e 3.4), che idealmente il fluido motore avrebbe potuto fornire, a vantaggio di aspetti che non
rientrano nell’analisi del modello ideale del motore.

3.3 Cicli tipici


In base a quanto detto, si considerano i seguenti cicli ideali tipici dei motori alternativi a
combustione interna: 1) il ciclo Otto (o Beau de Rochas) con fase di fornitura di calore a
volume costante (figura 3.5); 2) il ciclo Diesel con introduzione di calore a pressione costante
(figura 3.6); 3) il ciclo Sabathé con introduzione di calore mista, parte a volume costante e
parte a pressione costante (figura 3.7). Il ciclo Otto si avvicina maggiormente al ciclo indicato
di un motore AC, mentre il ciclo Sabathè approssima meglio il ciclo indicato di un motore AS.
Con riferimento alla figura 3.7, si introducono i seguenti parametri:
v1
• rapporto volumetrico di compressione: ρ = ;
v2
3 IL CICLO IDEALE 27

T3
• rapporto di combustione a volume costante: τ = ;
T2
0 0
T v 0
• rapporto di combustione a pressione costante: τ = 3 = 3 .
T3 v3
Il rendimento del ciclo Sabathé, secondo la definizione fornita nel capitolo precedente, è dato
da:
Lid Q2
ηid = =1− . (3.2)
Q1 Q1
Indicando con cp e cv , rispettivamente, il calore specifico del fluido motore a pressione costante
e a volume costante, si ha:

cv (T4 − T5 )
ηid = 1 − 0 . (3.3)
cv (T3 − T2 ) + cp (T3 − T3 )

Utilizzando l’equazione della trasformazione isoentropica (T v k−1 = cost.) è possibile esprimere


tutte le temperature in funzione della T1 e dei rapporti adimensionali sopra introdotti:

• compressione isoentropica 1-2: T2 = T1 ρk−1 ;

• trasformazione isocora 2-3: T3 = τ T2 = T1 τ ρk−1 ;


0 0
• trasformazione isobara 3-3’: T3 = τ 0 T3 = T1 τ τ ρk−1 ;
à 0 !k−1 à 0 !k−1
0 v3 0 k−1 τ 0
• espansione isoentropica 3’-4: T4 = T3 = T1 τ τ ρ = T1 τ τ k .
v1 ρ
Sostituendo tali relazioni nell’equazione (3.3) si ottiene la seguente espressione per il rendi-
mento ideale: 0
1 ττ k − 1
ηid = 1 − k−1 . (3.4)
ρ τ − 1 + (τ 0 − 1)τ k
0
Per il ciclo Otto si ha τ = 1 e quindi:

Otto 1
ηid =1− . (3.5)
ρk−1
Invece, per il ciclo Diesel τ = 1, quindi:
0
Diesel τ k−1 1
ηid = 1 − k−1 0 . (3.6)
ρ (τ − 1)k

Le espressioni (3.3), (3.5) e (3.6) mostrano come il rendimento ideale nei tre casi cresce
iperbolicamente all’aumentare del rapporto di compressione volumetrico. Inoltre, si vede come
il rendimento ideale del ciclo Otto dipenda solo dal rapporto di compressione e dal rapporto
tra i calori specifici k (vedi figura 3.8). Il rendimento del ciclo Diesel, invece, è funzione anche
del rapporto di combustione a pressione costante. Più precisamente, tale rendimento è pari al
0 0
rendimento del ciclo Otto per τ → 1 e diminuisce all’aumentare di τ . Abbiamo, quindi, la
conferma che il rendimento del ciclo Otto è superiore al rendimento del ciclo Diesel a parità
di rapporto di compressione.
3 IL CICLO IDEALE 28

Figura 3.8: Rendimento del ciclo Otto.

3.4 Calcolo del ciclo ideale


Per un calcolo più generale ci si riferisce al ciclo Sabathé che comprende i cicli Otto e Diesel.
Siano note le condizioni termodinamiche del punto 1 (inizio compressione) e il rapporto di
compressione ρ.

3.4.1 Fase di compressione


Mediante la legge della trasformazione isoentropica, la definizione di ρ e l’equazione di stato
dei gas perfetti, è possibile calcolare le condizioni termodinamiche in 2:
v1
ρ= , (3.7)
v2

T2 v2k−1 = T1 v1k−1 , (3.8)


p2 v2 = RT2 . (3.9)
Il lavoro di compressione ricevuto dal fluido per unità di massa, durante la trasformazione 1-2,
è pari a: Ã ! k−1 
Z 2
1 p2
k
L12 = − pdv = RT1  − 1 , (3.10)
1 k−1 p1
ed è rappresentato nel piano p-v dall’area sottesa dalla trasformazione 1-2.

3.4.2 Fase di fornitura di calore


Siano note le quantità di calore somministrate a volume costante e a pressione costante,
0
rispettivamente pari a Q1 e Q1 . Il punto 3 può essere calcolato nel modo seguente:

v3 = v2 (3.11)

Q1 = cv (T3 − T2 ) (3.12)
p3 v3 = RT3 . (3.13)
3 IL CICLO IDEALE 29

Analogamente il punto 3’ è ottenuto da:


0
p3 = p3 (3.14)
0 0
Q1 = cp (T3 − T3 ) (3.15)
0 0 0
p3 v3 = RT3 . (3.16)

3.4.3 Fase di espansione


Mediante la legge della trasformazione isoentropica, l’equazione di sato dei gas perfetti e
ricordando che v4 = v1 , si ricava il punto 4 di fine espansione:

v4 = v1 , (3.17)
0 0
T4 v4k−1 = T3 v3k−1 , (3.18)
p4 v4 = RT4 . (3.19)
Il lavoro di espansione fatto dal fluido per unità di massa, durante le trasformazioni 3-3’ e
3’-4, è pari a:
Ã ! k−1 
Z 4
0 1 0 p4 k
L34 = − pdv = −p3 (v3 − v3 ) + RT3  0 − 1 , (3.20)
3 k−1 p3

ed è rappresentato nel piano p-v dall’area sottesa dalla trasformazioni 3-3’-4.

3.4.4 Fase di cessione di calore


La trasformazione 4-1 è una trasformazione a volume costante che riporta il fluido nelle
condizioni di inizio compressione. Il calore sottratto al fluido, per unità di massa, è pari
a:
Q2 = cv (T4 − T1 ). (3.21)
4 IL CICLO LIMITE 30

4 Il ciclo limite
Il ciclo ideale di funzionamento di un motore a combustione interna rappresenta il massimo
livello di astrazione nella descrizione del processo di scambio energetico tra fluido operante e
organi meccanici all’interno di tali motori.
Ricordiamo, infatti, che il ciclo termodinamico ideale è definito nelle seguenti ipotesi:

1. la macchina è ideale, quindi non vi sono perdite fluidodinamiche o per scambio termico
attraverso le pareti;

2. il fluido motore è un gas perfetto;

3. le fasi di aspirazione, espulsione e scarico non vengono considerate poiché all’interno del
motore opera sempre la stessa massa di fluido. Il calore viene fornito e sottratto a tale
massa dall’esterno per scambio termico attraverso le pareti della macchina.

Tale rappresentazione è molto lontana dal funzionamento reale della macchina. Un modello
più vicino alla realtà si ottiene considerando la macchina ancora ideale, ma abbandonando
l’ipotesi che il fluido operante sia un gas perfetto e considerando che all’interno del ciclo
evolva una miscela di aria, gas e vapori. In particolare si tiene in conto che:

1. cp e cv sono variabili con la temperatura;

2. il calore è fornito al fluido attraverso una reazione chimica di combustione completa e


in equilibrio chimico; per le elevate temperature raggiunte l’effetto della dissociazione
dei prodotti della combustione non è trascurabile. Il calore viene sottratto scaricando la
massa di gas combusti.

3. la costante elastica della miscela varia in seguito alla combustione.

Il ciclo che contempla tali effetti prende il nome di ciclo limite. Ovviamente, nel ciclo limite,
cade anche l’ipotesi 3) del caso ideale dovendosi operare un cambiamento di fluido per passare
da un ciclo al successivo. Analizziamo in dettaglio ciascuna fase di funzionamento del motore
eseguendo un calcolo semplificato del calore occulatato dalla dissociazione. Per permettere
agli allievi di svolgere esercizi semplificati da un punto di vista del calcolo, sono presentate
alcune relazioni termodinamiche valide nell’ipotesi di variazione lineare dei calori specifici con
la temperatura o assumendo per essi un opportuno valore medio costante.

4.1 Fase di aspirazione


In seguito all’ipotesi di macchina ideale, la fase di aspirazione avviene a pressione costante
p1 uguale alla pressione esistente nell’ambiente di aspirazione (pa ). La massa complessiva di
fluido, m, presente nel punto 1 del ciclo, alla fine della fase di aspirazione, è data dalla somma
della massa di fluido aspirata, masp , e della massa di gas residui dal ciclo precedente, mc . La
prima è costituita da una miscela di aria (di massa ma ) e vapori di combustibile (di massa
mb ) nel caso del ciclo Otto (trascurando il vapore d’acqua eventualmente presente), oppure
da sola aria nel ciclo Diesel. Quindi, in generale, si ha:

m = m a + m b + mc . (4.1)
4 IL CICLO LIMITE 31

Conoscendo il valore della temperatura T1 e della massa m, è possibile valutare il volume


specifico v1 ,
V1
v1 = , (4.2)
m
e la costante elastica R1 della miscela di gas presente nel punto 1 del ciclo:
p1 v1
R1 = . (4.3)
T1
In generale però, sia la temperatura T1 che la massa di gas residui mc non sono note a priori
ma sono funzione dell’andamento del ciclo e saranno note solo al termine di un calcolo iterativo
del ciclo stesso. Pertanto, per iniziare il calcolo del ciclo bisogna assegnare un valore a tali
grandezze; ad esempio si può porre T1 = Ta + 20 K e mc = mb .

4.2 Fase di compressione


Noti i valori dei parametri termodinamici nel punto 1 e il valore del rapporto di compressione
V1 v1
volumetrico ρ = = , è possibile valutare lo stato termodinamico nel punto 2 sapendo che
V2 v2
la trasformazione di compressione è adiabatica reversibile. Si assume una dipendenza lineare
dei coefficienti cp e cv dalla temperatura:

cp = a + bT, (4.4)

cv = a0 + bT, (4.5)
0
dove a0 = a−R ed i coefficienti a, a , b sono costanti in ampi intervalli di temperatura. Essendo
la trasformazione adiabatica reversibile (isoentropica) si ha:
dT p
ds = cv + dv = 0; (4.6)
T T
usando la legge di stato e l’eq. (4.5) si ottiene:
dT dv
a0 + bdT + R =
T v
0 dp dv dv
a( + ) + bdT + R =
p v v
dp b (a0 + R) dv (4.7)
+ 0 dT + =
p a a0 v
dp b dv
+ 0 dT + k0 = 0,
p a v
a
con k0 = 0 . L’equazione (4.7) può essere integrata tra i punti 1 e 2 per ottenere una relazione
a
analitica tra i due stati termodinamici:
b
p2 v2k0 = p1 v1k0 e− a0 (T2 −T1 ) . (4.8)

Inoltre, utilizzando la legge di stato, dalla eq. (4.8) si possono ottenere le relazioni tra
temperature e volumi specifici
b
T2 v2k0 −1 = T1 v1k0 −1 e− a0 (T2 −T1 ) , (4.9)
4 IL CICLO LIMITE 32

oppure tra temperature e pressioni


T2 T1 b
k0 −1 = k0 −1 e− a (T2 −T1 ) . (4.10)
k0 k0
p2 p1
A differenza dell’equazione della trasformazione isoentropica con calori specifici costanti (p1 v1k0 =
p2 v2k0 ), l’equazione (4.8) presenta il fattore esponenziale al secondo membro che, per valori po-
sitivi dei coefficienti a’ e b (come accade sempre per le miscele di gas considerate), è un numero
positivo minore di uno. Di conseguenza, a parità di rapporto volumetrico di compressione e di
condizioni termodinamiche iniziali, trasformazioni isoentropiche con calori specifici crescen-
ti con la temperatura conducono a temperature e pressioni inferiori rispetto a trasformazioni
isoentropiche con calori specifici costanti. Concludendo, a partire dalle condizioni 1, noto il
rapporto di compressione volumetrico, si può valutare v2 , la pressione p2 tramite la (4.8) e la
temperatura T2 tramite la legge di stato.

