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PREMESSA

Ci sono storie che vanno scritte, vite che vanno raccontate.


Chi fino ad oggi cercava notizie su Gino Covre trovava poche
righe e sempre come figura di secondo piano. Questo non era
giusto perché alla storia dell’ingegneria italiana mancava uno
dei suoi protagonisti.
Il racconto della vita di Gino Covre ci mostra la sua tenacia in
tempi difficili, caratterizzati da guerre, distruzioni e conflitti
politici, e la sua capacità di conservare creatività, generosità e
ottimismo in ogni circostanza e la modestia di non apparire in
opere straordinarie che senza di lui non sarebbero esistite.
Fausto Giovannardi

INDICE

La vita

Brevetti

Scritti

Opere

Postfazione di Jolanda Covre

Nella pagina precedente Gino e Jolanda 1946


La vita
Gino Covre è nato a Venezia il 16 a agosto 1892 alle 9:30, in sestiere Castelli n. 4951
1, da Luigi (1865-1913) e
Maria Gabrielli (1865-1943). Luigii e era un bravo ebanista, Maria accudiva alla cassa ed alla famiglia, dove
oltre a Gino arrivarono altri tre figli
gli; Guido nel 1894, che morirà a soli 22 anni, p probabilmente in guerra,
1
Giorgio nel 1898 che muore poco do dopo, ad un anno e Mario che nasce a Taranto nel ne 1905, dove la famiglia
si era trasferita e dove rimase per tre anni.

A parte la parentesi a Taranto, da al luglio 1905 all'ottobre 1908, Gino trascorre l'l'infanzia nell'amatissima
Venezia dove frequenta l’Istituto Tecnico
Te e Nautico “Paolo Sarpi”, sezione industri
triale, per poi iscriversi al
Politecnico di Milano nell'anno acca
ademico 1911/12, frequentando i primi due anni d della Scuola preparatoria
2
per Ingegneri ed il primo anno della
la Scuola di applicazione per Ingegneri industriali . A Milano, abita in corso
Magenta 33, conosce la giovane En nrica Gabrieli (Milano 1891-1946) che sposerà poc oco dopo.

Sono anni tragici, muore il padre,, è prossima l'entrata in guerra e viene chiama ato a prestare il servizio
militare nella Marina. Alla visita dii leva
l gli riscontrano problemi di congiuntivite, risu
isulta abile ma assegnato
alla III categoria in quanto primoge enito di madre vedova. Non risulta impegnato in azioni militari, e la sua
breve leva si svolge nell’arsenale inn attività sedentarie.
Le mutate condizioni di vita non gli consentono di terminare gli studi ed inizia a la lavorare nel campo delle
costruzioni civili. Si sposa a Venezia
zia il 26 dicembre 1914 e vanno ad abitare in sest striere Cannaregio fino al
novembre 1917 quando si trasferi riscono a Milano per sette anni, fino al 1924,, per spostarsi a Torino,
ritornando a Venezia nel dicembre 1 1929, dove rimangono fino al novembre 1935.

Pur non avendo riscontri diretti,, svolge una intensa


attività professionale, che lo porta,, nel 1923 a proporre,
nel campo esecutivo, un sistema co ostruttivo costituito da
blocchi forati da armare e solidarizza
zare con getti in opera
3
di cucitura, e nel 1932 a presen entare in un libro lo
"Statimetro Covre", strumento da lui brevettato, per
calcolare velocemente gli enti geom ometrici di qualunque
sezione piana anche a comportame ento non omogeneo,
nonché per lo studio delle strutture iperstatiche
i mediante
il principio dell’ellisse d’elasticità
tà, dimostrando una
profonda conoscenza di quella che he allora si chiamava
Scienza delle Costruzioni.

È in questo periodo che entra in con ontatto con la Antonio


Badoni S.p.A. di Lecco, specializ lizzata in costruzioni
metalliche, dove inizia la sua car arriera anche Fausto
4
Masi , che si manifesta da subito to grande divulgatore
delle costruzioni metalliche.
Tutta la sua attività professionale e futura è legata alla
Badoni di cui diventa il progettista,, ed
e è in questo ruolo,
che progetta le strutture metalliche e della casa Feltrinelli
a Milano, degli architetti Alberico e Lodovico
L Barbiano di
Belgiojoso, riconosciuto esemmpio di architettura
razionalista e probabilmente il ponte sulla statale
Venezia-Trieste, primo ponte in acciaio interamente
saldato.

1
nel 1955 si trasferisce a Verona. Avrà quattro figli
figl Guido, Giorgio, Mario e Giuseppe.
2
all'epoca il corso di studi era composto da un bie
biennio di scuola preparatoria e, a seguire, da un triennio di scuola
la d'
d'applicazione.
3
“Biografie”, a cura di Gianluca Capurso e Patriz
atrizia Fermetti, Gino Covre (1892-1971) , in “Rassegna di architettu
ettura e urbanistica”, nn. 121/122,
gennaio-agosto 2007, pag. 164 Edizioni Kappa,, Rom
Roma..
4
Fausto Masi (Roma (1904 – 2000) laureato in ingegneria
in industriale meccanica specializzato in costruzioni metalliche,
met è stato uno dei Maestri
dell'ingegneria italiana del XX secolo nel campo
o delle
de strutture metalliche.
La Badoni
Il primo insediamento industriale della Badoni esiste a partire dalla seconda metà del '700, nel territorio di
Lecco: si tratta di un opificio con fucina e lavorazione dei metalli. Nella prima metà del XIX° secolo l'azienda
entra nei settori della siderurgia, della metallurgia e della meccanica con stabilimenti a Castello di Lecco e a
Mandello del Lario. Nel corso del secolo l'attività si estende alla produzione di verghe in ferro, lavorazioni di
lamiere, cerchioni, assali, incudini, morse e chiodi, effettuata sia nello stabilimento di Castello, sia nel nuovo
insediamento produttivo di Bellano, nell'alto lago di Como. Tra i collaboratori dell’azienda di Bellano da
segnalare un ingegnere alsaziano, esperto in metallurgia, arrivato in Italia come ufficiale al seguito di
Napoleone: si tratta di Giorgio Enrico Falck, il futuro fondatore di una delle più importanti dinastie industriali
italiane. Questo è solo il primo legame che collegherà le famiglie Badoni e Falck e le rispettive Società,
anche negli anni a venire. A partire dal 1878, con la nuova generazione familiare, la Società riprende slancio
dedicandosi alla produzione di costruzioni in ferro quali ponti, pensiline, tettoie e, soprattutto, di una
tecnologia innovativa: gli impianti per la produzione di gas per illuminazione. Nel 1900 la Società modifica
nome e ragione sociale in “Antonio Badoni & C”. Nel 1908 nella guida dell'azienda subentra il giovane neo-
laureato ing. Giuseppe Riccardo, figlio di Antonio che, nel 1912, trasforma la Società in società anonima. Nel
1915 la Società subisce una ulteriore trasformazione con l’ingresso nel capitale di due soci milanesi, Bellani
e Benazzoli, ed assume il nome di “Badoni & C. Bellani Bonazzoli”, conosciuta anche come “BBB”. Nel 1922
torna sotto il pieno controllo della famiglia Badoni che ne acquisisce l’intera proprietà e subisce una ulteriore
trasformazione di nome e ragione sociale divenendo la “Antonio Badoni S.p.A.”. La produzione si consolida
nei prodotti tradizionali della carpenteria e meccanica pesante, uscendo dai mercati locali, crescendo fino a
realizzare opere prestigiose nel mondo e diventando un’azienda riconosciuta ed affermata, leader nel
settore, in contesti nazionali e internazionali. Nella proprietà, a fianco della famiglia Badoni, entrano anche le
Acciaierie Falck, consolidando quel legame storico e famigliare che aveva già caratterizzato la fase iniziale
di entrambe. La morte, negli anni settanta, dell'ultranovantenne ing. Giuseppe Riccardo e la dismissione
dalle partecipazioni in alcune realtà industriali delle Acciaierie Falck negli anni novanta, determinano la
cessione dell'azienda con il subentro nella proprietà di una società finanziaria con interessi immobiliari. La
realtà industriale e produttiva sembra giunta al capolinea quando, nel marzo del 1993 il Tribunale di Lecco
sentenzia il fallimento. Nel 1997 il gruppo Bonfanti acquista dalla Procedura fallimentare della “Antonio
Badoni S.p.A.” il marchio, il know-how, i progetti, le referenze commerciali dell’azienda con l’intenzione di
riattivare e rilanciare una delle più antiche e prestigiose realtà industriali italiane. Ciò avviene con la Badoni
s.r.l. che ne eredita la prestigiosa storia industriale, acquisisce Costameccanica e rialza il vessillo di una
parte importante della storia e della tradizione industriale del territorio lecchese.
Accademia Nazionale delle Scienze
5
Alla fine del 1935 si trasferisce a Roma, dove il riferimento per la Badoni è l’ing. Adelchi Cirella , figura molto
ben inserita nei Ministeri e negli appalti, per progettare e seguire l’esecuzione di alcuni importanti lavori,
quali l’aviorimessa all’Aeroporto Vigna di Valle a Bracciano e la copertura della sala motori nell’aeroporto
del Littorio, ma soprattutto il progetto del gigantesco Arco Imperiale per l’Esposizione internazionale del 1942
e la copertura del Palazzo dei Ricevimenti e Congressi, su progetto di Adalberto Libera nella zona che
diventerà l’EUR.

La cupola del palazzo dei Ricevimenti


e Congressi in costruzione

5
Adelchi Cirella nato a Ficarolo (RO) il 22/06/1889 si laurea in Ingegneria Civile a Roma nel 1913, ben inserito nel regime fascista;nel 1931 è eletto
nel Direttorio Nazionale del Sindacato Nazionale Fascista Ingegneri ed insignito commendatore della Corona d’Italia, Iscritto all’Ordine Ingegneri di
Roma con il n.100 dal 9/08/1926 al 9/05/1972 giorno della sua morte.
Il progetto dell’arco in alluminio
Aldechi Cirella e la moglie

…si andava spesso a pranzo fuori, con lui e la


moglie, una coppia senza figli.
Molto amato il ristorante la Cesarina.
Jolanda Crove

Instancabile, registra due brevetti: n. 343079 del 10 set. 1936, “Arco a volta, composti o costituiti con
elementi a telaio” e n. 354496 del 24 nov. 1937, “Complesso ondulato scomponibile per volte, impalcati,
coperture e pareti”.

Nel 1939 all’inizio del


secondo conflitto mondiale,
la Badoni realizza il primo dei
grandi capannoni industriali
della Innocenti a Lambrate,
un grande edificio, progettato
da Covre, a tre campate di
25 metri per una lunghezza
di 310 metri.

Il capannone Innocenti a
Lambrate
Nel giugno 1940 l’Italia entra in guer
erra ed i lavori si fermano fino alla liberazione.
Nel 1946 si costituisce formalmente te un ufficio della Società Badoni a Roma allo o
scopo di coordinare e sviluppare il lavoro tecnico-commerciale derivante dalla sua a
competenza e dall’utilizzo del suo b brevetto per la saldatura degli acciai applicata a
grandi infrastrutture.
Il 2 luglio muore a Milano La mogliee Enrica.

La fervida stagione della ricostruzuzione lo vede impegnato nella costruzione dii


numerosi capannoni alla fiera di M Milano ed a quella del Levante a Bari e nello o
straordinario progetto dei traliccii per
p l’attraversamento elettrico dello stretto dii
Messina, che non sarà scelto per es essere realizzato ma lo sarà, dieci anni dopo, perr
l’attraversamento della baia di Cadic
ice in Spagna (nemo propheta in patria).

Grafico della Torre di Messina

Del 1948 sono altri due brevetti : n. 429307 del 21 gen. 1948 “Trave metallica ad d
elementi solidali con momenti se econdari eliminati o prestabiliti” e n.429818 del
3 feb. 1948 ”Fondazione ad elemen enti metallici componibili e con cerniera elastica
a
sferica senza perni”in cui presenta ta la sua invenzione più diffusa, che la Badonii
utilizzerà per la costruzione di moltis
tissimi capannoni.

Presentiamo qui esempi di


costruzioni per industrie
ie
leggere, intendendo conn
questa definizione quei
ei
fabbricati industriali ovee
siano richiesti principalmente te
sforzi dovuti a carichi statici ci
e siano limitati gli sforzi zi
dinamici generati da gru o
altre cause. Nello studio di
questi fabbricati si sono o
ampiamente affermate le
strutture progettate dall'Ing. g.
Gino Covre. Dal punto di vista vis della composizione
costruttiva queste strutture re sono basate sul
concetto fondamentale che cconsidera come schema
di struttura quello derivante e da una trave a telaio
con punti predeterminati d di momenti nulli sui
montanti e sulle briglie e con on nodo montante-briglia
ridotto allo schema delle tens nsioni principali.
Applicando le strutture «Co ovre» abbiamo ottenuto
risultati molto brillanti, riusc scendo a conciliare la
leggerezza delle strutture re con la necessaria
robustezza, Moltissime costr struzioni di questo tipo
sono state eseguite dalla n nostra Società in Italia
ed all'Estero ed in questo sto fascicolo ne sono
presentati alcuni esempi tra i più significativi.
Tutte queste strutture sono no costruite saldate in
officina e montate a bulloni.i. Alcune di queste sono
costruite in acciaio ad alta resistenza, altre in
acciaio comune.
Tutti i calcoli delle strutture so
sono condotti in modo rigoroso tenendo cont nto delle più moderne
esperienze ed in base alle «Istruz
ruzioni del Consiglio Nazionale delle Ricerche».
Catalogo Badoni su Industrie le
leggere e magazzini.

… è stata adottata la struttura chec corre sotto il nome di chi scrive e che è caratterizzata da un
sistema a telaio con composizio zione dei nodi ridotta allo schema delle tens nsioni principali. Questa
vuotatura del nodo nelle zone dovedo le linee di forza elastiche si diradano, con
onsente una economia di
materiale notevole ed il conse seguimento di effetti estetici generalmente a apprezzati, e, spesso,
semplificazioni costruttive e di mon
ontaggio di qualche interesse.
Gino Covre
SATAM-Maccio di Villaguardia - veduta della struttura "Covre" per la copertura - aprile 1952
Fonte SIRBeC

Covre Gino brevetto n. 429307 rilasciato il 21 gen. 1948


“Trave metallica ad elementi solidali con momenti secondari eliminati e prestabiliti”
Non si limita alle costruzioni edilizie e forte dei suoi studi giovanili a Venezia, progetta un sistema originale
(sistema Covre) per la costruzione di scafi, che viene applicato nella costruzione della motonave “Risveglio”
da 45 ton, di cui viene costruito un esemplare con lo sforzo comune della Badoni, dei Cantieri Navali Toffolo
di Venezia e della FIAT Grandi Motori. Scrive al riguardo l’articolo “Composizione di scafi con elementi
prefabbricati” sul n.2-1950 di Costruzioni Metalliche.

La motonave in costruzione – Archivio Badoni

Il 27 ottobre 1951 si sposa a Roma con Maria Antonia Zadro (Pramaggiore (VE) 1913 - Roma 2008)

I suoi uffici, prossimi all’appartamento sono stati in via Giacomo Boni n. 4, angolo XXI aprile, in via Barberini
ed in ultimo in via Nomentana 126, angolo XXI aprile. Ogni anno faceva un pranzo con tutti gli impiegati,
mogli comprese.

Gli anni ’50 lo vedono impegnato in numerose sfide progettuali di primaria importanza nazionale. Partecipa
in preparazione delle Olimpiadi a Roma, con il gruppo dell’arch. Cesare Lisini all’appalto concorso per lo
Stadio Nazionale di viale Tiziano a Roma, (poi stadio Flaminio,vinto da P.L.Nervi), con l’arch. Eduardo
Vittoria alla costruzione delle Officine Meccaniche Olivetti a San Bernardo lvrea; realizza le strutture della
stazione di Porta Garibaldi a Milano su progetto degli arch. G. Minoletti e S.Bonamico e nel 1957 la
straordinaria copertura dell’Aerostazione di Fiumicino rendendo possibile il progetto degli architetti
Luccichenti,Monaco e Zavitteri e dell’ing. Riccardo Morandi ed i Magazzini della Rinascente in Piazza Fiume
a Roma di Franco Albini e Franca Helg. Alla fine del decennio, sempre per la Badoni,lavora al grande
progetto di Ferdinando Innocenti, per la costruzione di un enorme impianto siderurgico sulle rive dell’Orinoco
in Venezuela.
Foto della copertura dell’aeroporto di Fiumicino

Covre non è inserito nell’ambiente universitario, ne tra gli ingegneri. Può contare solo sulla sua bravura,
conoscenza, sacrificio e sulla Badoni. La progettazione che faceva usciva costantemente dai modelli correnti
e dai metodi di calcolo ordinari, gli piaceva la ricerca di nuove strade, così come aveva già annunciato nella
Prefazione al libro “Lo Statimetro Covre”

La natura ci dà costantemente l'esempio di una semplicità estrema derivata da una


estrema complessità di forme alla cui perfezione noi sentiamo il bisogno di
avvicinarci. Fermarsi al primo stadio di osservazione e non indagare profondamente
sul secondo, è arresto, è regresso.
Progresso della tecnica e base economica di quanto viene ideato e concretato, sono
prerogative essenziali dell'attività di un tecnico veramente tale. E per quanto questi
sia pur soggetto, come ogni altro, alle necessità di vita che lo pongono nella
condizione di dover rinunciare all'allettamento di una attività scientifica esclusivamente
speculativa, non sì vede la ragione per la quale un opportuno compromesso

Un sogno, una casa sospesa sugli alberi, un centro sperimentale.

Intorno al 1954, come ricorda la figlia Jolanda …. comprò un terreno con pineta al limite nord di S. Marinella
e costruì una casa che sembrava sospesa sugli alberi, su una struttura posta su sei colonne d'acciaio,
tinteggiate di verde, e la scala entro una torre vetrata che termina con un osservatorio, attrezzato con un
cannocchiale (ci vedemmo tra l'altro gli anelli di Saturno). Era destinata ad ospitare modelli, che non ricordo
gran che, oltre che ad abitazione, sorvegliata dal nostro amatissimo cane lupo Wolf. Ma la vera grande
opera è la casa stessa, che lui chiamava la "gabbia dei osei". Voleva essere un'applicazione della sua
tecnica ad un edificio abitativo, un suo sogno. Dopo la sua morte l'abbiamo dovuta vendere, cosa cui già lui
era rassegnato, perché troppo costosa da mantenere, e d'altra parte le commissioni di lavoro si erano molto
ridotte.
Va gradatamente realizzandosi una iniziativa dovuta, per ora, alla sola passione di un tecnico e di
uno studioso che dedica notoriamente da anni la sua attività alla costruzione metallica.
Gli scopi che si prefigge l'ideatore risultano evidentemente conseguenti al particolare sistema di
lavoro ch’egli costantemente persegue e che si traduce in sostanza in un procedimento evolutivo
continuo di forme costruttive appoggiate a schemi spesso nuovi o originali.
E’ naturale che a tale sistema di lavoro progettivo debba necessariamente accoppiarsi la ricerca
sperimentale in quanto la sola deduzione analitica non sempre può risultare sufficiente, specialmente
quando il ragionamento, ma spesso anche il solo intuito, conducono a schemi di qualche
complessità.
E nelle realizzazioni « COVRE» che si è avuto occasione talvolta di illustrare in questa rivista
malgrado la riluttanza dell'autore, è senza dubbio evidente questa particolare caratteristica e
tendenza. In queste condizioni, il poter disporre in ogni momento del sussidio dell'esperienza che
segua (e talvolta – meglio - preceda) il procedimento di calcolo, diviene mezzo di lavoro pressoché
indispensabile. E poiché quasi sempre sufficiente il mezzo sperimentale approssimativo per
soddisfare le condizioni di verifica essenziali agli effetti pratici, l'attrezzatura sperimentale non costosa
e di rapida realizzazione ed utilizzazione, rappresenta il semplice fabbisogno del progettista, in
generale, tendente alla ricerca.
E’ da questa premessa che scaturisce la profonda differenza esistente fra quello che rappresenta lo
scopo da raggiungere colla iniziativa di cui si parla, in confronto ai compiti ben diversi esplicabili
soltanto dai Laboratori e dai Gabinetti di Scienza delle Costruzioni, dove in generale lo studio di un
problema o di un fenomeno qualsiasi resta circoscritto in limiti ristretti, onde consentire una condotta
d’indagine rigorosa e richiedente, di conseguenza, mezzi di ricerca complessi e costosi. Questa
seconda via sperimentale non potrebbe evidentemente essere battuta normalmente dal progettista,
non solo per le spese non lievi che
comporterebbe, ma per il tempo che
richiederebbe e che nella maggioranza dei
casi, invece, scarseggia. Essa è riservata
quasi sempre al ricercatore puro che limita
la propria indagine a problemi determinati
e circoscritti, o nella progettazione di
opere eccezionali per le quali tempo e
mezzi non fanno difetto.
Il cenno a qualche caso specifico
verificatosi ai primordi dell'attività di cui si
tratta, potrà meglio chiarire i concetti
informativi che guidano l'opera
dell’iniziatore, che non ha inteso e non
intende creare un organismo con scopi simili a quelli degli esistenti su accennati.
Nella costruzione della ossatura metallica realizzata a copertura del grande salone del Palazzo
Ricevimenti e Congressi della E.U.R. in Roma, la verifica del comportamento statico degli arconi
diagonali principali (fig. 1, costr. Badoni) è stata effettuata mediante un modello ad 1/5 costruito collo
stesso materiale dell'originale. Su tale modello è stato agevole condurre una serie completa di
esperienze per la determinazione del comportamento statico del complesso, risultato perfettamente
rispondente alle previsioni analitiche. La struttura, altamente iperstatica come tutte le composizioni
Covre, ben difficilmente sarebbe risultata esplorabile così a fondo ed in termini di tempo tanto brevi,
se si fosse battuta una strada diversa, senza contare che la spesa dell'indagine si è così dimostrata
oltremodo modesta. Altro esempio ancora più significativo è quello rappresentato in fig. 2 che
riproduce il modello a 1/60 di un complesso metallico di copertura attualmente in fase di
realizzazione dell'originale. La composizione, anche qui altamente iperstatica, è una volta sferica a
guscio di m. 84 di diametro su 12 di freccia, irrigidita da quattro travi di contorno disposte in pianta
secondo i lati di un quadrato di 60 m. di lato. L'alta iperstaticità è data dalla composizione,
progettata a maglie trapezoidali a telaio, che rappresenta una delle note caratteristiche delle
strutture Covre. Le esperienze condotte su questo modello hanno dato così precisa conferma dei
risultati analitici da soddisfare pienamente e la spesa per la condotta delle prove statiche e per la
costruzione del modello colla relativa attrezzatura si è dimostrata irrilevante. Su quest'opera e sulla
accennata indagine sperimentale, sarà forse il caso di tornare in dettaglio sull'argomento a tempo
opportuno. Ancora, lo studio dei telai nei multipiani riesce facilmente verificabile sperimentalmente se
si pensa che al progettista basta conoscere la posizione dei punti di momento nullo sotto le diverse
condizioni di carico. Un modello anche piccolo completato da un dispositivo speculare luminoso, può
risolvere rapidamente e completamente questa ricerca.
Gli esempi si potrebbero moltiplicare e non resta che concludere nel senso che l'attrezzatura per il
funzionamento di un Centro Sperimentale caratterizzato come detto in precedenza, si riduce
essenzialmente a quella necessaria per la costruzione di modelli, normalmente realizzati collo stesso
materiale degli originali, e colla dotazione adeguata di strumenti di rilevamento d’uso corrente. Oltre
a ciò è da prevedersi, naturalmente, la creazione di appropriate piattaforme ed incastellature di
prova per la realizzazione dei vincoli, organi richiedenti particolari cure anche per i notevoli sforzi a
cui possono essere assoggettati.
Questo è il programma del Centro Sperimentale di cui si tratta, programma in via di realizzazione e
che sarà completato dalla dotazione di appropriato complesso per prove idrodinamiche, alle quali
l'ideatore pensa di ricorrere in sostituzione di quelle aerodinamiche, come è già stato fatto in casi
particolari che hanno dimostrato la maggiore attendibilità e, spesso, la più pronta e facile condotta
delle prime in confronto delle seconde, senza contare che la spesa d’impianto di una vasca
idrodinamica continua ad anello circolare, completa di ponte idrodinamico e di strumenti di
rilevamento, si realizza con spesa ben più lieve di quella richiesta dalla più modesta galleria del
vento.
A questo programma doveva corrispondere naturalmente un impianto di edifici adeguati. Vediamo
rapidamente com'è stata svolta finora l'iniziativa e come essa va sviluppandosi.

La località prescelta è stata quella di Capo Linaro, lungo la costa tirrenica, in comune di S.
Marinella di Roma, Il sito, particolarmente , tranquillo ed ameno, si presta egregiamente per un
soggiorno raccolto di studio. Nella stessa località, Marconi impiantava vent'anni orsono il suo Centro
di Studi per !a propagazione delle onde a fascio. Ad una sessantina di chilometri da Roma, servita
dalla Statale Aurelia e dalla ferrovia Roma-Ventimiglia, essa risulta ottimamente collegata alla
Capitale di cui costituisce la naturale riviera. Un promontorio a pineta aperto sul mare e riparato alle
spalle dai venti del nord dal gruppo montagnoso della Tolfa, costituisce la piattaforma su cui vanno
sorgendo gli edifici.
La prima parte del programma edificativo è rappresentato nelle foto 3 e 4 dove sono indicati in
pianta ed alzato i locali e le relative destinazioni.
Questa fase è realizzata quasi completamente, mancando soltanto i due parziali sovralzi e i piccoli
fabbricati dei servizi ausiliari.
Una parola va spesa sulle particolari
caratteristiche costruttive dell’edificio
principale di cui alle tav. accennate.
Il corpo di questo è costituito da una
ossatura in acciaio destinata a
sopportare un piano sovralzato (già
eseguito) con visuale libera sulla
sottostante pineta, ed un successivo
attico destinato a sede dell’ufficio
tecnico. Tale ossatura comprende un
edificio a torre racchiudente il vano
scale e la gabbia ascensore, con
piattaforma al sommo protetta da
cupola girevole ed apribile su feritoia
zenitale (foto 5 e 6). Questo
dispositivo è stato studiato per poter
disporre in prosieguo di tempo di una
particolare attrezzatura sperimentale in
un campo di grande interesse e sul
quale riteniamo che l'ideatore vorrà
dare notizie a suo tempo.
All'ossatura della torre, staticamente
indipendente, è addossata quella di sostegno vero e proprio rappresentata da un grande telaio
formato da sei ritti disposti in pianta sui vertici di due quadrati adiacenti per un lato comune di m.
8 (foto 7 e 8).
Il complesso risponde evidentemente allo scopo di creare un ambiente principale di lavoro e di
soggiorno, al disopra della fitta boscaglia di pini in mezzo alla quale gli edifici sorgono e ciò non
soltanto per rispetto alle disposizioni dettate dalla Sovrintendenza per la difesa del panorama a cui
la zona è sottoposta e che impone fra l’altro il divieto assoluto di abbattimento delle conifere
esistenti (figg, 9 e 10). L'occasione era naturalmente allettante per destare nell'iniziatore il desiderio
di approfittare del problema che gli si prospettava per risolvere qualche interessante questione
applicativa dell'acciaio, Pertanto il telaio spaziale, mentre viene reso solidale al piede dei ritti con un
sistema di travi continue rovesce in c.a. sull'incrocio delle quali i ritti si incastrano (foto 12 e 13),
svetta in elevazione con delle colonne in acciaio ad alta di produzione Dalmine (messe
cortesemente a disposizione dalla Dalmine S. A.) dello spessore di 11 min. su un diametro di 400
(figg. 11 e 12).Queste colonne sono riempite di calcestruzzo di cemento vibrato e costituiscono un
cemento tubato sul comportamento del quale l’autore ha potuto indagare giungendo a conclusioni
pratiche tali da consigliare l'applicazione del sistema a progettazioni in corso, riguardanti specialmente
edifici multipiani per applicazioni civili. Così il sognato organismo sperimentale, pensato da un
tecnico come mezzo di sviluppo tecnico, sorgeva con un primo obiettivo di utilità pratica e riteniamo
sia possibile dettagliare prossimamente il procedimento analitico adottato nella calcolazione di questa
struttura, colle relative conferme sperimentali del suo comportamento statico. Le colonne in acciaio
sono rese solidali in testata da un incrocio di architravi pure in acciaio (fig 13) che a loro volta
però solidarizzano con una piattaforma di ben 300 mq. in c.a., a cassettonato di travi diagonali e
sbalzi perimetrali di m. 3,50. Da tale piattaforma si spicca l’edificio aereo propriamente detto che per
ragioni tecniche, acustiche e di coibenza termica, si appoggia ad un vero e proprio doppiofondo
riproducente la struttura navale classica. Il carico complessivo affidato al telaio spaziale metallico, si
aggira, fra permanente ed accidentale, sulle 500 T. Le azioni orizzontali sono state assunte col
valore del 10% di quelle complessive verticali, come se si trattasse di edificio asismico in zona di
Ia cat. Esse corrispondono ad una azione di vento di 250 kg/mq. di superficie normale battuta.
Oggetto di particolare studio è stato quello del comportamento oscillatorio del complesso le cui
vibrazioni, sotto le azioni orizzontali, sono risultate di frequenza d'ordine acustico, con spostamenti
orizzontali irrilevabili anche in presenza di venti ciclonici quali si sono presentati e si presentano in
quella zona costiera. Sarebbe estremamente interessante riferire in dettaglio anche su
quest’'argomento, ma la natura puramente indicativa e sommaria di questa prima segnalazione non
consente estensioni che si confida poter dare per gradi in tempi successivi. Del resto se si pensa
alla quantità ed alla complessità dei problemi, anche di dettaglio, connessi alla realizzazione di
questo edificio, è comprensibile la necessità attuale prospettata.
L'acciaio finora impiegato nell'opera si riduce a sole 23 tonn, delle quali 5 ad alta resistenza
rappresentate dalle colonne e 18 costituite da acciaio dolce normale da costruzione, La
composizione è fatta per grossi elementi saldati e montati in posto per bulloni. La bullonatura degli
elementi della torre è stata effettuata completamente con rondelle elastiche, l'esecuzione è della
Badoni S, A. Il rivestimento a vetri della torre mediante lastre speciali quadrionda rappresenta cura
particolare della St. Gobain (fig. 14). L'ossatura portante il corpo aereo dell’edificio è costituita da
avvolgimenti a spirale d’acciaio e laterizi a camere d’aria multiple appositamente studiati. Nel
complesso è evidente lo sforzo dell’ideatore di dare all’acciaio una funzione di primo piano in
collaborazione con altri materiali sì da estendere l’impiego di esso in campi finora preclusi e dove
invece potrebbe risultare di vitale impiego. I sovralzi d'attico sono previsti con ossatura d'acciaio e
speciali pannelli coibenti in lega leggera.
La grande piattaforma coperta risultante a livello delle imposte delle colonne, destinata per riunioni
all'aperto e per sala di tracciamento, sarà prossimamente munita di chiusure d'ambito apribili
totalmente, e costituite completamente da vetrate. Sembra doveroso chiudere questa sintetica
esposizione ponendo in rilievo il fatto che questa iniziativa si deve finora soltanto alla volontà di un
uomo che coi soli propri modestissimi mezzi e senza chiedere nulla, in una silenziosa, tenace e
raccolta opera di anni, sorretto soltanto dalla fiducia di creare qualcosa di utile al progresso tecnico,
procede coraggiosamente per la via tracciatasi imponendosi un peso che non menoma le sue forze
nella quotidiana fatica professionale i cui frutti non sono notoriamente né pochi né trascurabili.
Per ricerche sperimentali sulle strutture metalliche (L’Istituto « Covre» di Capo Linaro )
Acciaio e costruzioni metalliche n.4, 1955,Pagg.8-14
Gli ultimi lavori

La capacità di Covre di risolvere aspetti apparentemente impossibili, di partecipare a sfide eccezionali, porta
Pier Luigi Nervi, che spesso se lo è trovato concorrente a chiederne la collaborazione per due opere
straordinarie ed originali, che niente hanno in loro dei sistemi Nervi e Covre.

Il palazzo del lavoro a Torino


Si doveva poi risolvere lo schema architettonico delle raggiere nel capitellone; del passaggio cioè
dalla colonna all’ ombrello propriamente detto. Mi sembra che ciò sia riuscito abbastanza bene,
malgrado che sia stato necessario operare il passaggio dal cemento armato al ferro, lasciando il più
possibile intatto lo schema architettonico già deciso. Ho interpellato sull'argomento l'Ing. Covre, (che
ha studiato e definito il progetto esecutivo della struttura in ferro) che mi rassicurò: “Senz'altro, - mi
disse, - ciò si può far benissimo; le dimensioni che hai disposto per il cemento armato, vanno bene
anche per il ferro” . Ecco come il problema si è risolto. Era un problema che presentava delle
difficoltà praticamente insolubili; invece esso si è sciolto ed è stato possibile presentare un'offerta per
la costruzione e mantenere l'impegno poi assunto.
Pier Luigi Nervi
Architettura strutturale con riferimento al Palazzo del lavoro
ATTI E RASSEGNA TECNICA DELLA SOCIETA INGEGNERI E
ARCHITETTI TORINO- NUOVA SERIE - A. 15 - N. 6 - GIUGNO 1961
La cartiera Burgo a Mantova
La Burgo S.p.A. per l'installazione di nuova enorme macchina continua per la produzione della carta
sottopone nel luglio del ’60 alle Officine Badoni di Lecco il problema della costruzione di una volta
metallica . Del problema viene interessato anche Pier Luigi Nervi che studia la soluzione con enormi archi in
calcestruzzo. Entrambe le soluzioni risultano impossibili ed è con l’impegno congiunto dei due straordinari
progettisti che si arriva alla soluzione che desta ancora oggi meraviglia. Nervi progetta le strutture a terra ed
i due cavalletti che portano la leggerissima enorme copertura sospesa di Gino Covre.

Foto Archivio Burgo in Casabella 651/2 gen.1998


Dopo le strutture del Palazzo INPS a Milano, l’ultima grande sfida sul finire degli anni ‘70: l'impalcato della
parte centrale, che scavalca la gola del Lao, del Viadotto Italia sull'autostrada Salerno-Reggio Calabria,
costituito da una travata continua in acciaio, suddivisa in tre luci rispettivamente di 125-175-125
metri su pile di altezza 91-122-158-129 metri.
Nel settembre del 1968 viene inde etto il concorso per il Padiglione Italiano alla esesposizione Universale di
Osaka del 1970, a cui partecipa co con il gruppo degli architetti Cesare Ligini e Vinc incenzo Monaco ( con A.
Martini, E. Monaco, M. Ingrami, G.. Capogrossi, A. Castelli) ottenendo la menzione e per “superiori qualità di
ordine estetico e funzionale”, ma non
no risultando vincitore per essere il progetto dell’ ll’arch. Tommaso Valle in
grado di dare maggiore affidamento to di realizzazione nei tempi stretti necessari.
Il progetto, ispirato dalla cartiera Nervi,
N è pensato come “un grande piano sospe peso che ricoprisse nello
spazio delimitato tra cielo e suolo,, sia
s il padiglione dell’industria, che l’intero comple lesso espositivo.” Tutte le
strutture sono previste in acciaio compreso
co i due piloni verticali a forma di “I” com
me richiamo all’Italia, che
sostengono i tiranti e sono collegatiti da un “grande vassoio in ferro” con le tampona ature esterne in cilindri di
6
plastica gonfiati ed il pavimento in marmo
m bianco .

Nel 1970 redige il progetto di un via


viadotto sul fiume Imera, in Sicilia con pareti a cacassone. Brutto a vedersi
perché basso, ma originale perché a allora la verifica all'imbozzamento non era ancorara stata scoperta/studiata.
Una trave continua su due luci di 14
140 m, bassa sul terreno e simmetrica, con sezio ione a cassone di altezza
variabile linearmente dalle due spal
alle fino ai 9 m sulla pila centrale. I lavori saranno
no completati dal prof.ing.
Vittorio Nascè.

Gino Covre muore a Roma il 14/03/


3/1971 alle 15:20, nel suo appartamento di via Nom
omentana, 126.

6
Fonte: Progetti del Padiglione Italiano alla
lla eesposizione Universale di Osaka del 1970
A cura dello studio Metamorph - IN/ARC Officina
Offic edizioni Roma 1969
Ricordi
… le passioni parallele al lavoro: astronomia, musica (suonava il flauto), last but not least gastronomia…
Mio padre suonava il flauto.
cosa suonava? …. Ricorrente era il Chiaro di luna di Beethoven, anche perché era l'unico pezzo in cui
sapevo fare l'accompagnamento al piano, …. Era solo un dilettante,ma il suo flauto d'argento che
scrupolosamente puliva è ancora qui a casa. Poi c'era il pianoforte con la pianola, quella con i pedali e i
tastino per regolare intensità ed altro. I suoi rulli erano un'infinità …: Chopin, Beethoven, Borodin ecc.. Poi
c'erano i dischi dove prevaleva la lirica, Rossini Verdi Puccini Donizzetti ecc., e l'abbonamento al teatro
dell'opera…. Con la musica passava ore e ore.
Lo studio di papà ci sembra di ricordare che non era mai stato chiuso ufficialmente, è stato chiuso quando
stava molto male o addirittura quando è morto. Negli ultimi anni il lavoro era diminuito. Ma mio padre è stato
in gambissima fino alla manifestazione del cancro, poi vissuto per nove mesi, quelli sì terribili. Prima gli
piaceva girare in macchina, con l'autista perché non vedeva bene e non guidava, e anche portato da me di
cui si doveva pur fidare... e poi un buon ristorante la domenica. Trascorreva ore ad ascoltare i suoi dischi.
Volentieri qualche viaggetto, spesso a Venezia o a Verona dove c'erano mio zio e cugini, sempre e solo con
moglie e figlia. Jolanda Nigro Covre

L’ing. Covre era un grande signore con capelli bianchi benché ancora giovane, fumava il sigaro, veniva
molto spesso in casa nostra a Lecco, cosa che ci rendeva felici perché in quelle occasioni i pranzi (era
molto goloso) erano particolarmente curati. Era una persona affettuosa e arguta che ricordo con piacere.
Marta Badoni

Era un personaggio di fascino, vestiva in modo molto vistoso. Aveva talento e fascino. Dotato di grande
capacità progettuale, ha lavorato sempre con Badoni, fino agli anni '70 quando l'azienda passò in mano al
genero di Badoni, l'ing. Stabilini.
Vittorio Nascè

Insomma è tutto relativo, come quel giovane disegnatore padovano oggi 83enne che ci ha raccontato,
volendo rimanere in incognito quando a Roma nel 1963 assistette ad un accesso diverbio fra Riccardo
Morandi e Gino Covre strutturista del famoso architetto Pier Luigi Nervi proprio per il ponte di Genova. Covre
affermava che la progettazione in calcestruzzo avrebbe avuto una grande criticità nella corrosione
dell'armatura e nel degrado del cemento, suggerendo al posto del cemento armato precompresso per i
tiranti, l'acciaio libero e visibile soprattutto per la finalità del monitoraggio del degrado. Aveva ragione.

Mauro Giacon
Sul Sarpi-Dalmazia saldature imperfette
Il Gazzettino, Padova 18 agosto 2018
Brevetti
All’Archivio centrale dello Stato sono presenti questi brevetti d’invenzione registrati a Gino Covre come
brevettante. Ciò non esclude la presenza di altri suoi brevetti registrati ad altro nome, tra questi pare esservi
il suo sistema, ceduto alla Badoni SpA, per la costruzione di scafi di navi.

Covre Gino brevetto n. 313768 rilasciato 5 gen. 1934


“Apparecchio destinato alla esecuzione di operazioni di statica grafica”

Covre Gino brevetto n. 343079 rilasciato il 10 set. 1936


“Arco a volta, composti o costituiti con elementi a telaio”

Covre Gino brevetto n. 354496 rilasciato il 24 nov. 1937


“Complesso ondulato scomponibile per volte, impalcati, coperture e pareti”

Covre Gino brevetto n. 429307 rilasciato il 21 gen. 1948


“Trave metallica ad elementi solidali con momenti secondari eliminati e prestabiliti”

Covre Gino brevetto n. 429818 rilasciato il 3 feb. 1948


”Fondazione ad elementi metallici componibili e con cerniera elastica sferica senza perni”
Arco o volta, composti o costituiti con elementi a telaio
brevetto n. 343079 rilasciato il 10 set. 1936
Covre Gino

Poiché nell’arco si riscontra la caratteristica di una notevole diminuzione nei valori degli sforzi taglianti in
confronto alla trave rettilinea di uguale luce e sotto gli stessi carichi, ne consegue che la materia
costituente l'arco, nell'ipotesi che questo sia a parete piena, è scarsamente utilizzata in prossimità
dell'asse neutro. Risulta quindi razionale la forma costruttiva disegnata in figura 1 dove, supponendo
vuotata per tratti convenienti la originaria parete piena di un arco, questi diviene in sostanza
costituito di due archi elementari collegati fra loro da un certo numero di montanti.
La forma costruttiva indicata, può anche derivarsi da un arco a traliccio, liberato dalle diagonali, coi
montanti resi solidali alle aste di contorno e disposti secondo il raggio di curvatura assunto dall’asse
dell'arco in corrispondenza di ciascun montante.
In tal caso, le aste di contorno risulteranno assoggettate a sforzi assiali di compressione o di
tensione facilmente calcolabili e da momenti flettenti derivanti dall'azione dello sforzo tagliante. I
montanti, in dipendenza della stessa azione saranno inflessi nel loro piano e contemporaneamente
compressi o tesi a seconda della applicazione dei carichi all'intradosso o all'estradosso dell'arco ed
in relazione al rapporto di dimensionamento adottato per le aste o correnti di contorno all'intradosso
rispetto a quelli di estradosso.
Scegliendo convenientemente le distanze tra i montanti in relazione ai valori assunti dagli sforzi
taglianti, gli elementi a telaio costituenti l'arco dovranno risultare dimensionati in modo che la rigidità
fra montanti e pareti o correnti, possa considerarsi praticamente infinita.
In tal caso, in ciascun tratto di corrente esiste un punto di momento secondario nullo a metà della
distanza intercedente fra due montanti successivi.
Lo schema costruttivo dell'arco si riduce in tal modo a quello indicato a figura 2, ed i punti di
momento nullo si riducono a cerniere ideali eventualmente traducibili costruttivamente.
Riducendo il momento d'inerzia di uno dei correnti, d'intradosso o di estradosso, a valore molto
piccolo rispetto a quello dell'altro, il punto di momento nullo sul montante si sposta verso il corrente
di momento d'inerzia minore. In questo caso le corrispondenti forme costruttive ed i relativi schemi
assumono le caratteristiche delle figure 3,4,5,e 6 nelle quali per le figure 3 e 4 è il corrente
d'intradosso che assume il momento d' inerzia maggiore, e nelle figure 5 e 6 invece ciò avviene per
quello d'estradosso.
Qualora il valore dello sforzo tagliante fosse così elevato da non portare ad un dimensionamento
dei correnti proporzionato ai montanti agli effetti della rigidità praticamente infinita tra quelli e questi
che torna conveniente di realizzare (e ciò anche agli effetti di una semplificazione fondamentale e
notevolissima nel procedimento di calcolo) si può ricorrere ad un terzo o più correnti, giungendo alla
forma costruttiva e relativo schema di cui a figure 7 e 8.
Il passaggio dall'arco alla volta avviene considerando il primo come elemento della seconda,nel qual
caso i correnti di contorno diverranno pareti di contorno,, piane o curve a seconda che esse
seguiranno la poligonale dell'arco determinata, dal numero dei campi in cui esso viene diviso, o
l’andamento dell'arco stesso. l montanti diverranno, nella volta, correnti continui, colleganti due volte
(o più volte) elementari d'intradosso e di estradosso, od altra, od altre, eventualmente intermedie.
Nel caso però di materiali ad elevata resistenza specifica come i metalli e, fino ad un certo punto.
anche per il legno, le composizione in volta di più archi elementari può avvenire più
convenientemente secondo lo schema a traliccio di cui la figura 10 rappresenta la proiezione
orizzontale mentre l'arco elementare di figure 9 costituisce l'alzato.
La volta può però assumere la forma costruttiva a telaio anche nel senso longitudinale nel qual caso
essa risulta costituita da un complesso di archi collegati all'intradosso ed all'estradosso (ed
eventualmente in piani intermedi se esistono archi elementari intermedi) in corrispondenza dei
montanti, da membrature parallele raccordate ai correnti degli archi ed atte a reagire ai momenti
flettenti secondari derivanti da azioni orizzontali normali ai piani degli archi, nonché ai conseguenti
sforzi assiali di compressione, o di tensione, ed agli eventuali momenti dovuti ad azioni verticali quali
il peso proprio, materiale di coperta, carichi accidentali di diversa natura.
Questa composizione di volta a telaio nel senso orizzontale è rappresentata in piante con la fig. 11.
in strutture permanenti, ponti, volte di copertura o di sostegno, il materiale d'impiego tipico è il
cemento armato. I vuoti fra correnti e montanti possono essere realizzati sia con casseforme morte
che a ricupero, Nel primo caso le casseforme possono anche essere realizzate con laterizi cavi.
In strutture scomponibili, converrà l'impiego del legno e del metallo, senza escludere che questi
materiali possano essere anche impiegati in strutture permanenti, specialmente in archi di sostegno
di grandi ponti o di grandi volte.
Nelle forme scomponibili i collegamenti possono avvenire con unico bullone in corrispondenza dei
punti di flesso dei correnti e deii montanti,così com'è indicato in figura 12.
Per una lavorazione di serie meta tallica su pochi elementi uguali può però conve venire la composizione
di figura 13 dove i collegamenti avvengono
a direttamente fra correnti e montan nti con più bulloni e su
fori di correnti ovalizzati per conssentire la composizione con un unico elemento to di serie.
Queste composizioni si prestano ssia per volte come a pianta di figura 10 che per quelle di cui
a pianta di figura 11,
L'interasse fra i correnti di intr tradosso e di estradosso può éssere costa tante per semplicità di
lavorazione come indicato dalle figure 14,16,18 e a detrimento della econom omia del materiale. Ma
può essere anche opportunament nte variato com'è indicato nelle forme disegna nate in figure 15,17,19,
rispettivamente adatte ed appropri riate, sotto il punto di vista di un'razionale prof
ofilo di arco o di volta,
all’arco isostatico, a quello semplilicemente iperstatico ed al triplamente iperstatitico.
L'ampiezza dei campi limitati da due montanti successivi può essere tenuta ccostante, per semplicità
costruttiva, lungo tutto l'arco. Qual
alora però la variazione del valore dello sforzo o tagliante da campo a,
campo risultasse notevole, sarà conveniente limitare l'ampiezza dei. campi in corrispondenza degli
sforzi taglianti massimi, tenend do però sempre presente la necessità dii un dimensionamento
assicurante quella rigidità praticaamente infinita fra correnti e montanti, preced edentemente accennata.
L'asse dell'arco, o la direttrice de
della volta, può essere qualunque; in relazione e anche alle particolari
esigenze a cui deve rispondere,, oltre alle peculiari condizioni di caricamento to; la struttura potrebbe
quindi anche assumere la comp posizione a portale di cui a figure 20 e 21 2 per il portale a tre
cerniere; 22 e 23 per il portale a due cerniere; 24 e 25 per il portale incastrato to al piede.
RIVENDICAZ IONI
1° Arco costituito da due o più co orrenti collegati da montanti solidali, con eventu
tuali articolazioni
in corrispondenza dei punti di mo omento nullo; struttura realizzabile con forme costruttive scomponibili
o permanenti,

2° Volte costituite da due o più volte


v elementari collegati da montanti o corren
nti irrigidenti,di
forme scomponibili o permanenti,, longitudinalmente continue o a traliccio a tela
laio, a direttrici
qualsiasi.

Covre Gino fu Luigi


Complesso ondulato scomponibile per volte, impalcati
coperture e pareti.
Brevetto n. 354496 rilasciato il 24 nov. 1937
Covre Gino

La sezione di un solido compresso presenta caratteristiche tanto più appropriate di resistenza quanto più
essa tende alla corona circolare di piccolo spessore rispetto al diametro. In ogni caso, beninteso, lo
spessore della corona deve essere proporzionato al diametro onde evitare inflessioni localizzate di
parete provocate da effetti di punta.
Lo stesso criterio può estendersi ad una sezione a semicorona - composta anche con elementi di raggi
di curvature diversi - qualora il rapporto fra spessore di parete e raggio massimo di curvatura risulti
appropriato ed in ogni caso maggiore di quello adottabile per la sezione a corone circolare di uguale
diametro massimo.
Poiché nella sezione di un elemento inflesso esiste sempre una zona di area reagente a compressione, il
criterio di forma ora accennato risulta applicabile e conveniente qualora si intenda realizzare sezioni
costituite da pareti sottili.
Infatti la sezione lamellare di fig.1 di spessore piccolissimo rispetto alla larghezza, non sarebbe atta a
sopportare alcun carico baricentrico di compressione normale al suo piano. La stessa sezione, con uguale
superficie della precedente avvolta a corona solidale, sarebbe pienamente utilizzabile qualora lo spessore
risultasse non inferiore ad 1/50 del diametro medio della corona (fig.2).
infine, la stessa lamella,semplicemente curvata ad uno (fig.3) od a più (fig.4) raggi di curvatura, con
sezione di uguale superficie di quella di fig.1 e fig.2 e di uguale spessore, potrà reagire ad azioni di
compressione assiali, mentre ciò tornerebbe impossibile per la lamella di cui alla sezione di fig.1, per
quanto si tratti di azioni di intensità minore di quelle sopportabili da solidi di sezione fig.2.
Partendo dalle stesse considerazioni, assottigliando le pareti di una sezione compressa secondo il suo
asse baricentrico, è possibile renderla idonea a tale sollecitazione in due distinti modi.
1) - Solidarizzando con setti d’irrigidimento due o più pareti sottili (fig. 5 e 6)
2) Profilando un’unica parete sottile secondo una prima ondulazione a raggio più piccolo destinato a
limitare lo spessore di parete, ondulazione che seguirà a sua volta quelle più ampia del
complesso com’è indicato in fig.7.

Combinando i due criteri qui indicati, si giunge alle varie sezioni di cui a figg.8-9-10-11 particolarmente
appropriate nei casi di sollecitazioni composte di comprensione,flessione e taglio nelle quali oltre agli
sforzi principali se ne manifestano di secondari che tendono ad allargare la sezione, secondo la corda
dell‘'onda principale. A tali sforzi secondari si può opporsi dimensionando la sezione in modo da reagire
ad essi, ed in ciò le combinazioni di cui a fig.5-6-8-9-10-11- risultano appropriate; o ricorrendo addirittura a
tirantini o a un setto continuo disposto secondo la corda dell’ondulazione principale (fig.12).
La realizzazione costruttiva dei concetti esposti può effettuarsi secondo le modalità seguenti.
Consideriamo l’elemento a parete continua di fig.13. esso può combinarsi a semplice ondulazione come
viene indicato a fig.14 con collegamento secondo le alette e nelle testate degli elementi, per bulloni.
Lo stesso elemento a parete continua, mediante giunti continui può dar luogo alla combinazione di fig.15
a doppia ondulazione con interruzioni delle onde nei giunti longitudinali. Qualora il complesso debba
disimpegnare alle funzioni di copertura può tornare conveniente profilare L'elemento colle alette un po’
inclinate rispetto all’orizzontale com’é indicato in fig.16. In tal caso è possibile soltanto la combinazione
analoga a quella di fig. 14 ed indicata in fig. 17.
Qualora l’ondulazione risulti di dimensionamento limitato, l’elemento può comprendere una o più onde
com’è indicato in fig.18,mentre che per elementi a grande momento d’inerzia composti con piccoli
spessori di parete, si potrà ricorrere alla forma di fig. 19 e 20, derivate dalla 16 e dalla 5 e 8.
Per il caso d’impiego di elementi ondulati nella composizione di volte,l'elemento potrà risultare incurvato
secondo il raggio,ed i raggi, di curvatura adottati per le volte.
Circa i collegamenti,specialmente in quelli di testata degli elementi,occorre verificare,qualora si adotti il
giunto per bulloni e coprigiunti, se la sollecitazione massima provocata dal gambo del bullone sul materiale
costituente l’elemento , sia ammissibile. Per es. in figg. 21 e 22, rispettivamente sezioni trasversale e
longitudinale, è disegnato un elemento di giunto per pezzi costituiti da ardesia artificiale e bulloni con
coprigiunti in acciaio dolce normale. Date le caratteristiche elastiche di questi materiali, la parete
dell'elemento va ingrossata ai bordi. ‘attacco e il gambo del bullone deve essere munito di una bussoletta
appropriata onde ridurre la sollecitazione sulla parete del foro praticato nell‘ardesia ad un massimo
compatibile colle caratteristiche resistenti dell'ardesia stessa.
In questo tipo di giunto a coprigiunti,il collegamento per attrito può essere coesistente a quello dovuto
alla resistenza al taglio dei bulloni o completamente sopportato da quest’ultimo.
Per collegamento e sola azione di attrito, quale può convenire nel caso di complessi a doppia
ondulazione simmetrica (figg. 23 e 25) esso può realizzarsi mediante l'interposizione di un organo a
doppio cuneo de fissarsi con staffe circolari, messe in tiro da appositi bulloni ( Sezioni e vista
rispettivamente a figg. 24 e 23) o mediante collari forzati con bulloni com'é indicato rispettivamente in
sezione e vista in fig.25 e 26.
Il materiale da impiegarsi per la realizzazione del complesso può essere un nomale conglomerato di
cemento ed amianto o simili avente caratteristiche di resistenza e tensione cospicue, oppure il ferro anche
in leghe e specialmente d’alluminio. In questo secondo caso, dati gli spessori limitati che è necessario
adottare anche per ragioni economiche, si presterà particolarmente la forma costruttiva di fig. 2 e derivate.
Si escludono materiali che non abbiano le caratteristiche di resistenza definite a tensione, come i laterizi
collegati con malte, i calcestruzzi di cementi, ecc.
Gli organi di collegamento,specialmente nel caso di complessi realizzati in conglomerato cemento-
amianto, potranno essere in ferro. Ma siccome può interessare di escludere l’impiego di questo metallo
nel caso considerato,i collegamenti potranno anche effettuarsi in lega d’alluminio salvo beninteso un
opportuno dimensionamento in confronto con quelli in ferro.
L‘utilizzazione del complesse proposto, nella costruzione di volte e impalcati orizzontali od obliqui (falde
di copertura) esclude la necessità di centinature, essendo soltanto sufficiente, data la realizzabile
progressiva solidarietà della composizione qualche sostegno provvisorio in pochi punti definiti dalla condotta
di montaggio che potrà variare caso per caso.

RIVENDICAZIONI
1°) Complesso costituito da elementi ondulati in conglomerato di cemento ed amianto o simili,
scomponibile, da impiegarsi nella costruzione di volte, impalcati,pareti, avente come caratteristica un
elemento componente ad una o più ondulazioni principali ed eventuali altre secondarie seguenti quelle
principali, a pareti semplici o multiple.
2°) Complesso costituito da elementi ondulati metallici in lamiera sottile,scomponibile, caratterizzate
da un elemento componente ad una o più ondulazioni principali ed eventuali altre secondarie seguenti
quelle principali.

Gino Covre
Trave metallica ad elementi solidali con momenti
secondari eliminati o prestabiliti
Brevetto n. 429307 rilasciato il 21 gen. 1948
Covre Gino

Lo schema più semplice di una trave ad elementi solidali è quello a briglie parallele rappresentato
in figura 1 dove un certo numero di maglie di larghezza costante o non costante è realizzato
collegando solidalmente le due briglie con montanti.
Il sistema è iperstatico in alto grado,di calcolazione laboriosa e di realizzazione complessa.
Se però i momenti d'inerzia dei montanti si fanno infinitamente grandi rispetto a quelli delle briglie,
sì realizzano punti di momento nullo a metà se le briglie sono a momenti d’inerzia uguali, e a metà
campo nei vari tratti di briglia.
In tal caso, schematizzato in figura 2, la calcolazione viene notevolmente semplificata ma la
costruzione resta pur sempre complessa dovendo ogni asta costituente la trave, regire
contemporaneamente, in generale,a sforzi assiali (di tensione o di compressione),a sforzi taglianti e
a momenti flettenti.
Se i momenti d'inerzia delle briglie non sono eguali,la posizione del punto di momento nullo sui
montanti si sposta dalla briglia a momento d'inerzia maggiore verso quella a momento d'inerzia più
piccolo, fino sd assumere la posizione limite indicata nella figura 3 allorquando una delle briglie (nel
caso di figura 3 quella inferiore normalmente tesa) assume un momento d'inerzia nullo,praticamente
il. caso di un tirante.
Passando alla composizione reticolare di figura 4 sì riconosce subito ch'essa rappresenta una
trasformazione della figura 2 dove i montanti assumono praticamente un momento d'inerzia infinito
rispetto a quello della briglia,colla caratteristica che i tre gruppi di sforzi,assiali,taglianti e flettenti, si
riducono in ogni asta, essenzialmente, al primo gruppo soltanto.
Poiché è poi conveniente ridurre la lunghezza delle aste affinché in quelle compresse si faccia
risentire al minimo l'azione del caricamento di punta, il dispositivo di figura 4, viene ulteriormente
variato in quello di figura 5 dove si ha finalmente un primo complesso di trave derivante dalla
composizione con elementi solidali,ma con momenti secondari eliminati,staticamente determinata per i
suoi elementi principali e di realizzazione facilmente rispondente alla calcolazione.
Applicando lo stesso procedimento di trasformazione allo schema solidale di figura 3 si giunge a
quello di figura 6 (o all'analogo capovolto) che risponde alle stesse. caratteristiche del sistema.
precedente. In tal modo sono completamente eliminati i momenti: secondari del corrispondente
complesso solidale.

Poiché, però, le aste dei nuovi tralicci così derivati (figure 5 e 6) saranno generalmente costruiti a nodi
rigidi, chiodati o saldati, rimarranno dei momenti secondari di asta dipendenti dalle caratteristiche
geometriche di quest'ultime, Questi momenti secondari risulteranno sempre notevolmente ridotti
e generalmente trascurabili in confronto a quelli che si verificano nelle correnti forme di travate a
traliccio o reticolari, in quanto nelle nuove forme proposte i momenti d'inerzia delle aste di parete
risultano molto limitate rispetto è quelli delle briglie. Pur tuttavia, volendo ulteriormente ridurre
o addirittura annullare! questi momenti secondari d'asta, si fanno le considerazioni seguenti.
Prendiamo in esame un pannello qualunque di una trave limitandolo inferiormente ai punti di
momento nullo sui montanti del corrispondente sistema solidale (figura 7). Nel campo Ar, Ar+1 agisce,
in dipendenza dei carichi insistenti sulla trave,uno sforzo tagliante Tr che interesserà con una aliquota
αTr, (α < 1), la briglia Ar Ar+1 . Se in C, punto di momento secondario nullo,si disponesse di una cerniera
senza attrito, αTr, si scaricherebbe su Br e Br+1 secondo le BrC e Br+1C che rappresenterebbero le
linee d'azione delle reazioni. Ma in C generalmente esiste un collegamento solidale e pertanto le
reazioni tenderanno ad incontrarsi al di sopra di tale punto. Analogo ragionamento va ripetuto per i
collegamenti in Br e Br+1. Pertanto se si vuol ridurre e praticamente annullare o rendere valutabile
anche il momento secondario sulle aste, bisognerà ricorrere alla forma costruttiva di figura 8
profilando la spezzata BrC e Br+1 nel modo più adeguato alle risultanze del calcolo che tiene conto
della solidarietà dipendentemente alle dimensioni del pannello ed alle caratteristiche geometriche
delle sezioni delle varie membrature che lo compongono.
Pertanto le travi i cui schemi rispondono alle figure 5 e 6 assumono le caratteristiche di cui a figure
9 e 10.
Naturalmente la composizione studiata può applicarsi non soltanto a travi rettilinee ma anche a
quelle ad arco o curvilinee, a quelle a briglie parallele o non parallele o poligonali e al caso di più
briglie.
La costruzione può eseguirsi con profilati di qualunque tipo; ma quello tubolare si presta in modo
particolare e lo studio è stato condotto col criterio di impiego prevalente di esso.
I collegamenti si possono eseguire per chiodatura o bullonatura o saldatura nel modo più generale;
le figure 11 e 12 ne danno uno schema indicativo generico in vista e sezione.
La struttura può essere ad elementi componibili.

