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GEOLOGIA
STRUTTURALE
A.A. 2012-2013
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Geologia Strutturale Corso di laurea in Scienze Geologiche - Cagliari
GEOLOGIA STRUTTURALE
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Geologia Strutturale Corso di laurea in Scienze Geologiche - Cagliari
In Fisica Dinamica due forze che agiscono (applicate) su uno stesso punto con uguale intensità e
direzione ma verso opposto producono un Lavoro W = 0, quindi si annullano, ma quando delle
forze agiscono su un blocco di roccia essendo questo non perfettamente rigido esso si deforma. Si
afferma quindi che tale blocco di roccia è sottoposto a SFORZO (= stress nella letteratura
anglosassone, e spesso di uso comune anche tra i geologi italiani).
Pa =
h=
Pl =
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superficie della base della colonna F/A è detta pressione litostatica (Pl). Considerando in peso di
volume = 2,7 kg/cm3, tale pressione litostatica sarà uguale a 2.700 + 9.700 =12.400 kg.
Lo sforzo va quindi considerato come una Forza di superficie = F/s, ma non va confuso con la
Forza (F = ma) o con la Pressione (F/s). Se infatti consideriamo lo sforzo su un piano questo è una
quantità vettoriale prodotta tra un vettore (la forza) ed il piano (uno scalare). Ma se consideriamo lo
sforzo in punto (come descritto nei paragrafi successivi) dobbiamo determinare le relazioni con tutti
i piani passanti per quel punto, e quindi lo sforzo sarà il prodotto tra due grandezze vettoriali, e
quindi sarà un cosiddetto tensore del secondo ordine. In alcuni testi (soprattutto anglosassoni),
quando si parla del primo caso, sforzo come forza/superficie, e quindi come pressione, talvolta è
chiamato trazione.
Lo sforzo è definito perciò come il rapporto tra una forza e la sua superficie di applicazione,
entrambi considerati come grandezze vettoriali (un vettore è caratterizzato da una direzione un
verso ed un modulo).
Per meglio comprendere la differenza tra forza e stress consideriamo una superficie ss, in questo
caso lo stress sarà = F/ss = F/A. Se però considero una superficie inclinata ss' questa sarà
ss'=A/cos, perciò = F/A cos (vedi più avanti: analisi bidimensionale dello sforzo uniassiale).
Per cui la forza applicata resta costante, ma lo stress varia essendo variata l'inclinazione della
superficie considerata.
Ne consegue che tra forza e sforzo esiste una differenza fondamentale che ha notevoli risvolti
pratici (Fig. 3)
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UNITÀ DI MISURA
m
kg 2
2 2 Pa
ma s N
A m m
E' in genere conveniente scomporre le forze di superficie, e quindi lo sforzo agente su una
superficie, in 2 componenti: una parallela ed una perpendicolare alla superficie stessa. Queste
componenti sono dette componente di taglio dello sforzo, o sforzo di taglio t (in alcuni testi ), e
componente normale dello sforzo o sforzo normale N (Fig. 5C).
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Fig. 5 - Forza e sforzo su una superficie. (a) Forza su un piano. (b) In condizioni di equilibrio una forza applicata sulla
faccia superiore di una superficie è bilanciata da una forza uguale ed opposta applicata sulla faccia inferiore della
stessa superficie. (c) Sono indicate le tensioni associate a una superficie di area in condizioni di equilibrio. La coppia
bilanciata di tensioni è lo sforzo sulla superficie; le coppie bilanciate delle componenti delle tensioni costituiscono la
componente normale e tangenziale dello sforzo.
Se è verificata la condizione di equilibrio, sulle facce opposte di una superficie esistono forze tali
che la loro somma sia uguale a zero (Fig. 5B). Poiché le forze agiscono sulla stessa area, anche le
tensioni e le relative componenti normale (sN) e tangenziale (t) sulle facce opposte debbono essere
uguali ed opposte.
Fig. 6- Convenzioni del segno per le componenti normali dello sforzo (a) e (b), e per le componenti tangenziali dello
sforzo (c) e (d).
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Negli esempi seguenti per ragioni di chiarezza di solito sono rappresentate solo le tensioni superiori
alle superfici, è sottinteso che queste sono equilibrate da tensioni contrarie e uguale intensità sulla
faccia opposta e pertanto nel testo sono discusse come sforzi.