4.3 Fase di combustione


È necessario distinguere in questo caso tra i motori ad accensione comandata e i motori ad
accensione spontanea.

Motori ad accensione comandata

Nei motori ad accensione comandata, il fluido che ha subito la compressione è costituito da


una miscela omogenea di aria, vapori di combustibile e gas residui. Poiché nel ciclo limite si
considera che la macchina sia ideale, si può ipotizzare che i punti di innesco della combustione
siano infiniti e che perciò la stessa sia istantanea. Il ciclo di riferimento ideale è, quindi, il
ciclo Otto. La quantità di calore sprigionata dalla reazione di combustione per unità di massa
di miscela presente all’interno della camera di combustione è pari a:
mb Hi
Q= − ∆Q, (4.11)
ma + mb + mc
dove Hi è il potere calorifico inferiore del combustibile, ∆Q è la quantità di calore occultato
per effetto della dissociazione per unità di massa di miscela, ma è la massa di aria, mb è la
massa di combustibile e mc è la massa di gas residui dal ciclo precedente. Tale quantità di
calore, in condizioni di equilibrio termodinamico, dipende dalla temperatura T3 (incognita)
raggiunta alla fine della fase di combustione.
Il calore occultato per unità di massa di miscela può essere calcolato, in maniera elementare,
mediante la seguente relazione empirica:
∆Q = Di (T3 − 1850)2 [kJ/kg], (4.12)
dove Di è una costante dipendente dalla pressione p3 , dalla dosatura e dalla natura stessa
del combustibile. L’equazione (4.12) fornisce valori sufficientemente accurati per temperature
comprese tra 2000 K e 3000 K.
Dopo aver valutato il calore occultato dalla dissociazione, possiamo applicare il primo prin-
cipio della termodinamica in forma lagrangiana alla massa contenuta nel cilindro tra l’istante
iniziale e quello finale della combustione. Essendo la fase di combustione a volume costante si
ha:
Hi
− ∆Q = U3 − U2 (4.13)
α + 1 + α0
4 IL CICLO LIMITE 33

ma mc
dove α = è la dosatura o rapporto di miscela e α0 = .
mb mb
La temperatura T3 si può calcolare dall’equazione 4.13 per tentativi, utilizzando le tabelle
dell’aria e la relazione U = h − RT . Essa si può anche calcolare direttamente utilizzando la
seguente espressione lineare, cv = cv0 + DT , con cv0 = 705 J/(kg K) e D = 0.134 J/(kg K 2 ),
e integrando l’equazione Z 3
Hi
− ∆Q = cv dT. (4.14)
α + 1 + α0 2

Il calcolo della fase di combustione è completato dalla determinazione della pressione p3


mediante la legge di stato:
T3
p3 = R , (4.15)
v3
con
v3 = v2 . (4.16)

Motori ad accensione spontanea

Durante la fase di compressione, nei motori ad accensione spontanea, all’interno del cilindro,
si ha una miscela di aria fresca e gas residui dal ciclo precedente. L’iniezione del combustibile
inizia al termine della fase suddetta (punto 2 del ciclo). La miscela all’interno della camera,
in seguito alla compressione, ha raggiunto temperatura, T2 , e pressione, p2 , sufficientemente
elevate per fare evaporare e poi bruciare il combustibile. Dovendo considerare il fluido con le
sue caratteristiche reali nello studio del ciclo limite, bisogna considerare che tra l’istante di
iniezione di una particella di combustibile e l’istante di accensione della stessa trascorre un
certo intervallo di tempo (ritardo dell’accensione). Tale tempo di incubazione è dovuto alla
formazione dei perossidi che sono composti intermedi della reazione di combustione, necessari
affinché avvenga l’autoaccensione. Perciò, nel caso del ciclo limite dei motori ad accensione
spontanea, non si può ipotizzare che la fase di combustione avvenga istantaneamente, bensı̀ es-
sa dovrà sicuramente protrarsi al primo tratto dell’espansione, quando il fluido ha già iniziato
a spostare lo stantuffo. Vediamo da un punto di vista termodinamico quale modello si adatta
meglio a descrivere tale fase. All’inizio dell’iniezione, durante l’intervallo di tempo di incuba-
zione delle prime particelle iniettate, si accumula nella camera una massa di combustibile. In
seguito all’aumento di pressione e temperatura causato dalla combustione delle prime particel-
le, le particelle di combustibile accumulate si accendono quasi contemporaneamente causando
un brusco aumento di pressione e temperatura. Questa prima fase della combustione può
essere considerata con buona approssimazione isocora. Le particelle iniettate successivamente
hanno un ritardo di accensione molto piccolo per le elevate pressione e temperatura presenti
in camera. In pratica esse si accendono appena iniettate e pertanto la combustione procede in
funzione delle modalità con cui si effettua l’iniezione e con cui il fluido scambia energia con lo
stantuffo. Man mano che l’espansione avanza, aumenta la frazione di energia ceduta dal fluido
allo stantuffo (lavoro) rispetto all’energia sviluppata dalla reazione chimica di combustione.
Pertanto la derivata della pressione rispetto al volume passa con continuità da valore infinito
positivo (isocora) a valore negativo (isentropica). Per semplicità, questa seconda parte della
combustione di solito è considerata isobara, per cui il ciclo termodinamico di riferimento è
costituito dal ciclo Sabathè.
L’evaporazione del combustibile conduce ad una diminuzione della temperatura della mi-
scela. Infatti, considerando il processo a volume costante e adiabatico, per il primo principio
4 IL CICLO LIMITE 34

0
della termodinamica, abbiamo che l’energia interna è invariata. Indicando con 2 le condizioni
termodinamiche al termine dell’evaporazione, si può scrivere, quindi:

mbv Ub (Ta ) + (ma + mc )U2 − mbv rb = mbv Ub (T20 ) + (ma + mc )U20 , (4.17)

dove mbv è il combustibile bruciato durante la fase a volume costante, Ub è l’energia interna del
combustibile e rb è il calore latente di vaporizzazione del combustibile (ad esempio 270 kJ/kg).
Tramite l’equazione (4.17) è possibile calcolare la temperatura T20 (iterativamente se si utiliz-
zano le tabelle dell’aria e del combustibile); quindi si può determinare la pressione p20 dopo
l’iniezione di combustibile come (considerando V2 = V20 ):

(ma + mbv + mc )R20 T20


p20 = . (4.18)
V2
Per procedere al calcolo della fase di combustione è necesario conoscere il rapporto
mbv
ξ= , (4.19)
mb
che per motori moderni è pari circa a 1/4 ÷ 1/3 (tende ad aumentare con l’evoluzione tecno-
logica). Per le fasi di combustione a volume e a pressione costante si ha, rispettivamente:

ξHi
= U3 − U20 (4.20)
α + ξ + α0

(1 − ξ)Hi
= i30 − i3 . (4.21)
α + 1 + α0
Va sottolineato che l’effetto della dissociazione è in questo caso trascurabile per le più basse
temperature raggiunte. Il calcolo delle condizioni termodinamiche del punto 3 non presenta
sostanziali differenze rispetto a quello del ciclo Otto.

4.4 Fase di espansione


La fase di espansione 3-4 è una trasformazione adiabatica reversibile. Tuttavia, soprattutto
per quanto riguarda il ciclo Otto, bisogna considerare che, in seguito alla diminuzione di tem-
peratura, l’equilibrio delle reazioni è alterato in modo che il calore precedentemente occultato
può essere rilasciato. Tale fenomeno, che è indicato con il termine riassociazione, può ritenersi
completo alla temperatura di 1850 K (ipotesi valida nell’ambito del presente calcolo semplifi-
cato del calore occultato), per cui si può considerare che a temperature inferiori tutto il calore
occultato durante la combustione sia stato rilasciato durante l’espansione. Tutto ciò avvie-
ne in condizioni di equilibrio chimico, ovvero nell’ipotesi che la velocità con cui gli equilibri
chimici si adattano alla variazione delle condizioni termodinamiche sono molto superiori alla
velocità con cui le stesse condizioni termodinamiche variano. In realtà, però, tale ipotesi può
non essere verificata durante la fase di espansione nei motori a combustione interna veloci. In
tal caso, non tutto il calore occultato viene restituito, o, addirittura, la composizione chimica
della miscela può risultare congelata nelle condizioni del punto 3, senza alcuna riassociazione.
Alla luce di quanto esposto, nell’ipotesi di equilibrio chimico, e assumendo, in prima appros-
simazione, opportuni valori medi costanti dei calori specifici, cpm e cvm (valutati in funzione
della temperatura media della trasformazione considerata), le condizioni termodinamiche del
4 IL CICLO LIMITE 35

punto 4 possono essere calcolate suddividendo la fase di espansione in due trasformazioni: la


prima, 3-5, adiabatica reversibile con produzione di calore e quindi politropica di esponente
m < k con T5 = 1850 K; la seconda, 5-4, adiabatica reversibile. Indicando con cm il calore
specifico medio della politropica, le equazioni risolventi possono essere scritte come:
T5 T3
m−1 = m−1 , (4.22)
p5 m
p3 m

∆Q = cm (T5 − T3 ), (4.23)
cpm − cm
m= . (4.24)
cvm − cm
Infine, note le condizioni termodinamiche relative al punto 5 e ricordando che v4 = v1 , la tra-
sformazione isoentropica 5-4 consente di calcolare T4 e p4 rispettivamente mediante le seguenti
equazioni:
b
T4 v4k0 −1 = T5 v5k0 −1 e− a0 (T4 −T5 ) , (4.25)
b
p4 v4k0 = p5 v5k0 e− a0 (T4 −T5 ) . (4.26)
Nell’ipotesi in cui non tutto il calore occultato dalla dissociazione venga rilasciato (non
equilibrio chimico), bisognerebbe procedere ad un calcolo più complesso della composizione
chimica della miscela dopo la combustione, tenendo in conto le velocità con le quali le reazioni
di dissociazione avvengono. In prima approssimazione, assegnando la percentuale di calore
rilasciato e trascurando le variazioni della composizione chimica della miscela, è possibile
valutare lo stato termodinamico in 4 considerando tutta la fase 3-4 come una trasformazione
politropica di esponente m dato dall’equazione (4.24).

4.5 Fase di scarico


La prima parte di questa fase è costituita da una fuoriuscita istantanea di una parte dei gas
presenti nel cilindro nel momento in cui al PMI la valvola di scarico si apre. La pressione
all’interno del cilindro si porta allo stesso valore della pressione esterna. Segue una seconda
fase di espulsione forzata dei gas, operata dal pistone nella corsa verso il PMS. Nel ciclo limite
tale espulsione forzata avviene a pressione pari a quella esterna, non essendoci perdite di carico
attraverso le valvole e i condotti di scarico. Durante tale fase non si hanno variazioni delle
grandezze termodinamiche. La fase di scarico spontaneo, invece, nell’ipotesi che sia istantanea,
può essere considerata adiabatica e reversibile. Quindi, sapendo che la pressione al termine
di tale fase è pari a quella atmosferica (p6 = p1 ), si possono determinare T6 e v6 mediante le
seguenti relazioni:
T6 T4 −b4 /a4 (T6 −T4 )
k0 −1 = k0 −1 e , (4.27)
k0 k0
p6 p4
0
p6 v6k0 = p4 v4k0 e−b4 /a4 (T6 −T4 ) . (4.28)
La composizione chimica della miscela, in condizioni di equilibrio chimico, continua ad essere
quella del punto 5.
All’inizio della corsa di espulsione forzata i gas occupano il volume V1 nelle condizioni termo-
dinamiche T6 e v6 . Al termine di tale corsa, quando il pistone è al PMS, la porzione di gas che
occupa lo spazio morto, che si trova nella stesso stato termodinamico 6, non essendo espulsa,
4 IL CICLO LIMITE 36

V2
Va V1

Figura 4.1: Fase di aspirazione: istante Figura 4.2: Fase di aspirazione: istante
iniziale. finale.

rimarrà nel cilindro mescolandosi alla carica fresca che sarà aspirata nella corsa di ritorno al
PMI. La massa di questi gas residui, pertanto, vale:
V2
mc = . (4.29)
v6