RIVENDICAZIONI
Trave metallica ad elementi solidali, rettilinea o curva, a briglie parallele o non parallele o poligonali,
semplici o multiple, con membrature di parete atte ad eliminare i momenti secondari o a prestabilirli
e distribuite in modo da rendere minimi gli effetti del carico di punta; realizzabile con forme
costruttive scomponibili o permanenti, per chiodatura o bullonatura o saldatura,in profilati ordinari o
tubolari.

Gino Covre
Fondazione ad elementi metallici componibili e con cerniera
elastica sferica senza perni
Brevetto n. 429818 rilasciato il 3 feb. 1948
Covre Gino

L’oggetto del presente trovato è costituito da uno zatterone metallico da una apparecchiatura centrale
costituente la cerniera (vedi tavola unica fig.1 in alzato,fig.2 in pianta, fig.3 in fianco).
Lo Zatterone ha il compito di diffondere l’azione di compressione sul terreno attraverso un qualunque
mezzo (tavolato. in legname,battuto di ghiaia o di pietrisco,getto in calcestruzzo magro o normale
armato o non armato ecc,). Esso si compone di un riquadro in profilati metallici eventualmente suddiviso
in altri riquadri minori mediante. barre incrociate intermedie. Il numero dei riquadri e il dimensionamento
dei profilati dipende dall’intensità dell'azione da trasmettersi al terreno nonché dalla pressione unitaria
specifica sopportabile da quest’ultimo e dalla sollecitazione unitaria ammissibile per il mezzo interposto fra
lo zatterone ed il terreno,mezzo che si comporta staticamente come un sistema di piastre continue, Lo
zatterone assume lo Schema statico di un complesso di travi incrociate.
Esso può essere a pianta quadrata od ottogonale o circolare o poligonale in genere. La composizione dei
suoi elementi può essere fatta semplicemente per saldatura nei complessi di peso modesto oppure con
collegamenti: delle barre per chiodatura o bullonatura in complessi di qualche mole e ciò in relazione
alle caratteristiche dei mezzi di trasporto disponibili ed alle possibilità locali di montaggio.
La composizione della cerniera è fondata su due principi.
Il primo discende dal comportamento di un elemento lamellare prevalentemente teso o compresso nel suo
piano e contemporaneamente inflesso nel piano normale al precedente e cioè in quello dello spessore
minimo. Dato il piccolo momento d’inerzia,limitabile quanto si voglia collo spessore,di tale elemento
della sezione considerata nel senso delle dimensione minima (spessore della lamella),sezione normale
alla direzione dello sforzo principale di compressione o di tensione trasmesso dalle cerniera, sono
consentite piccole rotazioni elastiche sotto momenti notevolmente più piccoli (e praticamente
trascurabili) di quelli che si svilupperebbero per l'azione di attrito in una cerniera normale a perno. Il
secondo principio discende dalla composizione di due rotazioni secondo assi ortogonali. Disponendo due
cerniere come ora descritte, secondo due assi normali fra loro e situati in un piano normale a quello
dello sforzo principale di compressione o di tensione trasmesso dalla cerniera,è possibile la rotazione
secondo qualunque asse del piano predetto, realizzando così il comportamento di una cerniera
sferica.
La composizione del complesso cosi com'é indicato in alzato (fig.1) ed in piante (fig.2) nelle tavola
unica allegata é supposto realizzato per saldatura delle lamiere costituenti la cerniera,in quanto
questo mezzo di collegamento si presta egregiamente per una simile composizione. Nulla si
opporrebbe però, salvo una maggior complicazione costruttiva che potrebbe essere conveniente in
casi speciali,che la composizione avvenisse con elementi chiodati o addirittura bullonati.
Nella rappresentazione di cui al disegno si è supposto che l’elemento trasmettente l"azione assiale
alla fondazione sia metallico ed a pianta triangolare rettangolare,soltanto per considerare un caso
particolarmente non comune, L’elemento predetto può essere costituito,evidentemente,di qualunque
materiale ed assumere qualsiasi sezione. Il collegamento del complesso cerniera coll’elemento
trasmettente lo sforzo,può essere per bulloni,com'é indicato nel disegno,o con qualunque altro mezzo.
Il complesso cerniera può poi fare corpo direttamente collo zatterone di fondazione oppure venire ad esso
collegato per bullonatura o con qualsiasi altro mezzo.

RIVENDICAZIONI
Complesso metallico componibile per fondazioni con cerniera elastica sferica senza perni caratterizzato
dall’insieme di un sistema diffusore di carichi ad elementi metallici incrociati connesso ad un dispositivo
bilamellare ortogonale flessibile realizzante la possibilità di una qualunque rotazione elastica nello spazio, di
una membratura ad esso collegata e trasmettente un’azione assiale.
Scritti di Gino Covre

Nel seguito si riportano gli scritti di Gino Covre, che ad oggi è stato possibile ritrovare, grazie in particolare
alla direzione della rivista Costruzioni Metalliche, che ha messo a disposizione il suo archivio storico.

Gino Covre, Lo statimetro Covre


Stabilimento Grafico U. Bortoli editore, Venezia 1932

Gino Covre, Le costruzioni in acciaio nella loro evoluzione statica, estetica e economica.
Costruzioni Metalliche n.1 1955 pag.3

Gino Covre, Composizione di scafi con elementi prefabbricati


Costruzioni Metalliche n.2 1950 pag. 21-26

Gino Covre, Il padiglione dell'auto alla Fiera del levante.


Costruzioni Metalliche n.5 1950 pp. 21-26

Gino Covre, Il padiglione della meccanica pesante alla XXIX edizione della Fiera di Milano.
Costruzioni Metalliche n.3, 1951 pp 21-27

Gino Covre, Un multipiano d’acciaio a torre sul Lago di Lecco


Costruzioni Metalliche n.3 1957 pag.110

Gino Covre, La copertura metallica dell’aerostazione intercontinentale di Roma (Fiumicino)


Costruzioni Metalliche n.3 1960 pag. 129

Gino Covre, Il palazzo del lavoro all'esposizione “Italia 61” di Torino


Costruzioni Metalliche n.2 1961 pp 85-91 e n.3, 1961 pp 141-144

Gino Covre, Il padiglione della Cartiere Burgo SpA a Mantova


Costruzioni Metalliche n.3, 1963 pp 147-157

Gino Covre, Grandi Strutture in Problemi delle costruzioni in acciaio Ed Cremonese 1967

Ad oggi non è stato possibile rintracciare questi articoli:

Gino Covre, Il nuovo edificio in acciaio de “La Rinascente” a Roma, “Acciaio”, 1,1963, pp. 1-5.

Gino Covre, Piero Stabilini


Travata metallica su tre luci del viadotto Italia dell'Autostrada Salerno-Reggio Calabria.
"Ac" 7-8 1970 pp 357-363

In letteratura risultano anche questi scritti, di cui però non si è però trovato niente:

I sistemi costruttivi "Covre", Milano 1923

Un luminoso capannone all'aeroporto del Littorio a Roma, "Il vetro",10, 1938 pp-330-332
Lo statimetro Covre
A partire dalla seconda metà del 18 1800, dopo la pubblicazione di “Die graphische S Statick” di Karl Culmann
(1821-81), nell’ambito dell’ingegner eria civile, si ebbe una diffusione rapidissima d della statica grafica con
l’istituzione di corsi d’insegnamento o nelle scuole d’ingegneria d’Europa, Russia e Sta tati Uniti.
La statica grafica permettendo di rrisolvere per via grafica i problemi di statica ne ell’attività dell’ingegnere,
come la verifica strutturale delle travvature reticolari, i problemi di geometria delle areee (baricentri, momenti di
inerzia, assi principali, ecc.), conssentiva di superare gli ostacoli delle procedurre analitiche i cui oneri
computazionali erano spesso insupe erabili.
1
A supporto del lavoro grafico furo rono inventati strumenti, come gli integratori , in grado di semplificare
ulteriormente il lavoro dell’ingegnerere.
Gino Covre, pienamente co oinvolto nell’attività professionale e con una pro ofonda conoscenza della
materia, come risulta dalla biografia ia riportata nel testo che accompagna la presentaz azione dello strumento da
2
lui inventato, brevetta, produce e commercializza per il tramite della ditta Hein inz & C. di Venezia, lo
Statimetro Covre, uno strumento semplice
se con cui calcolare velocemente gli entii g geometrici di qualunque
sezione piana anche a comportam mento non omogeneo, nonché per lo studio de elle strutture iperstatiche
mediante il principio dell’ellisse d’ela
lasticità.

Lo statimetro Covre
Stabilimento grafico U.Borto
toli Editore,
Venezia 1932 - X

PREFAZIONE
Durante la mia ventennale pratic tica professionale mi
sono trovato spesso nella ne necessità di dover
constatare come la diffusione dii importanti metodi di
calcolo sia ostacolata daa una generale
preoccupazione per la laboriositàità da essi metodi
richiesta.
Questa preoccupazione rappresen enta, in molti casi,
l’unica causa di un ingiustificato
to pessimismo sulla
convenienza di adoperare queii m metodi ‘nella pratica
corrente, e porta la conseguenz nza grave sia per il
progresso delle idee che per llo sviluppo mentale
che deve essere costantemente nte connesso a chi
lavora specialmente ‘nel campo o intellettuale, di un
completo oblio su taluni principi appresi sui banchi
della scuola, e che sono esse senziali anche per i
concetti nuovi e per l’opera di controllo che essi
danno colla loro applicazione.
È innegabile che questa laborios
iosità esiste e che é
molto spesso incompresa e non compensata
com’essa richiederebbe. É pure in innegabile che alcuni
elementi d’ incertezza sul comport
rtamento dei materiali
da costruzione, fanno perdere e certo valore ai
procedimenti rigorosi ma compleslessi legati ai metodi
di calcolo su accennati.

1
Vedi al riguardo: L’INTEGRATORE O PLANIMETRO
TRO DEI MOMENTI DI AMSLER-LAFFON Torino, Dicembre 1882.
Memoria dell’ingegnere Scipione Cappa ATTI DEL
DELLA SOCIETÀ DEGLI INGEGNERI E DEGLI INDUSTRIALI DI TORINO
RINO
2
Muller-Breslau H. La scienza delle Costruzioni, ni, H
Hoepli 1928
K. Culmann Die graphische Statick, Zurich 1875 75
Mayor B. Definition gènèrale de l’ellips
ellipse d’élasticitè des systems articulès
Abraham Max Meccanica razionale e teoria dell’ dell’elasticità, Lezione tenuta al politecnico di Milano
Guidi C. La Scienza delle Costruzioni, Bona Torino
orino
Garnier E. I sistemi iperstatici calcolati col metod
etodo della Ellisse di Elasticità, Hoepli 1930
Amsler F. Les integrateurs Amsler ( ed. Francese ese)
Ma é altrettanto innegabile che he la precisione dei
concetti, la chiarezza e la sicur urezza nelle idee, il
confronto reale nei riguardi eco conomici non ci può
derivare che da essi.
La natura ci dà costantemente te l'esempio di una
semplicità estrema derivata da
d una estrema
complessità di forme alla cui cu perfezione non
sentiamo il bisogno di avvicinarci. ci. Fermarsi al primo
stadio di osservazione e non inda dagare profondamente
sul secondo, è arresto, è regress sso.
Progresso della tecnica e base e economica di quanto
viene ideato e concretato, sono p prerogative essenziali
dell'attività di un tecnico vera ramente tale. E per
quanto questi sia pur soggetto, ccome ogni altro, alle
necessità di vita che lo pongono o nella condizione di
dover rinunciare all'allettamento to di una attività
scientifica esclusivamente specula lativa, non sì vede la
ragione per la quale un opportu uno compromesso in
proposito non venga maggiorment nte sentito da coloro
- e sono schiera - che non mancano di chiare
intelligenze e di spiccate attitudini
ini.
È una grave perdita di energia a che va evitata e -
perché non dirlo - una elevvazione nel grado
dell'unica, della vera dignità pr professionale, - quella
della conoscenza - che va raggiu iunta.
Questo mio modesto lavoro ha u un duplice scopo, In
primo luogo quello di richiamare rapidamente
r alcuni concetti di meccanica appl
plicata alle costruzioni e
di statica grafica che vanno tenutiten ben presenti sempre e che sono indis ispensabili, in particolar
modo, per il secondo scopo: quel ello
di dare, collo strumento da me e ideato e proposto, un mezzo di semplific ficazione nel lavoro del
progeltista.
Poiché, spesso, é la malsicura a conoscenza dei principi che ci rende diffid identi, o indifferenti, o
scettici nei riguardi delle loro applicazioni,
a penso che non sia inopportun na la forse soverchia
larghezza di dettagli a cui sembra ra io mi sia abbandonato nel perseguimento del de primo scopo.
Per quanto riguarda il secondo, o, ogni semplificazione nel lavoro intellettuale e - specialmente quello
meccanico - non deve. rapprese sentare che un mezzo per liberare energia da utilizzarsi in nuovi
campi.
Sono i concetti che devono rim manere acquisiti e non i simboli del ragionam amento che ad essi ci
portano.
E quando dovessimo giungere - come sarà certamente - a rendere del tutto tto automatico il calcolo
della più complessa delle struttu tture mediante dispositivi derivati - per esem empio - dalla teoria dei
modelli, il lavoro che risparmierem mo dovrà essere utilizzato. per spingere oltre e le nostre conoscenze,
secondo piani di attività intellettua
uale di diverso grado ma della stessa natura.
Non ho la pretesa di aver comp mpiuto cosa perfetta. Sento di aver tutta la mia m buona volontà per
dare un qualche contributo alla soluzione
s di un problema che era ed é un sentito
s bisogno, ed un
conseguente impulso, per quanto o piccolo, alla diffusione di principi per ora ccoltivati ed applicati da
pochi. Valga questa mia buona vo volontà ad ottenermi l’indulgenza del cortese le lettore per le deficenze
e le imperfezioni a cui si potrà trovare
tro soggetto il mio modesto lavoro.
G. Covre
C
Vene
nezia, luglio 1932 - X
INTRODUZIONE
Il procedimento analitico che il progettista
pr e il tecnico sono continuamente nel
ella necessita di seguire
nella pratica professionale quotid idiana per la determinazione degli enti geome etrici di solidi portanti,
assorbe un tempo ed una somma a di. energia intellettuale sempre sensibili, spes
esso imponenti,
Nel caso più semplice di verifiche he di stabilita per sezioni di solidi omogenei ssimmetriche rispetto ad
un asse normale a quello di sol ollecitazione e qualora l’asse neutro sia baricricentrico, é pur sempre
necessario ricorrere a sviluppi dii quarto
q grado per la determinazione dei mome enti d’inerzia.
Per membrature in cemento. armato a poi, ed anche quando l’asse neutro tro sia baricentrico, la
determinazione della posizione dii questo richiede la soluzione di una equazion ne almeno di 2° grado.
Successivamente, il calcolo dell momento d’ inerzia conduce a computi più o meno laboriosi in
dipendenza della configurazione d della sezione.
Specialmente nei calcoli di progetto, ove é quasi sempre necessario seguire la via indiretta, ci si
trova spesso nella necessità di dover ripetere queste operazioni, poiché ben difficilmente la pratica
progettiva può dare tali precisi elementi di partenza da essere infine trovati come rispondenti ai
criteri statici ed economici che sono imposti.
Questo stato di cose si complica viepiù nel caso di strutture iperstatiche, nelle quali lo studio degli enti
geometrici deve seguire due ordini di considerazioni: quello relativo alla stabilità di determinate sezioni e
l’altro riflettente la distribuzione generale, interna al sistema, delle sollecitazioni.
Vi sono infine scopi non meno importanti che vogliono essere perseguiti soltanto a traverso la
precisazione di caratteristiche geometriche, quali lo studio distributivo di tensioni secondarie e quello
relativo alle deformazioni elastiche.
L’ impellente necessita nella quale si trova il tecnico moderno di alleviare in qualche modo il già
gravoso peso del lavoro di calcolo che le esigenze del progresso della tecnica tendono a far
aumentare continuamente, è resa evidente dalle varie innovazioni che in questi ultimi anni hanno
fiorito in materia di dispositivi meccanici, regoli calcolatori, raccolte di tabelle e di diagrammi, ecc.
Tutti questi mezzi, però, hanno dei mali comuni quali quello della limitazione, per necessità pratiche di
costruzione degli apparecchi, del campo di azione di essi; della sovente non soddisfacente approssimazione
dei risultati conseguibili, del notevole costo di quelle fra essi che potrebbero veramente uscire di certa utilità.
In materia di tabelle e di diagrammi, la impossibilità pratica di ottenere dati sufficientemente generalizzati, è
evidente. ciò non toglie che, chiare intelligenze, che potrebbero dare ben altre cose utili in altri campi, si
affannino intorno alla risoluzione di questo problema fino al punto di perdere, spesso la chiara e precisa
nozione di esso, come quando – ad esempio – si vuole affermare la pretesa di cambiare addirittura la
essenza di un procedimento analitico di sua natura irrevocabilmente indiretto, riducendolo a diretto.
A sembra che in tuttociò si sia smarrita la via maestra che andava veramente battuta.
Un mezzo calcolatore non deve impastoiare il tecnico imponendogli delle limitazioni o delle
standardizzazioni nella distribuzione delle sollecitazioni esterne ed interne.
Tanto più che il lavoro richiesto dalla determinazione di queste, é o estremamente semplice (caso di
strutture staticamente determinate) od é talmente complesso (strutture iperstatiche) da richiedere
necessariamente una apposita trattazione che non può assolutamente soppiantarsi a priori
colla accettazione di dati difficilmente controllabili e, comunque, di approssimazione indefinita.
Accontentiamoci quindi, e ciò almeno in un primo tempo, di studiare un qualche cosa che dia gli
elementi essenziali con semplificazione del lavoro normalmente richiesto per ottenerli. E questi
elementi sono, in via principale
a) - posizione dell’ asse neutro
b) - momento d’inerzia.
Con questi dati, ottenuti speditamente, è possibile avere buona parte, degli altri necessari nella
corrente progettazione e nelle verifiche, mediante operazioni aritmetiche eseguibili magari con un
comune regolo calcolatore, E l’approssimazione raggiungibile sarà pressoché uguale a quella del
calcolo comune, mentre avremo cosi seguito il successivo progredire del nostro lavoro, colla
possibilità di un continuo controllo sulla esattezza dei risultati via via ottenuti.
Gli apparecchi che soddisfanno a questo scopo, sono gli integratori.
Mediante essi si rende meccanica la calcolazione delle quantità:
∫ df
∫ x df
2
∫ x df
∫ xy df
3 2y
E spesso anche ∫ x df, ∫ x df, ∫ x y z df
Ma quello che più interessa la pratica corrente, è la determinazione del rapporto
2
∫ x df/∫ df e ∫ x df
Ora, i comuni integratori sono notoriamente apparecchi delicatissimi e molto costosi. Il loro uso
richiede normalmente il preventivo disegno in scala appropriata dei contorni delle sezioni da studiarsi
e divengono inutilizzabili per contorni discontinui come quelli che si verificano nel caso di solidi non
omogenei. Inoltre, l’approssimazione raggiungibile è del tutto. dipendente dalla sensibilità
dell’operatore.
Per tutte queste ragioni, gli integratori in genere devono subire, e subiscono, una limitazione
d’impiego che si oppone nettamente alla loro diffusione.
E’ quindi necessario partire da altri principi per ottenere dispositivi più rispondenti a questo scopo e
scevri, per quanto sia possibile, dagli inconvenienti che si sono ora accennati.
Quello che si va a proporre, raggiunge, con una estrema_ semplicità di costruzione e di
funzionamento, quasi tutti gli obiettivi che dalla enumerazione di quegli inconvenienti rimangono cosi
prefissati, nonché altri di certa importanza: pratica ; e non ultimo vantaggio disprezzabile, una
discreta limitazione nel costo, che arriva ad un ventesimo appena di quello relativo ad un normale
integratore.
Le strutture in acciaio nella loro evoluzione statica, estetica ed
economica
Dr. Ing. Gino Covre
ASSOCIAZIONE FRA I COSTRUTTORI IN ACCIAIO ITALIANI (ACAI)
PRIMO CONVEGNO NAZIONALE DELLA COSTRUZIONE METALLICA
MILANO - Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica, 11 - 14 Novembre 1954
(Tema n. 6 - Comunicazione B ) in Costruzioni Metalliche n. 1 1955

Nella concezione o nelle progettazioni di qualsiasi opera si passa attraverso a fasi successive che
dalla ideazione alla realizzazione richiedono funzioni e esplicazioni intellettive della più disparata
natura. Poiché qualsiasi opera ha un suo lato estetico magari inconsciamente espresso è da
vedersi se esso possa risultare soltanto espressione di necessità statiche e tecnologiche oppure se
esso possa risultare migliorato dall'artista. L'esteta è un poeta e come tale diviene spesso
divinatore, propulsore. Il tecnico è invece, essenzialmente, un realizzatore ed esprime la sua
funzione con il ragionamento, con la osservazione, con la ricerca, con la comparazione, con la
trasformazione della materia. Raro è il caso in cui si trovino nello stesso individuo
contemporaneamente le caratteristiche o le attitudini peculiari alle due categorie ora accennate. Il
senso estetico si può affinare ed educare ma deve esistere come caratteristica individuale, così
come il metodicismo meccanico o matematico richiede un abito mentale che non si può creare, ma
soltanto evolvere qualora esista. L'artista o il tecnico rappresentano pertanto due elementi
indispensabili l'uno all'altro, qualora non sussistano entrambi per caso fortuito nello stesso individuo,
e ogni qualvolta l'idea sia destinata a divenire realtà. Nel campo delle costruzioni metalliche che
hanno poco più di un secolo di vita, la parola è quasi sempre stata del tecnico e soltanto da pochi
anni a questa parte l'artista ha scorto in esso delle possibilità estetiche che via via vanno
delineandosi sempre più chiaramente. In verità le prime manifestazioni architettoniche di notevole
rilievo avutesi con le grandi strutture metalliche dei grattaceli americani, non sono state decisamente
felici. Nella sfida diuturna dell'uomo alla gravità, là dove il ferro si presenta come un mezzo
magnifico per composizioni di ardita snellezza, il falsare, come è stato fatto, tale caratteristica con la
sovrapposizione di orpelli arieggiati torri gotiche o complessi barocchi, non poteva che riuscire, come
è riuscito,uno stridente controsenso. Fortunatamente la evoluzione del senso estetico va imponendosi
anche în questo campo, così che è di conforto constatare che oltre alla stabilità ed alla economia
dell'opera metallica, non si disgiunge e spesso si impone -anche in campi come quello puramente
industriale dove l'estetica veniva quasi sempre trascurata specialmente in confronto all'economia-
quello della sua architettura, intesa come elemento di bellezza, di armonia, di equilibrio insito nella
composizione stessa. Nella composizione metallica l'elemento ripetuto è generalmente di norma. La
ripetizione costituisce un ritmo che rappresenta già di per sè stesso elemento architettonico. I vari
rapporti che legano gli elementi di questo ritmo potranno discendere da esigenze statiche, da
necessità tecnologiche, da imposizioni magari economiche; ma soltanto l'individuo o la mente
dell'artista possono disciplinare, contemperare, armonizzare in un finale esteticamente accettabile i
rapporti suddetti,di modo che lungi dal contrastare coi primi fondamentali elementi ora accennati,
finirà per meglio metterli in evidenza ed esaltarli,sottolineandoli all'osservatore.
Da quando la costruzione metallica è divenuta oggetto di interesse anche sotto il profilo estetico,
sono apparsi nella letteratura tecnica diversi tentativi di schematizzazione estetica dei vari tipi di
strutture. Non sembra però che sia possibile e logico stabilire, con norme generali, come e dove
sia da adottare od escludere una determinata composizione onde ottenere in un insieme la visione
piacevole dai un'opera. In generale il progettista risolve con un primo tentativo di massa il problema
creativo che gli viene proposto e si appoggia per questo alle necessità di ordine statico nonchè a
quelle di convenienza economica e tecnologica. Ottenuta una prima soluzione per tale via, l'esame
dei disegni (che dovrebbero essere integrati da modelli, perchè la costruzione metallica male si
presta a dare un'idea esatta architettonica coi mezzi ordinari della rappresentazione grafica di cui si
dispone) può suggerire la necessità di variazioni e proporzioni onde ottenere quanto meglio si sente
in armonia di linee, di dettaglio, di insieme. Il Vierendeel, grande maestro fra l'altro di pratica
progettiva, consiglia di calcolare e proporzionare e quindi disegnare l'opera; ma poi aggiungere e
variare così come la visione detta, indipendentemente dai risultati analitici e dalla convenienza
esecutiva. E ciò non soltanto perchè ad un occhio esercitato possono risultare da tale esame
deficenze statiche non denunciate dal calcolo, ma anche perchè ad un'opera staticamente corretta
deve corrispondere un'armonia di linee di piacevole effetto o, in altri termini, architettonicamente
accettabile. Ora, il voler stabilire che la struttura ad anima piena sia esteticamente preferibile o
meno a quella reticolare o a traliccio ed indicare fra gli infiniti schemi ai quest'ultima quelli da
adottare od altri da respingere, sembra non possa considerarsi che in linea del tutto relativa.
Anche fra la composizione saldata e quella chiodata o a bulloni, si suole istituire un confronto
estetico a favore della prima, mentre che può risultare il contrario, specialmente là dove la
chiodatura o la bullonatura, imponendosi per ragioni di montaggio o altro,portano alla creazione di
organi particolari di collegamento logici e quindi estetici.
Scendendo rapidamente a qualche dettaglio compositivo, vogliamo considerare un nodo qualsiasi di
trave a traliccio ove concorrono un certo numero di aste. Quel nodo è teoricamente una cerniera
senza attriti, ma necessità costruttive impongono delle piastre di collegamento che realizzano in
sostanza un eccellente incastro. Vi è contrasto netto,dunque,fra concezione e realtà e pertanto tutti i
nodi di travi a traliccio, siano essi realizzati per saldatura o per chiodatura, non possono riuscire
che brutti. Autori di vaglia, in contrapposizione con la opinione dei più,considerando in tal caso di
ricorrere ai raccordi curvilinei della piastra di collegamento con le aste; e in realtà si ottiene con ciò
un alleggerimento del nodo, specialmente se saldato, ed un miglioramento della sua estetica. Ma il
perchè di questo miglioramento riesce sempre a collegarsi con una questione statica. Infatti la
rigidità del nodo provoca notoriamente dei momenti secondari sulle aste concorrenti in esso
(momenti quasi sempre trascurati nel calcolo e spesso ingentissimi) e conseguentemente degli sforzi
taglianti che impongono il raccordo curvilineo, anche se antieconomico, onde evitare la localizzazione
di tensioni unitarie elevatissime ed inammissibili in una progettazione corretta. Naturalmente il nodo
chiodato, richiedendo una maggiore estensione della piastra di attacco, esalta la condizione di
incastro e peggiora pertanto l'estetica. Ma se consideriamo un ritto od un traverso realizzato con
piattabande sovrapposte, il collegamento per chiodatura in confronto a quello per saldatura, può
riuscire esteticamente migliore perchè istintivamente si sente che mentre l'azione della saldatura si
manifesta su tratti rettilinei localizzati, quella della chiodatura, agente per attrito,ha un'azione diffusa
su tutta la piattabanda collegata e pertanto più efficace e più razionale. Il ritmo delle teste dei
chiodi poi, può anche costituire elemento decorativo non rigettabile.
Da questi brevi cenni si può dedurre quanto relativo possa essere il giudizio sommariamente
espresso sulla questione estetica della struttura, qualora esso non appoggi essenzialmente ed in
primo luogo sulla razionalità dello schema adottato.
A tale proposito sembra conveniente chiedersi se sia possibile ottenere veramente da uno schema
a traliccio, qualunque esso sia e come è correntemente concepito, una armonia architettonica.
Dal momento che le cerniere di nodo non esistono che nella convenzione analitica, si dovrebbe
decisamente e correttamente riconoscere la realtà degli incastri con tutte le conseguenze relative di
calcolazione, proporzionamento dimensionamento della piastra di attacco, formazione di raccordi ecc.
Solo in tal caso la struttura così realmente studiata e rispondente alla sua essenza statica,
dovrebbe assumere quell'aspetto soddisfacente che altrimenti non può assumere. Ma allora vien
fatto di chiedersi se non convenga semplificare lo schema a traliccio diminuendo il numero delle
aste sì da ridurle al minimo semplificando così e calcolo ed esecuzione.
A tale domanda sembra possa rispondere esaurientemente il gran libro della natura al quale si dovrebbe
sempre attingere per ricavarne orientamenti sicuri. Mentre infatti mancano totalmente alla nostra
osservazione organismi naturali costruiti su schemi reticolari, sono innumerevoli quelli rispondenti allo
schema più semplice rappresentato essenzialmente da una ossatura a maglie quadrangolari.
In tutti i quadrupedi, ad esempio, ove il tronco può considerarsi trave su due appoggi binati, la
colonna vertebrale costituisce il corrente compresso e le costole, incastrate ad un estremo sulla
vertebra, sono collegate inferiormente da un fascio cartillaginoso e muscolare,fibre tese costituenti il
corrente teso. Esempio tipico di trave a telaio sulla quale si nota un equilibrio nella distribuzione
razionale della materia resistente, veramente stupefacente. La costola si allarga allo attacco con la
vertebra là dove il momento risulta massimo e si affina sempre più alla estremità opposta,
all'attacco delle formazioni cartillaginose coi muscoli pettorali, dove il momento si annulla.
L'articolazione vertebrale ci dà la posizione dei momenti secondari nulli nel corrente compresso e
l'insieme costituisce un modello perfetto di struttura a telaio dal quale si possono ricavare forme
costruttive che si distaccano completamente da quelle correnti e che risultano del massimo
interesse. Merita quindi di sviscerare maggiormente quest'argomento, poichè esso schiude la via a
possibilità realizzative ed innovative già sperimentate e suscettibili di ulteriori sviluppi.
La trattazione analitica della trave a maglia quadrangolare è opera di vari autori ma, come è noto,
chi l'ha per prima proposta, il Vierendeel, ha indicato la via maestra da battere ricorrendo però
necessariamente, allo scopo di rendere più accessibile la calcolazione, a semplificazioni ed a
compromessi che hanno dato adito a critiche, incertezze e diffidenze provocate da qualche
insuccesso, dovuto forse, più che all'Autore, alla inesperienza di altri che malamente hanno
applicato quel sistema.
In realtà nella trave a telaio, tutto il sistema statico si appoggia sulla determinazione della posizione
dei punti di momento secondario nullo sui montanti e sulle briglie. Ora, la posizione di tali punti è
variabile col grado di rigidità notoriamente misurato da rapporti fra pesi elastici. Se la rigidità dei
montanti rispetto alle briglie divenisse infinita i punti di momento secondario nullo, vere cerniere
ideali sarebbero determinati a priori ed il calcolo della trave a telaio risulterebbe, oltre che
enormemente semplificato, anche del tutto aderente alla realtà dello schema. Inoltre la variabilità
della posizione delle anzidette cerniere ideali, che sussiste è necessario, in linea praticamente
ammissibile, giungere a rigidità infinite del montante per ottenere la fondamentale condizione su
accennata delle cerniere ideali su posizioni determinate e fisse. Operando contemporaneamente, ad
esempio, sul valore dei momenti di inerzia e sul rapporto fra le dimensioni della maglia, si giunge
rapidamente ad uno scostamento del punto di flesso da quello per rigidità infinita, contenuto in limiti
tali da potersi ritenere praticamente nullo. Per esempio, per maglie quadrate, è sufficiente fare il
momento di inerzia del montante decuplo di quello di briglia, per ottenere lo scostamento anzidetto
entro il 3,4% dell'ampiezza della maglia. Per altra via, limitando il rapporto anzidetto a 5 e
rendendo doppio quello fra la larghezza e l'altezza della maglia, tale scostamento massimo è dello
stesso valore (3,3%) del caso precedente e così via (v.diap.I). Se sì riflette che gli ampi raccordi
alle estremità dei montanti (indispensabili nelle travi a telaio) aumentano già notevolmente il
momento di inerzia di essi e che il momento secondario sugli stessi è sempre maggiore (di norma
almeno doppio) di quelli dei tronchi di briglia adiacenti al montante, si intravvede subito con quale
facilità ed opportunità di composizione e di costruzione e senza aggravi economici nei riguardi di un
buon impiego di materiale, sia possibile realizzare la condizione di dimensionamento su accennata,
con la conseguenza importantissima di poter così ridurre a staticamente determinato un sistema che
diversamente risulterebbe altamente iperstatico e di incerto comportamento finale. Le considerazioni
ora esposte si sono limitate a considerare soltanto delle variazioni di rapporti di grandezze
geometriche (lunghezze e momenti d'inerzia). Vi sarebbe un altro elemento da considerare, quello di
un diverso modulo elastico in considerazione di materiali diversi coi quali costruire i montanti e le
briglie. Ma ciò ci porterebbe fuori della completa esecuzione metallica e pertanto in campo diverso
da quello che si intende qui trattare. Quello che più importa è constatare che dalle su espresse
elementari considerazioni discende la possibilità di nuove forme costruttive che possono dar luogo fra
l'altro a nuovi ritmi e a rapporti estetici di evoluzione in parte già realizzati (v.diap.2,3,4,5).
Lo studio più approfondito del nodo, ha finito per portare alla con-clusione di forme costruttive del
tutto inconsuete. Infatti, considerata attentamente la distribuzione delle linee di forza nella zona di
collegamento del montante alla briglia si è constatato che buona parte del materiale resistente in
corrispondenza del nucleo centrale del collegamento, risulta inerte e quindi inutile.
Si può quindi vuotare il nodo, rinforzando se mai opportunamente i raccordi di attacco. D'altro canto
è conveniente estendere al massimo tali raccordi lungo le briglie, in modo da realizzare una
sempre maggior rigidità del montante; al limite si giungerebbe ( e su questo punto sono state
eseguite applicazioni estesissime) a nodi completamente vuoti con raccordi curvilinei che possono, o
sembrano, arieggiare vere aste di parete, curve, di un traliccio, ma che in realtà si comportano
come raccordi ampi di un montante ideale in una trave a telaio. Qualora le tensioni e la curvatura
di tali raccordi raggiungano rapporti appropriati, la vuotatura corrispondente del nodo, per una buona
utilizzazione del materiale resistente, risulterebbe eccessiva ed il calcolo suggerisce allora
l'introduzione di membrature oblique estese fra l'asta curva ( raccordo curvilineo) e l'intersezione «del
montante con la briglia (v.diap.6,7,8, 9,10). Altra forma conveniente discendente dalle considerazioni
ora fatte è quella della trave a telaio a briglie multiple, dove una opportuna distribuzione dei
momenti di inerzia di briglia può consentire la migliore suddivisione dei taglianti e pertanto dei
momenti secondari, favorendo la determinazione della posizione dei punti dei momenti secondari
nulli secondo il concetto di rigidità su esposto. Specialmente per strutture verticali estese in altezza
e sollecitate orizzontalmente, tale composizione può risultare conveniente e di interessante effetto
estetico (v.diap.11,12,13). Il tempo concesso per questa esposizione sommaria è troppo limitato per
spingersi a considerare altri temi sui quali richiamare l'attenzione del tecnico e dell'artista. Il
problema, ad esempio, della trave inflessa nel suo piano supposto verticale e vincolata agli estremi
nello stesso piano, non risulta trattata analiticamente per la composizione traliccio tranne che nel
caso in cui essa non sia isolata (travi maestre di un ponte aperto). Sembrerebbe che una briglia
tesa, atta a reagire opportunamente a momenti torcenti indotti dal complesso di parete e
segnatamente dai montanti, dovrebbe meglio definire il comportamento a carico di punta della briglia
compressa, problema questo oggi alquanto incerto e che ha dato luogo spesso ad incidenti anche
gravi. Tentativi operati analiticamente e che dovranno essere confermati da esperienze su modelli,
porterebbero per tale via a forme costruttive fra l'altro più soddisfacenti in linea estetica, così come
dovrebbe essere risultando soddisfatte le esigenze statiche. Altro punto importante da considerarsi e
che rappresenta spesso elemento di contrasto fra ingegnere ed architetto è quello dei raccordi ai
nodi nelle strutture verticali cellulari a telaio. Tali raccordi tendono ad essere praticamente soppressi
e sostituiti con rinforzi a squadro che in realtà non eliminano i gravi inconvenienti della formazione
di tensioni localizzate di valore elevatissimo. Ne deriva fra l'altro una limitazione di rigidità
dell'insieme ed un impiego antieconomico di materiale che si potrebbero forse eliminare qualora
l'architetto trovasse il modo di conciliare l'estetica dei rivestimenti con le necessità statiche e
costruttive del supporto. Infine per chiudere l'argomento così rapidamente tratteggiato, sullo stesso
tema che ha dato spunto all'inizio circa la collaborazione che deve sussistere tra artista e tecnico, è
da segnalare la possibilità di forme costruttive nuove che possono scaturire da proposte puramente,
estetiche. Si è presentato recentemente un problema sorto da una concezione singolare riguardante
una copertura metallica da realizzarsi su ‘pianta ellittica di assi m. 62,30 x m. 69,50 e con superfici
ellissoidi che sull'intradosso ed all'estradosso così limitate da consentire in chiave una altezza utile di
soli m. 3,15. Dati anche gli ingenti sovraccarichi imposti, il problema sembrava arduo e a prima
vista insolubile. L'intuizione dell'artista ha però suscitato nel tecnico quelle possibilità che sembravano
a priori inesistenti ed è così sorta la concezione di una piastra ellittica realizzata con elementi a
telaio secondo i criteri fondamentali qui sopra esposti e con una distribuzione per meridiani e
paralleli di effetto estetico tale, quale forse lo stesso Ideatore non poteva immaginare con la sua
semplice concezione di massa (v.diap.93,14,15). Le materia ha un'anima che si manifesta con la
creazione dell'organismo costruttivo. Attraverso a questo assume una forma che artista e tecnico
possono render bella lavorando insieme per la sua concezione e per la sua realizzazione.
(Diap.16,17,18,19,20 - film da 16 mm. m. 120 durata circa 12 min.).
Roma, 12 Ottobre 1954
Composizione di scafi con elementi prefabbricati
Gino Covre
Costruzioni Metalliche n. 2 1950

Si descrive un sistema di struttura longitudinale con elementi prefabbricati e


proporzionati in modo da ottenere la massima compartecipazione agli effetti della
resistenza dello scafo. Gli elementi possono essere costruiti anche in officine lontane
dal cantiere e poi montati sullo scalo che in tal modo viene occupato per brevissimo
tempo.
L'applicazione del sistema ad una motonave da 450 t di recente costruzione ha
confermato la notevole economia di materiale metallico; il peso dello scafo è di appena il
15% del dislocamento a pieno carico.
Nel discorso inaugurale pronunciato dal Ministro della Marina Mercantile in occasione dell'ultimo
Convegno di Tecnica Navale tenuto a Roma lo scorso Dicembre, è stato detto fra l’altro:
«L'indagine economica sull'entità dei costi di costruzione delle navi mercantili sarà da Voi
logicamente indirizzata, non soltanto sulla organizzazione tecnica e sulle attrezzature e sul
rendimento delle maestranze dei cantieri navali, sui metodi particolari di lavorazione e di montaggio
e sulle necessità di unificazione dei singoli elementi costruttivi comuni ai diversi tipi di navi.., ma
anche a sistemi di unificazione delle parti costruttive elementari che possono venire precostruite per
essere poi applicate nel loro complesso sullo scafo ed allo studio per ottenere che un lavoro
sempre più ampio ed organico possa svolgersi nelle officine di poche aziende specializzate, per
limitare al cantiere il solo compito essenziale del montaggio delle singole strutture».
Questi criteri si sono già rivelati come necessità impellente durante l’ultima guerra. Il salasso
spaventoso provocato dalla offesa subacquea, poneva l'America, quasi esclusiva produttrice di navi,
nella condizione di coprire sempre più largamente le perdite in modo da impedire una diminuzione
globale di tonnellaggio. Qui però il problema, più che di costo, consisteva in quello della velocità
esecutiva. La standardizzazione che ne seguì ineluttabilmente non potè che appoggiarsi ai dati di
esperienza in atto poiché il ricorrere a studi e tentativi in momenti così assillanti non era
evidentemente conveniente.
Così tutto lo sforzo si diresse con partenza da pochissimi prototipi prefabbricati con strutture di
composizione corrente in grossi elementi normalmente costruiti dagli stessi cantieri e montati
rapidamente sugli scali. Esisteva quindi il vantaggio di occupare per brevissimo tempo lo scalo
insieme all’altro di una relativa unificazione del complesso.
Oggi però il problema è diverso poiché a base di esso deve porsi il costo. E’ quindi necessario
sviscerare il problema dalla base ponendosi in primo luogo la domanda se la struttura corrente
navale, quella che passa generalmente colla denominazione di « trasversale » risponda effettivamente
a criteri economici.
Il sistema trasversale discende, com'è noto, dalla composizione in legno. La tradizione, radicata in
tutti i campi della tecnica ma in modo spiccato in quella navale, non ha fatto che trasportare
perfino nelle denominazioni dei vari elementi costitutivi dello scafo, dal legno al ferro ogni singola
membratura, E” un po’ quello che è già avvenuto nella tecnica architettonica dove permangono
elementi decorativi classici derivati dal tronco d'albero eretto a colonna, dalle travi squadrate
ricorrenti in architravi, coi relativi collegamenti che riproducono nelle metope perfino le caviglie di
fissaggio.
E' spiegabile che nella nave, dove lo studio della distribuzione degli sforzi è ben più complesso di
un edificio solidamente radicato al suolo, dove il rischio a cui viene sottoposto l’uomo assume
aspetti ben più paurosi di quello connesso alla casa, si sia cercato di procedere lentamente per
gradi appoggiandosi via via all’esperienza del già fatto, anche se realizzato con materiali tanto
diversi. Ma è altrettanto certo che per tale via non è certamente pensabile il raggiungimento della
razionalità che è sempre elemento indissolubilmente legato alla economia.
Nella struttura «trasversale » navale, considerato lo scafo nella sua funzione classica di trave
appoggiata verso le estremità o gravante con queste a sbalzo per un ipotetico appoggio intermedio,
si ha sempre una sovrapposizione di tensioni nelle lamiere di fasciame del fondo e nel caso
d’insellatura il carico di punta nelle prime aggrava un comportamento statico già di per se stesso
considerevole.
Una lamiera di 10 mm. di spessore su costole, e quindi bagli, poniamo a 60 cm. di interasse, ha
un grado di snellezza di oltre 200 il che comporta praticamente una decuplazione del carico o, ciò
che è lo stesso, una riduzione di ben 9/10 della sezione resistente, .
E’ chiaro che si è ben lungi dall'essere nelle condizioni migliori di utilizzazione del metallo. Ed infatti
le zone più labili riscontrate dall'esperienza sono proprio quelle di ponte a mezzo scafo ed i
Regolamenti dei Registri Navali di tutte le nazioni sono concordi nell’attribuire agli spessori di
queste zone di lamiere valori molto elevati. Il che non toglie che incidenti siano avvenuti ed
avvengano.
Quello che si è accennato ora è soltanto un
punto debole dei tanti riscontrabili nella
composizione trasversale corrente e si è inteso
metterlo in evidenza, non per spirito polemico,
ma perché costituisce un punto vitale di analisi
per correggere, da un lato un deficiente
comportamento statico e per introdurre dall'altro
un elemento economico di grande valore, in
quanto è chiaro che metallo male utilizzato
rappresenta di per sè uno spreco.
E’ vero che la necessità di abbondare negli
spessori e nelle sezioni dei ferri, in generale, si
impone nella costruzione navale dove è da
tenersi in debito conto la usura provocato dalla
manutenzione e dalle inevitabili corrosioni e
pertanto la vita di una nave è legata ad un
certo eccesso di metallo sul minimo imposto
dalla statica. Ma questo eccesso può sempre considerarsi partendo da un presupposto di
sollecitazione unitaria determinante un dimensionamento base, sicché è lecito pensare che ricorrendo
ad altre strutture importanti una diminuzione di carichi unitari di lavoro, sarà sempre possibile
adeguarsi nella durata a quelle discendenti da composizione normale, pur realizzando la debita
economia in peso metallico.
Questa poi della riduzione del peso dello scafo è una questione che assilla da tempo costruttori e
progettisti per le conseguenze ch’essa trascina sull’intero progetto e sull’esercizio stesso di un
bastimento. Non si tratta infatti di economizzare soltanto del ferro, ma dipendentemente influire
beneficamente sulla portata utile, sulla potenza motrice, sugli oneri di esercizio e sulla stessa
architettura di una carena e di tutto lo scafo, anche in relazione alla sua destinazione d'impiego.
Come passare ad altri sistemi anche in relazione alle particolari esigenze collegate alla
prefabbricazione?
Il concetto di realizzare lo scafo metallico staccandosi nettamente dalla composizione trasversale per
adottare una struttura fondamentale longitudinale più rispondente alle necessità resistenti della nave,
è stato affrontato per il primo, com’è ben noto, dallo Scott-Russel che a quasi un secolo da noi
(1854) ha saputo e voluto creare colla sua Great-Eastern un esempio meraviglioso di conoscenza
tecnica e di ardimento costruttivo.
Un bastimento di 207 m. di lunghezza dislocante a pieno carico ben 25.000T. non si sarebbe
potuto realizzare con le possibilità tecniche di allora, colla trasversale.
E se si pensa che il peso metallico dello scafo della Great-Eastern ha raggiunto soltanto le 8000 t
e cioè circa il 30% del dislocamento si vede che, fatti i debiti raffronti relativi alle caratteristiche
superiori meccaniche odierne dei materiali ferrosi, il Russel aveva già raggiunto quanto praticamente
si raggiunge tuttora in fatto di economia di ferro.
Disgraziatamente la complicazione esecutiva e vari altri fattori che non è qui il caso di analizzare,
hanno lasciato praticamente sterile il tentativo, tranne che in quei casi particolari di tecnica navale
militare dove la struttura longitudinale ha trovato, parzialmente, applicazioni in casi determinati,
discendenti più da ragioni di robustezza che da criteri economici.
Nel 1900 un altro coraggioso iniziatore, l'americano Isherwood, tenta la longitudinale ricorrendo ad
una composizione ben nota, con costole di tipo rinforzato distanziate da 3,50 a 5 metri e con
correnti continui in profilati normali appoggiantisi alle prime. Il sistema dà in effetto una economia in
peso metallico, in confronto alla trasversale, intorno al 10% ma importa anche una limitazione
d'impiego a determinati tipi di bastimenti (essenzialmente navi cisterna) che impediscono al sistema
una relativa diffusione.
Le ragioni della mancata applicazione in grande stile di questi due tentativi, risiede probabilmente
sul fatto che in entrambi non si sono potute armonizzare le varie esigenze a cui uno scafo deve
sottostare, partendo da una concezione troppo d'insieme della struttura che se da un lato
semplificava l'esecuzione dall’altro conduceva ad una incompleta utilizzazione del sistema.
Il sistema Covre è un longitudinale, che si pone in primo luogo il principio della massima
compartecipazione dei due sistemi componenti l'ossatura ed il rivestimento.
Poichè l’esperienza dimostra che la lamiera collegata ad un profilato può compartecipare utilmente
alla resistenza di questo, in senso longitudinale, per una striscia di larghezza 40 o al massimo
cinquanta spessori, ne consegue che le longitudinali conviene interassiarle tenendo presente questo
criterio che porta del resto anche ad un ottimo comportamento del rivestimento agli effetti della
resistenza a flessione in dipendenza della pressione idrostatica ( fasciame) o dei carichi eventuali
insistenti (ponti).

Normalmente nella struttura Covre le longitudinali sono no interassiate intorno ai 50 cm. che per
spessori d i fascia me intorno ai 10 mm. vuol dire la completa utilizzazione della lamiera in collaborazione
col profilato costituente la longitudinale.
Questa però non è costituita da una verga semplice e ciò sia per contrastare la lunghezza libera
d'inflessione della longitudinale, sia per migliorare il suo comportamento nel!a zona di maggior tormento
che è quella di intersezione con le costole di cui si dirà in appresso. Le longitudinali pertanto vengono
vincolate nel loro punto intermedio da un elemento curvo a due braccia, le cui estremità vanno a
fissarsi sulle costole con collegamento continuo realizzato preferibilmente per saldatura.

Questo dispositivo si può constatare dall'esame della fig.1.


L'elemento retto di longitudinale può essere continuo o a tratti intercedenti fra due costole nel qual
caso la continuità è realizzata come per l'elemento curvo.
Ciò consente di produrre subito un elemento ripetibile in armonia alle esigenze di fabbricazione, costituito da
due verghe l’una ad andamento retto (o leggermente curvata se si tratta di avviare una forma di
carena) e l'altra curvilinea fissata al!a prima al mezzo. L’elemento viene imbastito per bulloni alle
costole e successivamente saldato nella fase di montaggio finale sullo scafo di varo.
Le costole, del tipo rinforzato, trovano l a loro migliore utilizzazione ed un dimensionamento ottimo,
quando siano interassiate in modo conveniente rispetto alla lunghezza dello scafo. Si è visto che tale
interasse ottimo si aggira su tre volte l’interasse di costola della struttura normale trasversale, e
pertanto molto al disotto del dimensionamento adottato dallo Isherwood.
Le costole hanno pure una composizione appropriata discendente dal fatto che in esse la
distribuzione dei momenti flettenti e dei corrispondenti sforzi taglianti impongono, per una buona
utilizzazione, un concentramento di sezione nei ferri di briglia ed un alleggerimento in quelli di
parete. Pertanto un'anima piena ( o semplicemente alleggerita da fori come praticava l'Isherwood
risulterebbe abbondantemente sprecata. Nel sistema Covre si ricorre ad una composizione a telaio
con due o più briglie e calastrelli ed anche, invece che a questi, a montanti con nodi vuotati. Anche per le
costole la composizione è fatta per elementi imbastiti con bulloni e successivamente saldati sullo scafo.
Composizione analoga si adotta per i bagli, le anguille, la chiglia paramezzale che dispone di una
longitudinale continua, ecc.
Verso le estremità dello scafo, oltre le paratie di gavorra si ricorre normalmente alla composizione
trasversale con elementi prefabbricati sia per l’ossatura che per il fasciame.
Con questi sistemi sono stati condotti diversi studi applicativi fra i quali è stato realizzato un esemplare di
motonave da carico da 320 T.p.l che attualmente corre il mare.
Questa costruzione, realizzata per sforzo comune dalla S.p.A Antonio Badoni ( che detiene l'esclusiva
dei brevetti Covre) per la parte scafo, dalla FIAT Grandi Motori per l'apparato motore e dai Cantieri
Navali Toffolo di Venezia per l 'allestimento, ha confermato intanto l'economia metallica del sistema. Lo
scafo raggiunge infatti il peso di appena ii 15% del dislocamento a pieno carico ( che è di circa 450 T.) con
una economia di circa il 30% sullo scafo corrispondente supposto realizzato con struttura trasversale
normale.
La costruzione, approvata dal R.I.N.a che ha dato preziosa assistenza all'iniziativa, naviga colla
massima classe dimostrando doti di resistenza e di elasticità di prim’ordine.
lmbastita la struttura presso la Soc. Badoni a Lecco ( v. fig. 2 e 3) essa è stata successivamente
montata e definitivamente saldata sulla scalo a Venezia occupandolo per poco più di un mese. Il completo
allestimento è avvenuto sullo scalo, compreso il motore, e la motonave è scesa in mare pronta per
navigare.
Le fig. 4, 5, danno di essa alcune viste caratteristiche durante le varie fasi di realizzazione, nella 6 la
nave è pronta per salpare.
I criteri di dimensionamento prudenziali che sono stati imposti con questa prima realizzazione non
hanno impedito che il risultato finale previsto nella economia di peso metallico si verificasse nel modo
più sicuro. Il modulo di resistenza minimo della sezione maestra dello scafo è stato imposto senza tener
conto alcuno del miglior comportamento delle lamiere di rivestimento, partendo quindi dalle prescrizioni
regolamentari del RINa in vigore per la struttura trasversale normale. Se si tiene poi conto che
malgrado questo è risultato di appena 3 kg/mmq. si può avere un'idea sulle possibilità future di maggiori
economie conseguibili anche in rapporto a portate più elevate.
La struttura si presta particolarmente per unità costruite in seri e nel qual caso entra, in gioco per il
fattore una migliore utilizzazione della mano d'opera. Infine la lavorazione connessa alle operazioni di
montaggio, ha esigenze molto limitate in fatto di attrezzatura, cosicché anche i piccoli e medi cantieri
dotati di modesti impianti, sono nelle condizioni di poter utilizzare il sistema con vantaggio nella costruzione
di unità con modesto dislocamento.
Rilievo importante è quello che mentre nella longitudina1e corrente e per i sistemi prima d'ora realizzati e
precedentemente accennati , il sistema comportava una rigidità eccessiva poco rispondente alle
caratteristiche dinamiche delle sollecitazioni a cui è normalmente sottoposto uno scafo col sistema Covre si
è invece constatata una elasticità della struttura praticamente dello stesso ordine della trasversale, della
quale pertanto viene conservata una caratteristica di qualità altamente apprezzata.
D'altro canto presentando la longitudinale Covre una struttura solidale e elastica, ne consegue una larga
diffusione delle sollecitazioni localizzate e pertanto vengono cosi ridotti i tormenti del materiale, colla
previsione di una più lunga vita della nave e di minori oneri di manutenzione.
Riepilogando, il sistema Covre prevede la fabbricazione (nella officina di carpenteria) ed il successivo
montaggio (nel cantiere navale) dei seguenti elementi :
I. - Tronchi d i chiglia in lamiera con eventuali rinforzi in profilati.
2. - Madieri , in elemento a doppio T e con composizione o telaio, da collegare al montaggio colla chiglia,
le lamiere del fondo e del doppio fondo, laterali longitudinali e gli elementi di costola col ginocchio.
3. - Le costole a telaio ed i bagli, saldati, da collegarsi tra di loro e al madiere al montaggio.
4. - Le strutture longitudinali a cavalletto , raggruppate in serie secondo i profili, da imbastirsi al montaggio
con bulloni e successiva saldatura.
5. - Gli elementi sussidiari (anguille, braccioli, ecc.).
Il montaggio nel Cantiere navale comprende:
6. - La composizione della chiglia.
7. - II montaggio di madieri, costole, bagli e cavalletti prefabbricati.
8. - La posa de!le lamiere, per saldatura ( o eventuale chiodatura ) sulle briglie esterne delle costole o
lungo i comenti.
Il sistema consente, come si e detto, una limitazione negli spessori delle lamiere del fasciame e dei ponti
compatibilmente coi minimi necessari alle esigenze di manutenzione ed alla vita del bastimento ; una
economia nel numero delle ordinate e delle strutture longitudinali derivante da una più razionale
distribuzione delle membrature componenti in relazione agli sforzi ad esse trasmessi, colla
conseguenza di un minor peso di materiale metallico a parità di portata o, ciò che equivale, un
aumento di portata a parità di dislocamento. Pertanto ne deriva , una migliore utilizzazione della
potenza dell'apparato motore sotto forma di aumento di velocità o di economia di esercizio.
Il sistema, essendo realizzato con elementi di serie di peso e ingombro molto ridotti , rende estremamente
semplici le operazioni di trasporto dall'officina di preparazione al cantiere navale ed ha influenza
benefica sulle operazioni e sulla entità dei mezzi di montaggio. Gli scafi Covre in ferro sono, dopo quanto
precedentemente accennato sulle caratteristiche di composizione, scafi preferibilmente interamente
saldati. Nulla si oppone però all'adozione parziale o totale della chiodatura.
Il Padiglione dell’Auto alla Fiera del Levante
Gino Covre
Costruzioni Metalliche n. 5 1950, pagg. 21-27

Nel marzo di quest’anno la Fiera del Levante indiceva un appalto concorso per la progettazione e
L’esecuzione della copertura di un grande salone a pianta all’incirca quadrata con 60 m di lato da
adibirsi a sede della Mostra dell’ Auto.
Le particolari condizioni a cui doveva sottostare l’opera, se da un lato potevano presentarsi
seducenti per il progettista, in quanto veniva posto nelle condizioni di poter realizzare concezioni
ardite e spettacolari di sommo interesse tecnico e soddisfazione professionale, dall’altro costituivano
per l’esecutore un complesso di difficoltà notevoli comportanti gravi responsabilità.

Come purtroppo avviene in tutte le manifestazioni fieristiche, la gara indetta nel marzo, giungeva
In questo caso alla sua conclusione ai primi di maggio, mentre l’opera doveva essere consegnata
ultimata a metà agosto. Già questa si presentava come condizione richiedente tale organizzazione
ed attrezzatura da poter trovare ben poche ditte pronte ad assumerne seriamente i rischi.
Il lavoro veniva aggiudicato alla s.p.a. Antonio Badoni su progetto dello scrivente, prescelto tra
diverse soluzioni elaborate in rapporto alle varie possibilità prospettate dalle norme di concorso. Si
desiderava, in primo luogi, di eliminare possibilmente eventuali sostegni intermedi a patto di conseguire
però una soluzione economicamente accettabile. In secondo luogo, trattandosi di utilizzare e
sistemare un fabbricato preesistente che disponeva già di un’apertura d’angolo (vedi fig. 5) di luce
determinata, era indispensabile adattare la copertura a queste particolari condizioni. Infine
l’elemento spettacolare doveva imporsi trattandosi di un organismo costruttivo di carattere fieristico.

