Sei sulla pagina 1di 4

La Libia non avrebbe pianto le stragi di Utica, la Spagna le stragi di Munda, e il Nilo

contaminato da un sangue sacrilego non avrebbe portato un cadavere più nobile del
re Fario né Giuba avrebbe ricoperto con il suo corpo le spiagge della Marmarica né
Scipione avrebbe placato con il sangue romano versato le ombre dei cartaginesi né
la vita sarebbe mancata del santo Catone. Oh Roma, avrebbe potuto essere per te
l’ultimo giorno dei mali e questo giorno avrebbe potuto far uscire Farsalo dalla
catena del fato.
V. 306-313

Cesare abbandona quella zona posseduta da un nume a lui nemico e si dirige verso
le terre dell’Emazia (nome antico della Tessaglia) con il suo esercito malconcio. I
compagni con le loro esormazioni tentarono di distogliere il grande dal seguire le
truppe del suocero laddove le avesse colte in fuga e di dirigersi verso il territorio
della patria priva di nemici e tornare in Italia.
V. 314-318

Disse: “giammai restituirò me stesso alla patria sull’esempio di Cesare e giammai


Roma mi vedrà tornare se non dopo aver congedato i miei soldati. Avrei potuto
mantenere l’Esperia all’inizio del conflitto se avessi voluto attaccare battaglia nei
templi della patria e se avessi voluto combattere in mezzo al foro. Pur di allontanare
la guerra dall’Italia valicherei la zona estrema del freddo scitico (dunque la zona
remota della Scizia, odierna russia sud occidentale) e andrei oltre le regioni torride.
Io da vincitore dovrei strapparti la pace/ tranquillità io che affinché le battaglie non
ti opprimessero sono fuggito? Affinché tu in questa guerra non possa soffrire nulla
Cesare pensi che pure tu (Italia) sia sua.”
V. 319-330

Avendo così parlato stabilì di muoversi verso le levate di Febo (il sole) e seguendo
percorsi non lineari della Terra dove la Candavia apre vaste balze (rilievi) toccò
l’Emazia (Tessaglia) che i fati preparava per la guerra.
V. 330-333

La Tessaglia, in quella parte in cui il sole fa sorgere il giorno nelle ore invernali la
racchiude la rupe dell’Ossa.
V. 333-334
Quando l’estate più in alto trascina il sole nella parte più alta del cielo il Pelio
oppone le sue ombre ai raggi ma l’Otri boscoso respinge i fuochi a metà del cielo e il
capo solstiziale del rabbioso Leone.
V. 335-338

Il Pindo posto di fronte a loro riceve gli Zefiri e il vento Iapige, e taglia (fa da
schermo) alla luce quando si fa sera. (Pindo= catena montuosa che divide la
Tessaglia dall’Epiro, opposto ai venti Iapige e Zefiro). L’abitante dell’Olimpo non
temendo Borian ignora che l’orsa risplenda per intere notti.
V. 339-342

Tra questi monti le distese che sono contenute nella parte centrale della valle un
tempo rimanevano nascoste da continue paludi mentre le pianure trattenevano i
fiumi e le pervia Tempe non permetteva lo sbocco verso il mare e i fiumi che
riempivano uno stagno avevano una sola possibilità (un solo corso) di crescere.
Dopo che il pesante Ossa si staccò dall’Olimpo per mano di Ercole e Nereo (divinità
marina) sentì lo scroscio dell’acqua improvvisa spunta l’Emazia a Farsalo regno
dell’equoreo Achille, avrebbe fatto meglio a rimanere sotto le acque.
Filace che toccò con la prima nave le coste retee e Dorione che piange per l’ira delle
Pieridi; e Trachine e Melibea forte per le faretre di Ercole ha avuto come
ricompensa per le fiaccole nefande e Larisa un tempo potente e dove un tempo
c’era la nobile Argo ora vi arano sopra, dove la leggenda mostra l’antica Tebe
Echione dove un tempo Agane esule portando il collo e la testa di Penteo li
consegnò all’ultimo rogo questa lamentandosi poiché solo questo aveva sottratto al
corpo del figlio. (per poter essre posto sul rogo)
V. 343-359

Quindi la palude squarciata si divise in molti fiumi. L’Aea, limpido verso occidente,
ma di piccola portata, scorre in seguito verso il mare Ionio e non più ricco di acque
scorre il padre della Rapita e, oh Eneo, il tuo quasi genero copre di fango con le sue
onde dense le Echinadi.
V. 360-364

E l’Eveno macchiato del sangue di Nesso scorre accanto la Calidone di Meleagro.


(Nesso era un centauro, che tentò di usare violenza contro la moglie di Ercole)
Lo Spercheo con la sua citata corrente colpisce le acque maliache e l’Anfriso con le
sue acque pure irriga i pascoli di Febo costretto in schiavitù.
V. 365-368
Avviano il loro corso l’Asopo, il Fenice e il Melante, e qualunque fiume che non
conosciuto dal mare ha donato le sue acque al Peneo. (questi fiumi non sono
conosciuti dal mare perché sfociano nel Peneo)
Procede con il suo gorgo vorticoso l’Apidano e l’Epineo mai veloce se non quando si
è unito;
V. 369-373

Il fiume Titareso è il solo che dopo aver assunto il nome di un altro fiume difende le
sue acque e scorrendo in alto usa il corvo del Peneo in luogo di terreno asciutto è
fama che questo fiume sgorghi dalle paludi dello Stige e remore della sua sorgente
non voglia tollerare il contatto di un fiume ignobile/umile e che voglia conservare
per sé il timore e il rispetto degli dei.
V. 375-380

Non appena defluiti i fiumi si manifestarono i campi il pingue solco si aprì sotto il
vomere dei Pellici e in seguito l’aratro discese a fondo nel terreno premuto dalla
mano dei Lelegi. I contadini Eolopi e Delopi spezzarono il suolo e i Magneti popolo
famoso per i cavalli e i Mini popolo famoso per i remi.
V. 381-385

Lì una nube incinta partorì nelle caverne peletronie i centauri semi felini figli di
Issione: te Monico che spezzi le aspre rocce del Folo (monte) e te feroce Reto che
fai girare degli orni divelti sotto la cima dell’Etna che Borea (vento) a malapena
farebbe piegare e te Folo ospite del grande Alcide (Ercole) e te empio trasportatore
attraverso il fiume (traghettatore) destinato a sopportare le frecce di Lerna e te
vecchio Chirone che risplendendo con la tua gelida costellazione colpisci con il tuo
arco emonio lo scorpione più grande.
V. 385-394

Da questa terra germogliano i semi del feroce Marte. Per primo il destriero della
Tessaglia dalle rocce percosse dal tridente equoreo saltò su presagio per le guerre
che portano alla morte, per primo mosse i freni di ferro e schiumò per le nuove
redini del domatore Lapita.
V. 396-399

Il primo legno (la prima nave) fendendo i flutti dalle coste di Pagase gettò il genere
umano verso le onde sconosciute (riferimento all’impresa degli Argonauti). Per
primo Iono sovrano della terra della Tessaglia percosse il peso di una calda massa
(di metallo) per dare ad essa una forma e sciolse l’argento con le fiamme spezzò
l’oro per farne moneta e liquefece in immense fornaci il rame.
V. 400-405

Lì fu data la possibilità di numerare le ricchezze cosa che spinse i popoli verso le


armi scellerate, di qui discese il grandissimo serpente Pitone e scivolò verso i campi
di Cirra da dove vengono anche gli allori tessalici per i giochi pitici.
V. 406-409

Potrebbero piacerti anche