4.6 Temperatura di inizio compressione


Nel paragrafo 1.2.1 si è visto che è necessario assegnare un valore alla temperatura T1 di
inizio compressione e alla massa mc dei gas residui per poter iniziare il calcolo del ciclo. Tali
grandezze, infatti, non sono note a priori: la temperatura T1 è il risultato del miscelamento
della massa dei gas residui nello spazio morto con la carica fresca aspirata; mentre la massa dei
gas residui è funzione della temperatura T6 , a sua volta dipendente dalla T1 . Quindi, il calcolo
del ciclo deve necessariamente essere iterativo: al termine di ogni iterazione si determina il
valore della temperatura T1 da utilizzare per l’iterazione successiva; il procedimento si ripete
finchè tale valore diventa costante nei limiti dell’approssimazione desiderata. Vediamo, quindi,
come si ricava il valore della T1 al termine di ogni iterazione.
Si consideri lo schema in figura 4.1, che rappresenta il pistone al PMS all’inizio della fase
di aspirazione. Va è il volume occupato dalla massa di fluido che verrà aspirata masp nelle
condizioni termodinamiche corrispondenti all’ambiente di aspirazione Ta e pa . Si applichi il
primo principio della termodinamica in forma lagrangiana, tra l’istante iniziale e l’istante finale
della fase di aspirazione, al sistema costituito dalla massa masp più la massa dei gas residui
mc (le variazioni di energia cinetica possono essere trascurate):

U f − U i = pa Va − p1 Vc , (4.30)

dove pa Va è il lavoro fatto dall’ambiente sul fluido che entra nel cilindro e p1 Vc è il lavoro fatto
dal sistema termodinamico considerato (masp + mc ) sul pistone, e

U f = cv1 (masp + mc )T1 , (4.31)


4 IL CICLO LIMITE 37

U i = cva masp Ta + cvc mc T6 . (4.32)


Inoltre, sommando e sottraendo il termine p6 V2 al secondo membro della equazione (4.30) si
ha:
cv1 (masp + mc )T1 − cva masp Ta − cvc mc T6 =
(4.33)
pa va masp − p1 (V1 − V2 ) + p6 V2 − p6 V2 ;
ricordando che cp T = cv T + pv, si può scrivere:

cp1 (masp + mc )T1 = cpa masp Ta + cpc mc T6 + V2 (p1 − p6 ). (4.34)

Infine, poichè nel caso del ciclo limite p1 = p6 , si ottiene la seguente espressione per T1 :
cpa masp Ta + cpc mc T6
T1 = , (4.35)
cp1 (masp + mc )

dove cpa , cp1 e cpc sono, rispettivamente, i calori specifici a pressione costante della miscela
aspirata, della miscela all’inizio della fase di compressione e dei gas residui. Essi devono essere
valutati, rispettivamente, alle temperature Ta , T1 e T6 . Per semplificare i calcoli, si possono
trascurare le differenze tra i caloro specifici per cui si ottiene:
masp Ta + mc T6
T1 = . (4.36)
masp + mc

Definendo la frazione di gas combusti


mc V2 v2 v2
f= = = , (4.37)
m v6 V2 v6
si può calcolare la temperatura di inizio compressione come:

T1 = (1 − f )Ta + f T6 . (4.38)

4.7 Esempio di calcolo


Seguendo il procedimento illustrato nei paragrafi precedenti è stato effettuato il calcolo di un
ciclo Otto limite partendo dai seguenti dati:

? Ta = 293 [K],pa = 105 [P a];

? cilindrata Vc = 1600 [cm3 ];

? rapporto di compressione ρ = 9;

? rapporto di miscela α = 16;

? potere calorifico inferiore del combustibile Hi = 41860 [kJ/kg];

? coefficienti per il calcolo dei calori specifici:


a = 992.27 [J/(kgK)], a0 = 705.2 [J/(kgK)], b = 0.134 [J/(kgK 2 )].
4 IL CICLO LIMITE 38

3’ 3’
4000.0 ciclo ideale
100.0 ciclo limite
ciclo ideale
ciclo limite
3
3000.0 3

p (bar) T (K)
2000.0 5
50.0 4’ 4

1000.0
2’
2’ 2 2
5
4’
4 1=1’
1=1’
0.0 0.0
0.0 2.0 4.0 6.0 8.0 10.0 12.0 0.0 500.0 1000.0 1500.0
V/Vmin s (J/kgK)

Figura 4.3: Confronto fra ciclo Otto ideale Figura 4.4: Confronto fra ciclo Otto ideale
e limite: piano p-V/Vmin e limite: piano T-s

Per il calcolo del calore occultato dalla dissociazione si è adottata la procedura semplificata,
trascurando l’influenza della variazione delle specie chimiche. Pertanto, si è trascurato anche
la variazione della costante elastica pari a R = 287.07 [J/(kgK)]. Per la costante che compare
nell’equazione (4.12) si è assunto un valore pari a Di = 0.45 [J/(kgK 2 )].
Per iniziare il calcolo si è assunto un valore per la massa dei gas residui pari a mc = ρa Vmin .
Sono state necessarie sette iterazioni per ottenere la convergenza sulla temperatura T1 , cioé:

|(T1i+1 − T1i )| < 10−5 . (4.39)

Le figure 4.3 e 4.4 mostrano, rispettivamente, un confronto tra il ciclo limite e il ciclo ideale
nel piano p − V /Vmin e T − s. Il ciclo ideale è stato calcolato a parità di cilindrata, rapporto
di compressione e punto di inizio compressione (1). Inoltre, esso ha lo stesso calore introdotto
del ciclo limite, mentre il fluido operante è aria.
I risultati del calcolo sono qui di seguito riassunti.

Ciclo limite

punto 1: p1 = 1 [bar], T1 = 323.5 [K];

punto 2: p2 = 20.37 [bar], T2 = 732.1 [K];

punto 3: p3 = 78.43 [bar], T3 = 2819 [K];

punto 5: p5 = 6.098 [bar], T5 = 1850 [K];

punto 4: p4 = 5.609 [bar], T4 = 1815 [K];

punto 6: p6 = 1 [bar], T6 = 1231 [K].

Ciclo ideale
4 IL CICLO LIMITE 39

punto 1’: p10 = 1 [bar], T10 = 323.5 [K];


punto 2’: p20 = 21.67 [bar], T20 = 779 [K];
punto 3’: p30 = 114.4 [bar], T30 = 4111 [K];
punto 4’: p40 = 5.277 [bar], T40 = 1707 [K].

4.8 Confronto tra ciclo ideale e ciclo limite Otto


Con riferimento all’esempio numerico sviluppato nel paragrafo precedente mettiamo in eviden-
za le principali differenze tra il ciclo ideale ed il ciclo limite Otto. Si ricorda che il ciclo limite
è stato calcolato assumendo: 1) variazione lineare dei calori specifici con la temperatura; 2)
procedimento semplificato per il calcolo del calore occultato dalla dissociazione; 3) trascurabile
l’effetto della variazione della costante elastica della miscela. Il punto 1 dei due cicli coincide
perfettamente. In realtà, a parità di pressione e temperatura, il volume specifico v1 dovrebbe
essere minore di v10 perché nel ciclo limite la miscela di aria e vapori di combustibile ha un peso
molecolare medio maggiore e quindi una costante elastica minore. Notiamo dalla figura 4.4
che il punto 2 si trova a temperatura piú bassa del punto 2’ a causa dell’aumento del calore
specifico con la temperatura. Inoltre, vediamo, sempre dalla figura 4.4, come l’isocora 2-3
sia sempre al di sotto della trasformazione isocora 2’-3’, nuovamente a causa dell’aumento del
calore specifico con la temperatura. A parità di calore introdotto, se non vi fosse la dissociazio-
ne, il punto 3 di fine combustione sarebbe sicuramente alla destra del punto 3’ perché le aree
sottese dalle due trasformazioni isocore dovrebbero essere uguali. Nel caso calcolato, la disso-
ciazione contribuisce a diminuire la temperatura massima raggiunta nel ciclo limite. Inoltre,
l’effetto del rilascio di calore durante la fase di espansione fa sı̀ che questa trasformazione sia
ad entropia crescente fino al punto 5. A parità di calore introdotto, quindi, l’area sottesa dalle
trasformazioni 2-3-5 deve uguagliare l’area sottesa dalla 2’-3’. Poiché le trasformazioni 2-3-5
sono sempre al disotto della 2’-3’, l’entropia dei punti 4 e 5 risulterà sicuramente maggiore
dell’entropia del punto 3’. Infine, consideriamo le trasformazioni di scarico 4-1 e 4’-1. Esse
sono entrambe isocore passanti per il punto 1. La prima è al disotto della seconda per effetto
della variazione dei calori specifici con la temperatura. È importante confrontare le aree sot-
tese dalle due trasformazioni che rappresentano, rispettivamente, il calore scaricato nel ciclo
limite e nel ciclo ideale. Si nota che l’area sottesa dalla trasformazione 4-1 è maggiore di quella
sottesa dalla 4’-1, per cui il calore scaricato nel ciclo limite è maggiore di quello scaricato nel
ciclo ideale. Perciò si può concludere che il ciclo limite avrà rendimento inferiore. Dai calcoli
effettuati nel presente caso risulta, infatti, ηid = 0.5848 ed η` = 0.3814.

4.9 Confronto tra ciclo ideale e ciclo limite Sabathè


Nella figura 4.5 sono riportati il ciclo ideale ed il ciclo limite Sabathè nel piano p − V /Vmin ,
calcolati con i seguenti dati:
? Ta = 293 [K], pa = 105 [P a];
? cilindrata Vc = 2000 [cm3 ];
? rapporto di compressione ρ = 18;
? rapporto di miscela α = 35;
4 IL CICLO LIMITE 40

ciclo ideale
100.0 ciclo limite

3’ 4’

3 4

p (bar)
2’
50.0 2

5 5’
1=1’
0.0
0.0 4.0 8.0 12.0 16.0 20.0
V/Vmin

Figura 4.5: Confronto fra ciclo Sabathè ideale e limite: piano p-V/Vmin

? potere calorifico inferiore del combustibile Hi = 40000 [kJ/kg];

? coefficienti per il calcolo dei calori specifici:


a = 992.27 [J/(kgK)], a0 = 705.2 [J/(kgK)], b = 0.134 [J/(kgK 2 )];
mbv
?ξ= = 0.3.
mb
Il ciclo limite è calcolato trascurando sia la variazione di temperatura dovuta alla evapora-
zione del combustibile che la variazione della costante elastica del gas e assumendo variazione
lineare dei calori specifici con la temperatura. Le differenze tra i due cicli imputabili a tale
variazione conducono, analogamente a quanto visto per il ciclo Otto, alla conclusione che il
rendimento del ciclo limite è inferiore al rendimento del ciclo ideale. Nel caso presente si
ottiene ηid = 0.6635 ed η` = 0.561. I risultati del calcolo sono qui di seguito riassunti.

Ciclo limite

punto 1: p1 = 1 [bar], T1 = 302.6 [K];

punto 2: p2 = 52.32 [bar], T2 = 879.6 [K];

punto 3: p3 = 76.15 [bar], T3 = 1270 [K];

punto 4: p4 = 76.15 [bar], T4 = 1899 [K];

punto 5: p5 = 2.883 [bar], T5 = 848.7[K];

punto 6: p6 = 1 [bar], T6 = 649 [K].

Ciclo ideale

punto 1’: p10 = 1 [bar], T10 = 302.6 [K];


4 IL CICLO LIMITE 41

punto 2’: p20 = 57.2 [bar], T20 = 961.6 [K];

punto 3’: p30 = 84.88 [bar], T30 = 1427 [K];

punto 4’: p40 = 84.88 [bar], T40 = 2203 [K].

punto 5’: p50 = 2.725 [bar], T50 = 824.7[K].


