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ALDO FAVINI

architettura e costruzione
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INDICE

L’opera di Aldo Favini tra architettura e ingegneria


1 - Aldo Favini: architettura e ingegneria in opera
16 - Architetti italiani in Svizzera
27 - AL.FA brevetti d’invenzione industriale
45 - La biblioteca dell’ingegner Aldo Favini
55 - Forma come struttura; struttura come forma
60 - Il calcestruzzo armato
83 - Il calcestruzzo armato precompresso
98 - Giedion e l’estetica del calcestruzzo armato: lastra e piano
100 - | ponti di Robert Maillart

106 - Microstorie d’architettura

115- La manualistica europea e il ruolo delle riviste


1283 - | brevetti d'invenzione industriale
128- L'innovazione italiana: tra brevetti industriali, manualistica e riviste.
140 - La continuità delle costruzioni in Casabella.
154 - Cassaforme virtuose
172 - L'insegnamento delle Scienza delle Costruzioni in Italia.
174- L'anima dei due politecnici: Colonnetti a Torino e Danusso a Milano.
La cultura italiana di Scienza delle Costruzioni. L'orientamento di Aldo
Favini.
191 - Note al testo

L’Archivio

216 - L'inventariazione di un archivio: criteri, scelte, metodologia

220 - Regesto delle opere di Aldo Favini

Appendici

301 - Conversazione con Aldo Favini, 30 settembre 2010


8320 - Conversazione con Aldo Favini, 25 ottobre 2010
340 - Scritti di Aldo Favini
851 - “Favini un geniale ingegnere”, Professor Adrian Mebold
8358 - Bibliografia Generale
“Ogni edificio che vedi è l’immagine di un uomo che non vedi; l'uomo è la
realtà, la costruzione è la tangibile creazione del suo carattere”.
Frank Norris, Storia di un architetto, Longanesi, Milano, 1960.
Aldo Pio Favini: architettura ed ingegneria in opera
Aldo Pio Favini nasce il 4 agosto 1916 a Varallo Pombia, in provincia di
Novara. E il secondo di tre fratelli, Leonato!, architetto, e Pietro, titolare
dell'impresa edile ereditata dal padre Bernardo, costruttore.
Aldo Favini, all’età di tre anni, si sposta con la famiglia a Roma, dove
il padre collabora con la società S.A.R.C.A., Società Anonima Romana
Cementi Armati, una delle imprese edili più importanti della città
capitolina. | principali clienti del padre sono esponenti dell'aristocrazia
di Roma, unitamente alle commesse che riceve dal Vaticano.
La sua formazione, ancora prima di svilupparsi in modo sistematico
all'università avviene attraverso l'ascolto dei racconti del nonno
paterno, pioniere del calcestruzzo armato e costruttore di grandi opere.
Ed è proprio grazie ad uno di questi racconti, riproposto durante una
discussione in studio da Mario Ridolfi e Vittorio Serao, che viene notato
come “brillante ingegnere” e gli viene affidato il compito di verificare la
struttura di uno dei tre ponti che lo studio stesso presenterà al Concorso
per un ponte sul Tevere presso il Foro Mussolini.
É il 1935, Favini in realtà non ha ancora terminato il quinto anno della
Scuola Tecnica Professionale per perito edile, ma il Professor Serao lo
coinvolge attivamente nella progettazione presso l'ufficio tecnico, da lui
diretto, dell'Impresa Vitali di Roma.
In occasione del concorso gli viene affidato l’incarico di calcolare la
soluzione statica del “Ponte Tipo Risorgimento”*, lo stesso che poi
Favini analizzerà con una tecnica di calcolo differente e presenterà nel
progetto di laurea sotto la guida del Professor Aristide Giannelli.
L'anno seguente, grazie alla riforma scolastica Gentile, che permetteva
agli studenti dell'istituto tecnico edile di iscriversi alla Facoltà di
Scienze Economiche, il padre lo iscrive all'università cercando di
convincerlo a seguire la carriera di commercialista, così da poterlo
inserire nella propria attività imprenditoriale per occuparsi degli aspetti
economici della società. Trascorso poco tempo Favini lascia l'indirizzo
di Scienze Economiche per iscriversi alla Facoltà di Ingegneria, dove
finalmente può occuparsi dei suoi interessi per il calcolo e per il
calcestruzzo armato. Durante gli studi universitari intraprende l’attività
professionale, seppur marginalmente, con il padre ed il fratello, con i
quali collaborerà per breve periodo.
A soli due giorni di distanza dalla laurea, avvenuta il 14 luglio 1942,
Favini è chiamato alle armi. Presta servizio come sottotenente di
artiglieria al reparto contraereo di Ferno, presso Vizzola Ticino, in
provincia di Varese; comandante del battaglione è il capitano Mario
Tamburini, titolare dell'omonima impresa edile milanese, con il quale
stringerà un lungo sodalizio professionale fino a metà degli anni
Sessanta. Con la resa dell'esercito italiano, l'8 settembre 1943, coincide
la fine del servizio militare di Favini, il quale riesce a fuggire con mezzi
di fortuna da Milano prima e da Ponte Tresa poi, dove la notte del 19
settembre passa il confine svizzero. °
La notte stessa è fatto prigioniero dall'esercito elvetico che lo invia a
Kirchberg e successivamente nel campo di internamento di Murren,
dove tiene le prime lezioni di Scienza delle Costruzioni.
L'attività “didattica” ha inizio in modo quasi fortuito, quando, su richiesta
del comando italiano, intrattiene i propri commilitoni universitari, con
brevi lezioni sul calcolo delle strutture. Solo successivamente viene
notato dall'ingegner Gustavo Colonnetti, anche egli internato, il quale lo
inserisce nel proprio organico universitario, con la qualifica di assistente
alla cattedra di Scienza delle Costruzioni al Campus Universitario
Italiano presso il Politecnico di Losanna. Qui Favini conosce altri
personaggi di spicco della cultura italiana dell’epoca: Ernesto Nathan
Rogers, Alberto Rosselli, Angelo Mangiarotti, Vito Latis, Vico Magistretti,
Silvano Zorzi, Adriano Olivetti e Giulio Minoletti. Con molti di loro
collaborerà al termine della guerra, in Italia, dove darà avvierà la sua vita
professionale introducendo la cultura del precompresso, attività che lo
metterà in contrasto con il mondo accademico milanese del Politecnico,
permettendogli anche però di stringere durature collaborazioni con
Mangiarotti ed Olivetti.