Ma anche questa condizione doveva rimanere sobriamente contenuta in quanto il padiglione, a Fiera
ultimata, é destinato ad essere utilizzato per scopi vari e del tutto diversi dagli attuali.
La soluzione realizzata considera una grande volta a crocera i cui arconi diagonali assumono in
pianta una larghezza notevole (9 m) corrispondente a quella del’apertura d’angolo precedentemente
accennata. Più che di due arconi si tratta in sostanza di due elementi di volta resi continui in chiave
da un anello cilindrico di 21,70 m di diametro esterno sul quale trova sede una cupola sferica
centrale composta di 8 settori fissi ed altrettanti mobili per rotazione rispetto all’asse verticale di
chiave.
Il sistema consente la facile apertura della cupola (con comando elettrico ed a mano) onde
realizzare in qualsivoglia condizione l’aerazione dell’ambiente coperto.
In fig. 4 é rappresentato in pianta lo schema delle ossature metalliche mentre in fig. 3 il complesso
risultante in sezione. Le opere di sostegno della struttura metallica, progettate ed eseguite a cura
dell’Ente Fiera, sono costituite da una pianta quadrata a spigoli smussati. I lati del quadrato sono
formati da pilastrate in cemento armato, fig. 6, in sommità alle quali a quota 7 metri corre un
architrave in cemento armato a sostegno dei timpani.
In corrispondenza degli angoli smussati le pilastrelle si raccordano a quattro portali, fig. 7,
costituenti l’appoggio degli arconi diagonali.
Le strutture cementizie hanno richiesto l’impiego di 15 tonnellate di armatura in ferro.
Gli arconi diagonali sono prismatici a sezione pentagonale e risultano costituiti da cinque costoloni di
tre diverse altezze, resi solidali fra loro da opportune membrature, vedi fig. 2. All’estradosso
l’arcone è conformato a due falde e ricoperto a vetri, mentre l’intradosso segue l’andamento di
una volta a direttrice circolare. La corda degli arconi é di 75 m con una monta di 13,10 m.
Le volte della crociera sono a profilo circolare costituite da centine ad altezza costante collegate fra
loro, secondo le generatrici del cilindro d’intradosso, da terzere composte in modo da irrigidire
i correnti della centina superiore ed inferiore e da rispondere al compito del sostegno del materiale
di copertura, (costituito da lastre ondulate di ardesia
artificiale), e del relativo sovraccarico accidentale. Le
centine di timpano insistono su di una corda di 46,40
m e hanno una monta di 12,30 metri.
I carichi accidentali previsti sono: 50 kg/mq per neve e
100 kg/mq in proiezione verticale per azione di vento.
Questa condizione applicata al dimensionamento
dell’orditura dei timpani (ricoperti a vetri) si è dimostrata
praticamente gravosa.
Tutto il complesso è a spinte eliminate secondo il
dispositivo di cui a fig. 6 e 9 e più precisamente una
trave reggispinta orizzontale é collocata all’imposta di
ciascun arcone diagonale e dalle estremità di tale
trave si dipartono i tiranti (costituiti da due barre
cilindriche diametro 80 mm accoppiate da bilanceri e
munite di opportuni tenditori perimetrali in
corrispondenza dei timpani. La spinta massima
perimetrale risulta di 86 t.
Gli arconi diagonali sono articolati alle imposte e resi
continui in chiave, come si disse, da un anello a
sezione rettangolare, fig. 10, la cui calcolazione é
risultata particolarmente delicata per la complessita
delle sollecitazioni alle quali esso si trova sottoposto.
In altra sede sarà riportata la trattazione analitica
dell’opera che ha richiesto un lavoro non indifferente
data anche la brevità del tempo concesso e le incognite
che potevano presentarsi in sede di montaggio.
Tutta la costruzione è realizzata in “Struttura Covre” con
composizione per saldature in officina di elementi
trasportabili e montaggio totale sul posto per bulloni. Le
opere metalliche portanti propriamente dette hanno
richiesto l’impiego i 120 t di acciaio delle quali la metà
circa costituite da tubi A 55 di produzione Dalmine e
l’altra meta di profilati in acciaio dolce da costruzione A
37. I carichi massimi di lavoro introdotti nei calcoli
sono rispettivamente di 1800 e 1400 kg/cmq.
Il lavoro di esecuzione per la varietà e complessità dei
tracciamenti e quello di montaggio per la ristrettezza
del tempo e per le particolari caratteristiche della
costruzione, hanno richiesto alla società Badoni
notevoli studi, preparazione ed assistenza.
Su di una torre provvisoria di servizio, fig. 10, è stato
anzitutto montato l’anello perimetrale centrale e
successivamente i quattro semiarconi diagonali. Per
settori successivi poi, si é provveduto al montaggio
delle centine costituenti le crocere dando
successivamente la possibilità di lavoro ai lattonieri, ai vetrai, ai posatori del materiale di copertura
ecc. e, colla rimozione della torre provvisoria, ai terrazzieri. Tutte forniture eseguite a cura della
Fiera.
In trenta giorni il montaggio era compiuto mentre altrettanti ne sono occorsi per il lavoro in officina.
Le fotografie 9 e 11 riprese a dieci giorni dall’inaugurazione della Fiera danno un’idea di come il
lavoro si svolgeva e si ritrae da qualcuna di esse l'assillo convulso ma coordinato e continuo che
ha portato al compimento dell’opera, fortemente voluta dalla Presidenza ed alla quale hanno dato
tutta la loro passione i dirigenti dell’Ente.
La fig. 1 dà la rappresentazione dell’opera a cupola aperta in visione diurna, mentre le figg. 13 e
12 rappresentano rispettivamente un interno a cupola chiusa ed un esterno entrambe in visione
notturna.
Il Padiglione della meccanica pesante alla XXIX edizione
delle Fiera di Milano
Gino Covre
«Costruzioni Metalliche» N. 3 - 1951 Pagg.21-27

Subito dopo la chiusura della XXVIII Fiera di Milano e precisamente nel maggio dello scorso 1950,
l'Ente decideva di procedere alla demolizione di preesistenti costruzioni onde rendere disponibile un
completo isolato sul quale erigere un complesso su due piani, uno seminterrato e ii sovrastante
fuori terra, destinato a raccogliere le principali manifestazioni nel campo dell’attività meccanica
pesante presenti alla Fiera e in continua ascesa.
La Direzione dell'Ente si era in un primo tempo orientata su di una pianta dell’edificio che non era
quella oggi realizzata. D'altra parte, date le esigenze particolari della Fiera che richiedono per gli
edifici fuori terra, possibilmente, un eventuale ricupero e facile scomposizione degli elementi
costituenti gli edifici, era logico l'orientamento per una costruzione metallica fuori terra, mentre per il
seminterrato, con un solaio sovrastante destinato a sopportare carichi notevoli, risultava logico
l’orientarsi verso una composizione in cemento armato. Senonché le esigenze della sovrastruttura
metallica risultavano così diverse da quella sottostante in cemento armato, da dovere
necessariamente influenzare anche la pianta generale, sicché ci si è trovati di fronte ad un problema
già di per se complesso ma reso ancora più ostico nella soluzione dalla necessità inderogabile di
utilizzare al massimo il terreno messo a disposizione, realizzando caratteristiche estetiche e
possibilmente spettacolari che sempre vanno tenute nella giusta considerazione nelle manifestazioni
fieristiche in generale e che sono sempre state notoriamente molto perseguite dalla Fiera di Milano
in particolare.
In perfetta comunità di considerazioni e di vedute colla Dirigenza Tecnica della Fiera, si è giunti alla
conclusione di sviluppare il complesso metallico sovrastante l’edificio, su di una campata unica di
1
100 m circa, il che costituiva un primo ardimento di certo interesse .Inoltre, anche per rispondere a
necessità economiche collegate alle caratteristiche della costruzione metallica, il complesso è stato
sviluppato in pianta secondo un settore di corona circolare raccordato, alle estremità, a due tronchi
frontali rettangolari di diversa estensione longitudinale. Per tale via la struttura metallica si è in certo
qual modo imposta, come doveva essere, obbligando la sottostante struttura in cemento armato

1
Si tratta della copertura ad arco più grande del mondo, superando di quasi 8 m la luce di 91,44 m degli archi delle aviorimesse di New
York.
(costituita da un complesso di pilastri ad interesse di 10 m, sorreggente una rete di architravi sui
quali restava impostato il solaio destinato a ricevere carichi accidentali dell'ordine di 2 tonn. a mq.) a
seguire una distribuzione di membrature e di masse particolarmente definite. In fig. 1 si può notare
lo schema di pianta del complesso metallico che delinea la caratteristica fondamentale dell’edificio.
La distribuzione secondo il settore circolare apriva il problema di un appropriato raccordo fra le
centine in curva, problema che è stato risolto con successivo duplice divaricamento delle centine
principali, a partire dai ritti
situati sul bordo di minor
raggio di curvatura. Questo
accorgimento ha anche
consentito una certa quale
normalizzazione degli
elementi trasversali e di
minuta orditura, contribuendo
inoltre ad un effetto estetico
generalmente accolto con
favore.
Il complesso metallico come
si osserva nello schema su
indicato, è costituito da una
serie di centine principali
aventi una luce teorica di 99
m. e all’estradosso di 100
m. Tali centine hanno un
profilo opportunamente
studiato in relazione ai
carichi e sovraccarichi imposti
ed ai massimi di quota
stabiliti dalla Fiera. La monta
teorica in chiave risulta di
metri 19,85 sul piano del ferro della briglia superiore.
Prima idea è stata quella di vincolare le centine coll’incastro al piede, sia per ragioni estetiche,
nonchè per altre evidentemente pratiche relative ad una maggiore comodità di montaggio. Senonché
il fatto di disporre come appoggio di una sottostante struttura in cemento armato che, data la
brevità del tempo concesso per la costruzione dell’edificio, non poteva andare certamente esente da
assestamenti imprevedibili col conseguente possibile spostamento ed eventuale rotazione delle zone
di impostazione della centinatura, hanno sconsigliato questo comodo sistema di vincolo, indirizzandoci
decisamente allo schema statico dell’arco a due cerniere. La spinta potendosi eliminare attraverso la
sottostante struttura in cemento armato, la struttura diveniva una volta iperstatica e metteva al riparo
da eventuali sorprese. Circa la composizione della centinatura principale. data l’esperienza fatta
attraverso venti anni di applicazioni, è stata adottata la struttura che corre sotto il nome di chi
scrive e che è caratterizzata da un sistema a telaio con composizione dei nodi ridotta allo schema
delle tensioni principali. Questa vuotatura del nodo nelle zone dove le linee di forza elastiche si
diradano, consente una economia di materiale notevole ed il conseguimento di effetti estetici
generalmente apprezzati, e, spesso, semplificazioni costruttive e di montaggio di qualche interesse.
Le centine sono collegate fra di loro da snelle terzere pure a telaio, aventi la duplice funzione
d’irrigidimento delle centine nel loro piano e di sostegno di una centinatura secondaria intermedia a
quella principale, destinata a fungere da rompi tratta ai correnti, sui quali trova posa il materiale di
coperta, costituito da ardesia artificiale adeguatamente ondulata.
L’irrigidimento delle centine nel loro piano ha formato oggetto di particolare studio. Attraverso le
terzere ora accennate, l’inflessione laterale provocata dal caricamento di punta delle briglie
compresse, viene riportata a due fasce di controvento di falda situate in corrispondenza dei due
frontoni e comprendente tre centine ognuna. Essendo pertanto di 5 m l’interasse delle centine nelle
zone in pianta non curve, la larghezza delle fasce di controventatura su accennate risulta di m 10.
Queste fasce di controvento sono state dimensionate in modo da potere reagire
contemporaneamente anche all’azione del vento sui frontoni, per quanto poi la Direzione Tecnica
della Fiera abbia preferito mantenere questi del tutto indipendenti dalla struttura metallica,
costituendoli con traversi su ritti in cemento armato incastrati al piede e reagenti pertanto come
sbalzi verticali alle azioni orizzontali del vento.
Il calcolo della centinatura principale è stato condotto per un sovraccarico accidentale di neve di
100 Kg/mq in proiezione orizzontale esteso a tutta la copertura.
Questa condizione di carico è stata però, nel calcolo, debitamente variata per studiare il
comportamento del complesso nel caso di caricamento dissimmetrico di mezza copertura.
L'azione del vento, in ragione di 80 Kg/mq di superficie battuta, data la conformazione sfuggente
dell'estradosso e i rivestimenti autoportati verticali eretti in corrispondenza dei ritti, ha portato a
sollecitazioni del tutto trascurabili. Pure di scarso valore sono risultate le sollecitazioni addizionali
derivanti da una variazione termica (50°).
In seguito all’estesa esperienza fatta sul tipo di struttura adottato, la calcolazione delle centine è
stata condotta come se si trattasse di una struttura a parete piena di momento d'inerzia
corrispondente a quello derivante dal computo delle pure sezioni di briglia. Ed infatti, alle prove di
carico, questa importante caratteristica è stata confermata pienamente poiché, calcolando le
deformazioni partendo dall'ipotesi ora indicata, la corrispondenza colle deformazioni constatate, è
risultata praticamente perfetta. Ciò ad ulteriore riprova della grande rigidità unita al perfetto
comportamento elastico, presentate notoriamente dalle strutture solidali in genere e da quelle a
telaio in ispecie.
Nella calcolazione della centinatura è stato tenuto conto della variabilità dei momenti d’inerzia in
quanto sono state adottate per le briglie, come per le aste componenti i nodi, sezioni variabili
secondo le corrispondenti sollecitazioni. Ciò ha portato alla necessità di calcoli ripetuti su successive
approssimazioni; ma data la notevole semplificazione introdotta colla ipotesi della parete piena, la
calcolazione, pure risultando laboriosa, è stata accessibile senza compromessi od approssimazioni
apprezzabili.
Per la verifica del comportamento delle centine agli effetti della stabilità euleriana, specialmente agli
effetti del mantenimento nel loro piano, è stato seguito un procedimento analitico basato sul criterio
della determinazione delle tensioni virtuali sviluppate in corrispondenza dei nodi di ciascuna centina
e normalmente al suo piano, dalle briglie considerate compresse da un carico critico determinato, in
relazione alle sollecitazioni esterne e alle loro caratteristiche geometriche. Il procedimento non è
nuovo in quanto largamente adottato specialmente dal Vierendeel nella calcolazione delle membrature
a tralicio caricate di punta, procedimento che dallo stesso Vierendeel è stato anche adottato per
spiegare e confermare le cause della nota rovina del ponte di Quebec. L’esilità del tutto apparente
delle terzere aventi la funzione ora espressa, del mantenimento delle centine ne loro piano, non
potrà fare a meno di colpire l’osservatore. Ma il loro dimensionamento, condotto
col criterio anzidetto (oltre a quello beninteso
derivante dall’altra funzione di sostegno più
sopra accennata) conduce a sollecitazioni
modeste malgrado la cospicua entità delle
sollecitazioni sulle centine. Ciò perche il gran
numero di queste terzere costituisce un legame
praticamente continuo fra le centine ed il loro
comportamento, che importa nelle membrature
componenti sforzi quasi completamente di
trazione, risulta convincente allorché si osservi
l'insieme solidale giungente a scaricarsi sulle
due grandi fasce di controvento finali.
La figura 2 riproduce il disegno d’insieme e la
relativa composizione di una centina normale
mentre la fig. 6 dà un’idea di come è stato
risolto il problema dello sdoppiamento successivo
di una centina fino a quattro nelle zone
dell’edificio in curva.
Calcoli e disegni necessari per lo sviluppo
esecutivo, sono stati da me consegnati ai primi
di agosto 1950 all’officina che ha provveduto
allo sviluppo esecutivo ed al contemporaneo
approvvigionamento del materiale in poco più di
un mese malgrado le difficoltà incontrate non
trovandosi pronti molti profili adottati in progetto
e non potendo d’altra parte attendere la loro
laminazione dato l’assillo del tempo concesso
per l'esecuzione.

La lavorazione in officina, iniziatasi nella


seconda quindicina di ottobre, è stata condotta
con mezzi eccezionali. La Soc. p. Az. Antonio
Badoni, con i suoi due stabilimenti di Lecco e
di Sesto S. Giovanni, ha organizzato il lavoro in
modo che già nella prima quindicina di
dicembre esso dava la possibilità di afflusso
continuo e meticolosamente studiato nei
particolari, sì da consentire una condotta di
montaggio tale da portare l’opera metallica a
compimento in circa 45 giorni. Sarebbe
estremamente interessante il dettagliare questa
fase vitale della realizzazione dell’opera, ma si
dovrebbe abusare soverchiamente della ospitalità
di questa Rivista se si volesse dare in forma,
anche concisa il procedimento di sviluppo
seguito.
Il peso del complesso del materiale ferroso
andato in opera è stato di circa 800 tonn. e
precisamente in ragione di 74 Kg per metro
quadro coperto, dato che la superficie
dell’edificio in pianta risulta di circa 10.800 mq.
E’ però da tenersi presente che tale risultato,
già di per sé significativo, sarebbe stato
certamente anche migliore se il tempo concesso
per l’esecuzione non avesse influito sulla
possibilità di scelta dei profili come su
accennato e se fosse giunta tempestivamente la
disposizione limitante la funzione dei controventi
frontali a quella specifica per la quale essa
sussiste e cioè, come già accennato, di
mantenimento delle centine nel loro piano.
A titolo di orientamento generale si vuole ricordare che il complesso metallico realizzato per la
copertura della stazione ferroviaria di Milano su luci variabili da 75 a 25 m è venuto a pesare in
ragione di circa 150 Kg/mq di superficie coperta in p. o.
Nell’interno rappresentativo in fig. 5 si noterà la presenza di una presa di luce in chiave molto
limitata e di dubbio effetto estetico. E’ da notarsi che il progetto originale considera la estensione di
questo lucernario a tutto il manufatto e che sono già disposti i relativi attacchi che consentiranno
questo completamento in un prossimo futuro.
Dalla fig. 4 si può rilevare la prospettiva dei due campi di centinatura esterna, lasciati per ora in
vista, in attesa di una sistemazione architettonica già studiata, ma successivamente rinviata per
l'esecuzione e che è stata per ora completata parzialmente all’esterno così come viene raffigurato in
fig. 3.
Infine un'ultima parola per quanto riflette le deformazioni. Il materiale impiegato è l'acciaio dolce
normale da costruzione per composizione saldata in officina e per montaggio con bulloni. Il
serraggio di questi ultimi è stato operato pneumaticamente in modo da essere garantiti sulla sua
uniformità e perfetta esecuzione. La deformazione in chiave calcolata per un sovraccarico di 100
Kg/m? esteso a tutta la centina risulta di 112 mm; mentre che alle prove di carico se ne sono
rilevati ca. 70 senza alcuna deformazione permanente successiva. Tenuto conto del contributo dato
dalle centine adiacenti a quelle caricate si giunge al risultato notevole della pratica coincidenza fra
le previsioni e la realtà. Lo spostamento verticale in chiave per una variazione di 10° di temperatura
è di mm 20. Le sollecitazioni unitarie massime indotte nel materiale sono state tenute al disotto di
14 Kg/mmq.
La spinta massima trasmessa da una centina normale alla sottostante struttura in cemento armato è
di circa 50 tonn. valore che però sorpassa il doppio in corrispondenza delle centine nella zona
della parte in curva.
Poiché il complesso in cemento armato è discontinuo in corrispondenza dell’asse del padiglione per
la necessità della creazione di un giunto di dilatazione, le spinte suddette vanno a scaricarsi su
tutta l'ossatura in cemento armato sottostante, pilastri ed architravi, creando un problema statico non
semplice egregiamente risolto dall’Impresa Guffanti alla quale è stata affidata dalla Direzione della
Fiera l'esecuzione delle opere in cemento armato, murarie e di finitura.
Colla realizzazione di quest'opera i Dirigenti dell'Ente Fiera di Milano hanno dimostrato al mondo di
quali coraggiose iniziative essi siano capaci, conciliando nel contempo le necessità funzionali dell'Ente
colle altre intese a tenere alto il prestigio della Tecnica Nazionale.
Un multipiano di accia
iaio a torre sul lago di Lecco
Dott. Ing. Gino Covre
Acciaio e Costruzioni metalliche n.. 3,
3 1957 pagg. 110-116

Sulla centrale piazza Manzoni,i, nel


cuore di Lecco, «don Lisan nder»,
dall’alto di un piedestallo marm moreo,
sembra voglia ammiccare, con
bonario sorriso leggermente maliz lizioso,
a quanto gli sta succedendo o alla
sinistra da qualche mese a qu questa
parte. Una ossatura metallica a in
acciaio, svettante ad oltre cinqu quanta
metri d’altezza, è spuntata rapid pida e
prepotente dal suolo e si è erta
velocemente al cielo, quasi in un
anelito di riscossa per la fam ma di
quelle «cime ineguali » che coro ronano
i «monti sorgenti dall’acque».
L'edificio sorge per iniziativa di d un
gruppo retto a condominio (Coop p. «La
Moderna») ed è destinato ad us uso di
civile abitazione e negozi.
In una pianta quanto mai angust sta ed
irregolare l’arch. Carlo Wilehlm lm di
Lecco ha saputo ricavare l'imposs ssibile, utilizzando il centimetro e mettendo a d dura prova i nervi e la
pazienza di chi è stato chiamato ato a dar vita e veste a questo organismo o costruttivo che per il
rapporto fra larghezza e lunghezz zza in pianta, ed altezza, assume il carattere e del grattacielo più che
quello del multipiano a torre come e si è preferito definirlo.
“Su soli 375 mq di superficie cop operta, dei quali 50 destinati al vano scala-asce censori, col lato minore
dell’edificio in pianta di appena 11,40 m (rapporto fra larghezza minima ed altezza di circa 1/5 e
cioè press'a poco quello adottato,, ad esempio, per le torri dell’elettrodotto sullo lo Stretto di Messina) si
sviluppa un fabbricato di ben 190 000 mc di volume a vuoto per pieno, su tredi dici piani oltre il terreno
con ventisei appartamenti per com omplessivi 195 locali oltre ai negozi e servizi.
Il calcolo della ossatura metallica a considera una azione di vento di 150 kg/mq q di superficie normale
battuta, con variazione lineare dalla d sommità al suolo. Il carico accidentale le per i solai è stato
assunto in 200 kg/mq con un n incremento dinamico del 25%. Il peso pro roprio dei solai e della
pavimentazione, considerandovi a anche un peso medio dei divisori come ripa artito uniformemente su
tutta la superficie dei solai, asso somma a ben 300 kg/mq. Le pareti esterne e costituite da murature
correnti di laterizio forato a camer era d’aria ed intonaci, sono state valutate, per er il peso, in ragione di
250 kg/mq.
Questi pochi dati stanno ad indi dicare, fra l’altro, le condizioni di particolare gravame
g a cui è stata
assoggettata l'ossatura portante,, a seguito anche delle rinunce imposte a alla estesa gamma di
sovrastrutture leggere che trovan no normale impiego proprio nei multipiani a composizione metallica
(pannelli di parete prefabbricati a bassissimo peso specifico, solai e pavimenta tazioni rispettivamente in
elementi stampati e fogli di conglo lomerato pressati, ecc.).
Allo scopo di ricavate un maggior ior volume abitabile, sono stati praticati aggettiti che giungono fino
ad un metro di sbalzo e che in interessano l’edificio dal secondo piano per ttutta la sua altezza. I
piani i controvento, spostati in tal ta modo da quelli delle ossature verticali prin rincipali, hanno richiesto
particolari accorgimenti per il riporrto delle loro azioni su tali piani.
Con tutto ciò, il peso metallico a mc vuoto per pieno della ossatura portante è risultato di appena
12 kg, colla adozione di acciaio dolce d normale da costruzione e sollecitazionii u unitarie massime di
1400 kg/cmq, generalmente tenute te alquanto al disotto di tale limite.
I nodi, rigidi, sono realizzati per saldatura
s in posto su squadre di scontro e rinforzo
ri preventivamente
saldate ai ritti. I giunti dei ritti, situati
sit in prossimità dei punti di momento minim
nimo, sono realizzati per
saldatura semplice testa a testa. ta. I piani principali di controvento seguono lo schema a telaio ben
noto, particolarmente favorevole fra l’altro, in questo caso, per la notevole libertà di realizzazione
delle aperture esterne ch’essi con onsentono.
Il vano scala-ascensori è in ceme ento armato, consigliabile anche come disposi sitivo antincendio. Esso
ha dato luogo a particolari accorg rgimenti costruttivi onde risolvere i vari problem
emi sorti dalla necessità
di contemperare le esigenze pecu culiari dei due sistemi costruttivi che vengono ivi iv a compenetrarsi.
Allo studio particolare si è dovuto dedicare alle fondazioni che si dovevano, fra l’altro, realizzare in
una angustia di spazio disponibile veramente eccezionale data la presenza di strade di grande
traffico su tutta l’estensione frontale dell’edificio e l’addossamento di fabbricati preesistenti sulla
rimanenza del perimetro.
I ritti scaricano le loro azioni su piastre in cemento armato colleganti le testate di gruppi di pali
trivellati; le piastre sono poi rese solidali mediante travi rovesce. Il corpo del vano scala-ascensori
ha la fondazione indipendente dal resto della struttura, allo scopo di eliminare sollecitazioni anormali
in dipendenza di eventuali assestamenti non uniformi delle fondazioni, relative ai due complessi
dell’edificio, metallico ed in c.a. Le membrature metalliche orizzontali che trovano appoggio sul corpo
in c.a, dispongono, in corrispondenza di questo, di un appropriato sistema di collegamento atto a
rendere indipendenti i due sistemi, per quanto nel dimensionamento del corpo in c.a. si sia tenuto
conto della trasmissione eventuale di azioni orizzontali provocate dalla deformazione elastica
dell’ossatura metallica.
Particolare attenzione è stata dedicata allo studio di distribuzione delle travi secondarie di appoggio
dei solai in laterizi forati armati, in modo da ottenere momenti limitati sugli architravi principali. Ciò
compatibilmente colle caratteristiche portanti dei solai stessi, che erano di tipo prestabilito e
prescritto.
L'esecuzione dell’opera per la parte metallica è stata affidata alle officine S. A. Antonio Badoni di
Lecco che hanno saputo così dimostrare, ancora una volta, come si possa adottare con tutta
tranquillità, anche in Italia, un sistema costruttivo impostosi ormai da decenni altrove in modo
imponente e non soltanto come caratteristica d’eccezione della attività edilizia americana. Il pensare
pertanto, com’è stato purtroppo opinato anche da Tecnici di gran nome, che l'applicazione in grande
stile di tale sistema in casa nostra non possa essere garantito che dall’esperienza estera sembra
superato dalla realtà dei fatti.
Occorre invece che i progettisti di edifici multipiani adeguino le caratteristiche dei loro progetti, ed in
particolare quelle delle opere di finitura, a quelle peculiari della ossatura metallica, se si vuole
ricavare dalla adozione di questa tutti i vantaggi
possibili che non sono pochi: fondazioni poco
costose in confronto agli edifici in c.a., utilizzazione
al massimo dello spazio, rapidità esecutiva che si
risolve pure in apprezzabile vantaggio economico,
caratteristiche eccellenti in zone sismiche e non
sismiche, ecc.
Ciò non si è verificato totalmente, purtroppo, per
l’edificio qui sommariamente trattato; e ciò per
ragioni esulanti dalla buona volontà del progettista e
che qui non è il caso di dettagliare. Ma è appunto
questo stato eccezionale di partenza che ha finito
per costituire proprio una riprova delle possibilità di
un sistema, posto nelle condizioni più difficili per un
buon rendimento finale che invece e malgrado tutto
è stato pienamente realizzato.
Per la buona comprensione di queste scarne note,
esse vengono corredate dalle tavole I, II, III che
riportano in pianta ed alzato gli schemi delle
ossature e quelle dei sistemi principali di
controvento, dalle tavole IV, V e VI che riproducono
completamente il sistema di fondazione colle relative
armature metalliche, dalle fotografie in figg. 1, 2, 3,
4, 5 che esprimono il complesso delle ossature
eseguite fino al primo stadio di finiture in corso e
dalle fotografie in figg. 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12 che
riproducono dettagli esecutivi di maggior interesse
accennati nel testo.
La copertura metallica dell’aerostazione intercontinentale
di Roma (Fiumicino)
Gino Covre (Ingegnere Consulente della S.p.A. Badoni - Lecco)
Costruzioni Metalliche n. 3, 1960 pagg.129-136

Sommario
La trasformazione in composizione completamente metallica di un complesso di copertura
preventivamente progettato in cemento armato precompresso, nel pieno rispetto imposto delle forme
architettoniche prefissate per la soluzione in c. a., ha portato alla nuova concezione compositiva qui
presentata, nella realizzazione della quale ha trovato completo impiego il profilato in parete sottile
ricavato dal nastro trattato a freddo e il sistema di collegamento per resistenza elettrica a punti.

Premesse.
Verso la fine del 1958 venne proposto dall’ Impresa Ingg.
Provera e Carrassi, assuntrice delle opere del nuovo
Aeroporto Intercontinentale di Roma, con invito diretto alle
più qualificate officine di costruzioni metalliche, un
problema molto interessante. Si trattava di trasformare in
composizione metallica la struttura di copertura del corpo
aerostazione, già concepita in precedenza, su progetto del
Prof. Ing. Riccardo Morandi, in collaborazione con gli
Arch.tti Amedeo Luccichenti, Vincenzo Monaco e Andrea
Zavitteri, per essere realizzata in calcestruzzo di cemento
precompresso.
Si ritiene superfluo accennare qui le ragioni che spinsero
a tale trasformazione costruttiva fondamentale, ragioni che
rispecchiavano fra l’altro le direttive della Sovrintendenza
ai lavori di esecuzione dell'Aeroporto affidata al
Presidente della 3* Sezione del Consiglio Superiore ai
Lavori Pubblici, Prof. Ing. Giuseppe Rinaldi.
Lo scrivente ebbe l’incarico di occuparsi del problema
dall’Impresa proponente, e successivamente quale consulente delle due costruttrici metalliche, Antonio
Badoni S.p.A. e I.O.M.S.A., chiamate a collaborare nella realizzazione, data la necessità di limitare
ad un minimo il tempo di esecuzione, onde dare al più presto finita l’opera già di per sè imponente
ed al completamento della quale veniva praticamente subordinata l'enorme e complessa sistemazione
dell'intero corpo dell’edificio aerostazione che copre in pianta ben 20.000 mq.
I termini con cui veniva imposto il problema erano molto semplici: rispettare rigorosamente le linee
architettoniche stabilite dai progettisti. Tali linee architettoniche discendevano dalla concezione della
copertura come un aggregato di travi elementari, con una sezione trasversale a V e con profilo
longitudinale ondulato, risultanti iscritte in un parallelepipedo a sezione variabile, così come risulta
dallo schizzo prospettico di figura 2), mentre in figura 1 è indicata una sezione generica della trave
elementare, col dimensionamento di massima corrispondente alla realizzazione in precompresso.
E’ facilmente intuibile quanto arduo si presentasse il problema, in quanto che si pretendeva una
realizzazione in acciaio di una struttura nata invece per essere eseguita con materiale tanto diverso.
Da ciò scaturì la necessità di tentare qualche trasformazione di forma onde rendere il complesso
più aderente alle esigenze della composizione metallica. Ma tutti i tentativi andarono a vuoto di
fronte alla rigida imposizione della forma architettonica prestabilita che doveva per di più essere
rispettata anche all’estradosso, in quanto si opinava di dover tenere in somma considerazione la
circostanza che, per coloro che arrivano in un aero porto, la prima visione di un’opera al suolo si
verifica dall’alto.
Così stando le cose, la trasformazione in esecuzione metallica non poteva essere prospettata dai
più che realizzabile con una ossatura di supporto, destinata essenzialmente a reagire ai carichi
imposti, ossatura da rivestirsi con appropriata carenatura in modo da dare all’esterno la parvenza
architettonica desiderata.
Non è chi non veda però quanto contro natura venisse a presentarsi tale soluzione, senza contare
i vari inconvenienti a cui si andava incontro per tale via, come quello della impossibilità pratica di
ottenere delle superfici perfettamente piane di grande estensione e della difficoltà di creare una
struttura sufficientemente coibente ed antisonora senza ricorrere ad una serie di costosi dispositivi
con materiali speciali isolanti ed antirombo, ecc.
La struttura realizzata.
Partendo dal concetto adottato dai progettisti per dare forma alla loro composizione architettonica,
basato sul presupposto di una struttura solidale costituita essenzialmente da un guscio autoportante,
si imponeva il problema di realizzare in acciaio una struttura con analoghe caratteristiche, e cioè
quelle di guscio autoportante, poiché solo così sarebbe risultata giustificata, anche per la
composizione in acciaio, la forma architettonica originaria.

Il problema però, impostato in modo così linearmente semplice, si presentava per il ferro irto di
non poche difficoltà, sia di ordine statico che di ordine esecutivo e, fra le prime, quella principale
derivante dalla instabilità elastica di una struttura da realizzarsi con spessori limitatissimi, dell'ordine
di pochi decimi di millimetro, su altezze di travi dell'ordine di oltre un metro.
Prendendo come modello di riferimento la composizione navale ricorrente sotto la qualifica
convenzionale di «longitudinale », ci si poneva praticamente in analoghe condizioni di sollecitazioni,
quali quelle che si presentavano per la trave elementare costituente il motivo fondamentale del
complesso da realizzare. Dalla sezione trasversale della copertura, riportata a figura 3), si rileva
infatti che essa è costituita da una trave continua su tre appoggi, caricata verticalmente e che può
pertanto assimilarsi nel suo comportamento a quello di uno scafo posto su tre creste d'onda, situate
in un determinato intervallo intermedio della lunghezza totale dello scafo. Questa è notoriamente una
delle ipotesi più ricorrenti in architettura navale, ritenute valide nella verifica del dimensionamento
di un galleggiante. Partendo da tali considerazioni, si trattava quindi di determinare una
composizione longitudinale da realizzarsi possibilmente con profilati elementari che si prestassero a
facili e sicuri collegamenti e di forma tale da escludere la possibilità di instabilità elastica per il loro
esile spessore, Ne è derivata così la composizione chiaramente indicata in sezione a figure 6-7 e
che caratterizza il sistema costruttivo adottato. Si tratta in sostanza di un profilo costante a U con
ali disuguali e di altezza commisurata ai minimi di spessore, adottato allo scopo di evitare instabilità
elastiche flessotorsionali e pressoflessionali nel profilo elementare. L'insieme di tali profili, disposti
longitudinalmente e collegati fra loro per saldatura elettrica a punti, doveva necessariamente a sua
volta venire irrigidito da un complesso di ordinate collocate ad interasse tale da garantire tra l’altro
la stabilità di una intera parete sotto l'azione degli sforzi
taglianti. Tali ordinate sono costituite, similmente alla
struttura di parete, in profilati leggeri, ricavati a freddo, con
sezione a L.
Sulla faccia di tali angolari normale alle pareti da irrigidire,
sono state ricavate opportune asole in modo da consentire
il collegamento per saldatura elettrica della faccia
dell’angolare stesso con i profilati elementari di parete.
Laddove le sollecitazioni risultano più elevate, queste
ordinate sono state opportunamente irrigidite da raccordi,
ricavati per stampaggio da lamiere sottili e collocati come
è indicato in figure 8-9. Per quei tratti di trave, dove
potevano prevedersi eventuali eccezionali sollecitazioni
torsionali o azioni flettenti nel piano orizzontale, è stato
aggiunto al sistema irrigidente, costituito dalle ordinate, un
piano superiore di controventi, pure realizzati da lamiere
sottili così come risulta schematizzato nella pianta della
trave rappresentata in figure 4-10.
Infine, per quanto riflette la composizione adottata per
quelle parti di trave (briglie) più distanti dall’asse neutro
e destinate a reagire essenzialmente alle azioni flettenti
nel piano verticale, è stato adottato, per quelle inferiori,
il solito profilato corrente di parete ma con spessore
opportunamente variato e, per quelle superiori, un
particolare profilo a Z, ricorrente sulla intestatura delle
ordinate e saldato all'arco lungo il profilo ad U
terminale di parete (figg. 6-9).

Criteri di calcolo ed esperienze preliminari.


Il calcolo delle strutture portanti, qualora si prescinda
dalla possibilità di manifestazioni di instabilità elastica,
in dipendenza della particolare composizione adottata in
profilati a parete sottile, si riduce sostanzialmente a
quello di un tipo corrente di trave continua su tre
appoggi e con sbalzi terminali, con interassi degli
appoggi e con valori degli sbalzi così come viene indicato nello schema di figura 5). Fissato il
valore del carico accidentale per l’azione di neve in 150 kg/mq di superficie coperta in p. o.,
attribuito al carico permanente fra strutture portanti ed accessorie il valore di 60 Kg/mq di superficie
coperta in p. o., la distribuzione dei momenti e dei taglianti sui vari tronchi di trave, risulta
rapidamente determinata con i metodi correnti, pur considerando varie ipotesi di caricamento
accidentale che non sia quello puramente dipendente dal carico uniformemente distribuito. Data poi
la presenza degli opportuni apparecchi di appoggio pendolari alle estremità delle travi elementari alla
radice degli sbalzi, resta così indipendente dall’effetto termico il regime statico del complesso. L’unico
punto sul quale è stato necessario fissare la migliore attenzione nella calcolazione, si è ridotto a
quello più sopra accennato e dipendente dagli spessori eccezionalmente limitati adottati nella
composizione. Inoltre, il dispositivo di collegamento di tanti elementi, così frazionati e che dovevano
rendersi solidali per reagire alla sovrapposizione di sollecitazioni di varia natura, ha reso il problema
progettivo alquanto arduo e non scevro di incertezze, data la grande importanza che veniva ad
assumere la corretta esecuzione per un complesso di tale natura, per quanto ben calcolato.
Pertanto, pur avendo operato in ogni senso le verifiche analitiche suggerite sia dalle moderne teorie
sulla instabilità elastica che dalle norme regolamentari pratiche stabilite su tale materia dalle
organizzazioni internazionali, si è riconosciuta la assoluta necessità di far precedere alla messa in
esecuzione dell’intero complesso la costruzione di tronchi sperimentali di travi sui quali verificare
praticamente il comportamento statico.
Le prove relative al tronco sperimentale di maggiore portata, vedi figura 11, approntato presso le
officine della I.O.M.S.A., sono state eseguite il 29 maggio 1959 sotto la direzione personale del
Prof. Giuseppe Rinaldi assistito dai suoi collaboratori Ing. Lancetti e Ing. Scarselli. Le prove di
caricamento ordinate dal Prof. Rinaldi risultarono notevolmente gravose, in quanto che il tronco di
trave sperimentale venne considerato come semplicemente appoggiato e caricato dissimmetricamente
rispetto al suo piano verticale di simmetria, sì da indurre al complesso sperimentato la azione
flettente e tagliante prevista nei calcoli di progetto, ma anche una contemporanea azione torcente
di notevole valore che si rendeva eccezionalmente severa non soltanto agli effetti del
comportamento degli elementi strutturali in gioco, ma
particolarmente di quelli, ben più delicati, costituiti dal
complesso sistema dei collegamenti. I risultati conseguiti
in tali esperienze, sia in ordine al valore delle
deformazioni riscontrate che in quello delle sollecitazioni
rilevate, si sono rivelati del tutto soddisfacenti e tali da
fare decidere in senso favorevole la Dirigenza dei lavori
per la prosecuzione esecutiva del complesso, senza
alcun apporto correttivo alla struttura di prova
sperimentata.
La costruzione ed il montaggio.
Data l’assillante ristrettezza del tempo concesso per la
realizzazione, il problema dell’approvvigionamento di
una massa ingente (circa 900 tonn.) di profilati sottili
ricavati da nastro a freddo si presentava come la
difficoltà più grave da superare, insieme a quello della
lavorazione e, specialmente, dei collegamenti.
L’approvvigionamento dei materiali iniziatosi alla fine di
giugno del 1959 si protrasse fino alla seconda
quindicina di settembre, mentre in questo periodo le
due officine chiamate a collaborare nella esecuzione
provvedevano alle necessarie attrezzature richiedenti
mezzi d’opera particolari e macchinari speciali.
Praticamente l’inizio di lavorazione vera e propria
coincise con il completamento dell’approvvigionamento
dei materiali, procedendo poi con ritmo così accelerato
da provocare un notevole anticipo di produzione
d'officina in confronto a quella delle opere montate. In
definitiva il tempo di esecuzione di officina si concluse
in meno di 90 giorni, con altrettanto per il montaggio,
spostato di un mese circa rispetto al tempo d’officina,
di modo che, mentre la lavorazione terminava con la
fine di dicembre ’59, il completamento dell’opera si
verificava alla fine di gennaio ’60, mentre
parallelamente al montaggio procedevano le
sistemazioni delle opere accessorie (rivestimenti, vetri,
pluviali, verniciature, ecc.).
Il collegamento delle travi elementari, data la presenza
dei tratti piani delle zone a vetri o cieche,
è stato realizzato mediante traversi metallici, disposti a
portale irrigidente fra le briglie superiori adiacenti di
ciascuna trave (vedi fig. 12), con collegamento
realizzato per saldatura all'arco. In tal modo le azioni,
orizzontali, normali agli assi delle travi elementari,
vengono rapidamente diffuse longitudinalmente su tutto il
complesso di copertura, con smorzamento rapido degli
sforzi
conseguenti. Per le prime tre travi elementari, situate in
testata della copertura, il collegamento è stato reso
addirittura continuo, sopprimendo le zone a vetri e
sostituendole con parete piena autoportante. Ciò per
assicurare la reazione d'imposta derivante dall'azione del
vento sulla chiusura laterale a vetri affidata a ritti collegati
superiormente lungo l’asse della trave e inferiormente con
amarro al solaio di quota calpestio.
Da questo brevissimo cenno sulla composizione del
complesso, si intravedono quali difficoltà si sono
presentate per il montaggio. Tali difficoltà, particolarmente
sentite dalla esecutrice (Badoni) più lontana dall’aerostazione,
sono risultate semplificate per l'officina (I.0.M.S.A.) situata
solo a pochi Km. da Fiumicino. Per quest'ultima infatti le
saldature a piè d'opera dei tronchi di trave, composti
preventivamente in officina, si sono all'incirca dimezzate
data la possibilità riscontrata di trasportare, per quanto
con speciali accorgimenti e mediante automezzi, tronchi

di trave fino a circa 20 m di lunghezza direttamente


dall’officina al cantiere, mentre invece per la prima
(Badoni) situata a circa 700 Km di distanza, il problema
si è presentato ben più complesso e oneroso, sia per
l’aumentato numero delle saldature a piè d'opera avendo
dovuto limitare la lunghezza dei tratti di trave
compatibilmente con la possibilità di trasporto date dal
mezzo ferroviario, unico dimostratosi conveniente dopo vari
tentativi con altri sistemi, e sia per le lunghe e delicate
operazioni di carico e scarico dei vagoni e degli
automezzi utilizzati per il trasporto dalla stazione al
cantiere non essendo quest’ultimo fornito di raccordo
ferroviario (vedi fig. 13).
Il collegamento dei vari tronchi di una stessa trave è
stato operato per saldatura continua all’arco lungo la
zona di giunzione e con solo coprigiunto interno, pure
saldato all’arco, non essendovi la possibilità di ricorrere al
coprigiunto anche all’esterno, per tassative ragioni
estetiche.
Una volta composta la trave elementare al piano di
calpestio, la sua rigidità, preventivamente verificata anche
in officina in sede di prove sperimentali, era tale da
consentire la manovra di sollevamento a mezzo di gru a
torre fino al piano di posa {vedi fig. 14), dove veniva
deposta su carrelli scorrevoli lungo le travi di appoggio
intermedie e spostata trasversalmente fino al suo piano
di posa definitivo (vedi fig. 15).

Dettagli e conclusioni tecniche conclusive.


Particolare attenzione è stata posta nella protezione delle
opere metalliche dagli agenti esterni.
Fino dal momento in cui venivano iniziate in officina le
prime operazioni di collegamento, la protezione delle
superfici a contatto, inaccessibili dopo la lavorazione,
venne assicurata mediante particolare sistema di
ricoprimento al cromato di zinco, sperimentalmente
studiato attraverso numerose prove di laboratorio onde
assicurarsi sulla possibilità di una corrente esecuzione dei
collegamenti per saldatura elettrica a punti: quella delle
superfici accessibili venne realizzata con un doppio strato
di protettivo speciale al cromato di piombo in resina
sintetica polivinilica e successivamente ancora con
due mani a tinta di pellicola alla clorogomma. Tale
complesso protettivo veniva assunto in garanzia dalla
Ditta esecutrice per la durata minima di 5 anni per
il ricoprimento, e quindi con conseguente sicurezza
per l'ossidazione del metallo.
Lo smaltimento delle acque meteoriche è assicurato
dal rivestimento di estradosso in Ondulit, che, per
essere disposto in modo da creare una notevole
camera d’aria con la struttura portante, assicura
anche una sufficiente protezione antiacustica ed
antitermica. Per la zona di copertura insistente sui
locali di soggiorno continuativo (zona a nord
dell’aerostazione), l'effetto antitermico ed antiacustico
è stato migliorato con l’interposizione di materassini
di lana di roccia fra la struttura portante ed il
rivestimento di Ondulit. In questa zona sono state
anche praticate particolari cuffie di aereazione a
completamento dell’impianto di condizionamento. I
discendenti pluviali immettono direttamente dal fondo
delle travi in canali di raccolta predisposti lungo le
travi di appoggio in c.a., i quali, a loro volta,
scaricano in discendenti incorporati nei pilastri di
sostegno.
I collegamenti per punti di saldatura (chiodatura
elettrica) rappresentano evidentemente, nella
composizione realizzata, un elemento di vitale
importanza. Da qui la necessità di dover ricorrere,
oltre che ad una apparecchiatura particolarmente
qualificata, anche ad un continuo controllo di
esecuzione, controllo che è stato operato
ripetutamente mediante giunti elementari sottoposti a
prove di scorrimento e rottura, in modo da
assicurarsi non solo della resistenza specifica del
collegamento, ma anche della qualità e. del
dimensionamento della zona di giunzione in
corrispondenza al passaggio della corrente. I punti di
saldatura elettrica risultano complessivamente circa
tre milioni.
Data la brevità di spazio concesso non è possibile
trattare innumerevoli altri dettagli che il complesso
realizzato presenta. A titolo di rapida illustrazione si
rimanda alle fig. 16, 17, 18, 19 che danno la
visione del complesso dell’opera visto dall’alto,
dall'interno e di fronte.
Il palazzo del lavoro alla esposizione “Italia 61” di Torino
Gino Covre
Ingegnere Consulente della “Antonio Badoni” S.p.A
Costruzioni Metalliche n. 2 - 1961

Sommario

Le note qui espresse intendono


porre in luce il contributo dato
dalla specializzazione nel campo
della costruzione metallica, alla
realizzazione di un edificio
ispirato fondamentalmente alla
composizione cementizia.

Nel settembre del 1959 venivo onorato dalla


richiesta del Prof. Nervi di partecipare al
concorso indetto per la progettazione e
realizzazione dell’edificio che avrebbe dovuto
rappresentare la più alta manifestazione
nazionale in occasione dell’anniversario dell’Unità d’Italia. Il tema immediato di mia competenza
era sintetizzato dal modellino sottopostomi, in fibrocemento, di cm. 20 x cm. 20 qui riprodotto
in fig. 1, rappresentante un elemento della copertura dell’edificio pensato dal Nervi, in
collaborazione col figlio Arch. Antonio, come costituito da 16 corpi identici a pianta
quadrata di m 40 xm 40, affidati ognuno ad altrettante colonne in cemento armato di
originale profilo e sezione, situate al centro di ciascun riquadro. L’edificio, pertanto, che
cosi risultava in pianta di m 160 x m 160, si sarebbe dovuto realizzare con sovrastruttura
in acciaio vincolata ai predetti pilastri in cemento armato ed il mio contributo specifico
avrebbe dovuto svilupparsi per la parte metallica con la risoluzione dei problemi connessi
alla fusione del sistema con quello ritti cementizi.
Poiché il concorso non si limitava alla presentazione pura di un progetto ma imponeva
altresì la sua realizzazione con la formulazione dei relativi oneri e l’assunzione delle
responsabilità esecutive conseguenti, nell’aderire alla proposta del Prof. Nervi formulavo
anche la condizione che la mia progettazione venisse suffragata dall’impegno esecutivo di
un esecutore di tutta fiducia ed all’altezza del compito non comune che si trattava di
assolvere, disposto ad affiancare !Impresa di cui il Prof. Nervi é contitolare e che sarebbe
risultata pertanto presentatrice ed offerente presso il Comitato richiedente e giudicante.
Veniva di comune accordo prescelta la «Badoni» che, accettando, compartecipò in ogni
modo ed in ogni fase al concorso.
La progettazione della struttura metallica che considerava fondamentalmente un impalcato
sorretto da 20 mensole disposte a raggiera, poteva seguire soluzioni diversificate dal
prevalere delle esigenze statiche, funzionali, estetiche ed economiche. La caratteristica di
dover impostare un elemento strutturale orizzontale in acciaio di ben 1600 mq di superficie
su di una colonna in c.a., presentante un piano di posa a corona circolare con diametro
esterno di m 2,50 ed interno di m 0,80, unitamente all’altra di dover lasciare in vista
all’intradosso le nervature a sbalzo portanti, ha condotto alla necessita di introdurre nella
struttura un elemento di raccordo centrale, risultato poi determinante anche
architettonicamente, costituito da una corona poliedrica (venti diedri e pertanto praticamente
cilindrica), diaframmata, in acciaio, a sostegno delle mensole nel suo perimetro e con
amarro nel pilastro realizzato attraverso un capitello di raccordo (v. fig. 2).
Per la composizione delle mensole sono state proposte due soluzioni: quella con sezione
a I ad anima piena e con nervature verticali di irrigidimento dell’anima e l’altra, più
decisamente metallica nella sua architettura, costituita dalla nota struttura a telaio a nodi
alleggeriti e a punti di momento secondario nullo prestabiliti (v. rispettivamente tav. I e tav.
II rappresentanti i disegni compositivi della trave a sbalzo di aggetto massimo).
Dalla commissione giudicatrice venne
prescelta la prima, per quanto più pesante e
meno economica.
La copertura sulle mensole consta di un
sistema autoportante in acciaio costituito da
pannelli risultanti dalla unione per chiodatura
elettrica di particolari elementi sagomati in
modo appropriato
(v. fig. 3), sistema completato da un manto
coibente in perlite protetto ed impermeabilizzato
a sua volta da altro manto bitumato con
finitura a graniglia.
Il complesso di ciascun elemento metallico
dell’edificio é completato da una trave
perimetrale a U ad anima piena, disposta
coll’anima verticale e costituente sistema
irrigidente dell’insieme delle mensole, nonché
eccellente vincolo delle anime delle stesse
atte a contrastare dannosi effetti torsionali in
dipendenza o conseguenti a manifestazioni
di instabilita elastica. Inoltre tale trave
perimetrale, rendendo solidali le estremità
delle mensole, limita le deformazioni finali per
flessione del complesso, riportando parte del
carico dalla mensola di maggiore a quella di
minore aggetto.
Il riquadro insistente su di un pilastro
elementare é dimensionato su 40 m di lato
in via di modulazione teorica.
In realtà, essendo stato deciso di dotare la copertura di strisce illuminanti (lucernari)
disposte sui lati di ciascun riquadro (con esclusione beninteso dei lati ricorrenti sul perimetro
dell’edificio completo), ed essendo state fissate in m 2 la larghezza di tali strisce, ne
consegue che le dimensioni reali di costruzione del riquadro elementare risultano di m 38.
La composizione metallica di questi lucernari é studiata in modo da consentire le variazioni
dimensionali delle strutture dei riquadri in dipendenza di azioni termiche ed elastiche. Essa
consta essenzialmente di incavallature a due falde solidali in colmo e con appoggi da un
lato fissi e da quello opposto praticamente oscillanti (v. fig. 4). I ferri portavetri sono in
profilo ricavato da nastro e del tipo senza mastice; i vetri adottati sono quelli normali
retinati di 5-6 mm di spessore.
L’accesso all’estradosso della copertura é realizzato attraverso i pozzi cilindrici dai quali
sono percorsi verticalmente e lungo il loro asse, i pilastri principali in ca. di sostegno.
Appositi cunicoli, ricavati nel blocco di fondazione, immettono nel pozzo che é stato munito
di opportuna scala metallica alla marinara che sale fino al superiore ampio vano interno
al tamburo metallico, dal quale é effettuabile l'uscita sulla copertura mediante sollevamento
di un coperchio tronco conico apribile a cerniera. Lungo questo pozzo corrono le discese
dei pluviali di smaltimento delle acque meteoriche.
L’edificio é chiuso da vetrata continua alta 19 m, corrente fra la balconata e la copertura;
essa é
appoggiata ad una serie di montanti disposti con interasse di 5 m, che sono articolati al
piede e tenuti in sommità da biellette che scaricano sul tetto i soli sforzi del vento e
annullano quelli dovuti alle dilatazioni termiche.
Di questa struttura parleremo in un secondo articolo.
Il calcolo e proporzionamento delle strutture metalliche é stato condotto nella ipotesi di
carichi accidentali, oltre che permanenti risultanti dal dimensionamento, di neve in ragione
di 150 kg/mq di copertura e di vento a 100 kg/mq di superficie normalmente investita. Agli
effetti dei momenti da considerarsi nei pilastri in ca. é stata considerata l’ipotesi di un
carico dissimmetrico di neve esteso su metà riquadro e ridotto a 50 kg/mq. Particolare
cura é stata posta nello studio del comportamento statico del tamburo cavo collegante le
mensole radiali fra loro e fra il loro complesso ed il pilastro e ciò sia per il caso di carico
accidentale totale che per quello dissimmetrico parziale relativo al riquadro.
In fig. 6 é riportato il diagramma di distribuzione dei momenti sull’anello superiore del
tamburo considerati insieme alla tensione di trazione principale sul sistema resistente
ridotto allo schema di corona circolare a telaio.
L’anello inferiore, compresso, é stato considerato nelle stesse condizioni per quanto,
estendendosi il getto di calcestruzzo del pilastro, internamente al capitello, fino ed oltre ad
esso le sue condizioni statiche risultino con ciò notevolmente favorite.
Le parti fondamentali costituenti la copertura metallica, risultano pertanto cosi distribuite:
1) un capitello tronco conico (v, fig. 10) a costolature radiali con l’anello di base amarrato
mediante tirafondi alla struttura cementizia del sottostante pilastro portante, struttura
cementizia che prosegue in altezza lungo la parete interna del capitello ed è resa solidale
con questa mediante staffature in tondo preventivamente saldate alla parete stessa (v. fig.
7).
Il peso di un capitello metallico è risultato di circa 5 Tonn.
2) Un tamburo a corona circolare (v. fig. 7 e fig. 9 in basso) collegato per bulloni in
corrispondenza del piano superiore del capitello. L’assiemaggio del tamburo è stato
realizzato con saldature in opera di quattro
grossi elementi uguali prefabbricati in officina.
Il peso complessivo metallico del
tamburo risulta di 18 Tonn.
3) Una serie di n. 20 travi a sbalzo collegate
al tamburo in corrispondenza di altrettante
nervature radiali disposte in esso, mediante
bullonatura su doppia giuntura in
corrispondenza delle anime e mediante
coprigiuntatura e bullonatura analoga in
corrispondenza delle piattabande di ciascuna
trave. Le lunghezze di queste travi risultano
di m 20 - m 16,50 - m 15,60 ed il loro peso
corrispondente e di tonn. 3,9 - 3 - 2,8 (v.
tav. I e figg. 2 e 10).
4) Un impalcato costituito da pannelli
prefabbricati in sagomati ricavati da nastro e
collegati alle Piattabande superiori delle travi
a sbalzo con chiodatura Ramset. Questi
pannelli sono stati opportunamente rinforzati
lungo determinate zone perimetrali nella
previsione di una successiva applicazione di
condotte di aria per areazione e riscaldamento
da situarsi in estradosso della copertura (v.
fig. 3).

La costruzione è stata eseguita e controllata


nella sua fase realizzativa dal collaudatore
nominato dall’ Ente Committente nella persona
del Prof. Ing. Augusto Cavallari Murat del
Politecnico di Torino. Fra le prove statiche a
cui sono state sottoposte le strutture è
opportuno segnalare quelle prescritte per la
verifica del comportamento delle travi principali a
sbalzo per le quali è stato ritenuto importante
verificare non soltanto la rispondenza con i
risultati di calcolo sia delle deformazioni elastiche
sia delle sollecitazioni unitarie dipendenti dai
carichi verticali previsti, ma anche quella, in
modo particolarissimo, della stabilità elastica
flessotorsionale delle anime e delle travi
principali nel loro complesso. Tali prove sono
state condotte sulle travi di maggior lunghezza
e su quelle da m 20 e 16,50 allo scopo
anche di poter dedurre sperimentalmente la
deformazione elastica finale risultante dalla’
solidarietà delle travi principali a sbalzo con
quelle perimetrali di ciascun riquadro. Il
dispositivo di prova é stato congegnato in
modo molto severo lasciando completamente
libere da qualsiasi vincolo la testata delle travi
in prova in modo da poter verificare eventuali
svergolamenti nelle condizioni peggiori di vincolo. Tali prove hanno dato risultati del tutto
favorevoli e con una rispondenza perfetta fra deformazioni calcolate e quelle rilevate.
Prove statiche analoghe sono state
condotte nei gusci dei ritti perimetrali di
chiusura.
La qualità di acciaio impiegata per la
costruzione dei capitelli, dei tamburi e delle
travi principali a sbalzo é l’Aq 48 UNI 815
con saldature operate con elettrodi di tipo
NUFE V° B. La sollecitazione massima
derivante dal dimensionamento nelle più
sfavorevoli condizioni di carico è stata
limitata a 1800 kg/cmq. Dalle prove di
carico eseguite gli estensimetri hanno però
denunciato costantemente sollecitazioni
spesso notevolmente inferiori a quelle
massime dedotte analiticamente, caratteristica
che denuncia il forte contributo resistente
discendente dall’elevato grado di solidarietà
realizzato con la composizione adottata.
Per le rimanenti parti metalliche dell’edificio è stato impiegato l’acciaio A 42 con carico
unitario massimo di lavoro di 1.400 kg/cmq. Il peso metallico complessivo relativo alla
copertura é risultato di tonn. 1.960 e quello relativo ai ritti perimetrali di parete di tonn.
260. Le opere metalliche con inizio di lavorazione in officina nel febbraio del ’60 e con
inizio di montaggio nel giugno dello stesso anno risultavano ultimate nella seconda decade
di ottobre.
Il Palazzo del Lavoro alla
Esposizione « Italia 61 » di
Torino
Le pareti vetrate
Gino Covre
Costruzioni Metalliche n. 3 - 1961 pagg.141-144

Note di completamento su quanto pubblicato in


precedenza nel n. 2-1961.