5 FUNZIONAMENTO REALE DEL MOTORE 42

5 Funzionamento reale del motore


5.1 Il rendimento indicato
Come abbiamo visto nei precedenti capitoli, i cicli ideali rappresentano una modellizzazione al-
quanto semplificata del funzionamento di un motore. Vogliamo adesso addentrarci nell’analisi
di alcuni aspetti fondamentali caratteristici del funzionamento reale. Vediamo, quindi, quali

Figura 5.1: Confronto tra ciclo reale e ciclo limite corrispondente (Heywood).

sono i fenomeni principali, finora trascurati, che meritano la nostra attenzione nello studio
particolareggiato del funzionamento del motore. La figura 5.1 mostra su un diagramma p-V il
confronto tra il ciclo reale (solo fase di compressione ed espansione) e ciclo limite equivalente
(solo fase di espansione) per un motore AC. Il ciclo limite è stato calcolato utilizzando lo stesso
rapporto di compressione del motore reale, la stessa composizione chimica del combustibile e
la stessa dosatura, la stessa frazione di gas residui e la stessa densitá di miscela nel punto di
inizio compressione. Nel caso in considerazione la linea di compressione del ciclo limite (non
riportata) incrocia la linea di compressione reale a metà strada tra il P.M.I. e il P.M.S. Le due
linee risultano pressoché sovrapposte. Nella figura non è riportato il ciclo di pompaggio.
Esso in realtá rappresenta una delle principali differenze tra i due cicli, imputabile alle perdite
di carico durante le fasi di aspirazione ed espulsione. La linea di espansione reale é al disotto
di quella limite per i seguenti motivi: 1) calore trasferito dai gas verso le pareti; 2) tempo
impiegato dalla combustione per bruciare la carica; 3) perdita dovuta allo scarico repentino
di una parte dei gas combusti al momento in cui si apre la valvola di scarico; 4) flusso di
gas all’interno degli interstizi presenti nella camera o perdite di massa attraverso le tenute; 5)
combustione incompleta. Gli effetti sono stati elencati in ordine di importanza.

Ciclo di pompaggio
Come anticipato nel paragrafo 1.2, la pressione durante la corsa di espulsione è mediamente
maggiore della pressione esterna a causa delle perdite di carico nel sistema di scarico. Tuttavia,
può accadere che, a causa della elevata velocità dei gas attraverso le valvole nella fase di scarico
5 FUNZIONAMENTO REALE DEL MOTORE 43

Figura 5.2: Ciclo di pompaggio per un Figura 5.3: Fase di scarico e lavaggio nel
motore 4T. ciclo indicato di un motore 2T.

spontaneo (può essere vicina alla velocità del suono), si abbiano fenomeni non stazionari che
portano momentaneamente la pressione al di sotto del valore esterno (figura 5.2). Viceversa,
sempre a causa delle perdite di carico, la pressione durante la corsa di aspirazione è mediamente
più bassa della pressione esterna (salvo oscillazioni momentanee). Si può verificare, quindi, che
la perdita di pressione media indicata ∆pmi dovuta al ciclo di pompaggio, ovvero l’ordinata
media del suddetto ciclo, sia proporzionale al prodotto tra la pressione esterna pa e la velocità
media dello stantuffo al quadrato u2 :
1 I
∆pmi = pdV ∼ pa u2 . (5.1)
Vc c.p.

Il lavoro necessario per il ricambio della carica non compare nel grafico del ciclo indicato
di un motore 2T, come mostrato in figura 5.3. Tale ciclo si svolge, infatti, tutto a pressione
superiore a quella esterna per l’effetto delle perdite di carico nei sistemi di alimentazione e
scarico. Bisogna tenere presente, però, che in questo tipo di motori vi è un organo ausiliario
apposito, la pompa di lavaggio, che ha il compito di sostituire i gas combusti con la carica
fresca, prelevando l’energia necessaria per espletare tale compito dall’albero motore. Tale
energia è utilizzata per vincere le resistenze che il fluido fresco incontra nell’entrare nel cilindro
attraverso i condotti e le luci di lavaggio e per spingere i gas combusti all’esterno attraverso i
condotti e le luci di scarico.
5 FUNZIONAMENTO REALE DEL MOTORE 44

Scambio termico
Il calore scambiato con le pareti influenza scarsamente la fase di compressione. Il calore
ceduto dai gas combusti ha una importanza molto rilevante sia durante la fase di combustione
che di espansione. A causa di tale perdita, la pressione di fine combustione risulta più bassa e la
trasformazione di espansione è tutta a pressione più bassa rispetto al ciclo limite. La cessione
netta di calore verso le pareti comporta una diminuzione del rendimento. Il calore ceduto
durante l’espansione dà luogo, ovviamente, ad una perdita tanto minore quanto più avanzata
è l’espansione stessa. Il calore scambiato durante la fase di scarico non si può considerare
perso perché comunque rappresenta una energia non più convertibile in lavoro. Lo scambio
termico è particolarmente influenzato da: 1) la velocità media dello stantuffo; 2) la geometria
del cilindro ( forma della testa e rapporto c/d); 3) l’andamento della combustione. Secondo le
leggi di base della conduzione del calore, la potenza termica Pt scambiata è proporzionale alla
superficie S delle pareti del cilindro. La portata massica di fluido G interessata allo scambio
termico è, invece, proporzionale al prodotto tra la cilindrata e il numero di giri nell’unità
di tempo Vc n. Si ha, quindi, che il calore scambiato per unità di massa Q è inversamente
proporzionale alla velocità media u dello stantuffo, infatti:
Pt S 1 1
Q∼ ∼ ∼ ∼ . (5.2)
G Vc n cn u
Si fà notare come questa relazione sia stata ottenuta trascurando sia l’influenza della turbolen-
za all’interno del fluido, che favorisce lo scambio termico, sia l’irraggiamento. La precedente
relazione rimane tuttavia vera qualitativamente. Per ridurre la perdita di energia per scambio
termico è utile ridurre il rapporto S/Vc adottando rapporti c/d non molto lontani dall’unità.
Per quanto riguarda l’andamento della combustione, si accenna solamente che le combustio-
ni anormali (detonazione ad esempio) aumentano i nuclei carboniosi irradianti e facilitano lo
scambio termico rimuovendo lo strato di fluido meno caldo a contatto con le pareti per l’azione
delle onde d’urto incidenti sulle pareti stesse.

Intempestività della combustione


L’intempestività è legata alla durata non trascurabile della combustione stessa e alla tipica
lentezza iniziale della reazione. Bisogna evitare che la maggior parte del rilascio di energia
avvenga quando il pistone è nella corsa di espansione. Infatti, in questo caso, considerando il
solo effetto della durata della combustione, l’andamento della pressione sarebbe quello sche-
matizzato nella figura 5.4 con la linea tratteggiata, rispettivamente per motore AC e AS. Si
avrebbe, cioè, una forte riduzione della pressione massima con conseguente perdita di lavoro
raccolto dal pistone. Per evitare ciò si deve anticipare l’inizio della reazione chimica rispetto
al P.M.S.: si deve, cioè, anticipare lo scoccare della scintilla, per un motore AC, o l’iniezione
del combustibile, per un motore AS. In tal modo si possono ottenere gli andamenti di pres-
sione riportati in figura 5.4 con linea continua, con grande riduzione delle perdite. Si noti che
durante la fase di espansione, se non intervenissero altri effetti (come lo scambio termico), la
pressione sarebbe più elevata rispetto al ciclo limite perché è stata estratta meno energia dal
fluido sotto forma di lavoro.
Anche l’anticipo dell’accensione conduce ad una perdita di lavoro che tuttavia è di minore
entità rispetto a quella che si avrebbe se non vi fosse anticipo. Inoltre, a parità di altri
parametri, in genere l’angolo di anticipo dell’accensione rispetto al P.M.S. deve essere crescente
con la velocità di rotazione del motore, essendo più grande la durata angolare della fase di
5 FUNZIONAMENTO REALE DEL MOTORE 45

Figura 5.4: Anticipo accensione.

Figura 5.5: Distribuzione della pressione per un motore AC 4T: Top-Center (TC) = P.M.S;
Bottom-Center (BC) = P.M.I.; Inlet Valve Opening (IVO) = apertura valvola di aspirazione;
Inlet Valve Closing (IVC) = chiusura valvola di aspirazione; Exhaust Valve Opening (EVO)
= apertura valvola di scarico; Exhaust Valve Closing (EVC) = chiusura valvola di scarico.

combustione. Solitamente, per un motore AC essa ha inizio 10◦ ÷ 40◦ prima del P.M.S.,
raggiunge la metà intorno a 10◦ dopo il P.M.S., ed è quasi del tutto terminata intorno a
30◦ ÷ 40◦ dopo il P.M.S.. La figura 5.5 mostra la distribuzione di pressione all’interno del
cilindro in funzione della posizione del pistone, per un motore AC. Si nota come la pressione
massima si ottiene circa 15◦ dopo il P.M.S.. Per un motore AS la combustione inizia subito
prima del P.M.S. producendo un picco di pressione circa 5◦ ÷ 10◦ dopo il P.M.S.. L’ultima
parte della combustione è più lenta rispetto a quella del motore AC, per cui essa si esaurisce
40◦ ÷ 50◦ dopo il P.M.S. (vedi figura 5.6). In entrambe le figura 5.5 e 5.6 la linea tratteggiata
rappresenta l’andamento della pressione in assenza di combustione.

Scarico spontaneo
Come verrà meglio spiegato in seguito (figura 5.10), nel funzionamento reale la valvola di
scarico viene aperta prima del P.M.I. per far diminuire la pressione durante la prima parte
della corsa di espulsione e quindi ridurre il lavoro di espulsione. Tuttavia questa operazione
introduce una piccola perdita rispetto al ciclo limite poiché riduce la pressione al di sotto del
valore ideale nell’ultima parte della corsa di espansione.
5 FUNZIONAMENTO REALE DEL MOTORE 46

Figura 5.6: Distribuzione della pressione per un motore AS: Top-Center (TC) = P.M.S;
Bottom-Center (BC) = P.M.I.; Inlet Valve Closing (IVC) = chiusura valvola di aspirazio-
ne; Exhaust Valve Opening (EVO) = apertura valvola di scarico; SOI = inizio iniezione; SOC
= inizio combustione; EOC = fine combustione;

Influenza degli interstizi (crevices)


Durante la compressione una parte della massa aspirata va ad occupare gli interstizi com-
presi tra il pistone, le fasce elastiche e il cilindro, il cui volume ammonta normalmente a poche
unitá percentuali del volume minimo della camera. La miscela intrappolata, a seconda del
tipo di motore, può contenere gas combusti e incombusti. Una parte di essa sfugge definiti-
vamente verso il carter (circa l’1% della carica), mentre la parte rimanente torna all’interno
della camera quando la pressione si riduce. Questo fenomeno comporta una diminuzione della
pressione durante le fasi di combustione e di espansione.

Incompletezza della combustione


Nel funzionamento reale, infine, la combustione non è completa. Per un motore AC la
quantità di idrocarburi incombusti (la maggior parte proviene dagli interstizi) è pari circa al
2 ÷ 3% della massa di combutibile presente nella carica. Monossido di carbonio e idrogeno
presenti allo scarico possono rappresentare un ulteriore 1 ÷ 2% della energia disponibile, per
cui il totale dell’energia persa sale intorno al 5%. In un motore AS la perdita complessiva
per incompleta combustione è inferiore ed è intorno all’1 ÷ 2%. Di conseguenza, anche per
quest’ultimo motivo, la pressione al termine della fase di combustione sarà più bassa rispetto
al ciclo limite.

Complessivamente gli effetti sommariamente descritti fanno sı̀ che l’area del ciclo indicato
nelle condizioni di funzionamento ottimali sia circa l’80% dell’area del ciclo limite corrispon-
dente. Spesso tale dato viene utilizzato per stimare il rendimento indicato sulla base del calcolo
del rendimento limite.