Negli stessi anni svolge attività di ricerca e didattica con Franco


Levi; nel 1945 il Professor Stucchi, rettore del Campo Italiano presso
M. Ridolfi,
progetto di
concorso per
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Risorgimento sul
Tevere presso il
Foro Mussolini,
Roma.
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il Politecnico di Zurigo, lo trasferisce presso il Campo Polacco di
Winterthur, dove inizia l'attività di ricerca sulle volte sottili, tema che lo
accompagnerà per tutta la vita professionale.
Con il termine della Guerra nel 1945, Favini in ottobre rientra in Italia
dove con l'amico Capitano Tamburini, svolge l’attività professionale a
Milano. Nominato Direttore dell'Impresa, Favini è libero professionista
con partecipazione agli utili. In questi anni conduce l'Impresa
audacemente in realizzazioni strutturali complesse e spesso al centro
di polemiche accademiche, ma nonostante le avversità, riesce a
sperimentare importanti soluzioni in calcestruzzo armato precompresso.
Nel 1946 pubblica in Italia su Il Cemento, rivista tecnica di settore, il
suo primo articolo a carattere scientifico dal titolo “Calcolo di una volta
sottile a forma di conoide”*. precedentemente aveva già pubblicato
A. Favini,
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I Bio

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A. Favini,
G. Gho,
due scritti durante gli anni di guerra, internato in Svizzera, “Lezioni
Stabilimento di cemento armato” presso il campus Universitario della Facoltà di
Kodak,
Caserta, Ingegneria di Losanna, nel 1944, e lo scritto “Volte sottili in C.A.” per le
1974.
Edizioni del Centro Studi per l'Edilizia, a Winterthur nel 1949. Tali studi
teorici sfoceranno in quella che universalmente è divenuta l'emblema
del costruire secondo Favini: la Pensilina Aquila a Sesto San Giovanni,
Milano, 1949, cioè i] primo edificio compiuto ed ideato individualmente,
realizzato per conto dell'Impresa Tamburini su commissione dell'Ente
Idrocarburi Aquila.

