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Geologia Strutturale Corso di laurea in Scienze Geologiche - Cagliari

GEOLOGIA
STRUTTURALE

LAUREA IN SCIENZE GEOLOGICHE

A.A. 2012-2013

CENNI DI MECCANICA DELLE ROCCE:


LO SFORZO
(STRESS)

Docente: Antonio Funedda

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Geologia Strutturale Corso di laurea in Scienze Geologiche - Cagliari

QUESTE DISPENSE SONO DESTINATE ESCLUSIVAMENTE AGLI STUDENTI DELLA


LAUREA IN SCIENZE GEOLOGICHE

CHE SEGUONO IL CORSO DI

GEOLOGIA STRUTTURALE

HANNO QUINDI SOLO UNO SCOPO DIDATTICO E VENGONO DISTRIBUITE


GRATUITAMENTE.

NON POSSONO ESSERE ASSOLUTAMENTE MESSE IN VENDITA SOTTO


QUALSIASI FORMA.

I DIRITTI DELLE FIGURE SONO DI PROPRIETÀ DEGLI AUTORI CITATI.

Queste dispense costituiscono il materiale utilizzato durante il corso, ma non sono da


ritenersi esaustive degli argomenti trattati a lezione, che a seconda delle esigenze
didattiche, anche dovute alle sollecitazioni degli studenti, potranno essere modificate in
corso d’opera. Al fine di migliorare questo supporto didattico si prega di contattare il
docente per evidenziare eventuali contraddizioni con i libri di testo consigliati.
Talvolta le figure sono modificate, in genere colorate e le scritte tradotte in italiano, per esigenze
didattiche. Eventuali errori dovuti a queste manipolazioni sono responsabilità del docente.
Queste dispense, oltre che agli autori citati, sono in parte ispirate al materiale didattico proposto dai
proff. L. Carmignani e P. Conti nei corsi di Geologia 2 e Geologia Applicata tenuti presso il Centro di
Geotecnologie dell'Università di Siena.

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MECCANICA DELLE ROCCE


Lo sforzo (stress)
Numerosi sono i fenomeni naturali ed in particolare geologici per la cui comprensione (e talvolta
previsione) è necessario studiare lo sforzo, ad esempio:
 Terremoti
 Movimento delle placche litosferiche
 Movimento delle frane.

In Fisica Dinamica due forze che agiscono (applicate) su uno stesso punto con uguale intensità e
direzione ma verso opposto producono un Lavoro W = 0, quindi si annullano, ma quando delle
forze agiscono su un blocco di roccia essendo questo non perfettamente rigido esso si deforma. Si
afferma quindi che tale blocco di roccia è sottoposto a SFORZO (= stress nella letteratura
anglosassone, e spesso di uso comune anche tra i geologi italiani).

Nelle rocce agiscono due tipi diversi di forze:


Forze di campo (o di volume) che agiscono all'interno del volume della roccia e dipendono anche
dalla distanza e dalla quantità di materia interessata (in pratica dalla sua massa). In geologia la forza
di campo più importante è la gravità F=mg (dove m = massa e g = accelerazione di gravità). Ad
esempio una colonna di roccia di area A ed altezza h, con densità d è soggetta ad una Forza di
gravità F = A h d g. Anche la Forza di Archimede è una forza di campo, che però in questo caso
agisce verso l'alto, in direzione opposta alla Forza di gravità.
Forze di superficie che agiscono sulle superfici che delimitano i volumi di roccia che consideriamo,
sia reali che virtuali. Quando noi spostiamo un oggetto con la mano stiamo applicando una forza di
superficie nell'area di contatto tra la mano ed il corpo, considerando una superficie arbitraria che
divide in due il corpo una parte del corpo esercita una forza di superficie sull'altra metà.
Esiste una stretta relazione tra forze di campo e forze di superficie; immaginiamo che la colonna
sopra detta sia un cubo con volume di 1 m3. Se consideriamo la forza di superficie agente sulla
sezione superficiale della colonna di roccia vista sopra, questa sarà pari al prodotto della pressione
atmosferica (Pa = 0,97 kg/cm2) per l'area A (1 m2 = 10.000 cm2) della colonna, e quindi pari a 9.700
kg (Fig. 1).