5.2 Aspirazione, espulsione e scarico nei motori 4T


In un motore AC il sistema di aspirazione è costituito tipicamente da: 1) un filtro dell’aria;
2) condotti di aspirazione con valvola a farfalla (l’adduzione del combustibile è realizzata me-
diante un carburatore o mediante iniezione); 3) un collettore di aspirazione; 4) una valvola
5 FUNZIONAMENTO REALE DEL MOTORE 47

Figura 5.7: Processi di scambio di massa per un motore AC 4T: a) distribuzione della pressione
lungo il sistema di aspirazione. ∆pa = perdite di carico nel filtro dell’aria; ∆pvt = perdite di
carico nel venturi; ∆pf = eventuali perdite di carico dovute alla valvola a farfalla parzialmente
chiusa; ∆pva = perdite di carico attraverso la valvola di aspirazione; ∆pt = perdite di carico
complessive con farfalla completamente aperta; ∆p0t = perdite di carico complessive con farfalla
parzialmente chiusa. b) Ciclo di pompaggio. La linea tratteggiata si riferisce al caso in cui la
valvola a farfalla è parzialmente chiusa. c) Diagramma dell’alzata della valvola di aspirazione
has e di scarico hsc in funzione dell’angolo di manovella.
5 FUNZIONAMENTO REALE DEL MOTORE 48

Figura 5.8: Diagramma della Figura 5.9: Diagramma della


distribuzione per un motore AC. distribuzione per un motore AS.

di aspirazione. Il sistema di scarico è, invece, costituito generalmente da: 1) un collettore di


scarico; 2) un condotto; 3) spesso un catalizzatore per abbattere le emissioni inquinanti; 4)
un silenziatore. La figura 5.7 mostra uno schema relativo ad un motore AC 4T. I fenomeni
che avvengono all’interno di tali elementi sono ovviamente non stazionari ma, tuttavia, molti
loro aspetti possono essere analizzati facendo riferimento a grandezze medie nel tempo. Nella
figura 5.7a, ad esempio, è riportata la distribuzione media della pressione lungo il sistema di
aspirazione per un motore pluricilindrico. Si hanno perdite di carico sia nel sistema di aspira-
zione che in quello di scarico dipendenti dalla velocità di rotazione del motore, dalla rugosità
dei condotti, dalle dimensioni delle sezioni e dalla densità della miscela. Come evidenziato
dal grafico c) della figura 5.7, generalmente si tende ad ampliare le fasi in cui le valvole ri-
mangono aperte rispetto alle corse del pistone per migliorare il riempimento e lo svuotamento
del cilindro. La figura 5.8 mostra un tipico diagramma di distribuzione per un motore AC
4T. La valvola di aspirazione si apre generalmente 5◦ ÷ 20◦ prima del P.M.S. (punto O’ in
figura 5.7b). L’anticipo dell’apertura rispetto al P.M.S. fa sı̀ che la valvola sia completamente
aperta quando il pistone inizia la corsa verso il P.M.I.. Durante tale corsa il pistone crea una
depressione all’interno del cilindro e richiama la carica fresca attraverso i condotti di aspirazio-
ne. L’entità della depressione dipende dalle perdite di carico in tutto il sistema di aspirazione,
ed è quindi legata alla velocità del pistone e alle caratteristiche geometriche del sistema stesso.
La depressione è massima in corrispondenza della velocità massima del pistone, cioè verso la
metà della corsa di aspirazione. La valvola di aspirazione si chiude generalmente 20◦ ÷ 50◦
dopo il P.M.I. (punto 1’ in figura 5.7b). Questo consente di migliorare il riempimento del
cilindro sfruttando l’inerzia della massa di miscela che occupa i condotti di aspirazione ed è
stata accelerata dall’azione del pistone.
La fase di scarico generalmente inizia 35◦ ÷ 40◦ prima del P.M.I. (punto 4’ in figura 5.7b).
Finché il pistone raggiunge il P.M.I. lo scarico spontaneo avviene grazie alla differenza di
5 FUNZIONAMENTO REALE DEL MOTORE 49

Figura 5.10: Diagramma indicato relativo al processo di scarico.

pressione tra l’interno del cilindro e il collettore. Circa il 60% ÷ 70% dei gas fuoriescono
cosı̀ dal cilindro a velocità molto elevata (600 ÷ 700 m/s) e in maniera molto disordinata
(moto turbolento), con possibile formazione di urti. Il momento ottimale in cui aprire la
valvola di scarico è determinato dal bilancio tra il lavoro perso nell’ultima parte dell’espansione
ed il lavoro di espulsione risparmiato in seguito alla diminuzione della pressione all’interno
del cilindro. La figura 5.10 mostra tre posizioni di apertura della valvola di scarico ed il
conseguente andamento del ciclo. Il punto 4 rappresenta il momento ottimale che consente
di massimizzare l’area del ciclo (cioè il lavoro netto raccolto dal pistone), mentre il punto
000
4” è troppo vicino al P.M.I. ed il punto 4 troppo in anticipo. Successivamente allo scarico
spontaneo il pistone spinge fuori del cilindro i gas residui (scarico forzato), che vengono espulsi
ad una velocità più bassa, pari circa a 200 ÷ 250 m/s. Generalmente la valvola di scarico viene
chiusa 5◦ ÷ 20◦ dopo il P.M.S. (punto 6’ in figura 5.7b), per migliorare l’evacuazione dei gas
residui dal cilindro sfruttando l’inerzia della colonna di fluido spinta verso l’esterno dal pistone.
Osservando la figura 5.8 si nota come nell’intorno del P.M.S. si ottenga un intervallo di
sovrapposizione dell’apertura delle valvole di aspirazione e scarico. Lo scopo di questo incrocio
delle valvole è di sfruttare la depressione, creata ad elevate velocità di rotazione dall’efflusso
dei gas combusti, per richiamare la carica fresca nel cilindro e realizzare un migliore lavaggio
della camera. Per velocità di rotazione relativamente basse la pressione all’interno del cilindro
nel momento in cui si apre la valvola di aspirazione è maggiore della pressione nel collettore di
aspirazione, perciò si ha un riflusso di gas combusti dal cilindro nel condotto di aspirazione.
Tale riflusso, se è di entità eccessiva, può causare l’accensione della miscela fresca presente
nel condotto di aspirazione (questo pericolo non esiste nei motori AS). Inoltre, nei motori a
carburazione il lavaggio dovuto all’incrocio delle valvole comporta la fuoriuscita di miscela
insieme ai gas combusti. Le ultime due considerazioni spingono a limitare l’intervallo di
incrocio nei motori AC.
Nella figura 5.9 è riportato il diagramma di distribuzione per un motore AS 4T. Le stesse
considerazioni fatte in precedenza continuano ad essere valide. Inoltre, mancando il pericolo del
ritorno di fiamma, l’anticipo dell’apertura della valvola di aspirazione è leggermente maggiore
rispetto al caso del motore AC, mentre il posticipo della chiusura della stessa e l’anticipo
dell’apertura della valvola di scarico sono leggermente inferiori perché le velocità tipiche di
rotazione di questi motori sono più basse.
Si intuisce, da quanto sopra detto, che i fenomeni dinamici legati alla propagazione del-
5 FUNZIONAMENTO REALE DEL MOTORE 50

le onde di pressione nel sistema di aspirazione e scarico hanno un ruolo fondamentale nelle
fasi di ricambio di massa. Si vede chiaramente dal ciclo indicato riportato in figura 2.2 che
l’andamento della pressione nel cilindro durante le fasi di aspirazione ed espulsione è molto
irregolare. Uno studio accurato di tali fenomeni consente di ottimizzare il riempimento del
cilindro a vantaggio delle prestazioni del motore, progettando in maniera adeguata la distri-
buzione. Data la complessità del problema un approccio di tipo analitico può essere condotto
solo su un modello abbastanza semplificato, altrimenti bisogna ricorre ad approcci di tipo
numerico.
Volendo condurre uno studio analitico del riempimento del cilindro, possiamo certamente
affermare che la massa di fluido immessa durante l’aspirazione dipende principalmente dai
seguenti tre fattori:
• le perdite di carico nel sistema di aspirazione che determinano un abbassamento della
pressione all’interno del cilindro; di conseguenza la densità del fluido all’interno del
cilindro, da cui dipende la massa aspirata, è inferiore alla densità ambiente;

• le perdite di carico nel sistema di scarico insieme alla presenza dei gas residui all’interno
del cilindro che riducono il volume disponibile per la carica fresca durante la fase di
aspirazione;

• il riscaldamento del fluido dovuto alle pareti calde del sistema di aspirazione e del cilindro
stesso che riduce la densità del fluido aspirato a parità di pressione.

5.2.1 Pressione all’interno del cilindro


Per valutare la pressione media nel tempo all’interno del cilindro durante la fase di aspirazione,
applichiamo il primo principio della termodinamica in forma euleriana (riferito alle grandezze
medie temporali), con l’ipotesi di flusso stazionario, tra l’ambiente a monte del sistema di
aspirazione e l’interno del cilindro. Assumendo che le variazioni di densità del fluido siano
trascurabili (il numero di Mach è abbastanza piccolo), si ottiene:
pa − p
= Lw , (5.3)
ρ
dove pa è la pressione nell’ambiente di aspirazione; p è la pressione all’interno del cilindro (in
cui si ritiene trascurabile l’energia cinetica); Lw è il lavoro delle resistenze passive complessivo
nel sistema di aspirazione. La parte maggiore della perdita di carico si ha proprio nell’attra-
versamento della valvola. Introducendo i coefficienti di perdita di carico, kj , relativi a ciascun
componente del sistema di aspirazione; indicando, inoltre, con vj la velocità in corrisponden-
za della sezione di ciascun componente e con vv la velocità nella sezione della valvola, si ha
(ancora ritenendo trascurabile l’energia cinetica all’interno del cilindro):

pa − p X vj2 v2
= kj + (1 + kv ) v , (5.4)
ρ 2 2
dove il secondo termine al secondo membro, che rappresenta le perdite di carico nella valvola
e le perdite di sbocco nel cilindro, costituisce il contributo predominante.
Dall’equazione di conservazione della massa, sempre trascurando le variazioni di densità,
si ottiene:
vj Aj = vv Av = uAp , (5.5)
5 FUNZIONAMENTO REALE DEL MOTORE 51

dove Aj è l’area della sezione generica, Av è l’area della sezione della valvola di aspirazione, u
è la velocità media del pistone e Ap è l’area della sezione frontale del pistone. Ricordando che
u = 2cn, si può scrivere:
Ap Ap
vj = 2cn , vv = 2cn , (5.6)
Aj Av
e, quindi, sostituendo nell’equazione (5.4), si ottiene:
" #
pa − p X A2p A2
= 2c2 n2 kj 2 + (1 + kv ) 2p . (5.7)
ρ Aj Av

L’equazione (5.7) pone in evidenza che la depressione all’interno del cilindro cresce con il
quadrato della velocità di rotazione del motore ed è inversamente proporzionale al quadrato
dell’area delle sezioni di passaggio. Conviene avere, quindi, valvole con sezioni di passaggio
grandi compatibilmente con le dimensioni del cilindro. Per motori veloci è meglio adoperare
due (o più) valvole di aspirazione per cilindro in modo da non aumentare troppo la massa di
ogni singola valvola per non incorrere in problemi legati a possibili rilevanti forze di inerzia.
Nel funzionamento reale, quando il pistone raggiunge il massimo della sua velocità, si hanno
picchi di depressione pari circa al 10%÷20% della pressione a monte del sistema di aspirazione.

5.2.2 Temperatura di fine aspirazione


Il valore dell’incremento di temperatura ∆T della carica diminuisce all’aumentare della velocità
di rotazione del motore. Inoltre, nei motori AC, l’evaporazione del combustibile presente nalla
miscela aspirata tende a limitare l’incremanto di temperatura della miscela stessa. Valori
tipici di ∆T sono compresi negli intervalli 0◦ C ÷ 20◦ C per motori AC con carburante liquido,
0
e 20◦ C ÷40◦ C per motori AS. Infine, i valori della temperatura T1 sono compresi nell’intervallo
310◦ K ÷ 350 K.

5.3 Coefficiente di riempimento


Si definisce coefficiente di riempimento, λv , il rapporto tra massa di aria introdotta nel cilindro,
ma , e la massa di aria idealmente introducibile, ma(id) , pari al prodotto della cilindrata Vc per
la densità ρa nell’ambiente a monte del sistema di aspirazione:
ma ma
λv = = . (5.8)
ma(id) ρa Vc

Per motori AC, che apirano una miscela di aria e combustibile, il coefficiente di riempi-
mento potrebbe essere definito ponendo al numeratore la massa di miscela aspirata. Tuttavia,
per evitare complicazioni nella definizione della massa ideale aspirabile (bisognerebbe, infat-
ti, definire anche il titolo di vapore del carburante nella miscela), e poiché è più semplice
determinare sperimantalmente la portata massica di aria elaborata dal motore, si preferisce
solitamente continuare ad utilizzare la definizione (5.8).
Il coefficiente di riempimento è un numero positivo minore di uno per i motori ad aspirazio-
ne naturale; il valore massimo, per tali motori, tipicamente è compreso nell’intervallo 0.8÷0.9.
Per motori sovralimentati il coefficiente di riempimento può assumere valori maggiori dell’u-
nità. Esso costituisce uno dei parametri fondamentali nello studio dei motori a combustione
interna perché fornisce una misura della carica fresca effettivamente introdotta nel cilindro.
5 FUNZIONAMENTO REALE DEL MOTORE 52

A parità di altre condizioni, una quantità di carica introdotta corrisponde ad una maggiore
potenza dal motore.
I motivi principali per cui il coefficiente di riempimento è minore dell’unità nei motori a
quattro tempi ad aspirazione naturale sono i seguenti:

1. perchè i gas residui alla fine della corsa di espulsione hanno pressione superiore all’am-
biente e si espandono durante la prima parte della corsa di aspirazione, ritardando l’inizio
dell’immissione della carica fresca;

2. perché le pareti del cilindro riscaldano la carica, diminuendone la densità;

3. alla fine della corsa di aspirazione la carica ha una pressione inferiore a quella ambiente
e quindi una minore densità, a causa delle perdite di carico incontrate nell’attraversare
la valvola di aspirazione.

