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A parte la parentesi a Taranto, da al luglio 1905 all'ottobre 1908, Gino trascorre l'l'infanzia nell'amatissima
Venezia dove frequenta l’Istituto Tecnico
Te e Nautico “Paolo Sarpi”, sezione industri
triale, per poi iscriversi al
Politecnico di Milano nell'anno acca
ademico 1911/12, frequentando i primi due anni d della Scuola preparatoria
2
per Ingegneri ed il primo anno della
la Scuola di applicazione per Ingegneri industriali . A Milano, abita in corso
Magenta 33, conosce la giovane En nrica Gabrieli (Milano 1891-1946) che sposerà poc oco dopo.
Sono anni tragici, muore il padre,, è prossima l'entrata in guerra e viene chiama ato a prestare il servizio
militare nella Marina. Alla visita dii leva
l gli riscontrano problemi di congiuntivite, risu
isulta abile ma assegnato
alla III categoria in quanto primoge enito di madre vedova. Non risulta impegnato in azioni militari, e la sua
breve leva si svolge nell’arsenale inn attività sedentarie.
Le mutate condizioni di vita non gli consentono di terminare gli studi ed inizia a la lavorare nel campo delle
costruzioni civili. Si sposa a Venezia
zia il 26 dicembre 1914 e vanno ad abitare in sest striere Cannaregio fino al
novembre 1917 quando si trasferi riscono a Milano per sette anni, fino al 1924,, per spostarsi a Torino,
ritornando a Venezia nel dicembre 1 1929, dove rimangono fino al novembre 1935.
1
nel 1955 si trasferisce a Verona. Avrà quattro figli
figl Guido, Giorgio, Mario e Giuseppe.
2
all'epoca il corso di studi era composto da un bie
biennio di scuola preparatoria e, a seguire, da un triennio di scuola
la d'
d'applicazione.
3
“Biografie”, a cura di Gianluca Capurso e Patriz
atrizia Fermetti, Gino Covre (1892-1971) , in “Rassegna di architettu
ettura e urbanistica”, nn. 121/122,
gennaio-agosto 2007, pag. 164 Edizioni Kappa,, Rom
Roma..
4
Fausto Masi (Roma (1904 – 2000) laureato in ingegneria
in industriale meccanica specializzato in costruzioni metalliche,
met è stato uno dei Maestri
dell'ingegneria italiana del XX secolo nel campo
o delle
de strutture metalliche.
La Badoni
Il primo insediamento industriale della Badoni esiste a partire dalla seconda metà del '700, nel territorio di
Lecco: si tratta di un opificio con fucina e lavorazione dei metalli. Nella prima metà del XIX° secolo l'azienda
entra nei settori della siderurgia, della metallurgia e della meccanica con stabilimenti a Castello di Lecco e a
Mandello del Lario. Nel corso del secolo l'attività si estende alla produzione di verghe in ferro, lavorazioni di
lamiere, cerchioni, assali, incudini, morse e chiodi, effettuata sia nello stabilimento di Castello, sia nel nuovo
insediamento produttivo di Bellano, nell'alto lago di Como. Tra i collaboratori dell’azienda di Bellano da
segnalare un ingegnere alsaziano, esperto in metallurgia, arrivato in Italia come ufficiale al seguito di
Napoleone: si tratta di Giorgio Enrico Falck, il futuro fondatore di una delle più importanti dinastie industriali
italiane. Questo è solo il primo legame che collegherà le famiglie Badoni e Falck e le rispettive Società,
anche negli anni a venire. A partire dal 1878, con la nuova generazione familiare, la Società riprende slancio
dedicandosi alla produzione di costruzioni in ferro quali ponti, pensiline, tettoie e, soprattutto, di una
tecnologia innovativa: gli impianti per la produzione di gas per illuminazione. Nel 1900 la Società modifica
nome e ragione sociale in “Antonio Badoni & C”. Nel 1908 nella guida dell'azienda subentra il giovane neo-
laureato ing. Giuseppe Riccardo, figlio di Antonio che, nel 1912, trasforma la Società in società anonima. Nel
1915 la Società subisce una ulteriore trasformazione con l’ingresso nel capitale di due soci milanesi, Bellani
e Benazzoli, ed assume il nome di “Badoni & C. Bellani Bonazzoli”, conosciuta anche come “BBB”. Nel 1922
torna sotto il pieno controllo della famiglia Badoni che ne acquisisce l’intera proprietà e subisce una ulteriore
trasformazione di nome e ragione sociale divenendo la “Antonio Badoni S.p.A.”. La produzione si consolida
nei prodotti tradizionali della carpenteria e meccanica pesante, uscendo dai mercati locali, crescendo fino a
realizzare opere prestigiose nel mondo e diventando un’azienda riconosciuta ed affermata, leader nel
settore, in contesti nazionali e internazionali. Nella proprietà, a fianco della famiglia Badoni, entrano anche le
Acciaierie Falck, consolidando quel legame storico e famigliare che aveva già caratterizzato la fase iniziale
di entrambe. La morte, negli anni settanta, dell'ultranovantenne ing. Giuseppe Riccardo e la dismissione
dalle partecipazioni in alcune realtà industriali delle Acciaierie Falck negli anni novanta, determinano la
cessione dell'azienda con il subentro nella proprietà di una società finanziaria con interessi immobiliari. La
realtà industriale e produttiva sembra giunta al capolinea quando, nel marzo del 1993 il Tribunale di Lecco
sentenzia il fallimento. Nel 1997 il gruppo Bonfanti acquista dalla Procedura fallimentare della “Antonio
Badoni S.p.A.” il marchio, il know-how, i progetti, le referenze commerciali dell’azienda con l’intenzione di
riattivare e rilanciare una delle più antiche e prestigiose realtà industriali italiane. Ciò avviene con la Badoni
s.r.l. che ne eredita la prestigiosa storia industriale, acquisisce Costameccanica e rialza il vessillo di una
parte importante della storia e della tradizione industriale del territorio lecchese.
Accademia Nazionale delle Scienze
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Alla fine del 1935 si trasferisce a Roma, dove il riferimento per la Badoni è l’ing. Adelchi Cirella , figura molto
ben inserita nei Ministeri e negli appalti, per progettare e seguire l’esecuzione di alcuni importanti lavori,
quali l’aviorimessa all’Aeroporto Vigna di Valle a Bracciano e la copertura della sala motori nell’aeroporto
del Littorio, ma soprattutto il progetto del gigantesco Arco Imperiale per l’Esposizione internazionale del 1942
e la copertura del Palazzo dei Ricevimenti e Congressi, su progetto di Adalberto Libera nella zona che
diventerà l’EUR.
5
Adelchi Cirella nato a Ficarolo (RO) il 22/06/1889 si laurea in Ingegneria Civile a Roma nel 1913, ben inserito nel regime fascista;nel 1931 è eletto
nel Direttorio Nazionale del Sindacato Nazionale Fascista Ingegneri ed insignito commendatore della Corona d’Italia, Iscritto all’Ordine Ingegneri di
Roma con il n.100 dal 9/08/1926 al 9/05/1972 giorno della sua morte.
Il progetto dell’arco in alluminio
Aldechi Cirella e la moglie
Instancabile, registra due brevetti: n. 343079 del 10 set. 1936, “Arco a volta, composti o costituiti con
elementi a telaio” e n. 354496 del 24 nov. 1937, “Complesso ondulato scomponibile per volte, impalcati,
coperture e pareti”.
Il capannone Innocenti a
Lambrate
Nel giugno 1940 l’Italia entra in guer
erra ed i lavori si fermano fino alla liberazione.
Nel 1946 si costituisce formalmente te un ufficio della Società Badoni a Roma allo o
scopo di coordinare e sviluppare il lavoro tecnico-commerciale derivante dalla sua a
competenza e dall’utilizzo del suo b brevetto per la saldatura degli acciai applicata a
grandi infrastrutture.
Il 2 luglio muore a Milano La mogliee Enrica.
Del 1948 sono altri due brevetti : n. 429307 del 21 gen. 1948 “Trave metallica ad d
elementi solidali con momenti se econdari eliminati o prestabiliti” e n.429818 del
3 feb. 1948 ”Fondazione ad elemen enti metallici componibili e con cerniera elastica
a
sferica senza perni”in cui presenta ta la sua invenzione più diffusa, che la Badonii
utilizzerà per la costruzione di moltis
tissimi capannoni.
… è stata adottata la struttura chec corre sotto il nome di chi scrive e che è caratterizzata da un
sistema a telaio con composizio zione dei nodi ridotta allo schema delle tens nsioni principali. Questa
vuotatura del nodo nelle zone dovedo le linee di forza elastiche si diradano, con
onsente una economia di
materiale notevole ed il conse seguimento di effetti estetici generalmente a apprezzati, e, spesso,
semplificazioni costruttive e di mon
ontaggio di qualche interesse.
Gino Covre
SATAM-Maccio di Villaguardia - veduta della struttura "Covre" per la copertura - aprile 1952
Fonte SIRBeC
Il 27 ottobre 1951 si sposa a Roma con Maria Antonia Zadro (Pramaggiore (VE) 1913 - Roma 2008)
I suoi uffici, prossimi all’appartamento sono stati in via Giacomo Boni n. 4, angolo XXI aprile, in via Barberini
ed in ultimo in via Nomentana 126, angolo XXI aprile. Ogni anno faceva un pranzo con tutti gli impiegati,
mogli comprese.
Gli anni ’50 lo vedono impegnato in numerose sfide progettuali di primaria importanza nazionale. Partecipa
in preparazione delle Olimpiadi a Roma, con il gruppo dell’arch. Cesare Lisini all’appalto concorso per lo
Stadio Nazionale di viale Tiziano a Roma, (poi stadio Flaminio,vinto da P.L.Nervi), con l’arch. Eduardo
Vittoria alla costruzione delle Officine Meccaniche Olivetti a San Bernardo lvrea; realizza le strutture della
stazione di Porta Garibaldi a Milano su progetto degli arch. G. Minoletti e S.Bonamico e nel 1957 la
straordinaria copertura dell’Aerostazione di Fiumicino rendendo possibile il progetto degli architetti
Luccichenti,Monaco e Zavitteri e dell’ing. Riccardo Morandi ed i Magazzini della Rinascente in Piazza Fiume
a Roma di Franco Albini e Franca Helg. Alla fine del decennio, sempre per la Badoni,lavora al grande
progetto di Ferdinando Innocenti, per la costruzione di un enorme impianto siderurgico sulle rive dell’Orinoco
in Venezuela.
Foto della copertura dell’aeroporto di Fiumicino
Covre non è inserito nell’ambiente universitario, ne tra gli ingegneri. Può contare solo sulla sua bravura,
conoscenza, sacrificio e sulla Badoni. La progettazione che faceva usciva costantemente dai modelli correnti
e dai metodi di calcolo ordinari, gli piaceva la ricerca di nuove strade, così come aveva già annunciato nella
Prefazione al libro “Lo Statimetro Covre”
Intorno al 1954, come ricorda la figlia Jolanda …. comprò un terreno con pineta al limite nord di S. Marinella
e costruì una casa che sembrava sospesa sugli alberi, su una struttura posta su sei colonne d'acciaio,
tinteggiate di verde, e la scala entro una torre vetrata che termina con un osservatorio, attrezzato con un
cannocchiale (ci vedemmo tra l'altro gli anelli di Saturno). Era destinata ad ospitare modelli, che non ricordo
gran che, oltre che ad abitazione, sorvegliata dal nostro amatissimo cane lupo Wolf. Ma la vera grande
opera è la casa stessa, che lui chiamava la "gabbia dei osei". Voleva essere un'applicazione della sua
tecnica ad un edificio abitativo, un suo sogno. Dopo la sua morte l'abbiamo dovuta vendere, cosa cui già lui
era rassegnato, perché troppo costosa da mantenere, e d'altra parte le commissioni di lavoro si erano molto
ridotte.
Va gradatamente realizzandosi una iniziativa dovuta, per ora, alla sola passione di un tecnico e di
uno studioso che dedica notoriamente da anni la sua attività alla costruzione metallica.
Gli scopi che si prefigge l'ideatore risultano evidentemente conseguenti al particolare sistema di
lavoro ch’egli costantemente persegue e che si traduce in sostanza in un procedimento evolutivo
continuo di forme costruttive appoggiate a schemi spesso nuovi o originali.
E’ naturale che a tale sistema di lavoro progettivo debba necessariamente accoppiarsi la ricerca
sperimentale in quanto la sola deduzione analitica non sempre può risultare sufficiente, specialmente
quando il ragionamento, ma spesso anche il solo intuito, conducono a schemi di qualche
complessità.
E nelle realizzazioni « COVRE» che si è avuto occasione talvolta di illustrare in questa rivista
malgrado la riluttanza dell'autore, è senza dubbio evidente questa particolare caratteristica e
tendenza. In queste condizioni, il poter disporre in ogni momento del sussidio dell'esperienza che
segua (e talvolta – meglio - preceda) il procedimento di calcolo, diviene mezzo di lavoro pressoché
indispensabile. E poiché quasi sempre sufficiente il mezzo sperimentale approssimativo per
soddisfare le condizioni di verifica essenziali agli effetti pratici, l'attrezzatura sperimentale non costosa
e di rapida realizzazione ed utilizzazione, rappresenta il semplice fabbisogno del progettista, in
generale, tendente alla ricerca.
E’ da questa premessa che scaturisce la profonda differenza esistente fra quello che rappresenta lo
scopo da raggiungere colla iniziativa di cui si parla, in confronto ai compiti ben diversi esplicabili
soltanto dai Laboratori e dai Gabinetti di Scienza delle Costruzioni, dove in generale lo studio di un
problema o di un fenomeno qualsiasi resta circoscritto in limiti ristretti, onde consentire una condotta
d’indagine rigorosa e richiedente, di conseguenza, mezzi di ricerca complessi e costosi. Questa
seconda via sperimentale non potrebbe evidentemente essere battuta normalmente dal progettista,
non solo per le spese non lievi che
comporterebbe, ma per il tempo che
richiederebbe e che nella maggioranza dei
casi, invece, scarseggia. Essa è riservata
quasi sempre al ricercatore puro che limita
la propria indagine a problemi determinati
e circoscritti, o nella progettazione di
opere eccezionali per le quali tempo e
mezzi non fanno difetto.
Il cenno a qualche caso specifico
verificatosi ai primordi dell'attività di cui si
tratta, potrà meglio chiarire i concetti
informativi che guidano l'opera
dell’iniziatore, che non ha inteso e non
intende creare un organismo con scopi simili a quelli degli esistenti su accennati.
Nella costruzione della ossatura metallica realizzata a copertura del grande salone del Palazzo
Ricevimenti e Congressi della E.U.R. in Roma, la verifica del comportamento statico degli arconi
diagonali principali (fig. 1, costr. Badoni) è stata effettuata mediante un modello ad 1/5 costruito collo
stesso materiale dell'originale. Su tale modello è stato agevole condurre una serie completa di
esperienze per la determinazione del comportamento statico del complesso, risultato perfettamente
rispondente alle previsioni analitiche. La struttura, altamente iperstatica come tutte le composizioni
Covre, ben difficilmente sarebbe risultata esplorabile così a fondo ed in termini di tempo tanto brevi,
se si fosse battuta una strada diversa, senza contare che la spesa dell'indagine si è così dimostrata
oltremodo modesta. Altro esempio ancora più significativo è quello rappresentato in fig. 2 che
riproduce il modello a 1/60 di un complesso metallico di copertura attualmente in fase di
realizzazione dell'originale. La composizione, anche qui altamente iperstatica, è una volta sferica a
guscio di m. 84 di diametro su 12 di freccia, irrigidita da quattro travi di contorno disposte in pianta
secondo i lati di un quadrato di 60 m. di lato. L'alta iperstaticità è data dalla composizione,
progettata a maglie trapezoidali a telaio, che rappresenta una delle note caratteristiche delle
strutture Covre. Le esperienze condotte su questo modello hanno dato così precisa conferma dei
risultati analitici da soddisfare pienamente e la spesa per la condotta delle prove statiche e per la
costruzione del modello colla relativa attrezzatura si è dimostrata irrilevante. Su quest'opera e sulla
accennata indagine sperimentale, sarà forse il caso di tornare in dettaglio sull'argomento a tempo
opportuno. Ancora, lo studio dei telai nei multipiani riesce facilmente verificabile sperimentalmente se
si pensa che al progettista basta conoscere la posizione dei punti di momento nullo sotto le diverse
condizioni di carico. Un modello anche piccolo completato da un dispositivo speculare luminoso, può
risolvere rapidamente e completamente questa ricerca.
Gli esempi si potrebbero moltiplicare e non resta che concludere nel senso che l'attrezzatura per il
funzionamento di un Centro Sperimentale caratterizzato come detto in precedenza, si riduce
essenzialmente a quella necessaria per la costruzione di modelli, normalmente realizzati collo stesso
materiale degli originali, e colla dotazione adeguata di strumenti di rilevamento d’uso corrente. Oltre
a ciò è da prevedersi, naturalmente, la creazione di appropriate piattaforme ed incastellature di
prova per la realizzazione dei vincoli, organi richiedenti particolari cure anche per i notevoli sforzi a
cui possono essere assoggettati.
Questo è il programma del Centro Sperimentale di cui si tratta, programma in via di realizzazione e
che sarà completato dalla dotazione di appropriato complesso per prove idrodinamiche, alle quali
l'ideatore pensa di ricorrere in sostituzione di quelle aerodinamiche, come è già stato fatto in casi
particolari che hanno dimostrato la maggiore attendibilità e, spesso, la più pronta e facile condotta
delle prime in confronto delle seconde, senza contare che la spesa d’impianto di una vasca
idrodinamica continua ad anello circolare, completa di ponte idrodinamico e di strumenti di
rilevamento, si realizza con spesa ben più lieve di quella richiesta dalla più modesta galleria del
vento.
A questo programma doveva corrispondere naturalmente un impianto di edifici adeguati. Vediamo
rapidamente com'è stata svolta finora l'iniziativa e come essa va sviluppandosi.
La località prescelta è stata quella di Capo Linaro, lungo la costa tirrenica, in comune di S.
Marinella di Roma, Il sito, particolarmente , tranquillo ed ameno, si presta egregiamente per un
soggiorno raccolto di studio. Nella stessa località, Marconi impiantava vent'anni orsono il suo Centro
di Studi per !a propagazione delle onde a fascio. Ad una sessantina di chilometri da Roma, servita
dalla Statale Aurelia e dalla ferrovia Roma-Ventimiglia, essa risulta ottimamente collegata alla
Capitale di cui costituisce la naturale riviera. Un promontorio a pineta aperto sul mare e riparato alle
spalle dai venti del nord dal gruppo montagnoso della Tolfa, costituisce la piattaforma su cui vanno
sorgendo gli edifici.
La prima parte del programma edificativo è rappresentato nelle foto 3 e 4 dove sono indicati in
pianta ed alzato i locali e le relative destinazioni.
Questa fase è realizzata quasi completamente, mancando soltanto i due parziali sovralzi e i piccoli
fabbricati dei servizi ausiliari.
Una parola va spesa sulle particolari
caratteristiche costruttive dell’edificio
principale di cui alle tav. accennate.
Il corpo di questo è costituito da una
ossatura in acciaio destinata a
sopportare un piano sovralzato (già
eseguito) con visuale libera sulla
sottostante pineta, ed un successivo
attico destinato a sede dell’ufficio
tecnico. Tale ossatura comprende un
edificio a torre racchiudente il vano
scale e la gabbia ascensore, con
piattaforma al sommo protetta da
cupola girevole ed apribile su feritoia
zenitale (foto 5 e 6). Questo
dispositivo è stato studiato per poter
disporre in prosieguo di tempo di una
particolare attrezzatura sperimentale in
un campo di grande interesse e sul
quale riteniamo che l'ideatore vorrà
dare notizie a suo tempo.
All'ossatura della torre, staticamente
indipendente, è addossata quella di sostegno vero e proprio rappresentata da un grande telaio
formato da sei ritti disposti in pianta sui vertici di due quadrati adiacenti per un lato comune di m.
8 (foto 7 e 8).
Il complesso risponde evidentemente allo scopo di creare un ambiente principale di lavoro e di
soggiorno, al disopra della fitta boscaglia di pini in mezzo alla quale gli edifici sorgono e ciò non
soltanto per rispetto alle disposizioni dettate dalla Sovrintendenza per la difesa del panorama a cui
la zona è sottoposta e che impone fra l’altro il divieto assoluto di abbattimento delle conifere
esistenti (figg, 9 e 10). L'occasione era naturalmente allettante per destare nell'iniziatore il desiderio
di approfittare del problema che gli si prospettava per risolvere qualche interessante questione
applicativa dell'acciaio, Pertanto il telaio spaziale, mentre viene reso solidale al piede dei ritti con un
sistema di travi continue rovesce in c.a. sull'incrocio delle quali i ritti si incastrano (foto 12 e 13),
svetta in elevazione con delle colonne in acciaio ad alta di produzione Dalmine (messe
cortesemente a disposizione dalla Dalmine S. A.) dello spessore di 11 min. su un diametro di 400
(figg. 11 e 12).Queste colonne sono riempite di calcestruzzo di cemento vibrato e costituiscono un
cemento tubato sul comportamento del quale l’autore ha potuto indagare giungendo a conclusioni
pratiche tali da consigliare l'applicazione del sistema a progettazioni in corso, riguardanti specialmente
edifici multipiani per applicazioni civili. Così il sognato organismo sperimentale, pensato da un
tecnico come mezzo di sviluppo tecnico, sorgeva con un primo obiettivo di utilità pratica e riteniamo
sia possibile dettagliare prossimamente il procedimento analitico adottato nella calcolazione di questa
struttura, colle relative conferme sperimentali del suo comportamento statico. Le colonne in acciaio
sono rese solidali in testata da un incrocio di architravi pure in acciaio (fig 13) che a loro volta
però solidarizzano con una piattaforma di ben 300 mq. in c.a., a cassettonato di travi diagonali e
sbalzi perimetrali di m. 3,50. Da tale piattaforma si spicca l’edificio aereo propriamente detto che per
ragioni tecniche, acustiche e di coibenza termica, si appoggia ad un vero e proprio doppiofondo
riproducente la struttura navale classica. Il carico complessivo affidato al telaio spaziale metallico, si
aggira, fra permanente ed accidentale, sulle 500 T. Le azioni orizzontali sono state assunte col
valore del 10% di quelle complessive verticali, come se si trattasse di edificio asismico in zona di
Ia cat. Esse corrispondono ad una azione di vento di 250 kg/mq. di superficie normale battuta.