In questi anni l'attività scientifica di Favini è successivamente


riconosciuta e richiesta dalle principali riviste d'architettura come
Domus, diretta da Ponti, e da La rivista italiana del cemento, o dal
Giornale del Genio Civile, dove pubblica a lungo i suoi scritti teorici
in materia di precompressione, presentando anche le opere da lui
costruite. Assumono notevole importanza anche gli interventi che Favini
presenta durante le numerose conferenze internazionali cui è chiamato a
partecipare, richiamando all'interesse generale sia il proprio lavoro, sia
l’attività di ricerca svolta. Nel 1950 si reca in Francia con Silvano Zorzi,
su consiglio di Gustavo Colonnetti, per incontrare Eugène Freyssinet”;
a causa di molteplici disguidi non gli riuscirà, incontrerà però Bernard
Laffaille®.
A. Favini, ia UR
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Pellegrino,
Milano,
1955.

A. Favini,
Garage
stabilimento
Franchi,
Borgosesia.
1965.
A. Favini,
Montaggio
fotografico,
Gantiere dello
Stabilimento
Gondrand,
Pioltello
1968.

l'anno seguente brevetta un sistema di precompressione di sua


invenzione il cosiddetto “sistema Favini”, che verrà poi studiato,
€ copiato, in tutta Europa. Negli anni seguenti continua l'attività
professionale e la sperimentazione di strutture leggere e precompresse:
collabora con architetti quali Nizzoli ed Olivieri per la Chiesa del
Sacro Cuore di Ivrea®, commissionata da Adriano Olivetti, la Chiesa
Mater Misericordia di Baranzate'!°, con Mangiarotti e Morassutti, con
i quali lavorerà separatamente poi a progetti noti come il Deposito
delle Birra Poretti a Mestre, il Magazzino per l’Aperol a Padova, oppure
lavorando con Giovanni Muzio alla stupenda copertura dell'aula magna
dell’Università Bocconi ed allo Stabilimento Kodak con Gigi Ghò.
Collateralmente all'attività svolta con gli architetti, Favini continua
l'attività professionale in proprio, come nel Deposito Medicinali San
Pellegrino a Milano del 1955, il complesso industriale Franchi a Borgo
Sesia realizzato tra il 1960 ed il 1965, ed il Centro Operativo per i Fratelli
Gondrand a Pioltello del 1968.
Favini però, oltre che un abile ingegnere strutturale è impegnato alla
ricerca di una forma compiutamente architettonica come risultato del
sapiente calcolo scientifico, è anche un abile inventore. Ciò è dimostrato
dai suoi dieci Brevetti di Invenzione Industriale, ad oggi attivi sul
mercato, che hanno permesso di semplificare la costruzione in opera
di importanti componenti strutturali: si ricordano il "coppone AL-FA
trave”, |’ “elemento prefabbricato di copertura con parete sottile” ed il
“dispositivo per ancorare una serie di tre o più fili o tondini metallici,
particolarmente per l'applicazione al cemento armato precompresso”,
quest'ultimo datato 1953.
Nel 1975 Favini vince il primo premio al Concorso europeo per la
miglior struttura metallica, grazie al progetto realizzato per la “Sede
I.B.M. a Novedrate, Como”, dove la struttura portante dell'edificio è
mista, ovvero un sapiente uso, collaborante, di strutture in precompresso
e strutture metalliche.
A. Favini,
8, Morassutti,
A. Mangiarotti,
Stabilimento
Morassutti,
Padova,
1959.
Gondrand,
Pioltello
1968,

Foto di Cantiere
di A. Favini,

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Morassutti,
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1959,
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Fotografia di
G. Casali.

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A. Favini,
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Milano,
1959.

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A. Favini,
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1959.

Fotografia di
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A. Favini,
Stabilimento
Max Market,
Trezzano sul
Naviglio,
1959.