Pa =

h=
Pl =

Fig. 1 - Colonna di roccia isolata di altezza h; Pa pressione atmosferica, Pl pressione litostatica.


Alla base della colonna di roccia considerata sopra agirà una forza di superficie ad essa ortogonale
che è il risultato della forza di gravità vista poco sopra e quindi incrementata rispetto a quella agente
sulla faccia superficiale a causa del peso della colonna stessa. Il rapporto tra tale forza e la

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superficie della base della colonna F/A è detta pressione litostatica (Pl). Considerando in peso di
volume  = 2,7 kg/cm3, tale pressione litostatica sarà uguale a 2.700 + 9.700 =12.400 kg.

DEFINIZIONE DI SFORZO (O STRESS)

Lo sforzo va quindi considerato come una Forza di superficie  = F/s, ma non va confuso con la
Forza (F = ma) o con la Pressione (F/s). Se infatti consideriamo lo sforzo su un piano questo è una
quantità vettoriale prodotta tra un vettore (la forza) ed il piano (uno scalare). Ma se consideriamo lo
sforzo in punto (come descritto nei paragrafi successivi) dobbiamo determinare le relazioni con tutti
i piani passanti per quel punto, e quindi lo sforzo sarà il prodotto tra due grandezze vettoriali, e
quindi sarà un cosiddetto tensore del secondo ordine. In alcuni testi (soprattutto anglosassoni),
quando si parla del primo caso, sforzo come forza/superficie, e quindi come pressione, talvolta è
chiamato trazione.
Lo sforzo è definito perciò come il rapporto tra una forza e la sua superficie di applicazione,
entrambi considerati come grandezze vettoriali (un vettore è caratterizzato da una direzione un
verso ed un modulo).
Per meglio comprendere la differenza tra forza e stress consideriamo una superficie ss, in questo
caso lo stress sarà  = F/ss = F/A. Se però considero una superficie inclinata ss' questa sarà
ss'=A/cos, perciò  = F/A cos  (vedi più avanti: analisi bidimensionale dello sforzo uniassiale).
Per cui la forza applicata resta costante, ma lo stress varia essendo variata l'inclinazione della
superficie considerata.

Fig. 2 -Diagramma delle componenti dello sforzo agente su un piano.

Ne consegue che tra forza e sforzo esiste una differenza fondamentale che ha notevoli risvolti
pratici (Fig. 3)

Fig. 3 - differente considerazione tra forza e sforzo.

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Da un punto di vista matematico lo stress va perciò definito come un Tensore.


(Tensore = una grandezza matematica utilizzabile per descrivere lo stato o le proprietà fisiche di un
materiale. Esistono diversi gradi di un tensore, il grado indica quanti componenti scalari sono
necessari per descriverlo. Il numero di tali componenti (c) è uguale alle dimensioni fisiche (d)
elevato la potenza (r) => c = d r. Per esempio in uno spazio tridimensionale (d=3) uno scalare è un
tensore di grado 0 (r=0) e quindi ha solo un componente per definirlo (30=1). E' il caso della
temperatura, del volume ecc. Sono quantità invarianti al variare delle coordinate e definite dalla loro
stessa grandezza.
Un vettore è invece un tensore di 1° grado, che sono definiti da 3 componenti (31=3). E' il caso di
forza, velocità, accelerazione. Il loro valore cambia al cambiare delle coordinate.
Un tensore di 2° grado in uno spazio tridimensionale ha 32=9 componenti, in geologia lo sono ad
esempio stress e strain. Sono usati per descrivere quantità fisiche che sono associate con due
direzioni. Nel caso dello stress le due direzioni associate con ciascun componente sono
l'orientazione della retta normale al piano su cui agisce la componente dello stress e l'orientazione
della componente dello stress agente su quel piano.)

UNITÀ DI MISURA

L'unità di misura dello stress è il Pascal (Fig. 4):

m
kg  2 
  2   2  Pa
ma s N

A m m

Fig. 4 - Unità di misura dello sforzo

LE COMPONENTI DELLO SFORZO

E' in genere conveniente scomporre le forze di superficie, e quindi lo sforzo agente su una
superficie, in 2 componenti: una parallela ed una perpendicolare alla superficie stessa. Queste
componenti sono dette componente di taglio dello sforzo, o sforzo di taglio t (in alcuni testi ), e
componente normale dello sforzo o sforzo normale N (Fig. 5C).