Oggetto di particolare studio è stato quello del comportamento oscillatorio del complesso le cui
vibrazioni, sotto le azioni orizzontali, sono risultate di frequenza d'ordine acustico, con spostamenti
orizzontali irrilevabili anche in presenza di venti ciclonici quali si sono presentati e si presentano in
quella zona costiera. Sarebbe estremamente interessante riferire in dettaglio anche su
quest’'argomento, ma la natura puramente indicativa e sommaria di questa prima segnalazione non
consente estensioni che si confida poter dare per gradi in tempi successivi. Del resto se si pensa
alla quantità ed alla complessità dei problemi, anche di dettaglio, connessi alla realizzazione di
questo edificio, è comprensibile la necessità attuale prospettata.
L'acciaio finora impiegato nell'opera si riduce a sole 23 tonn, delle quali 5 ad alta resistenza
rappresentate dalle colonne e 18 costituite da acciaio dolce normale da costruzione, La
composizione è fatta per grossi elementi saldati e montati in posto per bulloni. La bullonatura degli
elementi della torre è stata effettuata completamente con rondelle elastiche, l'esecuzione è della
Badoni S, A. Il rivestimento a vetri della torre mediante lastre speciali quadrionda rappresenta cura
particolare della St. Gobain (fig. 14). L'ossatura portante il corpo aereo dell’edificio è costituita da
avvolgimenti a spirale d’acciaio e laterizi a camere d’aria multiple appositamente studiati. Nel
complesso è evidente lo sforzo dell’ideatore di dare all’acciaio una funzione di primo piano in
collaborazione con altri materiali sì da estendere l’impiego di esso in campi finora preclusi e dove
invece potrebbe risultare di vitale impiego. I sovralzi d'attico sono previsti con ossatura d'acciaio e
speciali pannelli coibenti in lega leggera.
La grande piattaforma coperta risultante a livello delle imposte delle colonne, destinata per riunioni
all'aperto e per sala di tracciamento, sarà prossimamente munita di chiusure d'ambito apribili
totalmente, e costituite completamente da vetrate. Sembra doveroso chiudere questa sintetica
esposizione ponendo in rilievo il fatto che questa iniziativa si deve finora soltanto alla volontà di un
uomo che coi soli propri modestissimi mezzi e senza chiedere nulla, in una silenziosa, tenace e
raccolta opera di anni, sorretto soltanto dalla fiducia di creare qualcosa di utile al progresso tecnico,
procede coraggiosamente per la via tracciatasi imponendosi un peso che non menoma le sue forze
nella quotidiana fatica professionale i cui frutti non sono notoriamente né pochi né trascurabili.
Per ricerche sperimentali sulle strutture metalliche (L’Istituto « Covre» di Capo Linaro )
Acciaio e costruzioni metalliche n.4, 1955,Pagg.8-14
Gli ultimi lavori
La capacità di Covre di risolvere aspetti apparentemente impossibili, di partecipare a sfide eccezionali, porta
Pier Luigi Nervi, che spesso se lo è trovato concorrente a chiederne la collaborazione per due opere
straordinarie ed originali, che niente hanno in loro dei sistemi Nervi e Covre.
6
Fonte: Progetti del Padiglione Italiano alla
lla eesposizione Universale di Osaka del 1970
A cura dello studio Metamorph - IN/ARC Officina
Offic edizioni Roma 1969
Ricordi
… le passioni parallele al lavoro: astronomia, musica (suonava il flauto), last but not least gastronomia…
Mio padre suonava il flauto.
cosa suonava? …. Ricorrente era il Chiaro di luna di Beethoven, anche perché era l'unico pezzo in cui
sapevo fare l'accompagnamento al piano, …. Era solo un dilettante,ma il suo flauto d'argento che
scrupolosamente puliva è ancora qui a casa. Poi c'era il pianoforte con la pianola, quella con i pedali e i
tastino per regolare intensità ed altro. I suoi rulli erano un'infinità …: Chopin, Beethoven, Borodin ecc.. Poi
c'erano i dischi dove prevaleva la lirica, Rossini Verdi Puccini Donizzetti ecc., e l'abbonamento al teatro
dell'opera…. Con la musica passava ore e ore.
Lo studio di papà ci sembra di ricordare che non era mai stato chiuso ufficialmente, è stato chiuso quando
stava molto male o addirittura quando è morto. Negli ultimi anni il lavoro era diminuito. Ma mio padre è stato
in gambissima fino alla manifestazione del cancro, poi vissuto per nove mesi, quelli sì terribili. Prima gli
piaceva girare in macchina, con l'autista perché non vedeva bene e non guidava, e anche portato da me di
cui si doveva pur fidare... e poi un buon ristorante la domenica. Trascorreva ore ad ascoltare i suoi dischi.
Volentieri qualche viaggetto, spesso a Venezia o a Verona dove c'erano mio zio e cugini, sempre e solo con
moglie e figlia. Jolanda Nigro Covre
L’ing. Covre era un grande signore con capelli bianchi benché ancora giovane, fumava il sigaro, veniva
molto spesso in casa nostra a Lecco, cosa che ci rendeva felici perché in quelle occasioni i pranzi (era
molto goloso) erano particolarmente curati. Era una persona affettuosa e arguta che ricordo con piacere.
Marta Badoni
Era un personaggio di fascino, vestiva in modo molto vistoso. Aveva talento e fascino. Dotato di grande
capacità progettuale, ha lavorato sempre con Badoni, fino agli anni '70 quando l'azienda passò in mano al
genero di Badoni, l'ing. Stabilini.
Vittorio Nascè
Insomma è tutto relativo, come quel giovane disegnatore padovano oggi 83enne che ci ha raccontato,
volendo rimanere in incognito quando a Roma nel 1963 assistette ad un accesso diverbio fra Riccardo
Morandi e Gino Covre strutturista del famoso architetto Pier Luigi Nervi proprio per il ponte di Genova. Covre
affermava che la progettazione in calcestruzzo avrebbe avuto una grande criticità nella corrosione
dell'armatura e nel degrado del cemento, suggerendo al posto del cemento armato precompresso per i
tiranti, l'acciaio libero e visibile soprattutto per la finalità del monitoraggio del degrado. Aveva ragione.
Mauro Giacon
Sul Sarpi-Dalmazia saldature imperfette
Il Gazzettino, Padova 18 agosto 2018
Brevetti
All’Archivio centrale dello Stato sono presenti questi brevetti d’invenzione registrati a Gino Covre come
brevettante. Ciò non esclude la presenza di altri suoi brevetti registrati ad altro nome, tra questi pare esservi
il suo sistema, ceduto alla Badoni SpA, per la costruzione di scafi di navi.
Poiché nell’arco si riscontra la caratteristica di una notevole diminuzione nei valori degli sforzi taglianti in
confronto alla trave rettilinea di uguale luce e sotto gli stessi carichi, ne consegue che la materia
costituente l'arco, nell'ipotesi che questo sia a parete piena, è scarsamente utilizzata in prossimità
dell'asse neutro. Risulta quindi razionale la forma costruttiva disegnata in figura 1 dove, supponendo
vuotata per tratti convenienti la originaria parete piena di un arco, questi diviene in sostanza
costituito di due archi elementari collegati fra loro da un certo numero di montanti.
La forma costruttiva indicata, può anche derivarsi da un arco a traliccio, liberato dalle diagonali, coi
montanti resi solidali alle aste di contorno e disposti secondo il raggio di curvatura assunto dall’asse
dell'arco in corrispondenza di ciascun montante.
In tal caso, le aste di contorno risulteranno assoggettate a sforzi assiali di compressione o di
tensione facilmente calcolabili e da momenti flettenti derivanti dall'azione dello sforzo tagliante. I
montanti, in dipendenza della stessa azione saranno inflessi nel loro piano e contemporaneamente
compressi o tesi a seconda della applicazione dei carichi all'intradosso o all'estradosso dell'arco ed
in relazione al rapporto di dimensionamento adottato per le aste o correnti di contorno all'intradosso
rispetto a quelli di estradosso.
Scegliendo convenientemente le distanze tra i montanti in relazione ai valori assunti dagli sforzi
taglianti, gli elementi a telaio costituenti l'arco dovranno risultare dimensionati in modo che la rigidità
fra montanti e pareti o correnti, possa considerarsi praticamente infinita.
In tal caso, in ciascun tratto di corrente esiste un punto di momento secondario nullo a metà della
distanza intercedente fra due montanti successivi.
Lo schema costruttivo dell'arco si riduce in tal modo a quello indicato a figura 2, ed i punti di
momento nullo si riducono a cerniere ideali eventualmente traducibili costruttivamente.
Riducendo il momento d'inerzia di uno dei correnti, d'intradosso o di estradosso, a valore molto
piccolo rispetto a quello dell'altro, il punto di momento nullo sul montante si sposta verso il corrente
di momento d'inerzia minore. In questo caso le corrispondenti forme costruttive ed i relativi schemi
assumono le caratteristiche delle figure 3,4,5,e 6 nelle quali per le figure 3 e 4 è il corrente
d'intradosso che assume il momento d' inerzia maggiore, e nelle figure 5 e 6 invece ciò avviene per
quello d'estradosso.
Qualora il valore dello sforzo tagliante fosse così elevato da non portare ad un dimensionamento
dei correnti proporzionato ai montanti agli effetti della rigidità praticamente infinita tra quelli e questi
che torna conveniente di realizzare (e ciò anche agli effetti di una semplificazione fondamentale e
notevolissima nel procedimento di calcolo) si può ricorrere ad un terzo o più correnti, giungendo alla
forma costruttiva e relativo schema di cui a figure 7 e 8.
Il passaggio dall'arco alla volta avviene considerando il primo come elemento della seconda,nel qual
caso i correnti di contorno diverranno pareti di contorno,, piane o curve a seconda che esse
seguiranno la poligonale dell'arco determinata, dal numero dei campi in cui esso viene diviso, o
l’andamento dell'arco stesso. l montanti diverranno, nella volta, correnti continui, colleganti due volte
(o più volte) elementari d'intradosso e di estradosso, od altra, od altre, eventualmente intermedie.
Nel caso però di materiali ad elevata resistenza specifica come i metalli e, fino ad un certo punto.
anche per il legno, le composizione in volta di più archi elementari può avvenire più
convenientemente secondo lo schema a traliccio di cui la figura 10 rappresenta la proiezione
orizzontale mentre l'arco elementare di figure 9 costituisce l'alzato.
La volta può però assumere la forma costruttiva a telaio anche nel senso longitudinale nel qual caso
essa risulta costituita da un complesso di archi collegati all'intradosso ed all'estradosso (ed
eventualmente in piani intermedi se esistono archi elementari intermedi) in corrispondenza dei
montanti, da membrature parallele raccordate ai correnti degli archi ed atte a reagire ai momenti
flettenti secondari derivanti da azioni orizzontali normali ai piani degli archi, nonché ai conseguenti
sforzi assiali di compressione, o di tensione, ed agli eventuali momenti dovuti ad azioni verticali quali
il peso proprio, materiale di coperta, carichi accidentali di diversa natura.
Questa composizione di volta a telaio nel senso orizzontale è rappresentata in piante con la fig. 11.
in strutture permanenti, ponti, volte di copertura o di sostegno, il materiale d'impiego tipico è il
cemento armato. I vuoti fra correnti e montanti possono essere realizzati sia con casseforme morte
che a ricupero, Nel primo caso le casseforme possono anche essere realizzate con laterizi cavi.
In strutture scomponibili, converrà l'impiego del legno e del metallo, senza escludere che questi
materiali possano essere anche impiegati in strutture permanenti, specialmente in archi di sostegno
di grandi ponti o di grandi volte.
Nelle forme scomponibili i collegamenti possono avvenire con unico bullone in corrispondenza dei
punti di flesso dei correnti e deii montanti,così com'è indicato in figura 12.
Per una lavorazione di serie meta tallica su pochi elementi uguali può però conve venire la composizione
di figura 13 dove i collegamenti avvengono
a direttamente fra correnti e montan nti con più bulloni e su
fori di correnti ovalizzati per conssentire la composizione con un unico elemento to di serie.
Queste composizioni si prestano ssia per volte come a pianta di figura 10 che per quelle di cui
a pianta di figura 11,
L'interasse fra i correnti di intr tradosso e di estradosso può éssere costa tante per semplicità di
lavorazione come indicato dalle figure 14,16,18 e a detrimento della econom omia del materiale. Ma
può essere anche opportunament nte variato com'è indicato nelle forme disegna nate in figure 15,17,19,
rispettivamente adatte ed appropri riate, sotto il punto di vista di un'razionale prof
ofilo di arco o di volta,
all’arco isostatico, a quello semplilicemente iperstatico ed al triplamente iperstatitico.
L'ampiezza dei campi limitati da due montanti successivi può essere tenuta ccostante, per semplicità
costruttiva, lungo tutto l'arco. Qual
alora però la variazione del valore dello sforzo o tagliante da campo a,
campo risultasse notevole, sarà conveniente limitare l'ampiezza dei. campi in corrispondenza degli
sforzi taglianti massimi, tenend do però sempre presente la necessità dii un dimensionamento
assicurante quella rigidità praticaamente infinita fra correnti e montanti, preced edentemente accennata.
L'asse dell'arco, o la direttrice de
della volta, può essere qualunque; in relazione e anche alle particolari
esigenze a cui deve rispondere,, oltre alle peculiari condizioni di caricamento to; la struttura potrebbe
quindi anche assumere la comp posizione a portale di cui a figure 20 e 21 2 per il portale a tre
cerniere; 22 e 23 per il portale a due cerniere; 24 e 25 per il portale incastrato to al piede.
RIVENDICAZ IONI
1° Arco costituito da due o più co orrenti collegati da montanti solidali, con eventu
tuali articolazioni
in corrispondenza dei punti di mo omento nullo; struttura realizzabile con forme costruttive scomponibili
o permanenti,
La sezione di un solido compresso presenta caratteristiche tanto più appropriate di resistenza quanto più
essa tende alla corona circolare di piccolo spessore rispetto al diametro. In ogni caso, beninteso, lo
spessore della corona deve essere proporzionato al diametro onde evitare inflessioni localizzate di
parete provocate da effetti di punta.
Lo stesso criterio può estendersi ad una sezione a semicorona - composta anche con elementi di raggi
di curvature diversi - qualora il rapporto fra spessore di parete e raggio massimo di curvatura risulti
appropriato ed in ogni caso maggiore di quello adottabile per la sezione a corone circolare di uguale
diametro massimo.
Poiché nella sezione di un elemento inflesso esiste sempre una zona di area reagente a compressione, il
criterio di forma ora accennato risulta applicabile e conveniente qualora si intenda realizzare sezioni
costituite da pareti sottili.
Infatti la sezione lamellare di fig.1 di spessore piccolissimo rispetto alla larghezza, non sarebbe atta a
sopportare alcun carico baricentrico di compressione normale al suo piano. La stessa sezione, con uguale
superficie della precedente avvolta a corona solidale, sarebbe pienamente utilizzabile qualora lo spessore
risultasse non inferiore ad 1/50 del diametro medio della corona (fig.2).
infine, la stessa lamella,semplicemente curvata ad uno (fig.3) od a più (fig.4) raggi di curvatura, con
sezione di uguale superficie di quella di fig.1 e fig.2 e di uguale spessore, potrà reagire ad azioni di
compressione assiali, mentre ciò tornerebbe impossibile per la lamella di cui alla sezione di fig.1, per
quanto si tratti di azioni di intensità minore di quelle sopportabili da solidi di sezione fig.2.
Partendo dalle stesse considerazioni, assottigliando le pareti di una sezione compressa secondo il suo
asse baricentrico, è possibile renderla idonea a tale sollecitazione in due distinti modi.
1) - Solidarizzando con setti d’irrigidimento due o più pareti sottili (fig. 5 e 6)
2) Profilando un’unica parete sottile secondo una prima ondulazione a raggio più piccolo destinato a
limitare lo spessore di parete, ondulazione che seguirà a sua volta quelle più ampia del
complesso com’è indicato in fig.7.
Combinando i due criteri qui indicati, si giunge alle varie sezioni di cui a figg.8-9-10-11 particolarmente
appropriate nei casi di sollecitazioni composte di comprensione,flessione e taglio nelle quali oltre agli
sforzi principali se ne manifestano di secondari che tendono ad allargare la sezione, secondo la corda
dell‘'onda principale. A tali sforzi secondari si può opporsi dimensionando la sezione in modo da reagire
ad essi, ed in ciò le combinazioni di cui a fig.5-6-8-9-10-11- risultano appropriate; o ricorrendo addirittura a
tirantini o a un setto continuo disposto secondo la corda dell’ondulazione principale (fig.12).
La realizzazione costruttiva dei concetti esposti può effettuarsi secondo le modalità seguenti.
Consideriamo l’elemento a parete continua di fig.13. esso può combinarsi a semplice ondulazione come
viene indicato a fig.14 con collegamento secondo le alette e nelle testate degli elementi, per bulloni.
Lo stesso elemento a parete continua, mediante giunti continui può dar luogo alla combinazione di fig.15
a doppia ondulazione con interruzioni delle onde nei giunti longitudinali. Qualora il complesso debba
disimpegnare alle funzioni di copertura può tornare conveniente profilare L'elemento colle alette un po’
inclinate rispetto all’orizzontale com’é indicato in fig.16. In tal caso è possibile soltanto la combinazione
analoga a quella di fig. 14 ed indicata in fig. 17.
Qualora l’ondulazione risulti di dimensionamento limitato, l’elemento può comprendere una o più onde
com’è indicato in fig.18,mentre che per elementi a grande momento d’inerzia composti con piccoli
spessori di parete, si potrà ricorrere alla forma di fig. 19 e 20, derivate dalla 16 e dalla 5 e 8.
Per il caso d’impiego di elementi ondulati nella composizione di volte,l'elemento potrà risultare incurvato
secondo il raggio,ed i raggi, di curvatura adottati per le volte.
Circa i collegamenti,specialmente in quelli di testata degli elementi,occorre verificare,qualora si adotti il
giunto per bulloni e coprigiunti, se la sollecitazione massima provocata dal gambo del bullone sul materiale
costituente l’elemento , sia ammissibile. Per es. in figg. 21 e 22, rispettivamente sezioni trasversale e
longitudinale, è disegnato un elemento di giunto per pezzi costituiti da ardesia artificiale e bulloni con
coprigiunti in acciaio dolce normale. Date le caratteristiche elastiche di questi materiali, la parete
dell'elemento va ingrossata ai bordi. ‘attacco e il gambo del bullone deve essere munito di una bussoletta
appropriata onde ridurre la sollecitazione sulla parete del foro praticato nell‘ardesia ad un massimo
compatibile colle caratteristiche resistenti dell'ardesia stessa.
In questo tipo di giunto a coprigiunti,il collegamento per attrito può essere coesistente a quello dovuto
alla resistenza al taglio dei bulloni o completamente sopportato da quest’ultimo.
Per collegamento e sola azione di attrito, quale può convenire nel caso di complessi a doppia
ondulazione simmetrica (figg. 23 e 25) esso può realizzarsi mediante l'interposizione di un organo a
doppio cuneo de fissarsi con staffe circolari, messe in tiro da appositi bulloni ( Sezioni e vista
rispettivamente a figg. 24 e 23) o mediante collari forzati con bulloni com'é indicato rispettivamente in
sezione e vista in fig.25 e 26.
Il materiale da impiegarsi per la realizzazione del complesso può essere un nomale conglomerato di
cemento ed amianto o simili avente caratteristiche di resistenza e tensione cospicue, oppure il ferro anche
in leghe e specialmente d’alluminio. In questo secondo caso, dati gli spessori limitati che è necessario
adottare anche per ragioni economiche, si presterà particolarmente la forma costruttiva di fig. 2 e derivate.
Si escludono materiali che non abbiano le caratteristiche di resistenza definite a tensione, come i laterizi
collegati con malte, i calcestruzzi di cementi, ecc.
Gli organi di collegamento,specialmente nel caso di complessi realizzati in conglomerato cemento-
amianto, potranno essere in ferro. Ma siccome può interessare di escludere l’impiego di questo metallo
nel caso considerato,i collegamenti potranno anche effettuarsi in lega d’alluminio salvo beninteso un
opportuno dimensionamento in confronto con quelli in ferro.
L‘utilizzazione del complesse proposto, nella costruzione di volte e impalcati orizzontali od obliqui (falde
di copertura) esclude la necessità di centinature, essendo soltanto sufficiente, data la realizzabile
progressiva solidarietà della composizione qualche sostegno provvisorio in pochi punti definiti dalla condotta
di montaggio che potrà variare caso per caso.