La composizione metallica ha trovato larga


applicazione anche nella formazione delle pareti
d’ambito dell’edificio, totalmente costituite di vetrate in
cristallo.
Il problema è stato affrontato soltanto a costruzione
iniziata, presentandosi con notevoli difficoltà data
l’imponenza delle dimensioni in gioco e la necessità
di dover tener conto di innumerevoli esigenze di
ordine statico ed architettonico.
In primo luogo era indispensabile eliminare le azioni
assiali sui ritti di sostegno delle pareti, che potevano
manifestarsi in dipendenza dei cedimenti elastici delle
travi perimetrali della copertura sotto l’azione dei
carichi accidentali verticali. E ciò non soltanto per non
alterare il regime statico delle grandi travi a sbalzo
della copertura dirette verso l’esterno dell’edificio, ma
anche perché le esili mensole in calcestruzzo sulle
quali i suddetti ritti perimetrali trovano appoggio, non
sarebbero state atte a sopportare carichi notevoli.
Inoltre le insopprimibili dilatazioni termiche,
manifestandosi in senso orizzontale sulle sommità dei
ritti dovevano essere attentamente valutate e studiate,
onde evitare che eccessive deformazioni dei telai
metallici portanti i cristalli, provocassero la rottura di
questi.
La soluzione realizzata considera dei sostegni
principali verticali appropriatamente sagomati e di
particolare ideazione, destinati a reagire soltanto
all’azione del vento sulla parete vetrata, nonché alla
limitatissima azione assiale dovuta al loro peso
proprio.
Tali sostegni sono articolati cardanicamente al piede
con amarro sulle opere cementizie e con biellette
orizzontali in sommità, fissate alle travi perimetrali
metalliche di bordo dei riquadri di copertura.
In tal modo i montanti e le vetrate ad essi affidate
non risentono praticamente l’effetto termico ed elastico
sia delle pareti che della copertura.
La composizione di questi ritti, come risulta dalla figura 1 segue una profilatura esterna strettamente
legata alle esigenze estetiche, pur risultando nel contempo funzionale anche nei riguardi statici.
Costruttivamente si tratta di un guscio in lamiera di acciaio di 4 mm di spessore, a sezione
variabile, irrigidito da ordinate trasversali e longitudinali in piatti dello stesso spessore, il tutto
assiemato per saldatura all’arco. In sostanza la costruzione ricorda i concetti fondamentali di quella
navale longitudinale.
Nella figura 1 si nota la conformazione delle ordinate, nella fig. n. 2 si vede una fase di saldatura
delle strutture irrigidenti, mentre nella fig. n. 3 si sta provvedendo alla saldatura del guscio. Tale
operazione viene compiuta per un semiritto, dato che questo presenta un piano di simmetria lungo
il suo asse verticale (v. tav. 1). La saldatura finale dei due semigusci darà il ritto completo.
Nelle figure n. 4 e 5 si può osservare l’appoggio cardanico del piede con la relativa mensola in c.a.
di sostegno di un ritto. Questi, in n. di 128 per l’intero edificio, hanno una lunghezza di m 19 fra
le cerniere di imposta e sono collocati ad interassi di m 5; il peso metallico di ciascuno si riduce a
Kg 2.000 circa. La loro azione orizzontale resistente si manifesta con l’ausilio di traversi (v. fig. 6 e
tav. I) solidali con un corrispondente montante interno, al quale fa capo l’orditura di sostegno delle
intelaiature porta cristalli realizzate in lega di alluminio (v. fig. 7). Questi traversi sono in due
parti con un collegamento a flangia a fori ovalizzati in corrispondenza della loro sezione mediana in
modo da rendere il ritto esterno a guscio, indipendente dalla vetrata agli effetti delle dilatazioni
termiche (v. fig. 5).
Una ricorrenza di frangisole disposti
orizzontalmente con inclinazione costante (v. fig.
6), realizzati a guscio in lamiera di alluminio,
completa la chiusura perimetrale dell’edificio. La
manutenzione esterna della vetrata si effettua con
palanchini scorrevoli lungo una monorotaia, situata
nel’intercapedine fra frangisole e vetrata in
corrispondenza dei traversi di sommità colleganti i
ritti di sostegno esterno a guscio con i
corrispondenti montanti interni delle vetrate.
Anche queste delicate strutture sono state
realizzate dalla Soc. Badoni. Esse hanno
importato un peso complessivo di sole Tonn. 256
che riferito ai mq 12.160 di superficie di pareti
esterne riduce a soli Kg 21 il peso metallico a
mq. L’azione del vento é stata considerata di 100
Kg/mq di superficie normalmente battuta ed i
risultati delle prove di carico condotte su tali ritti
hanno pienamente confermato le previsioni e le
risultanze dei calcoli statici.
Il Padiglione della “Cartiere Burgo S.p.A.” a Mantova
Gino Covre
Costruzioni metalliche n. 3 - 1963 pagg. 147-157

Per l'installazione della nuova grande macchina continua (la maggiore in Europa} la « Burgo S.p.A.»
sottoponeva nel luglio del ’60 alle Officine Badoni di Lecco il problema della costruzione di una
volta metallica di 180 m di corda e m 27 di freccia tracciata secondo una prestabilita policentrica in
relazione alle dimensioni di ingombro presentato dalla macchina da installare nel senso della corda.
Ciò per consentire il previsto affiancamento nel futuro di altra macchina consimile ricorrendo
all'ampliamento dell’edificio mediante l'aggiunta di centine laterali di uguale profilatura e composizione.
La Committente escludeva l'opportunità di ricorrere alla soluzione più semplice di una struttura
principale portante disposta nella dimensione minima del. l’edificio in pianta, m 30, opportunamente
studiata per l’accennato ampliamento, per varie ragioni che qui torna inutile elencare.
Lo studio analitico e compositivo dell'argomento portava alla conclusione di massima espressa
graficamente nella fig. 2 con un peso metallico previsto in tonn. 1.050 (circa kg 110 per mq
coperto in p.o.) e con adozione di acciaio Aq 50. Azione di neve prevista in kg 100/mq ed il vento
a kg 80/mq con condizione di carichi sovrapposti e dissimmetrici secondo le Norme C.N.R.
Lo stesso problema veniva successivamente posto all’alta competenza del prof. Pier Luigi Nervi per
una soluzione analoga in ca. In tal caso però la proposta policentrica risultava inammissibile mentre
che una volta a profilo nell'insieme parabolico quale poteva presentarsi come più rispondente alle
esigenze statiche del sistema, finiva per assumere una corda enorme in relazione ai franchi
d’ingombro da rispettare e con spinte alle imposte di ordine tale da rendere proibitiva la spesa delle
relative fondazioni. Nel frattempo i tecnici della Committente constatavano la necessità, per
sopravvenute nuove esigenze funzionali dell'impianto, di poter disporre di una notevole maggior
lunghezza dell’edificio, il che portava ad escludere definitivamente la convenienza del dispositivo a
volta in primo tempo prospettata, indirizzando le idee su di una struttura sospesa, struttura che
dopo vari tentativi condotti su rapporti di luce e sbalzi diversi, risultò schematicamente definita come
alla fig. 3.
Lo schema statico considera una luce intermedia di m 163 e due sbalzi simmetrici di m 43.
Complessivamente la lunghezza della copertura risulta pertanto di m 249. Le strutture portanti sono
quattro ad interasse di m 10 di modo che la larghezza della struttura risulta di m 30. La freccia

della funicolare è di m 22,50 con un rapporto di 1/7 circa rispetto alla luce intermedia. Il
dimensionamento dei dispositivi di sostegno è stato considerato costante per le quattro sospensioni in
vista della necessità futura di ampliamenti laterali.
L'introduzione dei particolari ed originali pilastri in c.a. costituenti il supporto dell'intero complesso di
copertura, che è metallica, è dovuta al prof. Nervi, che ha utilizzato la distribuzione delle masse in
modo tale da ridurre al minimo le azioni flettenti sui pilastri e annullando nel contempo azioni di
tensione sui blocchi di fondazione. Ne è risultata un'architettura che caratterizza il complesso.
I quattro piloni in c.a. sono collegati due a due trasversalmente da due architravi sovrapposti
costituenti doppio portale di irrigidimento dei quali quello in sommità ha anche il compito di amarro
delle catene di sospensione. Tale architrave è a sezione cava e contiene quattro cassoni in acciaio,
costituenti gli amarri propriamente detti, colla vitale funzione di diffusione degli ingenti carichi
concentrati trasmessi dalle sospensioni all’architrave cavo in c.a.
Questi cassoni, espressi in dettaglio anche costruttivamente in fig. 10 sono stati opportunamente
studiati in modo da rispondere ad altre vitali esigenze. La più rilevante è quella connessa alla
possibilità di disporre di un comodo sistema di
regolazione delle variazioni di lunghezza delle catene
di sospensione, che possono assumere valori non
trascurabili sia per ragioni elastiche che per quelle
termiche. E poiché tali variazioni si risolvono in
movimenti verticali di tutta la copertura, che è
soggetta pertanto a variazione di livelli e di
configurazione non trascurabili, era indispensabile un
sistema di controllo e di pronta messa a punto di
assoluta tranquillità. Le catene giungono pertanto entro
ai cassoni con un ancoraggio a staffe predisposto su
martinetti idraulici, da sostituirsi a sedie costituite da
spessori sovrapposti, in numero adeguatamente
variabile con spostamento finale da raggiungere in
sede di regolazione (fig. 11).
Ogni sospensione è regolabile, anche
contemporaneamente, alle due estremità e pertanto si
può disporre complessivamente di 16 dispositivi di
movimento.
Risulta dai calcoli che per una variazione termica di
40° la lunghezza delle catene di sospensione
intermedie varia di 82 mm, con la conseguenza di un
possibile spostamento verticale del vertice in
mezzeria, di 110 mm. Tale valore rappresenta 1/1400
circa della luce teorica di 163 m, ossia è dell’ordine
di grandezza delle frecce elastiche delle costruzioni
metalliche.
Ancora, per effetto del carico accidentale massimo
(previsto in neve in relazione di 100 kg/mq di
copertura), l'allungamento delle catene risulta di 80
mm con un corrispondente abbassamento in mezzeria
della copertura di 109 mm, valore che corrisponde
all’effetto termico di 40° sopra riportato.
In sede di montaggio prima, e successivamente con
opportune messe a punto, la rispondenza fra
previsioni e realtà si è dimostrata perfetta. Si
attribuisce la bontà di questo risultato anche alla
scelta compositiva operata nella progettazione delle
catene. Per questo si è esclusa a ragion veduta
l'adozione di funi ricorrendo alla composizione delle
bielle in acciaio SELCO - 53 collegato da perni
preventivamente cromati per ovvie ragioni protettive.

In tal modo, con una lavorazione di precisione si è


potuto raggiungere un grado di assestamento finale
delle sospensioni scevro da variazioni sensibili
successive, semplificando inoltre i collegamenti
con le sospensioni verticali (realizzate in tondo di
acciaio Aq 50 con tenditori filettati di regolazione)
che dispongono di un comodo collegamento in
corrispondenza dei perni di unione delle bielle
costituenti la catena.
I cassoni di amarro sono di due tipi, laterali più corti
di m 5,30 di lunghezza e pesanti 13 tonn. ciascuno;
e gli intermedi, di 7 m di lunghezza, pesanti circa 17 tonn, ciascuno. Pertanto su di una lunghezza
di circa 30 m di architrave cavo in c.a. costituenti il sostegno delle sospensioni, ben 24,60 m sono
in acciaio (Aq 48 per le lamiere, Aq 50 e Aq 42 per i profilati). Le ordinate di irrigidimento
collocate all’esterno del fasciame, sono opportunamente forate per consentire il passaggio delle barre
metalliche di armamento del c.a. I cassoni sono accessibili all’interno ed anche all’esterno superiore,
nell'intercapedine tra parete in acciaio e cielo in calcestruzzo, cosicché ispezioni e manutenzioni
sono possibili anche per questa parte della struttura metallica.
Lo schema statico delle quattro principali strutture portanti è costituito dall'insieme di una funicolare
tesa con una trave irrigidente (fig. 6). Si è accennato alla composizione delle catene e delle
sospensioni; si aggiunge ora qualche elemento sulla trave irrigidente. Essa è costituita da due briglie
a T composte con piatti saldati e collegate da aste di parete (fig. 7), realizzanti il dispositivo a telaio
con nodi ridotti alle membrature reagenti a sforzi assiali. La trave, alta m 1,50, è dimensionata per
lo sforzo di compressione massimo che risulta di circa 54 tonn. e per i momenti secondari
discendenti da un'azione del carico accidentale esteso alla metà (longitudinale) della copertura. La
verifica all’instabilità elastica della trave irrigidente è stata condotta nell’ipotesi di vincoli elastici in
corrispondenza di ciascuna sospensione verticale (interasse di circa m 10) in contrapposizione ai
carichi verticali ivi applicati. L'acciaio impiegato è il SELCO-53 per le briglie e l’Aq 50 per i profilati.
Dalla fig. 8 si può rilevare il dispositivo di irrigidimento trasversale delle travi principali col
completamento dell’orditura secondaria sulla quale è disposto il materiale di copertura in Alusice e il
rivestimento di intradosso in Ondulux. L'intercapedine che ne risulta è stata creata per ragioni di
coibentazione ed anticondensa, con immissione di aria a condizionamento appropriato. Il carico
permanente dell’orditura di copertura risulta di 70 kg/mq per la struttura metallica e di kg 30/mq per
i rivestimenti in Alusice ed Ondulux. La componente orizzontale massima nella sospensione centrale
risulta di 184 tonn. mentre quella contrapposta per il tratto a sbalzo raggiunge le 73 tonn. La
differenza è affidata all’azione flettente resistente della trave a cassone di sommità in c.a.
Il problema dei vincoli dell’intero complesso ha richiesto particolari accorgimenti. Si trattava di
consentire notevoli spostamenti orizzontali derivanti da azioni termiche con altri verticali conseguenti
sia a queste che agli spostamenti verticali elastici dovuti ai carichi nelle diverse condizioni di valore
che potevano assumere quelli accidentali. In primo luogo si è deciso di realizzare tutto il complesso
della parete d'ambito dell’edificio rendendolo del tutto indipendente da quello di copertura. A tale
scopo le pareti d'ambito dispongono di un’'ossatura principale portante costituita di pilastri a cassone
in acciaio opportunamente profilati e incastrati al piede sul robusto complesso in c.a. costituente
l'ossatura di sostegno della macchina continua e liberi in sommità. Tali pilastri, ad interasse di m
2,00 risultano intelaiati dai riquadri porta vetri e collegati in sommità da una trave-gronda (v. figg.
16-17) in acciaio composta da elementi saldati di lamiera sagomata e irrigidita da costole e profilati.
La sutura fra zona perimetrale libera di parete e le travi d’ambito della copertura è effettuata con
materiale plastico in modo da consentire i previsti movimenti sia verticali della copertura che
orizzontali di parete derivanti dall’azione di vento.

Il complesso di copertura d'altro canto, è vincolato orizzontalmente in corrispondenza di un portale


di sostegno e nel senso longitudinale mediante appoggi a rulli verticali (v. figg. 12-13-14) che
impediscono la traslazione orizzontale longitudinale dell'insieme ma consentono gli spostamenti
verticali. In corrispondenza dell’altro portale gli spostamenti orizzontali, longitudinali e verticali sono
liberi. Il contatto orizzontale nel senso trasversale fra la copertura e i pilastri in c.a. del portale
avviene invece attraverso due piastre verticali rivestite di neoprene.
Il montaggio, eseguito dalla G.E.M. di Milano ha richiesto una attrezzatura particolare.
In primo luogo, per il montaggio dei cassoni d’amarro si è potuto utilizzare l’impalcatura tu bolare
creata per il getto degli architravi e pilastri in c.a. ricorrendo ad appropriati mezzi di sollevamento. Il
delicato problema del controllo di quote è stato risolto in modo praticamente perfetto con uno
scartamento rispetto a quello teorico, risultato inferiore al 0,5 per mille. Disposte poi le quattro
catene orizzontalmente su di un impalcato provvisorio situato alla quota di intradosso della
copertura, si è provveduto al sollevamento delle estremità ed all’ammarro sugli organi a sedia creati nei
cassoni. I tiranti verticali, sollevati insieme alle catene, si sono così trovati nella posizione adatta per
realizzare il montaggio dei tronchi delle travi irrigidenti e successivamente del rimanente complesso
di copertura. Il montaggio, iniziato nella primavera del ’62, si è trovato, in pieno estate e con
temperature elevatissime, ad uno stadio tale di controllo delle quote da consentire una prima
regolazione, successivamente corretta con l’aumentare dei carichi e definitivamente controllata in
occasione delle eccezionali basse temperature di fine anno e dei primi mesi dell’anno in corso.
Una visione sintetica dell’opera viene brevemente illustrata, a sussidio dei disegni costruttivi
precedentemente espressi, dalle figure seguenti.

A fig. 1 l’opera si presenta in ultimazione di montaggio coi telai frangisole parzialmente applicati. In
fig. 9 è osservabile in dettaglio il possente telaio di sostegno in c.a. colle sospensioni del tratto
intermedio e di quello a sbalzo. A fig. 4 si prospetta la strut-tura in estradosso completa di
materiale di copertura, mentre in fig. 5 risultano dettagliati i dispositivi di articolazione dei tratti di
sospensione e l'attacco dei tiranti, col dispositivo stagno al piede dei tiranti stessi. Un vincolo
principale del complesso di copertura col pilastro in c.a. è dettagliato a fig. 15.
I ritti e le intelaiature di parete risultano espressi in fig . 18 e particolarmente per la zona d’angolo in fig.
20. Infine a fig. 19 si può osservare una vista parziale dell'interno con la gru a portale, in fase di
montaggio della macchina continua.
Particolare notevole è rappresentato dal risultato finale di comportamento del complesso sia agli
effetti elastici che a quelli termici. Per questi ultimi, ad esempio, si pensi che per temperatura
massima registrata in oltre 40 °C in estate e meno 20 °C d'inverno, il comportamento della parete,
completamente rivestita di vetro per uno sviluppo di oltre 560 m, con altezza di pilastri 2 mensola
di ben m 15,60 per una superficie complessiva di oltre 9.000 mq senza contare le fasce frangisole.
non hanno subito rotture almeno per ragioni termiche o per deformazioni elastiche dipendenti da
azioni di vento.
L'acciaio complessivamente impiegato per la copertura propriamente detta assomma a tonn 595
delle quali t 100 in SELCO - 53 per le catene di sospensione. I cassoni di amarro in numero di 8
han no richiesto complessivamente tonn 122 ed il complesso delle pareti d'ambito tonn 258 per i
ritti; tonn. 146 per le intelaiature di irrigidimento e portavetri, tonn 29 per i telai dei frangisole e
tonn 18 per la trave di gronda. L'acciaio dell'intera struttura raggiunge pertanto le tonn 1.168.
La esecuzione dell’opera è dovuta alla S.p.A. Antonio Badoni di Lecco che si è avvalsa, per il
montaggio, della «Generale Montaggi S.p.A.» (G.E.M.) - di Milano. L'ufficio tecnico della Committente
ed in particolare gli Ingg. Bersano e Martinengo hanno dato un decisivo contributo personale in
ogni fase del lavoro, dalla progettazione alla organizzazione realizzativa.
Nell’anno accademico 1963-64, prom omosso dall’Ufficio Italiano Sviluppo Applicazionii Acciaio
A si tiene un Corso
di cultura sulle costruzioni in accia iaio, presso la Facoltà di Architettura dell’Univer ersità di Roma, Istituto di
Tecnica delle costruzioni, riservato o ai laureati in Architettura e ingegneria, direttore
e del corso Prof. Gaetano
Minnucci. Le lezioni tenute dai mas assimi esperti del periodo ( De Miranda, Ceradini, ni, Covre,…) vengono poi
raccolte nel volume:
Problemi delle costruzioni in acciaio
Ed. Cremonese, 1967
Si riporta nel seguito il capitolo 7.

Grandi Strutture
Dott. Ing. Gino Covre

La presente sarà limitata al pur uro campo strutturale collegato alle più recen enti concezioni statiche
interdipendenti con quelle tecnolologiche, con le conseguenze sulla forma e pert rtanto anche sull’estetica
delle strutture che cosi ne derivan no.
Nella diuturna contrapposizione de dei due sistemi costruttivi che fanno rispettiva amente capo al c.a. nei
suoi vari tipi e alla struttura meta
tallica in genere, vi è una tendenza che può p portare a ibridi connubi
architettonici.
Conoscerete quali orribili struttur
ture si sono realizzate traducendo il tralicci cio metallico in c.a., e
viceversa, allorquando si sono vvoluti tradurre in acciaio strutture logiche soltanto s se eseguite in
conglomerato cementizio.
Vi sono però delle possibilità di reciproca
r influenza fra i due sistemi che poss ssono dar luogo a
Concezioni statiche e forme costrutt
uttive rappresentanti un progresso sotto ogni punto nto di vista, se trasportate
da un campo all’altro tenendo in debito
de conto tutti i fattori che si prospettano con
co tale trasporto.
Un caso particolare di grande interesse e che sta ormai affermandosi in realizzazioni metalliche
spesso notevoli ed anche grandio iose è quello discendente dai sistemi continui solidali.
s
Tali sistemi, come ad esempio o le strutture a guscio, sono logici e norma ali nel c.a. in quanto
rappresentano anche, fra !’altro,, una conseguenza di natura tecnologica che he lungi dal complicarla
facilita la realizzazione. Ma co on l'impiego del metallo, materiale che dis ispone di caratteristiche
meccaniche unitarie di resistenza za elevatissime in confronto a quelle conseg eguibili col calcestruzzo
armato, la concezione di element nti resistenti solidali continui diverrebbe molto o problematica, a meno
di non ricorrere a forme nuove atte a tener conto di questa particolare cara ratteristica resistente del
ferro, materiale molto generoso perpe la sua elevata resistenza, nella quale è però pe insita anche la sua
grande debolezza che é la insta tabilità elastica, tanto pericolosa e deprecata,, che insorge ogni qual
volta intervengano, come é noto,, eccessive snellezze nei rapporti dimensionalili da introdurre.
Sorge cosi istintivamente l’idea d di applicare al metallo il concetto statico strutturale
st del guscio, o
meglio in generale della struttura ra solidale continua, realizzando pero tale ccontinuità non in modo
uniforme, come si opera per le strutture in c.a., ma in modo discontinuo o mediante membrature
elementari continue.
Un parziale tentativo in tale se senso é stato da me tentato un quarto dii secolo fa circa nella
realizzazione della grande cupol ola di copertura del Palazzo dei Ricevimentii e Congressi all’EUR in
Roma, la cui concezione ar architettonica è, come è
noto, dovuta al compianto Arch ch. Libera.
Tale copertura era stata conc ncepita come guscio in
c.a. che però, ad edificio eret etto ed al momento di
coprirlo, ha manifestato necessita
n tali che la
realizzazione in c.a. si sarebbe resa molto
problematica se non addirittura a impossibile. Da qui la
traduzione in acciaio con la realizzazione di una
struttura a guscio discontinuo o che parte dallo schema
di una volta incrociata ccon profilo di direttrici
particolarmente imposte dall’arch
chitetto.
Ora é chiaro che la sostituzione del materiale in
tale caso ha provocato un qualche squilibrio
architettonico e i rivestimenti apportati
successivamente all’ossatura metallica hanno
contribuito in modo decisivo a cambiare i connotati
originali (figg. 6.1 - 6.2). Ad una osservazione più
attenta non può sfuggire l’accennato squilibrio di
rapporti fra luce e monta e spessori che
denunciano quel qualche cosa di nascosto che
rappresenta l’essenza della struttura.
In modo piu chiaro ed aperto é interessante
esaminare come risolva il problema un insigne
studioso di costruzioni metalliche, il Prof. Makowski
dell’Università di Londra, che riduce addirittura la
struttura solidale continua ad un complesso di aste
elementari, spesso semplicemente tubolari, che
vengono a creare una architettura del tutto nuova
suscettibile di impensati sviluppi (figg. 6.3 - 6.4).

Fig. 6.3 Cupola in struttura tubolare.

Fig. 6.4 Interno di cupola in struttura tubolare

Recentemente è stata realizzata in Spagna, nei sostegni per elettrodotto di attraversamento della baia di
Cadice, una mia struttura a guscio discontinuo costituita da torri a profilo parabolico e a sezione cilindrica
qui presentate nelle figg. 6.5 - 6.6 - 6.7 - 6.8 - 6.9.
I giunti sono stati semplificati al massimo e consistono in aste di profilati normali irrigidite a telaio,
collegate con semplice bullonatura, completamente diversi, per esempio, da quelli a cui ricorre il prof.
Makowski consistenti in complessi alquanto laboriosi.
fig.6.8 Struttura finita vista dal basam
mento

Le Torri di Cadice (1), la cui stru


truttura e stata da me ideata e proposta per l’attraversamento
l’a
con elettrodotti dello Stretto di Meessina, sono state provate in modello alla gall
alleria del vento,
onde dedurre sperimentalmente e le caratteristiche di
sollecitazioni dipendenti da tale e azione, caratteristiche
che hanno portato a conclusion oni molto favorevoli in
confronto delle analoghe dedot otte per le consuete
strutture a traliccio di tipo corrente
te, con le conseguenze
pratiche, oltre che estetiche e di d altro vario ordine, di
una sensibile riduzione nei pesi metallici.
m

(1) Altezza totale m. 160 - Distan


nza fra le Torri 1660
Peso di ogn! Torre ~ 500 t. - Acciaio
Ac Aq 42.

La
realizzazione di gusci con struttutture in acciaio è però
conseguibile anche con sistem mi continui, qualora si
Proceda agli opportuni irrigidimen
enti mediante nervature
destinate ad influire sui campi dii forze, in modo tale da impedire fenomeni dii instabilita elastica nelle
pareti continue, che in tal modo possono
p ridursi a spessori molto limitati.
Una prima applicazione di tale e criterio statico e costruttivo, oggi resosi possibile
po e conveniente
Potendosi disporre dei vari sistememi di collegamento per saldatura elettrica, è stato da me applicato
fin dal lontano 1949 nella costr truzione navale di tipo longitudinale con e elementi prefabbricati e
con successivo montaggio sullo scalo di varo (fig. 6.10). Tale sistema ha avuto in breve tempo
applicazioni che oggi assumono,, come ben si sa, carattere grandioso e norm male anche per scafi di
portate eccezionali, con prefabb bricazione di elementi che raggiungono pessi di varie diecine di
tonnellate.
In particolare una applicazione d di certo interesse realizzata su pareti sottilis
ilissime (pochi decimi di
mm.) e su scala inconsueta (circ irca 20.000 mq. con l’impiego di 1.000 sole t.te t. di acciaio) é quella
da me ideata e realizzata per la copertura dell’Aerostazione di Fiumicino su u progetto architettonico
degli architetti Luccichenti, Mo onaco e Zavitteri e dell’ing. Morandi (figg gg. 6.11-6.12-6.13). In
quest’opera i collegamenti dei var ari elementi e degli irrigidimenti sono stati rea
ealizzati in buona parte
con punti di saldatura elettrica che
c rispondono praticamente alla funzione di d un vero e proprio
chiodo.

Fig.6.11 Aerostazione di Fiumicino:


o: copertura vista
nell’interno.

Fig. 6.12 Aerostazione di Fiumicino


Fig.6.13 Aerostazione di Fiumicino. In alto: schema trave di copertura. Al centro: profilo e pianta della trave.
Sotto: schema di calcolo della trave.

Un particolare tipo di guscio, costituito però non in acciaio ma in lega di alluminio ad alta resistenza, è quello
da me ideato e proposto per quello
lo che doveva essere l’Arco E-42 (fig.6.14) del qu
quale è stato costruito nel
’40 un tronco sperimentale, sottopo
osto a Roma, presso l’Istituto di Scienza delle Co
Costruzioni, a interessanti
prove con l’ausilio di una complessa apparecchiatura, appositamente costruita e purtroppo
successivamente demolita e disperrsa.
In tale struttura poiché allora nonon era possibile, per le conoscenze tecno ologiche del momento,
ricorrere alla saldatura delle le leghe di alluminio, che oggi invece si pu può operare con nuovi
procedimenti, i collegamenti sono o stati operati tutti per chiodatura, pure in le lega di alluminio e con
particolare procedimento di rinvennimento e di tempera (fig. 6.15).

fig. 6.14, Arco E42

I tipi di strutture a guscio ora trattati richiedono una calcolazione molto co complessa e delicata e
presuppongono possibilità esecut utive che non sempre possono essere scrup upolosamente realizzate
malgrado ogni accorgimento tecno nologico. Da qui la necessita di ricorrere a verifiche
ve sperimentali fin
dalla sede progettiva ricorrendo a alla teoria dei modelli come nel caso dell’Arco
co E-42 sopracitato. Un
altro caso interessante è quello delle prove condotte su di un modello in scala sc 1 a 10 di guscio
discontinuo metallico sferico ridotto
tto a pianta quadrata e quindi con soli quattro
o punti di appoggio.
Ricorderete che antecedentemente te si e potuto osservare caso analogo nelle str
strutture ad aste
proposte e realizzate dal Prof. Ma akowski.

Il dispositivo di prova ora accenn nato si può osservare in fig.6.16; le prove so sono state condotte con
estensimetri elettrici e con l’ausilio
io di inclinometri. L’apparecchiatura elettrica era
ra ad unica stazione con
possibilità contemporanea di 40 rilev
evamenti.
Tenendo presente le particolari car aratteristiche resistenti dell’acciaio che male sii presta
p ad una sua utile
realizzazione qualora venga impieg gato in elementi compressi di eccessiva snelllezza (carico di punta),
torna logico concludere che conv nviene studiare, per quanto possibile, la sua ua migliore utilizzazione
introducendo in una determinata opera elementi prevalentemente tesi, nel qu qual caso l’acciaio può
essere utilizzato in pieno e con n tanto maggior vantaggio, quando si pensi cche si producono oggi
qualità di acciaio con elevatissimii carichi di rottura per i quali, però, si ha corri
rrispondentemente
un rendimento inferiore nel caso di caricamenti di punta.
Lasciando da parte il caso partic icolare rappresentato dalle strutture cementizie e precompresse, dove le
eminenti doti di resistenza a traz azione dell’acciaio vengono contemporaneament nte utilizzate con quelle
del calcestruzzo che meglio sii presta ad azioni di compressione notevo vole, mi limiterò qui a
considerare l’ossatura totalmente te metallica con elementi tesi. Nel campo o dei ponti sono state
utilizzate e si realizzano opere cosi grandiose che qui non é neanche iil caso di considerare.
Conviene invece soffermarsi sulla la opportunità, che può presentarsi spesso al p progettista, di applicare
strutture tese nei casi che posson ono sembrare poco importanti, ossia strutture e relativamente modeste
in confronto a quelle dei gigantesc schi ponti sospesi.
Gia alcuni decenni or sono Le Corbusier propose per fabbricati multipiani di d abitazione civile una
sua « tensostruttura » che sii riduceva, in sostanza, ad una gabbia di colonne sulle quali gli
impalcati ai vari piani venivano o a collegarsi mediante cavi di sospensioni diagonali ancorati alle
colonne stesse.
Applicazioni di tale tipo però non n mi risulta che siano state praticamente realiz lizzate, mentre proposte
del genere sono state avanzate in questi ultimi anni per hangars di grandi lu luci, per grandi complessi
industriali o per fiere. Una applicacazione di struttura sospesa è stata recenteme ente da me proposta e
realizzata nella costruzione di un n grande padiglione industriale eretto in Manto tova su commessa delle
Cartiere Burgo, destinato a racco cogliere il più grande complesso europeo di ma acchina continua per la
fabbricazione della carta.
Si tratta di un edificio di 249 m di lun
unghezza su 30 m di larghezza e con un’altezza d dal filo di gronda al piano
di campagna di 22 m dei quali 16 d dal piano calpestio del salone macchina propr priamente detto.
Lo schema statico considera una a luce intermedia di m. 163 e due sbalzi di estremitàe di m. 43.
Le strutture portanti sono quattro o a interasse di m. 10, costituite ciascuna da a una funicolare a bielle
incernierate con trave longitudinal ale irrigidente (fig. 6.17 e tav. I). La freccia d della funicolare é di m.
22,50 e pertanto con rapporto di 1/7 circa rispetto alla luce intermedia.. Poiché é prevista la
necessità futura di ampliamentii laterali dell’edificio, il dimensionamento dei dispositivi di sostegno
principali é stato considerato costa tante per le quattro sospensioni.
L'introduzione dei particolari pilast stri in c.a. costituenti supporto dell’intero complelesso di copertura, che é
totalmente metallico, é dovuto al Prof. P Nervi, che ha utilizzato la disposizione e delle masse in modo
da ridurre al minimo le azioni fle lettenti sui pilastri, annullando nel contempo l’a l’azione di tensione sui
blocchi di fondazione. Gli architra ravi superiori che interessano trasversalmente te e collegano le due
coppie di pilastri di estremità son no cavi ed in cui trovano sede quattro casson oni in acciaio costituenti
gli amarri propriamente detti, con n la vitale funzione di diffusione dei forti carichihi
concentrati trasmessi dalle sospen ensioni all’architrave in ca.
Questi cassoni, espressi in dettag aglio costruttivamente nella tav. II, sono stati opportunamente
o studiati
in modo da rispondere ad altre vvitali esigenze, La più rilevante è quella conn nessa alla possibilità di
disporre di un comodo sistema a di regolazione delle variazioni di lunghe hezza delle catene di
sospensione, che possono assum mere valori non trascurabili sia per ragioni ela lastiche che per quelle
termiche. E poiché tali variazionii si risolvono in movimenti verticali di tutta la co opertura, che è soggetta
pertanto a variazioni non trascurabili ili, era indispensabile un sistema di controllo e dii pronta messa a punto
di assoluta tranquillità. Le caten ne giungono pertanto entro ai cassoni con u un ancoraggio a staffe
predisposto su martinetti idraulici,i, da sostituirsi a sedie costituite da spessorii sovrapposti, in numero
adeguatamente variabile, con valor lore finale da raggiungere in sede di regolazion one.

Fig.6.16 Prova
su modello di volta
sferica discontinua
a pianta quadrata.
Fig. 6.17 Cartiera Burgo, Mantova

Ogni sospensione é regolabile, anche contemporaneamente, alle due estremità e pertanto si può
disporre complessivamente di 16 dispositivi di movimento.
Risulta dai calcoli che per una variazione termica di 40° la lunghezza delle catene di sospensione
intermedie varia di 82 mm, con la conseguenza di uno spostamento verticale in mezzeria di 110
mm. Tale valore rappresenta 1/1400 circa della luce teorica di 163 m, ossia é dell’ordine di
grandezza delle freccie elastiche delle costruzioni metalliche.
Ancora, per effetto del carico accidentale massimo (previsto in neve per un valore di 100 Kg/mq di
copertura), l’allungamento delle catene risulta di 80 mm, con un corrispondente abbassamento in
mezzeria della copertura di 109 mm. valore che corrisponde in valore assoluto all’effetto termico di
40° sopra riportato.
In sede di montaggio prima, e successivamente con opportune messe a punto, la rispondenza fra
previsioni e realtà si é dimostrata perfetta.
Si attribuisce la bontà di questo risultato anche alla scelta compositiva operata nella progettazione
delle catene: per questo si è esclusa a ragion veduta, l’adozione di funi ricorrendo invece alla
composizione con bielle in acciaio SELCO-53 collegate da perni preventivamente cromati per ragioni
protettive. In tal modo, con una lavorazione di precisione si è potuto raggiungere un grado di
assestamento finale delle sospensioni scevro da sensibili variazioni successive, semplificando inoltre i
collegamenti con le sospensioni verticali (realizzate in tondo di acciaio Aq 50 con tenditori filettati di
regolazione) che dispongono di un comodo collegamento in corrispondenza dei perni di unione delle
bielle costituenti la catena.
I cassoni di amarro sono di due tipi: i laterali più corti di m. 5,30 di lunghezza e pesanti 13 t.te
ciascuno; gli intermedi di 7 m. di lunghezza, pesanti circa 17 t.te ciascuno. Pertanto su di una
lunghezza di circa 30 m. di architrave cavo in c.a. costituente il sostegno delle sospensioni, ben
24,60 m. sono in acciaio (Aq 48 per le lamiere, Aq 50 e Aq 42 per i profilati). Le ordinate di
irrigidimento, collocate all’esterno del fasciame, sono opportunamente forate per consentire il
passaggio delle barre metalliche di armamento del c.a. I cassoni sono accessibili all’interno ed
anche all’esterno superiormente, nell’intercapedine tra parete in acciaio e cielo in calcestruzzo,
cosicché ispezioni e manutenzioni sono possibili anche per questa parte della struttura metallica.
Tav. I - Cartiera Burgo, Mantova:a: esecutivo di officina dei particolari relativi alle
le catene e tiranti di
sospensione della copertura.
Tav. II - Cartiera Burgo, Mantova:: esecutivo di officina dei particolari dei cassononi di ancoraggio delle
catene.
Ho accennato allo schema statico ico delle quattro principali strutture portanti non
onché alla composizione
delle catene e delle sospensio ioni. Aggiungo ora qualche altro elemento sulla rimanenza della
struttura in acciaio.
La trave irrigidente è costituita da d due briglie a T composte con piatti saldatii e collegate da aste di
parete, realizzanti il dispositivo a telaio con nodi ridotti a membrature reagen enti a sforzi assiali. La
trave, alta m. 1,50, è dimensiona nata per lo sforzo di compressione massimo cche risulta di circa 54
t.te e per i momenti secondari dis iscendenti da un’azione del carico accidentale esteso alla metà della
copertura.
La verifica alla instabilità elastica a della trave irrigidente é stata condotta nell’ip
’ipotesi di vincoli elastici
in corrispondenza di ciascuna sos ospensione verticale (interasse di circa m. 10) 0) in contrapposizione ai
carichi verticali ivi applicati. L’acci
ciaio impiegato é il SELCO-53 per le briglie e l’Aq 50 per i profilati.
Dalla figura n. 6.18 si può rilevar are il dispositivo di irrigidimento trasversale del
elle travi principali, col
completamento dell’orditura secon ndaria sulla quale è disposto il materiale di ccopertura in Alusicc e il
rivestimento di intradosso in Ond ndulux. L’intercapedine che ne risulta è stata ta creata per ragioni di
coibentazione ed anticondensa, con immissione di aria a condizionamento o appropriato. Il carico
permanente dell’orditura di copert rtura risulta di 70 Kg/mq. per la struttura me etallica e di 30 Kg/mq
per i rivestimenti in Alusicc e Ondulux. La componente orizzontale massi sima nella sospensione
centrale risulta di 184 t.te mentre tre quella contrapposta per il tratto a sbalzo ra raggiunge le 73 t.te. La
differenza é affidata all’azione fletettente resistente della trave a cassone di som mmità in c.a.
Il problema dei vincoli dell’intero complesso
c ha richiesto particolari accorgimenti.
ti.
Si trattava di consentire notevoli sspostamenti orizzontali derivanti da azioni term miche, con altri verticali
conseguenti sia a queste che agl gli spostamenti verticali elastici dovuti ai carichhi per i
diversi valori che potevano assum umere quelli accidentali. In primo luogo si è de eciso di realizzare tutto
il complesso della parete perim metrale dell’edificio rendendolo del tutto indip ipendente da quello di
copertura. A tale scopo le pareti d d’ambito dispongono di
un’ossatura principale portante ccostituita da pilastri a
cassone in acciaio opportunament nte profilati, incastrati al
piede sul robusto complesso o in c.a. costituente
l’ossatura di sostegno della macc cchina continua e liberi
in sommità. Tali pilastri, ad in interasse di m. 2,00,
risultano intelaiati dai riquadri po ortavetri e collegati in
sommità da una trave gronda in acciaio composta da
elementi saldati di lamiera sago gomata e irrigidita da
costole e profilati (tav. III). La sutura fra la zona
perimetrale libera di parete e le travi
tr d’ambito della
copertura é effettuata con materia ria plastico, in modo da
consentire i previsti movimenti sia verticali
v della copertura
che orizzontali di parete derivanti dall’azione
d di vento.

fig. 6.18. Cartiera Burgo, Mantovva: particolare appoggio


scorrevole verticale della copertura
a metallica.

Il complesso della copertura è vincolato


vin orizzontalmente,
in senso longitudinale in corrispo pondenza di un solo
portale di sostegno mediante appo oggi a rulli verticali, che
impediscono la traslazione orizzo zontale dell’insieme, ma consentono gli sp postamenti verticali. In
corrispondenza dell’altro portale gligl spostamenti orizzontali longitudinali e vertica ali sono liberi.
Il vincolo orizzontale nel senso ttrasversale fra la copertura ed i piedritti in cc.a. del portale avviene
invece attraverso due piastre verticrticali rivestite di neoprene (tav. IV).
Il montaggio ha richiesto una attr ttrezzatura particolare.
In primo luogo, per il montaggio gio dei cassoni d’amarro si è potuta utilizzare re l’impalcatura tubolare
creata per il getto degli architravi vi e pilastri in c.a., ricorrendo ad appropriati mezzi
m di sollevamento. II
delicato problema del controllo di d quote é stato risolto in modo praticame ente perfetto, con uno
scartamento rispetto a quello teo orico, risultato inferiore allo 0,5 per mille. D Disposte poi le quattro
catene orizzontalmente su di un impalcato
i provvisorio situato alla quota di intra
tradosso della copertura,
si é proceduto al sollevamento dellede estremità ed all’amarro sugli organi a sed dia creati nei cassoni. I
tiranti verticali, sollevati insieme alle
a catene, si sono cosi trovati nella posizion ne adatta per realizzare
il montaggio dei tronchi delle travivi irrigidenti e successivamente del rimanente complesso
c di copertura.
Il montaggio, iniziato nella primavevera del '62, si è trovato in piena estate con tem emperature elevatissime,
ad uno stadio tale da permettere un controllo delle quote altimetriche e consentire una prima
regolazione, successivamente corretta con l’aumentare dei carichi e definitivamente controllata in
occasione delle eccezionali basse temperature di fine anno e dei primi mesi del 1964.
Particolare notevole é rappresentato dal risultato finale di comportamento del complesso sia agli
effetti elastici che a quelli termici. Per questi ultimi, ad esempio, si pensi che per temperatura
massima registrata in oltre 40°C in estate e meno 20°C di inverno, il comportamento della parete,
completamente rivestita di vetro per uno sviluppo di oltre 560 m, con altezza dei pilastri a mensola
di ben m. 15,60 per una superficie complessiva di oltre 9.000 mq. senza contare le fascie
frangisole, non hanno subito rotture, al meno per ragioni termiche o per deformazioni plastiche
dipendenti da azioni di vento.
L’acciaio complessivamente impiegato per la copertura propriamente detta assomma a 595 t.te delle
quali 100 t.te in SELCO-53 per le catene di sospensione. I cassoni di ammarro in numero di 8
hanno richiesto complessivamente 122 t.te ed il complesso delle pareti d’ambito 258 t.te per i ritti,
146 per le intelaiature di irrigidimento e portavetri, 29 t.te per i telai dei frangisole e 18 t.te per la
trave di gronda. L’acciaio della intera struttura raggiunge pertanto 1.168 t.te.

La composizione metallica ricorre naturalmente ad opportuni collegamenti fra i vari organi costitutivi, per i
quali nel passato, anche recente, risultavano prevalenti quelli di chiodatura e di bullonatura.
Il collegamento per saldatura, in un primo tempo autogena e prevalentemente ossiacetilenica, ha subito
una radicale innovazione con la comparsa della saldatura elettrica, procedimento, che affacciatosi
timidamente nella pratica costruttiva un trentennio fa circa, ha subito rapidamente una evoluzione nei
suoi concetti formativi, nella sua tecnologia e nella varietà di forme nelle quali può essere utilizzata,
da rivoluzionare radicalmente la tecnica costruttiva rendendo fra l’altro possibili schemi statici e
pertanto anche architetture conseguenti, del tutto impensabili per il passato.
Parallelamente a questo progresso tecnologico dei collegamenti metallici scadeva sempre più il
processo di chiodatura tradizionale, anche per il fatto che la saldatura poteva consentire insieme ad
una certa convenienza economica e rapidità esecutiva, anche una sensibile riduzione dei pesi
metallici. Però anche la saldatura presenta i suoi inconvenienti. Occorre intanto che alla sua
esecuzione sia preposto del personale particolarmente qualificato e non soltanto debitamente addestrato e
conseguentemente patentato secondo norme regolamentari precise stabilite all’uopo dalle competenti
autorità tecniche, ma anche dotato di particolari doti di carattere legate ad uno scrupolo professionale che
purtroppo non sempre è conseguibile, specialmente se messo in rapporto alle sempre più alte esigenze
economiche che si prospettano oggi a qualsiasi prestatore d’opera. D’altra parte il controllo di una
buona esecuzione che oggi si rende possibile mediante l’osservazione con i raggi X delle saldature
non risulta molto agevole, parimenti introduce un altro elemento antieconomico nel procedimento.
Inconvenienti vari, e purtroppo anche qualche disastro in dipendenza di saldature non ben riuscite o
eseguite, lasciano sempre qualche punto di incertezza e di timore sia in chi le progetta (malgrado la
più attenta cura) e sia in chi le applica. Da qui la tendenza odierna di ricorrere ad un altro sistema
collegamento che possa dare maggiori facilita di controllo e più alta probabilità di una esecuzione
rispondente alle previsioni di progetto.
Sorge cosi la bullonatura con bulloni ad alta resistenza, che in sostanza non é altro che un richiamo
alla vecchia chiodatura, reso possibile oggi dal progresso tecnologico che consente la produzione di
acciaio ad altissima resistenza e la possibilità di una lavorazione con procedimenti tali da poter
utilizzare in pieno le qualità resistenti di tali acciai, anche dopo la loro lavorazione.
Il concetto informativo della bullonatura AR. discende dalla chiodatura, in quanto si riduce alla
utilizzazione delle forze di attrito che si vengono a manifestare fra due superfici a contatto
debitamente compresse fra di loro. Con la chiodatura tale compressione veniva esercitata dal ritiro
che il chiodo ribattuto a caldo veniva a subire col raffreddamento. Per quanto nei calcoli di progetto
di chiodatura venga applicato il concetto della resistenza a taglio del chiodo, in realtà si fa
dipendere tale supposta resistenza a taglio da quella di attrito che il chiodo provoca nella giunzione.
Se tale azione di attrito dovesse ridursi o peggio scomparire portando cosi il chiodo a reagire
soltanto al taglio, la chiodatura risulterebbe da tale momento praticamente inefficace.
Con la bullonatura ad alta resistenza tale evento si rende del tutto improbabile, in quanto il bullone
costituito da acciaio ad altissima resistenza permette un serraggio dei pezzi di giunto, previa
interposizione di opportune rondelle in acciaio per la diffusione dello sforzo di serraggio, operato con
chiavi munite di apposito dispositivo di controllo per la coppia esercitata, tale da togliere ogni
ragionevole dubbio sulla efficacia e sul valore dell’entità dello sforzo di trazione che cosi si esercita
sul bullone per realizzare una determinata pressione sulle superfici a contatto di un giunto.
Resta pero il dubbio sul valore effettivo, che deve essere naturalmente il più elevato possibile del
coefficiente di attrito che si manifesta sulle superfici di contatto compresse.
Sulla determinazione di questo coefficiente sono state e si continuano a condurre esperienze molto
approfondite, ed i risultati pratici si possono oggi considerare con la maggiore tranquillità, tanto più
che i coefficienti di attrito da intro
trodursi nelle progettazioni subiscono delle lim mitazioni prudenziali, tali
da rendere molto improbabile un loro imprevisto comportamento. In ogni caso so poi, qualora dovesse
verificarsi uno slittamento degli elelementi di giunto, interverrebbe pur sempre iil bullone con una sua
possibilità di resistenza a taglio,, date le altissime qualità meccaniche del mate teriale di cui è costituito.
Tale possibilità non si può consid iderare col chiodo normale: perciò il giunto con c la bullonatura A.R.
potrebbe ancora funzionare, là dove d una chiodatura non sarebbe ammessa.. È chiaro che con un
tale dispositivo, da realizzarsi natu
aturalmente con le necessarie cautele che ess sso richiede (superfici a
contatto controllate preventivamen ente, affinché presentino le migliori possib ibilità per un più alto
coefficiente di attrito e pertanto o preventivamente sabbiate o meglio fiammat ate, adozione di chiavi
dinamometriche di serraggio e di d controllo, ecc.) il giunto con bulloni A.R.. può dare tranquillità
esecutive soddisfacenti. Siccome e poi l'esecuzione non richiede mezzi parti rticolarmente costosi (le
forature possono essere praticate e per punzonatura anziché per trapanatura, le tolleranze sui diametri
dei fori sono ampie ecc.) se si esclude il costo relativamente elevato del bullone b e il compenso
risultante dagli altri procedimenti,, si giunge in sostanza alla conclusione che la bullonatura AR. Può
dare in confronto alla saldatura e ad altri sistemi di giunzione, oltre ad un n più elevato grado di
sicurezza, anche una certa ec economia. Questo procedimento pero come è intuibile, rivoluziona
alquanto la tecnica progettiva e costruttiva perché il giunto A.R. ha proprie esigenze e costruttive che
fra l’altro possono variare naturalm lmente il comportamento statico degli elementiti da collegare.
Prendiamo ad esempio il caso o di un nodo rigido quale può presentarsi si su di un fabbricato
multipiano o su strutture a telaii in genere. Se esso é realizzato per saldatu tura elettrica si presenta
per esempio come alla fig.6.19 9 che riproduce un collegamento di forza della Stazione Porta
Garibaldi di Milano (fig.6.20).Ossservando questo giunto possiamo renderci conto c di quale enorme
sviluppo di saldatura sia da realilizzare in condizioni spesso di sopratesta e pertanto di particolare
difficile esecuzione e buona riusc scita. Se si volesse trasformare questo giunto to con bullonatura A.R.
bisognerebbe ricorrere ad una forma fo costruttiva tipo quella riprodotta nella fi
fig. 6.21, che comporta
qualche maggiore preparazione in officina, in ogni caso non dispendiosa e di d possibile e comodo
controllo, ma consente un mont ntaggio cosi rapido e sicuro da rendere intui tuibile i vantaggi che si
possono cosi conseguire.
Naturalmente questi giunti con b bulloni A.R. possono e devono variare compo portamento col problema
statico che sono chiamati a risolvere. Un semplice giunto di trave inflessa riesce molto
semplicemente realizzato secondo un sistema a coprigiunto
(fig. 6.22).

fig. 6.19. Stazione Porta Garibaldi (exx Porta Nuova), Milano:


assonometria del collegamento dell’archhitrave superiore con il
ritto.

fig. 6.20. Stazione Porta Garibaldi (exx Porta Nuova), Milano:


vista delle travi principali con sbalzi dii ml. 24,50.
Fig. 6.21. Nodo generico
o realizzato con bulloni
AR. (alta resistenza).

Fig. 6.22 giunto di trave infle


flessa con bulloni A.R.
Tav. III – Cartiera Burgo, Mantova:: esecutivo
e di officina dei ritti metallici di chiusura p
perimetrale.
Tav. IV - Cartiera Burgo, Mantova: esecutivo
e di officina dei dispositivi di bloccaggio della
del copertura.
Nel seguito l’elenco dei lavori che ad oggi si possono riconoscere come ascrivibili all’opera di Gino Covre, a
partire dalla sua collaborazione con la Badoni di Lecco. Per alcuni di essi è stato possibile redigere una
scheda riepilogativa, mentre per altri i dati sono ancora incompleti e molte opere assenti, si spera saranno
disponibili una volta catalogato l’archivio della Badoni.

Opere oggetto di schedatura


1934-37 Palazzo Feltrinelli Milano
1935 Aviorimessa Aeroporto Vigna di Valle, Bracciano, Roma
1937-41 Arco Imperiale E42 EUR Roma
1938-39 Palazzo dei Ricevimenti e Congressi EUR, Roma
1938 Copertura della sala motori nell’aeroporto del Littorio Roma 1938
1939-41 Stabilimento Innocenti Lambrate MI (scheda con Stabilimento siderurgico Orinoco)
1950 costruzione motonave
1947-50 Padiglioni nella Fiera di Milano
Padiglione Mulini e pastifici
Padiglione delle macchine agricole
Padiglione agricoltura e vini
Casa dell’ospite

1947-60 Tralicci Stretto di Messina e Torri di Cadice (Progetto)

1948-50 Costruzione di una motonave

1950 Padiglioni alla Fiera del Levante, Bari


Padiglione dell’automobile
Padiglione degli Autoveicoli Industriali
Padiglione dell’agricoltura
Padiglione della Meccanica Leggera

1951 Padiglione meccanica pesante Fiera Milano


1952 SATAM capannone a Maccie di Villaguardia
1954 Appalto concorso Stadio Nazionale viale Tiziano Roma (Non eseguito)
1955-56 Officine Meccaniche Olivetti San Bernardo lvrea.
1956 Saint Gobin Caserta
1956-61 Stazione Porta Garibaldi Milano
1957-60 Copertura dell’Aerostazione di Fiumicino
1957-61 Magazzini La Rinascente Roma
1957-63 Stabilimento Siderurgico Orinoco, Venezuela
1958 Cartiera Avezzano
1959-61 Palazzo del Lavoro Torino
1960-64 Cartiera Burgo Mantova
1960-64 Palazzo INPS Milano
1964-69 Viadotto Italia sul Lao
Opere non sufficientemente documentate

1952-53 Progetto delle strutture del grattacielo INA, Palermo


Nel 1952-53 partecipa per la Badoni alla trattativa con l’impresa appaltatrice per il progetto delle strutture per
la costruzione del grattacielo INA a Palermo, che sarà poi realizzato in cemento armato, sotto la
supervisione del prof.ing. Arturo Danusso.

1968-1970 Concorso Nazionale per il progetto del Padiglione Italiano all'Esposizione


di Osaka 70
Partecipa con il gruppo formato da Cesare Ligini, V. Monaco, E. Monaco, A. Martini, M. Ingrami, G.
Covre, G. Capogrossi, A. Castelli

Travi Alpha
Il sistema Alpha inventato dall’ing. O. Schaub, architecte de la ville de Bienne, ed utilizzato in Italia dalla
Badoni è descritto da Mirko Ros, grande amico di Robert Maillart, Professore alla Ecole Polytechnique
Fédérale e direttore del Laboratoire Fédéral d'Essai des Matériaux, Zurich, nell’articolo: Les
constructions acier-béton système « Alpha » in Ossature Metallique n. 4 1934

1935 Soc. Anonima Acciaierie di Bolzano


Nella zona industriale creata a Sud della città, un'area di 130.000 mq di terreno fu preparata per
accogliere il complesso di fabbricati, che dovevano comprendere: l’acciaieria elettrica, la forgia, il
laminatoio, il reparto finitura laminati e l'officina meccanica, oltre ai vari edifici destinati ai servizi
generali. Per diverse ragioni sarebbe stato desiderabile eseguire tutti i fabbricati a scheletro
metallico; le note difficoltà nell'approvvigionamento del ferro e la sentita necessità di ridurne
l’impiego il più possibile, consigliarono l’adozione di strutture murarie o di cemento armato per tutti
quegli edifici in cui la costruzione in acciaio non fosse stata una vera necessità. …
Le strutture metalliche furono eseguite dalla Soc. An. Officina Della Carlina di Sesto S. G. mentre le
22 gru a ponte di tutto lo stabilimento, ed alcune strutture particolari furono costruite a Lecco dalla
Soc. An. Antonio Badoni. …
In corrispondenza delle briglie inferiori sono sistemate le terzere, travetti a doppio T, muniti
superiormente di una spirale di tondo, che rimane annegata nella solettina di calcestruzzo. Questa
viene così a costituire la piattabanda delle terzere, con notevole economia della sezione di queste.
Sulle caratteristiche di queste travi « Alpha » in acciaio e calcestruzzo si veda l’articolo « Un nuovo
tipo di struttura in acciaio e calcestruzzo » ne « L’Ingegnere » n. 9, 1936). Le briglie inferiori delle
travi sono collegate alle terzere, nei punti di queste in cui si arresta la copertura cieca, da due
sbadacchi, che, oltre a conferire alla struttura la necessaria stabilità, servono di sostegno al corrente
di appoggio inferiore dei ferri a vetro (fig. 6).

CAPANNONI A STRUTTURA METALLICA


DELLA SOC. AN. ACCIAIERIE DI BOLZANO
Casabella 1938-XVI settembre n. 129

Comm. 11024 e 11091 – Strutture e travi Alpha,Vicenza


Opere dall’archivio commesse della Badoni

Comm. 9198 – Acciaierie di Conegliano Veneto


Comm. 10374 – FF.SS. Pensilina stazione Campo Marte, Firenze
Comm. 10482 – Autorimessa Zeppieri, Roma
Comm. 11024 e 11091 – Strutture e travi Alpha,Vicenza
Comm. 11052 – Capannoni Taiani, Ascoli Piceno
Comm. 11261 – Strutture metalliche per la Torre
San Giovanni, Città del Vaticano
Comm. 11262/2 – Stabilimento Soc. Ilva, Lovere
Comm. 11453 – Capannoni Sovirel, Caserta

Opere dalle pubblicazioni della Badoni


1955 Coop La Moderna Lecco
1956 Impianto laminazione, Breda siderurgica Milano
1966 Autosilo La rinascente Milano

Comm. 9198 – Acciaierie di


Conegliano Veneto (Italia)

Comm. 10374 – FF.SS. Pensilina stazione Campo di Marte, Firenze


Comm. 10482 – Autorimessa Zeppieri, Roma (Italia)

Comm. 11052 – Capannoni Taiani, Ascoli Piceno


Comm. 11261 – Strutture metalliche per la
Torre Strutture metalliche per la Torre San
Giovanni, Città del Vaticano (Italia)

Comm. 11262/2 – Stabilimento Soc. Ilva, Lovere


Comm. 11453 – Capannoni Sovirel, Caserta

Coevo al Capannone Saint Gobin Caserta


1955 Coop La Moderna Lecco
Edificio Multipiano per abitazioni e negozi
Costruito su pianta irregolare con superficie
coperta di 375 mq, del quali 50 destinati al vano
scale e ascensori. Volume, vuoto per pieno:
19.000 mc. N. 13 piani, più piano terreno, con
complessivi 195 locali, più negozi e servizi. Peso
della struttura, vuoto per pieno: 12 kg/mc.
La struttura è stata calcolata con un'azione di
vento di 150 kg/mq, con carico accidentale per i
solai di 200 kg/mq e con incremento dinamico
del 25%. Peso proprio del solai in cemento a
delle murature divisorie: 300 kg/mq. Peso pareti
esterne in laterizio forato con camera d'aria e
relativi intonaci 250 kg/mq. Le strutture sono
realizzate con nodi rigidi per saldatura in posto
su squadre di scontro e rinforzi, preventivamente
saldati ai ritti. | giunti del ritti, situati in prossimità
del punti di momento minimo, sono realizzati per
saldatura semplice testa a testa.
Piani di controvento nello schema del telaio.
Vano scale e ascensori In cemento armato.

Fonte pubblicazione Antonio Badoni SpA


1956 Impianto laminazione, Breda siderurgica Milano
L'impianto di laminazione è costituito da una tettoia forni a pozzo e da tre navate laminatoio ad
essa perpendicolari.
La TETTOIA FORNI A POZZO copre un'area di mq 6750, su una luce di m 30,145 e lunghezza di
m 224, senza giunti di dilatazione. Portali di irrigidimento sono disposti nella zona centrale di
collegamento con le tettole laminatoio. Sull'allineamento adiacente al laminatoio alcune colonne
sopportano le campate terminali delle coperture e vie di corsa delle tettole laminatoio. Per
consentirne la libera dilatazione, queste ultime sono appoggiate a mezzo di rulli scorrevoli.
L'orditura di copertura, con imposta a m. 20,45, è formata da centine metalliche ad arco ribassato
disposte con passo da m 2,5. La copertura è in lastre ondulate di fibrocemento. Sull'estradosso sono
ricavati cupolini a vetri, paralleli alle centina, ed opportuni aeratori. ll peso in opera della tettola forni
a pozzo è di Kg 750.000.

LE TETTOIE LAMINATOIO coprono un'area di mq 17.500. Sono su tre navate, di luce 24 m, 30 m e


26 m rispettivamente e lunghezza di 218,31 m, senza giunti di dilatazione. Nelle campale centrali
sono disposti portali di irrigidimento. L'orditura di copertura è in centine metalliche ad arco ribassato
con passo di 2,50 m. La copertura è In lastre di fibrocemento ondulato. Le navate da m 30 e m 26
hanno cupolini a vetri paralleli alle centine ed aeratori. La navata da 24 m invece ha un cupolino
longitudinale su tutta la sua lunghezza. Le baionette della colonne portano i passi d'uomo all'altezza
dei piani camminabili delle vie di corsa. Il peso totale delle tettole laminatoio è stato di Kg
1.590.000,
1966 La Rinascente Milano
Autosilo multipiano
L'edificio, a pianta rettangolare è sorto nel centro di Milano su una ristretta area a forma
trapezoidale fra Via S. Radegonda è Via Agnello.
La costruzione si sviluppa su nove mozzi plani sfalsati raccordati con rampe di circa 14% di
pendenza, con un dislivello fra | mezzi piani di 1,30 m. e quindi con altezza da piano a piano di
2,60m. Ai lati dell'edificio, in corpi sporgenti, sono ricavate tre scale è quattro ascensori.
Fondata su plinti isolati in cemento armato, la struttura metallica portante è composta di profili
IPE Fe37B assiemata in sito con bulloni ad alta resistenza.
| solai sono realizzati In lamiera grecata fissata alle strutture con chiodi sparati e completata con
superiore getto di calcestruzzo e pavimento in gomma.