5.3.1 Velocità di rotazione del motore e fenomeni ad essa connessi


La velocità di rotazione del motore, durante la fasi di ricambio della carica, influisce princi-
palmente sulla pressione all’interno del cilindro, sul riscaldamento della massa aspirata e sulla
frazione di gas combusti residui. L’equazione (5.7) mostra come, a causa delle perdite di carico
nel sistema di aspirazione e a parità di altri fattori, la pressione all’interno del cilindro durante
l’aspirazione decresca con il quadrato della velocità di rotazione n. Infatti, si può scrivere:
p
= 1 − cost n2 . (5.9)
pa
Inoltre, considerando, in prima approssimazione, soltanto il contributo delle perdite di carico,
si ottiene:
p10
λv = cost0 . (5.10)
pa
Quindi, dalle due equazioni precedenti si ricava:

λv = 1 − cost00 n2 . (5.11)

Tale relazione è rappresentata qualitativamente dalla parabola con concavità verso il basso
disegnata in figura 5.11 con linea tratteggiata.
Consideriamo ora l’effetto del posticipo della chiusura della valvola di aspirazione supponendo
che esso sia fisso, cioè indipendente dal numero di giri. Il posticipo, come già spiegato, consente
di sfruttare l’inerzia della massa entrante per migliorare il riempimento del cilindro, estendendo
la fase utile di aspirazione oltre il P.M.I.. Infatti, la carica fresca continua ad entrare anche
quando la pressione all’interno del cilindro diventa superiore di quella a monte del sistema
di aspirazione (effetto ram). Questo accade finché l’effetto di spinta dovuto all’inerzia del
fluido prevale sull’azione delle pressioni a cui la carica è soggetta e sull’azione delle perdite di
carico nel sistema di aspirazione. Ma durante la corsa del pistone verso il P.M.S. la pressione
nel cilindro tende continuamente a risalire e la carica entrante tende a rallentare, quindi
essa raggiungerà un valore di velocità nullo e contemporaneamente si avrà un massimo di
pressione nella sezione della valvola. L’angolo di manovella in corrispondenza del quale ciò si
verifica rappresenta il punto ottimo (trascurando altri fenomeni) in cui chiudere la valvola di
aspirazione. Infatti, oltre tale angolo, se la valvola di aspirazione rimanesse aperta, la carica
fresca aspirata invertirebbe la direzione del suo moto e verrebbe espulsa dal cilindro verso il
5 FUNZIONAMENTO REALE DEL MOTORE 53

Figura 5.11: Coefficiente di riempimento in funzione della velocità di rotazione.

collettore di aspirazione. Tale fenomeno viene chiamato rifiuto. Poiché l’inerzia della massa
di fluido aspirata dipende dalla capacità del sistema di aspirazione e dall’accelerazione della
stessa, il punto ottimo di chiusura della valvola è funzione del numero di giri di rotazione del
motore. In particolare, poiché l’inerzia della massa cresce con n, l’angolo di posticipo ottimale
è funzione crescente di n. Se un motore funziona con un posticipo fisso, ottimizzato per un
valore della velocità di rotazione pari a n0 , per velocità inferiori si avrà il rifiuto che determina
una riduzione del coefficiente di riempimento. Nella figura 5.11 è riportata con linea a tratto
continuo la curva del coefficiente di riempimento tipica di un motore reale. La diminuzione di
λv per basse velocità angolari è principalmante dovuta al rifiuto della carica. Per bassi valori
del numero di giri, l’entità degli scambi termici tra il fluido freddo e le pareti più calde, diventa
sufficientemente grande da provocare una sostanziale diminuzione della densità della massa
aspirata e quindi un’ulteriore diminuzione di riempimento. Per valori crescenti del numero
di giri, il coefficiente di riempimento diminuisce principalmente per effetto delle perdite di
carico nel sistema di aspirazione. Per n abbastanza elevati la portata aspirata è limitata
dal raggiungimento delle condizioni critiche nella sezione minima del sistema di aspirazione.
Lo sfruttamento dell’effetto ram, attraverso una scelta ottimale dell’angolo di chiusura della
valvola di aspirazione, almeno rispetto ad un unico valore del numero di giri n0 , contribuisce a
migliorare il riempimento nell’intorno di n0 . Anche la propagazione delle onde di pressione nei
condotti di aspirazione e di scarico ha un ruolo importante nella distribuzione del coefficiente
di riempimento in funzione del numero di giri. Nei condotti di scarico si instaura un moto
non stazionario periodico di onde di pressione. Un’onda di compressione viene generata nel
momento in cui si apre la valvola di scarico, a causa della differenza di pressione tra l’interno del
cilindro e il collettore. Essa si propaga verso l’uscita del condotto di scarico. L’onda può essere
riflessa indietro verso il cilindro a causa di eventuali curvature presenti nelle tubazioni di scarico
(in questo caso, trattandosi di una riflessione su pareti solide, l’onda riflessa è dello stesso tipo
dell’onda incidente), oppure può giungere all’etremità del sistema di scarico. In questo caso,
essa darà luogo ad un onda di tipo opposto (cioè, un onda di compressione si riflette come
un’onda di espansione) che risale il sistema di scarico sino ad arrivare al cilindro per essere
nuovamente riflessa verso l’uscita. Il moto di ciascuna onda è quindi periodico e ovviamnete
tende ad attenuarsi per la presenza di effetti dissipativi. Nei motori pluricilindrici, gli effetti
5 FUNZIONAMENTO REALE DEL MOTORE 54

Figura 5.12: Propagazone delle onde nel condotto di aspirazione.

delle onde generate dai cilindri si sovrappongono in modo dipendente dalla geomentria del
sistema di scarico e dall’angolo di sfasamento tra i cilindri stessi. L’effetto complessivo può
essere dannoso o vantaggioso per il riempimento. È vantaggioso quando si riesce ad ottenere
una depressione all’interno del cilindro nel momento in cui la valvola di scarico si chiude.
In questo modo si può minimizzare la massa di gas residui. Una situazione analoga si ha nei
condotti di aspirazione. Nel momento in cui inzia l’aspirazione si genera un’onda di espansione
che percorre i condotti alla velocità del suono e può essere riflessa indietro verso il cilindro
generando un onda dello stesso tipo o di tipo opposto. In questo caso si potrà ottimizzare il
riempimento facendo in modo che si abbia una sovrappressione nel cilindro nell’istante in cui si
chiude la valvola di aspirazione. L’ottimizzazione (tuning) del coefficiente di riempimento può
essere effettuata agendo sulla lunghezza dei condotti di aspirazione e scarico e sulla fasatura
delle valvole. Si consideri il seguente esempio applicativo.
Si vuole ottimizzare il riempimento di un motore 4T avente un condotto di aspirazione ret-
tilineo di lunghezza ` (figura 5.12). Sono note: la velocità media del pistone, u = 10 m/s;
la temperatura e la velocità dell’aria nei condotti di aspirazione, T = 300 K e v = 50 m/s.
Si calcoli il rapporto (`/c) affinché l’onda generata all’apertura della valvola di aspirazione si
ripresenti nella sezione della valvola dopo un ciclo completo di funzionamento del motore.
Quando la valvola di aspirazione si apre, l’onda di espansione generata dal movimento del
pistone percorre il condotto di aspirazione fino all’uscita, dove viene generata un’onda di
pressione che risale il condotto verso il cilindro. L’onda di pressione viene riflessa dalla valvola
(chiusa) verso l’uscita del condotto dove, infine, viene generata un’onda di espansione che si
propaga verso il cilindro (figura 5.12). Considerando che le onde si propagano alla velocità del
suono nel fluido (aria), il tempo impiegato da un onda per pecorrere il condotto dal cilindro
verso l’uscita è pari a:
`
tAB = √ ; (5.12)
kRT − v
mentre il tempo impiegato per pecorrere il condotto dall’uscita verso il cilindro è pari a:
`
tBA = √ . (5.13)
kRT + v
Il tempo necessario affinché l’onda di espansione si ripresenti nella sezione della valvola in cui
era stata generata è pari al tempo impiegato per percorrere quattro volte il condotto. Tale
5 FUNZIONAMENTO REALE DEL MOTORE 55

Figura 5.13: Coefficiente di riempimento in funzione di `/c.

intervallo deve uguagliare il periodo del motore:


1
2(tAB + tBA ) = . (5.14)
2n
Quindi si ottiene: √ " #
` kRT v2
= 1− = 8.5. (5.15)
c 4u kRT
La figura 5.13 mostra i risultati di un’analisi sperimentale che pone in relazione il coeffi-
ciente di riempimento e il rapporto `/c a diverse velocità medie del pistone. Si nota come λv
sia minore per velocità medie più elevate a causa dell’aumentare delle perdite di carico nel
condotto di aspirazione. Inoltre, la figura pone in evidenza che ciascuna curva ha un massimo
in corrispondenza del valore `/c di sincronismo.
La figura 5.14 riporta un confronto tra gli andamenti tipici del coefficiente di riempimento
in funzione del numero di giri per un motore AC e per un motore AS. I valori relativi al motore
AC sono più bassi per le perdite di carico nel carburatore e attraverso la valvola a farfalla,
per il riscaldamento della miscela, per la presenza del combustibile nella massa aspirata e per
la più elevata frazione di gas residui. Si nota inoltre il tipico andamento piatto della curva
relativa al motore AS, dovuto al tuning del motore.

5.3.2 Pressione e temperatura nell’ambiente di aspirazione



Sperimentalmente si trova che λv è proporzionale alla T a indipendentemente dal valore della
pressione pa . Ciò è spiegabile pensando che all’aumento della Ta corrisponde un diminuzione
dell’incremento di temperatura della carica dovuta allo scambio termico con le pareti, e, quindi,
una diminuzione della riduzione di densità della carica.

5.3.3 Pressione e temperatura dei gas residui


La pressione dei gas residui alla fine della fase di espulsione influenza notevolmente il coef-
ficiente di riempimento. Infatti all’aumentare di tale pressione (dipendente dalle perdite di
carico nel condotto di scarico) cresce la massa dei gas residui nel cilindro. Ne deriva una ridu-
zione del volume disponibile per il riempimento del cilindro con la carica fresca. L’influenza
5 FUNZIONAMENTO REALE DEL MOTORE 56

Figura 5.14: Coefficiente di riempimento in funzione della velocità media del pistone: confronto
tra motore AC (Spark-ignition) e motore AS (Diesel).

della temperatura dei gas residui è meno rilevante. Infatti, all’aumentare di tale temperatura
diminuisce la massa dei gas residui, ma contemporaneamente aumenta la temperatura del
punto di fine espansione. I due effetti tendono a compensarsi. Valori tipici della pressione dei
gas residui per un motore 4T sono nell’intervallo (1.05 ÷ 1.2)pa . La temperatura assume valori
compresi tra 900 K ÷ 1200 K per motori AC e 700 K ÷ 900 K per motori AS.
5 FUNZIONAMENTO REALE DEL MOTORE 57

5.4 Espressione della pme


Si ricava una espressione notevole per la pressione media effettiva in funzione dei parametri
fondamentali di funzionamento del motore. Indicando con Hi il potere calorifico inferiore del
combustibile, la quantità di calore resa disponibile dalla combustione completa della massa
mb , per ciascun ciclo, è data da:
ma Hi
Q1 = mb Hi = Hi = λv ρa Vc . (5.16)
α α
Il lavoro utile al ciclo è, per definizione,
Lu = ηu Q1 = η` ηθi ηo Q1 , (5.17)
quindi, in base alle due relazioni precedenti, la pressione media effettiva è espressa come:
Lu Hi
pme = = η` ηθi ηo λv ρa . (5.18)
Vc α