RIVENDICAZIONI
1°) Complesso costituito da elementi ondulati in conglomerato di cemento ed amianto o simili,
scomponibile, da impiegarsi nella costruzione di volte, impalcati,pareti, avente come caratteristica un
elemento componente ad una o più ondulazioni principali ed eventuali altre secondarie seguenti quelle
principali, a pareti semplici o multiple.
2°) Complesso costituito da elementi ondulati metallici in lamiera sottile,scomponibile, caratterizzate
da un elemento componente ad una o più ondulazioni principali ed eventuali altre secondarie seguenti
quelle principali.
Gino Covre
Trave metallica ad elementi solidali con momenti
secondari eliminati o prestabiliti
Brevetto n. 429307 rilasciato il 21 gen. 1948
Covre Gino
Lo schema più semplice di una trave ad elementi solidali è quello a briglie parallele rappresentato
in figura 1 dove un certo numero di maglie di larghezza costante o non costante è realizzato
collegando solidalmente le due briglie con montanti.
Il sistema è iperstatico in alto grado,di calcolazione laboriosa e di realizzazione complessa.
Se però i momenti d'inerzia dei montanti si fanno infinitamente grandi rispetto a quelli delle briglie,
sì realizzano punti di momento nullo a metà se le briglie sono a momenti d’inerzia uguali, e a metà
campo nei vari tratti di briglia.
In tal caso, schematizzato in figura 2, la calcolazione viene notevolmente semplificata ma la
costruzione resta pur sempre complessa dovendo ogni asta costituente la trave, regire
contemporaneamente, in generale,a sforzi assiali (di tensione o di compressione),a sforzi taglianti e
a momenti flettenti.
Se i momenti d'inerzia delle briglie non sono eguali,la posizione del punto di momento nullo sui
montanti si sposta dalla briglia a momento d'inerzia maggiore verso quella a momento d'inerzia più
piccolo, fino sd assumere la posizione limite indicata nella figura 3 allorquando una delle briglie (nel
caso di figura 3 quella inferiore normalmente tesa) assume un momento d'inerzia nullo,praticamente
il. caso di un tirante.
Passando alla composizione reticolare di figura 4 sì riconosce subito ch'essa rappresenta una
trasformazione della figura 2 dove i montanti assumono praticamente un momento d'inerzia infinito
rispetto a quello della briglia,colla caratteristica che i tre gruppi di sforzi,assiali,taglianti e flettenti, si
riducono in ogni asta, essenzialmente, al primo gruppo soltanto.
Poiché è poi conveniente ridurre la lunghezza delle aste affinché in quelle compresse si faccia
risentire al minimo l'azione del caricamento di punta, il dispositivo di figura 4, viene ulteriormente
variato in quello di figura 5 dove si ha finalmente un primo complesso di trave derivante dalla
composizione con elementi solidali,ma con momenti secondari eliminati,staticamente determinata per i
suoi elementi principali e di realizzazione facilmente rispondente alla calcolazione.
Applicando lo stesso procedimento di trasformazione allo schema solidale di figura 3 si giunge a
quello di figura 6 (o all'analogo capovolto) che risponde alle stesse. caratteristiche del sistema.
precedente. In tal modo sono completamente eliminati i momenti: secondari del corrispondente
complesso solidale.
Poiché, però, le aste dei nuovi tralicci così derivati (figure 5 e 6) saranno generalmente costruiti a nodi
rigidi, chiodati o saldati, rimarranno dei momenti secondari di asta dipendenti dalle caratteristiche
geometriche di quest'ultime, Questi momenti secondari risulteranno sempre notevolmente ridotti
e generalmente trascurabili in confronto a quelli che si verificano nelle correnti forme di travate a
traliccio o reticolari, in quanto nelle nuove forme proposte i momenti d'inerzia delle aste di parete
risultano molto limitate rispetto è quelli delle briglie. Pur tuttavia, volendo ulteriormente ridurre
o addirittura annullare! questi momenti secondari d'asta, si fanno le considerazioni seguenti.
Prendiamo in esame un pannello qualunque di una trave limitandolo inferiormente ai punti di
momento nullo sui montanti del corrispondente sistema solidale (figura 7). Nel campo Ar, Ar+1 agisce,
in dipendenza dei carichi insistenti sulla trave,uno sforzo tagliante Tr che interesserà con una aliquota
αTr, (α < 1), la briglia Ar Ar+1 . Se in C, punto di momento secondario nullo,si disponesse di una cerniera
senza attrito, αTr, si scaricherebbe su Br e Br+1 secondo le BrC e Br+1C che rappresenterebbero le
linee d'azione delle reazioni. Ma in C generalmente esiste un collegamento solidale e pertanto le
reazioni tenderanno ad incontrarsi al di sopra di tale punto. Analogo ragionamento va ripetuto per i
collegamenti in Br e Br+1. Pertanto se si vuol ridurre e praticamente annullare o rendere valutabile
anche il momento secondario sulle aste, bisognerà ricorrere alla forma costruttiva di figura 8
profilando la spezzata BrC e Br+1 nel modo più adeguato alle risultanze del calcolo che tiene conto
della solidarietà dipendentemente alle dimensioni del pannello ed alle caratteristiche geometriche
delle sezioni delle varie membrature che lo compongono.
Pertanto le travi i cui schemi rispondono alle figure 5 e 6 assumono le caratteristiche di cui a figure
9 e 10.
Naturalmente la composizione studiata può applicarsi non soltanto a travi rettilinee ma anche a
quelle ad arco o curvilinee, a quelle a briglie parallele o non parallele o poligonali e al caso di più
briglie.
La costruzione può eseguirsi con profilati di qualunque tipo; ma quello tubolare si presta in modo
particolare e lo studio è stato condotto col criterio di impiego prevalente di esso.
I collegamenti si possono eseguire per chiodatura o bullonatura o saldatura nel modo più generale;
le figure 11 e 12 ne danno uno schema indicativo generico in vista e sezione.
La struttura può essere ad elementi componibili.
RIVENDICAZIONI
Trave metallica ad elementi solidali, rettilinea o curva, a briglie parallele o non parallele o poligonali,
semplici o multiple, con membrature di parete atte ad eliminare i momenti secondari o a prestabilirli
e distribuite in modo da rendere minimi gli effetti del carico di punta; realizzabile con forme
costruttive scomponibili o permanenti, per chiodatura o bullonatura o saldatura,in profilati ordinari o
tubolari.
Gino Covre
Fondazione ad elementi metallici componibili e con cerniera
elastica sferica senza perni
Brevetto n. 429818 rilasciato il 3 feb. 1948
Covre Gino
L’oggetto del presente trovato è costituito da uno zatterone metallico da una apparecchiatura centrale
costituente la cerniera (vedi tavola unica fig.1 in alzato,fig.2 in pianta, fig.3 in fianco).
Lo Zatterone ha il compito di diffondere l’azione di compressione sul terreno attraverso un qualunque
mezzo (tavolato. in legname,battuto di ghiaia o di pietrisco,getto in calcestruzzo magro o normale
armato o non armato ecc,). Esso si compone di un riquadro in profilati metallici eventualmente suddiviso
in altri riquadri minori mediante. barre incrociate intermedie. Il numero dei riquadri e il dimensionamento
dei profilati dipende dall’intensità dell'azione da trasmettersi al terreno nonché dalla pressione unitaria
specifica sopportabile da quest’ultimo e dalla sollecitazione unitaria ammissibile per il mezzo interposto fra
lo zatterone ed il terreno,mezzo che si comporta staticamente come un sistema di piastre continue, Lo
zatterone assume lo Schema statico di un complesso di travi incrociate.
Esso può essere a pianta quadrata od ottogonale o circolare o poligonale in genere. La composizione dei
suoi elementi può essere fatta semplicemente per saldatura nei complessi di peso modesto oppure con
collegamenti: delle barre per chiodatura o bullonatura in complessi di qualche mole e ciò in relazione
alle caratteristiche dei mezzi di trasporto disponibili ed alle possibilità locali di montaggio.
La composizione della cerniera è fondata su due principi.
Il primo discende dal comportamento di un elemento lamellare prevalentemente teso o compresso nel suo
piano e contemporaneamente inflesso nel piano normale al precedente e cioè in quello dello spessore
minimo. Dato il piccolo momento d’inerzia,limitabile quanto si voglia collo spessore,di tale elemento
della sezione considerata nel senso delle dimensione minima (spessore della lamella),sezione normale
alla direzione dello sforzo principale di compressione o di tensione trasmesso dalle cerniera, sono
consentite piccole rotazioni elastiche sotto momenti notevolmente più piccoli (e praticamente
trascurabili) di quelli che si svilupperebbero per l'azione di attrito in una cerniera normale a perno. Il
secondo principio discende dalla composizione di due rotazioni secondo assi ortogonali. Disponendo due
cerniere come ora descritte, secondo due assi normali fra loro e situati in un piano normale a quello
dello sforzo principale di compressione o di tensione trasmesso dalla cerniera,è possibile la rotazione
secondo qualunque asse del piano predetto, realizzando così il comportamento di una cerniera
sferica.
La composizione del complesso cosi com'é indicato in alzato (fig.1) ed in piante (fig.2) nelle tavola
unica allegata é supposto realizzato per saldatura delle lamiere costituenti la cerniera,in quanto
questo mezzo di collegamento si presta egregiamente per una simile composizione. Nulla si
opporrebbe però, salvo una maggior complicazione costruttiva che potrebbe essere conveniente in
casi speciali,che la composizione avvenisse con elementi chiodati o addirittura bullonati.
Nella rappresentazione di cui al disegno si è supposto che l’elemento trasmettente l"azione assiale
alla fondazione sia metallico ed a pianta triangolare rettangolare,soltanto per considerare un caso
particolarmente non comune, L’elemento predetto può essere costituito,evidentemente,di qualunque
materiale ed assumere qualsiasi sezione. Il collegamento del complesso cerniera coll’elemento
trasmettente lo sforzo,può essere per bulloni,com'é indicato nel disegno,o con qualunque altro mezzo.
Il complesso cerniera può poi fare corpo direttamente collo zatterone di fondazione oppure venire ad esso
collegato per bullonatura o con qualsiasi altro mezzo.
RIVENDICAZIONI
Complesso metallico componibile per fondazioni con cerniera elastica sferica senza perni caratterizzato
dall’insieme di un sistema diffusore di carichi ad elementi metallici incrociati connesso ad un dispositivo
bilamellare ortogonale flessibile realizzante la possibilità di una qualunque rotazione elastica nello spazio, di
una membratura ad esso collegata e trasmettente un’azione assiale.
Scritti di Gino Covre
Nel seguito si riportano gli scritti di Gino Covre, che ad oggi è stato possibile ritrovare, grazie in particolare
alla direzione della rivista Costruzioni Metalliche, che ha messo a disposizione il suo archivio storico.
Gino Covre, Le costruzioni in acciaio nella loro evoluzione statica, estetica e economica.
Costruzioni Metalliche n.1 1955 pag.3
Gino Covre, Il padiglione della meccanica pesante alla XXIX edizione della Fiera di Milano.
Costruzioni Metalliche n.3, 1951 pp 21-27
Gino Covre, Grandi Strutture in Problemi delle costruzioni in acciaio Ed Cremonese 1967
Gino Covre, Il nuovo edificio in acciaio de “La Rinascente” a Roma, “Acciaio”, 1,1963, pp. 1-5.
In letteratura risultano anche questi scritti, di cui però non si è però trovato niente:
Un luminoso capannone all'aeroporto del Littorio a Roma, "Il vetro",10, 1938 pp-330-332
Lo statimetro Covre
A partire dalla seconda metà del 18 1800, dopo la pubblicazione di “Die graphische S Statick” di Karl Culmann
(1821-81), nell’ambito dell’ingegner eria civile, si ebbe una diffusione rapidissima d della statica grafica con
l’istituzione di corsi d’insegnamento o nelle scuole d’ingegneria d’Europa, Russia e Sta tati Uniti.
La statica grafica permettendo di rrisolvere per via grafica i problemi di statica ne ell’attività dell’ingegnere,
come la verifica strutturale delle travvature reticolari, i problemi di geometria delle areee (baricentri, momenti di
inerzia, assi principali, ecc.), conssentiva di superare gli ostacoli delle procedurre analitiche i cui oneri
computazionali erano spesso insupe erabili.
1
A supporto del lavoro grafico furo rono inventati strumenti, come gli integratori , in grado di semplificare
ulteriormente il lavoro dell’ingegnerere.
Gino Covre, pienamente co oinvolto nell’attività professionale e con una pro ofonda conoscenza della
materia, come risulta dalla biografia ia riportata nel testo che accompagna la presentaz azione dello strumento da
2
lui inventato, brevetta, produce e commercializza per il tramite della ditta Hein inz & C. di Venezia, lo
Statimetro Covre, uno strumento semplice
se con cui calcolare velocemente gli entii g geometrici di qualunque
sezione piana anche a comportam mento non omogeneo, nonché per lo studio de elle strutture iperstatiche
mediante il principio dell’ellisse d’ela
lasticità.
Lo statimetro Covre
Stabilimento grafico U.Borto
toli Editore,
Venezia 1932 - X
PREFAZIONE
Durante la mia ventennale pratic tica professionale mi
sono trovato spesso nella ne necessità di dover
constatare come la diffusione dii importanti metodi di
calcolo sia ostacolata daa una generale
preoccupazione per la laboriositàità da essi metodi
richiesta.
Questa preoccupazione rappresen enta, in molti casi,
l’unica causa di un ingiustificato
to pessimismo sulla
convenienza di adoperare queii m metodi ‘nella pratica
corrente, e porta la conseguenz nza grave sia per il
progresso delle idee che per llo sviluppo mentale
che deve essere costantemente nte connesso a chi
lavora specialmente ‘nel campo o intellettuale, di un
completo oblio su taluni principi appresi sui banchi
della scuola, e che sono esse senziali anche per i
concetti nuovi e per l’opera di controllo che essi
danno colla loro applicazione.
È innegabile che questa laborios
iosità esiste e che é
molto spesso incompresa e non compensata
com’essa richiederebbe. É pure in innegabile che alcuni
elementi d’ incertezza sul comport
rtamento dei materiali
da costruzione, fanno perdere e certo valore ai
procedimenti rigorosi ma compleslessi legati ai metodi
di calcolo su accennati.
1
Vedi al riguardo: L’INTEGRATORE O PLANIMETRO
TRO DEI MOMENTI DI AMSLER-LAFFON Torino, Dicembre 1882.
Memoria dell’ingegnere Scipione Cappa ATTI DEL
DELLA SOCIETÀ DEGLI INGEGNERI E DEGLI INDUSTRIALI DI TORINO
RINO
2
Muller-Breslau H. La scienza delle Costruzioni, ni, H
Hoepli 1928
K. Culmann Die graphische Statick, Zurich 1875 75
Mayor B. Definition gènèrale de l’ellips
ellipse d’élasticitè des systems articulès
Abraham Max Meccanica razionale e teoria dell’ dell’elasticità, Lezione tenuta al politecnico di Milano
Guidi C. La Scienza delle Costruzioni, Bona Torino
orino
Garnier E. I sistemi iperstatici calcolati col metod
etodo della Ellisse di Elasticità, Hoepli 1930
Amsler F. Les integrateurs Amsler ( ed. Francese ese)
Ma é altrettanto innegabile che he la precisione dei
concetti, la chiarezza e la sicur urezza nelle idee, il
confronto reale nei riguardi eco conomici non ci può
derivare che da essi.
La natura ci dà costantemente te l'esempio di una
semplicità estrema derivata da
d una estrema
complessità di forme alla cui cu perfezione non
sentiamo il bisogno di avvicinarci. ci. Fermarsi al primo
stadio di osservazione e non inda dagare profondamente
sul secondo, è arresto, è regress sso.
Progresso della tecnica e base e economica di quanto
viene ideato e concretato, sono p prerogative essenziali
dell'attività di un tecnico vera ramente tale. E per
quanto questi sia pur soggetto, ccome ogni altro, alle
necessità di vita che lo pongono o nella condizione di
dover rinunciare all'allettamento to di una attività
scientifica esclusivamente specula lativa, non sì vede la
ragione per la quale un opportu uno compromesso in
proposito non venga maggiorment nte sentito da coloro
- e sono schiera - che non mancano di chiare
intelligenze e di spiccate attitudini
ini.
È una grave perdita di energia a che va evitata e -
perché non dirlo - una elevvazione nel grado
dell'unica, della vera dignità pr professionale, - quella
della conoscenza - che va raggiu iunta.
Questo mio modesto lavoro ha u un duplice scopo, In
primo luogo quello di richiamare rapidamente
r alcuni concetti di meccanica appl
plicata alle costruzioni e
di statica grafica che vanno tenutiten ben presenti sempre e che sono indis ispensabili, in particolar
modo, per il secondo scopo: quel ello
di dare, collo strumento da me e ideato e proposto, un mezzo di semplific ficazione nel lavoro del
progeltista.
Poiché, spesso, é la malsicura a conoscenza dei principi che ci rende diffid identi, o indifferenti, o
scettici nei riguardi delle loro applicazioni,
a penso che non sia inopportun na la forse soverchia
larghezza di dettagli a cui sembra ra io mi sia abbandonato nel perseguimento del de primo scopo.
Per quanto riguarda il secondo, o, ogni semplificazione nel lavoro intellettuale e - specialmente quello
meccanico - non deve. rapprese sentare che un mezzo per liberare energia da utilizzarsi in nuovi
campi.
Sono i concetti che devono rim manere acquisiti e non i simboli del ragionam amento che ad essi ci
portano.
E quando dovessimo giungere - come sarà certamente - a rendere del tutto tto automatico il calcolo
della più complessa delle struttu tture mediante dispositivi derivati - per esem empio - dalla teoria dei
modelli, il lavoro che risparmierem mo dovrà essere utilizzato. per spingere oltre e le nostre conoscenze,
secondo piani di attività intellettua
uale di diverso grado ma della stessa natura.
Non ho la pretesa di aver comp mpiuto cosa perfetta. Sento di aver tutta la mia m buona volontà per
dare un qualche contributo alla soluzione
s di un problema che era ed é un sentito
s bisogno, ed un
conseguente impulso, per quanto o piccolo, alla diffusione di principi per ora ccoltivati ed applicati da
pochi. Valga questa mia buona vo volontà ad ottenermi l’indulgenza del cortese le lettore per le deficenze
e le imperfezioni a cui si potrà trovare
tro soggetto il mio modesto lavoro.
G. Covre
C
Vene
nezia, luglio 1932 - X
INTRODUZIONE
Il procedimento analitico che il progettista
pr e il tecnico sono continuamente nel
ella necessita di seguire
nella pratica professionale quotid idiana per la determinazione degli enti geome etrici di solidi portanti,
assorbe un tempo ed una somma a di. energia intellettuale sempre sensibili, spes
esso imponenti,
Nel caso più semplice di verifiche he di stabilita per sezioni di solidi omogenei ssimmetriche rispetto ad
un asse normale a quello di sol ollecitazione e qualora l’asse neutro sia baricricentrico, é pur sempre
necessario ricorrere a sviluppi dii quarto
q grado per la determinazione dei mome enti d’inerzia.
Per membrature in cemento. armato a poi, ed anche quando l’asse neutro tro sia baricentrico, la
determinazione della posizione dii questo richiede la soluzione di una equazion ne almeno di 2° grado.
Successivamente, il calcolo dell momento d’ inerzia conduce a computi più o meno laboriosi in
dipendenza della configurazione d della sezione.
Specialmente nei calcoli di progetto, ove é quasi sempre necessario seguire la via indiretta, ci si
trova spesso nella necessità di dover ripetere queste operazioni, poiché ben difficilmente la pratica
progettiva può dare tali precisi elementi di partenza da essere infine trovati come rispondenti ai
criteri statici ed economici che sono imposti.
Questo stato di cose si complica viepiù nel caso di strutture iperstatiche, nelle quali lo studio degli enti
geometrici deve seguire due ordini di considerazioni: quello relativo alla stabilità di determinate sezioni e
l’altro riflettente la distribuzione generale, interna al sistema, delle sollecitazioni.
Vi sono infine scopi non meno importanti che vogliono essere perseguiti soltanto a traverso la
precisazione di caratteristiche geometriche, quali lo studio distributivo di tensioni secondarie e quello
relativo alle deformazioni elastiche.
L’ impellente necessita nella quale si trova il tecnico moderno di alleviare in qualche modo il già
gravoso peso del lavoro di calcolo che le esigenze del progresso della tecnica tendono a far
aumentare continuamente, è resa evidente dalle varie innovazioni che in questi ultimi anni hanno
fiorito in materia di dispositivi meccanici, regoli calcolatori, raccolte di tabelle e di diagrammi, ecc.
Tutti questi mezzi, però, hanno dei mali comuni quali quello della limitazione, per necessità pratiche di
costruzione degli apparecchi, del campo di azione di essi; della sovente non soddisfacente approssimazione
dei risultati conseguibili, del notevole costo di quelle fra essi che potrebbero veramente uscire di certa utilità.
In materia di tabelle e di diagrammi, la impossibilità pratica di ottenere dati sufficientemente generalizzati, è
evidente. ciò non toglie che, chiare intelligenze, che potrebbero dare ben altre cose utili in altri campi, si
affannino intorno alla risoluzione di questo problema fino al punto di perdere, spesso la chiara e precisa
nozione di esso, come quando – ad esempio – si vuole affermare la pretesa di cambiare addirittura la
essenza di un procedimento analitico di sua natura irrevocabilmente indiretto, riducendolo a diretto.
A sembra che in tuttociò si sia smarrita la via maestra che andava veramente battuta.
Un mezzo calcolatore non deve impastoiare il tecnico imponendogli delle limitazioni o delle
standardizzazioni nella distribuzione delle sollecitazioni esterne ed interne.