Fonte pubblicazione Antonio Badoni SpA

Opere della Badoni in cui probabilmente è stato coinvolto Gino Covre

1946 Ponte ferroviario e stradale sul Po a Mezzana Corti


1956 Ponte ferroviario sul fiume Adda a Lecco
1967 Ponte sul fiume secchia linea Mi-Bo
Ponte ferroviario sul Po, Casalmaggiore (Italia)
Ponte ferroviario sul Po, Casalmaggiore (Italia)

Capannoni alla Fiera internazionale di Trieste


A.F.L. Falck – Milano Capannoni acciaierie Falck Sesto San Giovanni
S.A.F.A.U. - Udine
Acciaieria Cornigliano S.p.A. - Genova
Acciaierie Elettriche Faggian – La Spezia
Off. Elettrochimiche Trentine – Milano
Acciaierie e Ferriere del Caleotto – Lecco
Montecatini – Società Generale – Milano
1934-37 Casa Feltrinelli, Milano
Via Daniele Manin, 37 Milano (MI)

Una casa linda e scintillante di vetrate progettata dagli architetti Belgiojoso, nasce in questi giorni in via
Manin a Milano. …
Le fondazioni profonde e misteriose; i ferri della struttura metallica spuntano dalla terra si aggiungono e si
saldano velocemente in una gabbia aerea; … la struttura in ferro, opera della Badoni di Lecco, permette luci
fino a 9 metri; su m. 49 di facciata si sono solamente 7 pilastri…
L’ideale è raggiunto, nel centro di una grande città, una abitazione aperta su di un vasto parco. …
La via Manin si è vendicata del mostruoso palazzo culturalista-ignorante che sta per essere finito pochi passi
più in là.
Gian Luigi Banfi
Una casa a Milano
Quadrante n. 21 1935, pagg 23,25

Il progetto, realizzato fra il 1934 e il 1937, porta la firma di uno dei mattatori del celebre studio di architettura
milanese BBPR. Lui è Lodovico Barbiano di Belgiojoso che con la collaborazione del padre Alberico e su
commissione di Antonio Feltrinelli ideò un edificio che è un esempio raro di razionalismo elegante e leggero.
Incastonata, in via Manin, fra piazza della Repubblica e i giardini di Porta Venezia, casa Feltrinelli
rappresenta una delle prime opere compiute in Italia di edilizia residenziale a struttura metallica. 330
tonnellate d' acciaio servirono per lo scheletro del palazzo, issato in meno di tre mesi e poi rivestito con
lastre di marmo e granito di Baveno intervallate da ampie fasce di verande e finestre a nastro.

Chiara Gatti Storica dell’arte Milano


Casa Feltrinelli razionalista e leggera
La Repubblica 3.09.2009

Casa Feltrinelli
Via Daniele Manin, 37 Milano (MI)
Progetto architettonico: Barbiano di Belgiojoso, Alberico e Ludovico
1934 il progetto dell'edificio è commissionato agli architetti Lodovico ed Alberico Barbiano di Belgiojoso da
Antonio Feltrinelli.
i lavori di costruzione dell'edificio sono condotti dall'Impresa (Nipoti di) ingegnere Giuseppe Marzoli, con
sede a Milano.
Il progetto delle opere in cemento armato è elaborato dall'ingegnere Aldo Molteni, con studio in Milano.
Le opere di costruzione dell'edificio prendono avvio nel 1934
L'ingegnere Pietro Locatelli, con studio in Milano, è il collaudatore delle opere in cemento armato.
la licenza di occupazione è del 21 ottobre 1937, con decorrenza dal 5 marzo del medesimo anno.
Numero di piani: 10
Tipo di piani: p.seminterrato-1; p.t..; p.1; p.2; p.3; p.4; p.5; p.6; p7; p.8; p9
Configurazione strutturale primaria
Edificio con pianta ad L con struttura portante in profilati metallici su fondazioni a plinto in calcestruzzo
armato, murature di chiusura e partizione interna in laterizio forato, con copertura piana a terrazza.

Descrizione
L'edificio è localizzato in una zona centrale della città, lungo l'anello dei bastioni e in posizione privilegiata tra
piazza della Repubblica e i giardini pubblici di Porta Venezia.
Il lotto all'angolo tra via Manin e l'allora piazza Fiume ha forma di trapezio; l'edificio ne occupa una porzione
con pianta a L e corpi edilizi poco allungati al perimetro. Pur essendo portatore dei principi razionalisti, non
genera fratture con il contesto ma dialoga con gli edifici vicini assecondandone i valori, adeguandosi alla
architettura, ai volumi, alle altezze. Una delle prime realizzazioni di edilizia residenziale a struttura
metallica in Italia, mostra allo spazio pubblico due facciate ugualmente importanti, particolarmente
riuscite e quasi senza gerarchia, se non fosse per l'ingresso e la grande e slanciata teoria di vetrate
aggettanti che, salendo piano per piano sul prospetto ad est, arriva sino alla copertura. Alla verticale leggera
ed ariosa delle verande fanno da contrappunto le linee decisamente orizzontali delle finestre a nastro che si
aprono dal primo all'ultimo piano, raccordate alla serie di balconi al limite della facciata a nord, rivolta a
piazza della Repubblica, e all'unica balconata al quarto piano della facciata verso via Manin.
La struttura portante in acciaio è costituita da una rete di travi saldate elettricamente, le fondazioni e i pilastri
perimetrali sino alla quota del marciapiede sono in cemento armato, come la struttura delle scale, poste in
posizione baricentrale, una padronale a tre rampe, la seconda di servizio. Al piano interrato trovano posto
gli impianti e le cantine, mentre quattro uffici-studio sono organizzati a livello del seminterrato.
Accanto all'ingresso, si trovano la portineria con annessa abitazione e tre uffici-studio a due, tre e
sei locali. I nove piani superiori sono organizzati con due unità residenziali, con un unico
appartamento molto grande riservato alla proprietà al quarto piano. L'abitazione al livello più alto è
caratterizzata da un loggiato aperto su via Manin e su un terrazzo verso piazza della Repubblica, dove
è allestito un luminoso studio di pittura, con un collegamento diretto al giardino organizzato sulla
copertura. Le porzioni in muratura delle facciate sono rivestite con lastre di marmo botticino scuro
denominato Mazzano e granito di Baveno. All'interno, gli spazi comuni sono anch'essi rivestiti con
materiali lapidei di pregio; fra le finiture degli appartamenti è prevalente il linoleum a pavimento.
Notizie storiche
Con la revisione del tracciato ferroviario ottocentesco che attraversava la città si resero disponibili
alla costruzione ampie aree nelle zone a ridosso dei bastioni, a partire dagli anni Trenta caratterizzate
dall'architettura dei nuovi edifici. Le previsioni del nuovo piano regolatore contribuirono a dare impulso alla
riorganizzazione urbanistica sull'asse della nuova stazione centrale, avviata alla costruzione nel 1925. In
quel contesto si colloca la costruzione dell'edificio di via Manin, posto all'angolo con l'allora piazza Fiume e
affacciato ai giardini pubblici di Porta Venezia, sul luogo dove era insediata l'antica Zecca che il Comune
aveva venduto a privati con l'obbligo di costruire edifici.
Acquirente del lotto fu il dottor Antonio Feltrinelli che, già in rapporto di amicizia con i Barbiano di
Belgiojoso, commissionò a Lodovico e al figlio Alberico la progettazione del palazzo. Portato a termine nel
1936 dopo poco più di un anno di lavori, l'edificio si distinse da subito non solo per l'architettura ma anche
sotto il profilo prettamente tecnico, per il moderno e razionale sistema costruttivo a ossatura d'acciaio, primo
caso in Italia applicato all'edilizia residenziale.
Gli architetti avevano previsto per l'edificio una struttura portante in calcestruzzo armato ma, nel
momento della progettazione esecutiva, si prefigurò la possibilità di sostituire la pesante struttura con una
più flessibile e meno invasiva intelaiatura metallica, denominata Alfa. Poterono così ridurre il numero dei
pilastri ampliando le luci delle travature sino a nove metri e limitare di conseguenza i punti di appoggio dei
solai. A trarne beneficio furono gli ambienti ricavati ai singoli piani, più ampi e favoriti da una maggiore
illuminazione naturale con grandi vetrate perimetrali.
Iniziate le opere nel 1935, scavi, fondazioni ed intercapedini furono realizzate in tre mesi.
Approntato il progetto esecutivo della gabbia metallica, i materiali occorrenti, circa 330 tonnellate d'acciaio,
cominciarono ad essere assemblati per la posa in opera. L'impresa di costruzioni, la lecchese Badoni,
eresse lo scheletro dell'edificio in 70 giornate lavorative, nonostante il persistente maltempo. La
chiusura delle pareti perimetrali con muratura e il getto dei solai procedette celermente, seguendo a
distanza di un piano l'innalzamento dell'ossatura metallica.
Ad opera conclusa l'edificio apparve ai cronisti del tempo come un esempio di particolare chiarezza,
limpidità ed eleganza, in esplicita polemica con la contemporanea realizzazione di un "mostruoso palazzo
culturalista-ignorante" che pochi passi più in là stava per essere portato a compimento. Il riferimento,
neanche velato, era per il palazzo di Asnago e Vender
all'angolo opposto dell'isolato.

SIRBeC - Sistema Informativo Beni Culturali Regione


Lombardia
scheda ARL - 3m080-00075

Palazzo Feltrinelli, vista prospettica. (Quadrante n. 21)

Questa casa “linda e scintillante di vetrate” (1) degli


architetti Alberico e Lodovico Belgiojoso, sorge all’angolo
di via Manin con Piazza Fiume a Milano ed è nota per
essere una delle prime costruzioni razionaliste della città.
Casa Feltrinelli, realizzata fra il 1934 e il 1937, è, insieme
all’edificio per uffici e abitazioni e torre littoria di Torino di
Melis e Bernocco, uno dei primi edifici in Italia in cui
l’adozione dello scheletro metallico rappresenta una
precisa scelta progettuale che influenza gli esiti formali
ed espressivi dell’architettura. L’abbandono della scelta
iniziale di una struttura in cemento armato, dà luogo ad
un radicale ripensamento del progetto per sfruttare al
meglio le opportunità costruttive dell’acciaio. Si ha così
una riduzione del numero e della sezione dei pilastri, una
riduzione dell’altezza delle travi e una sensibile
diminuzione dello spessore delle pareti esterne, nonché
un miglioramento nell’isolamento acustico dei solai. Rappresenta una delle costruzioni più avanzate e
moderne di quegli anni “giacché in essa, mentre è stato impiegato quanto di più progredito e di più raffinato
la tecnica edile può oggi fornire, risulta scartato qualsiasi tentativo di compromesso.” (2)
Planimetricamente è organizzato su una pianta a V, con le due ali formanti un angolo di 99° 6’ e ha
un’altezza di circa 40 m con nove piani fuori terra e un locale interrato. Ogni piano ospita due ampi
appartamenti, serviti da due scale, due ascensori e un montacarichi. Il piano terreno accoglie i locali
di portineria, i vani per l’accesso agli ascensori e alle scale, nella parte rialzata ci sono l’appartamento
del custode e tre gruppi di locali adibiti a studio. Gli altri piani sono occupati dagli appartamenti e il quarto
piano è dedicato interamente all’abitazione del proprietario. All’ultimo piano, l’appartamento verso Piazza
Fiume è uno studio di pittura, arretrato dal filo di facciata e con un’ampia terrazza giardino.
L’edificio è moderno non solo per la concezione formale e l’organizzazione degli spazi ma anche per
l’impiego dei materiali.
La struttura portante, realizzata dalla Società Badoni di Lecco, è costituita da montanti di ferro a doppio
T saldati elettricamente, le strutture in ferro ammontano a 330 tonnellate e la costruzione si è conclusa in
appena 70 giorni.
L’organizzazione strutturale (3) si basa su 21 colonne portanti principali disposte su tre file parallele alle
facciate, delle quali solo 6 si trovano all’interno degli ambienti mentre le altre sono disposte all’interno delle
pareti esterne. “Nel senso longitudinale l’interasse delle campate è assai grande” (4) e arriva fino
a 9,30 m. Le travi secondarie sono disposte ortogonalmente rispetto alle facciate, nello spessore delle pareti
perimetrali, in modo da nascondere le travi principali ed evitare “antiestetiche sporgenze di nervature, quali
si sarebbero avute orientando invece le travi secondarie parallele alle facciate.” (5) Per garantire
l’irrigidimento della struttura sono inseriti, nelle due pareti cieche di testata, dei controventi a traliccio
formanti in senso verticale due robuste travi reticolari incastrate al suolo.
In senso longitudinale la rigidità è ottenuta grazie ai telai longitudinali di più piani, formati dall’incastro di travi
e colonne.
I solai impiegati sono del tipo “Alpha”, costituiti da travi di ferro a doppio T e spirali di tondino saldate
superiormente alla struttura portante e collegate alla soletta in cemento armato, di 5 cm di spessore, gettata
su particolari casseforme, costituite da fibra isolante Rational. Le casseforme poggiano su centinette di legno
disposte a distanza di 35 cm, appoggiate alle ali inferiori dei travetti Alpha, sulle quali è predisposto il
passaggio delle condutture elettriche grazie ad un intaglio a V praticato in sommità. Una volta avvenuta la
presa del calcestruzzo la metà delle centinette di legno viene tolta, quelle rimaste avranno quindi un
interasse di 70 cm. Al di sotto delle travi è disposta una controsoffittatura formata da lastre
isolanti e per evitare le fessurazioni dell’intonaco, sotto questo strato è previsto un tavellato laterizio. La
scelta del solaio Alpha è dovuta principalmente all’economia di peso (circa il 30%) rispetto al tipo costituito
da travetti laminati e volterrane e alla riduzione della flessibilità della struttura, grazie al fatto che anche la
soletta resiste a flessione. Inoltre questo tipo di solaio ha ottime caratteristiche di isolamento anche dal punto
di vista acustico, grazie ai particolari materiali adottati e alla separazione fra struttura portante e
controsoffitto. “I solai Alpha, vere lastre orizzontali monolitiche nervate, hanno rigidità tale da assicurare la
distribuzione dei carichi orizzontali e la loro trasmissione alle strutture verticali di controvento.” (6)
I muri perimetrali sono costituiti da due lastre di calcestruzzo armato di 5 cm di spessore, fra le quali è
disposto “uno strato di Cellulite (cemento spugnoso di densità 0,5) avente lo scopo di fornire all’insieme la
necessaria coibenza termica. La parete così composta, di 15 cm di spessore, intonaci esclusi, ha coibenza
pari ad un muro massiccio di mattoni pieni di 45 cm.” (7) Le facciate sono poi rivestite da lastre di marmo. I
muri costituenti le pareti cieche sono formati, invece, da tre pareti sovrapposte (mattoni pieni di 12 cm, strato
di cellulite da 5 cm e mattoni forati da 8 cm) dove sono alloggiate le diagonali di controvento.
È evidente come ogni dettaglio della progettazione è coerente con le caratteristiche costruttive intrinseche
alla struttura di acciaio ed è pensato per sfruttarne al meglio le possibilità, così la riduzione dello spessore di
solai e pareti va a tutto vantaggio della leggerezza, e la diminuzione delle sezioni e del numero degli
elementi portanti favorisce la fluidità e la flessibilità degli spazi.
Non solo, la struttura di acciaio è interpretata anche attraverso la coerenza e l’eleganza delle scelte
compositive, per esempio nella particolare soluzione adottata per le vetrate.
Queste, infatti, “non si estendono ininterrotte per tutto lo sviluppo delle facciate, ma sono suddivise in campi,
separati da zone cieche la cui superficie è tenuta diversi centimetri più indietro del rivestimento di marmo
delle fasce orizzontali. In tal modo queste non perdono il loro risalto e, attraverso l’aspetto della costruzione
finita, appare quasi tangibile la leggerezza delle strutture portanti.” (8)
Maddalena Pisanu
L’ architettura dell’acciaio in Italia negli anni trenta
La Società Nazionale delle Officine di Savigliano
Pianta del piano tipo.
(L’ossature métallique, n. 5 1936)

Vista dall’alto. (Quadrante n. 21 1935)

Vista assonometrica dello scheletro portante in


acciaio. (Edilizia moderna n. 18 -1935)

Solaio Alpha, particolare costruttivo. (L’ossature


métallique, n. 5 1936)
Esecuzione delle murature di
una delle facciate cieche, si
notano i controventi che
verranno poi inglobati nelle
pareti. (L’ossature métallique,
n. 5 - 1936)
Note al testo
1 Una casa a Milano, Quadrante n.21 1935
2 F. Fariello “Casa Feltrinelli” Architettura n. 5 1937
3 L’organizzazione strutturale e le caratteristiche costruttive sono descritte nel dettaglio da Fausto Masi in
due articoli in particolare:
Fausto Masi, «Una casa a scheletro metallico», Edilizia moderna, n. 18 (1935): 22–29;
Fausto Masi, «Un immeuble à ossature métallique à Milan», L’ossature métallique, n. 5
(1936): 215–22.
4 Masi, «Una casa a scheletro metallico», 23.
5 Ibid.
6 Ibid., 26.
7 Ibid.
8 Ibid., 27.
Maddalena Pisanu
L’ architettura dell’acciaio in Italia negli anni trenta
La Società Nazionale delle Officine di Savigliano
Tutor Prof. Paolo Sanjust
Dottorato di ricerca in Tecnologie per la Conservazione
dei Beni Architettonici e Ambientali - XXVIII ciclo
Coordinatore Dottorato Prof. Ulrico Sanna
Settore scientifico disciplinare ICAR/10
Esame finale a.a. 2014 - 2015
Università degli Studi di Cagliari

Nota: dai documenti consultati non risulta alcun riferimento a Gino Covre, che però doveva già avere un
ruolo importante nella Badoni.
1935-36 hangar Aeroporto Vigna di Valle, Bracciano
Via Circumlacuale, - Bracciano, Roma

Agli appalti indetti dalla Regia Aeronautica nel 1935 parteciparono le principali imprese italiane di costruzioni
metalliche ed anche la Nervi e Bartoli che si aggiudicherà i due hangar di Orvieto. All’aeroporto di Vigna di
Valle, il più antico d’Italia, sul lago di Bracciano, l’appalto è vinto dalla Badoni con una struttura in ferro
1
progettata da Gino Covre.

Costruito dall’omonima ditta nel 1930, questo vasto hangar a struttura interamente metallica di 60x66 metri,
è stato utilizzato per il ricovero e la manutenzione degli idrovolanti di grandi dimensioni. E’ fornito di portali
metallici scorrevoli e completamente apribili sul fronte principale. Sotto il pavimento all’interno dell' hangar, in
prossimità dei portali sono ancora visibili i due piatti di una pesa con la quale veniva effettuato il
bilanciamento statico e il centraggio degli aeroplani. Collegate alla struttura della copertura tre travi-ponte
sostenevano gli argani manuali a catena che venivano utilizzati per il sollevamento dei velivoli e dei motori in
riparazione. Sul lato esterno dei portali, a livello del suolo, sono presenti i due attacchi delle pompe di
adduzione dei combustibili per il rifornimento degli aerei che erano servite da una condotta sotterranea. Gli
aerei venivano trasportati all’esterno dell’hangar su appositi carrelli i quali, scorrendo su binari, li portavano
verso le gru poste lungo la riva, o verso gli scivoli per il successivo alaggio in acqua. L’hangar Badoni fu
utilizzato come aviorimessa fino al 1959, anno in cui l’84° Gruppo, che impiegava idrovolanti Cant Z-506, si
trasferì sull'aeroporto di Ciampino a seguito dell’acquisizione degli anfibi Grumman HU-16.
Hangar Badoni
Ministero della Difesa
Aeronautica Militare
Museo Storico A.M.

L’hangar Badoni è oggi all’interno del Museo Storico dell’aeronautica militare ed ospita i Grandi Velivoli
dell’Aeronautica in servizio dagli anni ’30 agli anni ’60.

1
Pezzotti, Marco Libero, La fotografia nel lavoro di Pier Luigi Nervi. Tesi di dottorato, 2012, Università degli Studi di Parma. Dipartimento di Beni
culturali
1937-41 Progetto dell’arco E42, Roma EUR
Nel 1935 Giuseppe Bottai, governatore di Roma, propose a Benito Mussolini di candidare la capitale a sede
di una Esposizione Universale. L'idea venne accolta con grande entusiasmo dal duce, che per realizzarla
1
fece istituire nel 1936 l'Ente Autonomo Esposizione Universale di Roma , coordinato dal senatore Vittorio
Cini. L’area fu individuata nei terreni che dalle Terme di Caracalla portano verso il mare, con questa nuova
Roma collegata alla vecchia dalla Via Imperiale. L’idea era di realizzare una nuova parte della capitale
d’Italia, moderna e che potesse rivaleggiare con le maggiori capitali europee. Non un insieme di costruzioni
temporanee, che caratterizzavano le esposizioni universali, ma un quartiere con edifici permanenti,
infrastrutture urbane, servizi pubblici e aree verdi, destinato a durare per “l’eternità”.
L’esecuzione del gigantesco programma ebbe inizio il 26 aprile 1937, quando il Duce, piantò un pino
romano, consacrando l'area al suo destino, per poi andare ad inaugurare anche Cinecittà.
Tra gli architetti e gli urbanisti si accese un vivace dibattito su quale dovesse essere lo stile architettonico da
adottare, arrivando alla conclusione di uno stile monumentale e moderno-razionalista, in grado di evocare
l'impero, ma anche di aprire Roma verso il futuro.
Coordinatore tecnico dell'intera opera fu nominato Marcello Piacentini, coadiuvato dai migliori architetti
dell'epoca: Pagano, Piccinato, Vietti, Libera, Minnucci, Guerrini, La Padula, Romano e Moretti. Fu così che
l’ E42, acronimo di Esposizione Universale del ’42 divenne uno straordinario laboratorio creativo, portando
ad un moderno piano urbanistico, ancora oggi considerato un progetto di sviluppo territoriale, di grande
attualità.
Tra le opere previste per l'Esposizione, una era stata pensata in chiave fortemente simbolica, trionfalistica, la
realizzazione di un arco di dimensioni davvero monumentali, "L'Arco dell'Acqua e della Luce", che sarebbe
dovuto sorgere sulla via Imperiale, all’uscita della Porta del Mare dove poi è stato realizzato il Palazzo dello
Sport per le Olimpiadi del 1960.
La costruzione delle opere, fu però interrotta dalla Seconda Guerra Mondiale, che rese impossibile
l'appuntamento con la grande Esposizione Universale del 1942.
Nel 1944 l’area fu occupato dalle forze armate tedesche, e poi, dopo la loro ritirata, dalle truppe degli
alleati, per poi essere abbandonata. Nel dopoguerra rimasero solo ruderi e spazi non edificati scollegati dalla
città, fino ai primi anni '50, quando l’EUR divenne uno dei casi esemplari della ricostruzione, che fu alla base
della ripresa economico-sociale italiana.

L'arco dell'E42
"Un grande Arco, del diametro di 200 metri e
dell'altezza di metri 100, sarà costruito in
conglomerato cementizio ed avrà il duplice scopo di
simboleggiare, con la sua espressione più
elementare, l'arte romana e di rappresentare una
applicazione emozionante dell'autarchia nazionale"
Brochure dell'Esposizione Universale di Roma 1942
Manifesto di Giorgio Quaroni

A partire dal 1937 due gruppi cominciano a lavorare


sull'idea dell'Arco monumentale, elaborando proposte
differenti per materiali e tecniche costruttive: il primo
gruppo formato dagli ingegneri Cirelli e Covre,
Ortensi e Pascoletti, che propongono un arco
metallico; il secondo, composto dall’arch.Libera e
dall'ing. Di Berardino, propone un arco in
calcestruzzo, non armato. Covre propone anche una
soluzione in alluminio.
La proposta di Libera e Di Berardino viene
inizialmente incoraggiata dall'Ente Autonomo per
l'Esposizione Universale di Roma, che stanziò i fondi
per portare avanti gli studi, che videro coinvolti anche
Pier Luigi Nervi e Arturo Danusso.
Ma successivamente l’Ente decide di realizzare l'arco
2
in alluminio , invitando i due gruppi che avevano

1
Oggi EUR SpA
2
La concomitanza di alcuni eventi politici con l'effettiva scoperta delle vere possibilità tecniche di applicazione dell'alluminio hanno, a ragione,
consacrato il decennio che va dal 1930 al 1940 come fondamentale per tutte le sue utilizzazioni future: l'annessione all'Italia dell’Istria, avvenuta
dopo la prima guerra mondiale, territorio ricco di giacimenti di bauxite (da cui si estrae l’allumina), ed i procedimenti tecnologici necessari per
elaborato le proposte in cemento e acciaio a collaborare. Il 16 giugno del 1939 venne redatto un accordo tra
i professionisti, che nominarono rappresentante del gruppo tecnico presso l'E42 Gino Covre e Adalberto
Libero del gruppo architettonico.
Il 29 dicembre 1939, un comunicato della Segreteria privata di Mussolini informa che “dopo l'approvazione
del Duce e l'annuncio fatto in Campidoglio, sono stati completati gli studi e il progetto per la costruzione
dell'Arco. La campata dell'Arco, originariamente prevista a 200 m, è stata ampliata a 330 m ”. Questo
ampliamento comportava un notevole aumento del peso della struttura, che costrinse Covre ad un
ripensamento finale della struttura in alluminio, che nei fatti porta alla trasformazione statica dell’arco in una
struttura d'acciaio rivestita di alluminio. Il progetto elaborato tra il dicembre del 1940 ed il marzo del 1941,non
sarà mai realizzato.

L’arco metallico
3
Relazione presentata dall'ingegner Adelchi Cirella, in data 28 maggio 1938 , di presentazione del progetto
per un “arco metallico spettacolare ”e“ autarchico , elaborato da un gruppo di ingegneri, composto oltre che
4
dal Adelchi Cirella, da Gino Covre Dagoberto Ortensi e Cesare Pascoletti .

“ Nel 1941 verrà inaugurata a Roma l'Esposizione Universale. Il Comitato Esecutivo ha progettato la
costruzione della più grande attrazione per i visitatori che arriveranno da tutto il mondo. Questa sarà
di grandi dimensioni, brillante e la realizzazione più importante dell'arte tecnica italiana e promette di
essere una novità assoluta, costituendo la più grande concezione realizzata nel campo delle arti
tecniche e meccaniche.
Il Duce e le massime autorità del Regime hanno approvato l'idea nata dall'ingegno di quattro
ingegneri civili Italiani, che hanno organizzato una società per la costruzione, quasi tutta in acciaio
cromato, dell'Arco dell'Impero, che appoggerà ciascuna estremità su due enormi piedistalli che
conterranno macchinari, installazioni elettrotecniche, depositi e tutto ciò che è necessario: l'arco
avrà un lunghezza 600m, altezza massima 240m esclusi i piedistalli, verranno messe in esercizio
quattro vagoni tipo cremagliera per pendii ripidi grazie ad un impianto idroelettrico che si troverà
all'interno dei basamenti. Alla sua sommità si troveranno: un ampio ristorante, bar, locali per musica
e intrattenimento, il tutto sviluppato in un'area di 140x40m senza tenere conto dei due corridoi, uno
per i vagoni ferroviari e l'altro per i pedoni, potendo raggiungere a piedi l'Arco. Ci sarà anche una
terrazza in cima con installazione di potenti telescopi con i quali sarà possibile osservare il
paesaggio romano, dalle colline al mare e ci sarà anche un servizio controllato dell'Aeronautica
Militare per il lancio di paracadute e altre novità . Ciascuna delle facciate dell'Arco sarà illuminata
con lampade multicolori che riprodurranno i colori e gli emblemi delle nazioni partecipanti alla
mostra. Con questo sistema, un modernissimo servizio pubblicitario, verrà utilizzato per i prodotti più
rinomati e, per tutti quegli altri avvisi che si vuole dare al pubblico. Questo sistema pubblicitario
funzionerà attraverso installazioni speciali installate alla base dei piedistalli. La descrizione delle parti
tecniche è omessa, ma basti pensare che le quattro ferrovie poste alle due estremità dell'Arco,
saranno servite da 30 vagoni in continuo per mezzo di un propulsore indipendente con sistema
cremagliera, per grandi pendenze. Tempo di trasporto: 10 minuti dalla base alla vetta. Potenza: 300
HP. Capacità: 3000 persone all'ora. È stato calcolato che 300.000 persone visitano quotidianamente
l'Esposizione di Parigi, tenendo conto della crisi finanziaria attualmente in atto in Francia, altrimenti i
visitatori potrebbero essere anche più di 500.000 persone al giorno. Possiamo quindi immaginare
quasi 200.000 persone che visiteranno quotidianamente l'Esposizione di Roma, il cui numero non è
esagerato, considerando che più di 1.800.000 persone vengono ogni anno a visitare la capitale da
ogni parte del mondo e da qualsiasi regione d'Italia. Pensiamo che 40.000 persone saliranno
quotidianamente sull'Arco trasportate da 4 funicolari per osservare questa colossale opera e per
ammirare tutte le bellezze panoramiche che si possono vedere da 270m di altezza e, soprattutto,
questa visione panoramica unica al mondo. Il prezzo sarà di 10 lire da una base all'altra, quindi si
guadagneranno 400.000 lire al giorno per il trasporto di persone… ”

produrlo, basati sull’impiego dell’energia elettrica considerata fonte di energia tipicamente italiana, trasformarono ben presto l'alluminio
nell'unico metallo autarchico italiano. Il Fascismo, che aveva adottato sin dall'inizio l'istituto dell'autarchia inasprendo la politica protezionista della
seconda metà del secolo XIX, fece di questo metallo la bandiera dell'autosufficienza economica italiana.
Cristiano Rosponi, Un materiale nuovo nella progettazione dell’E42: l’alluminio
Supplemento al Bimestrale della fondazione CE.S.A.R. - Anno 1, numeri 4-5 luglio-ottobre 2007

3
Questa relazione e quella successiva del Prof. Di Beradino sono tratte da: Eduardo Blanes Pérez - La desacralización del templo en la arquitectura
de Adalberto Libera. Tesi doctoral , 2017 - Universidad Politécnica de Madrid

4
Dagoberto Ortensi ingegnere, (Jesi 1902 - Roma 1975), laureato nel 1925 in Ingegneria presso il Politecnico di Torino.
Pascoletti Cesare (Povoletto UD 1898 - 1986) ingegnere laureato al Politecnico di Torino nel 1924. Dopo aver collaborato in un «ufficio di tecnica
edile» partì per Roma nel 1927, dove «un caso fortuito gli fece incontrare l’architetto Marcello Piacentini» che lo cooptò nel suo
studio …fino a conferirgli l’incarico di dirigere lo studio.
L’arco di calcestruzzo
Cavalcherà la via Imperiale, all’uscita di essa dalla porta del Mare. Sarà l’arco in cemento armato più grande
del mondo, con asse circolare a tutto sesto, con corda da m. 200 e con freccia di m. 100.
Nel progetto la sezione trasversale è tubolare quadrata; lo spessore esterno va da m. 2,70 in chiave a m.
9,90 alle imposte: quello delle pareti da cm. 30 in chiave a m. 2,10 alle imposte. L’arco è calcolato in modo
da consentire d’essere armato con poco ferro: la sua costruzione esigerà l’impiego di 6000 mc. Di
conglomerato e di 300 tonnellate di ferro.
Il grande Arco Monumentale
Arch. Adalberto Libera e Ing. Vincenzo di Berardino
ARCHITETTURA rivista del sindacato nazionale fascista architetti
1938 - XVII dicembre fascicolo speciale L'Esposizione Universale di
Roma 1942, pag. 821

Memoria del prof. Ing.Vincenzo Di Berardino, datata 11 agosto 1939.

“nell'anno 1937-XV, l'architetto Libera e l'ingegner Prof. Di Berardino iniziarono lo studio di un Arco
Monumentale per la E '42 in calcestruzzo non armato, il cui asse aveva sezione circolare e la cui
sezione trasversale era completamente quadrata.
La forma dell'arco, con un forte restringimento tra la sezione in chiave e la sezione all'imposta -
forma che si può dire sia rimasta invariato rispetto a quello che fu rappresentato dal pittore Quaroni
nelprimo manifesto della Mostra - è stata presente fin dai primi studi. --- Nell'ottobre 1937-XV,
I progettisti hanno affidato a Cipriano Efisio Oppo un primo studio dell'Arco, i cui elementi
caratteristici erano i seguenti: Arco con un forte restringimento tra la sezione nella chiave e le sezioni
alle imposte. Asse circolare con un'apertura di 156º, sezione trasversale, completamente quadrata e
le dimensioni della chiave erano 2,10x2,10 m. Oppo consegna tale studio all'Ufficio Tecnico della
Esposizione, per un primo esame. Successivamente, l'Ufficio Tecnico, attraverso un suo ingegnere,
riconosce la bontà dei calcoli e dà un punto di vista favorevole. A seguire, con l'obbiettivo di rendere
più comoda la pratica costruttiva, si è deciso di modificare la forma della sezione. Per questo, dal
gennaio 1938 - XVI, vengono presentate ai dirigenti dell'E42 due nuove soluzioni della struttura. La
prima aveva un asse circolare con un'apertura di 156º e una sezione a forma di U. La seconda,
presentava invece l'asse circolare e la sezione rettangolare anulare. Su questi progetti l'ingegner
Nervi, chiamato dai vertici dell'E'42, in qualità di tecnico di riconosciuto prestigio, ha dato parere
favorevole. --- Poi, sempre in ragione dell'eccezionalità del lavoro, e per un giusto criterio di controllo
superiore, il presidente dell'E42, invita il professor Danusso, titolare della Cattedra di Scienze delle
Costruzioni del Politecnico di Milano , per interessarsi agli ultimi studi presentati. Il professor
Danusso esprime, sin dal primo momento, il suo parere favorevole in merito ai calcoli - impressione
che è stata confermata nelle successive riunioni del Comitato Tecnico E42 - ma per ragioni
prudenziali ha consigliato di eseguire i lavori in calcestruzzo armato, in invece che in conglomerato
cementizio. Lo stesso professore sollecitava una serie di indagini sperimentali. --- Il Comitato
Tecnico fa sue queste osservazioni dal professor Danusso e, nel corso di una riunione, ha
comunicato queste notizie agli interessati, l'architetto Libera e l'ing. Di Berardino. I progettisti, quindi,
si sono dedicati allo studio dell'arco in calcestruzzo armato e hanno invitato l'azienda Nervi & Bartoli
a fare un'offerta economica. Successivamente, nel corso di una nuova riunione della Commissione
Tecnica, alla quale furono chiamati a partecipare gli stessi progettisti, nella quale sia Cini che
Piacentini specificarono le posizioni degli interessati: Architetto Libera e Ing. Di Berardino erano i
progettisti, il professor Danusso era il consulente per l'Ente E42 e l'ingegner Nervi era il costruttore.
In conseguenza di questo, i suddetti si sono riuniti per la maggior parte del tempo all'Hotel Atlántico,
che era la sistemazione abituale del professor Danusso quando era a Roma. Durante questi incontri
è stato deciso un eventuale alleggerimento dell'Arco, è stato discusso il modo più conveniente da
dare alla sezione trasversale, e sono state definite le indagini sperimentali. --- Nei primi giorni di
aprile 1938 Cini, insieme al suo gabinetto, comunica all'architetto Libera e all'ingegner Di Berardino,
la sua decisione di realizzare l'Arco Monumentale in lega di alluminio. Allo stesso modo, consiglia
loro due cose; Da un lato, si consideri un precedente studio dell'ingegner Covre, in cui è mostrato un
Arco in alluminio, con un asse semicircolare circolare e una lunghezza di 200 m, come nell'Arco di
Calcestruzzo di Libera-Di Berardino . Tuttavia, a differenza di questo, l'Arco in alluminio era di
sezione costante, e aveva una forma allungata (2,50x10m) con lati minori arrotondati e, d'latro lato,
collaborare, nelle stesse condizioni, con gli ingegneri Covre e Cirella, presenti all'incontro, per
raggiungere l'obiettivo dell'Arco. In occasione di questo doppio invito, i Signori Cirella, Covre, Di
Berardino e Libera si sono incontrati più volte nello studio di Libera. Durante questi incontri, per
motivi costruttivi e artistici, si è deciso di realizzare l'Arco senza una sezione costante, ma con una
sezione variabile e di modificare la forma rispetto al progetto originario. Allo stesso modo, è stato
deciso il grado di restringimento, tra la sezione in chiave e quella all'imposta . Raggiunto l'accordo, i
Signori Cirella, Covre, Di Berardino e Libera si sono incontrati nuovamente con Cini per comunicargli
che la quantità di metallo sarebbe di circa 300 tonnellate. A seguito di queste conversazioni, Cini ha
dato il proprio consenso alla realizzazione di un primo progetto dell'Arco in Alluminio ...
Successivamente, una volta rilevata la necessità di eseguire un'opera più grande, si è deciso di
realizzare l'Arco lungo 320m e alto circa 170m, mentre la forma dell'asse, circolare con arco
semicircolare, leggermente rialzato, con il grado di restringimento tra chiave e imposta e la forma
della sezione, rimane invariata.
Conclusione:
Ovviamente il progetto dell'Arco E42 non è un problema ingegneristico comune. Per la bellezza
dell'idea e per la dimensione eccezionale dell'opera, questo progetto incide sull'intera esistenza di
chi deve occuparsene.
Consci di tutto questo, le abbiamo dato entusiasmo, fin dall'inizio, oltre che tempo, capacità e
volontà

L’arco di alluminio
Nelle relazioni che accompagnavano lo sviluppo del progetto e la scelta della nuova soluzione tecnologica,
si metteva sempre in evidenza come, nel mondo, non era mai stata realizzata alcuna costruzione in
alluminio di tale mole e come lo stesso Arco sarebbe stato dimostrazione di assoluta autarchia, essendo
l'alluminio metallo italiano nella sua totalità di
produzione. Inoltre la realizzazione in lega di
alluminio, invece che in cemento armato, avrebbe
creato non solo una struttura eccezionale,
assolutamente nuova, ma anche recuperabile
all'atto della demolizione.
Quando si decise per l'utilizzazione dell'alluminio
in luogo del cemento, Covre aveva già
prospettato due soluzioni: nella prima l'Arco era
un semicerchio completo, di 100 metri di raggio.
Inizialmente venne indicata, come lega
d'alluminio, il Lautal, Alluminio-Rame-Silicio, dotata
di caratteristiche meccaniche simili a quelle
dell'acciaio dolce; il quantitativo di materiale
occorrente fu
valutato in circa 300 tonnellate. L'Arco era vuoto
internamente e la svuotatura permetteva la
percorribilità mediante un adatto sistema di
sollevamento che era in grado di portare, nel giro di
qualche minuto, dalle 20 alle 30 persone nella parte
più alta della costruzione. Inoltre il progetto iniziale
di Covre prevedeva una sezione costante
rettangolare, soluzione quasi immediatamente
scartata per adottare le sezioni variabili di Libera.
La seconda soluzione proponeva un aumento
della corda a 320 metri, dimensionamento che
portava ad un peso di lega di circa 600 tonnellate;
Covre, comunque, rivide e ripresentò il suo progetto
nel novembre del 1940. La luce dell'Arco, già
messa in discussione dalla maggior parte dei
dirigenti tecnici ed artistici dell'E42, venne ora
portata a 330 metri, per adeguarla alla composizione urbanistica, in quanto avrebbe dovuto abbracciare, nel
suo colossale sviluppo, la Via Imperiale nella biforcazione in corrispondenza della grande cascata
d'acqua e concludere degnamente il complesso monumentale della zona del Lago, fondale dell'E42.
Inoltre nell'opera, così proporzionata, si riusciva ad affrontare molto più facilmente il problema della
percorribilità, dell'accessibilità alla zona di chiave e della sicurezza nel caso di un eventuale sfollamento.
In questa fase del progetto è ancora giustificato l'impiego di mezzi finanziari d'eccezione per un'opera che
doveva essere il simbolo dell'E42, un effettivo elemento tecnico-costruttivo d'interesse mondiale; il
fabbisogno di lega d'alluminio era salito a ben 950 tonnellate, con una spesa di oltre 30 milioni di lire,
contro i 15 milioni dell'Arco con la corda di 200 metri.
La scelta definitiva sul tipo di lega, ricade sull'Avional D , con caratteristiche meccaniche ottime, molto simili
a quelle del Lautal; l'unico difetto di questa lega era costituito dalla sua pessima resistenza alla corrosione
atmosferica, cosa per altro non rilevante nel caso di una costruzione a carattere provvisorio come doveva
essere quella dell'Arco. Covre effettuò, tra il 1939 e il 1940, vari sopralluoghi allo stabilimento della S.A.
Lavorazione Leghe Leggere di Marghera e all'Istituto Sperimentale dei Metalli Leggeri per verificare,
accertare e definire le questioni pendenti sulla possibilità di impiego, di profilatura, di chiodatura, di
lavorazione e di comportamenti diversi delle leghe di alluminio.
Inoltre Covre, sapendo che in Italia, nel 1939, esistevano due soli stabilimenti in grado di produrre profilati e
laminati in Avional trattati termicamente, voleva essere certo, prima dell'inizio della costruzione, che si
potesse contare su un impegno, da parte di questi impianti, a fornire, a partire dal gennaio 1940, 20
tonnellate mensili ciascuno di profilati grossi e 20 tonnellate mensili ciascuno di laminati grossi.
Le Officine Badoni di Lecco, scelte per l'esecuzione materiale dell'Arco, lavoro della durata complessiva
stimata in due anni circa, studiavano nel frattempo il montaggio; la più fattibile fra molte soluzioni sembrava
quella consistente nella composizione a terra dell'intero arco e nel suo successivo sollevamento ed
ancoraggio sul posto.
L'assemblaggio dei vari elementi doveva esser fatto mediante chiodature a freddo, visto che l'Avional D, già
sottoposto a trattamento termico, non poteva essere saldato di forza per non perdere, nella zona di
giunzione, le sue caratteristiche meccaniche.
Gino Covre parlava, nella sua relazione tecnica del 1940, dei criteri molto prudenziali che il suo gruppo di
lavoro aveva seguito nei calcoli di stabilità: annotava che su quello che sarebbe stato il comportamento
dell'opera si appoggiava non la reputazione di uomini ma il buon nome della Nazione, aggiungendo che la
costruzione risultava già ardita per mole, realizzata con un materiale senza alcuna pratica esperienza
di un pur modesto passato, impiegato per la prima volta in un organismo costruttivo tanto diverso da
quelli nei quali aveva trovato finora impiego corrente.
Proprio da questi criteri prudenziali scaturì la decisione di armare l'Arco con l'acciaio, per contrastare una
delle caratteristiche dell'Avional D, e più in generale delle leghe leggere: la grande deformabilità
(modulo elastico di appena 750.000 Kg/cmq contro i 2.100.000 dell'acciaio). A causa di questa caratteristica
lo studio delle deformazioni elastiche del Grande Arco E.42 - ed in particolare il calcolo dello spostamento in
chiave per effetto del vento - costituiva uno dei punti nevralgici della materia: per i controlli furono condotti,
nel corso del 1940, anche esperimenti con la supervisione del Ministero dell'Aeronautica.
L'intervento della guerra ed il rinvio dell'Esposizione crearono nuovamente l'occasione per rivedere
nuovamente studi, calcoli ed esperimenti; si parlò di un nuovo irrigidimento dell'Arco, aumentando il numero
e le dimensioni delle strutture metalliche, ipotecando seriamente la possibilità di una praticabilità interna
finale. Il peso maggiore della costruzione, poi, faceva lievitare il costo previsto per le fondazioni, costo
raddoppiato anche per le quantità maggiori di profilati in acciaio occorrenti e per le spese di carpenteria e
montaggio.
Così, nel gennaio del 1941, vengono proposte a Benito Mussolini, forse il più grande sostenitore del
progetto, tre soluzioni: o rinunciare alla costruzione dell'Arco, o limitarne le dimensioni oppure modificarne la
struttura.
Il Duce si dichiarò favorevole alla terza soluzione pur di non perdere quello veniva ormai considerato nel
mondo l'emblema dell'Esposizione Universale di Roma; l'Arco, che non sarà mai eretto, dopo tanti
cambiamenti e ripensamenti venne proposto dunque con le strutture portanti prevalentemente in acciaio e
pareti esterne in lega di alluminio, perdendo così il suo carattere autarchico.
L'alluminio diventa, nell'ultima ipotesi, solo un banale rivestimento, un elemento decorativo e non più
strutturale.
Purtroppo l’architettura tradizionale monumentale attraverso la quale si è soliti leggere il progetto generale
dell’E42 non rivela affatto i possibili sbocchi sperimentali ed autarchici che si sarebbero potuti aprire nel
panorama dell’architettura nazionale; si è visto come la conoscenza ancora scarsa del nuovo materiale,
l’eccessiva burocratizzazione della ricerca, unitamente allo scoppio del secondo conflitto mondiale anche in
questo caso si tradussero in un’occasione perduta.
L’arco Imperiale
di Raffaella Tarozzi e Giuseppe Pezzotti
L’ALLUMINIO NELL’E42 - L’ARCO IMPERIALE
Supplemento al Bimestrale della fondazione
CE.S.A.R. - Anno 1, numeri 4-5 luglio-ottobre 2007
L’arco negli scritti di Gino Covre
C
Un particolare tipo di guscio, costitu
uito però non in acciaio ma in lega di alluminio ad
d alta resistenza, è quello
da me ideato e proposto per quello lo che doveva essere l’Arco E-42 (fig.6.14) del quale
qu è stato costruito nel
’40 un tronco sperimentale, sottopo osto a Roma, presso l’Istituto di Scienza delle CoCostruzioni, a interessanti
prove con l’ausilio di una complessa apparecchiatura, appositamente costruita e purtroppo
successivamente demolita e disper ersa.
In tale struttura poiché allora non no era possibile, per le conoscenze tecno nologiche del momento,
ricorrere alla saldatura delle le leghe di alluminio, che oggi invece si pu può operare con nuovi
procedimenti, i collegamenti sono o stati operati tutti per chiodatura, pure in lega le di alluminio e con
particolare procedimento di rinven nimento e di tempera (fig. 6.15).

fig. 6.14, Arco E42

Gino Covre
Grandi Strut
utture
Problemi del
elle costruzioni in acciaio
Ed. Cremone
nese, 1967

Vista intern
na dell’arco dell’ultimo progetto in allumini
nio
L’impatto del progetto dell’arco a livello mondiale fu tale che, quando alcuni anni dopo, Eero Saarinen vinse
il concorso per la realizzazione del Jefferson Memorial, a St. Louis nello stato del Missouri, negli Stati
Uniti,Adalberto Libera espresse i suoi sospetti sulla paternità e tramite un avvocato italiano residente a New
York. I tempi erano pronti per una causa internazionale e l’arco di Saarinen fu costruito tra il 1963 ed il 1965
ed aperto al pubblico nel 1967, quando Libera era già morto da quattro anni.

.
1938 Officina meccanica nell’aeroporto del Littorio, Roma
Dalla brochure pubblicitaria della Badoni: Industrie leggere e magazzini
Presentiamo qui esempi di costruzioni per industrie leggere, intendendo con questa definizione quei
fabbricati industriali ove siano richiesti principalmente sforzi dovuti a carichi statici e siano limitati gli
sforzi dinamici generati da gru o altre cause. Nello studio di questi fabbricati si sono ampiamente
affermate le strutture progettate dall’Ing. Gino Covre. Dal punto di vista della composizione costruttiva
queste strutture sono basate sul concetto fondamentale che considera come schema di struttura
quello derivante da una trave a telaio con punti predeterminati di momenti nulli sui montanti e sulle
briglie e con nodo montante-briglia ridotto allo schema delle tensioni principali. Applicando le strutture
“Covre” abbiamo ottenuto risultati molto brillanti, riuscendo a conciliare la leggerezza delle strutture
con la necessaria robustezza. Moltissime costruzioni di questo tipo sono state eseguite dalla nostra
Società in Italia ed all' estero ed in questo fascicolo ne sono presentati alcuni esempi tra i più
significativi. Tutte queste strutture sono costruite saldate in officina e montate a bulloni. Alcune di
queste sono costruite in acciaio ad alta resistenza, altre in acciaio comune. Tutti i calcoli delle
strutture sono condotti in modo rigoroso tenendo conto delle più moderne esperienze ed in base alle
“Istruzioni del Consiglio Nazionale delle Ricerche”.

OFFICINA MECCANICA PER AEROPORTO ROMA


La volta è vincolata ad incastro sui telai laterali in cemento armato. La luce della volta è di mt. 26,80 su
una lunghezza di mt, 62,40. La struttura è stata calcolata in modo da limitare al massimo le
deformazioni elastiche dell’ossatura Portante. Il peso della struttura principale è risultato di Kg.18 al mq.
1938-39 Palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi all’EUR - Roma
Piazza John Kennedy, 1

Progetto architettonico: Adalberto Libera


Progetto strutture in cemento armato: Carlo Cestelli Guidi
Progetto della volta metallica di copertura: Gino Covre per la Baroni di Lecco

Nel 1936 alla città di Roma fu assegnata l'organizzazione dell'Esposizione universale del 1942 ed il governo
italiano intese cogliere l'occasione, per celebrare il ventennale fascista, nonché per sviluppare
l'urbanizzazione della città lungo l'asse viario che portava al mare. In dicembre fu varata la legge istitutiva
dell'ente per l'Esposizione Universale di Roma e appena un mese più tardi, furono banditi i primi concorsi e
diramati gli inviti per l'ideazione degli edifici dell'istituendo quartiere della mostra, che prese il nome di EUR
42 dall'acronimo dell'Esposizione e dall'anno in cui avrebbe dovuto tenersi.
Il concorso per il palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi fu bandito il 20 giugno 1937. Nel novembre dello
stesso anno però non viene attribuito il primo premio: si decide di rinviare la decisione ad una seconda fase
a cui partecipano i sette progetti ritenuti migliori.
Tra i progetti presentati, oltre a quello di Adalberto Libera,risultato vincitore, quello dei comaschi Giuseppe
1
Terragni, Cesare Cattaneo e Pietro Lingeri, al secondo posto, non senza polemiche . L’approvazione
definitiva avvenne l’11 febbraio 1938 a opera dello stesso Mussolini e l’inizio lavori fu deliberato nell’aprile
successivo.
Rispetto al progetto approvato, nell’esecuzione vi saranno numerose modifiche.
Le caratteristiche principali dell’edificio sono la simmetria e la riconducibilità ad un modulo di 5x5 metri. È
costituito sostanzialmente da due corpi:
• Il basamento, un parallelepipedo di 75x135 m in pianta e 15m in altezza;
• Il salone della Cultura o Sala dei Ricevimenti, un cubo di 45 m per lato che emerge per 27 m dal
basamento e che presenta una copertura a volta a crociera ribassata le cui nervature sono costituite
da 2 travi metalliche ad arco, incrociate a 90° e disposte lungo le diagonali del quadrato di base del
corpo di fabbrica
Le strutture, con la sola esclusione della volta sulla sala, sono interamente in cemento armato,
sapientemente mascherate dal rivestimento murale in travertino, che conferisce all’opera la monumentalità
richiesta dalle direttive fasciste.
L’impresa esecutrice fu la Bassanini di Milano con la struttura portante della copertura, realizzata dalla
Badoni di Lecco su progetto di Gino Covre, formata da due grandi archi diagonali, sui quali sono impostate
le travi secondarie ed un’ulteriore orditura di supporto dei rivestimenti di copertura.

1
Vedi L’Architettura, dic. 1938 fascicolo speciale su L’esposizione Universale di Roma 1942.
La costruzione del Palazzo dei Con ongressi, almeno nei suoi elementi fondamentalili, nel 1943 era ultimata;
tuttavia lo spostamento del fronte e di guerra, che aveva lasciato Roma fuori dag gli eventi bellici fino all’
Armistizio, fermò di fatto qualsiasi lavoro.
la

Foto de
el plastico, da Architettura dic. 1938 pag 785

La volta descritta da Adalberto Lib ibera


“La crociera della Sala Ricevimentii h ha una base quadrata di 45.92 m per lato (finito e esterno-esterno).
La struttura è metallica ed è costittituita: innanzitutto da due arconi diagonali le cui ui spinte orizzontali sono
contrastate da quattro catene perimemetrali mentre le spinte verticali cadono sulla strutt
ttura in cemento armato.
Allo stesso modo, le catene (travi perimetrali)
p si appoggiano sulle strutture in ceme ento armato. In secondo
luogo, è costituito da una struttura secondaria
s che forma i quattro spicchi della cup pola di bordo che poggia
sulle diagonali. In terzo luogo, da un
na struttura secondaria che costituisce il perimetro
tro superiore che sostiene
il rivestimento esterno e da un altro
o dispositivo
d in grado di sostenere il rivestimento in
inferiore.
La struttura dell'arco diagonale avrà
vrà una sezione di 20 cm all'appoggio e 190 cm m nella zona centrale. La
struttura dell'arco frontale avrà una
a sezione di 20 cm all'appoggio mentre avrà 150 0 cm nella zona centrale.
Va notato che la zona centrale del ell'arco anteriore si trova a 40 cm più in basso rispetto
r all'area centrale
dell'arco diagonale. La linea di union
one tra i due punti è un arco di circonferenza ”.
Adalberto Libera, Descrizione della crociera,, 24 maggio 1939.
Estratto Archivio Centrale dello Stato, EUR SAPGf.
S “M/4 Palazzo dei
ricevimenti e congressi”.

Foto della
d volta in costruzione, Archivio EUR SpA
La volta, negli scritti di Gino
o Covre

Un caso particolare di grande interesse e che sta ormai affermandosi in realizzazioni metalliche
spesso notevoli ed anche grandio iose è quello discendente dai sistemi continui ssolidali.
Tali sistemi, come ad esempio o le strutture a guscio, sono logici e norma ali nel c.a. in quanto
rappresentano anche, fra !’altro,, una conseguenza di natura tecnologica che he lungi dal complicarla
facilita la realizzazione. Ma co on l'impiego del metallo, materiale che dis ispone di caratteristiche
meccaniche unitarie di resistenza za elevatissime in confronto a quelle conseg eguibili col calcestruzzo
armato, la concezione di element nti resistenti solidali continui diverrebbe molto o problematica, a meno
di non ricorrere a forme nuove atte a tener conto di questa particolare cara ratteristica resistente del
ferro, materiale molto generoso per
pe la sua elevata resistenza, nella quale è però pe insita anche la sua
grande debolezza che é la insta tabilità elastica, tanto pericolosa e deprecata,, che insorge ogni qual
volta intervengano, come é noto,, eccessive snellezze nei rapporti dimensionalili da introdurre.
Sorge cosi istintivamente l’idea did applicare al metallo il concetto statico strutturale
st del guscio, o
meglio in generale della struttura
ura solidale continua, realizzando pero tale continuità c non in modo
uniforme, come si opera per le strutture in c.a., ma in modo discontinuo o mediante membrature
elementari continue.
Un parziale tentativo in tale senso é stato s da me tentato un
quarto di secolo fa circa nella realiz lizzazione della grande
cupola di copertura del Palazzo dei R Ricevimenti e Congressi
all’EUR in Roma, la cui concezione ar architettonica è, come è
noto, dovuta al compianto Arch. Libera.
Tale copertura era stata concepita come e guscio in c.a. che però,
ad edificio eretto ed al momento di coprirlo,co ha manifestato
necessità tali che la realizzazione in c.a.. si sarebbe resa molto
problematica se non addirittura impossibile ile. Da qui la traduzione in
acciaio con la realizzazione di una strutturura a guscio discontinuo
che parte dallo schema di una volta incrociata con profilo di
direttrici particolarmente imposte dall’archite
itetto.
Ora é chiaro che la sostituzione del ma ateriale in tale caso ha
provocato un qualche squilibrio archite itettonico e i rivestimenti
apportati successivamente all’ossatura met etallica hanno contribuito
in modo decisivo a cambiare i connota tati originali (figg. 6.1 -
6.2). Ad una osservazione più attent nta non può sfuggire
l’accennato squilibrio di rapporti fra luce e monta e spessori che
denunciano quel qualche cosa di nasscosto che rappresenta
l’essenza della struttura.
Gino Covre
Grandi Strututture
Problemi delelle costruzioni in acciaio
Ed. Cremone nese, 1967

Foto della
d volta in costruzione, Archivio EUR SpA
Manodori ri Sagredo Alberto e Mundula Isabella (a cura di)
Istantanee di vita. Volti, gessti, persone e architetture dell'EUR (Firenze, Alina
ari 24 Ore 2008)
Il cantiere del Palazzo
zo dei ricevimenti e dei congressi, Montaggio delle le diagonali

Le prove su modello
Nella costruzione della ossatura a metallica realizzata a copertura del grand de salone del Palazzo
Ricevimenti e Congressi della E.U.R. E in Roma, la verifica del comportament nto statico degli arconi
diagonali principali (fig.1, costr. Baadoni) è stata effettuata mediante un modello llo ad 1/5 costruito collo
stesso materiale dell'originale. Su tale modello è stato agevole condurre una u serie completa di
esperienze per la determinazione ne del comportamento statico del complesso,, risultato perfettamente
rispondente alle previsioni analiti litiche. La struttura, altamente iperstatica come e tutte le composizioni
Covre, ben difficilmente sarebbe risultata
ri esplorabile così
a fondo ed in termini di tempo ta tanto brevi, se si fosse
battuta una strada diversa, senza a contare che la spesa
dell'indagine si è così dimostrata oltremodo
o modesta.
Per ricerche sperimentali sulle
su strutture metalliche
(L’Istituto “Covre” di Capo Linaro
L )
Acciaio e costruzioni metallic
liche n.4, 1955,Pagg.2-8
1939-41 Capannoni industriali della Innocenti a Lambrate, Milano
1957-63 La Planta siderúrgica dell’Orinoco, Ciudad Guayana,Venezuela

Con l’Italia già nel secondo conflitto mondiale, la Badoni realizzerà il primo dei grandi capannoni industriali
della Innocenti a Lambrate. Un grande edificio progettato da Covre,a tre campate di 25 metri per una
lunghezza di 310 metri. Oggi è un edificio abbandonato, chiamato in zona, il Cristal Palace, per le sue
straordinarie dimensioni e la luce che vi penetra.

Foto recenti di Daniela Lonardi


Nella pagina seguente: Foto della costruzione da Archivio Badoni, Lecco
L’edificio è composto da tre navate larghe 25m, con portali principali ad interasse di 10 metri, intervallati da
portali secondari che non hanno pilastri a terra e si appoggiano sulle travi longitudinali. I pilastri risultano
quindi ogni 10m, mentre i portali di copertura ogni 5m. Le fondamenta sono plinti in cemento armato,
realizzati su pali. Tutti i pilastri, in acciaio, sono composti da profili UPN, saldati a piastre in acciaio. E di
diversa sezione a seconda dei carichi da portare. I più leggeri sono i pilastri singoli laterali, la cui funzione
prevalente è il sostegno delle tamponature esterne, vi sono poi i pilastri doppi, sempre ai lati dell’edificio,
ogni 10 metri in corrispondenza dei portali principali, che hanno nelle campate centrali pilastri tripli, composti
da due pilastri esterni, che portano le travi del carroponte e che arrivano fino a quota 7,5 m, mentre il pilastri
centrale continua verso l'alto, collegandosi con l'arco reticolare poligonale a cinque lati,giuntati da bulloni,
che termina, in alto, con la lanterna ad un’altezza di circa 19,50 m. Le travi per il carroponte hanno una
sezione a doppio "T" sezione, di base 100 cm ed altezza 50 cm, formata con quattro UPN collegati a piastre
tramite chiodatura.