Questo è un esempio di analisi dello sforzo importante in geologia strutturale e tettonica "fragile"
perché è il caso di una faglia. Il problema in genere è capire quando un corpo sollecitato da uno
sforzo si rompe e secondo quale orientazione. Lo sforzo agente sul piano sarà = F/ss' (Fig. 7).
1) Fn F cos
2) Ft Fsen
A
Poiché ss ' , sostituendo avremo:
cos
F cos F
3) n cos 2 cos2
A A
cos
Fsen F
4) t sen cos sen cos
A A
cos
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Riportate in un diagramma con riportate in ascissa i valori di inclinazione del piano ss' avremo:
la linea tratteggiata blu rappresenta gli stress normale e di taglio e quelle rosse le forze normale e di
taglio (Fig. 8).
Come si vede la Fn varia da un valore massimo sull'orizzontale ad un valore nullo per un angolo di
90°. Invece la Ft sarà uguale a 0 sull'orizzontale e massima su un piano inclinato a 90°
La componente dello stress normale n non si discosta come comportamento granché dalla F
normale mentre la componente dello stress di taglio t ha un comportamento nettamente diverso
rispetto alla Ft.
Infatti essendo presenti nell'espressione al punto 4) un seno ed un coseno, il suo valore risulta nullo
per 0° e per 90°, con un valore massimo teorico per 45°.
Questo significa che una superficie sarà sollecitata da uno stress di taglio uguale a 0 a 0° e 90°; in
questo ultimo caso quindi sebbene la Ft sia massima ma poiché l'orientazione della superficie
rispetto alla linea di azione della forza è 0 anche lo stress è pari a 0.
In pratica se noi sollecitiamo un provino di roccia avremo che i valori delle componenti dello stress
aumenteranno all'aumentare del carico imposto, ma in maniera diversa a seconda delle superfici,
soprattutto per la componente di taglio.
Se il materiale ha una soglia di resistenza al taglio questa viene raggiunta dapprima lungo superfici
orientate a 45°, e quindi il provino tenderà a gonfiarsi in corrispondenza di queste superfici
orientate rispetto alla forza applicata.
Tutto questo dimostra che:
a) non si può confondere F e
b) E' la t che provoca la fratturazione con scorrimento.
c) Fn e Ft variano in maniera diversa da n e t.
d) In realtà un t massimo a 45° è un caso teorico, in genere avviene per angoli più vicini a 30°, in
quanto non si hanno in natura materiali ideali.
Per definire lo sforzo su un singolo punto partiamo considerando lo sforzo agente su un piano
qualsiasi: "Il carico su una superficie qualunque causato da una forza applicata è funzione della
forza, dell'area e dell'inclinazione della superficie". Lo sforzo qualunque si risolve sulla superficie
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come due vettori con una componente normale n ed una componente t che si distribuisce sul
piano.
di cui 3 sono forze normali al piano e 6 sono forze di taglio che si dispongono parallelamente agli
spigoli del cubo. Nella notazione a pedice, il primo termine identifica il piano indicandone la sua
normale ed il secondo termine mostra a quale asse è parallelo il vettore. Perciò il termine con i due
pedici uguali identificano le componenti perpendicolari alla faccia (stress normale) mentre le altre
indicano le componenti parallele (stress di taglio).
Lo sforzo totale è perciò definito dalla seguente matrice
Le componenti di taglio dello stress con pedici opposti tendono a far ruotare il cubo attorno ad uno
degli assi del sistema, se ammettiamo che il cubo sia in equilibrio e quindi non stia ruotando (ad es.:
12 =21) avremo che le componenti indipendenti dello stress sono 6 e non 9.
Ridefinendole coordinate cartesiane del nostro sistema in modo che siano parallele agli stress
normali (quelli con valori a pedice identici) avremo che le componenti di taglio dello stress (quelle
con i valori a pedice differenti) siano nulle posso riscrivere la matrice così:
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In questo modo ho definito il campo di stress con solo 3 vettori individuando 3 piani perpendicolari
tra loro dove le componenti di taglio sono nulle.
Lo stato dello sforzo in un punto può essere rappresentato geometricamente disegnando i vettori che
rappresentano gli sforzi che agiscono su ogni piano passante per il punto considerato. Le estremità
di questi vettori disegnano un ellissoide (un’ellissi nel caso di analisi bidimensionali). Partendo
dalle equazioni che analizzano lo sforzo biassiale su un piano (quindi su due dimensioni, noi
abbiamo già trattato il caso dello sforzo uniassiale su un piano) si può ricavare l’equazione
descrittiva dell’ellissi (Fig. 9), dimostrando che i vettori che agiscono su tutti i possibili piani
passanti attraverso un punto descrivono un’ellissi, che viene chiamata ellissi dello sforzo (in tre
dimensioni ellissoide dello sforzo Fig. 10)
Fig. 9 - Ellisse dello sforzo, rappresentazione dello stato dello sforzo in due dimensioni.