Tanto più che il lavoro richiesto dalla determinazione di queste, é o estremamente semplice (caso di
strutture staticamente determinate) od é talmente complesso (strutture iperstatiche) da richiedere
necessariamente una apposita trattazione che non può assolutamente soppiantarsi a priori
colla accettazione di dati difficilmente controllabili e, comunque, di approssimazione indefinita.
Accontentiamoci quindi, e ciò almeno in un primo tempo, di studiare un qualche cosa che dia gli
elementi essenziali con semplificazione del lavoro normalmente richiesto per ottenerli. E questi
elementi sono, in via principale
a) - posizione dell’ asse neutro
b) - momento d’inerzia.
Con questi dati, ottenuti speditamente, è possibile avere buona parte, degli altri necessari nella
corrente progettazione e nelle verifiche, mediante operazioni aritmetiche eseguibili magari con un
comune regolo calcolatore, E l’approssimazione raggiungibile sarà pressoché uguale a quella del
calcolo comune, mentre avremo cosi seguito il successivo progredire del nostro lavoro, colla
possibilità di un continuo controllo sulla esattezza dei risultati via via ottenuti.
Gli apparecchi che soddisfanno a questo scopo, sono gli integratori.
Mediante essi si rende meccanica la calcolazione delle quantità:
∫ df
∫ x df
2
∫ x df
∫ xy df
3 2y
E spesso anche ∫ x df, ∫ x df, ∫ x y z df
Ma quello che più interessa la pratica corrente, è la determinazione del rapporto
2
∫ x df/∫ df e ∫ x df
Ora, i comuni integratori sono notoriamente apparecchi delicatissimi e molto costosi. Il loro uso
richiede normalmente il preventivo disegno in scala appropriata dei contorni delle sezioni da studiarsi
e divengono inutilizzabili per contorni discontinui come quelli che si verificano nel caso di solidi non
omogenei. Inoltre, l’approssimazione raggiungibile è del tutto. dipendente dalla sensibilità
dell’operatore.
Per tutte queste ragioni, gli integratori in genere devono subire, e subiscono, una limitazione
d’impiego che si oppone nettamente alla loro diffusione.
E’ quindi necessario partire da altri principi per ottenere dispositivi più rispondenti a questo scopo e
scevri, per quanto sia possibile, dagli inconvenienti che si sono ora accennati.
Quello che si va a proporre, raggiunge, con una estrema_ semplicità di costruzione e di
funzionamento, quasi tutti gli obiettivi che dalla enumerazione di quegli inconvenienti rimangono cosi
prefissati, nonché altri di certa importanza: pratica ; e non ultimo vantaggio disprezzabile, una
discreta limitazione nel costo, che arriva ad un ventesimo appena di quello relativo ad un normale
integratore.
Le strutture in acciaio nella loro evoluzione statica, estetica ed
economica
Dr. Ing. Gino Covre
ASSOCIAZIONE FRA I COSTRUTTORI IN ACCIAIO ITALIANI (ACAI)
PRIMO CONVEGNO NAZIONALE DELLA COSTRUZIONE METALLICA
MILANO - Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica, 11 - 14 Novembre 1954
(Tema n. 6 - Comunicazione B ) in Costruzioni Metalliche n. 1 1955
Nella concezione o nelle progettazioni di qualsiasi opera si passa attraverso a fasi successive che
dalla ideazione alla realizzazione richiedono funzioni e esplicazioni intellettive della più disparata
natura. Poiché qualsiasi opera ha un suo lato estetico magari inconsciamente espresso è da
vedersi se esso possa risultare soltanto espressione di necessità statiche e tecnologiche oppure se
esso possa risultare migliorato dall'artista. L'esteta è un poeta e come tale diviene spesso
divinatore, propulsore. Il tecnico è invece, essenzialmente, un realizzatore ed esprime la sua
funzione con il ragionamento, con la osservazione, con la ricerca, con la comparazione, con la
trasformazione della materia. Raro è il caso in cui si trovino nello stesso individuo
contemporaneamente le caratteristiche o le attitudini peculiari alle due categorie ora accennate. Il
senso estetico si può affinare ed educare ma deve esistere come caratteristica individuale, così
come il metodicismo meccanico o matematico richiede un abito mentale che non si può creare, ma
soltanto evolvere qualora esista. L'artista o il tecnico rappresentano pertanto due elementi
indispensabili l'uno all'altro, qualora non sussistano entrambi per caso fortuito nello stesso individuo,
e ogni qualvolta l'idea sia destinata a divenire realtà. Nel campo delle costruzioni metalliche che
hanno poco più di un secolo di vita, la parola è quasi sempre stata del tecnico e soltanto da pochi
anni a questa parte l'artista ha scorto in esso delle possibilità estetiche che via via vanno
delineandosi sempre più chiaramente. In verità le prime manifestazioni architettoniche di notevole
rilievo avutesi con le grandi strutture metalliche dei grattaceli americani, non sono state decisamente
felici. Nella sfida diuturna dell'uomo alla gravità, là dove il ferro si presenta come un mezzo
magnifico per composizioni di ardita snellezza, il falsare, come è stato fatto, tale caratteristica con la
sovrapposizione di orpelli arieggiati torri gotiche o complessi barocchi, non poteva che riuscire, come
è riuscito,uno stridente controsenso. Fortunatamente la evoluzione del senso estetico va imponendosi
anche în questo campo, così che è di conforto constatare che oltre alla stabilità ed alla economia
dell'opera metallica, non si disgiunge e spesso si impone -anche in campi come quello puramente
industriale dove l'estetica veniva quasi sempre trascurata specialmente in confronto all'economia-
quello della sua architettura, intesa come elemento di bellezza, di armonia, di equilibrio insito nella
composizione stessa. Nella composizione metallica l'elemento ripetuto è generalmente di norma. La
ripetizione costituisce un ritmo che rappresenta già di per sè stesso elemento architettonico. I vari
rapporti che legano gli elementi di questo ritmo potranno discendere da esigenze statiche, da
necessità tecnologiche, da imposizioni magari economiche; ma soltanto l'individuo o la mente
dell'artista possono disciplinare, contemperare, armonizzare in un finale esteticamente accettabile i
rapporti suddetti,di modo che lungi dal contrastare coi primi fondamentali elementi ora accennati,
finirà per meglio metterli in evidenza ed esaltarli,sottolineandoli all'osservatore.
Da quando la costruzione metallica è divenuta oggetto di interesse anche sotto il profilo estetico,
sono apparsi nella letteratura tecnica diversi tentativi di schematizzazione estetica dei vari tipi di
strutture. Non sembra però che sia possibile e logico stabilire, con norme generali, come e dove
sia da adottare od escludere una determinata composizione onde ottenere in un insieme la visione
piacevole dai un'opera. In generale il progettista risolve con un primo tentativo di massa il problema
creativo che gli viene proposto e si appoggia per questo alle necessità di ordine statico nonchè a
quelle di convenienza economica e tecnologica. Ottenuta una prima soluzione per tale via, l'esame
dei disegni (che dovrebbero essere integrati da modelli, perchè la costruzione metallica male si
presta a dare un'idea esatta architettonica coi mezzi ordinari della rappresentazione grafica di cui si
dispone) può suggerire la necessità di variazioni e proporzioni onde ottenere quanto meglio si sente
in armonia di linee, di dettaglio, di insieme. Il Vierendeel, grande maestro fra l'altro di pratica
progettiva, consiglia di calcolare e proporzionare e quindi disegnare l'opera; ma poi aggiungere e
variare così come la visione detta, indipendentemente dai risultati analitici e dalla convenienza
esecutiva. E ciò non soltanto perchè ad un occhio esercitato possono risultare da tale esame
deficenze statiche non denunciate dal calcolo, ma anche perchè ad un'opera staticamente corretta
deve corrispondere un'armonia di linee di piacevole effetto o, in altri termini, architettonicamente
accettabile. Ora, il voler stabilire che la struttura ad anima piena sia esteticamente preferibile o
meno a quella reticolare o a traliccio ed indicare fra gli infiniti schemi ai quest'ultima quelli da
adottare od altri da respingere, sembra non possa considerarsi che in linea del tutto relativa.
Anche fra la composizione saldata e quella chiodata o a bulloni, si suole istituire un confronto
estetico a favore della prima, mentre che può risultare il contrario, specialmente là dove la
chiodatura o la bullonatura, imponendosi per ragioni di montaggio o altro,portano alla creazione di
organi particolari di collegamento logici e quindi estetici.
Scendendo rapidamente a qualche dettaglio compositivo, vogliamo considerare un nodo qualsiasi di
trave a traliccio ove concorrono un certo numero di aste. Quel nodo è teoricamente una cerniera
senza attriti, ma necessità costruttive impongono delle piastre di collegamento che realizzano in
sostanza un eccellente incastro. Vi è contrasto netto,dunque,fra concezione e realtà e pertanto tutti i
nodi di travi a traliccio, siano essi realizzati per saldatura o per chiodatura, non possono riuscire
che brutti. Autori di vaglia, in contrapposizione con la opinione dei più,considerando in tal caso di
ricorrere ai raccordi curvilinei della piastra di collegamento con le aste; e in realtà si ottiene con ciò
un alleggerimento del nodo, specialmente se saldato, ed un miglioramento della sua estetica. Ma il
perchè di questo miglioramento riesce sempre a collegarsi con una questione statica. Infatti la
rigidità del nodo provoca notoriamente dei momenti secondari sulle aste concorrenti in esso
(momenti quasi sempre trascurati nel calcolo e spesso ingentissimi) e conseguentemente degli sforzi
taglianti che impongono il raccordo curvilineo, anche se antieconomico, onde evitare la localizzazione
di tensioni unitarie elevatissime ed inammissibili in una progettazione corretta. Naturalmente il nodo
chiodato, richiedendo una maggiore estensione della piastra di attacco, esalta la condizione di
incastro e peggiora pertanto l'estetica. Ma se consideriamo un ritto od un traverso realizzato con
piattabande sovrapposte, il collegamento per chiodatura in confronto a quello per saldatura, può
riuscire esteticamente migliore perchè istintivamente si sente che mentre l'azione della saldatura si
manifesta su tratti rettilinei localizzati, quella della chiodatura, agente per attrito,ha un'azione diffusa
su tutta la piattabanda collegata e pertanto più efficace e più razionale. Il ritmo delle teste dei
chiodi poi, può anche costituire elemento decorativo non rigettabile.
Da questi brevi cenni si può dedurre quanto relativo possa essere il giudizio sommariamente
espresso sulla questione estetica della struttura, qualora esso non appoggi essenzialmente ed in
primo luogo sulla razionalità dello schema adottato.
A tale proposito sembra conveniente chiedersi se sia possibile ottenere veramente da uno schema
a traliccio, qualunque esso sia e come è correntemente concepito, una armonia architettonica.
Dal momento che le cerniere di nodo non esistono che nella convenzione analitica, si dovrebbe
decisamente e correttamente riconoscere la realtà degli incastri con tutte le conseguenze relative di
calcolazione, proporzionamento dimensionamento della piastra di attacco, formazione di raccordi ecc.
Solo in tal caso la struttura così realmente studiata e rispondente alla sua essenza statica,
dovrebbe assumere quell'aspetto soddisfacente che altrimenti non può assumere. Ma allora vien
fatto di chiedersi se non convenga semplificare lo schema a traliccio diminuendo il numero delle
aste sì da ridurle al minimo semplificando così e calcolo ed esecuzione.
A tale domanda sembra possa rispondere esaurientemente il gran libro della natura al quale si dovrebbe
sempre attingere per ricavarne orientamenti sicuri. Mentre infatti mancano totalmente alla nostra
osservazione organismi naturali costruiti su schemi reticolari, sono innumerevoli quelli rispondenti allo
schema più semplice rappresentato essenzialmente da una ossatura a maglie quadrangolari.
In tutti i quadrupedi, ad esempio, ove il tronco può considerarsi trave su due appoggi binati, la
colonna vertebrale costituisce il corrente compresso e le costole, incastrate ad un estremo sulla
vertebra, sono collegate inferiormente da un fascio cartillaginoso e muscolare,fibre tese costituenti il
corrente teso. Esempio tipico di trave a telaio sulla quale si nota un equilibrio nella distribuzione
razionale della materia resistente, veramente stupefacente. La costola si allarga allo attacco con la
vertebra là dove il momento risulta massimo e si affina sempre più alla estremità opposta,
all'attacco delle formazioni cartillaginose coi muscoli pettorali, dove il momento si annulla.
L'articolazione vertebrale ci dà la posizione dei momenti secondari nulli nel corrente compresso e
l'insieme costituisce un modello perfetto di struttura a telaio dal quale si possono ricavare forme
costruttive che si distaccano completamente da quelle correnti e che risultano del massimo
interesse. Merita quindi di sviscerare maggiormente quest'argomento, poichè esso schiude la via a
possibilità realizzative ed innovative già sperimentate e suscettibili di ulteriori sviluppi.
La trattazione analitica della trave a maglia quadrangolare è opera di vari autori ma, come è noto,
chi l'ha per prima proposta, il Vierendeel, ha indicato la via maestra da battere ricorrendo però
necessariamente, allo scopo di rendere più accessibile la calcolazione, a semplificazioni ed a
compromessi che hanno dato adito a critiche, incertezze e diffidenze provocate da qualche
insuccesso, dovuto forse, più che all'Autore, alla inesperienza di altri che malamente hanno
applicato quel sistema.
In realtà nella trave a telaio, tutto il sistema statico si appoggia sulla determinazione della posizione
dei punti di momento secondario nullo sui montanti e sulle briglie. Ora, la posizione di tali punti è
variabile col grado di rigidità notoriamente misurato da rapporti fra pesi elastici. Se la rigidità dei
montanti rispetto alle briglie divenisse infinita i punti di momento secondario nullo, vere cerniere
ideali sarebbero determinati a priori ed il calcolo della trave a telaio risulterebbe, oltre che
enormemente semplificato, anche del tutto aderente alla realtà dello schema. Inoltre la variabilità
della posizione delle anzidette cerniere ideali, che sussiste è necessario, in linea praticamente
ammissibile, giungere a rigidità infinite del montante per ottenere la fondamentale condizione su
accennata delle cerniere ideali su posizioni determinate e fisse. Operando contemporaneamente, ad
esempio, sul valore dei momenti di inerzia e sul rapporto fra le dimensioni della maglia, si giunge
rapidamente ad uno scostamento del punto di flesso da quello per rigidità infinita, contenuto in limiti
tali da potersi ritenere praticamente nullo. Per esempio, per maglie quadrate, è sufficiente fare il
momento di inerzia del montante decuplo di quello di briglia, per ottenere lo scostamento anzidetto
entro il 3,4% dell'ampiezza della maglia. Per altra via, limitando il rapporto anzidetto a 5 e
rendendo doppio quello fra la larghezza e l'altezza della maglia, tale scostamento massimo è dello
stesso valore (3,3%) del caso precedente e così via (v.diap.I). Se sì riflette che gli ampi raccordi
alle estremità dei montanti (indispensabili nelle travi a telaio) aumentano già notevolmente il
momento di inerzia di essi e che il momento secondario sugli stessi è sempre maggiore (di norma
almeno doppio) di quelli dei tronchi di briglia adiacenti al montante, si intravvede subito con quale
facilità ed opportunità di composizione e di costruzione e senza aggravi economici nei riguardi di un
buon impiego di materiale, sia possibile realizzare la condizione di dimensionamento su accennata,
con la conseguenza importantissima di poter così ridurre a staticamente determinato un sistema che
diversamente risulterebbe altamente iperstatico e di incerto comportamento finale. Le considerazioni
ora esposte si sono limitate a considerare soltanto delle variazioni di rapporti di grandezze
geometriche (lunghezze e momenti d'inerzia). Vi sarebbe un altro elemento da considerare, quello di
un diverso modulo elastico in considerazione di materiali diversi coi quali costruire i montanti e le
briglie. Ma ciò ci porterebbe fuori della completa esecuzione metallica e pertanto in campo diverso
da quello che si intende qui trattare. Quello che più importa è constatare che dalle su espresse
elementari considerazioni discende la possibilità di nuove forme costruttive che possono dar luogo fra
l'altro a nuovi ritmi e a rapporti estetici di evoluzione in parte già realizzati (v.diap.2,3,4,5).
Lo studio più approfondito del nodo, ha finito per portare alla con-clusione di forme costruttive del
tutto inconsuete. Infatti, considerata attentamente la distribuzione delle linee di forza nella zona di
collegamento del montante alla briglia si è constatato che buona parte del materiale resistente in
corrispondenza del nucleo centrale del collegamento, risulta inerte e quindi inutile.
Si può quindi vuotare il nodo, rinforzando se mai opportunamente i raccordi di attacco. D'altro canto
è conveniente estendere al massimo tali raccordi lungo le briglie, in modo da realizzare una
sempre maggior rigidità del montante; al limite si giungerebbe ( e su questo punto sono state
eseguite applicazioni estesissime) a nodi completamente vuoti con raccordi curvilinei che possono, o
sembrano, arieggiare vere aste di parete, curve, di un traliccio, ma che in realtà si comportano
come raccordi ampi di un montante ideale in una trave a telaio. Qualora le tensioni e la curvatura
di tali raccordi raggiungano rapporti appropriati, la vuotatura corrispondente del nodo, per una buona
utilizzazione del materiale resistente, risulterebbe eccessiva ed il calcolo suggerisce allora
l'introduzione di membrature oblique estese fra l'asta curva ( raccordo curvilineo) e l'intersezione «del
montante con la briglia (v.diap.6,7,8, 9,10). Altra forma conveniente discendente dalle considerazioni
ora fatte è quella della trave a telaio a briglie multiple, dove una opportuna distribuzione dei
momenti di inerzia di briglia può consentire la migliore suddivisione dei taglianti e pertanto dei
momenti secondari, favorendo la determinazione della posizione dei punti dei momenti secondari
nulli secondo il concetto di rigidità su esposto. Specialmente per strutture verticali estese in altezza
e sollecitate orizzontalmente, tale composizione può risultare conveniente e di interessante effetto
estetico (v.diap.11,12,13). Il tempo concesso per questa esposizione sommaria è troppo limitato per
spingersi a considerare altri temi sui quali richiamare l'attenzione del tecnico e dell'artista. Il
problema, ad esempio, della trave inflessa nel suo piano supposto verticale e vincolata agli estremi
nello stesso piano, non risulta trattata analiticamente per la composizione traliccio tranne che nel
caso in cui essa non sia isolata (travi maestre di un ponte aperto). Sembrerebbe che una briglia
tesa, atta a reagire opportunamente a momenti torcenti indotti dal complesso di parete e
segnatamente dai montanti, dovrebbe meglio definire il comportamento a carico di punta della briglia
compressa, problema questo oggi alquanto incerto e che ha dato luogo spesso ad incidenti anche
gravi. Tentativi operati analiticamente e che dovranno essere confermati da esperienze su modelli,
porterebbero per tale via a forme costruttive fra l'altro più soddisfacenti in linea estetica, così come
dovrebbe essere risultando soddisfatte le esigenze statiche. Altro punto importante da considerarsi e
che rappresenta spesso elemento di contrasto fra ingegnere ed architetto è quello dei raccordi ai
nodi nelle strutture verticali cellulari a telaio. Tali raccordi tendono ad essere praticamente soppressi
e sostituiti con rinforzi a squadro che in realtà non eliminano i gravi inconvenienti della formazione
di tensioni localizzate di valore elevatissimo. Ne deriva fra l'altro una limitazione di rigidità
dell'insieme ed un impiego antieconomico di materiale che si potrebbero forse eliminare qualora
l'architetto trovasse il modo di conciliare l'estetica dei rivestimenti con le necessità statiche e
costruttive del supporto. Infine per chiudere l'argomento così rapidamente tratteggiato, sullo stesso
tema che ha dato spunto all'inizio circa la collaborazione che deve sussistere tra artista e tecnico, è
da segnalare la possibilità di forme costruttive nuove che possono scaturire da proposte puramente,
estetiche. Si è presentato recentemente un problema sorto da una concezione singolare riguardante
una copertura metallica da realizzarsi su ‘pianta ellittica di assi m. 62,30 x m. 69,50 e con superfici
ellissoidi che sull'intradosso ed all'estradosso così limitate da consentire in chiave una altezza utile di
soli m. 3,15. Dati anche gli ingenti sovraccarichi imposti, il problema sembrava arduo e a prima
vista insolubile. L'intuizione dell'artista ha però suscitato nel tecnico quelle possibilità che sembravano
a priori inesistenti ed è così sorta la concezione di una piastra ellittica realizzata con elementi a
telaio secondo i criteri fondamentali qui sopra esposti e con una distribuzione per meridiani e
paralleli di effetto estetico tale, quale forse lo stesso Ideatore non poteva immaginare con la sua
semplice concezione di massa (v.diap.93,14,15). Le materia ha un'anima che si manifesta con la
creazione dell'organismo costruttivo. Attraverso a questo assume una forma che artista e tecnico
possono render bella lavorando insieme per la sua concezione e per la sua realizzazione.
(Diap.16,17,18,19,20 - film da 16 mm. m. 120 durata circa 12 min.).
Roma, 12 Ottobre 1954
Composizione di scafi con elementi prefabbricati
Gino Covre
Costruzioni Metalliche n. 2 1950
Normalmente nella struttura Covre le longitudinali sono no interassiate intorno ai 50 cm. che per
spessori d i fascia me intorno ai 10 mm. vuol dire la completa utilizzazione della lamiera in collaborazione
col profilato costituente la longitudinale.