(A) Portali principali (B) Portali secondari Grafico tratto da: Damage evaluation of ex Innocenti-
Maserati industrial plant structures.Franchi Alberto, Migliacci Antonio*, Bertolini Luca , Crespi Pietro,
Zichi A. Politecnico di Milano- Ingenioweb 15.10.2014
1957-63 La Planta siderúrgica dell’Orinoco a Ciudad Guayana, Venezuela
Nel 1950 Innocenti si dimette dalla Dalmine per dedicarsi ai suoi impianti di Lambrate, danneggiati dalla
guerra e bisognosi di riconversione … riprende l’esperienza dello stabilimento di Apuania per la grande
meccanica, ovvero la produzione di macchinari per la laminazione di tubi; dall’altro introduce la produzione
motoristica, in due sezioni: motoveicoli e, in un secondo tempo, per volontà del figlio Luigi, automobili. … già
dal 1948, inoltre, Innocenti aveva fondato la società Calmes spa, con l’obiettivo di studiare e progettare
impianti completi per la fabbricazione e la laminazione di tubi, destinati, per lo più, a clientela estera (Urss e
Paesi satelliti, Austria, USA, Giappone, Germania). Il segno più evidente del successo internazionale
conseguito in questo periodo è, nel 1955, la vittoria ottenuta nella gara internazionale di appalto bandita dal
Governo venezuelano per la Planta siderúrgica dell’Orinoco, il maggiore impianto siderurgico a ciclo
integrale dell’America Latina e la più importante operazione economica di esportazione della storia italiana di
quegli anni, sia in termini di macchinario sia di manodopera (10.000 operai specializzati italiani).
Ministero per i Beni e le attività culturali e p il turismo
Archivi d’impresa
Innocenti Ferdinando

La costruzione inizia nel 1957 e termina nel 1963.

Foto in cui si vedono i capannoni Badoni, simili a quelli di Lambrate, tratta da:
Innocenti, Italiani nel Venezuela, 1963-1965
Regia di Armando Tamburelli, 1963-1965 (Archivio nazionale del cinema d'impresa, Fondo Innocenti)
Edificio forni elettrici per l'impianto siderurgico del Venezuela
Costruzioni metalliche n. 3 1960 (Estratto)

La stampa, anche di carattere non tecnico, ha dato notizia, in diverse occasioni, dell'impianto
siderurgico dell’Orinoco che viene fornito dalla Soc. Innocenti al Governo del Venezuela.

L'impianto sorge in una zona pianeggiante situata presso il fiume Orinoco, a circa 200 km dalla
sua foce. Diversi reparti dell'impianto sono già terminati e pronti a funzionare, altri sono in corso di
montaggio. Lo scorso anno è stato terminato l’edificio Forni Elettrici di cui è stato fatto cenno in
questa rivista nel N. 3 del 1959.
I forni elettrici del tipo Thisland Hole assorbono la potenza di circa 33.000 KVA cad, e produrranno
180-200 tonn/giorno di ghisa; attualmente sono installati 9 forni e l'impianto può essere ampliato e
sarà il complesso più importante ora esistente al mondo. Il minerale di ferro proviene dalle vicine
miniere di Cerro Bolivar e di El Pao.
I forni sono sistemati entro un edificio in ferro del quale diamo la descrizione e le caratteristiche
più importanti. La figura (1) rappresenta l’insieme dell’edificio ed una sezione prospettica; nella
sezione trasversale (fig. 2) si vede il forno, i sili delle materie prime nella navata adiacente, mentre
l’altra è adibita al servizio della ghisa liquida. Nel disegno si vede anche la posizione di uno dei tre
argani per la manovra degli elettrodi continui, le tramogge di carica dei forni ecc.

Tipo di costruzione
Tutte le strutture, travi e pilastri sono del tipo ad anima piena. Quando i profilati normali non
avevano sezione sufficiente le strutture sono state composte di preferenza tagliando un profilato e
saldando una lamiera tra le due parti di esso. Le strutture così ottenute sono semplici, robuste, di
facile montaggio e atte a non subire deformazioni durante i trasporti ….
Le coperture e chiusure laterali sono in lamiera ondulata di alluminio.

Calcoli statici e sollecitazioni ammesse


Lo schema statico dei telai che formano le sezioni trasversali è rappresentato nella fig. 4. Per
determinare le sollecitazioni e i cedimenti
ce elastici laterali dovuti al vento è stato
to usato il metodo di
Kani (Die Berechnung mehrstòckig kiger Rahmen, 3. Aufl. 1954).

Montaggio
Le operazioni di trasporto si son no svolte senza particolari difficoltà malgrado le strutture di notevoli
dimensioni. Per la buona riuscita a di una costruzione non sono sufficienti la bontà
b del progetto, dei
calcoli e della costruzione, ma è anche necessario che durante il montaggio non n vengano modificate
le condizioni poste a base del
progetto. Per rendere possibile ile e
facilitare l’opera dei tecnici prepos
osti a
tali operazioni sono state prepa parate
apposite istruzioni.
Le operazioni di montaggio si ssono
svolte rapidamente e con regol olarità
grazie all’organizzazione ed all'usoso di
adeguati mezzi di trasporto del
materiale dal parco di deposito a piè
d’opera ed ai potenti mezzi mecca canici
impiegati.
Le strutture metalliche pesano circa c
11.000 tonn, che corrispondono o a
circa 540 kg/mq di superficie cop operta
e circa 17 kg/mc. Le eccezio
zionali
dimensioni dell’edificio (280 m di
lunghezza, oltre 70 m di larghezz zza e
circa 40 m di altezza) lo rend ndono
visibile da grandi distanze.
1947-50 Padiglioni nella Fiera Milano
Nella pubblicazione dell’Ente per la Fiera del 1950 si fa riferimento a ben cinque padiglioni di tipo Badoni
nell’area di viale Agricoltura, in prossimità di porta Carlo Magno. Tre di loro erano già stati realizzati fra il ’47
ed il ‘48, e nel ’50 ne sono stati aggiunti due per coprire totalmente la superficie di quell’area.
Per i due padiglioni è impiegato un tipo costruttivo analogo ai precedenti (Badoni-Covre), costituito da un
portale a due cerniere con tirante per l’eliminazione della spinta in corrispondenza dell’attacco tra piedritti e
1
centina. In 58 giorni vengono eseguiti progetto, costruzione e montaggio dei padiglioni .
La Fiera del 1950 si caratterizza per l’ingresso della casa dell’Ospite, realizzato per segnalare il nucleo di
servizi per gli utenti su progetto dell’ing. Guido Amorosi. Anche in questo caso il progetto della struttura, la
2
costruzione ed il montaggio sono della Società Badoni di Lecco.

Folla di visitatori nel viale delle macchine agricole alla Fiera 1950, a sinistra due dei capannoni Badoni-Covre
e sullo sfondo la torre a graticcio sulla casa del’ospite – Fonte Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

Grazie a
Andrea Lovati
Archivio Storico
Fondazione Fiera Milano

1
Virgilio Affer, I nuovi padiglioni metallici alla Fiera di Milano del 1949, «Costruzioni metalliche»,1950, p. 15-18
2
Nuove costruzioni alla Fiera di Milano, «Costruzioni metalliche», n. 2, 1950, p. 18-19
Nel recinto della Fiera di Milano la Soc. Badoni ha eseguito molte applicazioni fra le quali vengono
illustrate le più importanti che sono:
Padiglione Mulini e Pastifici
Padiglione Macchine Agricole
Padiglione Agricoltura e Vini
Casa dell’Ospite.
Padiglione della Meccanica Pesante, realizzato successivamente (vedi scheda)

Tutte le strutture sono state realizzate dalla Soc. Badoni con strutture sistema Covre, “esse sono
l'applicazione pratica dei brillanti risultati ottenuti da un profondo studio dell'Ing. Gino Covre sulla
teoria delle strutture ad elementi solidali.. Le strutture tipo Covre. sono tutte saldate elettricamente
collegate a bulloni al montaggio. ..Tutti i calcoli delle strutture sono condotti in modo rigoroso
tenendo conto delle più moderne esperienze e secondo le Istruzioni del Consiglio Nazionale delle
Ricerche”.

Padiglione Mulini e Pastifici


Tre navate disposte secondo i lati di un triangolo rettangolo. Nella
figura si nota come sono stati risolti gli incroci; essi sono formati da quattro centine disposte sul lati di
un quadrilatero e da due diagonali. Le centine diagonali sono sprovviste di tiranti.
La luce delle navate è di mt. 20,70.
Le centine normali sono collegate alle travi longitudinali appoggiate sui pilastri, e sono distanziate In
campi variabili da mt. 19,07 a 26,97.
La copertura è in fibrocemento centinato e ondulato.
La superficie coperta è di mq. 4100 con un peso di acciaio impiegato di kg, 139.600.
Padiglione delle Macchine
e Agricole
A
Padiglione rettangolare. con luce di
d mt. 32,00 e lunghezza di mt. 54.
Altezza all'imposta della coperturaa mt. 5,50.
Area coperta circa mq. 1750. Peso o dell'acciaio impiegato Kg. 55.000
Dalla figura si nota che l'estradossso delle centine é rettilineo con una falda a du
ue pendenze,
mentre l'intradosso è curvilineo, rea
ealizzando in tale modo un ottimo effetto estetic
ico.
Padiglione Agricoltura e Vini
Vin
In figura è rappresentato uno del 3 padiglioni uguali, costruiti in soli 60 giorni dal
all'ordine.
Pianta rettangolare di mt. 20x72 con
co pensilina perimetrale di mt. 3.
La struttura è formata da arconi a due cerniere impostati su plinti di cemento arrmato con catena posta
in nicchia al disotto del pavimento..
Area di un padiglione mq. 1600. PesoP acciaio Kg. 36.000
Casa dell'ospite
La Fiera, creando la « Casa dell'Ospite» si era
preoccupata di richiamare l’attenzione dei
visitatori su questo importante accentramento di
servizi.
Il nuovo reparto è stato installato in un vasto
salone sotterraneo ricavato sotto il piano
pavimento dei Padiglioni 7 e 8 nella zona
dell'Agricoltura.
L’ingresso per necessità tecnica, partendo dal
Viale dell'Agricoltura, s'inoltra appunto nel
corridoio esistente fra i padiglioni 6 e 7
abbassandosi prima con due rampe che,
riunendosi, allo oro volta scendono con ampi
scaloni nel nuovo grandioso locale illuminato a
giorno. L'obbligata ubicazione, fra gli imponenti
padiglioni metallici esistenti, richiedeva quindi
una particolare struttura, di forma nuova ed
audace che attirasse l’attenzione della folla.
Ne discese così il concetto di un ingresso a
struttura metallica che, sopravanzando il fronte
delle costruzioni esistenti ed imponendosi
all'attenzione dei frequentatori del vasto recinto,
si innalzasse con una torre di particolare
concezione pure in acciaio.
D'altra parte occorreva uscire dalle normali
costruzioni a traliccio e venne adottata la
struttura sistema Covre, già del resto
largamente impiegata in numerosi altri padiglioni
pure sorgenti nell'attuale Fiera.
La struttura portante è formata da 3 coppie di
pilastri sormontati da due travi longitudinali. I pilastri
alti 5,10 m distano tra loro in senso trasversale
4,50 m, in senso longitudinale 17,20 m fra la
coppia anteriore e l’intermedia, 13,40 m tra
l’intermedia e la posteriore.
Queste distanze sono state dettate dalla
impossibilità di costruire fondazioni nella zona
anteriore. Le due travi longitudinali, alte 1,70 m
sostengono il tetto composto di poutrelles NP 100 e
tavelloni forati ed il sovraccarico di neve (100 kg al
mq).
Le poutrelles sono lunghe 11,70 m; dato l’interasse
trasversale delle travi (4,50 m) risultano sporgere
verso l'esterno due tratti di 3,60 m l'uno che
vengono sostenuti da tiranti attaccati all'estremità
delle poutrelle ed alla briglia superiore dell'a trave.
Alle azioni orizzontali trasmesse dai tiranti reagisce
nel piano delle briglie superiori delle travi
longitudinali, una trave orizzontale a larghe maglie
che ripete lo schema di una struttura Covre.
Il sistema, soffitto-travi longitudinali-trave orizzontale
superiore, è irrigidito da controventi verticali,
particolarmente robusti in corrispondenza degli
appoggi sui pilastri. La parte superiore della struttura
collegata con bulloni alle travi longitudinali è
costituita da due braccia aventi la stessa larghezza
della trave (0,50 m ), a profilo anteriore rettilineo
che continua gli spigoli della prima coppia di pilastri
ed a profilo posteriore iperbolico.
Le due braccia sono collegate fra loro anteriormente da un sistema di terzere orizzontali e verticali,
che le rendono capaci di reagire insieme. Esse sono formate da diversi tronchi collegati fra loro con
bulloni, e la loro altezza complessiva è di 18,70 m. L'insieme della struttura è dunque alto da terra
25,60 m. La parte superiore è stata calcolata come una mensola che reagisca all’azione del vento
(80 kg/mq pari a circa 120 km/ora) sia in direzione est-ovest (press'a poco la direzione dell’asse
longitudinale della costruzione) sia in direzione nord-sud. La facciata anteriore della torre, dato che
su di essa verranno probabilmente attaccati dei manifesti, è stata considerata come piena agli effetti
dell’azione del vento mentre per le parti laterali si è tenuto conto della superficie effettivamente
battuta, secondo le norme contenute nelle « Istruzioni per il calcolo, la esecuzione e la
manutenzione delle costruzioni metalliche »,edite dal CNR.
La condizione più gravosa di carico si ha per vento spirante in direzione est-ovest. Le due travi
longitudinali Le due travi longitudinali sono state calcolate come travi continue su tre appoggi rigidi (in
realtà gli appoggi sono cedevoli), i pilastri come perfettamente incastrati al piede.
Completano lo scheletro metallico i serramenti frontali e laterali dell'ingresso propriamente detto.
All’interno la illuminazione alle sale è ampliata con due vetrate longitudinali, che portano al bar
interno. La copertura del soffitto è piana con tavellonato, manto impermeabile ed intonaco plafone.
La realizzazione del progetto, costruzione e montaggio, è stata raggiunta in quaranta giorni dalla
Soc. Badoni di Lecco.
Nuove costruzioni alla Fiera di Milano 1950
1 - Ingresso per la casa dell'Ospite
Costruzioni Metalliche n. 2 1950
1947-60 Dai tralicci dello str
stretto di Messina alle Torri della baia di Cadice
Dell’attraversamento aereo con una a linea elettrica dello stretto, se ne iniziò a parlar
are nel 1921,
ma le difficoltà tecnologiche e gu guerra spostarono la decisione al 1946, quand ndo CONIEL
(Compagnia Nazionale Imprese E Elettriche) diede il via all’ambizioso progetto to in cui si
combinavano le difficoltà della distatanza tra le sponde, dell’altezza dei cavi che non on dovevano
creare ostacolo al transito delle navavi, quindi le due torri dovevano resistere ad un enorme tiro
dei cavi, alle azioni del vento, fino a 100 km/h, a sbalzi termici esterni da 5°C a 40 °C, e alle
condizioni estreme conseguenti ad du un terremoto. Il progetto a base di gara prevede eva due torri
autoportanti, senza “stralli”, perché più affidabili di sisma, con una fondazione unica a monolitica.
Nel 1947, furono contattate 6 societietà richiedendogli un progetto preliminare:, Savigl gliano, CIFA,
Badoni, Terni, Dalmine e SAE. Tra queste
q ne furono selezionate tre (Badoni, Terni e SAE), per i
progetti giudicati in grado di soddisf
isfare le richieste, selezionando poi quello della SAE,
SA Società
Anonima Elettrificazione, con la con onsulenza di Giulio Krall, ingegnere e matematico ico di grande
1
rinomanza, redatto sotto la supervis isione di Arturo Danusso , perché più economico co a parità di
funzionalità. Il progetto, con due pilo
iloni troncopiramidali prima di passare alla stesura ra esecutiva,
fu testato su tavola vibrante per le prove
p sismiche con un modello in scala 1:25, pe erfettamente
ricalcante la geometria. I lavori hannno inizio alla fine del 1951 e sono conclusi a fine 1 1955.

Il progetto di Covre, tra quelli presen


entati, si presenta diverso ed innovativo: le torri sono
so a pianta
circolare e con membrature diffusse con due varianti una in profilati e l’altra a in tubi con
rastremazione parabolica

Anche se questo progetto non trov ova attuazione a Messina, non passa inosserva ato ed anzi,
pochi anni dopo, quando si presen nta un’occasione simile per l’attraversamento ele
elettrico della
baia di Cadice, viene ripreso ed attu
tuato.

Recentemente è stata realiz lizzata in Spagna, nei


sostegni per elettrodotto dii attraversamento
a della
baia di Cadice, una mia a struttura a guscio
discontinuo costituita da torri
ri a profilo parabolico e
a sezione cilindrica qui p presentate nelle figg.
6.5 - 6.6 - 6.7 - 6.8 - 6.9. 9.
I giunti sono stati semplifi lificati al massimo e
consistono in aste di profi ofilati normali irrigidite
a telaio, collegate con se semplice bullonatura,
completamente diversi, perr esempio, da quelli
a cui ricorre il prof. Mako kowski consistenti in
complessi alquanto laboriosi si.

1
Per approfondire vedi su Academia.edu Arturo
ro Danusso
D e l’onere delle prove, Fausto Giovannardi 2009
fig.6.8 Struttura finita vista
ta dal basamento

Le Torri di Cadice (1), la cui struttura e


stata da me ideata e proposta per
l’attraversamento con elettro
trodotti dello Stretto
di Messina, sono state pr provate in modello
alla galleria del vento
to, onde dedurre
sperimentalmente le c
caratteristiche di
sollecitazioni dipendenti d da tale azione,
caratteristiche che han
anno portato a
conclusioni molto favorevolili in confronto delle
analoghe dedotte per le co consuete strutture a
traliccio di tipo corrente, con
co le conseguenze
pratiche, oltre che estetichehe e di altro vario
ordine, di una sensibile riduzione
ri nei pesi
metallici.

(1) Altezza totale m. 160 - Distanza fra le


Torri 1660 Peso di ogn! Tororre ~ 500 t. -
Acciaio Aq 42.

Problemi delle costruzioni in acciaio


a
Ed. Cremonese, 1967
Grandi Strutture
Dott. Ing. Gino Covre
Le torri dell’elettrodotto di Cadice sono due torri portanti linee ad alta tensione, poste su entrambi i lati
dell’imboccatura della baia interna di Cadice (Andalusia, Spagna)
Quando, negli anni '50, l’Istituto Nazionale dell'Industria (INI) decise di realizzare un’attraversamento della
Baia di Cadice, per alimentare la rete di terraferma con l'elettricità prodotta dalla Centrale Termica di
Puntales, fece svolgere studi al Centro de Estudios Técnicos de Electricidad (CETE) un progetto
preliminare, per poi contattare l'Ente Nazionale Idrocarburi italiano, che a quel tempo innalzava le torri di
Messina, incaricando del progetto delle Torri l’ingegnere Alberto Mario Toscano e dell’esecuzione, l’ing.
2
Remo Scalla entrambi impegnati sull’opera dello stretto di Messina .
Le torri di Cadice sono diverse e si rifanno al progetto di Covre, che prevedeva l’impiego di elementi di
dimensioni realizzabili dalle acciaierie spagnole dell’epoca, che non potevano produrre grandi elementi ed
essendone impossibile l’importazione a causa del regime franchista.
La costruzione delle torri iniziò alla fine del 1957 e si concluse nel 1960.
La Torre de Puntales si trova a Cadice e la Torre de Matagorda a Puerto Real, tra di loro, l'elettrodotto copre
una distanza di 1639 metri, con uno scartamento minimo di 50 metri che consente il passaggio delle navi
nella Baia. L'aspetto esterno delle Torri di Puntales e Matagorda, alte rispettivamente 154,14 e 152,54
metri, è un traliccio di forma tronco-conica con i profili disegnano una leggera curvatura dall'alto, di 6 metri di
diametro alla cima e 20,75 alla base. La torre è coronata da una trave a sezione romboidale variabile lunga
72 metri che sostiene i sei cavi ad alta tensione che corrono da torre a torre. Evidente il richiamo formale alle
3
straordinarie torri iperboloidi di Vladimirr Shukov .

La struttura parte da un basamento in cemento armato, costituito da un anello circolare di 20 metri


di diametro, alto 7 metri di sezione triangolare alta e cava, realizzata con cemento armato precompresso,
poggiante su pali,con ventiquattro montanti principali in acciaio zincato, composti da 4 angolari collegati da
traversi e diagonali saldate e zincate in un unico pezzo lungo 8 metri, con un peso approssimativo di 600 kg,
collegati con reticoli ad anello paralleli al piano di terra che si ripetono a distanza costante per tutta l'altezza
della torre. Un sistema di controventatura, formato da diagonali di profili in acciaio zincato irrigidisce tutta la
superficie.
Dodici dei ventiquattro montanti si fermano a 2/5 dell'altezza della torre, mentre dodici continuano fino alla
sommità, con l’effetto visivo di una maglia strutturale più fitta alla base e più leggera nella parte alta.
All'interno una scala elicoidale corre lungo tutta la torre, consentendo di salire su una piattaforma posta in
cima, dalla quale si accede alla traversa superiore, costituita da una struttura spaziale con una sezione
romboidale, realizzata secondo un analogo sistema di assemblaggio di parti metalliche zincate. La diagonale
minore del rombo, disposta verticalmente, misura all’attacco alla torre, sette metri di altezza, e quella

2
Di A.M.Toscano ad oggi non si ha conoscenza, mentre di Remo Scalla (Roma 1915, Venezuela 1981) si conosce la biografia, che lo ha visto in giro
per il mondo a costruire grandi opere, dopo essersi sposato a Cadice durante la costruzione delle torri, con Benita Polo Vinagre, una giovane
infermiera che aveva conosciuto durante una medicazione ad un operaio che aveva accompagnato in ospedale.
3
Per approfondire vedi su Academia.edu Vladimir Shukov e la leggerezza dell’acciaio, Fausto Giovannardi 2007
orizzontale circa nove metri. Alle estremità esterne queste diagonali del rombo sono ridotte a 1 e 1,25 metri,
Da un'estremità all'altra, la traversa è accessibile attraverso una passerella sostenuta al vertice inferiore
della sezione romboidale, per una lunghezza totale di 70 metri a cui sono appesi ogni 12 metri, i cavi.
Il sistema di distribuzione elettrica è completato al piano terra con una torre di allineamento dei cavi,
anch'essa realizzata con profili in acciaio, alla quale scendono i cavi dalla traversa superiore fino al terminale
del sistema di distribuzione con un interessante e leggero portico in cemento armato, che i cavi raggiungono
prima di iniziare il loro percorso interrato.

La torre è costruita con 90 849 bulloni. In totale, ogni torre pesa 510 tonnellate, 50 delle quali concentrate
nella traversa. L'area di verniciatura totale è di circa 19.000 mq.
Si riportano nel seguito alcuni estratti di articoli di Alberto Mario
Toscano comparsi su Costruzioni Metalliche, sulle torri di Cadice
e Messina ed una nota in relazione alla differenza con le torri di
Shukhov.
Le torri di Cadice
Alberto Mario Toscano
Estratto da Costruzioni Metalliche n. 4 - 1961 pagg. 188-189

Sommario
Le strutture adottate per le Torri dell’Attraversamento elettrico della Baia di Cadice sono state
concepite in relazione alle necessità ambientali ed industriali del paese nel quale sono state
realizzate. Pertanto, prima della descrizione delle strutture, si espongono i problemi che ne hanno
condizionato la progettazione.

2.3 LE STRUTTURE ADOTTATE.
La arenaria raggiunta dai pali viene sollecitata da forze piuttosto finemente ripartite, la cui migliore
distribuzione è quella di una corona circolare. Quando, salendo, si raggiunge la struttura in beton,
occorre decidere se concentrare queste forze su un numero limitato di montanti, oppure lasciarle
continuare verso l’alto secondo la loro distribuzione diffusa. Una concentrazione delle forze porta
inevitabilmente con sè un appesantimento della struttura in beton, quando questa debba agire come
monolitica; la struttura in beton preferirebbe che le forze passassero attraverso di essa nel modo più
leggero e meno impegnativo possibile, di modo che possa conservare tutta la sua resistenza per il
mantenimento della propria monoliticità, il che sarebbe invero lo scopo della sua esistenza.
Naturalmente non è necessario passare da 72 pali a 72 montanti: anche se si passa da 72 a 48,
la struttura in beton rimane un anello sollecitato con continuità sia dall’alto che dal basso. Dunque la
struttura più adatta per un anello in beton è una struttura metallica il più possibile diffusa.
Attraverso la diffusione della struttura metallica si ottengono i seguenti vantaggi:
1. Più è fine la diffusione, più è facile attuare una normalizzazione dei componenti e delle
attrezzature per realizzarli.
2. Si può anche limitare il numero di profilati necessari.
3. Le strutture leggere possono essere zincate più facilmente.
4. Sono necessarie attrezzature di montaggio più semplici e meno costose.
5. Eventuali errori hanno conseguenze meno gravi.
6. Infine, membrature leggere normalizzate e semplificate sono più facili a costruirsi.

E’ pertanto la diffusione che ha reso possibile la realizzazione della struttura metallica nella stessa
Spagna e con ciò il raggiungimento di quel rapporto di costi che ha permesso di piegare la struttura
alle possibilità costruttive anziché, come avviene normalmente, adattare i mezzi costruttivi alle
necessità della struttura.
Una struttura poligonale di questo tipo era stata già proposta per Messina dal dott. ing. G. Govre ,
il quale venne sollecitato dal progettista a consentirne l'adozione prendendo egli stesso parte alla
progettazione. Parimenti venne chiesta dal progettista, per la progettazione della fondazione,
l’assistenza del dott. ing. U. Viale, sostenitore ed esperto di strutture scatolari in beton.
Nella figura 9 è eseguita la verifica della struttura metallica sotto le medesime condizioni della
verifica di figura 8. L’intera struttura del sostegno di sospensione è descritta nella fig. 10.
La corona di pali ha un diametro esterno di circa 28 m ed i pali sono disposti in modo da
ottenere, mediante l’anello in beton, un rapido raccordo ad un diametro molto minore quale è quello
della base del fusto metallico , pari a 20 m. Il fusto è costituito da 24 montanti disposti in cerchio
ed è suddiviso in tronchi uguali di 8 m.
Al 3° anello i montanti si riducono a quasi metà sezione, al 7° riprendono la sezione di partenza
ma si riducono a 12, al 12° ritornano alla sezione ridotta, infine al 16° riducono ancora la loro
sezione e si raccordano con altrettante mensole destinate a sostenere, mediante 3 selle, la traversa.
La forte inclinazione delle geodetiche descritte dai diagonali mette questi ultimi in condizione di
collaborare efficacemente con i montanti e offre la possibilità di mitigare le discontinuità delle loro
sezioni. La struttura del fusto è in effetti trattata analiticamente come una struttura geodetica. Le
geodetiche non descrivono una curva continua ad inclinazione costante, bensì tenendo ad accrescere
la loro inclinazione salvo poi ridurla a scatti, ciò per la costanza dell’altezza dei tronchi e per la
necessità di suddividerli in un numero intero di scomparti. Lo spessore della struttura geodetica è
stato mantenuto costante per tutto il fusto.
La traversa ha un'apertura di 70 m e la sua struttura soggiace necessariamente alla più marcata
polarizzazione delle direzioni dei carichi. Le briglie sono pertanto solo 4, ed anziché aversi delle
geodetiche, si sono costituiti dei forti telai anulari raccordati alle briglie mediante sbadacchi.
Nonostante la evidente maggior concentrazione della struttura si è cercato di ottenere una certa
diffusione dei suoi elementi, ottenendo anche per la traversa una buona normalizzazione.
Per i portali di ancoraggio si è adottata una struttura in beton senza fondazioni, direttamente
appoggiata sui pali piloti.
Le Torri di Messina
Alberto Mario Toscano
Estratto da Costruzioni Metalliche n. 5 - 1960 pag. 214-215

2.2 Struttura a resistenza diffusa


All’altro estremo, come caratteristica strutturale, si trova la struttura a resistenza diffusa, progettata
dall’ing. G. Covre, illustrata nella fig. 12, costituita da un insieme di elementi talmente omogeneo e
diffuso da poter essere considerata un solido, e, come tale, trattata nel procedimento di verifica. Il
fusto della torre risulta, in effetti, costituito da due superfici virtuali distanti 1 m l’una dall’altra,
strettamente collegate in modo da costituire una corteccia dello spessore di 1 m i cui elementi
costituenti sono:
— 12 coppie di montanti (24 nella parte inferiore) in profilati ad U di sezione crescente, rinforzati in
alcuni punti con ali interne realizzate con piatti
saldati;
— 24 coppie di eliche (48 nella parte inferiore)
costituite da angolari collegati alle ali dei
montanti;
— anelli di irrigidimento orizzontale (24 nella
parte superiore, 19 nella parte inferiore) costituiti
ognuno da 2 anelli di profilati che congiungono i
due ordini di montanti, collegati da 2 diagonali e
un traversino.
L’inclinazione delle eliche è tale da offrire un
forte contributo al momento di inerzia del tronco;
infatti la sezione virtuale della corteccia è data,
procedendo dall’alto verso il basso, per il 60 + 75% dai montanti e per il 40 + 25% dalle eliche.
L’uniformità della struttura e la diffusione delle membrature appaiono elementi favorevoli nei confronti
delle sollecitazioni provocate da fenomeni oscillatori, la discontinuità tra tronco inferiore e superiore
essendo più che altro apparente; inoltre la sezione circolare è quella che meglio di ogni altra si
presta a resistere a oscillazioni disordinate.
La struttura rappresenta un’applicazione in grande scala del sistema costruttivo già adottato in
aeronautica per rinforzare le strutture a guscio. Mentre una volta le scocche costituenti le fusoliere e
le ali dei velivoli venivano rafforzate con telai di irrigidimento trasversali e listelli longitudinali, si è
affermata la tecnica delle strutture a geodetiche, le quali ultime seguono l’andamento delle tensioni
principali.
Nella struttura proposta il guscio non esiste fisicamente ed è sostituito dalla grande diffusione delle
membrature e dallo spessore della corteccia. Sebbene la struttura contenga una miriade di
iperstatiche, essa può essere considerata di assoluta tranquillità agli effetti della ripartizione degli
sforzi statici e dinamici, pur facendo
astrazione dalla generosità del ferro.
Nell’elaborazione del nuovo progetto,
vedasi la figura 13, è stato
migliorato l’attacco della testa alla
struttura e i profilati ad U dei ritti
sono stati sostituiti da profilati
speciali ottenuti mediante piatti
piegati e saldati, con i quali sono
state realizzate le forme costruttive
più convenienti per l’attacco delle
aste di parete, con eliminazione
della massima parte dei fazzoletti
occorrenti nella soluzione precedente.
Il peso teorico della struttura è
risultato di 290 t.
Un paragone impossibile: le Torri di Shukhov
Fausto Giovannardi
Estratto da: Vladimiri Shukhov e la leggerezza dell’acciaio

Vladimir Grigorevich Shukhov (Владимир Григорьевич Шухов) (1853-1939) è stato uno straordinario
progettista, poco conosciuto. Tra le sue numerose invenzioni vi sono anche le torri metalliche, a cui qualche
testo fa riferimento per le torri di Cadice. Riferimento che però può essere solo formale essendo queste torri
molto diverse da quelle di Cadice.
Shukhov ha costruito la sua prima torre dell'acqua, per l'esposizione del 1896 di Nizhny Novgorod. Nel
corso dei venti anni successivi, ha progettato e costruito circa duecento di queste torrette, tutte diverse, la
maggior parte con le altezze dai 15 ai 40 metri. La struttura della torre, presentata nell’esposizione, era un
traliccio d’acciaio della forma di un iperboloide di rotazione; una forma nuova mai usata prima, e che venne
brevettata poco prima dell’esposizione. Essa permetteva di creare una superficie grigliata attraverso
l’utilizzo di semplici barre rettilinee poste inclinate, a collegare i due cerchi alla base ed in sommità, Il
risultato è una struttura leggera e rigida. La torre dell’esposizione era alta 25,6 mt e portava in sommità un
serbatoio d’acqua della capacità di 114.000 litri, che servì ad approvvigionare tutta l’esposizione. Dopo
Nizhny Novgorod, le torri iperboloidi di Shukhov si sono moltiplicate in tutto il paese.
Nei primi mesi del 1908 per il Dipartimento della Marina Russa vennero costruite due torri faro in Ucraina sul
mar Nero nel porto di Kherson.
Si arriva quindi alla torre di Mosca per la
Trasmissione radio, nel villaggio di Shabolovska,
da cui prenderà il nome. L’incarico viene dato a
V.G. Shuhhov, nel 1911 a Jaroslavl’. Nella
primavera del 1919 sono pronti i disegni per una
torre di 350 metri di altezza, composta da 12.000
pezzi di varie forme, ma sempre semplici profili,
del peso complessivo di 2.200 ton., pari a meno
di un quarto di quello della torre Eiffel (alta 305
mt e del peso di 8.850 ton). Nell’occasione aveva
eseguito il progetto per torri di 175-200-225-250-
275-300-325-350 metri d’altezza, inviandoli al
commissario incaricato. Gli iperboloidi, posti l’uno
sull’altro formavano nell’insieme, una torre
slanciata di forma quasi conica.
Trovare tutto questo metallo nella Russia
devastata dalla guerra civile, fu un problema
enorme e purtroppo insormontabile, il progetto
quindi fu adattato di conseguenza e la torre
venne eretta alta solo 150 mt. con una base di 42
mt. in 6 sezioni di 25 mt cadauna ed un peso
complessivo di 240 ton. Il tutto su di una
fondazione di calcestruzzo del diametro di 40 mt
e dello spessore di 3 mt.
Tra il 1927-1929, VG Shukhov progetta e
costruisce sei torri per la linea di trasmissione
elettrica NIGRES da 120 kilovolt sul fiume Oka, a
circa 100 km a sud ovest di Nizhny Novgorod. Le
quattro più piccole erano formate da tre
iperboloidi, le due più alte da cinque,
raggiungendo 130.2 m in altezza. Con la loro
chiarezza strutturale, l'estrema leggerezza, e i
semplici dettagli, queste torri segnano il punto più
alto dell'evoluzione di Shukhov nelle strutture a
traliccio iperboloidi. Cinque delle sei torri sono
state smantellate da vari anni. Solo una delle due
strutture alte 130.2 m è ancora esistente. Vandali
l'hanno gravemente danneggiata tagliando 16 dei
40 elementi della parte inferiore del primo
tamburo. La struttura è rimasta in piedi e gli
elementi sono stati rimessi nell'autunno del 2007.
Fonti:
Torres de tendido eléctrico de Puntales y Matagorda
Fundacion do.co.mo.mo_ibérico

Boletin SEMI n. 19 Dic.1959

Torre de la Luz
Tectonica blog.com

Santiago Moreno Tello


Las Torres de la Luz y su tiempo. El contexto histórico y social.
El barrio de Puntales como eje clave de la obra
Fundacion Endesa, 2014

Ingegneria e Architettura dei Sostegni degli Elettrodotti


Ing. Massimo Rebolini Presidente CIGRE Italia
TRI- Ingegneria - Resp. Sviluppo Tecnologie
Roma, Università “Sapienza” 11 Dicembre 2012

Nella pagina seguente: la piccola Jolanda Covre dentro il modello del Traliccio per lo Stretto di Messina.
1948-50 Costruzione di una motonave
Composizione di scafi con elementi prefabbricati
Gino Covre
Costruzioni Metalliche n. 2 1950

Si descrive un sistema di struttura longitudinale con elementi prefabbricati e


proporzionati in modo da ottenere la massima compartecipazione agli effetti della
resistenza dello scafo. Gli elementi possono essere costruiti anche in officine lontane
dal cantiere e poi montati sullo scalo che in tal modo viene occupato per brevissimo
tempo.
L'applicazione del sistema ad una motonave da 450 t di recente costruzione ha
confermato la notevole economia di materiale metallico; il peso dello scafo è di appena il
15% del dislocamento a pieno carico.
Nel discorso inaugurale pronunciato dal Ministro della Marina Mercantile in occasione dell'ultimo
Convegno di Tecnica Navale tenuto a Roma lo scorso Dicembre, è stato detto fra l’altro:
« L'indagine economica sull'entità dei costi di costruzione delle navi mercantili sarà da Voi
logicamente indirizzata, non soltanto sulla organizzazione tecnica e sulle attrezzature e sul
rendimento delle maestranze dei cantieri navali, sui metodi particolari di lavorazione e di montaggio
e sulle necessità di unificazione dei singoli elementi costruttivi comuni ai diversi tipi di navi.., ma
anche a sistemi di unificazione delle parti costruttive elementari che possono venire precostruite per
essere poi applicate nel loro complesso sullo scafo ed allo studio per ottenere che un lavoro
sempre più ampio ed organico possa svolgersi nelle officine di poche aziende specializzate, per
limitare al cantiere il solo compito essenziale del montaggio delle singole strutture».
Ouesti criteri si sono già rivelati come necessità impellente durante l’ultima guerra. Il salasso
spaventoso provocato dalla offesa subacquea, poneva l'America, quasi esclusiva produttrice di navi,
nella condizione di coprire sempre più largamente le perdite in modo da impedire una diminuzione
globale di tormellaggio. Qui però il problema, più che di costo, consisteva in quello della velocità
esecutiva. La standardizzazione che ne seguì ineluttabilmente non potè che appoggiarsi ai dati di
esperienza in atto poiché il ricorrere a studi e tentativi in momenti così assillanti non era
evidentemente conveniente.
Così tutto lo sforzo si diresse con partenza da pochissimi prototipi prefabbricati con strutture di
composizione corrente in grossi elementi normalmente costruiti dagli stessi cantieri e montati
rapidamente sugli scali. Esisteva quindi il vantaggio di occupare per brevissimo tempo lo scalo
insieme all’altro di una relativa unificazione del complesso.
Oggi però il problema è diverso poichè a base di esso deve porsi il costo. E’ quindi necessario
sviscerare il problema dalla base ponendosi in primo luogo la domanda se la struttura corrente
navale, quella che passa generalmente colla denominazione di « trasversale » risponda
effettivamente a criteri economici.
Il sistema trasversale discende, com'è noto, dalla composizione in legno. La tradizione, radicata in
tutti i campi della tecnica ma in modo spiccato in quella navale, non ha fatto che trasportare
perfino nelle denominazioni dei vari elementi costitutivi dello scafo, dal legno al ferro ogni singola
membratura, E” un po’ quello che è già avvenuto nella tecnica architettonica dove permangono
elementi decorativi classici derivati dal tronco d'albero eretto a colonna, dalle travi squadrate
ricorrenti in architravi, coi relativi collegamenti che riproducono nelle metope perfino le caviglie di
fissaggio.
E' spiegabile che nella nave, dove lo studio della distribuzione degli sforzi è ben più complesso di
un edificio solidamente radicato al suolo, dove il rischio a cui viene sottoposto l’uomo assume
aspetti ben più paurosi di quello connesso alla casa, si sia cercato di procedere lentamente per
gradi appoggiandosi via via all’esperienza del già fatto, anche se realizzato con materiali tanto
diversi. Ma è altrettanto certo che per tale via non è certamente pensabile il raggiungimento della
razionalità che è sempre elemento indissolubilmente legato alla economia.
Nella struttura «trasversale » navale, considerato lo scafo nella sua funzione classica di trave
appoggiata verso le estremità o gravante con queste a sbalzo per un ipotetico appoggio intermedio,
si ha sempre una sovrapposizione di tensioni nelle lamiere di fasciame del fondo e nel caso
d’insellatura il carico di punta nelle prime aggrava un comportamento statico già di per se stesso
considerevole.
Una lamiera di 10 mm. di spessore su costole, e quindi bagli, poniamo a 60 cm. di interasse, ha
un grado di snellezza di oltre 200 il che comporta praticamente una decuplazione del carico o, ciò
che è lo stesso, una riduzione di ben 9/10 della sezione resistente, .
E’ chiaro che si è ben lungi dall'essere nelle condizioni migliori di utilizzazione del metallo. Ed infatti
le zone più labili riscontrate dall'esperienza sono proprio quelle di ponte a mezzo scafo ed i
Regolamenti dei Registri Navali di tutte le nazioni sono concordi nell’attribuire agli spessori di
queste zone di lamiere valori molto elevati. Il che non toglie che incidenti siano avvenuti ed
avvengano.
Quello che si è accennato ora è soltanto un
punto debole dei tanti riscontrabili nella
composizione trasversale corrente e si è inteso
metterlo in evidenza, non per spirito polemico,
ma perchè costituisce un punto vitale di analisi
per correggere, da um lato un deficente
comportamento statico e per introdurre dall'altro
un elemento economico di grande valore, in
quanto è chiaro che metallo male utilizzato
rappresenta di per sè uno spreco.
E’ vero che la necessità di abbondare negli
spessori e nelle sezioni dei ferri, in generale, si
impone nella costruzione navale dove è da
tenersi in debito conto la usura provocato dalla
manutenzione e dalle inevitabili corrosioni e
pertanto la vita di una nave è legata ad un
certo eccesso di metallo sul minimo imposto
dalla statica. Ma questo eccesso può sempre considerarsi partendo da un presupposto di
sollecitazione unitaria determinante un dimensionamento base, sicchè è lecito pensare che ricorrendo
ad altre strutture importanti una diminuzione di carichi unitari di lavoro, sarà sempre possibile
adeguarsi nella durata a quelle discendenti da composizione normale, pur realizzando la debita
economia in peso metallico.
Questa poi della riduzione del peso dello scafo è una questione che assilla da tempo costruttori e
progettisti per le conseguenze ch’essa trascina sull’intero progetto e sull’esercizio stesso di un
bastimento. Non si tratta infatti di economizzare soltanto del ferro, ma dipendentemente influire
beneficamente sulla portata utile, sulla potenza motrice, sugli oneri di esercizio e sulla stessa
architettura di una carena e di tutto lo scafo, anche in relazione alla sua destinazione d'impiego.
Come passare ad altri sistemi anche in relazione alle particolari esigenze collegate alla
prefabbricazione?
Il concetto di realizzare lo scafo metallico staccandosi nettamente dalla composizione trasversale per
adottare una struttura fondamentale longitudinale più rispondente alle necessità resistenti della nave,
è stato affrontato per il primo, com’è ben noto, dallo Scott-Russel che a quasi un secolo da noi
(1854) ha saputo e voluto creare colla sua Great-Eastern un esempio meraviglioso di conoscenza
tecnica e di ardimento costruttivo.
Un bastimento di 207 m. di lunghezza dislocante a pieno carico ben 25.000T. non si sarebbe
potuto realizzare con le possibilità tecniche di allora, colla trasversale.
E se si pensa che il peso metallico dello scafo della Great-Eastern ha raggiunto soltanto le 8000 t
e cioè circa iî 30% del dislocamento si vede che, fatti i debiti raffronti relativi alle caratteristiche
superiori meccaniche odierne dei materiali ferrosi, il Russel aveva già raggiunto quanto praticamente
si raggiunge tuttora in fatto di economia di ferro.
Disgraziatamente la complicazione esecutiva e vari altri fattori che non è qui il caso di analizzare,
hanno lasciato praticamente sterile il tentativo, tranne che in quei casi particolari di tecnica navale
militare dove la struttura longitudinale ha trovato, parzialmente, applicazioni in casi determinati,
discendenti più da ragioni di robustezza che da criteri economici.
Nel 1900 un altro coraggioso iniziatore, l'americano Isherwood, tenta la longitudinale ricorrendo ad
una composizione ben nota, con costole di tipo rinforzato distanziate da 3,50 a 5 metri e con
correnti continui in profilati normali appoggiantisi alle prime. Il sistema dà in effetto una economia in
peso metallico, in confronto alla trasversale, intorno al 10% ma importa anche una limitazione
d'impiego a determinati tipi di bastimenti (essenzialmente navi cisterna) che impediscono al sistema
una relativa diffusione.
Le ragioni della mancata applicazione in grande stile di questi due tentativi, risiede probabilmente
sul fatto che in entrambi non si sono potute armonizzare le varie esigenze a cui uno scafo deve
sottostare, partendo da una concezione troppo d'insieme della struttura che se da un lato
semplificava l'esecuzione dall’altro conduceva ad una incompleta utilizzazione del sistema.
Il sistema Covre è un longitudinale, che si pone in primo luogo il principio della massima
compartecipazione dei due sistemi componenti l'ossatura ed il rivestimento.
Poichè l’esperienza dimostra che la lamiera collegata ad un profilato può compartecipare utilmente
alla resistenza di questo, in senso longitudinale, per una striscia di larghezza 40 o al massimo
cinquanta spessori, ne consegue che le longitudinali conviene interassiarle tenendo presente questo
criterio che porta del resto anche ad un ottimo comportamento del rivestimento agli effetti della
resistenza a flessione in dipendenza della pressione idrostatica ( fasciame) o dei carichi eventuali
insistenti (ponti).

Normalmente nella struttura Covre le longitudinali sono no interassiate intorno ai 50 cm. che per
spessori d i fascia me intorno ai 10 mm. vuol dire la completa utilizzazione della lamiera in collaborazione
col profilato costituente la longitudinale.
Questa però non è costituita da una verga semplice e ciò sia per contrastare la lunghezza libera
d'inflessione della longitudinale, sia per migliorare il suo comportamento nel!a zona di maggior tormento
che è quella di intersezione con le costole di cui si dirà in appresso. Le longitudinali pertanto vengono
vincolate nel loro punto intermedio da un elemento curvo a due braccia, le cui estremità vanno a
fissarsi sulle costole con collegamento continuo realizzato preferibilmente per saldatura.

Questo dispositivo si può constatare dall'esame della fig.1.


L'elemento retto di longitudinale può essere continuo o a tratti intercedenti fra due costole nel qual
caso la Continuità è realizzata come per l 'elemento curvo.
Ciò consente di produrre subito un elemento ripetibile in armonia alle esigenze di fabbricazione, costituito da
due verghe l’una ad andamento retto (o leggermente curvata se si tratta di avviare una forma di
carena) e l'altra curvilinea fissata al!a prima al mezzo. L’elemento viene imbastito per bulloni alle
costole e successivamente saldato nella fase di montaggio finale sullo scafo di varo.
Le costole, del tipo rinforzato, trovano l a loro migliore utilizzazione ed un dimensionamento ottimo,
quando siano interassiate in modo conveniente rispetto alla lunghezza dello scafo. Si è visto che tale
interasse ottimo si aggira su tre volte l’interasse di costola della struttura normale trasversale, e
pertanto molto al disotto del dimensionamento adottato dallo Isherwood.
Le costole hanno pure una composizione appropriata discendente dal fatto che in esse la
distribuzione dei momenti flettenti e dei corrispondenti sforzi taglianti impongono, per una buona
utilizzazione, un concentramento di sezione nei ferri di briglia ed un alleggerimento in quelli di
parete. Pertanto un'anima piena ( o semplicemente alleggerita da fori come praticava l'Isherwood
risulterebbe abbondantemente sprecata. Nel sistema Covre si ricorre ad una composizione a telaio
con due o più briglie e calastrelli ed anche, invece che a questi, a montanti con nodi vuotati. Anche per le
costole la composizione è fatta per elementi imbastiti con bulloni e successivamente saldati sullo scafo.
Composizione analoga si adotta per i bagli, le anguille, la chiglia paramezzale che dispone di una
longitudinale continua, ecc.
Verso le estremità dello scafo, oltre le paratie di gavorra si ricorre normalmente alla composizione
trasversale con elementi prefabbricati sia per l’ossatura che per il fasciame.
Con questi sistemi sono stati condotti diversi studi applicativi fra i quali è stato realizzato un esemplare di
motonave da carico da 320 T.p.l che attualmente corre il mare.
Questa costruzione, realizzata per sforzo comune dalla S.p.A Antonio Badoni ( che detiene l'esclusiva
dei brevetti Covre) per la parte scafo, dalla FIAT Grandi Motori per l'apparato motore e dai Cantieri
Navali Toffolo di Venezia per l 'allestimento, ha confermato intanto l'economia metallica del sistema. Lo
scafo raggiunge infatti il peso di appena ii 15% del dislocamento a pieno carico ( che è di circa 450 T.) con
una economia di circa il 30% sullo scafo corrispondente supposto realizzato con struttura trasversale
normale.
La costruzione, approvata dal R.I.N.a che ha dato preziosa assistenza all'iniziativa, naviga colla
massima classe dimostrando doti di resistenza e di elasticità di prim’ordine.
lmbastita la struttura presso la Soc. Badoni a Lecco ( v. fig. 2 e 3) essa è stata successivamente
montata e definitivamente saldata sulla scalo a Venezia occupandolo per poco più di un mese. Il completo
allestimento è avvenuto sullo scalo, compreso il motore, e la motonave è scesa in mare pronta per
navigare.
Le fig. 4, 5, danno di essa alcune viste caratteristiche durante le varie fasi di realizzazione, nella 6 la
nave è pronta per salpare.
I criteri di dimensionamento prudenziali che sono stati imposti con questa prima realizzazione non
hanno impedito che il risultato finale previsto nella economia di peso metallico si verificasse nel modo
più sicuro. Il modulo di resistenza minimo della sezione maestra dello scafo è stato imposto senza tener
conto alcuno del miglior comportamento delle lamiere di rivestimento, partendo quindi dalle prescrizioni
regolamentari del RINa in vigore per la struttura trasversale normale. Se si tiene poi conto che
malgrado questo è risultato di appena 3 kg/mmq. si può avere un'idea sulle possibilità future di maggiori
economie conseguibili anche in rapporto a portate più elevate.
La struttura si presta particolarmente per unità costruite in seri e nel qual caso entra, in gioco per il
fattore una migliore utilizzazione della mano d'opera. Infine la lavorazione connessa alle operazioni di
montaggio, ha esigenze molto limitate in fatto di attrezzatura, cosicché anche i piccoli e medi cantieri
dotati di modesti impianti, sono nelle condizioni di poter utilizzare il sistema con vantaggio nella costruzione
di unità con modesto dislocamento.
Rilievo importante è quello che mentre nella longitudina1e corrente e per i sistemi prima d'ora realizzati e
precedentemente accennati , il sistema comportava una rigidità eccessiva poco rispondente alle
caratteristiche dinamiche delle sollecitazioni a cui è normalmente sottoposto uno scafo col sistema Covre si
è invece constatata una elasticità della struttura praticamente dello stesso ordine della trasversale, della
quale pertanto viene conservata una caratteristica di qualità altamente apprezzata.
D'altro canto presentando la longitudinale Covre una struttura solidale e elastica, ne consegue una larga
diffusione delle sollecitazioni localizzate e pertanto vengono cosi ridotti i tormenti del materiale, colla
previsione di una più lunga vita della nave e di minori oneri di manutenzione.
Riepilogando, il sistema Covre prevede la fabbricazione (nella officina di carpenteria) ed il successivo
montaggio (nel cantiere navale) dei seguenti elementi :
I. - Tronchi d i chiglia in lamiera con eventuali rinforzi in profilati.
2. - Madieri , in elemento a doppio T e con composizione o telaio, da collegare al montaggio colla chiglia,
le lamiere del fondo e del doppio fondo, laterali longitudinali e gli elementi di costola col ginocchio.
3. - Le costole a telaio ed i bagli, saldati, da collegarsi tra di loro e al madiere al montaggio.
4. - Le strutture longitudinali a cavalletto , raggruppate in serie secondo i profili, da imbastirsi al montaggio
con bulloni e successiva saldatura.
5. - Gli elementi sussidiari (anguille, braccioli, ecc.).
Il montaggio nel Cantiere navale comprende:
6. - La composizione della chiglia.
7. - II montaggio di madieri, costole, bagli e cavalletti prefabbricati.
8. - La posa de!le lamiere, per saldatura ( o eventuale chiodatura ) sulle briglie esterne delle costole o
lungo i comenti.
Il sistema consente, come si e detto, una limitazione negli spessori delle lamiere del fasciame e dei ponti
compatibilmente coi minimi necessari alle esigenze di manutenzione ed alla vita del bastimento ; una
economia nel numero delle ordinate e delle strutture longitudinali derivante da una più razionale
distribuzione delle membrature componenti in relazione agli sforzi ad esse trasmessi, colla
conseguenza di un minor peso di materiale metallico a parità di portata o, ciò che equivale, un
aumento di portata a parità di dislocamento. Pertanto ne deriva , una migliore utilizzazione della
potenza dell'apparato motore sotto forma di aumento di velocità o di economia di esercizio.
Il sistema, essendo realizzato con elementi di serie di peso e ingombro molto ridotti , rende estremamente
semplici le operazioni di trasporto dall'officina di preparazione al cantiere navale ed ha influenza
benefica sulle operazioni e sulla entità dei mezzi di montaggio. Gli scafi Covre in ferro sono, dopo quanto
precedentemente accennato sulle caratteristiche di composizione, scafi preferibilmente interamente
saldati. Nulla si oppone però all'adozione parziale o totale della chiodatura.
1950 Padiglioni alla Fiera del Levante, Bari
Copertura del salone dell’automobile alla 14a Fiera del Levante, Bari

Il padiglione in una cartolina dell’epoca ed oggi (google maps)

Gino Covre
Informes de la Construcción Vol. 12, nº 120 Abril de 1960
Traduzione Fausto Giovannardi

Le autorità della cosiddetta Fiera del Levante in Italia, hanno indetto un concorso per la progettazione e
l'esecuzione di un un grande edificio che, in pianta, ha forma quadrata, di 60 m di lato, e che doveva servire
come sede del Salone dell'Automobile.
Le condizioni particolari che l'opera doveva soddisfare, sebbene da un lato costituissero un'opportunità
seducente per il progettista, poiché aveva l'occasione di poter progettare un'opera di forma spettacolare e di
grande interesse tecnico , non presentava tanto stimolo per il costruttore, poiché era necessario realizzare
un complesso di notevole difficoltà e di non minore responsabilità.
Come sempre accade nel caso delle mostre, il concorso aperto a marzo doveva chiudersi il primo maggio, e
il bando prevedeva che i lavori dovessero essere terminati a metà agosto, condizione che presentava il serio
problema di trovare una impresa responsabile in grado di affrontare il rischio di tempi così brevi per
l'esecuzione.
L'opera, progettata dall'autore di questo scritto, è stata aggiudicata all'impresa costruttrice Antonio Badoni,
dopo aver scelto una delle diverse soluzioni presentate dal progettista.
In linea di principio, si voleva eliminare tutti i tipi di supporti intermedi, a condizione che questo requisito non
rendesse l'opera significativamente più costosa.
Poiché una parte dell'infrastruttura precedentemente costruita doveva essere utilizzata, la copertura era
condizionata dal resto dei lavori già eseguiti. Inoltre, la parte spettacolare doveva essere imposta in quanto
si trattava di un edificio destinato ad una mostra. Tuttavia, lo spettacolo, una volta terminata l'esposizione,
doveva essere utilizzabile per altre attività di carattere diverso. soluzione realizzata è stata quella di una
volta a crociera, composta da due forme cilindriche che si intersecano ortogonalmente. Al centro della
crociera, dove si trova un lucernario circolare, il suo anello di sostegno crea una soluzione di continuità che
rompe l'uniformità dell'intradosso. Questo sistema di nervature è sorretto e sostenuto da quattro costole
metalliche che costituiscono reticoli vetrati, la cui larghezza, secondo la proiezione in pianta, è di 9 metri. Le
quattro costole, opportunamente controventate con elementi di irrigidimento, formano, a due a due, un arco
continuo. Queste costole si incrocerebbero al centro se il lucernario circolare non esistesse e la loro
continuità è data dall'anello stesso. Questo anello, su cui trova la cupola sferica, formante un lucernario, con
otto settori fissi e altrettanti mobili per rotazione attorno all'asse, ha un diametro esterno di 21,70 m. La
manovra di chiusura e apertura dei settori del lucernario o cupola può essere azionata meccanicamente o
manualmente, e in modo tale da poter regolare il passaggio dell'aria necessaria per la ventilazione del
salone di esposizione.
La base di sostegno della struttura metallica è costituita da una pianta quadrata con angoli smussati. Il lato
del quadrato è costituito da pilastri in cemento armato, sui quali, ad un'altezza di 7 m, corre una trave in
cemento armato, che sostiene i timpani.
Costruzione
I sovraccarichi accidentali previsti sono di 50 chilogrammi/mq per la neve e 100 kg/mq, in proiezione
verticale, per l'azione del vento. Questa ultima condizione, applicata all'insieme del reticolo chiuso con vetro
sui timpani, ha causato gravi difficoltà.
L'insieme presenta una spinta equilibrata: Per questo, una trave orizzontale è stata disposta dentro ciascuna
delle costole e all'altezza dell'imposta di ciascuno degli archi diagonali, e alla estremità di queste travi
partono i tiranti, costituiti da due barre cilindriche di 80 mm di diametro, accoppiate a un bilanciere e dotati di
tenditori. La spinta massima perimetrale risultante è di 86 tonnellate.
Le nervature metalliche, che corrono diagonalmente, sono state articolati nell'imposta, e gli si è data
continuità mediante l'anello centrale che sostiene la cupola sferica suddivisa in settori fissi. Il posizionamento
di questo anello è stato particolarmente delicato, vista la complessità delle sollecitazioni a cui è sottoposto.
I supporti o pilastri che seguono l'allineamento perimetrale della pianta quadrata, sono uniti, in ciascuno dei
quattro angoli smussati del quadrato, ad un portico che funge da appoggio perle costole. Le armature della
parte in cemento armato hanno assorbito circa 115 tonnellate di acciaio.
Le nervature diagonali ad arco hanno sezione pentagonale.
Sono costituiti da 5 montanti di lunghezza variabile, a seconda delle sezioni, che sono solidarizzati mediante
un'adeguata controventatura.
Nell'estradosso le nervature, che formano due falde, sono state rivestite di vetro, mentre nell'intradosso
seguono la superficie di una volta di direttrice circolare.
La corda di un arco completo, composta da due pezzi, è lunga 75 metri e la freccia massima è di 13,10
metri.
La volta a crociera ha profilo circolare e poggia su una serie di capriate a filo della chiave di volta seguendo il
livello di una generatrice di massima altezza nel cilindro.
Tra le capriate sono poste le travi che conferiscono rigidità all'insieme, fungendo da base per sostenere le
lastre ondulate di ardesia artificiale utilizzate come manto del tetto.
Servono anche a resistere ai sovraccarichi accidentali. La capriata principale, di timpano, è rialzata su una
corda di 46,40 m di lunghezza e 12,30 m di freccia massima.
L'intera costruzione è stata realizzata costituendo una struttura "Covre", composta da elementi saldati in
officina, facilmente trasportabili e assemblabili in cantiere mediante bulloni. La struttura metallica ha
richiesto l'utilizzo di 120 tonnellate di acciaio, di cui quasi la metà consiste di tubi 455, di produzione
Dalmine, e il resto di laminati in acciaio dolce tipo A37.
Il carico di lavoro massimo che è servito come base nello studio analitico del calcolo è stato da 1.800 a
1.400 kg/cmq.
Per la varietà e complessità della disposizione dell'opera, i lavori di
esecuzione, così come il montaggio, hanno richiesto alla ditta Badoni uno
studio, una preparazione e un interesse notevoli, poiché tutto è stato
sviluppato in un ristretto margine di tempo e con il rigore che la struttura
particolarmente richiedeva .
Mediante una torre di montaggio provvisoria, alzata al centro, è stato
assemblato l'anello su cui poggiano le costole e che serve a dare loro
continuità. Una volta terminata la preparazione dell'anello, le costole sono
state assemblate e, poi le capriate che poggiano su di esse a costituire la
volta a crociera, nella quale hanno subito iniziato a lavorare i diversi
specialisti che si occupavano delle finiture, per finire, dopo aver smontato
la torre di montaggio ausiliario, con la pavimentazione dell' interno della
sala espositiva.
Tutte le forniture sono state effettuate dalle autorità fieristiche.
Dopo trenta giorni il montaggio era terminato ed è stato necessario
altrettanto per i lavori preparatori svolti in officina.
Oltre al Padiglione dell’Auto, la Badoni, su progetti di Gino Covre, ha realizzato altri padiglioni entro l'area
della Fiera del Levante, coprendo complessivamente oltre 25.000 mq.
Oltre a strutture di minore importanza quali edifici adibiti ad Uffici, a ricevimenti ecc., sono da
ricordare le seguenti opere:
Padiglione degli Autoveicoli Industriali
Padiglione dell'Agricoltura
Padiglione della Meccanica Leggera
Padiglione Autoveicoli Indus
ustriali
Padiglione a volta sottile su 12 p pilastri perimetrali,
a pianta quadrata con lato di m. 58.
5
La struttura portante è costituitata da meridiani e
paralleli legati e controventati fra
f di loro. La
copertura é in lastre di mate teriale trasparente
colorato, la zona centrale è ricoper
erta in vetro.
Su un lato è impostata una pen ensilina a sbalzo
con sporgenza di m. 6,50.
Il montaggio della volta è stato to eseguito con
l'ausilio di un ponteggio tubolar are. Sopra questo
ponteggio sono stati sistemati deii vitoni regolabili
per la esatta messa a dima delllla volta e delle
pareti laterali,.
Il peso dell'acciaio impiegato è di circa 160.000
Kg.
Padiglione dell'Agricoltura
Tre navate con luce di mt. 21,60 0 e lunghezza di mt. 40,80
Centine reticolari con freccia di mtt..3,00 provviste di catene con tenditori impostate
te su colonne alte mt. 7.
La copertura è in fibrocemento ond ndulato.
La costruzione è saldata elettricam
mente in officina e montata a bulloni.
Su un'area di 3360 mq il peso dell'acciaio
de è risultato di 60.000 Kg.
Padiglione Meccanica Legge
ggera
Tre navate affiancate con luce di mt.m 19,00 lunghe mt. 59,80
Struttura a volte multiple incrociate
te formate da due arconi incrociati impostati sulllle colonne d'angolo
collegati tra loro da centine trasveersali. ll materiale di copertura è fibrocemento o
ondulato.
L'area coperta è di mq. 2500. Il peso
p dell'acciaio impiegato è di Kg. 77.000.
1951 Padiglione della mecc
eccanica pesante alla Fiera di Milano
Un’attenzione particolare merita il padiglione della meccanica pesante alla Fie
iera del 1951. Progettato
da Gino Covre, costruito ed assem
mblato negli stabilimenti di Lecco e Sesto S. Giovanni
G della Badoni, e
montato in pochissimo tempo.