5.5 Variazione delle prestazioni al variare delle condizioni ambiente


Studiamo in dettaglio la dipendenza della pressione media effettiva dalla temperatura e dalla
pressione dell’ambiente. Indichiamo con Ta e pa i valori di riferimento a cui corrispondono
una pressione media effetiva, pme, ed una pressione media indicata, pmi. Indichiamo inoltre
con Ta0 e p0a i nuovi valori della temperatura e della pressione a cui corrispondono una pme0 ed
una pmi0 . In generale nella equazione 5.18 si può ritenere che le grandezze η` , ηθi , α, Hi siano
indipendenti dalle condizioni ambiente. In prima approssimazione, supponiamo che anche il
rendimento organico rimanga costante al variare delle condizioni ambientali. √Considerando
che, come abbiamo visto, il coefficiente di riepimento, λv , è proporzionale alla Ta , si ha:
s s
pme0 pmi0 λ0 ρ0 Ta0 p0a Ta p0a Ta
= = v a = = = µ. (5.19)
pme pmi λv ρa Ta pa Ta0 pa Ta0
q
Il parametro µ = p0a /pa Ta /Ta0 è chiamato densità corretta. In realtà, come abbiamo visto
nel secondo capitolo (vedi figura 2.8), il rendimento organico varia in funzione della pmi.
Consideriamo, infatti, l’espressione della pressione a vuoto:
m
pv = K 0 pmax + K 00 u2 + K 000 ; (5.20)
Vc
possiamo ritenere, con buona approssimazione, che il primo termine vari in funzione delle
condizioni ambiente seguendo la seguente legge:
0
(K 0 pmax ) = µ (K 0 pmax ) , (5.21)
mentre il secondo e il terzo termine a secondo membro nell’equazione 5.20 siano costanti. Si
ha, quindi:
m
p0v = µK 0 pmax + K 00 u2 + K 000 . (5.22)
Vc
Inoltre, considerando che pmi0 = µpmi, si ottiene:
µ ¶
0 0 0 0 00 m 2 000
pme = pmi − pv = µpmi − µK pmax + K u +K , (5.23)
Vc
e
pme0
ηo0 = . (5.24)
pmi0
5 FUNZIONAMENTO REALE DEL MOTORE 58

Figura 5.16: Rendimento utile e consu-


Figura 5.15: Influenza della variazione
mo specifico al variare del carico in un
di carico in un motore AC.
motore AC.

5.6 Regolazione del motore


È necessario fare una distinzione tra ciò che accade in un motore AC e in un motore AS.
Consideriamo dapprima i motori AC di tipo tradizionale (escludiamo i motori a carica strati-
ficata). Per tali motori non è possibile realizzare la variazione delle prestazioni (pme e Pu ) per
mezzo della variazione di dosatura. Infatti, in primo luogo, il campo di variazione ammissibile
di α nell’intorno di αst è limitato. Il campo di dosatura ammissibile è 0.6αst < α < 1.3αst
per ottenere una velocità di combustione abbastanza elevata e quindi valori accettabili di ren-
dimento. Il valore massimo della velocità di combustione si ha per α ∼ 0.85αst . In secondo
luogo, nei moderni motori dotati di marmitta catalitica a tre vie (cioè in grado di abbattere
N Ox , CO e HC), è necessario mantenere il valore della dosatura in un intervallo molto piccolo
intorno al valore stechiometrico, per avere una buona efficienza di abbattimento. L’ampiezza
di tale intervallo è dell’ordine dell’1% della dosatura stechiometrica. Tale ampiezza è tanto
ristretta da collocarsi oltre le prestazioni tipiche di un normale carburatore, per cui solitamen-
te oggi vengono preferiti sistemi di iniezione, più accurati. In conclusione i motori AC sono
regolati a dosatura pressoché costante. La regolazione consiste nella variazione dell’area di
passaggio di una sezione del condotto di aspirazione, operata mediante una valvola a farfalla.
Ció equivale a incrementare le perdite di carico nel sistema di aspirazione quando la sezione
è parzialmente occlusa (carico parziale). Di conseguenza, per carichi parziali la pressione p
all’interno del cilindro risulterá inferiore alla pressione rilevabile in condizioni di pieno carico
(valvola a farfalla completamente aperta) alla stessa velocitá di rotazione del motore (figu-
ra 5.15). A causa della diminuzione di massa aspirata la frazione f di gas residui aumenta al
diminuire del carico. L’unico effetto positivo, tuttavia di entitá trascurabile, è la diminuzione
dell’incremento di temperatura ∆T subita dalla carica entrante, dovuta alla temperatura piú
bassa delle pareti del motore a carichi ridotti. Complessivamente il coefficiente di riempimento
diminuisce notevolmente al diminuire del carico, come riportato in figura 5.15.
Tale tipo di regolazione modifica considerevolmente il ciclo di pompaggio nel diagramma indi-
cato. Infatti, se la pressione durante la fase di aspirazione è più bassa a carico ridotto, l’area
del ciclo di pompaggio risulta più grande. Le figure 5.17 e 5.18 mostrano, rispettivamente, il
ciclo di pompaggio per un motore AC a pieno carico e a carico ridotto.
A causa dell’incremento di energia spesa per effettuare il ricambio di massa si ha una ri-
duzione del rendimento termodinamico interno tanto più grande quanto più si riduce il carico.
5 FUNZIONAMENTO REALE DEL MOTORE 59

Figura 5.17: Ciclo di pompaggio a Figura 5.18: Ciclo di pompaggio a


pieno carico per un motore AC. carico ridotto per un motore AC.

Figura 5.19: Influenza della variazione Figura 5.20: Consumo specifico al


di carico in un motore AS. variare del carico in un motore AS

Inoltre, diminuendo il carico (pmi) si ha una riduzione del rendimento organico per l’accre-
sciuta importanza delle perdite meccaniche. Quindi, possiamo concludere che una regolazione
siffatta conduce ad una riduzione del rendimento utile del motore (aumento del consumo
specifico), come mostrato in figura 5.16. Nella stessa figura le linee tratteggiate mostrano
l’influenza del solo contributo dovuto alla variazione del rendimento organico.
Per i motori AS la regolazione avviene diminuendo la quantità di combustibile iniettato ai
carichi parziali e solitamente lasciando inalterata la quantità di comburente utilizzata. In que-
sto tipo di motori l’influenza della variazione di dosatura sulla combustione è completamente
diversa rispetto al caso dei motori AC. Infatti, l’eccesso di aria aumenta la probabilità che le
ultime goccioline di combustibile iniettate incontrino nel loro percorso le molecole di ossigeno
con cui dar luogo alla reazione di combustione. Regolando il motore esclusivamente per varia-
zione della quantità di combustibile introdotto, si ottiene una lieve diminuzione del consumo
specifico ai carichi intermedi, come mostrato in figura 5.19 con linea continua. Ciò è dovuto
alla riduzione degli incombusti per l’aumento dell’eccesso di aria. L’aumento del consumo
specifico a carichi più bassi è imputabile all’accresciuta importanza delle perdite meccaniche.
Inoltre, con questo tipo di regolazione, la frazione di gas residui, f , è praticamente costante al
variare del carico. L’effetto della diminuzione dell’incremento di temperatura ∆T subita dalla
carica entrante conduce, infine, ad un lieve miglioramento del coefficiente di riempimento al
diminuire del carico (figura 5.20).
6 CURVE CARATTERISTICHE 60

6 Curve caratteristiche
Le curve caratteristiche (o caratteristiche funzionali) del motore a combustione interna sono
costituite dalle tre curve riportate in figura 6.21 relative alla posizione di massima apertura
dell’organo di regolazione. Le curve rappresentano, rispettivamente, l’andamento della poten-
za utile Pu , della coppia C (o della pme ad essa proporzionale) e del consumo specifico di
combustibile qb in funzione della velocità di rotazione del motore.

Figura 6.21: Curve caratteristiche.

Cominciamo con l’analizzare la curva della pme. In base all’equazione (5.18), notiamo che la
pme è funzione di diversi parametri dipendenti dal numero di giri (principalmante λv , ηo , ηθi ).
Per valoro bassi di n (con riferimento alla figura 6.21) la coppia diminuisce al diminuire di n per
la riduzione di ηθi (infatti a basso numero di giri aumentano le perdite per scambio termico) e,
nella zone del rifiuto, perchè si riduce il coefficiente di riempimento (vedi paragrafo 5.3.1). Per
alti valori di n, la coppia diminuisce all’aumentare di n per l’effetto congiunto della riduzione
del coefficiente di riempimento, del rendimento organico (paragrafo 2.4) e del rendimento
termodinamico (effetto dovuto alla laminazione nelle valvole, paragrafo 5.1).
Consideriamo, ora, la curva della potenza utile. Ricordando la relazione esistente tra
potenza e pme:
n
Pu = pmeVc , (6.25)
m
possiamo affermare che per un dato motore la potenza è proporzionale al prodotto tra pme e
n. In altri termini, la pendenza del segmento che congiunge l’origine degli assi in figura 6.21
con un generico punto della curva di potenza è proporzionale al valore della pme. Indicando
con α l’angolo formato tra il il predetto segmento e l’asse delle ascisse, si ha:

tgα ∼ pme. (6.26)

Ne consegue che: 1) in corrispondenza della velocità di rotazione di coppia massima, ua ,


l’angolo α è massimo; 2) il segmento OA0 è tangente alla curva di potenza in A0 ; 3) la curva di
potenza cambia concavità per un valore di n < nA (essa cresce più che linearmente per C 0 > 0
e meno che linearmente per C 0 < 0. Essa presenta un massimo situato in corrispondenza
di un regime di rotazione nB > nA . Per valori bassi di n, la potenza erogata aumenta al
crescere di n ovviamente, perchè aumentano sia la pme che n. Oltre il punto di massimo della
curva di pme, la diminuzione della pme diviene sempre più importante fino a determinare la
pendenza negativa della curva di potenza. Infine la potenza utile si annulla in corrispondenza
6 CURVE CARATTERISTICHE 61

B A

Figura 6.22: Curve di potenza di un motore con cambio a quattro rapporti, in funzione del
numero di giri delle ruote.

della cosiddetta velocità di fuga alla quale il motore eroga una potenza interna sufficiente per
vincere le resistenze passive e alimentare gli organi ausiliari, senza lasciare alcun margine utile.
Nota la curva della pme è possibile determinare il regime di rotazione di massima potenza
nB . Si può verificare facilmente che nel punto B sulla curva di pme, il segmento OB e il
segmento BC, tangente in B, formano angoli uguali con l’asse delle ascisse. Si ha, infatti:
à ! à !
∂Pu ∂pme pmenB
=0⇒ =− . (6.27)
∂n nB
∂n nB
nB
Le curve caratteristiche non sono utilizzabili in tutto l’intervallo tra velocità nulla e velocità
di fuga. Il limite di utilizzo inferiore corrisponde alla velocità di rotazione minima nmin per
cui si ha un funzionamento regolare del motore. Al di sotto di tale valore il motore tende a
fermarsi a causa dell’irregolaritá dell’alimentazione e della coppia erogata. Il limite di utilizzo
superiore, nmax , è solitamente situato poco oltre il regime di potenza massima per consentire
un comportamento più elastico del motore nelle applicazioni per trazione terrestre (come verrà
chiarito meglio in seguito).
La curva di coppia rappresenta la caratteristica interna del motore. Per un funzionamento
stabile essa dovrà avere, nel punto di funzionamento, una pendenza inferiore a quella della
caratteristica resistente (esterna). Per carichi esterni in cui la coppia resistente è proporzio-
nale a n2 (resistenza aerodinamica) il funzionamento è certamente stabile. Per la trazione di
autoveicoli terrestri sarebbe conveniente avere a disposizione un motore che garantisse una
potenza costante erogata al variare del numero di giri, ovvero una curva di coppia iperboli-
ca. Ciò garantirebbe stabilità di funzionamento con caratteristiche esterne abbastanza piatte
come quelle corrispondenti a tale utilizzo. Non è questo il caso dei motori alternativi a c. i.,
come abbiamo appena visto. Possiamo dire che tali motori non sono adatti alla trazione ter-
restre. Pertanto, per permettere il loro utilizzo in tale ambito, è necessario collegare il motore
all’autoveicolo mediante dispositivi meccanici come il cambio di velocità e il giunto a frizione.
Nella figura 6.22 sono riportate le curve di potenza del motore in funzione del numero di giri
delle ruote nr , per un autoveicolo con un cambio a quattro rapporti. Ciascuna curva è ricavata
dalla curva di potenza del motore utilizzando il corrispondente rapporto di trasmissione,
n
τi = , i = I, II, III, IV; (6.28)
nr
essendo τi decrescente da I a IV. Nel presente caso i rapporti sono in progressione geometrica
pari al rapporto nrA /nrB (a meno delle variazioni del rendimento della trasmissione) in modo
6 CURVE CARATTERISTICHE 62