Questa però non è costituita da una verga semplice e ciò sia per contrastare la lunghezza libera
d'inflessione della longitudinale, sia per migliorare il suo comportamento nel!a zona di maggior tormento
che è quella di intersezione con le costole di cui si dirà in appresso. Le longitudinali pertanto vengono
vincolate nel loro punto intermedio da un elemento curvo a due braccia, le cui estremità vanno a
fissarsi sulle costole con collegamento continuo realizzato preferibilmente per saldatura.
Nel marzo di quest’anno la Fiera del Levante indiceva un appalto concorso per la progettazione e
L’esecuzione della copertura di un grande salone a pianta all’incirca quadrata con 60 m di lato da
adibirsi a sede della Mostra dell’ Auto.
Le particolari condizioni a cui doveva sottostare l’opera, se da un lato potevano presentarsi
seducenti per il progettista, in quanto veniva posto nelle condizioni di poter realizzare concezioni
ardite e spettacolari di sommo interesse tecnico e soddisfazione professionale, dall’altro costituivano
per l’esecutore un complesso di difficoltà notevoli comportanti gravi responsabilità.
Come purtroppo avviene in tutte le manifestazioni fieristiche, la gara indetta nel marzo, giungeva
In questo caso alla sua conclusione ai primi di maggio, mentre l’opera doveva essere consegnata
ultimata a metà agosto. Già questa si presentava come condizione richiedente tale organizzazione
ed attrezzatura da poter trovare ben poche ditte pronte ad assumerne seriamente i rischi.
Il lavoro veniva aggiudicato alla s.p.a. Antonio Badoni su progetto dello scrivente, prescelto tra
diverse soluzioni elaborate in rapporto alle varie possibilità prospettate dalle norme di concorso. Si
desiderava, in primo luogi, di eliminare possibilmente eventuali sostegni intermedi a patto di conseguire
però una soluzione economicamente accettabile. In secondo luogo, trattandosi di utilizzare e
sistemare un fabbricato preesistente che disponeva già di un’apertura d’angolo (vedi fig. 5) di luce
determinata, era indispensabile adattare la copertura a queste particolari condizioni. Infine
l’elemento spettacolare doveva imporsi trattandosi di un organismo costruttivo di carattere fieristico.
Ma anche questa condizione doveva rimanere sobriamente contenuta in quanto il padiglione, a Fiera
ultimata, é destinato ad essere utilizzato per scopi vari e del tutto diversi dagli attuali.
La soluzione realizzata considera una grande volta a crocera i cui arconi diagonali assumono in
pianta una larghezza notevole (9 m) corrispondente a quella del’apertura d’angolo precedentemente
accennata. Più che di due arconi si tratta in sostanza di due elementi di volta resi continui in chiave
da un anello cilindrico di 21,70 m di diametro esterno sul quale trova sede una cupola sferica
centrale composta di 8 settori fissi ed altrettanti mobili per rotazione rispetto all’asse verticale di
chiave.
Il sistema consente la facile apertura della cupola (con comando elettrico ed a mano) onde
realizzare in qualsivoglia condizione l’aerazione dell’ambiente coperto.
In fig. 4 é rappresentato in pianta lo schema delle ossature metalliche mentre in fig. 3 il complesso
risultante in sezione. Le opere di sostegno della struttura metallica, progettate ed eseguite a cura
dell’Ente Fiera, sono costituite da una pianta quadrata a spigoli smussati. I lati del quadrato sono
formati da pilastrate in cemento armato, fig. 6, in sommità alle quali a quota 7 metri corre un
architrave in cemento armato a sostegno dei timpani.
In corrispondenza degli angoli smussati le pilastrelle si raccordano a quattro portali, fig. 7,
costituenti l’appoggio degli arconi diagonali.
Le strutture cementizie hanno richiesto l’impiego di 15 tonnellate di armatura in ferro.
Gli arconi diagonali sono prismatici a sezione pentagonale e risultano costituiti da cinque costoloni di
tre diverse altezze, resi solidali fra loro da opportune membrature, vedi fig. 2. All’estradosso
l’arcone è conformato a due falde e ricoperto a vetri, mentre l’intradosso segue l’andamento di
una volta a direttrice circolare. La corda degli arconi é di 75 m con una monta di 13,10 m.
Le volte della crociera sono a profilo circolare costituite da centine ad altezza costante collegate fra
loro, secondo le generatrici del cilindro d’intradosso, da terzere composte in modo da irrigidire
i correnti della centina superiore ed inferiore e da rispondere al compito del sostegno del materiale
di copertura, (costituito da lastre ondulate di ardesia
artificiale), e del relativo sovraccarico accidentale. Le
centine di timpano insistono su di una corda di 46,40
m e hanno una monta di 12,30 metri.
I carichi accidentali previsti sono: 50 kg/mq per neve e
100 kg/mq in proiezione verticale per azione di vento.
Questa condizione applicata al dimensionamento
dell’orditura dei timpani (ricoperti a vetri) si è dimostrata
praticamente gravosa.
Tutto il complesso è a spinte eliminate secondo il
dispositivo di cui a fig. 6 e 9 e più precisamente una
trave reggispinta orizzontale é collocata all’imposta di
ciascun arcone diagonale e dalle estremità di tale
trave si dipartono i tiranti (costituiti da due barre
cilindriche diametro 80 mm accoppiate da bilanceri e
munite di opportuni tenditori perimetrali in
corrispondenza dei timpani. La spinta massima
perimetrale risulta di 86 t.
Gli arconi diagonali sono articolati alle imposte e resi
continui in chiave, come si disse, da un anello a
sezione rettangolare, fig. 10, la cui calcolazione é
risultata particolarmente delicata per la complessita
delle sollecitazioni alle quali esso si trova sottoposto.
In altra sede sarà riportata la trattazione analitica
dell’opera che ha richiesto un lavoro non indifferente
data anche la brevità del tempo concesso e le incognite
che potevano presentarsi in sede di montaggio.
Tutta la costruzione è realizzata in “Struttura Covre” con
composizione per saldature in officina di elementi
trasportabili e montaggio totale sul posto per bulloni. Le
opere metalliche portanti propriamente dette hanno
richiesto l’impiego i 120 t di acciaio delle quali la metà
circa costituite da tubi A 55 di produzione Dalmine e
l’altra meta di profilati in acciaio dolce da costruzione A
37. I carichi massimi di lavoro introdotti nei calcoli
sono rispettivamente di 1800 e 1400 kg/cmq.
Il lavoro di esecuzione per la varietà e complessità dei
tracciamenti e quello di montaggio per la ristrettezza
del tempo e per le particolari caratteristiche della
costruzione, hanno richiesto alla società Badoni
notevoli studi, preparazione ed assistenza.
Su di una torre provvisoria di servizio, fig. 10, è stato
anzitutto montato l’anello perimetrale centrale e
successivamente i quattro semiarconi diagonali. Per
settori successivi poi, si é provveduto al montaggio
delle centine costituenti le crocere dando
successivamente la possibilità di lavoro ai lattonieri, ai vetrai, ai posatori del materiale di copertura
ecc. e, colla rimozione della torre provvisoria, ai terrazzieri. Tutte forniture eseguite a cura della
Fiera.
In trenta giorni il montaggio era compiuto mentre altrettanti ne sono occorsi per il lavoro in officina.
Le fotografie 9 e 11 riprese a dieci giorni dall’inaugurazione della Fiera danno un’idea di come il
lavoro si svolgeva e si ritrae da qualcuna di esse l'assillo convulso ma coordinato e continuo che
ha portato al compimento dell’opera, fortemente voluta dalla Presidenza ed alla quale hanno dato
tutta la loro passione i dirigenti dell’Ente.
La fig. 1 dà la rappresentazione dell’opera a cupola aperta in visione diurna, mentre le figg. 13 e
12 rappresentano rispettivamente un interno a cupola chiusa ed un esterno entrambe in visione
notturna.
Il Padiglione della meccanica pesante alla XXIX edizione
delle Fiera di Milano
Gino Covre
«Costruzioni Metalliche» N. 3 - 1951 Pagg.21-27
Subito dopo la chiusura della XXVIII Fiera di Milano e precisamente nel maggio dello scorso 1950,
l'Ente decideva di procedere alla demolizione di preesistenti costruzioni onde rendere disponibile un
completo isolato sul quale erigere un complesso su due piani, uno seminterrato e ii sovrastante
fuori terra, destinato a raccogliere le principali manifestazioni nel campo dell’attività meccanica
pesante presenti alla Fiera e in continua ascesa.
La Direzione dell'Ente si era in un primo tempo orientata su di una pianta dell’edificio che non era
quella oggi realizzata. D'altra parte, date le esigenze particolari della Fiera che richiedono per gli
edifici fuori terra, possibilmente, un eventuale ricupero e facile scomposizione degli elementi
costituenti gli edifici, era logico l'orientamento per una costruzione metallica fuori terra, mentre per il
seminterrato, con un solaio sovrastante destinato a sopportare carichi notevoli, risultava logico
l’orientarsi verso una composizione in cemento armato. Senonché le esigenze della sovrastruttura
metallica risultavano così diverse da quella sottostante in cemento armato, da dovere
necessariamente influenzare anche la pianta generale, sicché ci si è trovati di fronte ad un problema
già di per se complesso ma reso ancora più ostico nella soluzione dalla necessità inderogabile di
utilizzare al massimo il terreno messo a disposizione, realizzando caratteristiche estetiche e
possibilmente spettacolari che sempre vanno tenute nella giusta considerazione nelle manifestazioni
fieristiche in generale e che sono sempre state notoriamente molto perseguite dalla Fiera di Milano
in particolare.
In perfetta comunità di considerazioni e di vedute colla Dirigenza Tecnica della Fiera, si è giunti alla
conclusione di sviluppare il complesso metallico sovrastante l’edificio, su di una campata unica di
1
100 m circa, il che costituiva un primo ardimento di certo interesse .Inoltre, anche per rispondere a
necessità economiche collegate alle caratteristiche della costruzione metallica, il complesso è stato
sviluppato in pianta secondo un settore di corona circolare raccordato, alle estremità, a due tronchi
frontali rettangolari di diversa estensione longitudinale. Per tale via la struttura metallica si è in certo
qual modo imposta, come doveva essere, obbligando la sottostante struttura in cemento armato
1
Si tratta della copertura ad arco più grande del mondo, superando di quasi 8 m la luce di 91,44 m degli archi delle aviorimesse di New
York.
(costituita da un complesso di pilastri ad interesse di 10 m, sorreggente una rete di architravi sui
quali restava impostato il solaio destinato a ricevere carichi accidentali dell'ordine di 2 tonn. a mq.) a
seguire una distribuzione di membrature e di masse particolarmente definite. In fig. 1 si può notare
lo schema di pianta del complesso metallico che delinea la caratteristica fondamentale dell’edificio.
La distribuzione secondo il settore circolare apriva il problema di un appropriato raccordo fra le
centine in curva, problema che è stato risolto con successivo duplice divaricamento delle centine
principali, a partire dai ritti
situati sul bordo di minor
raggio di curvatura. Questo
accorgimento ha anche
consentito una certa quale
normalizzazione degli
elementi trasversali e di
minuta orditura, contribuendo
inoltre ad un effetto estetico
generalmente accolto con
favore.
Il complesso metallico come
si osserva nello schema su
indicato, è costituito da una
serie di centine principali
aventi una luce teorica di 99
m. e all’estradosso di 100
m. Tali centine hanno un
profilo opportunamente
studiato in relazione ai
carichi e sovraccarichi imposti
ed ai massimi di quota
stabiliti dalla Fiera. La monta
teorica in chiave risulta di
metri 19,85 sul piano del ferro della briglia superiore.
Prima idea è stata quella di vincolare le centine coll’incastro al piede, sia per ragioni estetiche,
nonchè per altre evidentemente pratiche relative ad una maggiore comodità di montaggio. Senonché
il fatto di disporre come appoggio di una sottostante struttura in cemento armato che, data la
brevità del tempo concesso per la costruzione dell’edificio, non poteva andare certamente esente da
assestamenti imprevedibili col conseguente possibile spostamento ed eventuale rotazione delle zone
di impostazione della centinatura, hanno sconsigliato questo comodo sistema di vincolo, indirizzandoci
decisamente allo schema statico dell’arco a due cerniere. La spinta potendosi eliminare attraverso la
sottostante struttura in cemento armato, la struttura diveniva una volta iperstatica e metteva al riparo
da eventuali sorprese. Circa la composizione della centinatura principale. data l’esperienza fatta
attraverso venti anni di applicazioni, è stata adottata la struttura che corre sotto il nome di chi
scrive e che è caratterizzata da un sistema a telaio con composizione dei nodi ridotta allo schema
delle tensioni principali. Questa vuotatura del nodo nelle zone dove le linee di forza elastiche si
diradano, consente una economia di materiale notevole ed il conseguimento di effetti estetici
generalmente apprezzati, e, spesso, semplificazioni costruttive e di montaggio di qualche interesse.
Le centine sono collegate fra di loro da snelle terzere pure a telaio, aventi la duplice funzione
d’irrigidimento delle centine nel loro piano e di sostegno di una centinatura secondaria intermedia a
quella principale, destinata a fungere da rompi tratta ai correnti, sui quali trova posa il materiale di
coperta, costituito da ardesia artificiale adeguatamente ondulata.
L’irrigidimento delle centine nel loro piano ha formato oggetto di particolare studio. Attraverso le
terzere ora accennate, l’inflessione laterale provocata dal caricamento di punta delle briglie
compresse, viene riportata a due fasce di controvento di falda situate in corrispondenza dei due
frontoni e comprendente tre centine ognuna. Essendo pertanto di 5 m l’interasse delle centine nelle
zone in pianta non curve, la larghezza delle fasce di controventatura su accennate risulta di m 10.
Queste fasce di controvento sono state dimensionate in modo da potere reagire
contemporaneamente anche all’azione del vento sui frontoni, per quanto poi la Direzione Tecnica
della Fiera abbia preferito mantenere questi del tutto indipendenti dalla struttura metallica,
costituendoli con traversi su ritti in cemento armato incastrati al piede e reagenti pertanto come
sbalzi verticali alle azioni orizzontali del vento.
Il calcolo della centinatura principale è stato condotto per un sovraccarico accidentale di neve di
100 Kg/mq in proiezione orizzontale esteso a tutta la copertura.
Questa condizione di carico è stata però, nel calcolo, debitamente variata per studiare il
comportamento del complesso nel caso di caricamento dissimmetrico di mezza copertura.
L'azione del vento, in ragione di 80 Kg/mq di superficie battuta, data la conformazione sfuggente
dell'estradosso e i rivestimenti autoportati verticali eretti in corrispondenza dei ritti, ha portato a
sollecitazioni del tutto trascurabili. Pure di scarso valore sono risultate le sollecitazioni addizionali
derivanti da una variazione termica (50°).
In seguito all’estesa esperienza fatta sul tipo di struttura adottato, la calcolazione delle centine è
stata condotta come se si trattasse di una struttura a parete piena di momento d'inerzia
corrispondente a quello derivante dal computo delle pure sezioni di briglia. Ed infatti, alle prove di
carico, questa importante caratteristica è stata confermata pienamente poiché, calcolando le
deformazioni partendo dall'ipotesi ora indicata, la corrispondenza colle deformazioni constatate, è
risultata praticamente perfetta. Ciò ad ulteriore riprova della grande rigidità unita al perfetto
comportamento elastico, presentate notoriamente dalle strutture solidali in genere e da quelle a
telaio in ispecie.
Nella calcolazione della centinatura è stato tenuto conto della variabilità dei momenti d’inerzia in
quanto sono state adottate per le briglie, come per le aste componenti i nodi, sezioni variabili
secondo le corrispondenti sollecitazioni. Ciò ha portato alla necessità di calcoli ripetuti su successive
approssimazioni; ma data la notevole semplificazione introdotta colla ipotesi della parete piena, la
calcolazione, pure risultando laboriosa, è stata accessibile senza compromessi od approssimazioni
apprezzabili.
Per la verifica del comportamento delle centine agli effetti della stabilità euleriana, specialmente agli
effetti del mantenimento nel loro piano, è stato seguito un procedimento analitico basato sul criterio
della determinazione delle tensioni virtuali sviluppate in corrispondenza dei nodi di ciascuna centina
e normalmente al suo piano, dalle briglie considerate compresse da un carico critico determinato, in
relazione alle sollecitazioni esterne e alle loro caratteristiche geometriche. Il procedimento non è
nuovo in quanto largamente adottato specialmente dal Vierendeel nella calcolazione delle membrature
a tralicio caricate di punta, procedimento che dallo stesso Vierendeel è stato anche adottato per
spiegare e confermare le cause della nota rovina del ponte di Quebec. L’esilità del tutto apparente
delle terzere aventi la funzione ora espressa, del mantenimento delle centine ne loro piano, non
potrà fare a meno di colpire l’osservatore. Ma il loro dimensionamento, condotto
col criterio anzidetto (oltre a quello beninteso
derivante dall’altra funzione di sostegno più
sopra accennata) conduce a sollecitazioni
modeste malgrado la cospicua entità delle
sollecitazioni sulle centine. Ciò perche il gran
numero di queste terzere costituisce un legame
praticamente continuo fra le centine ed il loro
comportamento, che importa nelle membrature
componenti sforzi quasi completamente di
trazione, risulta convincente allorché si osservi
l'insieme solidale giungente a scaricarsi sulle
due grandi fasce di controvento finali.
La figura 2 riproduce il disegno d’insieme e la
relativa composizione di una centina normale
mentre la fig. 6 dà un’idea di come è stato
risolto il problema dello sdoppiamento successivo
di una centina fino a quattro nelle zone
dell’edificio in curva.
Calcoli e disegni necessari per lo sviluppo
esecutivo, sono stati da me consegnati ai primi
di agosto 1950 all’officina che ha provveduto
allo sviluppo esecutivo ed al contemporaneo
approvvigionamento del materiale in poco più di
un mese malgrado le difficoltà incontrate non
trovandosi pronti molti profili adottati in progetto
e non potendo d’altra parte attendere la loro
laminazione dato l’assillo del tempo concesso
per l'esecuzione.
Sommario
La trasformazione in composizione completamente metallica di un complesso di copertura
preventivamente progettato in cemento armato precompresso, nel pieno rispetto imposto delle forme
architettoniche prefissate per la soluzione in c. a., ha portato alla nuova concezione compositiva qui
presentata, nella realizzazione della quale ha trovato completo impiego il profilato in parete sottile
ricavato dal nastro trattato a freddo e il sistema di collegamento per resistenza elettrica a punti.
Premesse.
Verso la fine del 1958 venne proposto dall’ Impresa Ingg.
Provera e Carrassi, assuntrice delle opere del nuovo
Aeroporto Intercontinentale di Roma, con invito diretto alle
più qualificate officine di costruzioni metalliche, un
problema molto interessante. Si trattava di trasformare in
composizione metallica la struttura di copertura del corpo
aerostazione, già concepita in precedenza, su progetto del
Prof. Ing. Riccardo Morandi, in collaborazione con gli
Arch.tti Amedeo Luccichenti, Vincenzo Monaco e Andrea
Zavitteri, per essere realizzata in calcestruzzo di cemento
precompresso.
Si ritiene superfluo accennare qui le ragioni che spinsero
a tale trasformazione costruttiva fondamentale, ragioni che
rispecchiavano fra l’altro le direttive della Sovrintendenza
ai lavori di esecuzione dell'Aeroporto affidata al
Presidente della 3* Sezione del Consiglio Superiore ai
Lavori Pubblici, Prof. Ing. Giuseppe Rinaldi.
Lo scrivente ebbe l’incarico di occuparsi del problema
dall’Impresa proponente, e successivamente quale consulente delle due costruttrici metalliche, Antonio
Badoni S.p.A. e I.O.M.S.A., chiamate a collaborare nella realizzazione, data la necessità di limitare
ad un minimo il tempo di esecuzione, onde dare al più presto finita l’opera già di per sè imponente
ed al completamento della quale veniva praticamente subordinata l'enorme e complessa sistemazione
dell'intero corpo dell’edificio aerostazione che copre in pianta ben 20.000 mq.
I termini con cui veniva imposto il problema erano molto semplici: rispettare rigorosamente le linee
architettoniche stabilite dai progettisti. Tali linee architettoniche discendevano dalla concezione della
copertura come un aggregato di travi elementari, con una sezione trasversale a V e con profilo
longitudinale ondulato, risultanti iscritte in un parallelepipedo a sezione variabile, così come risulta
dallo schizzo prospettico di figura 2), mentre in figura 1 è indicata una sezione generica della trave
elementare, col dimensionamento di massima corrispondente alla realizzazione in precompresso.
E’ facilmente intuibile quanto arduo si presentasse il problema, in quanto che si pretendeva una
realizzazione in acciaio di una struttura nata invece per essere eseguita con materiale tanto diverso.
Da ciò scaturì la necessità di tentare qualche trasformazione di forma onde rendere il complesso
più aderente alle esigenze della composizione metallica. Ma tutti i tentativi andarono a vuoto di
fronte alla rigida imposizione della forma architettonica prestabilita che doveva per di più essere
rispettata anche all’estradosso, in quanto si opinava di dover tenere in somma considerazione la
circostanza che, per coloro che arrivano in un aero porto, la prima visione di un’opera al suolo si
verifica dall’alto.
Così stando le cose, la trasformazione in esecuzione metallica non poteva essere prospettata dai
più che realizzabile con una ossatura di supporto, destinata essenzialmente a reagire ai carichi
imposti, ossatura da rivestirsi con appropriata carenatura in modo da dare all’esterno la parvenza
architettonica desiderata.