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Fig. 5 - Forza e sforzo su una superficie. (a) Forza su un piano. (b) In condizioni di equilibrio una forza applicata sulla
faccia superiore di una superficie è bilanciata da una forza uguale ed opposta applicata sulla faccia inferiore della
stessa superficie. (c) Sono indicate le tensioni associate a una superficie di area in condizioni di equilibrio. La coppia
bilanciata di tensioni è lo sforzo sulla superficie; le coppie bilanciate delle componenti delle tensioni costituiscono la
componente normale e tangenziale dello sforzo.
Se è verificata la condizione di equilibrio, sulle facce opposte di una superficie esistono forze tali
che la loro somma sia uguale a zero (Fig. 5B). Poiché le forze agiscono sulla stessa area, anche le
tensioni e le relative componenti normale (sN) e tangenziale (t) sulle facce opposte debbono essere
uguali ed opposte.

CONVENZIONI DEL SEGNO PER LO SFORZO

Le forze di superficie vengono classificate come di compressione o di trazione, se l'applicazione di


una forza su un piano produce l'avvicinamento di due particelle disposte sulle due facce dello stesso
piano, la forza è detta di compressione, se le particelle sono allontanate la forza è detta di trazone.
Quindi si può definire uno sforzo compressivo (per convenzione in geologia positivo) e nel caso
opposto uno sforzo di trazione (o tensile; per convenzione in geologia negativo) (Fig. 6a-b).
Due componenti tangenziali uguali ed opposte (Fig. 6c-d) definiscono uno sforzo di taglio o una
coppia di taglio. Lo sforzo di taglio può essere orario o antiorario, a seconda del modo in cui
ruoterebbe una sfera posta tra le due frecce che rappresentano le componenti di tale sforzo. Si
assumono positive le coppie di taglio antiorarie e negative quelle orarie.

Fig. 6- Convenzioni del segno per le componenti normali dello sforzo (a) e (b), e per le componenti tangenziali dello
sforzo (c) e (d).

ANALISI BIDIMENSIONALE DELLO SFORZO

L'analisi della distribuzione degli sforzi in un corpo è sempre un problema tridimensionale.


L'utilizzo di equazioni relative a due dimensioni è però molto meno complessa, per cui viene fatto
ogni tentativo per risolvere problemi di sforzo in due dimensioni. La maggior parte dei problemi
geologici possono essere affrontati in due dimensioni.

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Negli esempi seguenti per ragioni di chiarezza di solito sono rappresentate solo le tensioni superiori
alle superfici, è sottinteso che queste sono equilibrate da tensioni contrarie e uguale intensità sulla
faccia opposta e pertanto nel testo sono discusse come sforzi.

Analisi delle componenti dello sforzo su un piano


Caso di un piano con direzione ortogonale alla linea di azione della forza applicata, in un corpo
sottoposto a sforzo uniassiale.

Questo è un esempio di analisi dello sforzo importante in geologia strutturale e tettonica "fragile"
perché è il caso di una faglia. Il problema in genere è capire quando un corpo sollecitato da uno
sforzo si rompe e secondo quale orientazione. Lo sforzo agente sul piano sarà  = F/ss' (Fig. 7).

Fig. 7 - Caso di sforzo uniassiale applicato su un piano.

1) Fn  F cos 
2) Ft  Fsen

Le componenti normale e di taglio dello sforzo saranno:


F F
t  t n  n
ss ' ss'

A
Poiché ss '  , sostituendo avremo:
cos 

F cos F
3)  n   cos 2     cos2 
A A
cos

Fsen F
4)  t   sen cos    sen cos
A A
cos

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Riportate in un diagramma con riportate in ascissa i valori di inclinazione del piano ss' avremo:
la linea tratteggiata blu rappresenta gli stress normale e di taglio e quelle rosse le forze normale e di
taglio (Fig. 8).