Montaggio
fotografico,
A. Favini

A. Favini
Stabilimento
Max Market,
Trezzano sul
Naviglio,
Prove di carico
del coppone
ALFA.
1959.

Montaggio
fotografico,
A. Favini

13
A. Favini,
B. Morassutti,
Ecco allora l'origine elegante dell’Aperol elaborato con Morassutti, le
Sezione cui travi, unitamente ai pilastri costituiscono la sola architettura del
trasversale della
struttura, progetto, sono ispirate alla forma di canoe sul lago Titicaca, oppure la
Villa von Saurma,
Termini di
pianta della Chiesa del Sacro Cuore ad lvrea con Oliveri e Nizzoli; essere
Sorrento, originata dalla campata tipo, ideata da Favini con il piegamento in pianta
1962-64,
e copertura di un'esile parete spessa 8 cm., è un ricordo infantile del
piegare un foglio di carta per trasformarlo in struttura aerodinamica
capace di volare.

“Lui vivo, il suo paese non ne seppe apprezzare l'importanza. Gli


furono sovente opposte delle difficoltà, le sue intenzioni furono spesso
interpretate malamente; ed egli non poté dare tutto quanto avrebbe
potuto. Sappiamo ormai che ciò si spiega quale conseguenza del
distacco fra la percezione intellettuale progredita, e quella emotiva
rudimentale, che oggi si fa sentire in tutti noi, ed è uno dei maggiori
impedimenti allo sviluppo della nostra cultura.”!'

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Architetti Italiani in Svizzera

Seguendo vicende, percorsi e necessità diverse, durante gli anni


quaranta, un gruppo di giovani architetti italiani, per la maggior parte
milanesi e spesso vicino al Movimento Moderno, viene accolto, aiutato
materialmente ed a volte ospitato dai colleghi svizzeri, all'insaputa delle
autorità locali che regimentavano l’immigrazione!?. Durante l'esilio nasce
la possibilità di lavorare a fianco degli architetti svizzeri con obbiettivi
già proiettati oltre il termine del conflitto in atto. Ernesto Nathan
Rogers!*, Vico Magistretti!‘, Vito e Gustavo Latis'?, Paolo Chessa, Angelo
Mangiarotti, Enea Manfredini, Aldo Favini, frequentarono a vario titolo
gli ambienti accademici svizzeri. La Svizzera era il paese dei maestri
della nuova architettura, di Le Corbusier e dei C...A.M. al castello di
La Sarraz!, Il paese elvetico ospitava complessivamente circa 45.000
italiani che avevano varcato il confine in quegli anni.!”
Insieme a migliaia di persone comuni trovano protezione anche: Luigi
Einaudi!*, Altiero Spinelli, Amintore Fanfani, Dino Risi, Giorgio Strehler,
Indro Montanelli, Franco Fortini ed Adriano Olivetti, che durante il
soggiorno svizzero scrive “L'ordine politico delle comunità”. Agli
italiani!* si unirono persone ed intellettuali in fuga dall'Europa, tra i tanti
vi erano Joyce e Musil.

Gli italiani vennero quasi tutti internati inizialmente nel Canton Ticino,
dove sorsero più di 150 campi”. Nei campi le libertà erano limitate,
seppur in modo lieve, infatti i giovani militari italiani poterono usufruire
di corsi universitari presso atenei locali, usufruendo dell'appoggio delle
autorità elvetiche. Molte delle iniziative che, nel campo dell'architettura,
sono avvenute successivamente in Italia, nel dopoguerra, derivarono da
rapporti interpersonali sviluppati durante gli anni di permanenza svizzeri.
Rogers riesce a varcare il confine svizzero nel 1943, successivamente
internato a Vevey, vicino a Losanna. In realtà vi è una discrepanza
temporale, infatti Rogers arriva a Vevey solo nel 1944, precedentemente
alcuni fonti? riportano la sua presenza presso Haus Bill? e quindi
potrebbe essere stato internato presso il campo di Winterthur. Nel
frattempo un altro architetto milanese, Vito Latis, è internato in un Campo
vicino Zurigo.? | direttore del Campo Universitario è l’Ingegner Gustavo
Colonnetti?*, già Rettore del Politecnico di Torino, nominato dopo la fine
delle guerra nel ‘45, Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche,
e come tale sarà insieme a Rogers il principale promotore del Primo
Convegno Nazionale sulla Ricostruzione nel dicembre dello stesso anno.
Gustavo Colonnetti lascia l'Italia per la Svizzera il 20 settembre 1943,
accompagnato dalla figlia maggiore Elena; la moglie Laura con gli altri
quattro figli varcano il confine un mese e mezzo dopo, raggiungendo
Colonnetti il primo di novembre. Inizialmente soggiornarono a Lugano,
in Canton Ticino, presso il Vescovo Monsignor Jelmini, dove Colonnetti
collaborò alla Gazzetta Ticinese, con lo pseudonimo di “Etegonon”?°
scrivendo articoli su temi politici. Successivamente si spostarono nei