Non è chi non veda però quanto contro natura venisse a presentarsi tale soluzione, senza contare
i vari inconvenienti a cui si andava incontro per tale via, come quello della impossibilità pratica di
ottenere delle superfici perfettamente piane di grande estensione e della difficoltà di creare una
struttura sufficientemente coibente ed antisonora senza ricorrere ad una serie di costosi dispositivi
con materiali speciali isolanti ed antirombo, ecc.
La struttura realizzata.
Partendo dal concetto adottato dai progettisti per dare forma alla loro composizione architettonica,
basato sul presupposto di una struttura solidale costituita essenzialmente da un guscio autoportante,
si imponeva il problema di realizzare in acciaio una struttura con analoghe caratteristiche, e cioè
quelle di guscio autoportante, poiché solo così sarebbe risultata giustificata, anche per la
composizione in acciaio, la forma architettonica originaria.
Il problema però, impostato in modo così linearmente semplice, si presentava per il ferro irto di
non poche difficoltà, sia di ordine statico che di ordine esecutivo e, fra le prime, quella principale
derivante dalla instabilità elastica di una struttura da realizzarsi con spessori limitatissimi, dell'ordine
di pochi decimi di millimetro, su altezze di travi dell'ordine di oltre un metro.
Prendendo come modello di riferimento la composizione navale ricorrente sotto la qualifica
convenzionale di «longitudinale », ci si poneva praticamente in analoghe condizioni di sollecitazioni,
quali quelle che si presentavano per la trave elementare costituente il motivo fondamentale del
complesso da realizzare. Dalla sezione trasversale della copertura, riportata a figura 3), si rileva
infatti che essa è costituita da una trave continua su tre appoggi, caricata verticalmente e che può
pertanto assimilarsi nel suo comportamento a quello di uno scafo posto su tre creste d'onda, situate
in un determinato intervallo intermedio della lunghezza totale dello scafo. Questa è notoriamente una
delle ipotesi più ricorrenti in architettura navale, ritenute valide nella verifica del dimensionamento
di un galleggiante. Partendo da tali considerazioni, si trattava quindi di determinare una
composizione longitudinale da realizzarsi possibilmente con profilati elementari che si prestassero a
facili e sicuri collegamenti e di forma tale da escludere la possibilità di instabilità elastica per il loro
esile spessore, Ne è derivata così la composizione chiaramente indicata in sezione a figure 6-7 e
che caratterizza il sistema costruttivo adottato. Si tratta in sostanza di un profilo costante a U con
ali disuguali e di altezza commisurata ai minimi di spessore, adottato allo scopo di evitare instabilità
elastiche flessotorsionali e pressoflessionali nel profilo elementare. L'insieme di tali profili, disposti
longitudinalmente e collegati fra loro per saldatura elettrica a punti, doveva necessariamente a sua
volta venire irrigidito da un complesso di ordinate collocate ad interasse tale da garantire tra l’altro
la stabilità di una intera parete sotto l'azione degli sforzi
taglianti. Tali ordinate sono costituite, similmente alla
struttura di parete, in profilati leggeri, ricavati a freddo, con
sezione a L.
Sulla faccia di tali angolari normale alle pareti da irrigidire,
sono state ricavate opportune asole in modo da consentire
il collegamento per saldatura elettrica della faccia
dell’angolare stesso con i profilati elementari di parete.
Laddove le sollecitazioni risultano più elevate, queste
ordinate sono state opportunamente irrigidite da raccordi,
ricavati per stampaggio da lamiere sottili e collocati come
è indicato in figure 8-9. Per quei tratti di trave, dove
potevano prevedersi eventuali eccezionali sollecitazioni
torsionali o azioni flettenti nel piano orizzontale, è stato
aggiunto al sistema irrigidente, costituito dalle ordinate, un
piano superiore di controventi, pure realizzati da lamiere
sottili così come risulta schematizzato nella pianta della
trave rappresentata in figure 4-10.
Infine, per quanto riflette la composizione adottata per
quelle parti di trave (briglie) più distanti dall’asse neutro
e destinate a reagire essenzialmente alle azioni flettenti
nel piano verticale, è stato adottato, per quelle inferiori,
il solito profilato corrente di parete ma con spessore
opportunamente variato e, per quelle superiori, un
particolare profilo a Z, ricorrente sulla intestatura delle
ordinate e saldato all'arco lungo il profilo ad U
terminale di parete (figg. 6-9).
Sommario
Per l'installazione della nuova grande macchina continua (la maggiore in Europa} la « Burgo S.p.A.»
sottoponeva nel luglio del ’60 alle Officine Badoni di Lecco il problema della costruzione di una
volta metallica di 180 m di corda e m 27 di freccia tracciata secondo una prestabilita policentrica in
relazione alle dimensioni di ingombro presentato dalla macchina da installare nel senso della corda.
Ciò per consentire il previsto affiancamento nel futuro di altra macchina consimile ricorrendo
all'ampliamento dell’edificio mediante l'aggiunta di centine laterali di uguale profilatura e composizione.
La Committente escludeva l'opportunità di ricorrere alla soluzione più semplice di una struttura
principale portante disposta nella dimensione minima del. l’edificio in pianta, m 30, opportunamente
studiata per l’accennato ampliamento, per varie ragioni che qui torna inutile elencare.
Lo studio analitico e compositivo dell'argomento portava alla conclusione di massima espressa
graficamente nella fig. 2 con un peso metallico previsto in tonn. 1.050 (circa kg 110 per mq
coperto in p.o.) e con adozione di acciaio Aq 50. Azione di neve prevista in kg 100/mq ed il vento
a kg 80/mq con condizione di carichi sovrapposti e dissimmetrici secondo le Norme C.N.R.
Lo stesso problema veniva successivamente posto all’alta competenza del prof. Pier Luigi Nervi per
una soluzione analoga in ca. In tal caso però la proposta policentrica risultava inammissibile mentre
che una volta a profilo nell'insieme parabolico quale poteva presentarsi come più rispondente alle
esigenze statiche del sistema, finiva per assumere una corda enorme in relazione ai franchi
d’ingombro da rispettare e con spinte alle imposte di ordine tale da rendere proibitiva la spesa delle
relative fondazioni. Nel frattempo i tecnici della Committente constatavano la necessità, per
sopravvenute nuove esigenze funzionali dell'impianto, di poter disporre di una notevole maggior
lunghezza dell’edificio, il che portava ad escludere definitivamente la convenienza del dispositivo a
volta in primo tempo prospettata, indirizzando le idee su di una struttura sospesa, struttura che
dopo vari tentativi condotti su rapporti di luce e sbalzi diversi, risultò schematicamente definita come
alla fig. 3.
Lo schema statico considera una luce intermedia di m 163 e due sbalzi simmetrici di m 43.
Complessivamente la lunghezza della copertura risulta pertanto di m 249. Le strutture portanti sono
quattro ad interasse di m 10 di modo che la larghezza della struttura risulta di m 30. La freccia
della funicolare è di m 22,50 con un rapporto di 1/7 circa rispetto alla luce intermedia. Il
dimensionamento dei dispositivi di sostegno è stato considerato costante per le quattro sospensioni in
vista della necessità futura di ampliamenti laterali.
L'introduzione dei particolari ed originali pilastri in c.a. costituenti il supporto dell'intero complesso di
copertura, che è metallica, è dovuta al prof. Nervi, che ha utilizzato la distribuzione delle masse in
modo tale da ridurre al minimo le azioni flettenti sui pilastri e annullando nel contempo azioni di
tensione sui blocchi di fondazione. Ne è risultata un'architettura che caratterizza il complesso.
I quattro piloni in c.a. sono collegati due a due trasversalmente da due architravi sovrapposti
costituenti doppio portale di irrigidimento dei quali quello in sommità ha anche il compito di amarro
delle catene di sospensione. Tale architrave è a sezione cava e contiene quattro cassoni in acciaio,
costituenti gli amarri propriamente detti, colla vitale funzione di diffusione degli ingenti carichi
concentrati trasmessi dalle sospensioni all’architrave cavo in c.a.
Questi cassoni, espressi in dettaglio anche costruttivamente in fig. 10 sono stati opportunamente
studiati in modo da rispondere ad altre vitali esigenze. La più rilevante è quella connessa alla
possibilità di disporre di un comodo sistema di
regolazione delle variazioni di lunghezza delle catene
di sospensione, che possono assumere valori non
trascurabili sia per ragioni elastiche che per quelle
termiche. E poiché tali variazioni si risolvono in
movimenti verticali di tutta la copertura, che è
soggetta pertanto a variazione di livelli e di
configurazione non trascurabili, era indispensabile un
sistema di controllo e di pronta messa a punto di
assoluta tranquillità. Le catene giungono pertanto entro
ai cassoni con un ancoraggio a staffe predisposto su
martinetti idraulici, da sostituirsi a sedie costituite da
spessori sovrapposti, in numero adeguatamente
variabile con spostamento finale da raggiungere in
sede di regolazione (fig. 11).
Ogni sospensione è regolabile, anche
contemporaneamente, alle due estremità e pertanto si
può disporre complessivamente di 16 dispositivi di
movimento.
Risulta dai calcoli che per una variazione termica di
40° la lunghezza delle catene di sospensione
intermedie varia di 82 mm, con la conseguenza di un
possibile spostamento verticale del vertice in
mezzeria, di 110 mm. Tale valore rappresenta 1/1400
circa della luce teorica di 163 m, ossia è dell’ordine
di grandezza delle frecce elastiche delle costruzioni
metalliche.
Ancora, per effetto del carico accidentale massimo
(previsto in neve in relazione di 100 kg/mq di
copertura), l'allungamento delle catene risulta di 80
mm con un corrispondente abbassamento in mezzeria
della copertura di 109 mm, valore che corrisponde
all’effetto termico di 40° sopra riportato.
In sede di montaggio prima, e successivamente con
opportune messe a punto, la rispondenza fra
previsioni e realtà si è dimostrata perfetta. Si
attribuisce la bontà di questo risultato anche alla
scelta compositiva operata nella progettazione delle
catene. Per questo si è esclusa a ragion veduta
l'adozione di funi ricorrendo alla composizione delle
bielle in acciaio SELCO - 53 collegato da perni
preventivamente cromati per ovvie ragioni protettive.
A fig. 1 l’opera si presenta in ultimazione di montaggio coi telai frangisole parzialmente applicati. In
fig. 9 è osservabile in dettaglio il possente telaio di sostegno in c.a. colle sospensioni del tratto
intermedio e di quello a sbalzo. A fig. 4 si prospetta la strut-tura in estradosso completa di
materiale di copertura, mentre in fig. 5 risultano dettagliati i dispositivi di articolazione dei tratti di
sospensione e l'attacco dei tiranti, col dispositivo stagno al piede dei tiranti stessi. Un vincolo
principale del complesso di copertura col pilastro in c.a. è dettagliato a fig. 15.
I ritti e le intelaiature di parete risultano espressi in fig . 18 e particolarmente per la zona d’angolo in fig.
20. Infine a fig. 19 si può osservare una vista parziale dell'interno con la gru a portale, in fase di
montaggio della macchina continua.
Particolare notevole è rappresentato dal risultato finale di comportamento del complesso sia agli
effetti elastici che a quelli termici. Per questi ultimi, ad esempio, si pensi che per temperatura
massima registrata in oltre 40 °C in estate e meno 20 °C d'inverno, il comportamento della parete,
completamente rivestita di vetro per uno sviluppo di oltre 560 m, con altezza di pilastri 2 mensola
di ben m 15,60 per una superficie complessiva di oltre 9.000 mq senza contare le fasce frangisole.
non hanno subito rotture almeno per ragioni termiche o per deformazioni elastiche dipendenti da
azioni di vento.
L'acciaio complessivamente impiegato per la copertura propriamente detta assomma a tonn 595
delle quali t 100 in SELCO - 53 per le catene di sospensione. I cassoni di amarro in numero di 8
han no richiesto complessivamente tonn 122 ed il complesso delle pareti d'ambito tonn 258 per i
ritti; tonn. 146 per le intelaiature di irrigidimento e portavetri, tonn 29 per i telai dei frangisole e
tonn 18 per la trave di gronda. L'acciaio dell'intera struttura raggiunge pertanto le tonn 1.168.
La esecuzione dell’opera è dovuta alla S.p.A. Antonio Badoni di Lecco che si è avvalsa, per il
montaggio, della «Generale Montaggi S.p.A.» (G.E.M.) - di Milano. L'ufficio tecnico della Committente
ed in particolare gli Ingg. Bersano e Martinengo hanno dato un decisivo contributo personale in
ogni fase del lavoro, dalla progettazione alla organizzazione realizzativa.
Nell’anno accademico 1963-64, prom omosso dall’Ufficio Italiano Sviluppo Applicazionii Acciaio
A si tiene un Corso
di cultura sulle costruzioni in accia iaio, presso la Facoltà di Architettura dell’Univer ersità di Roma, Istituto di
Tecnica delle costruzioni, riservato o ai laureati in Architettura e ingegneria, direttore
e del corso Prof. Gaetano
Minnucci. Le lezioni tenute dai mas assimi esperti del periodo ( De Miranda, Ceradini, ni, Covre,…) vengono poi
raccolte nel volume:
Problemi delle costruzioni in acciaio
Ed. Cremonese, 1967
Si riporta nel seguito il capitolo 7.
Grandi Strutture
Dott. Ing. Gino Covre
La presente sarà limitata al pur uro campo strutturale collegato alle più recen enti concezioni statiche
interdipendenti con quelle tecnolologiche, con le conseguenze sulla forma e pert rtanto anche sull’estetica
delle strutture che cosi ne derivan no.
Nella diuturna contrapposizione de dei due sistemi costruttivi che fanno rispettiva amente capo al c.a. nei
suoi vari tipi e alla struttura meta
tallica in genere, vi è una tendenza che può p portare a ibridi connubi
architettonici.
Conoscerete quali orribili struttur
ture si sono realizzate traducendo il tralicci cio metallico in c.a., e
viceversa, allorquando si sono vvoluti tradurre in acciaio strutture logiche soltanto s se eseguite in
conglomerato cementizio.
Vi sono però delle possibilità di reciproca
r influenza fra i due sistemi che poss ssono dar luogo a
Concezioni statiche e forme costrutt
uttive rappresentanti un progresso sotto ogni punto nto di vista, se trasportate
da un campo all’altro tenendo in debito
de conto tutti i fattori che si prospettano con
co tale trasporto.
Un caso particolare di grande interesse e che sta ormai affermandosi in realizzazioni metalliche
spesso notevoli ed anche grandio iose è quello discendente dai sistemi continui solidali.
s
Tali sistemi, come ad esempio o le strutture a guscio, sono logici e norma ali nel c.a. in quanto
rappresentano anche, fra !’altro,, una conseguenza di natura tecnologica che he lungi dal complicarla
facilita la realizzazione. Ma co on l'impiego del metallo, materiale che dis ispone di caratteristiche
meccaniche unitarie di resistenza za elevatissime in confronto a quelle conseg eguibili col calcestruzzo
armato, la concezione di element nti resistenti solidali continui diverrebbe molto o problematica, a meno
di non ricorrere a forme nuove atte a tener conto di questa particolare cara ratteristica resistente del
ferro, materiale molto generoso perpe la sua elevata resistenza, nella quale è però pe insita anche la sua
grande debolezza che é la insta tabilità elastica, tanto pericolosa e deprecata,, che insorge ogni qual
volta intervengano, come é noto,, eccessive snellezze nei rapporti dimensionalili da introdurre.
Sorge cosi istintivamente l’idea d di applicare al metallo il concetto statico strutturale
st del guscio, o
meglio in generale della struttura ra solidale continua, realizzando pero tale ccontinuità non in modo
uniforme, come si opera per le strutture in c.a., ma in modo discontinuo o mediante membrature
elementari continue.
Un parziale tentativo in tale se senso é stato da me tentato un quarto dii secolo fa circa nella
realizzazione della grande cupol ola di copertura del Palazzo dei Ricevimentii e Congressi all’EUR in
Roma, la cui concezione ar architettonica è, come è
noto, dovuta al compianto Arch ch. Libera.
Tale copertura era stata conc ncepita come guscio in
c.a. che però, ad edificio eret etto ed al momento di
coprirlo, ha manifestato necessita
n tali che la
realizzazione in c.a. si sarebbe resa molto
problematica se non addirittura a impossibile. Da qui la
traduzione in acciaio con la realizzazione di una
struttura a guscio discontinuo o che parte dallo schema
di una volta incrociata ccon profilo di direttrici
particolarmente imposte dall’arch
chitetto.
Ora é chiaro che la sostituzione del materiale in
tale caso ha provocato un qualche squilibrio
architettonico e i rivestimenti apportati
successivamente all’ossatura metallica hanno
contribuito in modo decisivo a cambiare i connotati
originali (figg. 6.1 - 6.2). Ad una osservazione più
attenta non può sfuggire l’accennato squilibrio di
rapporti fra luce e monta e spessori che
denunciano quel qualche cosa di nascosto che
rappresenta l’essenza della struttura.
In modo piu chiaro ed aperto é interessante
esaminare come risolva il problema un insigne
studioso di costruzioni metalliche, il Prof. Makowski
dell’Università di Londra, che riduce addirittura la
struttura solidale continua ad un complesso di aste
elementari, spesso semplicemente tubolari, che
vengono a creare una architettura del tutto nuova
suscettibile di impensati sviluppi (figg. 6.3 - 6.4).
Recentemente è stata realizzata in Spagna, nei sostegni per elettrodotto di attraversamento della baia di
Cadice, una mia struttura a guscio discontinuo costituita da torri a profilo parabolico e a sezione cilindrica
qui presentate nelle figg. 6.5 - 6.6 - 6.7 - 6.8 - 6.9.
I giunti sono stati semplificati al massimo e consistono in aste di profilati normali irrigidite a telaio,
collegate con semplice bullonatura, completamente diversi, per esempio, da quelli a cui ricorre il prof.
Makowski consistenti in complessi alquanto laboriosi.
fig.6.8 Struttura finita vista dal basam
mento
La
realizzazione di gusci con struttutture in acciaio è però
conseguibile anche con sistem mi continui, qualora si
Proceda agli opportuni irrigidimen
enti mediante nervature
destinate ad influire sui campi dii forze, in modo tale da impedire fenomeni dii instabilita elastica nelle
pareti continue, che in tal modo possono
p ridursi a spessori molto limitati.
Una prima applicazione di tale e criterio statico e costruttivo, oggi resosi possibile
po e conveniente
Potendosi disporre dei vari sistememi di collegamento per saldatura elettrica, è stato da me applicato
fin dal lontano 1949 nella costr truzione navale di tipo longitudinale con e elementi prefabbricati e
con successivo montaggio sullo scalo di varo (fig. 6.10). Tale sistema ha avuto in breve tempo
applicazioni che oggi assumono,, come ben si sa, carattere grandioso e norm male anche per scafi di
portate eccezionali, con prefabb bricazione di elementi che raggiungono pessi di varie diecine di
tonnellate.
In particolare una applicazione d di certo interesse realizzata su pareti sottilis
ilissime (pochi decimi di
mm.) e su scala inconsueta (circ irca 20.000 mq. con l’impiego di 1.000 sole t.te t. di acciaio) é quella
da me ideata e realizzata per la copertura dell’Aerostazione di Fiumicino su u progetto architettonico
degli architetti Luccichenti, Mo onaco e Zavitteri e dell’ing. Morandi (figg gg. 6.11-6.12-6.13). In
quest’opera i collegamenti dei var ari elementi e degli irrigidimenti sono stati rea
ealizzati in buona parte
con punti di saldatura elettrica che
c rispondono praticamente alla funzione di d un vero e proprio
chiodo.
Un particolare tipo di guscio, costituito però non in acciaio ma in lega di alluminio ad alta resistenza, è quello
da me ideato e proposto per quello
lo che doveva essere l’Arco E-42 (fig.6.14) del qu
quale è stato costruito nel
’40 un tronco sperimentale, sottopo
osto a Roma, presso l’Istituto di Scienza delle Co
Costruzioni, a interessanti
prove con l’ausilio di una complessa apparecchiatura, appositamente costruita e purtroppo
successivamente demolita e disperrsa.
In tale struttura poiché allora nonon era possibile, per le conoscenze tecno ologiche del momento,
ricorrere alla saldatura delle le leghe di alluminio, che oggi invece si pu può operare con nuovi
procedimenti, i collegamenti sono o stati operati tutti per chiodatura, pure in le lega di alluminio e con
particolare procedimento di rinvennimento e di tempera (fig. 6.15).
I tipi di strutture a guscio ora trattati richiedono una calcolazione molto co complessa e delicata e
presuppongono possibilità esecut utive che non sempre possono essere scrup upolosamente realizzate
malgrado ogni accorgimento tecno nologico. Da qui la necessita di ricorrere a verifiche
ve sperimentali fin
dalla sede progettiva ricorrendo a alla teoria dei modelli come nel caso dell’Arco
co E-42 sopracitato. Un
altro caso interessante è quello delle prove condotte su di un modello in scala sc 1 a 10 di guscio
discontinuo metallico sferico ridotto
tto a pianta quadrata e quindi con soli quattro
o punti di appoggio.
Ricorderete che antecedentemente te si e potuto osservare caso analogo nelle str
strutture ad aste
proposte e realizzate dal Prof. Ma akowski.
Il dispositivo di prova ora accenn nato si può osservare in fig.6.16; le prove so sono state condotte con
estensimetri elettrici e con l’ausilio
io di inclinometri. L’apparecchiatura elettrica era
ra ad unica stazione con
possibilità contemporanea di 40 rilev
evamenti.