Fig. 8 - Relazione tra angolo di fratturazione e forze e sforzi applicati.

Come si vede la Fn varia da un valore massimo sull'orizzontale ad un valore nullo per un angolo di
90°. Invece la Ft sarà uguale a 0 sull'orizzontale e massima su un piano inclinato a 90°
La componente dello stress normale n non si discosta come comportamento granché dalla F
normale mentre la componente dello stress di taglio t ha un comportamento nettamente diverso
rispetto alla Ft.
Infatti essendo presenti nell'espressione al punto 4) un seno ed un coseno, il suo valore risulta nullo
per 0° e per 90°, con un valore massimo teorico per 45°.
Questo significa che una superficie sarà sollecitata da uno stress di taglio uguale a 0 a 0° e 90°; in
questo ultimo caso quindi sebbene la Ft sia massima ma poiché l'orientazione della superficie
rispetto alla linea di azione della forza è 0 anche lo stress è pari a 0.
In pratica se noi sollecitiamo un provino di roccia avremo che i valori delle componenti dello stress
aumenteranno all'aumentare del carico imposto, ma in maniera diversa a seconda delle superfici,
soprattutto per la componente di taglio.
Se il materiale ha una soglia di resistenza al taglio questa viene raggiunta dapprima lungo superfici
orientate a 45°, e quindi il provino tenderà a gonfiarsi in corrispondenza di queste superfici
orientate rispetto alla forza applicata.
Tutto questo dimostra che:
a) non si può confondere F e 
b) E' la t che provoca la fratturazione con scorrimento.
c) Fn e Ft variano in maniera diversa da n e t.
d) In realtà un t massimo a 45° è un caso teorico, in genere avviene per angoli più vicini a 30°, in
quanto non si hanno in natura materiali ideali.

ANALISI DELLO SFORZO SU UN PUNTO

Per definire lo sforzo su un singolo punto partiamo considerando lo sforzo agente su un piano
qualsiasi: "Il carico su una superficie qualunque causato da una forza applicata è funzione della
forza, dell'area e dell'inclinazione della superficie". Lo sforzo qualunque si risolve sulla superficie

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come due vettori con una componente normale n ed una componente t che si distribuisce sul
piano.

Per considerare lo sforzo su un punto immaginiamo di ridurlo a dimensione infinitesima, ad una


particella che possiamo assimilare ad un cubo. Essendo lo sforzo su un punto un tensore di secondo
grado, per descrivere lo sforzo in 3 dimensioni abbiamo bisogno di almeno 9 vettori

di cui 3 sono forze normali al piano e 6 sono forze di taglio che si dispongono parallelamente agli
spigoli del cubo. Nella notazione a pedice, il primo termine identifica il piano indicandone la sua
normale ed il secondo termine mostra a quale asse è parallelo il vettore. Perciò il termine con i due
pedici uguali identificano le componenti perpendicolari alla faccia (stress normale) mentre le altre
indicano le componenti parallele (stress di taglio).
Lo sforzo totale è perciò definito dalla seguente matrice

Le componenti di taglio dello stress con pedici opposti tendono a far ruotare il cubo attorno ad uno
degli assi del sistema, se ammettiamo che il cubo sia in equilibrio e quindi non stia ruotando (ad es.:
12 =21) avremo che le componenti indipendenti dello stress sono 6 e non 9.
Ridefinendole coordinate cartesiane del nostro sistema in modo che siano parallele agli stress
normali (quelli con valori a pedice identici) avremo che le componenti di taglio dello stress (quelle
con i valori a pedice differenti) siano nulle posso riscrivere la matrice così:

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In questo modo ho definito il campo di stress con solo 3 vettori individuando 3 piani perpendicolari
tra loro dove le componenti di taglio sono nulle.

In pratica ne derivano le seguenti condizioni:


1) In ogni campo di stress esistono 3 piani su cui non si hanno sforzi di taglio
2) Questi 3 piani sono i Piani principali dello stress
3) Le loro normali e le loro intersezioni sono gli Assi principali dello stress
4) Gli stress ad essi paralleli sono gli Stress principali 1, 2 e 3
5) Per convenzione gli stress compressivi sono positivi e quelli tensili sono negativi (in ingegneria
è il contrario) e inoltre 1 > 2 > 3.

RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DELLO SFORZO

Lo stato dello sforzo in un punto può essere rappresentato geometricamente disegnando i vettori che
rappresentano gli sforzi che agiscono su ogni piano passante per il punto considerato. Le estremità
di questi vettori disegnano un ellissoide (un’ellissi nel caso di analisi bidimensionali). Partendo
dalle equazioni che analizzano lo sforzo biassiale su un piano (quindi su due dimensioni, noi
abbiamo già trattato il caso dello sforzo uniassiale su un piano) si può ricavare l’equazione
descrittiva dell’ellissi (Fig. 9), dimostrando che i vettori che agiscono su tutti i possibili piani
passanti attraverso un punto descrivono un’ellissi, che viene chiamata ellissi dello sforzo (in tre
dimensioni ellissoide dello sforzo Fig. 10)

Fig. 9 - Ellisse dello sforzo, rappresentazione dello stato dello sforzo in due dimensioni.

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Fig. 10 - Ellissoide dello sforzo, rappresentazione dello stato dello sforzo in tre dimensioni.

ALCUNE DEFINIZIONI DI PARTICOLARI CONDIZIONI DI SFORZO

Per Sforzo medio. si intende la media dei tre stress principali:


 2 3

3
e può essere considerato come un stress idrostatico e che quindi può originare solo variazioni di
volume.
Per Stress deviatorico si intende la differenza tra stress generico e stress medio:
  2 3
       
3
In pratica quella parte di sforzo indotto che non si distribuisce uniformemente e che invece produce
distorsioni all'interno del corpo sul quale agisce.

Casi particolari dello stress


Sforzo uniassiale 1 o 3  0
Sforzo biassiale con uno degli stress principali = 0
Sforzo triassiale 1, 2 e 3  0
Pressione idrostatica uguale sia allo sforzo medio che al peso della colonna di fluidi nei pori della
roccia e quando tutti gli sforzi principali sono uguali.
Pressione litostatica data dal peso della colonna di roccia sovrastante.

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Componenti dello Sforzo su piani con direzione ortogonale alle linee di azione delle forze
applicate in un corpo sottoposto a stress biassiale
N.B.: questa parte non è stata affrontata durante le lezioni, perciò il suo studio non è obbligatorio,
anche se questo approfondimento è consigliato per meglio comprendere, con un'analisi di tipo
geometrico, lo stress bidimensionale.

In questo caso considero un 1 ed 2 che si risolveranno sulla superficie che esamino secondo un N
ed t che variano al variare della superficie (Fig. 11). Devo trovare delle relazioni che mi
permettano di determinare le componenti dello sforzo su una superficie in funzione della sua
inclinazione e del valore degli stress applicati.

Fig. 11 - Caso di sforzo biassiale agente su un piano

Comincio con il calcolare le componenti delle forze:


Uguagliando FN e Ft parallele alla linea di azione di F1’ con F1 e delle componenti di FN e Ft
parallele alla linea di azione di F2’ con F2 si ottiene la seguente relazione tra F1 e F2 con FN e Ft.
1) F1 = Ft sen + FN cos
2) F2 = FN sen - Ft cos
Per ottenere N = f(1; 2) e t = f(1; 2), devo sostituire le seguenti relazioni
F1 = 1 SS cos FN = N SS
F2 = 2 SS sen Ft = t SS

1 SS cost SS senN SS cos



uguagliando a 0 avremo un sistema a due incognite (N e t)

1 cost senN cos (3)


2 senN sent cos (4)

conoscendo sia 1 che 2 avremo e risolvendo per N avremo:

t sen= 1 cosN cos


t = 1 cosN cos / sen
t = cos (1 - N) / sen che sostituita nella equazione (4)

2 senN sen cos2 (1 - N) / sen

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2 sen2N sen21 N cos2


2 sen21 cos2N (sen2 cos2
N = 2 sen21 cos2

Utilizzando le formule trigonometriche della duplicazione

sen2 = 1 - cos2 / 2 e cos2 = 1 + cos2 / 2

e sostituendole nella relazione precedente avremo:

N = 2 * 1 - cos2 / 2 + 1 * 1 + cos2 / 2
N = 2 - 2 cos2 + 1 + 1cos2 / 2

che potremo scrivere nella forma:

N = 1+2 / 2 1-2 / 2 * cos2 (5)



da cui risulta evidente che N è funzione della metà dell'angolo di inclinazione
e di un fattore 1+2 / 2

Risolvendo il sistema per t avremo con un procedimento del tutto analogo che:

t = 1-2 / 2 * sen2 (6)

Visualizzando i diagrammi di queste due funzioni trigonometriche avremo per 1 e 2 compressivi:

Si vede che su un corpo sottoposto a compressione da due parti diverse su qualsiasi superficie
comunque inclinata il N non sarà mai tensile.
Il t invece si annulla a 0° 90° e 180°. Il fatto che talvolta sia negativo significa che rispetto
all'osservatore si avrà un senso di taglio o scorrimento verso destra o verso sinistra.
L'analisi delle componenti dello sforzo per via analitica può essere fatto anche per via grafica
tramite la costruzione del Cerchio di Mohr, che è un metodo pratico per quantificare le componenti
normali e di taglio delle stress applicato ad una superficie e per determinare l'orientazione e la
forma dell'ellisse dello sforzo.

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RAPPRESENTAZIONE DELLO SFORZO IN 2 DIMENSIONI SUL CERCHIO DI MOHR

N.B.: questa parte non è stata affrontata durante le lezioni, perciò il suo studio non è obbligatorio,
anche se questo approfondimento è consigliato per meglio comprendere, con un'analisi di tipo
geometrico, lo stress bidimensionale.
Le componenti dello stress che abbiamo esaminato precedentemente in via analitica, possono essere
facilmente rappresentate graficamente, con la costruzione del Cerchio di Mohr. E’ questo un
metodo pratico che ci permette di determinare quanta componente normale N e di taglio t c’è su
una superficie sulla quale è applicato un dato stress.
Le equazioni che ho applicato precedentemente dove:
N = 1+2 / 2 + 1-2 cos2
t = 1–2 / 2 sen2
hanno la stessa forma delle equazioni parametriche del cerchio:
x = e + cos;
y = r sen

Impostando:
e = 1+2 / 2 => coordinate del centro del cerchio
r = 1–2 / 2 => raggio del cerchio

Praticamente traccio un cerchio la cui distanza dall'origine del nostro sistema di riferimento, in cui
sull'asse delle ascisse rappresento lo stress normale e su quello delle ordinate lo stress di taglio, sia e
e la cui apertura sia r.
L'intersezione della circonferenza con l'asse delle ascisse ci indica il 1 ed il 2.
Per sapere quanto sono le componenti normale e di taglio di uno stress applicato su una superficie
inclinata di un angolo  sarà sufficiente tracciare a partire dal centro del nostro cerchio di Mohr una
retta avente angolo  = 2. Le coordinate della sua intersezione con il cerchio di Mohr ci daranno il
valore della componente di taglio sull'asse delle ordinate e della componente normale sull'asse delle
ascisse.

Considerazioni nel caso di stress biassiale


Sono simili a quelle già fatte per via analitica:
1) Lo stress di taglio sarà massimo al punto A, perciò essendo  = 2 quando  = 45°.
2) Lo stress di taglio sarà minimo nei punti B e C quando  = 45° o 90° (infatti sen0 e sen180 = 0).
3) Per q = 0 e 90°N è uguale a 1 e 2.

Casi particolari:

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Nel caso di stress uniassiale compressivo ho 1 = 0 e quindi il cerchio di Mohr sarò tangente
all'asse delle ordinate
Nel caso della pressione idrostatica avrò che 1 = 2 per cui 1–2 / 2 = 0 e quindi avrò non un
cerchio ma un punto posto sull'asse delle ascisse a una distanza 1+2 / 2 = 1.
Se estendiamo il nostro ragionamento alla terza dimensione e costruisco il Cerchio di Mohr per 3
superfici tra di loro a due a due ortogonali allo stress applicato. Costruisco un cerchio di Mohr per
la superficie ortogonale a 1 e 2 , un'altra relativa alla superficie ortogonale 1 e 3

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