In particolare la ventinovesima a Campionaria vedrà realizzato il nuovo impo onente Padiglione della
Meccanica che sta sorgendo in contiguità immediata alla «Porta Meccanica» e che non ha confronti
in Europa.. Sostituirà quella nu uova «Porta della Meccanica» - che già esistev eva - in modo da rendere
più agevole l'afflusso dei visitat
tatori-compratori interessati al Padiglione indicat ato con i numeri 19-20...
E’ in struttura metallica, con tre luci della larghezza di 8 metri ciascuna, e le sue porte, sotto forma
di cancellate, sì possono definir
nire dei gioielli di meccanica fine, essendo com mposte di una serie di
tubolari «Dalmine», a loro volta scomposti in 4 pezzi, che si ritirano a cannocch hiale l’uno dentro l’altro,
mediante un opportuno gioco di carrucole. L'apertura verso l’alto, di queste sspecie di saracinesche
tubolari, è azionata elettricame ente ed è collegata a una potente sirena, ch he verrà impiegata per
dare il segnale orario di ini inizio e di chiusura del mercato campionario rio. Attraverso la «Porta
Meccanica» si accederà diretta tamente, come abbiamo accennato, all’imponen nte complesso fieristico
del Padiglione 19-20, che ospiter
erà la siderurgia, la meccanica pesante, le ma acchine utensili, grafiche
e per la lavorazione del legno.L La nuova costruzione consta di un padiglione e inferiore (n. 19) della
superficie di oltre 11 mila metetri quadrati e dell'altezza di ben 7 metri, la cui pavimentazione può
raggiungere sovraccarichi fino o a 2 mila chilogrammi al metro quadrato. Una Un serie di 88 pilastri,
distanti fra loro circa 10 metr tri, reggono il pavimento del padiglione super eriore; di un padiglione
superiore (n. 20) costituito da una
u grande volta in struttura metallica senza pilastri intermedi, della
luce di oltre 100 metri… Il gigan
antesco padiglione, che come abbiamo detto no non ha rivali in Europa,
è tanto più spettacolare in qua anto la costruzione non segue un andamento normale, ma bensì ha,
per esigenze del terreno e di posizione, una forma irregolare e curva, ciò iò che ha richiesto delle
geniali soluzioni tecniche. I progettisti
pr e i costruttori, difatti, hanno risoltolto il problema con un
ardito sdoppiamento delle cent ntine in ferro che portano la copertura in fibro rocemento, le quali, nel
punto più stretto della curva,, hanno due soli punti di appoggio, cui ne cor orrispondono ben cinque
sul lato di maggior sviluppo de ella curva. E' quasi un gigantesco ventaglio metallico,
m che pesa oltre
800 tonnellate (il solo pezzo d'appoggio di ciascuna delle centine, che reg egge lo sforzo massimo,
pesa oltre 17 tonnellate) e ch che copre con uno sbalzo di più di 100 metri tri, senza bisogno di altri
pilastri, 11 mila metri quadratiti di area, Opera, ripetiamo gigantesca, che sarà certamente citata
come un esempio di quanto la tecnica moderna sia capace di attuare e che c è al tempo stesso
uno stupendo «campione » e esposto di carpenteria metallica. Un ampio io atrio frontale (della
superficie di circa 1000 metrii q quadrati) con due scale monumentali, tre vassti ingressi laterali, due
rampe automobilistiche lateral ali della pendenza massima del 9%, un’amp plissima scala interna,
costituiranno la rete degli a accessi ai predetti padiglioni, inferiore e superiore,
s e delle loro
comunicazioni interne. … Ne el Padiglione della Meccanica 19-20, che ospiterà oltre 700 ditte
espositrici, saranno allogati num
umerosi servizi per il pubblico, tanto che l’edificiocio può considerarsi, nel
complesso fieristico, un'entità ses stante, ciò che ne potrà permettere l'impieg ego per molteplici attività
anche in periodi di mercato chiuso,
c senza impegnare l'intero quartiere fieristico.
fie Mentre lungo il
perimetro esterno correrà una na catena di negozi e di vetrine destinati pr principalmente alle arti
grafiche, internamente avremo un u grande tea-room di circa 200 metri quadrati di d superficie situato su di
un terrazzo-belvedere, alto quatt
attro metri dal suolo, da cui si dominerà tutto il pad diglione superiore. A tale
belvedere si potrà accedere sia ia dall'esterno che dall’interno. Una vasta birr irreria, un caffè-bar e un
piccolo albergo diurno con serv rvizi igienico-sanitari e servizio di barbiere e m manicure. Inoltre, sempre
annessa al padiglione, verrà a allestito un saloncino per riunioni, ambiente che e quest'anno ospiterà il
Consiglio Nazionale delle Ricerc rche e dove lo stesso Consiglio curerà una par articolare Mostra dei più
importanti e recenti ritrovati deella tecnica italiana. ..
Fiera di Milano 1951: Realizzazioni e novità
ità, pagg. 24-27,77
Estratto da: La Scienza Illustrata, n.4 Aprile
ile1951 Roma
Juan José Ugarte
Feria de Milàn- Pabellòn de maquinaria pes
esada
Gino Covre, ingeniero
La formazione e lo studio del proget etto è stato laborioso,
poiché ha dovuto affrontare di diverse soluzioni e
particolari esigenze del luogo, dello lo spazio, dell'estetica
e, in un certo senso, raggiun ungere un insieme
esteticamente suggestivo di forma a esterna. Il risultato
finale è stato un seminterrato, la cuiui struttura è costituita
da pilastri e archi, distanziati di 10 m l'uno dall'altro, che
fungono da supporto per un solaio cche deve sopportare
un sovraccarico di due tonnellate p per metro quadrato.
La struttura metallica copre una a pianta a forma di
corona circolare parziale prosegu guita da due corpi
rettangolari che le conferiscono un a aspetto simile ad un
manicotto. La nota caratteristica d di questa struttura,
corpo principale dell'edificio, è la ssua grande luce, di
circa 100 m, e la disposizione d delle capriate e del
lucernario. La forma radiale delle capriate
c ha richiesto
un attento studio per dare la dovuta ta spaziatura variabile
tra questi elementi e la loro co controventatura. Con
fortuna è stata ottenuta questa dispo posizione da ottenere
un magnifico aspetto estetico. Il com omplesso metallico è
costituito da una serie di capriate,, con
c una luce teorica
di 99 m ed una luce di 100 m tra ra i bordi. La freccia
massima, conteggiata dalla cord rda superiore delle
capriate, è di 19,85 metri.
Dopo un attento studio e particolari ri considerazioni, si è
giunti alla soluzione di sostenere lle capriate in modo

articolato sul piano seminterrato, cioè


cio funzionano come se fosse un arco a
doppia articolazione. La spinta viene assorbita dalla parte inferiore
dell'opera, e questa forma articolata ta evita ogni possibile sorpresa dovuta a
deformazioni nelle fondazioni o effet etti termici.
Le capriate sono state formate sec econdo il sistema reticolare, che porta il
nome dell'autore e che è stato sanc ncito da vent'anni di pratica sperimentale.
Questo sistema si riduce ad una sserie di elementi che concorrono ai nodi
secondo le direzioni delle principalili ssollecitazioni. I vuoti che si formano dove
diventano evidenti le linee di forzaza elastica consentono di introdurre una
notevole economia di materiali e, ino noltre, un grande effetto estetico, oltre che
una semplificazione per il montaggio io. Le capriate sono controventate tra loro
con leggeri reticoli, che hanno la dopoppia funzione di rigidezza e sostegno per
arcarecci secondari sui quali vengo gono poste le lastre ondulate di ardesia
artificiale che chiudono la copertura.a.
La rigidità delle capriate nel loro piano è stata oggetto di un attento studio. Le deformazioni delle capriate
principali - dovute alle forze di compressione sviluppatesi nelle testate dell’edifici - vengono trasmesse
attraverso le travi a due falde formate dal controvento tra le capriate. Queste falde, una a ciascuna estremità
della copertura, sono costituite da una fascia che interessa tre capriate; e poiché la separazione tra due di
esse è di 5 m, risulta che la fascia ha una larghezza di 10 m. Il controvento così formato è in grado di
assorbire tutti gli effetti causati dall'azione del vento. La Direzione Tecnica delle autorità espositive preferiva
che l'azione del vento fosse stata contrastata con mezzi del tutto indipendenti dagli elementi strutturali della
copertura, cioè da pilastri in cemento armato in grado di resistere all'azione del vento funzionando come
mensole o sbalzi.
Il sovraccarico ammesso nel calcolo della copertura è stato di 100 kg/mq, conteggiato in proiezione
orizzontale. Tuttavia, nello studio statico della struttura, sono stati presi in considerazione i casi più
sfavorevoli, come il carico dissimmetrico sulla semicopertura. La copertura stessa può sopportare un carico
di 80 kg/mq di superficie battuta dal vento; e poiché l'involucro esterno resiste da solo a questo stesso
carico, il tetto si trova in condizioni stabili entro i limiti di sovraccarico sopra menzionati senza che si
manifestino sollecitazioni significative. Né sono particolarmente importanti quelli derivati da una variazione di
temperatura di 50°C.
Il calcolo delle capriate reticolari, in base all'esperienza maturata su strutture della stessa tipologia, è stato
effettuato considerandole come se fossero tralicci ad anima piena la cui sezione corrisponde a quella delle
sezioni di momento d'inerzia equivalente. Le prove di carico hanno confermato questa importante
caratteristica, in quanto, calcolando la deformazione, è risultata essere la stessa di quella ottenuta in
cantiere; ciò dimostra il suo alto grado di rigidità, che si combina con un perfetto comportamento elastico
presente in tutte le strutture solide in generale e nelle reticolari in particolare.
Nel calcolo si è tenuto conto della variazione del momento d'inerzia nelle varie sezioni tra chiave e appoggi,
sezioni che sono state calcolate tenendo conto della variazione delle sollecitazioni. Ciò ha motivato una
ripetizione di calcoli approssimativi; ma con l'ipotesi delle pareti piene, gli sviluppi, sebbene laboriosi, sono
stati accessibili e di un approccio accettabile.
Per la verifica del comportamento in stabilità cuberiana (controventi di falda NDT), soprattutto per il
mantenimento nel proprio piano, è stata seguita la procedura di calcolo delle sollecitazioni virtuali sviluppate
in ogni travatura e normalmente al piano normale della testata considerata e compressa con un carico
critico, procedura di calcolo che non è nuova. Le travi leggere hanno lo scopo di mantenere i tralicci nel
proprio piano e la loro snellezza è notevole per lo spettatore. Sebbene non siano i principali elementi di
resistenza, il loro rinforzo efficace è continuo e il loro comportamento è perfetto. Inoltre, sono stati concepiti
in modo tale che i loro elementi lavorino a trazione.
Il progetto e lo studio, opera dell'autore di quest'opera, è stato fatto in poco più di un mese, tempo che è
stato utilizzato anche per l'approvvigionamento dei
profili speciali non comuni in commercio.
Rapidamente iniziarono a preparare i principali elementi strutturali in officina; questo ha consentito di
abbreviare notevolmente i tempi necessari in loco per il montaggio, operazione che è stata svolta in 45
giorni.
Il peso complessivo della struttura metallica è di 800 tonnellate, corrispondenti a circa 74 kg/mq di superficie
coperta, considerando che l'opera ha 10.800 mq. Questo risultato, di per sé significativo, sarebbe stato
migliorato se ci fosse stato più tempo. L'autore ricorda che la copertura della stazione ferroviaria di Milano,
con luci variabili da 75 a 25 m, corrisponde ad un peso dell'ordine di 150 kg/mq di superficie coperta,
conteggiati in proiezione orizzontale.
Sulla copertura è stata lasciata una luce zenitale piuttosto limitata e all'interno è stato ottenuto un notevole
effetto estetico. Il lucernario dovrebbe essere ampliato nel prossimo futuro.
I materiali della struttura sono in acciaio dolce, saldati in officina e assemblati in loco con bulloneria serrata
con martinetti pneumatici.
La deformazione calcolata per la chiave con sovraccarico di 100 kg/mq è stata di 112mm, mentre nelle
prove di carico era di soli 70 mm.
La variazione di freccia in chiave per una variazione di temperatura di 10 °C è di 20mm. Le tensioni del
carico di lavoro sono sempre state mantenute inferiori a 14 kg/mmq,
La spinta trasmessa da ciascuna capriata alla soletta di sostegno è di 50 tonnellate, valore doppio rispetto
alla parte curva.
Informes de la Construcciòn Vol. 12, n° 120 Abril de 1960
Traduzione fausto Giovannardi

Sotto :SIRBeC scheda AFRLIMM-IMM-u3030-002635


1952 Copertura dello Stabilimento della SATAM a Maccio di Villaguardia – Como
Villa Guardia, via Vittorio Veneto 36
SATAM - Società per azioni tessuti alta moda spa di Milano

Questo piccolo stabilimento è una delle molte fabbriche che sorsero nel territorio comasco nel periodo della
ricostruzione. Il progetto è dell’ingegnere Gabriele Giussani, figura non secondaria del razionalismo
Comasco formatosi attorno a Giuseppe Terragni, che ha realizzato un edificio di grande semplicità, eleganza
e funzionalità. In origine ad un solo piano, con struttura in cemento armato, allineato lungo la via, con
l’ingresso al centro e ai lati i reparti preparazione e spedizione, nonché l’ufficio della direzione, oltre ad un
grande spazio retrostante, dove erano collocati i telai, coperto a shed con struttura metallica “Covre”,
realizzata dalla Badoni di Lecco.
Fonti:

SC15 Journal del Lago di Como, Lecco e Brianza


XXCO: l’architettura del territorio comasco durante il XX secolo
Fabio Cani 9 marzo 2016

SIRBeC scheda AFRLIMM - IMM-6m030-0000926

Como (CO), Museo Didattico della Seta, SATAM - Stabilimento di Maccio, n.d
1954 Appalto concorso per lo stadio Nazionale (poi Flaminio), viale Tiziano Roma

In occasione delle Olimpiadi di Roma vennero indette una serie di gare per la costruzione d’impianti e
infrastrutture, quattro di queste sono assegnate alla Nervi & Bartoli, Società di Pier Luigi Nervi: il Palazzetto
dello Sport (1956- 57) con Annibale Vitellozzi; lo Stadio Nazionale, poi Flaminio (1957-59) con Antonio Nervi;
il Palazzo dello Sport (1958-60) con Marcello Piacentini, e il viadotto di Corso Francia. Gli architetti Cesare
Ligini e Silvano Ricci, con l’ing. Dagoberto Ortensi - Studio Tecnico Impianti Sportivi - vincono quella del
velodromo, dopo aver partecipato anche a quella dello Stadio Flaminio con la SOGENE dove il progetto
della pensilina in ferro è di Gino Covre per la Badoni.

Fonte : archivio Cesare Ligini - Soprintendenza archivistica per il Lazio

Cesare Ligini Velodromo


Olimpico Roma, 1958-60
Archivio Centrale dello Stato,
Archivio Cesare Ligini

Sulla sinistra la grande pensilina


in alluminio.

Il velodromo è stato demolito


nel 2008.
1955-56 Officina Meccanica Olivetti, San Bernardo d’Ivrea
Progetto architettonico: arch. Eduardo Vittoria
Strutture: Gino Covre per la Badoni

La decisione di Adriano Olivetti di ampliare il complesso delle Officine Olivetti (ICO, dal nome del fondatore
Ingegner Camillo Olivetti) a Ivrea, porta al trasferimento a San Bernardo d'Ivrea, della O.M.O. (Officina per
la progettazione e la produzione di macchine utensili, su progetto dell’architetto napoletano Eduardo Vittoria.
I tempi per la progettazione e la costruzione furono strettissimi e quindi obbligato il ricorso a strutture
prefabbricate, in particolare del tipo metallico, per le quali l’arch.Vittoria aveva un particolare favore.
Per l’edificio principale della OMO ed anche per alcuni capannoni provvisori, si fece riferimento alla Badoni,
con le strutture “Covre”.

Foto tratta da Archivio personale Giuseppe Riccardo Badoni - casa Badoni Lecco
La nuova OMO è un grande edificio con le strutture interamente in acciaio, chiuso esteriormente da un
curtain-wall continuo, caratterizzato dalle fasce di serramenti in ferro, dai marcapiano in pannelli di cemento
bianco e dal coronamento piano sul bordo che nasconde gli shed posti al di sopra delle aree di lavorazione;
le parti metalliche sono colorate di blu per identificare le aree produttive. Gli uffici di produzione sono
compresi nell’altezza complessiva dell’officina, ma distribuiti su tre piani, con la parete che li separa dalla
produzione è caratterizzata da estese superfici vetrate, che connettono visivamente i due spazi.
La grande struttura (120x65 circa) è basata su una fondazioni a platea di calcestruzzo armato,vibrato e
lisciato poggiante su terreno stabilizzato. Quattro navate di 16 metri per 110 di lunghezza, formano lo spazio
per la produzione, con le campate composte da pilastri distanti 8 metri, formati da un tubolare centrale
protetto da due elementi a C, di colore blu, che sostengono una robusta trave reticolare spaziale, che
sostiene il carroponte per carichi particolarmente elevati (da 2 a 12 tonnellate).e la copertura a shed, nelle
campate centrali dell’officina, e piana nelle due campate esterne, per contenere i controventi di piano oltre
allo scopo di mantenere orizzontale il filo di gronda laterale del corpo di fabbrica.
Tutta la testata a sud è occupata dagli uffici, posti su tre livelli, con al piano terra i servizi tecnici di officina, al
primo la direzione e al terzo l'ufficio progetti. Le scale, metalliche, rivestite in gomma a bolli, ed i servizi
igienici si trovano nelle due testate laterali.
La struttura è del tipo a telaio, con pilastri in tubo quadrato e travi di profilati alleggeriti da forature circolari.

Fonti:

Archivio Badoni Comm. 10275 – Soc. Olivetti, struttura Covre per officina OMO, Ivrea (Italia)

IUAV Atlante dell'architettura italiana degli anni '50 e '60. Figure, Forme, Tecniche costruttive. Scheda n. 92
Redattore scheda: Skansi Luka

Abitare la fabbrica.Gli interni dell'architettura per la produzione.


Dottoranda: arch. Marta Averna Tutore: prof. Roberto Rizzi Coordinatore:prof. Cesare Stevan
POLITECNICO DI MILANO - Scuola di Dottorato di Ricerca
UNIVERSITA' DEGLI STUDI FEDERICO II - NAPOLI – DIPARTIMENTO DI PROGETTAZIONE URBANA
Corso di Dottorato in Architettura degli Interni e Allestimento
Dipartimento di Progettazione dell'Architettura XVII ciclo
Milano, aprile 2005, Pag 350,351

Massimo Perriccioli, Pietro Nunziante,


Eduardo Vittoria. Il pensiero progettante di un architetto Olivettiano
Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Napoli Federico II, Italia
TECHNE 18 2019 128 ISSN online: 2239-0243 © 2019 Firenze University Press
1956-59 Fabbrica Pisana “S
Saint Gobain Chauny & Cirey” Stabili
ilimento di Caserta
Nella ricostruzione dell’Italia distrutt
tta dalla guerra, la Fabbrica Pisana di Specchi e Lastre Colate di Vetro
della Soc. Anon. Saint Gobain, prog ogetta di costruire una fabbrica di vetro a Caserta ta. Il costo del progetto è
stimato in Lit. 5,45 miliardi. Lo stab bilimento di Caserta, che sarà simile allo stabilimlimento di Pisa, avrà una
capacità di 100 tonnellate di vetro al giorno, da cui l'Azienda produrrà annualmente 6 650.000 metri quadrati di
vetro piano e 1,0 milioni di metri quauadrati di vetro pressato . Il processo sarà continu
nuo. Tranne una porzione
di sabbie silicee; tutti i materiali grezzi
g sono disponibili in Italia. Nel sito dell'im
impianto sono accessibili
adeguate strutture di trasporto, ele lettricità e acqua. Nel 1956 i piani di costruzione e erano completati ed il
tempo per la costruzione stimato a due anni dall'ottenimento del finanziamento, rich ichiesto alla International
Bank for reconstruction and devel elopment.

I lavori sono eseguiti dalla Badon oni, che così ne


rendiconta:
Il complesso industriale è realizzat ato in carpenteria
metallica con le strutture impostate su
sottostrutture in cemento armato,, rese necessarie
oltre che da ragioni tecnologiche he particolari al
genere d’impianto, anche dalla co onformazione del
terreno. Il concetto informativo generale
g seguito
nella progettazione é stato quello lo di uniformare,
per quanto possibile, le stru rutture principali
portanti adottando passi longitudin inali costanti fra
le intelaiature principali, Queste
Q sono
normalmente costituite da telai ai a padiglione
muniti di tiranti. Dalla calcolazione e è risultato che
questo schema poteva essere rido dotto a quello di
una centina con tirante reggispintta, articolata alle
imposte sui ritti incastrati al piede.
e.
La composizione adottata è basa ata sul concetto
delle strutture “Covre” che abbia iamo cercato di
chiarire nella descrizione generrale di questo
fascicolo.
Il complesso dei fabbricati si este tende su 40.000
mq. coperti ed ha richiesto l'im impiego di circa
2.500 Tonn. di acciaio.
Il calcolo è stato condotto co considerando un
carico di neve di 50 Kg./mg. e vento di 100
Kg./mq.
Il Fabbricato Forno C.C. Stampato ha un corpo principale di mt.25 x 115,30 servito da gru da 2 Tonn. Nel
corpo laterale vi sono due tramogge. Nella Fig.19 si nota la composizione delle strutture di copertura.
Il Fabbricato “Twin Doucis” è a due navate di 18 e 11 mt. di luce e lunghezza di mt.184, servito da carriponte
da 25 Tonn. La navata da 11 mt. è caratterizzata da solai continui ed a sbalzo che devono sopportare un
carico di 1000 kg/mq.
Il fabbricato Poli-continu ha una luce di mt. 18 e lunghezza di mt.176,70 con giunto di dilatazione, è
servito da gru da 25 Ton.
Sul corpo laterale è praticato un solaio a due sbalzi..
E' da notare la composizione del portale di irrigidimento longitudinale.
Il fabbricato Lavaggio e Stima copre un’area di mt. 18x 56,70.
L'architettura metallica è facilmente analizzabile anche nelle sue caratteristiche funzionali.
Il Magazzino vetro Lustro è su corpo trinato di mt. 18x100,35. Ogni navata è di gru a ponte.
La prima navata prosegue sull’allineamento del Lavaggio e Stima.
Officina Meccanica e Magazzino Generale sono in corpo unico con copertura a shed su luci da mt.20 e
lunghezza di mt.100.
Nella campata scorrono gru da 6 Tonn. I due corpi laterali parziali hanno luce di mt. 10 e copertura ad arco.
1956-61 Stazione di Milano Porta Garibaldi
Progetto: Arch. G.Minoletti, S. Bonamico ed altri
Progetto delle strutture: Gino Covre per la Badoni

Nel 1956 viene indetto un concorso per la progettazione dell’edificio viaggiatori della stazione Porta Nuova,
detta anche "delle Varesine, e per la sistemazione dell’area circostante. Il concorso fu vinto ex aequo da due
gruppi di progettazione: il primo capeggiato da Giulio Minoletti e il secondo composto da quattro architetti e
ingegneri, romani (Sergio Bonamico, Franco e Guido Gigli e Dante Jannicelli).
L’incarico venne assegnato all’insieme dei due gruppi vincitori, ed il risultato è molto ridotto rispetto alle
soluzioni originarie. L’idea è che la stazione possa essere risolta come una sorta di grande piazza coperta,
con gli elementi strutturali che ne definiscono la “forma” e la sostanza. La stazione Garibaldi, nella sostanza
è una grande piastra di copertura formata da otto grandi travi metalliche appoggiate su una serie di pilastri
anch’essi in ferro, con due grandi sbalzi laterali di 24 metri, che escono dalle leggere superfici vetrate
sottostanti che definiscono lo spazio chiuso sottostante, completamente libero.
I lavori iniziarono nel 1958 e proseguirono fino all’apertura il 5 novembre 1961.

“Un’architettura in ferro, nella quale non è stato concepito alcun dualismo tra struttura e architettura,
l’una essendo totalmente integrata nell’altra. Da ciò l’essenzialità delle soluzioni adottate, con le
grandi travi continue a parete piena prolungate al di là degli appoggi a formare due sbalzi uguali di
24 metri, come copertura della galleria delle carrozze e della galleria di testa: gli elementi di
completamento tengono rigoroso conto di questa condizione di base e si sviluppano come coerente
integrazione di una moderna costruzione metallica”.
S. Bonamico, E. Gentili Tedeschi, F. Gigli,
G. Gigli, D. Jannicelli, G. Minoletti, M. Tevarotto
Stazione ferroviaria di Porta Garibaldi, Milano
in Lotus Architectural Annual 1964-1965,
Lotus 1, 1964

La composizione metallica ricorre naturalmente ad opportuni collegamenti fra i vari organi


costitutivi, per i quali nel passato, anche recente, risultavano prevalenti quelli di chiodatura e di
bullonatura. Il collegamento per saldatura, in un primo tempo autogena e prevalentemente
ossiacetilenica, ha subito una radicale innovazione con la comparsa della saldatura elettrica,
procedimento, che affacciatosi timidamente nella pratica costruttiva un trentennio fa circa, ha
subito rapidamente una evoluzione nei suoi concetti formativi, nella sua tecnologia e nella
varietà di forme nelle quali può essere utilizzata, da rivoluzionare radicalmente la tecnica
costruttiva rendendo fra l’altro possibili schemi statici e pertanto anche architetture
conseguenti, del tutto impensabili per il passato. …
Prendiamo ad esempio il caso di un nodo rigido quale può presentar arsi su di un fabbricato
multipiano o su strutturee a telai in genere. Se esso é realizzato per er saldatura elettrica si
presenta per esempio com me alla fig.6.19 che riproduce un collegamentoo di forza della Stazione
Porta Garibaldi di Milanono (fig.6.20).Osservando questo giunto possia siamo renderci conto di
quale enorme sviluppo di saldatura sia da realizzare in condizioni spesso sp di sopratesta e
pertanto di particolare diff
ifficile esecuzione e buona riuscita. Se si voles
lesse trasformare questo
giunto con bullonatura A A.R. bisognerebbe ricorrere ad una forma costruttiva tipo quella
riprodotta nella fig. 6.21,, che comporta qualche maggiore preparazion one in officina, in ogni
caso non dispendiosa e d di possibile e comodo controllo, ma consen ente un montaggio cosi
rapido e sicuro da renderere intuibile i vantaggi che si possono cosi conse
seguire.
Naturalmente questi giun unti con bulloni A.R.
possono e devono variar are comportamento col
problema statico che sonono chiamati a risolvere.
Un semplice giunto dii trave inflessa riesce
molto semplicemente re realizzato secondo un
sistema a coprigiunto (fig.. 6.22).

Problemi delle costruzioni


co in acciaio
Ed. Cremonese,, 1967
Grandi Strutture
e
Dott. Ing. Gino Covre

fig. 6.19. Stazione Porta Garibald


baldi (ex Porta Nuova),
Milano: assonometria del collegam
egamento dell’architrave
superiore con il ritto.

fig. 6.20. Stazione Porta Garibald


baldi (ex Porta Nuova),
Milano: vista delle travi principal
cipali con sbalzi di ml.
24,50.
1957-60 Copertura dell’Aer
erostazione di Fiumicino
A Fiumicino nel 1956 ebbero inizio i lavori con la costruzione delle piste, poi con le p
prossime Olimpiadi, ebbe
un’accelerazione e si arricchì nell’ ll’arco di pochi anni degli accasermamenti dell’a’aeronautica (su progetto
iniziale dell’architetto Libera) e de ell’aerostazione passeggeri a seguito di un co oncorso d’appalto a cui
parteciparono in otto (primi di dic icembre 1957). Nell’aprile 1958 venne dichiara rato vincitore il progetto
presentato dall’impresa Povera e Carassi a firma dell’ing. Riccardo Morand di e dell’arch. Zavitteri,
imponendogli però una sostanziale e revisione funzionale, rielaborandolo con un altro
ro dei progetti presentati,
quello degli architetti Monaco e Lu uccichenti. Il progetto di Luccichenti - Monaco - Moranti – Zavitteri, fu
approvato dal Consiglio superiore dei lavori pubblici nell’agosto 1958 e consiste teva in una sola grande
aerostazione centrale che avrebbe altresì consentito notevoli riduzioni dei costi dii g gestione. I lavori ebbero
subito inizio e furono completati in 21 2 mesi, con l’inaugurazione il 29 agosto 1960 a meno di una settimana
dall’inizio della XVII edizione delle Olimpiadi.
O
La copertura, progettata da Gino C Covre ed eseguita dalla Badoni, è composta d da travi reticolari su tre
appoggi, lunghe 65 metri, ognuna na rivestita in lamiera d’acciaio ed affiancate a formare la copertura
dell’aerostazione.

… il corpo di fabbrica è div


diventato unico e caratterizzato, al centro, da un n grande ambiente per i
servizi di stazione veri e propri; lun
ngo il perimetro una struttura verticale di grandii piloni architravati in c.a.
sostengono la copertura in acciaio a profilo grecato.
Giorgrgio Boaga
Ricca
cardo Morandi
Zanicichelli, 1984

Problemi delle costruzioni in acciaio


Ed. Cremones
nese, 1967
Grandi Strutt
trutture
Dott. Ing.. Gino
Gin Covre
In particolare una applicazione d di certo interesse realizzata su pareti sottilis
ilissime (pochi decimi di
mm.) e su scala inconsueta (circ rca 20.000 mq. con l’impiego di 1.000 solette di acciaio) é quella da
me ideata e realizzata per la copopertura dell’Aerostazione di Fiumicino su proge
getto architettonico degli
architetti Luccichenti, Monaco e Zavitteri e dell’ing. Morandi (figg. 6.11-6.12-66.13). In quest’opera i
collegamenti dei vari elementi e degli irrigidimenti sono stati realizzati in buuona parte con punti di
saldatura elettrica che rispondono
o praticamente alla funzione di un vero e propoprio chiodo.

Fig.6.11 Aerostazione di Fiumicino:


o: ccopertura vista
nell’interno.

Fig. 6.12 Aerostazione di Fiumicino


Fig.6.13 Aerostazione di Fiumicino.

schema trave di copertura.

profilo e pianta della trave.

schema di calcolo della trave.


1957-61 La Rinascente a Roma
Piazza Fiume, Roma

Progetto architettonico: Franco Albini e Franca Helg


Progetto delle strutture metalliche: Gino Covre
Direttore lavori: dott. ing. Aldo Rivarola
Superficie lorda: mq 11.060
Piani: 7 piani fuori terra e 3 piani interrati
Costruzione: 1957-61 imprese Castelli Costruzioni edilizie SpA e Antonio Badoni
Apertura 18 settembre 1961
Premio regionale IN/ARCH per il Lazio 1963.

L’edificio è costituito da sei piani fuori terra (di cui quattro adibiti alla vendita, il quinto per le riserve di merce
e l’ultimo per gli uffici) e tre sotterranei destinati ad impianti e servizi. La maglia strutturale è in ferro dal primo
sotterraneo alla copertura. Il tamponamento, realizzato con pannelli prefabbricati in graniglia di granito e
marmo rosso, è studiato per contenere le canalizzazioni degli impianti. Anche in questo edificio, dove il
linguaggio architettonico si arricchisce degli esiti di una sempre più affinata ricerca tecnologica, è possibile
leggere quel rapporto tra modernità e tradizione che è un tema costante nella riflessione di Franco Albini. La
Rinascente si colloca nel contesto della città di Roma cogliendo una serie di suggestioni del suo ambiente e
dei suoi colori e riferendosi alla tradizione storica dei palazzi rinascimentali e delle vicine mura aureliane.

Scheda da Fondazione Franco Albini, Milano

La struttura metallica è impostata su una struttura in c.a. che giunge fino alla quota -10m comprendente due
piani destinati a magazzini e servizi. L'orditura principale della struttura metallica corre in senso
longitudinale; i solai, in lamiera nervata, poggiano sulla travatura secondaria costituita da putrelle di ferro
perpendicolari alla facciata. La struttura verticale e orizzontale rimane in vista lungo il perimetro dell'edificio.
La struttura è protetta (per esigenze dei v.d.f.), all'interno, da uno strato di amianto e cemento. I muri sono in
pannelli prefabbricati leggeri in graniglia di granito e marmo rosso. I pannelli sono studiati in modo da
contenere le canalizzazioni verticali del'impianto di condizionamento e dell'impianto di spegnimento incendi e
i pluviali. Le canalizzazioni orizzontali corrono in una cornice marcapiano di lamiera. Al perimetro della
copertura corre una rotaia per il carrello necessario per la pulizia della facciata. La struttura esterna in vista è
verniciata in grigio scuro. Elemento originale dell’edificio è una scala elicoidale realizzata completamente in
acciaio, con correnti sagomati e gradini in lamiera irrigidita da nervature saldate.

IUAV Atlante dell'architettura italiana degli anni '50 e '60.


Figure, Forme, Tecniche costruttive.
Scheda n. 63 Redattore Skansi Luka
L'edificio è composto da un corpo principale all'angolo fra via Salaria, lungo la quale presenta la
estensione maggiore di 50 m e corso Italia, dove assume lo sviluppo di 18 m. (fig. 1).
La struttura metallica è impostata su di una sottostruttura in cemento armato che giunge fino a
quota — 10,60.
i ritti metallici iniziano a quota -4 e giungono a m 23,70, in corrispondenza del piano di gronda,
comprendendo otto piani di solai dove si dispongono saloni fino a 9 m di luce con sovraccarichi
accidentali che vanno da 60 a 800 Kg/mq.
Lo schema statico è rappresentato da una serie di telai multipli a due campate uguali di 9 m di
interasse fra i pilastri. I ritti intermedi sono costituiti da colonne tubolari cilindriche di acciaio riempite
di calcestruzzo di cemento vibrato, opportunamente amarrate alla struttura in c.a, (fig. 5).
Gli architravi trasversali dei telai sono sdoppiati in due grossi elementi a «C» resi solidali alle
colonne per mezzo di piastre e nervature d’irrigidimento saldate al montaggio (fig. 3).
Sugli architravi longitudinali si scaricano le travi secondarie a «I», sulle quali è fissato solidalmente
il solaio in lamiera grecata e getto di estradosso di calcestruzzo leggero.
L'edificio è dotato di due scale interne di accesso al pubblico, oltre quelle mobili ed altre di servizio,
Una al centro dei saloni (fig. 7) costituita da travi principali. di rampa a ginocchio, scatolate ed una
seconda ad andamento elicoidale con ossature principali portanti pure scatolate (fig. 8).
L'orditura portante di copertura è di tipo tradizionale, caratterizzata però da aggetto di gronda assai
marcato e completato da telai a riquadri orizzontali a giorno che sostengono la rotaia per lo
scorrimento dei carrelli mobili previsti per la manutenzione delle facciate.
Ad eccezione degli elementi architettonici di facciata (ritti e marcapiano) lasciati in vista, tutti gli
altri elementi strutturali metallici sono rivestiti da protezione antincendio, sistema Limpet, costituita da
miscela cementizia e amianto applicata a spruzzo.
Il volume vuoto per pieno dell’edificio è di 33.000 mc.
Il complesso delle strutture metalliche ha richiesto l’impiego di 1100 ton d'acciaio tipo Aq 42 e di
200 ton di profilati grecati di solaio. Elettrodi impiegati al montaggio: 150.000.
Pubblicazione della Antonio Badoni – Lecco 1970

Nota.
Prima dell’incarico a Albini Helg, Aldo Borletti, patron de la Rinascente, aveva incaricato Ignazio Gardella,
insieme a Pier Luigi Nervi e ad un comitato di progetto che include Giulio Carlo Argan del progetto di
ricostruire la prima sede romana del grande magazzino.
Fonte Centro Studi e Archivio della Comunicazione. Università degli Studi di Parma

Bibliografia:
Progetto per un grande magazzino a Roma, in "Casabella-continuità", n.241, luglio 1960, pp. 18-25;
Un grande magazzino a Roma, in "Casabella-continuità", n.257, novembre 1961, pp. 2-13.
Albini-Helg. La Rinascente. Disegni e progetto de la rinascente di Roma -Abitare Segesta Milano, 1982;
Informes de la Construcción Vol. 19, nº 182 Julio de 1966
Foto Oscar Savio, Informes de la Construcción
1958 Cartiera Avezzano
Societa’ Idroelettrica Lirii S.p.A.
S
Le politiche d’industrializzazione proromosse dall’Ente Fucino, già l'Ente per la coloniz izzazione della Maremma
e del Fucino , favorirono la nascita ta della cartiera, gestita dalla famiglia Torlonia atttraverso la SIL (Società
Idroelettrica Liri) finanziata dall’ISVE
EIMER (Istituto per lo Sviluppo Economico dell’I l’Italia Meridionale) che si
occupava principalmente di finanzi ziare con tassi agevolati, la creazione di nuovii impianti industriali delle
imprese del mezzogiorno d’Italia. La cartiera di Avezzano in seguito è passata ad altre a società, in ultimo al
BURGO Group Spa.

Il complesso del fabbrica cati, formanti l’impianto di una grande cartierara, è realizzato per la
maggior parte con strutturure metalliche. Nei calcoli di queste strutture ssi è dovuto tener conto
dei carichi per effetto sism
smico. Le strutture sono state studiate, nella maggior
m parte del casi,
come portali incastrati al piede. La composizione adottata é stata p particolarmente studiata
dall'Ing. Covre con risultat
ati molto brillanti. Il complesso si estende suu 20.000 mq. coperti di
cui una parte, e precisam mente il fabbricato Cellulosa, è su sei pianii di mq. 726 ognuno. Il
peso dell'acciaio in operaa è di circa 1.400 Tonn.
La costruzione è eseguita completamente saldata e montata in opera a bulloni.

Il fabbricato Macchina Cont ntinua ed Allestimento copre un’area lunga mt. 1 163,50 con una luce di
mt.18. Esso è formato da a una serie dl portali principali e secondari, chec portano sulla parte
piana della architrave un a ampio lucernario di forma triangolare. Nell’inter
erno vi sono due piani di
scorrimento sovrapposti, qu uello superiore permette lo scorrimento di una na gru da 20 Tonn., e
quella inferiore di una gruu da 74 Tonn.
Affiancato al fabbricato vii è un’appendice con luce dl mt. 6 per una lung nghezza di mt.134.
In Fig.5 (a lato) è
rappresentato il Magazzino
Carta e Cernita di mq. 3685
su tre navate affiancate, di cui
due servite da gru.

In Fig. 6 (sotto) si nota


l’incrocio del Fabbricato
Macchina Continua col
Fabbricato Preparazione
impasti.

Il Fabbricato Cellulosa è su sei piani di circa mq. 726 ciascuno. La struttura è stata calcolata come
telaio multipiano su un area di mt, 16,50 x 44. Le colonne sostengono gli impalcati costituiti da travi
orizzontali, che sopportano le solette in cemento armato, atte a portare un sovraccarico di 1500 kg/mq.
In fig. 10 sono rappresentate le Tettoie
Te Paglia formate da centine poligonali, impo
postate su ritti.

In fig. 11 vediamo il Magazzino Cellulosa.


C
La struttura principale ripete il mot
otivo dei portali, di composizione elegante, con architrave
a che sostiene
un ampio lucernario centrale.

Fonte Pubblicazione Badoni Industri


trie Leggere e Magazzini 1970
Il Palazzo del Lavoro alla Esposizione “Italia 61” di Torino
Progetto Pierluigi ed Antonio Nervi
Progetto delle strutture metalliche Gino Covre

Locandina di Italia ’61 (© Archivio di Stato di Torino).

Per il 1961, ricorrrenza del primo Centenario dell’Unità d’Italia, viene organizzata a Torino una
esposizione internazionale dal titolo Italia ’61. L’area viene scelta a Nizza Millefonti, quartiere a sud-est
della città, dove vi è la presenza del comprensorio del Lingotto. L’area ospiterà nello stesso anno anche
l’Expo di Torino (ufficialmente Esposizione Internazionale del Lavoro).
Tra gli edifici costruiti si ricordano il Palazzo a Vela, di Franco Levi ed i padiglioni per la Mostra delle
Regioni, progettati da Nello Renacco e premiati dall’IN/ARCH, ma sopra tutti il Palazzo del Lavoro, in cui fu
allestita la grande mostra sul lavoro presieduta da Giovanni Agnelli.
Il 4 luglio 1959 venne indetto il concorso per il progetto del Palazzo del Lavoro, da presentare in tre mesi,
con l’impegno per il vincitore della costruzione in un anno. Partecipano sei imprese, tra cui la Nervi & Bartoli
con Pier Luigi Nervi ed il figlio Antonio, con la collaborazione di Gino Covre. Il progetto risulta vincitore,
anche per le caratteristiche che gli assicurano di rientrare negli strettissimi tempi di costruzione e prevede la
realizzazione di un parallelepipedo a base quadrata, attraverso l’affiancamento di elementi isolati a formare
un’unica grande copertura di 160x160 metri. Un sistema modulare, in grado di consentire il progredire in
parallelo di strutture e finiture, riducendo in questo modo i tempi di edificazione del palazzo.
I lavori iniziarono nel febbraio del 1960 e si conclusero, come da contratto, alla fine di dicembre.
ll cantiere fu gestito alla perfezione. I pilastri e la relativa unità di copertura, vennero realizzati con uno
sfasamento temporale di un mese, partendo dai pilastri perimetrali, interessati da un solaio intermedio e dal
tamponamento perimetrale, che furono eseguiti in contemporanea all’avanzamento della copertura.
L’edificio è caratterizzato dalla suddivisione della copertura in 16 elementi quadrati di 40 m per lato, separati
da strisce vetrate continue e larghe circa 2 metri, con la funzione di lucernario. Ognuna delle piastre di
copertura è retta da un pilastro a fungo in cemento armato alto 20 m. che parte da una base
cruciforme, per raccordarsi alla copertura con un capitello circolare troncoconico amarrato mediante
tirafondi alla struttura cementizia ed una corona poliedrica raccordata al tamburo di incastro delle
venti mensole metalliche a I a sbalzo collegate da una trave perimetrale che funge da elemento di
irrigidimento dell’intero sistema. Le travi della copertura vennero realizzate in officina e trasportate in
cantiere dalla Badoni.
Ogni pilastro, per la parte in calcestruzzo, attraverso l’uso di una cassaforma auto portante, composta di sei
pezzi, veniva gettato interamente in un giorno e disarmato dopo dieci.
Alla quota di 5,10 m. vi è un solaio lungo tutto il perimetro con una profondità di 18 metri, sorretto
da pilastri circolari indipendenti dai grandi pilastri della copertura ed è realizzato da una soletta in
calcestruzzo nervata secondo lungo le linee isostatiche dei momenti indotti dai carichi sopportati e realizzata
con casseforme in ferro cemento mobili, secondo il procedimento utilizzato da Nervi in diversi
edifici, tra cui per esempio il lanificio Gatti a Roma.
Appena terminati i pilastri perimetrali con i loro ombrelli metallici, iniziarono le operazioni di costruzione
delle facciate, con i grandi pannelli, completamente vetrati, con palette frangisole nei fronti est, sud e
ovest, la cui inclinazione cambia sulla base dell’esposizione eliotermica.

Nello spazio così realizzato venne allestita la mostra dedicata al lavoro umano in occasione del centenario
dell’Unità d’Italia, su progetto coordinato dall’architetto Gio Ponti, che vede coinvolta la cultura artistica e
architettonica più avanzata dell’epoca, da Ettore Sottsass a Marco Zanuso, da Lucio Fontana a Bruno
Munari.
Pier Luigi Nervi
Architettura strutturale con riferimento al Palazzo del lavoro (estratto)
ATTI E RASSEGNA TECNICA. DELLA SOCIETA INGEGNERI E ARCHITETTI di TORINO
NUOVA SERIE - A. 15 - N. 6 - GIUGNO 1961

Questo edificio è nato da necessità obiettive, con le quali è inutile voler discutere; e per me quelle
sicuramente indiscutibili erano rappresentate dal fattore tempo. Il periodo nel quale dovevo realizzare
il fabbricato era inferiore ad un anno;…. La brevità del tempo e la grandiosità dell'edificio di 25.000
metri quadrati coperti, richiesti nel Bando dell'appalto-concorso, chiudevano qualunque strada che non
fosse quella di uno schema, di una idea, di una trovata, che semplificasse il fatto costruttivo e lo
rendesse fattibile in serie. Occorreva trovare il modo, ultimata una parte, di passare alle finiture,
senza trovarsi al disarmo generale con moltissimo lavoro ancora da svolgere. …
Quindi, mentre dibattevamo in studio questo problema, ed eravamo sul punto di dire: “ ringraziamo e
non ne facciamo niente”, uno dei miei figli, Antonio, disse: “ Perchè non usiamo degli elementi isolati?”
È bastata questa idea per sciogliere il dilemma, e dare avvio a una soluzione che
poi i fatti hanno dimostrato efficiente.
… è nato dunque il concetto di poter affiancare tanti elementi isolati l'uno all'altro, invece di realizzare
una unica grande copertura, e la conseguente possibilità di costruirli con ordinata progressività, di
modo che, finito un certo numero di essi, si potesse addirittura gettare il solaio perimetrale, e
incominciare a collocare le vetrate. …
Da ciò la soluzione base, la divisione del grande spazio di copertura in un determinato numero di
superfici autosufficienti, autoportanti e quindi autoeseguibili.

Si doveva poi risolvere lo schema architettonico delle raggiere nel capitellone; del passaggio cioè
dalla colonna ali' ombrello propriamente detto. Mi sembra che ciò sia riuscito abbastanza bene,
malgrado che sia stato necessario operare il passaggio dal cemento armato al ferro, lasciando il più
possibile intatto lo schema architettonico già deciso. Ho interpellato sull'argomento l'Ing. Covre, (che
ha studiato e definito il progetto
esecutivo della struttura in ferro) che
mi rassicurò: “ Senz'altro, - mi disse,
-ciò si può far benissimo; le
dimensioni che hai disposto per il
cemento armato, vanno bene anche
per il ferro “ . Ecco come il problema
si è risolto. Era un problema che
presentava delle difficoltà
praticamente insolubili; invece esso si
è sciolto ed è stato possibile
presentare un'offerta per
la costruzione e mantenere l'impegno
poi assunto.

Un 'altra struttura abbastanza


importante dal punto di vista statico,
è quella delle vetrate; la vetrata è
alta una ventina di metri e quindi
prende una notevole spinta per
l'azione del vento. Ancora una volta
ho pensato che fosse opportuno
dividere le funzioni secondo il
suggerimento dei fatti.
Abbiamo quindi progettato una
struttura esterna costituita da fusi con
dimensioni che si avvicinano
ali 'uniforme resistenza; essi sono fatti
in lamiera di ferro e sono stati
studiati dal punto di vista esecutivo
dall'Ing. Covre.

Gino Covre
Ingegnere Consulente della “Antonio Badoni” S.p.A
Il palazzo del lavoro alla esposizione “Italia 61” di Torino
Costruzioni Metalliche n. 2 - 1961

Sommario

Le note qui espresse intendono porre in


luce il contributo dato dalla
specializzazione nel campo della
costruzione metallica, alla realizzazione
di un edificio ispirato fondamentalmente
alla composizione cementizia.
Nel settembre del 1959 venivo onorato dalla richiesta del Prof. Nervi di partecipare al concorso indetto per
la progettazione e realizzazione dell’edificio che avrebbe dovuto rappresentare la più alta manifestazione
nazionale in occasione dell’anniversario dell’Unità d’Italia. Il tema immediato di mia competenza era
sintetizzato dal modellino sottopostomi, in fibrocemento, di cm. 20 x cm. 20 qui riprodotto in fig. 1,
rappresentante un elemento della copertura dell’edificio pensato dal Nervi, in collaborazione col figlio
Arch. Antonio, come costituito da 16 corpi identici a pianta quadrata di m 40 xm 40, affidati ognuno
ad altrettante colonne in cemento armato di originale profilo e sezione, situate al centro di ciascun
riquadro. L’edificio, pertanto, che cosi risultava in pianta di m 160 x m 160, si sarebbe dovuto
realizzare con sovrastruttura in acciaio vincolata ai predetti pilastri in cemento armato ed il mio
contributo specifico avrebbe dovuto svilupparsi per la parte metallica con la risoluzione dei problemi
connessi alla fusione del sistema con quello ritti cementizi.
Poiché il concorso non si limitava alla presentazione pura di un progetto ma imponeva altresì la
sua realizzazione con la formulazione dei relativi oneri e l’assunzione delle responsabilità esecutive
conseguenti, nell’aderire alla proposta del Prof. Nervi formulavo anche la condizione che la mia

progettazione venisse suffragata dall’impegno esecutivo di un esecutore di tutta fiducia ed all’altezza


del compito non comune che si trattava di assolvere, disposto ad affiancare !Impresa di cui il Prof.
Nervi é contitolare e che sarebbe risultata pertanto presentatrice ed offerente presso il Comitato
richiedente e giudicante.
Veniva di comune accordo prescelta la «Badoni» che, accettando, compartecipò in ogni modo ed in
ogni fase al concorso.
La progettazione della struttura metallica che considerava fondamentalmente un impalcato sorretto
da 20 mensole disposte a raggiera, poteva seguire soluzioni diversificate dal prevalere delle esigenze
statiche, funzionali, estetiche ed economiche. La caratteristica di dover impostare un elemento
strutturale orizzontale in acciaio di ben 1600 mq di superficie su di una colonna in c.a., presentante
un piano di posa a corona circolare con diametro esterno di m 2,50 ed interno di m 0,80,
unitamente all’altra di dover lasciare in vista all’intradosso le nervature a sbalzo portanti, ha condotto
alla necessita di introdurre nella struttura un elemento di raccordo centrale, risultato poi
determinante anche architettonicamente, costituito da una corona poliedrica (venti diedri e pertanto
praticamente cilindrica), diaframmata, in acciaio, a sostegno delle mensole nel suo perimetro e con
amarro nel pilastro realizzato attraverso un capitello di raccordo (v. fig. 2).
Per la composizione delle mensole sono state proposte due soluzioni: quella con sezione a I ad
anima piena e con nervature verticali di irrigidimento dell’anima e l’altra, più decisamente metallica
nella sua architettura, costituita dalla nota struttura a telaio a nodi alleggeriti e a punti di momento
secondario nullo prestabiliti (v. rispettivamente tav. I e tav. II rappresentanti i disegni compositivi
della trave a sbalzo di aggetto massimo).
Dalla commissione giudicatrice venne prescelta la prima, per quanto più pesante e meno economica.
La copertura sulle mensole consta di un sistema autoportante in acciaio costituito da pannelli
risultanti dalla unione per chiodatura elettrica di particolari elementi sagomati in modo appropriato
(v. fig. 3), sistema completato da un manto coibente in perlite protetto ed impermeabilizzato a sua
volta da altro manto bitumato con finitura a graniglia.
Il complesso di ciascun elemento metallico dell’edificio é completato da una trave perimetrale a U
ad anima piena, disposta coll’anima verticale e
costituente sistema irrigidente dell’insieme delle
mensole, nonché eccellente vincolo delle anime
delle stesse atte a contrastare dannosi effetti
torsionali in dipendenza o conseguenti a
manifestazioni di instabilita elastica. Inoltre tale
trave perimetrale, rendendo solidali le estremità
delle mensole, limita le deformazioni finali per
flessione del complesso, riportando parte del
carico dalla mensola di maggiore a quella di
minore aggetto.
Il riquadro insistente su di un pilastro elementare
é dimensionato su 40 m di lato in via di
modulazione teorica.
In realtà, essendo stato deciso di dotare la
copertura di strisce illuminanti (lucernari) disposte
sui lati di ciascun riquadro (con esclusione
beninteso dei lati ricorrenti sul perimetro
dell’edificio completo), ed essendo state fissate in
m 2 la larghezza di tali strisce, ne consegue che
le dimensioni reali di costruzione del riquadro
elementare risultano di m 38. La composizione
metallica di questi lucernari é studiata in modo
da consentire le variazioni dimensionali delle
strutture dei riquadri in dipendenza di azioni
termiche ed elastiche. Essa consta essenzialmente
di incavallature a due falde solidali in colmo e
con appoggi da un lato fissi e da quello opposto
praticamente oscillanti (v. fig. 4). I ferri portavetri
sono in profilo ricavato da nastro e del tipo
senza mastice; i vetri adottati sono quelli normali
retinati di 5-6 mm di spessore.
L’accesso all’estradosso della copertura é realizzato attraverso i pozzi cilindrici dai quali sono
percorsi verticalmente e lungo il loro asse, i pilastri principali in ca. di sostegno. Appositi cunicoli,
ricavati nel blocco di fondazione, immettono nel pozzo che é stato munito di opportuna scala
metallica alla marinara che sale fino al superiore ampio vano interno al tamburo metallico, dal
quale é effettuabile l'uscita sulla copertura mediante sollevamento di un coperchio tronco conico
apribile a cerniera. Lungo questo pozzo corrono le discese dei pluviali di smaltimento delle acque
meteoriche.
L’edificio é chiuso da vetrata continua alta 19 m, corrente fra la balconata e la copertura; essa é
appoggiata ad una serie di montanti disposti con interasse di 5 m, che sono articolati al piede e
tenuti in sommità da biellette che scaricano sul tetto i soli sforzi del vento e annullano quelli dovuti
alle dilatazioni termiche.
Di questa struttura parleremo in un secondo articolo.
Il calcolo e proporzionamento delle strutture
metalliche é stato condotto nella ipotesi di carichi
accidentali, oltre che permanenti risultanti dal
dimensionamento, di neve in ragione di 150 kg/mq
di copertura e di vento a 100 kg/mq di superficie
normalmente investita. Agli effetti dei momenti
da considerarsi nei pilastri in ca. é stata considerata
l’ipotesi di un carico dissimmetrico di neve
esteso su metà riquadro e ridotto a 50 kg/mq.
Particolare cura é stata posta nello studio del
comportamento statico del tamburo cavo collegante le
mensole radiali fra loro e fra il loro complesso ed il
pilastro e ciò sia per il caso di carico accidentale
totale che per quello dissimmetrico parziale relativo al
riquadro.

In fig. 6 é riportato il diagramma di distribuzione dei


momenti sull’anello superiore del tamburo considerati
insieme alla tensione di trazione principale sul
sistema resistente ridotto allo schema di corona
circolare a telaio.
L’anello inferiore, compresso, é stato considerato
nelle stesse condizioni per quanto, estendendosi il
getto di calcestruzzo del pilastro, internamente al
capitello, fino ed oltre ad esso Je sue condizioni
statiche risultino con ciò notevolmente favorite.
Le parti fondamentali costituenti la copertura
metallica, risultano pertanto cosi distribuite:
1) un capitello tronco conico (v, fig. 10) a costolature
radiali con l’anello di base amarrato mediante
tirafondi alla struttura cementizia del sottostante
pilastro portante, struttura cementizia che prosegue in
altezza lungo la parete interna del capitello ed è resa
solidale con questa mediante staffature in tondo
preventivamente saldate alla parete stessa (v. fig. 7).
Il peso di un capitello metallico è risultato di circa 5
Tonn.
Un tamburo a corona circolare (v. fig. 7 e fig. 9 in
basso) collegato per bulloni in corrispondenza del
piano superiore del capitello. L’assiemaggio del
tamburo è stato realizzato con saldature in opera di
quattro grossi elementi uguali prefabbricati in officina.
Il peso complessivo metallico del tamburo risulta di
18 Tonn.
3) Una serie di n. 20 travi a sbalzo collegate al
tamburo in corrispondenza di altrettante nervature
radiali disposte in esso, mediante bullonatura su
doppia giuntura in corrispondenza delle anime e
mediante coprigiuntatura e bullonatura analoga in corrispondenza delle piattabande di ciascuna trave.
Le lunghezze di queste travi risultano di m 20 - m 16,50 - m 15,60 ed il loro peso corrispondente
e di tonn. 3,9 - 3 - 2,8 (v. tav. I e figg. 2 e 10).
4) Un impalcato costituito da pannelli prefabbricati in sagomati ricavati da nastro e collegati alle
Piattabande superiori delle travi a sbalzo con chiodatura Ramset. Questi pannelli sono stati
opportunamente rinforzati lungo determinate zone perimetrali nella previsione di una successiva
applicazione di condotte di aria per areazione e riscaldamento da situarsi in estradosso della
copertura (v. fig. 3).