Tenendo presente le particolari car aratteristiche resistenti dell’acciaio che male sii presta
p ad una sua utile
realizzazione qualora venga impieg gato in elementi compressi di eccessiva snelllezza (carico di punta),
torna logico concludere che conv nviene studiare, per quanto possibile, la sua ua migliore utilizzazione
introducendo in una determinata opera elementi prevalentemente tesi, nel qu qual caso l’acciaio può
essere utilizzato in pieno e con n tanto maggior vantaggio, quando si pensi cche si producono oggi
qualità di acciaio con elevatissimii carichi di rottura per i quali, però, si ha corri
rrispondentemente
un rendimento inferiore nel caso di caricamenti di punta.
Lasciando da parte il caso partic icolare rappresentato dalle strutture cementizie e precompresse, dove le
eminenti doti di resistenza a traz azione dell’acciaio vengono contemporaneament nte utilizzate con quelle
del calcestruzzo che meglio sii presta ad azioni di compressione notevo vole, mi limiterò qui a
considerare l’ossatura totalmente te metallica con elementi tesi. Nel campo o dei ponti sono state
utilizzate e si realizzano opere cosi grandiose che qui non é neanche iil caso di considerare.
Conviene invece soffermarsi sulla la opportunità, che può presentarsi spesso al p progettista, di applicare
strutture tese nei casi che posson ono sembrare poco importanti, ossia strutture e relativamente modeste
in confronto a quelle dei gigantesc schi ponti sospesi.
Gia alcuni decenni or sono Le Corbusier propose per fabbricati multipiani di d abitazione civile una
sua « tensostruttura » che sii riduceva, in sostanza, ad una gabbia di colonne sulle quali gli
impalcati ai vari piani venivano o a collegarsi mediante cavi di sospensioni diagonali ancorati alle
colonne stesse.
Applicazioni di tale tipo però non n mi risulta che siano state praticamente realiz lizzate, mentre proposte
del genere sono state avanzate in questi ultimi anni per hangars di grandi lu luci, per grandi complessi
industriali o per fiere. Una applicacazione di struttura sospesa è stata recenteme ente da me proposta e
realizzata nella costruzione di un n grande padiglione industriale eretto in Manto tova su commessa delle
Cartiere Burgo, destinato a racco cogliere il più grande complesso europeo di ma acchina continua per la
fabbricazione della carta.
Si tratta di un edificio di 249 m di lun
unghezza su 30 m di larghezza e con un’altezza d dal filo di gronda al piano
di campagna di 22 m dei quali 16 d dal piano calpestio del salone macchina propr priamente detto.
Lo schema statico considera una a luce intermedia di m. 163 e due sbalzi di estremitàe di m. 43.
Le strutture portanti sono quattro o a interasse di m. 10, costituite ciascuna da a una funicolare a bielle
incernierate con trave longitudinal ale irrigidente (fig. 6.17 e tav. I). La freccia d della funicolare é di m.
22,50 e pertanto con rapporto di 1/7 circa rispetto alla luce intermedia.. Poiché é prevista la
necessità futura di ampliamentii laterali dell’edificio, il dimensionamento dei dispositivi di sostegno
principali é stato considerato costa tante per le quattro sospensioni.
L'introduzione dei particolari pilast stri in c.a. costituenti supporto dell’intero complelesso di copertura, che é
totalmente metallico, é dovuto al Prof. P Nervi, che ha utilizzato la disposizione e delle masse in modo
da ridurre al minimo le azioni fle lettenti sui pilastri, annullando nel contempo l’a l’azione di tensione sui
blocchi di fondazione. Gli architra ravi superiori che interessano trasversalmente te e collegano le due
coppie di pilastri di estremità son no cavi ed in cui trovano sede quattro casson oni in acciaio costituenti
gli amarri propriamente detti, con n la vitale funzione di diffusione dei forti carichihi
concentrati trasmessi dalle sospen ensioni all’architrave in ca.
Questi cassoni, espressi in dettag aglio costruttivamente nella tav. II, sono stati opportunamente
o studiati
in modo da rispondere ad altre vvitali esigenze, La più rilevante è quella conn nessa alla possibilità di
disporre di un comodo sistema a di regolazione delle variazioni di lunghe hezza delle catene di
sospensione, che possono assum mere valori non trascurabili sia per ragioni ela lastiche che per quelle
termiche. E poiché tali variazionii si risolvono in movimenti verticali di tutta la co opertura, che è soggetta
pertanto a variazioni non trascurabili ili, era indispensabile un sistema di controllo e dii pronta messa a punto
di assoluta tranquillità. Le caten ne giungono pertanto entro ai cassoni con u un ancoraggio a staffe
predisposto su martinetti idraulici,i, da sostituirsi a sedie costituite da spessorii sovrapposti, in numero
adeguatamente variabile, con valor lore finale da raggiungere in sede di regolazion one.
Fig.6.16 Prova
su modello di volta
sferica discontinua
a pianta quadrata.
Fig. 6.17 Cartiera Burgo, Mantova
Ogni sospensione é regolabile, anche contemporaneamente, alle due estremità e pertanto si può
disporre complessivamente di 16 dispositivi di movimento.
Risulta dai calcoli che per una variazione termica di 40° la lunghezza delle catene di sospensione
intermedie varia di 82 mm, con la conseguenza di uno spostamento verticale in mezzeria di 110
mm. Tale valore rappresenta 1/1400 circa della luce teorica di 163 m, ossia é dell’ordine di
grandezza delle freccie elastiche delle costruzioni metalliche.
Ancora, per effetto del carico accidentale massimo (previsto in neve per un valore di 100 Kg/mq di
copertura), l’allungamento delle catene risulta di 80 mm, con un corrispondente abbassamento in
mezzeria della copertura di 109 mm. valore che corrisponde in valore assoluto all’effetto termico di
40° sopra riportato.
In sede di montaggio prima, e successivamente con opportune messe a punto, la rispondenza fra
previsioni e realtà si é dimostrata perfetta.
Si attribuisce la bontà di questo risultato anche alla scelta compositiva operata nella progettazione
delle catene: per questo si è esclusa a ragion veduta, l’adozione di funi ricorrendo invece alla
composizione con bielle in acciaio SELCO-53 collegate da perni preventivamente cromati per ragioni
protettive. In tal modo, con una lavorazione di precisione si è potuto raggiungere un grado di
assestamento finale delle sospensioni scevro da sensibili variazioni successive, semplificando inoltre i
collegamenti con le sospensioni verticali (realizzate in tondo di acciaio Aq 50 con tenditori filettati di
regolazione) che dispongono di un comodo collegamento in corrispondenza dei perni di unione delle
bielle costituenti la catena.
I cassoni di amarro sono di due tipi: i laterali più corti di m. 5,30 di lunghezza e pesanti 13 t.te
ciascuno; gli intermedi di 7 m. di lunghezza, pesanti circa 17 t.te ciascuno. Pertanto su di una
lunghezza di circa 30 m. di architrave cavo in c.a. costituente il sostegno delle sospensioni, ben
24,60 m. sono in acciaio (Aq 48 per le lamiere, Aq 50 e Aq 42 per i profilati). Le ordinate di
irrigidimento, collocate all’esterno del fasciame, sono opportunamente forate per consentire il
passaggio delle barre metalliche di armamento del c.a. I cassoni sono accessibili all’interno ed
anche all’esterno superiormente, nell’intercapedine tra parete in acciaio e cielo in calcestruzzo,
cosicché ispezioni e manutenzioni sono possibili anche per questa parte della struttura metallica.
Tav. I - Cartiera Burgo, Mantova:a: esecutivo di officina dei particolari relativi alle
le catene e tiranti di
sospensione della copertura.
Tav. II - Cartiera Burgo, Mantova:: esecutivo di officina dei particolari dei cassononi di ancoraggio delle
catene.
Ho accennato allo schema statico ico delle quattro principali strutture portanti non
onché alla composizione
delle catene e delle sospensio ioni. Aggiungo ora qualche altro elemento sulla rimanenza della
struttura in acciaio.
La trave irrigidente è costituita da d due briglie a T composte con piatti saldatii e collegate da aste di
parete, realizzanti il dispositivo a telaio con nodi ridotti a membrature reagen enti a sforzi assiali. La
trave, alta m. 1,50, è dimensiona nata per lo sforzo di compressione massimo cche risulta di circa 54
t.te e per i momenti secondari dis iscendenti da un’azione del carico accidentale esteso alla metà della
copertura.
La verifica alla instabilità elastica a della trave irrigidente é stata condotta nell’ip
’ipotesi di vincoli elastici
in corrispondenza di ciascuna sos ospensione verticale (interasse di circa m. 10) 0) in contrapposizione ai
carichi verticali ivi applicati. L’acci
ciaio impiegato é il SELCO-53 per le briglie e l’Aq 50 per i profilati.
Dalla figura n. 6.18 si può rilevar are il dispositivo di irrigidimento trasversale del
elle travi principali, col
completamento dell’orditura secon ndaria sulla quale è disposto il materiale di ccopertura in Alusicc e il
rivestimento di intradosso in Ond ndulux. L’intercapedine che ne risulta è stata ta creata per ragioni di
coibentazione ed anticondensa, con immissione di aria a condizionamento o appropriato. Il carico
permanente dell’orditura di copert rtura risulta di 70 Kg/mq. per la struttura me etallica e di 30 Kg/mq
per i rivestimenti in Alusicc e Ondulux. La componente orizzontale massi sima nella sospensione
centrale risulta di 184 t.te mentre tre quella contrapposta per il tratto a sbalzo ra raggiunge le 73 t.te. La
differenza é affidata all’azione fletettente resistente della trave a cassone di som mmità in c.a.
Il problema dei vincoli dell’intero complesso
c ha richiesto particolari accorgimenti.
ti.
Si trattava di consentire notevoli sspostamenti orizzontali derivanti da azioni term miche, con altri verticali
conseguenti sia a queste che agl gli spostamenti verticali elastici dovuti ai carichhi per i
diversi valori che potevano assum umere quelli accidentali. In primo luogo si è de eciso di realizzare tutto
il complesso della parete perim metrale dell’edificio rendendolo del tutto indip ipendente da quello di
copertura. A tale scopo le pareti d d’ambito dispongono di
un’ossatura principale portante ccostituita da pilastri a
cassone in acciaio opportunament nte profilati, incastrati al
piede sul robusto complesso o in c.a. costituente
l’ossatura di sostegno della macc cchina continua e liberi
in sommità. Tali pilastri, ad in interasse di m. 2,00,
risultano intelaiati dai riquadri po ortavetri e collegati in
sommità da una trave gronda in acciaio composta da
elementi saldati di lamiera sago gomata e irrigidita da
costole e profilati (tav. III). La sutura fra la zona
perimetrale libera di parete e le travi
tr d’ambito della
copertura é effettuata con materia ria plastico, in modo da
consentire i previsti movimenti sia verticali
v della copertura
che orizzontali di parete derivanti dall’azione
d di vento.
La composizione metallica ricorre naturalmente ad opportuni collegamenti fra i vari organi costitutivi, per i
quali nel passato, anche recente, risultavano prevalenti quelli di chiodatura e di bullonatura.
Il collegamento per saldatura, in un primo tempo autogena e prevalentemente ossiacetilenica, ha subito
una radicale innovazione con la comparsa della saldatura elettrica, procedimento, che affacciatosi
timidamente nella pratica costruttiva un trentennio fa circa, ha subito rapidamente una evoluzione nei
suoi concetti formativi, nella sua tecnologia e nella varietà di forme nelle quali può essere utilizzata,
da rivoluzionare radicalmente la tecnica costruttiva rendendo fra l’altro possibili schemi statici e
pertanto anche architetture conseguenti, del tutto impensabili per il passato.
Parallelamente a questo progresso tecnologico dei collegamenti metallici scadeva sempre più il
processo di chiodatura tradizionale, anche per il fatto che la saldatura poteva consentire insieme ad
una certa convenienza economica e rapidità esecutiva, anche una sensibile riduzione dei pesi
metallici. Però anche la saldatura presenta i suoi inconvenienti. Occorre intanto che alla sua
esecuzione sia preposto del personale particolarmente qualificato e non soltanto debitamente addestrato e
conseguentemente patentato secondo norme regolamentari precise stabilite all’uopo dalle competenti
autorità tecniche, ma anche dotato di particolari doti di carattere legate ad uno scrupolo professionale che
purtroppo non sempre è conseguibile, specialmente se messo in rapporto alle sempre più alte esigenze
economiche che si prospettano oggi a qualsiasi prestatore d’opera. D’altra parte il controllo di una
buona esecuzione che oggi si rende possibile mediante l’osservazione con i raggi X delle saldature
non risulta molto agevole, parimenti introduce un altro elemento antieconomico nel procedimento.
Inconvenienti vari, e purtroppo anche qualche disastro in dipendenza di saldature non ben riuscite o
eseguite, lasciano sempre qualche punto di incertezza e di timore sia in chi le progetta (malgrado la
più attenta cura) e sia in chi le applica. Da qui la tendenza odierna di ricorrere ad un altro sistema
collegamento che possa dare maggiori facilita di controllo e più alta probabilità di una esecuzione
rispondente alle previsioni di progetto.
Sorge cosi la bullonatura con bulloni ad alta resistenza, che in sostanza non é altro che un richiamo
alla vecchia chiodatura, reso possibile oggi dal progresso tecnologico che consente la produzione di
acciaio ad altissima resistenza e la possibilità di una lavorazione con procedimenti tali da poter
utilizzare in pieno le qualità resistenti di tali acciai, anche dopo la loro lavorazione.
Il concetto informativo della bullonatura AR. discende dalla chiodatura, in quanto si riduce alla
utilizzazione delle forze di attrito che si vengono a manifestare fra due superfici a contatto
debitamente compresse fra di loro. Con la chiodatura tale compressione veniva esercitata dal ritiro
che il chiodo ribattuto a caldo veniva a subire col raffreddamento. Per quanto nei calcoli di progetto
di chiodatura venga applicato il concetto della resistenza a taglio del chiodo, in realtà si fa
dipendere tale supposta resistenza a taglio da quella di attrito che il chiodo provoca nella giunzione.
Se tale azione di attrito dovesse ridursi o peggio scomparire portando cosi il chiodo a reagire
soltanto al taglio, la chiodatura risulterebbe da tale momento praticamente inefficace.
Con la bullonatura ad alta resistenza tale evento si rende del tutto improbabile, in quanto il bullone
costituito da acciaio ad altissima resistenza permette un serraggio dei pezzi di giunto, previa
interposizione di opportune rondelle in acciaio per la diffusione dello sforzo di serraggio, operato con
chiavi munite di apposito dispositivo di controllo per la coppia esercitata, tale da togliere ogni
ragionevole dubbio sulla efficacia e sul valore dell’entità dello sforzo di trazione che cosi si esercita
sul bullone per realizzare una determinata pressione sulle superfici a contatto di un giunto.
Resta pero il dubbio sul valore effettivo, che deve essere naturalmente il più elevato possibile del
coefficiente di attrito che si manifesta sulle superfici di contatto compresse.
Sulla determinazione di questo coefficiente sono state e si continuano a condurre esperienze molto
approfondite, ed i risultati pratici si possono oggi considerare con la maggiore tranquillità, tanto più
che i coefficienti di attrito da intro
trodursi nelle progettazioni subiscono delle lim mitazioni prudenziali, tali
da rendere molto improbabile un loro imprevisto comportamento. In ogni caso so poi, qualora dovesse
verificarsi uno slittamento degli elelementi di giunto, interverrebbe pur sempre iil bullone con una sua
possibilità di resistenza a taglio,, date le altissime qualità meccaniche del mate teriale di cui è costituito.
Tale possibilità non si può consid iderare col chiodo normale: perciò il giunto con c la bullonatura A.R.
potrebbe ancora funzionare, là dove d una chiodatura non sarebbe ammessa.. È chiaro che con un
tale dispositivo, da realizzarsi natu
aturalmente con le necessarie cautele che ess sso richiede (superfici a
contatto controllate preventivamen ente, affinché presentino le migliori possib ibilità per un più alto
coefficiente di attrito e pertanto o preventivamente sabbiate o meglio fiammat ate, adozione di chiavi
dinamometriche di serraggio e di d controllo, ecc.) il giunto con bulloni A.R.. può dare tranquillità
esecutive soddisfacenti. Siccome e poi l'esecuzione non richiede mezzi parti rticolarmente costosi (le
forature possono essere praticate e per punzonatura anziché per trapanatura, le tolleranze sui diametri
dei fori sono ampie ecc.) se si esclude il costo relativamente elevato del bullone b e il compenso
risultante dagli altri procedimenti,, si giunge in sostanza alla conclusione che la bullonatura AR. Può
dare in confronto alla saldatura e ad altri sistemi di giunzione, oltre ad un n più elevato grado di
sicurezza, anche una certa ec economia. Questo procedimento pero come è intuibile, rivoluziona
alquanto la tecnica progettiva e costruttiva perché il giunto A.R. ha proprie esigenze e costruttive che
fra l’altro possono variare naturalm lmente il comportamento statico degli elementiti da collegare.
Prendiamo ad esempio il caso o di un nodo rigido quale può presentarsi si su di un fabbricato
multipiano o su strutture a telaii in genere. Se esso é realizzato per saldatu tura elettrica si presenta
per esempio come alla fig.6.19 9 che riproduce un collegamento di forza della Stazione Porta
Garibaldi di Milano (fig.6.20).Ossservando questo giunto possiamo renderci conto c di quale enorme
sviluppo di saldatura sia da realilizzare in condizioni spesso di sopratesta e pertanto di particolare
difficile esecuzione e buona riusc scita. Se si volesse trasformare questo giunto to con bullonatura A.R.
bisognerebbe ricorrere ad una forma fo costruttiva tipo quella riprodotta nella fi
fig. 6.21, che comporta
qualche maggiore preparazione in officina, in ogni caso non dispendiosa e di d possibile e comodo
controllo, ma consente un mont ntaggio cosi rapido e sicuro da rendere intui tuibile i vantaggi che si
possono cosi conseguire.
Naturalmente questi giunti con b bulloni A.R. possono e devono variare compo portamento col problema
statico che sono chiamati a risolvere. Un semplice giunto di trave inflessa riesce molto
semplicemente realizzato secondo un sistema a coprigiunto
(fig. 6.22).
Travi Alpha
Il sistema Alpha inventato dall’ing. O. Schaub, architecte de la ville de Bienne, ed utilizzato in Italia dalla
Badoni è descritto da Mirko Ros, grande amico di Robert Maillart, Professore alla Ecole Polytechnique
Fédérale e direttore del Laboratoire Fédéral d'Essai des Matériaux, Zurich, nell’articolo: Les
constructions acier-béton système « Alpha » in Ossature Metallique n. 4 1934
Una casa linda e scintillante di vetrate progettata dagli architetti Belgiojoso, nasce in questi giorni in via
Manin a Milano. …
Le fondazioni profonde e misteriose; i ferri della struttura metallica spuntano dalla terra si aggiungono e si
saldano velocemente in una gabbia aerea; … la struttura in ferro, opera della Badoni di Lecco, permette luci
fino a 9 metri; su m. 49 di facciata si sono solamente 7 pilastri…
L’ideale è raggiunto, nel centro di una grande città, una abitazione aperta su di un vasto parco. …
La via Manin si è vendicata del mostruoso palazzo culturalista-ignorante che sta per essere finito pochi passi
più in là.
Gian Luigi Banfi
Una casa a Milano
Quadrante n. 21 1935, pagg 23,25
Il progetto, realizzato fra il 1934 e il 1937, porta la firma di uno dei mattatori del celebre studio di architettura
milanese BBPR. Lui è Lodovico Barbiano di Belgiojoso che con la collaborazione del padre Alberico e su
commissione di Antonio Feltrinelli ideò un edificio che è un esempio raro di razionalismo elegante e leggero.
Incastonata, in via Manin, fra piazza della Repubblica e i giardini di Porta Venezia, casa Feltrinelli
rappresenta una delle prime opere compiute in Italia di edilizia residenziale a struttura metallica. 330
tonnellate d' acciaio servirono per lo scheletro del palazzo, issato in meno di tre mesi e poi rivestito con
lastre di marmo e granito di Baveno intervallate da ampie fasce di verande e finestre a nastro.
Casa Feltrinelli
Via Daniele Manin, 37 Milano (MI)
Progetto architettonico: Barbiano di Belgiojoso, Alberico e Ludovico
1934 il progetto dell'edificio è commissionato agli architetti Lodovico ed Alberico Barbiano di Belgiojoso da
Antonio Feltrinelli.
i lavori di costruzione dell'edificio sono condotti dall'Impresa (Nipoti di) ingegnere Giuseppe Marzoli, con
sede a Milano.
Il progetto delle opere in cemento armato è elaborato dall'ingegnere Aldo Molteni, con studio in Milano.
Le opere di costruzione dell'edificio prendono avvio nel 1934
L'ingegnere Pietro Locatelli, con studio in Milano, è il collaudatore delle opere in cemento armato.
la licenza di occupazione è del 21 ottobre 1937, con decorrenza dal 5 marzo del medesimo anno.
Numero di piani: 10
Tipo di piani: p.seminterrato-1; p.t..; p.1; p.2; p.3; p.4; p.5; p.6; p7; p.8; p9
Configurazione strutturale primaria
Edificio con pianta ad L con struttura portante in profilati metallici su fondazioni a plinto in calcestruzzo
armato, murature di chiusura e partizione interna in laterizio forato, con copertura piana a terrazza.
Descrizione
L'edificio è localizzato in una zona centrale della città, lungo l'anello dei bastioni e in posizione privilegiata tra
piazza della Repubblica e i giardini pubblici di Porta Venezia.