Figura 6.23: Curve caratteristiche di un motore AC (Mazda).

da avere l’intersezione delle curve in corrispondenza di valori uguali di potenza. In questo mo-
do si riesce ad avere valori di potenza relativamente elevati in un ampio intervallo di variazione
della velocità di rotazione delle ruote. Tale obbiettivo è più facilmente reggiungibile quanto
più piatta è la curva di potenza del motore nell’intorno del massimo (cioè quanto più elastico è
il motore). Si osservi che la caratteristica in figura 6.21 è tipica di un motore tradizionale, con
geometria dei condotti di aspirazione e scarico e fasatura delle valvole fisse. I moderni motori,
sia AC che AS, hanno sistemi di ottimizzazione del coefficiente di riempimento e curve carat-
teristiche molto più irregolari. Come esempio nelle figure 6.23 e 6.24 sono riportate le curve di
coppia e potenza rispettivamente di un motore ad accensione comandata (motore Mazda ad
aspirazione naturale, V = 2000 cm3 , 4 cilindri, 16 valvole, Pmax = 104 kW a 6000 giri/min
e Cmax = 181 N m tra 4100 e 5000 giri/min) e di un motore ad accensione spontanea (lo
stesso riportato in figura 1.6). Per definire in modo più completo il funzionamento di un
motore è necessario conoscere le sue prestazioni in condizioni di alimentazione parzializzata.
Ad esempio, in figura 6.25 sono riportate le curve di potenza in funzione della velocità di
rotazione per un motore AC, corrispondenti a cinque diversi gradi di apertura della valvola a
farfalla. Solitamente si utilizza il cosiddetto piano quotato dei consumi che sintetizza diverse
informazioni.
Nella figura 6.26 è mostrato il piano relativo allo stesso motore della figura 6.25. In
funzione di n sono riportate: 1) le curve della pme corrispondenti a varie aperture della
valvola a farfalla; 2) le isolinee di potenza utile costituite, ovviamente da iperboli; 3) le isolinee
di consumo specifico. Si può notare che la regione di minimo consumo specifico è situata,
come di solito accade, in una zona corrispondente a basse velocità di rotazione e elevata
pme. Spostandosi a partire da tale regione, su una linea verticale a velocità costante, verso
pme più basse, il rendimento decresce per la maggiore incidenza percentuale delle perdite
meccaniche. Spostandosi, sempre a partire dalla regione di minimo consumo specifico, verso
velocità di rotazione maggiori, lungo una linea a pme costante, si ha ancora una diminuzione del
rendimento dovuta all’aumentare delle perdite meccaniche con la velocità. Nella figura 6.27 é
riportato il piano quotato dei consumi relativo ad un motore AS. Si nota, come di solito accade,
6 CURVE CARATTERISTICHE 63

Figura 6.24: Curve caratteristiche di un motore AS (BMW).

Figura 6.25: Curve di potenza al variare della posizione della valvola a farfalla.
6 CURVE CARATTERISTICHE 64

Figura 6.26: Piano quotato dei consumi per un motore AC.

Figura 6.27: Piano quotato dei consumi per un motore AS.


6 CURVE CARATTERISTICHE 65

che il consumo specifico è ineferiore rispetto ad un motore AC. Ciò è dovuto principalmente al
maggiore rapporto di compressione adottato nei motori AS, per cui essi offrono un rendimento
termodinamico superiore. Per i motori AC il rapporto di compressione massimo ammissibile
è determinato dall’insorgere della combustione anomala detonzione. Inoltre nei motori AS è
possibile utilizazre dosature α > αst che garantiscono una minore percentuale di incombusti.
7 ESERCIZI 66

7 Esercizi
1. Determinare pressione e temperatura dei punti caratteristici di un ciclo ideale Otto avente
le seguenti caratteristiche: p1 = 1.013 bar, t1 = 15◦ C, rapporto di compressione ρ = 8.5,
Q1 = 550 kcal/kg. Determinare inoltre il rendimento.

T2 =.....678.0.....K T3 =.....3887.....K T4 =.....1651.....K η=.....0.5752.....

2. Un motore automobilistico a quattro tempi di cilindrata iV = 2200 cm3 eroga una pme =
10.2 bar a 100 giri/s; pme = 11.5 bar a 4500 giri/min. Determinare la potenza utile in CV e
la coppia ai due regimi di rotazione.

Pu6000 =.....152.5.....CV C 6000 =.....178.6.....N m

Pu4500 =.....128.9.....CV C 4500 =.....201.3.....N m

3. In una prova al banco di un motore Diesel si sono consumati 1.8 kg di nafta (Hi = 9200 kcal/kg).
Il peso alla bilancia è di 45 kg; il braccio 0.60 m e la velocità del motore 2500 giri/min. Sa-
pendo che il consumo specifico è di 185 g/CV h e che α = 21, determinare la potenza erogata
dal motore, la durata della prova e la quantità d’aria utilizzata dal motore.

Pu =.....94.25.....CV t=.....6.194.....min Ma =.....37.80..... kg

4. Un motore a quattro tempi eroga 100 CV a 5000 giri/min. Sono noti: pme = 9 bar, pa = 1 bar,
ta = 15◦ C, ηu = 0.31, λv = 0.85, Hi = 10400 kcal/kg. Calcolare la cilindrata del motore, α,
qb , nonchè il volume di aria consumata in 6 ore di funzionamento.

V =.....1962.....cm3 α=.....15.42.....

qb =.....196.3.....g/CV h V olaria =.....1501.....m3

5. Un motore Diesel quattro tempi, otto cilindri, eroga in condizioni standard (p = 780 mmHg,
t = 15◦ C) una potenza utile Pu = 150 kW al regime di rotazione n = 2900 giri/min. In
tali condizioni si hanno i seguenti valori caratteristici: u = 7 m/s, pme = 7.5 bar, λv = 0.93,
ηu = 0.36, Hi = 10100 kcal/kg. Determinare la cilindrata del motore, la corsa, l’alesaggio, la
dosatura α.

V =.....8276.....cm3 c=.....72.41.....mm d=.....134.9.....mm α=.....23.74.....

6. Un motore alternativo a quattro cilindri, quattro tempi di 1800 cm3 di cilindrata, eroga una
potenza di 120 CV a 6000 giri/min. Il regime di coppia massima è 4000 giri/min e la
potenza corrispondente è 90 CV . Sapendo che c/d = 0.7, determinare la velocità media dello
stantuffo a 6000 giri/min, la pme e la coppia a 6000 e 4000 giri/min. Determinare, inoltre,
i valori di coppia e potenza massime ottenibili a 1500 m s.l.m. (le condizioni ambientali sono
p0 = 760 mmHg, t0 = 15◦ C; a 1500 metri sono p = 634 mmHg, t = 5◦ C.

u=.....13.10....m/s pme6000 =.....10.00.....ata C 6000 =.....14.32.....kgm

pme4000 =.....11.25.....ata C 4000 =.....16.11.....kgm


7 ESERCIZI 67

0 0
Pmax =.....101.9.....CV Cmax =.....13.68.....kgm

7. Un motore a combustione interna eroga a 2200 giri/min la coppia di 30 kgm. La potenza


termica ceduta per trasmissione di calore all’ambiente ed al circuito di refrigerazione è nume-
ricamente uguale alla potenza utile erogata dal motore. La temperatura del gas di scarico è di
800 K. Usando l’equazione di equilibrio termico del motore, valutare il consumo specifico di
combustibile considerando uguali i calori specifici dell’aria e dei gas combusti e sapendo che:
Hi = 10200 kcal/kg, T1 = 288 K, α = 27, ηo = 0.85.

qb =.....203.8.....g/CV h

8. Un motore a ciclo Otto aspira aria dall’ambiente (T = 288 K) ed ha un rapporto di com-


pressione ρ = 8. Nell’ipotesi che avvenga una combustione completa il calore fornito al ciclo
è pari a Q1 = 700 kcal/kg. Supponendo cv = cv0 + DT , con cv0 = 0.17 kcal/(kg K) e
D = 0.15 × 10−4 kcal/(kg K 2 ), e sapendo che il calore occultato dalla dissociazione vale
∆Q = Di (T − 1850)2 con Di = 1.3 × 10−4 kcal/(kg K 2 ), si calcoli la temperatura T3 senza e
con dissociazione. Assumendo, per semplicità, cv costante pari a 0.1714 kcal/(kg K) durante la
fase di espansione, si calcoli il lavoro ottenuto in tale fase senza e con dissociazione, nell’ipotesi
che l’80% del calore occultato venga rilasciato.

T3 =.....4056.....K T3diss =.....3120.....K Le =.....1643.....kJ/kg Ldiss


e =.....1504.....kJ/kg

9. Un motore automobilistico quattro tempi, quattro cilindri di cilindrata totale iV = 1900 cm3
fornisce una pme = 8.5 bar a 3400 giri/min. Sono noti: ηo = 0.8; p = 1.013 bar; T = 288 K.
0
Considerando la pressione a vuoto, pv , costante, si calcoli il rendimento organico ηo e la potenza
0 0 0
utile Pu a 2500 m s.l.m. (p = 0.73 bar e T = 268 K). Supponendo, per semplicità, che la
curva di coppia sia una parabola che presenta un massimo a 4000 giri/min e a 5000 giri/min
assume valore pari a 7.5 bar si calcoli la potenza massima, Pmax e il regime di potenza massima
nmax .
0 0
ηo =.....0.7323..... Pu =.....42.53.....CV Pmax =.....61.91.....kW nmax =.....4593.....giri/min

10. Si consideri un ciclo Otto limite, trascurando, per semplicità, le variazioni dei calori specifici con
la temperatura e assumendo R = 287.1 J/(kg K) e k = 1.4. Sono noti: Vc = 1.5 `, T1 = 320 K,
pa = 1 bar, Hi = 10000 kcal/kg, ρ = 10, α = 15.5. Conoscendo Di = 3 × 10−4 kJ/kgK 2 ,
si calcoli la temperatura di fine combustione T3 e il calore occultato dalla dissociazione ∆Q.
Supponendo che il ∆Q venga integralmente restituito durante la prima parte della fase di
espansione che termina alla temperatura di 1850 K, si calcoli il lavoro Le raccolto dal pistone
durante l’intera fase di espansione. Si calcoli, infine, il rendimento, ηl , del ciclo. (Nota: in
generale, quando non specificato diversamente, si consideri in prima approssimazione mc = mb ).

T3 =....3281..... K ∆Q=....1114.....J Le =....2990.....J ηl =....0.5440.....

11. Un motore Diesel veloce (ciclo Sabathé) ha le seguenti caratteristiche: p1 = 1 bar, T1 = 300 K,
iV = 2 l, ρ = 17, α = 20, α0 = 1, Hi = 10000 kcal/kg. Si supponga che che metà del calore
introdotto venga fornito a volume costante e metà a pressione costante, e che le trasformazioni
di compressione e di espansione siano adiabatiche. Si supponga, inoltre, che il fluido abbia R =
287.1 J/kgK e che cv = cv0 +DT , con cv0 = 0.17 kcal/(kg K) e D = 0.15×10−4 kcal/(kg K 2 ).
0
Calcolare la pressione p3 , le temperature T3 e T3 , nonchè il lavoro fatto sul pistone durante la
corsa dal P.M.S. al P.M.I. Si trascurino la dissociazione e la massa di combustibile rispetto a
quella di aria.
0
p3 =.....120.6.....bar T3 =.....2129.....K T3 =.....2988.....K L=.....4190.....J
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 68

Riferimenti bibliografici
[1] Capetti A., Motori termici, Unione tipografico-editrice torinese, seconda edizione, Torino,
1967.

[2] Caputo C., Le macchine volumetriche, Masson, Milano, 1997.

[3] della Volpe R., Migliaccio M., Motori a combustione interna per autotrazione,
Liguori,seconda edizione, Napoli, 1995.

[4] Ferrari G., Motori a combustione interna, Il Capitello, Torino, 1995.

[5] Giacosa D., Motori endotermici, HOEPLI, Milano, 1975.

[6] Heywood J. B., Internal combustion engine fundamentals, McGraw-Hill international,


Singapore, 1988.

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