La costruzione è stata eseguita e controllata nella sua fase realizzativa dal collaudatore nominato
dall’ Ente Committente nella persona del Prof. Ing. Augusto Cavallari Murat del Politecnico di Torino.
Fra le prove statiche a cui sono state sottoposte le strutture è opportuno segnalare quelle prescritte per
la verifica del comportamento delle travi principali a sbalzo per le quali è stato ritenuto importante verificare
non soltanto la rispondenza con i risultati di calcolo sia delle deformazioni elastiche sia delle sollecitazioni
unitarie dipendenti dai carichi verticali previsti, ma anche quella, in modo particolarissimo, della stabilità
elastica flessotorsionale delle anime e delle travi principali nel loro complesso. Tali prove sono state
condotte sulle travi di maggior lunghezza e su quelle da m 20 e 16,50 allo scopo anche di poter
dedurre sperimentalmente la deformazione elastica finale risultante dalla’ solidarietà delle travi
principali a sbalzo con quelle perimetrali di ciascun riquadro. Il dispositivo di prova é stato
congegnato in modo molto severo lasciando completamente libere da qualsiasi vincolo la testata delle
travi in prova in modo da poter verificare eventuali svergolamenti nelle condizioni peggiori di vincolo.
Tali prove hanno dato risultati del tutto favorevoli e
con una rispondenza perfetta fra deformazioni
calcolate e quelle rilevate.
Prove statiche analoghe sono state condotte nei
gusci dei ritti perimetrali di chiusura.
La qualita di acciaio impiegata per la costruzione
dei capitelli, dei tamburi e delle travi principali a
sbalzo é l’Aq 48 UNI 815 con saldature operate
con elettrodi di tipo NUFE V° B. La sollecitazione
massima derivante dal dimensionamento nelle più
sfavorevoli condizioni di carico è stata limitata a
1800 kg/cmq. Dalle prove di carico eseguite gli
estensimetri hanno però denunciato costantemente
sollecitazioni spesso notevolmente inferiori a quelle
massime dedotte analiticamente, caratteristica che
denuncia il forte contributo resistente discendente
dall’elevato grado di solidarietà realizzato con la
composizione adottata.
Per le rimanenti parti metalliche dell’edificio è stato impiegato l’acciaio A 42 con carico unitario
massimo di lavoro di 1.400 kg/cmq. Il peso metallico complessivo relativo alla copertura é risultato
di tonn. 1.960 e quello relativo ai ritti perimetrali di parete di tonn. 260. Le opere metalliche con
inizio di lavorazione in officina nel febbraio del ’60 e con inizio di montaggio nel giugno dello stesso
anno risultavano ultimate nella seconda decade di ottobre.
Gino Covre
Il Palazzo del Lavoro alla Esposizione «
Italia 61 » di Torino
Le pareti vetrate
Note di completamento su quanto pubblicato in
precedenza nel n. 2-1961.
Costruzioni Metalliche n. 3 - 1961 pagg.141-144

La composizione metallica ha trovato larga applicazione


anche nella formazione delle pareti d’ambito
dell’edificio, totalmente costituite di vetrate in cristallo.
Il problema è stato affrontato soltanto a costruzione
iniziata, presentandosi con notevoli difficoltà data
l’imponenza delle dimensioni in gioco e la necessità di
dover tener conto di innumerevoli esigenze di ordine
statico ed architettonico.
In primo luogo era indispensabile eliminare le azioni
assiali sui ritti di sostegno delle pareti, che potevano
manifestarsi in dipendenza dei cedimenti elastici delle
travi perimetrali della copertura sotto l’azione dei carichi
accidentali verticali. E ciò non soltanto per non alterare
il regime statico delle grandi travi a sbalzo della
copertura dirette verso l’esterno dell’edificio, ma anche
perché le esili mensole in calcestruzzo sulle quali i
suddetti ritti perimetrali trovano appoggio, non
sarebbero state atte a sopportare carichi notevoli.
Inoltre le insopprimibili dilatazioni termiche,
manifestandosi in senso orizzontale sulle sommità dei
ritti dovevano essere attentamente valutate e studiate,
onde evitare che eccessive deformazioni dei
telai metallici portanti i cristalli, provocassero la rottura
di questi.
La soluzione realizzata considera dei sostegni principali
verticali appropriatamente sagomati e di particolare
ideazione, destinati a reagire soltanto all’azione del
vento sulla parete vetrata, nonché alla limitatissima
azione assiale dovuta al loro peso proprio.
Tali sostegni sono articolati cardanicamente al piede
con amarro sulle opere cementizie e con biellette
orizzontali in sommità, fissate alle travi perimetrali
metalliche di bordo dei riquadri di copertura.
In tal modo i montanti e le vetrate ad essi affidate
non risentono praticamente l’effetto termico ed elastico
sia delle pareti che della copertura.
La composizione di questi ritti, come risulta dalla figura 1 segue una profilatura esterna strettamente
legata alle esigenze estetiche, pur risultando nel contempo funzionale anche nei riguardi statici.
Costruttivamente si tratta di un guscio in lamiera di acciaio di 4 mm di spessore, a sezione
variabile, irrigidito da ordinate trasversali e longitudinali in piatti dello stesso spessore, il tutto
assiemato per saldatura all’arco. In sostanza la costruzione ricorda i concetti fondamentali di quella
navale longitudinale.

Nella figura 1 si nota la conformazione delle ordinate, nella fig. n. 2 si vede una fase di saldatura
delle strutture irrigidenti, mentre nella fig. n. 3 si sta provvedendo alla saldatura del guscio. Tale
operazione viene compiuta per un semiritto, dato che questo presenta un piano di simmetria lungo
il suo asse verticale (v. tav. 1). La saldatura finale dei due semigusci darà il ritto completo.
Nelle figure n. 4 e 5 si può osservare l’appoggio cardanico del piede con la relativa mensola in
c.a. di sostegno di un ritto. Questi, in n. di 128 per l’intero edificio, hanno una lunghezza di m 19
fra le cerniere di imposta e sono collocati ad interassi di m 5; il peso metallico di ciascuno si riduce
a Kg 2.000 circa. La loro azione orizzontale resistente si manifesta con l’ausilio di traversi (v. fig. 6
e tav. I) solidali con un corrispondente montante interno, al quale fa capo l’orditura di sostegno
delle intelaiature porta cristalli realizzate in lega di alluminio (v. fig. 7). Questi traversi sono in due
parti con un collegamento a flangia a fori ovalizzati in corrispondenza della loro sezione mediana in
modo da rendere il ritto esterno a guscio, indipendente dalla vetrata agli effetti delle dilatazioni
termiche (v. fig. 5).
Una ricorrenza di frangisole disposti orizzontalmente con inclinazione costante (v. fig. 6), realizzati a
guscio in lamiera di alluminio, completa la chiusura perimetrale dell’edificio. La manutenzione esterna della
vetrata si effettua con palanchini scorrevoli lungo una
monorotaia, situata nel’intercapedine fra frangisole e
vetrata in corrispondenza dei traversi di sommità
colleganti i ritti di sostegno esterno a guscio con i
corrispondenti montanti interni delle vetrate.
Anche queste delicate strutture sono state realizzate
dalla Soc. Badoni. Esse hanno importato un peso
complessivo di sole Tonn. 256 che riferito ai mq
12.160 di superficie di pareti esterne riduce a soli Kg
21 il peso metallico a mq. L’azione del vento é stata
considerata di 100 Kg/mq di superficie normalmente
battuta ed i risultati delle prove di carico condotte su
tali ritti hanno pienamente confermato le previsioni e
le risultanze dei calcoli statici.
1960- 64 La cartiera Burgo a M
Mantova
Progetto architettonico e delle struttu
tture in calcestruzzo armato: Pier Luigi Nervi
Progetto delle strutture metalliche: Gino
G Covre

Nel 1960 le Cartiere Burgo, nei lloro piani di espansione, prevedono la costruz uzione nel complesso di
Mantova, di un nuovo fabbricato o per contenere una enorme macchina lunga p più di cento metri, che
trasforma la pasta di legno in cartaa da giornale e la avvolge in grosse bobine alla velocità di mille metri al
minuto. Nel luglio viene chiesto alla
a Badoni di Lecco, e quindi a Gino Covre, la fattibi
bilità della costruzione di
una volta metallica di 180 m di ccorda e m 27 di freccia. Una volta ricevuta la a valutazione di massima,
richiedono analogo studio all’ing. P Pier Luigi Nervi, per una volta in calcestruzzo.. Nel frattempo l’azienda
valutava necessaria una maggiore d dimensione, oltre alla possibilità di un futuro ampliiamento.
Il layout funzionale elaborato daii tecnici della Burgo, prevede una galleria della la lunghezza di circa 250
metri, larga non più di 30, e la possi
sibilità di un futuro ampliamento, per affiancare, parallelamente
pa alla prima,
una seconda macchina; comportand ndo questo di evitare sostegni lungo le facciate p per un tratto di circa 160
metri. Questo indirizzando le id idee su di una
struttura sospesa, arrivando in breve a definire
l’originalissima a soluzione poi reaalizzata in cui sono
coinvolti, per la progettazione esececutiva Gino Covre,
per la Badoni e Pierluigi Nervi perr la Nervi e Bartoli,
che oltre alle strutture in cemento armato,
a firma anche
la progettazione architettonica.

L’edificio è composto da due sistem


emi indipendenti: un
volume-involucro ed un ponte-cope ertura,

Nervi progetta il volume-involucro, o, un basamento a


due livelli in cemento armmato, evidenziato
figurativamente da un parame ento esterno in
laterizio, che sostiene la macchin ina continua per la
carta, ed il, carroponte, alla quota a del primo solaio
(+7 metri circa rispetto alla quo uota del terreno) e
contiene all’interno i macchinari per pe la preparazione
della pasta, i motori, i serbatoi, le pompe,
p le bobinatrici e calandre per la finitura, e sostiene il carroponte.
Indipendenti da questa base i due cavalletti
ca costituiti da un montante inclinato sos ostenuto da un puntone
più corto lavorante a compressio ione, secondo una forma a lambda, dell’altezza za di 47 metri, collegati
trasversalmente da travi in cemen ento armato,una a metà altezza e l’altra in so ommità in cui è inglobato
un cassone metallico in cui sono allolloggiati gli ancoraggi delle quattro catenarie cui ui sono collegati i tiranti
di appendimento delle travi princ ncipali del ponte-copertura. La forma rastremata a e le diverse inclinazioni
dei piloni corrispondono all’andam mento delle sollecitazioni trasmesse dalle cat atene di sospensione e
suggeriscono un’immagine antropom morfica di due giganti impegnati nel tiro alla fune..

Covre si occupa del ponte-copertur ura, questa è infatti la tipologia strutturale: un inintterrotto impalcato di travi
reticolari di acciaio, di dimensionii 249x30x2,5 metri pesante non più di 700 tonne ellate, composta da un
sistema di travi principali reticola lari longitudinali, collegate ortogonalmente da un’orditura secondaria,
con travi diagonali di controventa tamento, sospeso a 22 metri dal suolo, ad ottant ntaquattro barre d’acciaio
sostenute da quattro catenarie poste te a cavallo dei due cavalletti in cemento armato, posti ad una distanza di
163 metri, con due sbalzi di 43 m metri e vincolata ai cavalletti attraverso piastre di bloccaggio
longitudinali e trasversali che ne n impediscono la traslazione. Le catenarie e sono poligonali con
inviluppo parabolico, costituite da a barre in acciaio snodate formate da ferri p piatti giuntati tra loro e
collegate ai cassoni a mezzo di un u dispositivo idraulico per il controllo e la reg golazione delle tensioni.
I tiranti sono realizzati da una sequenza
se di cavi paralleli 9 45 millimetri dispo posti ad intervallo di 10
metri circa, a sostenere le travi principali
pr longitudinali della copertura vera e propria.
pr
Il pacchetto di copertura d’estrado osso, disposto su incavallature per le idonee e pendenze è costituito
da una lamiera grecata, mentre all’interno una controsoffittatura di pannelli ondulati o in vetroresina
definisce l’intradosso. Nell’intercapeedine che ne risulta viene immessa aria cond dizionata per ragioni di
coibentazione ed anticondensa.
Tra basamento e copertura è “tessu suta” la facciata continua di acciaio e vetro, proge gettata sempre da Covre,
come il tamponamento esterno dell coevo Palazzo del Lavoro di Torino. In questo ccaso, tenendo conto dei
grandi spostamenti sia orizzontali cche verticali della copertura, per le dilatazioni term rmiche e le deformazioni
dovute al variare del carichi accide entali, tutto il complesso della parete perime etrale dell’edificio è del
tutto indipendente dalla copertura..
Le pareti esterne sono costituite daa un’ossatura principale portante di pilastri della lla sezione, costituita da
uno scatolare cavo ottenuto perr unione di due elementi a C, con anima rinforzata ri (disponibile a
contenere i tubi dei pluviali colloccati ad interasse di 4,50 metri), che si rastrem emano in altezza da 90
a 35 centimetri circa, verso le d due estremità, superiore ed inferiore,incastratii al a piede sul basamento
di calcestruzzo e liberi in sommiità., posti ad interasse di 2 metri, intelaiati dai da riquadri portavetri e
collegati in sommità da una tra rave gronda. Lo spazio fra la parete e la coper ertura é realizzato con
materia plastico, in modo da conssentire i previsti movimenti ed assorbire l’azione e del vento senza danni.
La costruzione ebbe inizio a metà del 1961 con le sistemazioni del terreno e la realizzazione delle
fondazioni, per poi passare a settembre alla costruzione dei due cavalletti, con: casseforme a perdere, che
restano inglobate nella struttura finale a disegnarne il paramento esterno. Nella primavera del 1962 inizia la
costruzione della copertura metallica da parte della Badoni di Lecco.

Foto Oscar Savio – Informes de la construccion n. 174 oct. 1965


Gino Covre
Il Padiglione della “Cartiere Burgo S.p.A.” a Mantova
Costruzioni metalliche n. 3 - 1963 pagg. 147-157
Per l'installazione della nuova grande macchina continua (la maggiore in Europa} la « Burgo S.p.A.»
sottoponeva nel luglio del ’60 alle Officine Badoni di Lecco il problema della costruzione di una
volta metallica di 180 m di corda e m 27 di freccia tracciata secondo una prestabilita policentrica in
relazione alle dimensioni di ingombro presentato dalla macchina da installare nel senso della corda.
Ciò per consentire il previsto affiancamento nel futuro di altra macchina consimile ricorrendo
all'ampliamento dell’edificio mediante l'aggiunta di centine laterali di uguale profilatura e composizione.
La Committente escludeva l'opportunità di ricorrere alla soluzione più semplice di una struttura
principale portante disposta nella dimensione minima del. l’edificio in pianta, m 30, opportunamente
studiata per l’accennato ampliamento, per varie ragioni che qui torna inutile elencare.
Lo studio analitico e compositivo dell'argomento portava alla conclusione di massima espressa
graficamente nella fig. 2 con un peso metallico previsto in tonn. 1.050 (circa kg 110 per mq
coperto in p.o.) e con adozione di acciaio Aq 50. Azione di neve prevista in kg 100/mq ed il vento
a kg 80/mq con condizione di carichi sovrapposti e dissimmetrici secondo le Norme C.N.R.
Lo stesso problema veniva successivamente posto all’alta competenza del prof. Pier Luigi Nervi per
una soluzione analoga in ca. In tal caso però la proposta policentrica risultava inammissibile mentre
che una volta a profilo nell'insieme parabolico quale poteva presentarsi come più rispondente alle
esigenze statiche del sistema, finiva per assumere una corda enorme in relazione ai franchi
d’ingombro da rispettare e con spinte alle imposte di ordine tale da rendere proibitiva la spesa delle
relative fondazioni. Nel frattempo i tecnici della Committente constatavano la necessità, per

sopravvenute nuove esigenze funzionali dell'impianto, di poter disporre di una notevole maggior
lunghezza dell’edificio, il che portava ad escludere definitivamente la convenienza del dispositivo a
volta in primo tempo prospettata, indirizzando le idee su di una struttura sospesa, struttura che
dopo vari tentativi condotti su rapporti di luce e sbalzi diversi, risultò schematicamente definita come
alla fig. 3.
Lo schema statico considera una luce intermedia di m 163 e due sbalzi simmetrici di m 43.
Complessivamente la lunghezza della copertura risulta pertanto di m 249. Le strutture portanti sono
quattro ad interasse di m 10 di modo che la larghezza della struttura risulta di m 30. La freccia
della funicolare è di m 22,50 con un rapporto di 1/7 circa rispetto alla luce intermedia. Il
dimensionamento dei dispositivi di sostegno è stato considerato costante per le quattro sospensioni in
vista della necessità futura di ampliamenti laterali.
L'introduzione dei particolari ed originali pilastri in c.a. costituenti il supporto dell'intero complesso di
copertura, che è metallica, è dovuta al prof. Nervi, che ha utilizzato la distribuzione delle masse in
modo tale da ridurre al minimo le azioni flettenti sui pilastri e annullando nel contempo azioni di
tensione sui blocchi di fondazione. Ne è risultata un'architettura che caratterizza il complesso.
I quattro piloni in c.a. sono collegati due a due trasversalmente da due architravi sovrapposti

costituenti doppio portale di irrigidimento dei quali quello in sommità ha anche il compito di amarro
delle catene di sospensione. Tale architrave è a sezione cava e contiene quattro cassoni in acciaio,
costituenti gli amarri propriamente detti, colla vitale funzione di diffusione degli ingenti carichi
concentrati trasmessi dalle sospensioni all’architrave cavo in c.a.
Questi cassoni, espressi in dettaglio anche costruttivamente in fig. 10 sono stati opportunamente
studiati in modo da rispondere ad altre vitali esigenze. La più rilevante è quella connessa alla
possibilità di disporre di un comodo sistema di regolazione delle variazioni di lunghezza delle catene
di sospensione, che possono assumere valori non trascurabili sia per ragioni elastiche che per quelle
termiche. E poiché tali variazioni si risolvono in movimenti verticali di tutta la copertura, che è
soggetta pertanto a variazione di livelli e di configurazione non trascurabili, era indispensabile un
sistema di controllo e di pronta messa a punto di assoluta tranquillità. Le catene giungono pertanto
entro ai cassoni con un ancoraggio a staffe predisposto su martinetti idraulici, da sostituirsi a sedie
costituite da spessori sovrapposti, in numero adeguatamente variabile con spostamento finale da
raggiungere in sede di regolazione (fig. 11).
Ogni sospensione è regolabile, anche contemporaneamente, alle due estremità e pertanto si può
disporre complessivamente di 16 dispositivi di movimento.
Risulta dai calcoli che per una variazione termica di 40° la lunghezza delle catene di sospensione
intermedie varia di 82 mm, con la conseguenza di un possibile spostamento verticale del vertice in
mezzeria, di 110 mm. Tale valore rappresenta 1/1400 circa della luce teorica di 163 m, ossia è
dell’ordine di grandezza delle freccie elastiche delle costruzioni metalliche.
Ancora, per effetto del carico accidentale massimo (previsto in neve in relazione di 100 kg/mq di
copertura), l'allungamento delle catene risulta di 80 mm con un corrispondente abbassamento in
mezzeria della copertura di 109 mm, valore che corrisponde all’effetto termico di 40° sopra riportato.
In sede di montaggio prima, e successivamente con opportune messe a punto, la rispondenza fra
previsioni e realtà si è dimostrata perfetta. Si attribuisce la bontà di questo risultato anche alla
scelta compositiva operata nella progettazione delle catene. Per questo si è esclusa a ragion veduta
l'adozione di funi ricorrendo alla composizione delle bielle in acciaio SELCO - 53 collegato da perni
preventivamente cromati per ovvie ragioni protettive.
In tal modo, con una lavorazione di precisione si è potuto raggiungere un grado di assestamento
finale delle sospensioni scevro da variazioni sensibili successive, semplificando inoltre i collegamenti
con le sospensioni verticali (realizzate in tondo di acciaio Aq 50 con tenditori filettati di regolazione)
che dispongono di un comodo collegamento in corrispondenza dei perni di unione delle bielle
costituenti la catena.
I cassoni di amarro sono di due tipi, laterali più corti di m 5,30 di lunghezza e pesanti 13 tonn.
ciascuno; e gli intermedi, di 7 m di lunghezza, pesanti circa 17 tonn, ciascuno. Pertanto su di una
lunghezza di circa 30 m di architrave cavo in c.a. costituenti il sostegno delle sospensioni, ben
24,60 m sono in acciaio (Aq 48 per le lamiere, Aq 50 e
Aq 42 per i profilati). Le ordinate di irrigidimento collocate
all’esterno del fasciame, sono opportunamente forate per
consentire il passaggio delle barre metalliche di
armamento del c.a. I cassoni sono accessibili all’interno
ed anche all’esterno superiore, nell'intercapedine tra
parete in acciaio e cielo in calcestruzzo, cosicché
ispezioni e manutenzioni sono possibili anche per questa
parte della struttura metallica.
Lo schema statico delle quattro principali strutture portanti
è costituito dall'insieme di una funicolare tesa con una
trave irrigidente (fig. 6). Si è accennato alla composizione
delle catene e delle sospensioni; si aggiunge ora qualche
elemento sulla trave irrigidente. Essa è costituita da due
briglie a T composte con piatti saldati e collegate da aste
di parete (fig. 7), realizzanti il dispositivo a telaio con nodi
ridotti alle membrature reagenti a sforzi assiali. La trave,
alta m 1,50, è dimensionata per lo sforzo di
compressione massimo che risulta di circa 54 tonn. e per
i momenti secondari discendenti da un'azione del carico
accidentale esteso alla metà (longitudinale) della
copertura. La verifica all’instabilità elastica della trave
irrigidente è stata condotta nell’ipotesi di vincoli elastici in
corrispondenza di ciascuna sospensione verticale
(interasse di circa m 10) in contrapposizione ai carichi
verticali ivi applicati. L'acciaio impiegato è il SELCO-53
per le briglie e l’Aq 50 per i profilati. Dalla fig. 8 si può
rilevare il dispositivo di irrigidimento trasversale delle travi
principali col completamento dell’orditura secondaria sulla
quale è disposto il materiale di copertura in Alusice e il
rivestimento di intradosso in Ondulux. L'intercapedine che
ne risulta è stata creata per ragioni di coibentazione ed
anticondensa, con immissione di aria a condizionamento
appropriato.
Il carico permanente dell’orditura di copertura risulta di
70 kg/mq per la struttura metallica e di
kg 30/mq per i rivestimenti in Alusice ed Ondulux. La
componente orizzontale massima nella sospensione
centrale risulta di 184 tonn. mentre quella contrapposta
per il tratto a sbalzo raggiunge le 73 tonn. La differenza
è affidata all’azione flettente resistente della trave a
cassone di sommità in c.a.
Il problema dei vincoli dell’intero complesso ha richiesto
particolari accorgimenti. Si trattava di consentire notevoli
spostamenti orizzontali derivanti da azioni termiche con
altri verticali conseguenti sia a queste che agli
spostamenti verticali elastici dovuti ai carichi nelle diverse
condizioni di valore che potevano assumere quelli
accidentali. In primo luogo si è deciso di realizzare tutto
il complesso della parete d'ambito dell’edificio rendendolo
del tutto indipendente da quello di copertura. A tale
scopo le pareti d'ambito dispongono di un’'ossatura
principale portante costituita di pilastri a cassone in
acciaio opportunamente profilati e incastrati al piede sul
robusto complesso in c.a. costituente l'ossatura di sostegno della macchina continua e liberi in
sommità. Tali pilastri, ad interasse di m 2,00 risultano intelaiati dai riquadri portavetri e collegati in
sommità da una trave-gronda (v. figg. 16-17) in acciaio composta da elementi saldati di lamiera
sagomata e irrigidita da costole e profilati. La sutura fra zona perimetrale libera di parete e le travi
d’ambito della copertura è effettuata con materiale plastico in modo da consentire i previsti movimenti
sia verticali della copertura che orizzontali di parete derivanti dall’azione di vento.
Il complesso di copertura d'altro canto, è vincolato orizzontalmente in corrispondenza di un portale
di sostegno e nel senso longitudinale mediante appoggi a rulli verticali (v. figg. 12-13-14) che
impediscono la traslazione orizzontale longitudinale dell'insieme ma consentono gli spostamenti
verticali. In corrispondenza dell’altro portale gli spostamenti orizzontali, longitudinali e verticali sono
liberi. Il contatto orizzontale nel senso trasversale fra la copertura e i pilastri in c.a. del portale
avviene invece attraverso due piastre verticali rivestite di neoprene.
Il montaggio, eseguito dalla G.E.M. di Milano ha richiesto una attrezzatura particolare. In primo
luogo, per il montaggio dei cassoni d’amarro si è potuto utilizzare l’impalcatura tu bolare creata per
il getto degli architravi e pilastri in c.a. ricorrendo ad appropriati mezzi di sollevamento. Il delicato
problema del controllo di quote è stato risolto in modo praticamente perfetto con uno scartamento
rispetto a quello teorico, risultato inferiore al 0,5 per mille. Disposte poi le quattro catene
orizzontalmente su di un impalcato provvisorio situato alla quota di intradosso della copertura, si è
provveduto al sollevamento delle estremità ed all’ammarro sugli organi a sedia creati nei cassoni. I tiranti
verticali, sollevati insieme alle catene, si sono così trovati nella posizione adatta per realizzare il
montaggio dei tronchi delle travi irrigidenti e successivamente del rimanente complesso di copertura.
Il montaggio, iniziato nella primavera del ’62, si è trovato, in pieno estate e con temperature

elevatissime, ad uno stadio tale di controllo delle quote da consentire una prima regolazione,
successivamente corretta con l’aumentare dei carichi e definitivamente controllata in occasione delle
eccezionali basse temperature di fine anno e dei primi mesi dell’anno in corso.
Una visione sintetica dell’opera viene brevemente illustrata, a sussidio dei disegni costruttivi
precedentemente espressi, dalle figure seguenti.
A fig. 1 l’opera si presenta in ultimazione di montaggio coi telai frangisole parzialmente applicati. In
fig. 9 è osservabile in dettaglio il possente telaio di sostegno in c.a. colle sospensioni del tratto
intermedio e di quello a sbalzo. A fig. 4 si prospetta la struttura in estradosso completa di
materiale di copertura, mentre in fig. 5 risultano dettagliati i dispositivi di articolazione dei tratti di
sospensione e l'attacco dei tiranti, col dispositivo stagno al piede dei tiranti stessi. Un vincolo
principale del complesso di copertura col pilastro in c.a. è dettagliato a fig. 15.
I ritti e le intelaiature di parete risultano espressi in fig . 18 e particolarmente per la zona d’angolo in fig.
20. Infine a fig. 19 si può osservare una vista parziale dell'interno con la gru a portale, in fase di
montaggio della macchina continua.
Particolare notevole è rappresentato dal risultato finale di comportamento del complesso sia agli
effetti elastici che a quelli termici. Per questi ultimi, ad esempio, si pensi che per temperatura
massima registrata in oltre 40 °C in estate e meno 20 °C d'inverno, il comportamento della parete,
completamente rivestita di vetro per uno sviluppo di oltre 560 m, con altezza di pilastri 2 mensola
di ben m 15,60 per una superficie complessiva di oltre 9.000 mq senza contare le fascie frangisole.
non hanno subito rotture almeno per ragioni termiche o per deformazioni elastiche dipendenti da
azioni di vento.
L'acciaio complessivamente impiegato per la copertura propriamente detta assomma a tonn 595
delle quali t 100 in SELCO - 53 per le catene di sospensione. I cassoni di amarro in numero di 8
han no richiesto complessivamente tonn 122 ed il complesso delle pareti d'ambito tonn 258 per i
ritti; tonn. 146 per le intelaiature di irrigidimento e portavetri, tonn 29 per i telai dei frangisole e
tonn 18 per la trave di gronda. L'acciaio dell'intera struttura raggiunge pertanto le tonn 1.168.

La esecuzione dell’opera è dovuta alla S.p.A. Antonio Badoni di Lecco che si è avvalsa, per il
montaggio, della «Generale Montaggi S.p.A.» (G.E.M.) - di Milano. L'ufficio tecnico della Committente
ed in particolare gli Ingg. Bersano e Martinengo hanno dato un decisivo contributo personale in
ogni fase del lavoro, dalla progettazione alla organizzazione realizzativa.
Gino Covre
Grandi Strutture
Problemi delle costruzioni in acciaio
Ed. Cremonese, 1967

Lasciando da parte il caso particolare rappresentato dalle strutture cementizie precompresse, dove le
eminenti doti di resistenza a trazione dell’acciaio vengono contemporaneamente utilizzate con quelle
del calcestruzzo che meglio si presta ad azioni di compressione notevole, mi limiterò qui a
considerare l’ossatura totalmente metallica con elementi tesi. Nel campo dei ponti sono state
utilizzate e si realizzano opere cosi grandiose che qui non é neanche il caso di considerare.
Conviene invece soffermarsi sulla opportunità, che può presentarsi spesso al progettista, di applicare
strutture tese nei casi che possono sembrare poco importanti, ossia strutture relativamente modeste
in confronto a quelle dei giganteschi ponti sospesi.
Gia alcuni decenni or sono Le Corbusier propose per fabbricati multipiani di abitazione civile una
sua « tensostruttura » che si riduceva, in sostanza, ad una gabbia di colonne sulle quali gli
impalcati ai vari piani venivano a collegarsi mediante cavi di sospensioni diagonali ancorati alle
colonne stesse.
Applicazioni di tale tipo però non mi risulta che siano state praticamente realizzate, mentre proposte
del genere sono state avanzate in questi ultimi anni per hangars di grandi luci, per grandi complessi
industriali o per fiere. Una applicazione di struttura sospesa è stata recentemente da me proposta e
realizzata nella costruzione di un grande padiglione industriale eretto in Mantova su commessa delle
Cartiere Burgo, destinato a raccogliere il più grande complesso europeo di macchina continua per la
fabbricazione della carta.
Si tratta di un edificio di 249 m di lunghezza su 30 m di larghezza e con un’altezza dal filo di gronda al piano
di campagna di 22 m dei quali 16 dal piano calpestio del salone macchina propriamente detto.
Lo schema statico considera una luce intermedia di m. 163 e due sbalzi di estremità di m. 43.
Le strutture portanti sono quattro a interasse di m. 10, costituite ciascuna da una funicolare a bielle
incernierate con trave longitudinale irrigidente (fig. 6.17 e tav. I). La freccia della funicolare é di m.
22,50 e pertanto con rapporto di 1/7 circa rispetto alla luce intermedia. Poiché é prevista la
necessità futura di ampliamenti laterali dell’edificio, il dimensionamento dei dispositivi di sostegno
principali é stato considerato costante per le quattro sospensioni.
L'introduzione dei particolari pilastri in c.a. costituenti supporto dell’intero complesso di copertura, che é
totalmente metallico, é dovuto al Prof. Nervi, che ha utilizzato la disposizione delle masse in modo
da ridurre al minimo le azioni flettenti sui pilastri, annullando nel contempo l’azione di tensione sui
blocchi di fondazione. Gli architravi superiori che interessano trasversalmente e collegano le due
coppie di pilastri di estremità sono cavi ed in cui trovano sede quattro cassoni in acciaio costituenti
gli amarri propriamente detti, con la vitale funzione di diffusione dei forti carichi concentrati trasmessi
dalle sospensioni all’architrave in ca.
Questi cassoni, espressi in dettaglio costruttivamente nella tav. II, sono stati opportunamente studiati
in modo da rispondere ad altre vitali esigenze, La più rilevante è quella connessa alla possibilità di
disporre di un comodo sistema di regolazione delle variazioni di lunghezza delle catene di
sospensione, che possono assumere valori non trascurabili sia per ragioni elastiche che per quelle
termiche. E poiché tali variazioni si risolvono in movimenti verticali di tutta la copertura, che è soggetta
pertanto a variazioni non trascurabili, era indispensabile un sistema di controllo e di pronta messa a punto
di assoluta tranquillità. Le catene giungono pertanto entro ai cassoni con un ancoraggio a staffe
predisposto su martinetti idraulici, da sostituirsi a sedie costituite da spessori sovrapposti, in numero
adeguatamente variabile, con valore finale da raggiungere in sede di regolazione.

Ogni sospensione é regolabile, anche contemporaneamente, alle due estremità e pertanto si può
disporre complessivamente di 16 dispositivi di movimento.
Risulta dai calcoli che per una variazione termica di 40° la lunghezza delle catene di sospensione
intermedie varia di 82 mm, con la conseguenza di uno spostamento verticale in mezzeria di 110
mm. Tale valore rappresenta 1/1400 circa della luce teorica di 163 m, ossia é dell’ordine di
grandezza delle frecce elastiche delle costruzioni metalliche.
Ancora, per effetto del carico accidentale massimo (previsto in neve per un valore di 100 Kg/mq di
copertura), l’allungamento delle catene risulta di 80 mm, con un corrispondente abbassamento in
mezzeria della copertura di 109 mm. valore che corrisponde in valore assoluto all’effetto termico di
40° sopra riportato.
In sede di montaggio prima, e successivamente con opportune messe a punto, la rispondenza fra
previsioni e realtà si é dimostrata perfetta.
Si attribuisce la bontà di questo risultato anche alla scelta compositiva operata nella progettazione
delle catene: per questo si è esclusa a ragion veduta, l’adozione di funi ricorrendo invece alla
composizione con bielle in acciaio SELCO-53 collegate da perni preventivamente cromati per ragioni
protettive. In tal modo, con una lavorazione di precisione si è potuto raggiungere un grado di
assestamento finale delle sospensioni scevro da sensibili variazioni successive, semplificando inoltre i
collegamenti con le sospensioni verticali (realizzate in tondo di acciaio Aq 50 con tenditori filettati di
regolazione) che dispongono di un comodo collegamento in corrispondenza dei perni di unione delle
bielle costituenti la catena.
I cassoni di amarro sono di due ue tipi: i laterali più corti di m. 5,30 di lunghe hezza e pesanti 13 t.te
ciascuno; gli intermedi di 7 m.. di lunghezza, pesanti circa 17 t.te ciascuno no. Pertanto su di una
lunghezza di circa 30 m. di arch chitrave cavo in c.a. costituente il sostegno delle sospensioni, ben
24,60 m. sono in acciaio (Aq 48 per le lamiere, Aq 50 e Aq 42 per i pr profilati). Le ordinate di
irrigidimento, collocate all’esterno o del fasciame, sono opportunamente fora rate per consentire il
passaggio delle barre metalliche di armamento del c.a. I cassoni sono accessibili ac all’interno ed
anche all’esterno superiormente,, nell’intercapedine tra parete in acciaio e cielo in calcestruzzo,
cosicché ispezioni e manutenzioni ni sono possibili anche per questa parte della struttura metallica.
Ho accennato allo schema statico co delle quattro principali strutture portanti non nché alla composizione
delle catene e delle sospensio ioni. Aggiungo ora qualche altro elemento sulla rimanenza della
struttura in acciaio.
La trave irrigidente è costituita da d due briglie a T composte con piatti saldatii e collegate da aste di
parete, realizzanti il dispositivo a telaio con nodi ridotti a membrature reagen enti a sforzi assiali. La
trave, alta m. 1,50, è dimensiona nata per lo sforzo di compressione massimo cche risulta di circa 54
t.te e per i momenti secondari dis iscendenti da un’azione del carico accidentale esteso alla metà della
copertura.
La verifica alla instabilità elastica a della trave irrigidente é stata condotta nell’ip’ipotesi di vincoli elastici
in corrispondenza di ciascuna sos ospensione verticale (interasse di circa m. 10) 0) in contrapposizione ai
carichi verticali ivi applicati. L’acci
ciaio impiegato é il SELCO-53 per le briglie e l’Aq 50 per i profilati.
Dalla figura n. 6.18 si può rilevar are il dispositivo di irrigidimento trasversale delelle travi principali, col
completamento dell’orditura secon ndaria sulla quale è disposto il materiale di ccopertura in Alusicc e il
rivestimento di intradosso in Ond ndulux. L’intercapedine che ne risulta è stata ta creata per ragioni di
coibentazione ed anticondensa, con immissione di aria a condizionamento o appropriato. Il carico
permanente dell’orditura di copert rtura risulta di 70 Kg/mq. per la struttura me etallica e di 30 Kg/mq
per i rivestimenti in Alusicc e Ondulux. La componente orizzontale massim sima nella sospensione
centrale risulta di 184 t.te mentre re quella contrapposta per il tratto a sbalzo ra raggiunge le 73 t.te. La
differenza é affidata all’azione fletettente resistente della trave a cassone di som mmità in c.a.
Il problema dei vincoli dell’intero complesso
c ha richiesto particolari accorgimenti.
ti.
Si trattava di consentire notevoli sspostamenti orizzontali derivanti da azioni term miche, con altri verticali
conseguenti sia a queste che agli ag spostamenti verticali elastici dovuti ai carrichi per i diversi valori
che potevano assumere quelli acci cidentali. In primo luogo
si è deciso di realizzare tutto il ccomplesso della parete
perimetrale dell’edificio rendendoloo del tutto indipendente
da quello di copertura. A tale scoposc le pareti d’ambito
dispongono di un’ossatura princip ipale portante costituita
da pilastri a cassone in acciaio op opportunamente profilati,
incastrati al piede sul robusto o complesso in c.a.
costituente l’ossatura di soste tegno della macchina
continua e liberi in sommità. Tal ali pilastri, ad interasse
di m. 2,00, risultano intelaiati daida riquadri portavetri e
collegati in sommità da una tra trave gronda in acciaio
composta da elementi saldati dii lamiera sagomata e
irrigidita da costole e profilati (ta
tav. III). La sutura fra la
zona perimetrale libera di parete e le travi d’ambito della
copertura é effettuata con materia ia plastico, in modo da
consentire i previsti movimenti sia vverticali della copertura
che orizzontali di parete derivanti dall’azione
d di vento.

fig. 6.18. Cartiera Burgo, Mantova va: particolare appoggio


scorrevole verticale della copertura
a metallica.

Il complesso della copertura è vinincolato orizzontalmente, in senso longitudinale in


i corrispondenza di un
solo portale di sostegno mediante te appoggi a rulli verticali, che impediscono la
a traslazione orizzontale
dell’insieme, ma consentono gl gli spostamenti verticali. In corrispondenza a dell’altro portale gli
spostamenti orizzontali longitudinalili e verticali sono liberi.
Il vincolo orizzontale nel senso ttrasversale fra la copertura ed i piedritti in cc.a. del portale avviene
invece attraverso due piastre vertic
ticali rivestite di neoprene (tav. IV).

Il montaggio ha richiesto una att ttrezzatura particolare. In primo luogo, per il montaggio dei cassoni
d’amarro si è potuta utilizzare l’impalcatura
l’i tubolare creata per il getto deglili architravi e pilastri in
c.a., ricorrendo ad appropriati me ezzi di sollevamento. II delicato problema de el controllo di quote é
stato risolto in modo praticamentnte perfetto, con uno scartamento rispetto a quello teorico, risultato
inferiore allo 0,5 per mille. Disp poste poi le quattro catene orizzontalmente te su di un impalcato
provvisorio situato alla quota dii intradosso della copertura, si é proceduto al sollevamento delle
estremità ed all’amarro sugli organ
ani a sedia creati nei cassoni. I tiranti verticalili, sollevati insieme alle
catene, si sono cosi trovati nella
lla posizione adatta per realizzare il montaggio io dei tronchi delle travi
irrigidenti e successivamente del rimanente complesso di copertura. Il montaggio, iniziato nella
primavera del '62, si è trovato in piena estate con temperature elevatissime, ad uno stadio tale da
permettere un controllo delle quote altimetriche e consentire una prima regolazione, successivamente
corretta con l’aumentare dei carichi e definitivamente controllata in occasione delle eccezionali basse
temperature di fine anno e dei primi mesi del 1964.

Particolare notevole é rappresentato dal risultato finale di comportamento del complesso sia agli
effetti elastici che a quelli termici. Per questi ultimi, ad esempio, si pensi che per temperatura
massima registrata in oltre 40°C in estate e meno 20°C di inverno, il comportamento della parete,
completamente rivestita di vetro per uno sviluppo di oltre 560 m, con altezza dei pilastri a mensola
di ben m. 15,60 per una superficie complessiva di oltre 9.000 mq. senza contare le fascie
frangisole, non hanno subito rotture, al meno per ragioni termiche o per deformazioni plastiche
dipendenti da azioni di vento.

L’acciaio complessivamente impiegato per la copertura propriamente detta assomma a 595 t.te delle
quali 100 t.te in SELCO-53 per le catene di sospensione. I cassoni di ammarro in numero di 8
hanno richiesto complessivamente 122 t.te ed il complesso delle pareti d’ambito 258 t.te per i ritti,
146 per le intelaiature di irrigidimento e portavetri, 29 t.te per i telai dei frangisole e 18 t.te per la
trave di gronda. L’acciaio della intera struttura raggiunge pertanto 1.168 t.te.
Tav. I - Cartiera Burgo, Mantova:
a: esecutivo di officina dei particolari relativi alle
lle catene e tiranti di
sospensione della copertura.
Tav. II - Cartiera Burgo, Mantova:: esecutivo di officina dei particolari dei casson
oni di ancoraggio delle
catene.
Tav. III – Cartiera Burgo, Mantova: esecutivo
e di officina dei ritti metallici di chiusura perimetrale.
p
Tav. IV - Cartiera Burgo, Mantova: esecutivo
e di officina dei dispositivi di bloccaggio della
d copertura.
Fonti

Usine a Mantoue, in «L’Architecture d’Aujourd’hui», aprile–maggio 1964, pp. 163–164


Nervi gives a factory the grace of a bridge, in «Architectural Forum», luglio 1964, pp. 110–113
Giants, in «Architectural Review», ottobre 1965, pp. 235–236
S. Revel, La più grande macchina continua per carta in Italia, in «Industria della carta», n. 6, 1964
A. Galardi, Architettura italiana contemporanea (1955–1965), Milano 1967, pp. 186–189.
Cubierta suspendida para una nave industrial, Informes de la Construcción Vol. 18, nº 174 , Octubre de 1965
Pier Luigi Nervi, Sergio Poretti La Cartiera Burgo, Mantova1 960–1964 Casabella 651 652 1997
“Il punto di vista sull'acciaio che si evolve” AcciaioArteArchitettura , n. 53
The Burgo Paper mill, Concrete Quaterly 68 jan-mar 1966
1960-64 Palazzo INPS, Via Mel
elchiorre Gioia,Milano

Terreno acquistato dal Comune e, con un progetto preliminare già approvat


ato, per la costruzione
di tre edifici:
Uffici, edificio di 17 pianii alto 60 metri
Direzione, edificio di 2 piani
pi alto 9 metri
Gabinetto diagnostico, edificio
ed di 3 piani alto 12 metri
Il progetto esecutivo viene elab borato con la collaborazione dei consulenti
ti, architetti Gian Luigi
Giordani (1909-1977, Alfio Susin ini (1900-1985) Antonello Vincenti.
Le strutture portanti metalliche,, su progetto di Gino Covre, sono affidate e alla Badoni alla fine
del 1960 e la consegna dei lavo ori è del giugno 1961.

Fonte: INPS Archivio storico . Foto : Carla Cer


erati Stefano Giusmeroli,
1964-69 Viadotto Italia sul fiume Lao, Autostrada Salerno-Reggio Calabria

Nella costruzione della Salerno-Reggio Calabria l’opera più importante è stata il viadotto per
l'attraversamento del fiume Lao, rimasto per oltre trent’anni, il ponte più alto d'Europa, con un'altezza
sull'alveo sottostante di 256 metri, ed a cui, con legittimo orgoglio nazionale, fu assegnato il nome di
“viadotto Italia".
L' ANAS decise di realizzare l'opera attraverso due concorsi: il primo tra progettisti per il progetto di
massima, il secondo tra imprese di costruzione per il progetto esecutivo e la realizzazione.
Vinse il progetto del gruppo di ingegneri composto dai Professori Carlo Cestelli-Guidi, Fabrizio De Miranda
e Pellegrino Gallo, con la collaborazione degli Ingegneri Giorgio Croci, Ludovico De Lalla e Giacinto
Turazza, mentre tra le imprese si impose la Ing. Lodigiani SpA di Milano alla quale furono affidati i
lavori, con la progettazione esecutiva dell'opera curata, per la parte in calcestruzzo armato dall'Ufficio
Tecnico dell'Impresa (ing. Bedeschi e Casciati) con la consulenza generale del Prof. Ing. Riccardo
Morandi, con la parte in acciaio faffidata alla Badoni SpA di Lecco con la progettazione di Gino
Covre.
Il viadotto, che si sviluppa in curva ed in leggera ascesa verso Reggio Calabria, è del tipo a travata
rettilinea a sezione unica, con due corsie unidirezionali larghe 7,50 m, separate da uno spartitraffico
e affiancate da banchine laterali esterne e da due marciapiedi rialzati, con una lunghezza
complessiva di 1.160 m, suddivisa in 19 campate, poggianti su 18 piloni a struttura scatolare in cemento
armato, di cui 7 sul lato Salerno con impalcato formato da travate in c.a.p. semplicemente appoggiate
con interasse tra i supporti di circa 45 m, a cui segue l'impalcato della parte centrale, che scavalca la
gola del Lao, costituito da una travata continua in acciaio, suddivisa in tre luci rispettivamente di
125-175-125 metri su pile di altezza di 91-122-158-129 metri e poi ancora 9 campate lato Reggio
Calabria anch'esse con travi in c.a.p. semplicemente appoggiate.
I lavori vennero iniziati nell’ottobre 1966 ed ultimati nel novembre 1969, con l’inaugurazione ad inizio del
1970.
Tra il 2014 ed il 2017 vi sono stati lavori di ammodernamento ed adeguamento.
La struttura metallica
La progettazione dell'impalcato metallico è di Gino Covre, che ha diretto anche la redazione di tutti i
disegni esecutivi d'officina, mentre la preparazione in officina delle strutture ed il montaggio in opere,
guidato dal sig. Sabino Codazzi, sono stati eseguite dalla Badoni Sp.A. di Lecco.
Il calcolo di progetto fu particolarmente accurato, considerando i carichi effettivamente agenti e loro punti
dî applicazione, ottenendo, mediante equazioni di congruenze, le reazioni mutue effettivamente
agenti e le sollecitazioni massime provocate negli elementi strutturali e confrontando i risultati con quelli
ottenuti dall'applicazione degli studi In proposito fatti dal Massonet e successivamente ancora
utilizzando le superfici di influenza dedotte per le lastre ortotrope da S. Krug e P. Steln. Non meno i
problemi di stabilità sono stati oggetto dî particolare attenzione ad hanno impegnato gran parte del
lavoro analitico complessivo.
L'impalcato in ferro ha una lunghezza complessiva di 425m e larghezza 21,60m, appoggia su 4 pile a coprire
luci rispettivamente di 125m, 175m e 125m ed è a struttura scatolare realizzata con lamiera d'acciaio
irrigidita da nervature ("lastra ortotropa").
Le spettacolari campate della parte centrale in acciaio verniciate in azzurro “Italia” costituiscono una
trave continua su quattro appoggi del tipo a cerniera, fissa sugli appoggi intermedi e scorrevoli su
quelli di estremità. Gli appoggi mobili ad ogni estremo della travata metallica sono stati introdotti in
considerazione dell'elevato valore della dilatazione termica della parte centrale in acciaio, con idonei
giunti a pettine della lunghezza complessiva di 1,20m che assorbono gli spostamenti dovuti alle
dilatazioni termiche delle campate e del sisma.
La travata metallica si snoda in rettilineo tra le pile 8-9-10, mentre ha un tratto In curva nella
campata tra le pile 7 e 8, per buone parte di esse, dove l'asse della struttura si scosta di circa 11
m dalla linea di collegamento del punti mediani dei pilastri. Questo ha comportato una Introduzione
di sollecitazioni addittive per torsione, nonché complicazioni costruttive notevoli.
La sezione trasversale in acciaio è costituita da un cassone rettangolare con pareti formate da due
travi verticali ad un interasse di 12 metri e con altezza variabile da un minimo di 3,20m ad un
massimo di 8,50m, altezza che resta costante per tutta la campata centrale: due sbalzi laterali da
4,80 m completano la sezione. Costruttivamente si compone di 4 pannelli d'angolo, 2 di fiancata, 3
di impalcato e 3 di fondo per un totale in opera di oltre 600 pannelli.
La sezione resistente a cassone chiuso, consente di mantenere una elevata rigidezza torsionale con
un peso addizionale minimo di materiale dei diaframmi reticolari trasversali atti ad assicurare una
efficace distribuzione delle azioni torcenti in regime di Bredt sul sistema.
Sono stati inoltre disposti opportuni controventi trasversali nelle campate ed in corrispondenza degli
appoggi.
Il rivestimento protettivo delle superfici metalliche venne realizzato con vernici del sistema alchidico
che oltre una buona brillantezza e aspetto decorativo associavano i vantaggi di una buona durabilità
e resistenza in ambienti umidi, buona tenacità e flessibilità, e soprattutto una particolare facilità di
manutenzione.

Esecuzione e montaggio
Per poter completare la
costruzione del ponte in un
arco temporale di 3 anni
(ottobre 1966-novembre 1969),
in una zona di difficile
accesso e di avverse
condizioni meteo furono
fondamentali la strada di
cantiere ed il blondin per il
montaggio della struttura. La
strada di accesso ai cantieri
larga 5 m si sviluppava per
quasi 3 km interamente
scavata in roccia e collegava
la spalla Nord con la Sud,
rendendo accessibili tutte le
pile. Un ponte metallico
provvisorio di tipo sospeso a
130m di altezza e con 110m
di luce assicurava la
continuità dei trasporti. Schematicamente il ponte provvisorio (Foto di Gianfranco Oliva,op.cit.), che ha
suscitato notevole ammirazione, consisteva in un traliccio metallico appoggiato a dei traversoni e
sospeso a due funi di acciaio diametro 65 mm, solidamente ancorate a due robusti blocchi terminali
posti sui due lati della gola del Lao.

Per il getto delle pile centrali e poi per il sollevamento dei conci dell’impalcato metallico venne usato
un blondin appositamente progettato, le cui funi erano ancorate su due torri metalliche alte 150 m
progettate e costruite dalla Badoni, che consentiva il trasporto in quota di tutto il materiale ed il relativo
montaggio. La portata del blondin era di 12 ton per ciascuna fune su una luce di 600 m, con freccia
massima a pieno carico di 15 metri.
Tutti gli elementi che compongono la sezione trasversale del ponte furono composti nell’officina della
Badoni, per elettrosaldatura, dove dopo aver accuratamente controllato il ciclo di lavorazione da
eseguire sui vari pezzi, fu fatto un montaggio di prova di un intero tronco di circa 30 m con lo scopo
di controllare l'esattezza dei tracciamenti e le eventuali difficoltà che sì sarebbero potute prospettare
per la perfetta realizzazione delle giunzioni coi bulloni di alta resistenza ad attrito tipo 10k, garantendosi
così una più sicura e spedita successiva fase di montaggio in opera.
La scelta delle dimensioni dei singoli elementi ha dovuto tener conto sia delle esigenze del
montaggio che di quelle del trasporto, con gli elementi che dovevano arrivare in cantiere in treno fino alla
stazione di Lagonegro (Potenza), per poi proseguire su strada ordinaria a mezzo camion. Risultarono
elementi lunghi 10 metri, che vennero poi collegati con 330.000 bulloni Fontana ad alta resistenza. In totale
vennero costruiti 600 pannelli.
Il montaggio è iniziato nel marzo del 1968 ed è stato completato nella primavera dl 1969, quando tutte
le opere costituite dalle pile e dagli impalcati in cemento armato precompresso erano state
realizzate.
La costruzione dell’impalcato è iniziata dal tronco Nord quindi con quello Sud e completata dalla
chiusura centrale, che ha reso solidali i due tronchi. Per la chiusura, dopo il rilievo delle misure del
vano centrale, furono costruiti i pezzi finali in officina ed il montaggio realizzato con millimetrica
precisione.
Tutte le operazioni di montaggio sono state facilitate dalla presenza di due carroponte scorrevoli lungo
la travata su apposite guide, previsti per le operazioni di ordinaria manutenzione durante l'esercizio
dell'opera e costruiti preventivamente per essere utilizzati nelle operazioni di montaggio, in condizioni di
sicurezza.

Collaudo
Per il collaudo dell'impalcato metallico, a causa dell’impossibilità di reperire gli automezzi necessari, data
le lunghezza della travata e la forma della sezione a due carreggiate unite, il valore delle
caratteristiche di sollecitazione poste a base del calcolo di progetto venne raggiunto zavorrando
l'impalcato con materiale inerte, in quantità tale da ottenere un carico uniformemente distribuito pari
è 10.000 tonnellate per metro di lunghezza della travata. I rilievi delle deformazioni delle strutture
durante la prova di carico furono effettuati con una livellazione geometrica di alta precisione, mentre il
comportamento della lastra ortotropa fu monitorato con un certo numero di estensimetri a piastra,
installati all'interno del cassone.
Le misure di deformazione per tutti i punti prescelti sono state eseguite per le seguenti condizioni di
carico:
- Campata scarica
- Campata centrale carica con le due laterali scariche
- Campata centrale ed una laterale carica con l’altra laterale scarica
- Tutte le campate cariche
- Campata completamente scarica al termine delle prove
La freccia massima misurata per la campata centrale risultò di 30,2 cm inferiore a quella di 31,7 cm
determinata con il calcolo teorico. Il ritorno della struttura allo scarico operato al termine delle prove fu
pressoché totale.
Le foto tratte dalla pubblicazione Badoni, mostrano
fasi di montaggio, l’inizio della sutura fra i due tronchi
e l’interno dell’impalcato.

Fonti

"Il viadotto Italia" di G. Petrella Tirone,


in L'industria delle Costruzioni, 1971.

Travata metallica su tre luci del viadotto Italia


dell'autostrada Salerno - Reggio Calabria”
di G. Covre, P. Stabilini, edizione Baldoni Lecco, 1970.

L’ultimo ponte, Federico Gervaso


in Le strade, n. 15, 19 luglio 2016, La fiaccola srl editrice Milano pagg 80-81

Il progetto del viadotto sul fiume Lao dell'Autostrada Salerno-Reggio Calabria" di C. Cestelli Guidi, F. De
Miranda, G. Pellegrino Gallo, "Costruzioni Metalliche" n. 6/1965.

Il viadotto Italia di Gianfranco Oliva, in FARONOTIZIE.IT Anno V- n° 51 Agosto 2010


Postfazione

Mio padre sperava che io diventassi ingegnere, ma non ho potuto accontentarlo. Mi


piaceva il disegno, il gioco con le costruzioni, ma la matematica proprio no. Così l’ho
deluso; ma qualcosa della sua passione mi è rimasto. Non passava anno, nei miei corsi di
storia dell’arte, senza che inserissi nelle mie lezioni un po’ di architettura, non tanto perché
tra gli studenti c’erano anche alcuni aspiranti architetti, quanto perché l’arte vive nello e
dello spazio costruito. Così mi avevano insegnato i miei Maestri, anche se tra i docenti
della mia generazione ero un caso un po’ isolato. Mi piaceva studiare, a Parigi, quando
non c’era ancora la Biblioteca di Mitterrand del 1996, nella sala di lettura di Labrouste,
guardando ogni tanto in alto la sua aerea copertura. Dell’architettura, insomma, mi
interessava molto il rapporto con le tecniche costruttive, dove tuttavia mi fermavo ai primi
anni del Novecento, per paura di prendere qualche cantonata addentrandomi nella
contemporaneità. Cioè proprio là dove un confronto con mio padre avrebbe potuto
aiutarmi. Ebbene, se dovessi affrontare un corso oggi, un libro come questo di
Giovannardi lo farei leggere ai miei studenti.
Questo suo bellissimo lavoro mi fa riscoprire tanti aspetti della creatività di mio
padre. Molte cose non le conoscevo, ad esempio i suoi brevetti, ma anche i suoi progetti
nel loro complesso, progetti che avevo visto sui tavoli da disegno, con uno stupore
inconsapevole della loro funzione. Mi sembravano semplicemente belli. Questo lavoro
libera un ingegnere da quell’ombra in cui fatalmente si è eclissato nelle storie
dell’architettura contemporanea. Di quest’ombra lui non si lamentava, a parte qualche
sfogo sugli architetti che progettano cose bellissime spesso senza tener conto della
difficoltà degli ingegneri per “farle star su”, come era solito dire. Era un entusiasta della
sua professione, di cui si parlava ogni giorno, ma non più di quanto si parlasse della mia
giornata trascorsa a scuola. Perché era puntuale nei suoi impegni, ma non dimenticava
mai il fratello, i nipoti, e moglie e figlia, cui dedicava tutto il suo tempo libero. E
dell’entusiasmo per i suoi progetti noi si partecipava quando ci portava “sul campo”: i
documenti di questo libro mi hanno fatto rivivere ricordi della mia infanzia, i modelli, che a
me sembravano giochi, e che invece erano così importanti nelle sue prove di statica, e
quei viaggi, a Cadice, a Torino, sul fiume Lao, e a Lecco a casa della famiglia Badoni,
dove ero la più piccola in mezzo alle undici figlie; e in tanti altri posti. Senza dimenticare
Atene, perché io che non volevo diventare ingegnere dovevo almeno vedere il Partenone,
che piaceva tanto a Le Corbusier.
Altri, ben più competenti di me, valuteranno la cura e l’intelligenza della ricerca di
Fausto. Quanto a me, sì, farei leggere il libro agli studenti, perché, se l’architettura è
un’arte, l’ingegneria è musica, e questo a Gino, che adorava suonare il suo flauto
d’argento, piacerà molto sentirlo dire.

Jolanda Covre
Fonti
Praticamente inesistenti fonti biografiche su Gino Covre, l’unica è presente nel volume:

Rassegna di Architettura e Urbanistica 121/122 Edizioni Kappa


Biografia a cura di Gianluca Capurso e Patrizia Fermetti pag. 164
In Problemi delle costruzioni in acciaio
Ed. Cremonese 1967

Per i lavori, oltre alle fonti citate nelle singole schede, ci si è riferiti a:

Un archivio in-vita. Famiglia e lavoro nelle carte di Giuseppe Riccardo Badoni


A cura di Francesca Brambilla con Maria Badoni
Politecnico di Milano – Polo territoriale di Lecco

Costruzioni Metalliche
Rivista fondata nel 1949 ed oggi organo ufficiale del CTA – Collegio dei Tecnici dell’Acciaio
Che ci ha messo a disposizione tutto il suo archivio storico

Grazie
Prof. Jolanda Nigro Covre Dott.sa Simona Colombo Dott.ing. Riccardo de col
Capo Servizio Gestione CTA - Costruzioni Metalliche
Prof. Ing. Arch. HC Personale Docente
Enzo Siviero Area Risorse Umane e
Rector University eCampus Organizzazione Prof. Marta Badoni
Italy Politecnico di Milano Figlia di Giuseppe Riccardo
Badoni
Prof. Ing. Dott.sa Laura D'Ambros
Vittorio Nascè Archivi Storici Dott.sa Francesca Brambilla
Professore Emerito Area Sistema Archivistico e Pronipote di Marta Badoni
Politecnico di Torino Bibliotecario
Politecnico di Milano

1 edizione 31 Marzo 2021


Gino Covre Vita & Opere
Fausto Giovannardi
fausto.giovannardi@gmail.com
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Licenza Creative Commons
Attribuzione-Non commerciale-Condividi
allo stesso modo
http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/deed.it

Controcopertina: Officina Meccanica Olivetti Archivio Badoni

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