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Fig. 10 - Ellissoide dello sforzo, rappresentazione dello stato dello sforzo in tre dimensioni.
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Componenti dello Sforzo su piani con direzione ortogonale alle linee di azione delle forze
applicate in un corpo sottoposto a stress biassiale
N.B.: questa parte non è stata affrontata durante le lezioni, perciò il suo studio non è obbligatorio,
anche se questo approfondimento è consigliato per meglio comprendere, con un'analisi di tipo
geometrico, lo stress bidimensionale.
In questo caso considero un 1 ed 2 che si risolveranno sulla superficie che esamino secondo un N
ed t che variano al variare della superficie (Fig. 11). Devo trovare delle relazioni che mi
permettano di determinare le componenti dello sforzo su una superficie in funzione della sua
inclinazione e del valore degli stress applicati.
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N = 2 * 1 - cos2 / 2 + 1 * 1 + cos2 / 2
N = 2 - 2 cos2 + 1 + 1cos2 / 2
Risolvendo il sistema per t avremo con un procedimento del tutto analogo che:
Si vede che su un corpo sottoposto a compressione da due parti diverse su qualsiasi superficie
comunque inclinata il N non sarà mai tensile.
Il t invece si annulla a 0° 90° e 180°. Il fatto che talvolta sia negativo significa che rispetto
all'osservatore si avrà un senso di taglio o scorrimento verso destra o verso sinistra.
L'analisi delle componenti dello sforzo per via analitica può essere fatto anche per via grafica
tramite la costruzione del Cerchio di Mohr, che è un metodo pratico per quantificare le componenti
normali e di taglio delle stress applicato ad una superficie e per determinare l'orientazione e la
forma dell'ellisse dello sforzo.
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N.B.: questa parte non è stata affrontata durante le lezioni, perciò il suo studio non è obbligatorio,
anche se questo approfondimento è consigliato per meglio comprendere, con un'analisi di tipo
geometrico, lo stress bidimensionale.
Le componenti dello stress che abbiamo esaminato precedentemente in via analitica, possono essere
facilmente rappresentate graficamente, con la costruzione del Cerchio di Mohr. E’ questo un
metodo pratico che ci permette di determinare quanta componente normale N e di taglio t c’è su
una superficie sulla quale è applicato un dato stress.
Le equazioni che ho applicato precedentemente dove:
N = 1+2 / 2 + 1-2 cos2
t = 1–2 / 2 sen2
hanno la stessa forma delle equazioni parametriche del cerchio:
x = e + cos;
y = r sen
Impostando:
e = 1+2 / 2 => coordinate del centro del cerchio
r = 1–2 / 2 => raggio del cerchio
Praticamente traccio un cerchio la cui distanza dall'origine del nostro sistema di riferimento, in cui
sull'asse delle ascisse rappresento lo stress normale e su quello delle ordinate lo stress di taglio, sia e
e la cui apertura sia r.
L'intersezione della circonferenza con l'asse delle ascisse ci indica il 1 ed il 2.
Per sapere quanto sono le componenti normale e di taglio di uno stress applicato su una superficie
inclinata di un angolo sarà sufficiente tracciare a partire dal centro del nostro cerchio di Mohr una
retta avente angolo = 2. Le coordinate della sua intersezione con il cerchio di Mohr ci daranno il
valore della componente di taglio sull'asse delle ordinate e della componente normale sull'asse delle
ascisse.
Casi particolari:
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Nel caso di stress uniassiale compressivo ho 1 = 0 e quindi il cerchio di Mohr sarò tangente
all'asse delle ordinate
Nel caso della pressione idrostatica avrò che 1 = 2 per cui 1–2 / 2 = 0 e quindi avrò non un
cerchio ma un punto posto sull'asse delle ascisse a una distanza 1+2 / 2 = 1.
Se estendiamo il nostro ragionamento alla terza dimensione e costruisco il Cerchio di Mohr per 3
superfici tra di loro a due a due ortogonali allo stress applicato. Costruisco un cerchio di Mohr per
la superficie ortogonale a 1 e 2 , un'altra relativa alla superficie ortogonale 1 e 3
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