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Foto di gruppo
del primo GIAM,
cantoni più interni prossimi al confine svizzero, soggiornando a Losanna.
tenutosi presso il Qui, riceve l’incarico di insegnamento di Scienza delle Costruzioni
Castello di
La Sarraz, presso l'Ecole des Ingénieurs, dove aveva tenuto una conferenza nel
1928.
1941. Con l'insegnamento Colonnetti diventa una figura di spicco del
mondo accademico elvetico, e così, dopo numerose battaglie riesce
ad ottenere la possibilità di aprire “Campi Universitari” a Friburgo,
Ginevra e Losanna, assicurando la presenza complessiva nei tre atenei
di oltre 500 studenti italiani rifugiati. Fondamentale è stato il suo
apporto al Campo Universitario di Vevey, dove si iscrissero oltre 200
studenti, di cui la metà in Ingegneria ed Architettura, mentre i restanti
si iscrissero a corsi di medicina, lettere ed economia. La moglie Laura
era impegnata nell'attività del Fond Européen de Secours aux Etudiants
(FESE), di cui divenne responsabile per l’Italia al suo rientro nel 1944,
permettendo così il riconoscimento degli studi universitari compiuti
dagli italiani durante la permanenza in Svizzera. Il 26 gennaio 1944
Colonnetti inaugura il Campo di Losanna con un discorso rivolto alla
“patria lontana (..) che soffre divisa e sconvolta, ma che nel dolore e nel
sangue conserva intatta la sua inflessibile volontà di risorgere e chiede
a voi, giovani, il dono delle vostre forze, delle vostre intelligenze e dei
vostri cuori”.26 A Losanna Colonnetti lavora a stretto contatto con Franco
Levi”, fuggito in Svizzera a causa delle sue origini ebree, che diverrà poi
suo fidato collaboratore al rientro in patria, quando fondarono insieme a

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Torino il Centro Studi sugli Stati di Coazione Elastica”. Più tardi Levi così
ricorda come a Losanna iniziò per il Rettore Colonnetti uno dei periodi
“più fecondi, interamente dedicato all'insegnamento, alla formazione
morale, politica e culturale dei giovani, ed anche a qualche iniziativa
scientifica. Una delle imprese più ardite del Nostro: l'organizzazione di
conferenze settimanali tenute da eminenti rifugiati: Einaudi, Malfatti,
Concetto Marchesi, Colonnetti stesso ed altri, il cui contenuto spesso
superava i limiti della neutralità.”
Attorno alla figura di Colonnetti si pongono le basi della ricostruzione
edilizia del paese. Fonda il Centro Studi per l'Edilizia, dove vi lavorano
tra gli altri Favini, oltre che architetti e ingegneri provenienti dai tre
campi di Losanna, Ginevra e Friburgo, sotto la guida di un comitato
di direzione composto oltre che da Gustavo Colonnetti, da Maurizio
Mazzocchi ed Ernesto Nathan Rogers. Sul Lago Lemano Rogers
alternerà il coordinamento del “Bollettino Centro studi per l'edilizia”
all'insegnamento, prima nel Campo Universitario e poi nell’Haute Ecole
d'Architecture di Ginevra. Il Bollettino è pubblicato in 5 numeri, con
saggi tra gli altri di Einaudi, Mazzocchi, Olivetti, Rogers, Colonnetti
ed Aldo Favini, che pubblicherà i suoi primi studi sul cemento armato
intitolati rispettivamente: “Volte sottili in cemento armato” e “Lezioni
di cemento armato”, testi che saranno poi condensati all'interno della

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