Il lotto all'angolo tra via Manin e l'allora piazza Fiume ha forma di trapezio; l'edificio ne occupa una porzione
con pianta a L e corpi edilizi poco allungati al perimetro. Pur essendo portatore dei principi razionalisti, non
genera fratture con il contesto ma dialoga con gli edifici vicini assecondandone i valori, adeguandosi alla
architettura, ai volumi, alle altezze. Una delle prime realizzazioni di edilizia residenziale a struttura
metallica in Italia, mostra allo spazio pubblico due facciate ugualmente importanti, particolarmente
riuscite e quasi senza gerarchia, se non fosse per l'ingresso e la grande e slanciata teoria di vetrate
aggettanti che, salendo piano per piano sul prospetto ad est, arriva sino alla copertura. Alla verticale leggera
ed ariosa delle verande fanno da contrappunto le linee decisamente orizzontali delle finestre a nastro che si
aprono dal primo all'ultimo piano, raccordate alla serie di balconi al limite della facciata a nord, rivolta a
piazza della Repubblica, e all'unica balconata al quarto piano della facciata verso via Manin.
La struttura portante in acciaio è costituita da una rete di travi saldate elettricamente, le fondazioni e i pilastri
perimetrali sino alla quota del marciapiede sono in cemento armato, come la struttura delle scale, poste in
posizione baricentrale, una padronale a tre rampe, la seconda di servizio. Al piano interrato trovano posto
gli impianti e le cantine, mentre quattro uffici-studio sono organizzati a livello del seminterrato.
Accanto all'ingresso, si trovano la portineria con annessa abitazione e tre uffici-studio a due, tre e
sei locali. I nove piani superiori sono organizzati con due unità residenziali, con un unico
appartamento molto grande riservato alla proprietà al quarto piano. L'abitazione al livello più alto è
caratterizzata da un loggiato aperto su via Manin e su un terrazzo verso piazza della Repubblica, dove
è allestito un luminoso studio di pittura, con un collegamento diretto al giardino organizzato sulla
copertura. Le porzioni in muratura delle facciate sono rivestite con lastre di marmo botticino scuro
denominato Mazzano e granito di Baveno. All'interno, gli spazi comuni sono anch'essi rivestiti con
materiali lapidei di pregio; fra le finiture degli appartamenti è prevalente il linoleum a pavimento.
Notizie storiche
Con la revisione del tracciato ferroviario ottocentesco che attraversava la città si resero disponibili
alla costruzione ampie aree nelle zone a ridosso dei bastioni, a partire dagli anni Trenta caratterizzate
dall'architettura dei nuovi edifici. Le previsioni del nuovo piano regolatore contribuirono a dare impulso alla
riorganizzazione urbanistica sull'asse della nuova stazione centrale, avviata alla costruzione nel 1925. In
quel contesto si colloca la costruzione dell'edificio di via Manin, posto all'angolo con l'allora piazza Fiume e
affacciato ai giardini pubblici di Porta Venezia, sul luogo dove era insediata l'antica Zecca che il Comune
aveva venduto a privati con l'obbligo di costruire edifici.
Acquirente del lotto fu il dottor Antonio Feltrinelli che, già in rapporto di amicizia con i Barbiano di
Belgiojoso, commissionò a Lodovico e al figlio Alberico la progettazione del palazzo. Portato a termine nel
1936 dopo poco più di un anno di lavori, l'edificio si distinse da subito non solo per l'architettura ma anche
sotto il profilo prettamente tecnico, per il moderno e razionale sistema costruttivo a ossatura d'acciaio, primo
caso in Italia applicato all'edilizia residenziale.
Gli architetti avevano previsto per l'edificio una struttura portante in calcestruzzo armato ma, nel
momento della progettazione esecutiva, si prefigurò la possibilità di sostituire la pesante struttura con una
più flessibile e meno invasiva intelaiatura metallica, denominata Alfa. Poterono così ridurre il numero dei
pilastri ampliando le luci delle travature sino a nove metri e limitare di conseguenza i punti di appoggio dei
solai. A trarne beneficio furono gli ambienti ricavati ai singoli piani, più ampi e favoriti da una maggiore
illuminazione naturale con grandi vetrate perimetrali.
Iniziate le opere nel 1935, scavi, fondazioni ed intercapedini furono realizzate in tre mesi.
Approntato il progetto esecutivo della gabbia metallica, i materiali occorrenti, circa 330 tonnellate d'acciaio,
cominciarono ad essere assemblati per la posa in opera. L'impresa di costruzioni, la lecchese Badoni,
eresse lo scheletro dell'edificio in 70 giornate lavorative, nonostante il persistente maltempo. La
chiusura delle pareti perimetrali con muratura e il getto dei solai procedette celermente, seguendo a
distanza di un piano l'innalzamento dell'ossatura metallica.
Ad opera conclusa l'edificio apparve ai cronisti del tempo come un esempio di particolare chiarezza,
limpidità ed eleganza, in esplicita polemica con la contemporanea realizzazione di un "mostruoso palazzo
culturalista-ignorante" che pochi passi più in là stava per essere portato a compimento. Il riferimento,
neanche velato, era per il palazzo di Asnago e Vender
all'angolo opposto dell'isolato.
Nota: dai documenti consultati non risulta alcun riferimento a Gino Covre, che però doveva già avere un
ruolo importante nella Badoni.
1935-36 hangar Aeroporto Vigna di Valle, Bracciano
Via Circumlacuale, - Bracciano, Roma
Agli appalti indetti dalla Regia Aeronautica nel 1935 parteciparono le principali imprese italiane di costruzioni
metalliche ed anche la Nervi e Bartoli che si aggiudicherà i due hangar di Orvieto. All’aeroporto di Vigna di
Valle, il più antico d’Italia, sul lago di Bracciano, l’appalto è vinto dalla Badoni con una struttura in ferro
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progettata da Gino Covre.
Costruito dall’omonima ditta nel 1930, questo vasto hangar a struttura interamente metallica di 60x66 metri,
è stato utilizzato per il ricovero e la manutenzione degli idrovolanti di grandi dimensioni. E’ fornito di portali
metallici scorrevoli e completamente apribili sul fronte principale. Sotto il pavimento all’interno dell' hangar, in
prossimità dei portali sono ancora visibili i due piatti di una pesa con la quale veniva effettuato il
bilanciamento statico e il centraggio degli aeroplani. Collegate alla struttura della copertura tre travi-ponte
sostenevano gli argani manuali a catena che venivano utilizzati per il sollevamento dei velivoli e dei motori in
riparazione. Sul lato esterno dei portali, a livello del suolo, sono presenti i due attacchi delle pompe di
adduzione dei combustibili per il rifornimento degli aerei che erano servite da una condotta sotterranea. Gli
aerei venivano trasportati all’esterno dell’hangar su appositi carrelli i quali, scorrendo su binari, li portavano
verso le gru poste lungo la riva, o verso gli scivoli per il successivo alaggio in acqua. L’hangar Badoni fu
utilizzato come aviorimessa fino al 1959, anno in cui l’84° Gruppo, che impiegava idrovolanti Cant Z-506, si
trasferì sull'aeroporto di Ciampino a seguito dell’acquisizione degli anfibi Grumman HU-16.
Hangar Badoni
Ministero della Difesa
Aeronautica Militare
Museo Storico A.M.
L’hangar Badoni è oggi all’interno del Museo Storico dell’aeronautica militare ed ospita i Grandi Velivoli
dell’Aeronautica in servizio dagli anni ’30 agli anni ’60.
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Pezzotti, Marco Libero, La fotografia nel lavoro di Pier Luigi Nervi. Tesi di dottorato, 2012, Università degli Studi di Parma. Dipartimento di Beni
culturali
1937-41 Progetto dell’arco E42, Roma EUR
Nel 1935 Giuseppe Bottai, governatore di Roma, propose a Benito Mussolini di candidare la capitale a sede
di una Esposizione Universale. L'idea venne accolta con grande entusiasmo dal duce, che per realizzarla
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fece istituire nel 1936 l'Ente Autonomo Esposizione Universale di Roma , coordinato dal senatore Vittorio
Cini. L’area fu individuata nei terreni che dalle Terme di Caracalla portano verso il mare, con questa nuova
Roma collegata alla vecchia dalla Via Imperiale. L’idea era di realizzare una nuova parte della capitale
d’Italia, moderna e che potesse rivaleggiare con le maggiori capitali europee. Non un insieme di costruzioni
temporanee, che caratterizzavano le esposizioni universali, ma un quartiere con edifici permanenti,
infrastrutture urbane, servizi pubblici e aree verdi, destinato a durare per “l’eternità”.
L’esecuzione del gigantesco programma ebbe inizio il 26 aprile 1937, quando il Duce, piantò un pino
romano, consacrando l'area al suo destino, per poi andare ad inaugurare anche Cinecittà.
Tra gli architetti e gli urbanisti si accese un vivace dibattito su quale dovesse essere lo stile architettonico da
adottare, arrivando alla conclusione di uno stile monumentale e moderno-razionalista, in grado di evocare
l'impero, ma anche di aprire Roma verso il futuro.
Coordinatore tecnico dell'intera opera fu nominato Marcello Piacentini, coadiuvato dai migliori architetti
dell'epoca: Pagano, Piccinato, Vietti, Libera, Minnucci, Guerrini, La Padula, Romano e Moretti. Fu così che
l’ E42, acronimo di Esposizione Universale del ’42 divenne uno straordinario laboratorio creativo, portando
ad un moderno piano urbanistico, ancora oggi considerato un progetto di sviluppo territoriale, di grande
attualità.
Tra le opere previste per l'Esposizione, una era stata pensata in chiave fortemente simbolica, trionfalistica, la
realizzazione di un arco di dimensioni davvero monumentali, "L'Arco dell'Acqua e della Luce", che sarebbe
dovuto sorgere sulla via Imperiale, all’uscita della Porta del Mare dove poi è stato realizzato il Palazzo dello
Sport per le Olimpiadi del 1960.
La costruzione delle opere, fu però interrotta dalla Seconda Guerra Mondiale, che rese impossibile
l'appuntamento con la grande Esposizione Universale del 1942.
Nel 1944 l’area fu occupato dalle forze armate tedesche, e poi, dopo la loro ritirata, dalle truppe degli
alleati, per poi essere abbandonata. Nel dopoguerra rimasero solo ruderi e spazi non edificati scollegati dalla
città, fino ai primi anni '50, quando l’EUR divenne uno dei casi esemplari della ricostruzione, che fu alla base
della ripresa economico-sociale italiana.
L'arco dell'E42
"Un grande Arco, del diametro di 200 metri e
dell'altezza di metri 100, sarà costruito in
conglomerato cementizio ed avrà il duplice scopo di
simboleggiare, con la sua espressione più
elementare, l'arte romana e di rappresentare una
applicazione emozionante dell'autarchia nazionale"
Brochure dell'Esposizione Universale di Roma 1942
Manifesto di Giorgio Quaroni
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Oggi EUR SpA
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La concomitanza di alcuni eventi politici con l'effettiva scoperta delle vere possibilità tecniche di applicazione dell'alluminio hanno, a ragione,
consacrato il decennio che va dal 1930 al 1940 come fondamentale per tutte le sue utilizzazioni future: l'annessione all'Italia dell’Istria, avvenuta
dopo la prima guerra mondiale, territorio ricco di giacimenti di bauxite (da cui si estrae l’allumina), ed i procedimenti tecnologici necessari per
elaborato le proposte in cemento e acciaio a collaborare. Il 16 giugno del 1939 venne redatto un accordo tra
i professionisti, che nominarono rappresentante del gruppo tecnico presso l'E42 Gino Covre e Adalberto
Libero del gruppo architettonico.
Il 29 dicembre 1939, un comunicato della Segreteria privata di Mussolini informa che “dopo l'approvazione
del Duce e l'annuncio fatto in Campidoglio, sono stati completati gli studi e il progetto per la costruzione
dell'Arco. La campata dell'Arco, originariamente prevista a 200 m, è stata ampliata a 330 m ”. Questo
ampliamento comportava un notevole aumento del peso della struttura, che costrinse Covre ad un
ripensamento finale della struttura in alluminio, che nei fatti porta alla trasformazione statica dell’arco in una
struttura d'acciaio rivestita di alluminio. Il progetto elaborato tra il dicembre del 1940 ed il marzo del 1941,non
sarà mai realizzato.
L’arco metallico
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Relazione presentata dall'ingegner Adelchi Cirella, in data 28 maggio 1938 , di presentazione del progetto
per un “arco metallico spettacolare ”e“ autarchico , elaborato da un gruppo di ingegneri, composto oltre che
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dal Adelchi Cirella, da Gino Covre Dagoberto Ortensi e Cesare Pascoletti .
“ Nel 1941 verrà inaugurata a Roma l'Esposizione Universale. Il Comitato Esecutivo ha progettato la
costruzione della più grande attrazione per i visitatori che arriveranno da tutto il mondo. Questa sarà
di grandi dimensioni, brillante e la realizzazione più importante dell'arte tecnica italiana e promette di
essere una novità assoluta, costituendo la più grande concezione realizzata nel campo delle arti
tecniche e meccaniche.
Il Duce e le massime autorità del Regime hanno approvato l'idea nata dall'ingegno di quattro
ingegneri civili Italiani, che hanno organizzato una società per la costruzione, quasi tutta in acciaio
cromato, dell'Arco dell'Impero, che appoggerà ciascuna estremità su due enormi piedistalli che
conterranno macchinari, installazioni elettrotecniche, depositi e tutto ciò che è necessario: l'arco
avrà un lunghezza 600m, altezza massima 240m esclusi i piedistalli, verranno messe in esercizio
quattro vagoni tipo cremagliera per pendii ripidi grazie ad un impianto idroelettrico che si troverà
all'interno dei basamenti. Alla sua sommità si troveranno: un ampio ristorante, bar, locali per musica
e intrattenimento, il tutto sviluppato in un'area di 140x40m senza tenere conto dei due corridoi, uno
per i vagoni ferroviari e l'altro per i pedoni, potendo raggiungere a piedi l'Arco. Ci sarà anche una
terrazza in cima con installazione di potenti telescopi con i quali sarà possibile osservare il
paesaggio romano, dalle colline al mare e ci sarà anche un servizio controllato dell'Aeronautica
Militare per il lancio di paracadute e altre novità . Ciascuna delle facciate dell'Arco sarà illuminata
con lampade multicolori che riprodurranno i colori e gli emblemi delle nazioni partecipanti alla
mostra. Con questo sistema, un modernissimo servizio pubblicitario, verrà utilizzato per i prodotti più
rinomati e, per tutti quegli altri avvisi che si vuole dare al pubblico. Questo sistema pubblicitario
funzionerà attraverso installazioni speciali installate alla base dei piedistalli. La descrizione delle parti
tecniche è omessa, ma basti pensare che le quattro ferrovie poste alle due estremità dell'Arco,
saranno servite da 30 vagoni in continuo per mezzo di un propulsore indipendente con sistema
cremagliera, per grandi pendenze. Tempo di trasporto: 10 minuti dalla base alla vetta. Potenza: 300
HP. Capacità: 3000 persone all'ora. È stato calcolato che 300.000 persone visitano quotidianamente
l'Esposizione di Parigi, tenendo conto della crisi finanziaria attualmente in atto in Francia, altrimenti i
visitatori potrebbero essere anche più di 500.000 persone al giorno. Possiamo quindi immaginare
quasi 200.000 persone che visiteranno quotidianamente l'Esposizione di Roma, il cui numero non è
esagerato, considerando che più di 1.800.000 persone vengono ogni anno a visitare la capitale da
ogni parte del mondo e da qualsiasi regione d'Italia. Pensiamo che 40.000 persone saliranno
quotidianamente sull'Arco trasportate da 4 funicolari per osservare questa colossale opera e per
ammirare tutte le bellezze panoramiche che si possono vedere da 270m di altezza e, soprattutto,
questa visione panoramica unica al mondo. Il prezzo sarà di 10 lire da una base all'altra, quindi si
guadagneranno 400.000 lire al giorno per il trasporto di persone… ”
produrlo, basati sull’impiego dell’energia elettrica considerata fonte di energia tipicamente italiana, trasformarono ben presto l'alluminio
nell'unico metallo autarchico italiano. Il Fascismo, che aveva adottato sin dall'inizio l'istituto dell'autarchia inasprendo la politica protezionista della
seconda metà del secolo XIX, fece di questo metallo la bandiera dell'autosufficienza economica italiana.
Cristiano Rosponi, Un materiale nuovo nella progettazione dell’E42: l’alluminio
Supplemento al Bimestrale della fondazione CE.S.A.R. - Anno 1, numeri 4-5 luglio-ottobre 2007
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Questa relazione e quella successiva del Prof. Di Beradino sono tratte da: Eduardo Blanes Pérez - La desacralización del templo en la arquitectura
de Adalberto Libera. Tesi doctoral , 2017 - Universidad Politécnica de Madrid
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Dagoberto Ortensi ingegnere, (Jesi 1902 - Roma 1975), laureato nel 1925 in Ingegneria presso il Politecnico di Torino.
Pascoletti Cesare (Povoletto UD 1898 - 1986) ingegnere laureato al Politecnico di Torino nel 1924. Dopo aver collaborato in un «ufficio di tecnica
edile» partì per Roma nel 1927, dove «un caso fortuito gli fece incontrare l’architetto Marcello Piacentini» che lo cooptò nel suo
studio …fino a conferirgli l’incarico di dirigere lo studio.
L’arco di calcestruzzo
Cavalcherà la via Imperiale, all’uscita di essa dalla porta del Mare. Sarà l’arco in cemento armato più grande
del mondo, con asse circolare a tutto sesto, con corda da m. 200 e con freccia di m. 100.
Nel progetto la sezione trasversale è tubolare quadrata; lo spessore esterno va da m. 2,70 in chiave a m.
9,90 alle imposte: quello delle pareti da cm. 30 in chiave a m. 2,10 alle imposte. L’arco è calcolato in modo
da consentire d’essere armato con poco ferro: la sua costruzione esigerà l’impiego di 6000 mc. Di
conglomerato e di 300 tonnellate di ferro.
Il grande Arco Monumentale
Arch. Adalberto Libera e Ing. Vincenzo di Berardino
ARCHITETTURA rivista del sindacato nazionale fascista architetti
1938 - XVII dicembre fascicolo speciale L'Esposizione Universale di
Roma 1942, pag. 821
“nell'anno 1937-XV, l'architetto Libera e l'ingegner Prof. Di Berardino iniziarono lo studio di un Arco
Monumentale per la E '42 in calcestruzzo non armato, il cui asse aveva sezione circolare e la cui
sezione trasversale era completamente quadrata.
La forma dell'arco, con un forte restringimento tra la sezione in chiave e la sezione all'imposta -
forma che si può dire sia rimasta invariato rispetto a quello che fu rappresentato dal pittore Quaroni
nelprimo manifesto della Mostra - è stata presente fin dai primi studi. --- Nell'ottobre 1937-XV,
I progettisti hanno affidato a Cipriano Efisio Oppo un primo studio dell'Arco, i cui elementi
caratteristici erano i seguenti: Arco con un forte restringimento tra la sezione nella chiave e le sezioni
alle imposte. Asse circolare con un'apertura di 156º, sezione trasversale, completamente quadrata e
le dimensioni della chiave erano 2,10x2,10 m. Oppo consegna tale studio all'Ufficio Tecnico della
Esposizione, per un primo esame. Successivamente, l'Ufficio Tecnico, attraverso un suo ingegnere,
riconosce la bontà dei calcoli e dà un punto di vista favorevole. A seguire, con l'obbiettivo di rendere
più comoda la pratica costruttiva, si è deciso di modificare la forma della sezione. Per questo, dal
gennaio 1938 - XVI, vengono presentate ai dirigenti dell'E42 due nuove soluzioni della struttura. La
prima aveva un asse circolare con un'apertura di 156º e una sezione a forma di U. La seconda,
presentava invece l'asse circolare e la sezione rettangolare anulare. Su questi progetti l'ingegner
Nervi, chiamato dai vertici dell'E'42, in qualità di tecnico di riconosciuto prestigio, ha dato parere
favorevole. --- Poi, sempre in ragione dell'eccezionalità del lavoro, e per un giusto criterio di controllo
superiore, il presidente dell'E42, invita il professor Danusso, titolare della Cattedra di Scienze delle
Costruzioni del Politecnico di Milano , per interessarsi agli ultimi studi presentati. Il professor
Danusso esprime, sin dal primo momento, il suo parere favorevole in merito ai calcoli - impressione
che è stata confermata nelle successive riunioni del Comitato Tecnico E42 - ma per ragioni
prudenziali ha consigliato di eseguire i lavori in calcestruzzo armato, in invece che in conglomerato
cementizio. Lo stesso professore sollecitava una serie di indagini sperimentali. --- Il Comitato
Tecnico fa sue queste osservazioni dal professor Danusso e, nel corso di una riunione, ha
comunicato queste notizie agli interessati, l'architetto Libera e l'ing. Di Berardino. I progettisti, quindi,
si sono dedicati allo studio dell'arco in calcestruzzo armato e hanno invitato l'azienda Nervi & Bartoli
a fare un'offerta economica. Successivamente, nel corso di una nuova riunione della Commissione
Tecnica, alla quale furono chiamati a partecipare gli stessi progettisti, nella quale sia Cini che
Piacentini specificarono le posizioni degli interessati: Architetto Libera e Ing. Di Berardino erano i
progettisti, il professor Danusso era il consulente per l'Ente E42 e l'ingegner Nervi era il costruttore.
In conseguenza di questo, i suddetti si sono riuniti per la maggior parte del tempo all'Hotel Atlántico,
che era la sistemazione abituale del professor Danusso quando era a Roma. Durante questi incontri
è stato deciso un eventuale alleggerimento dell'Arco, è stato discusso il modo più conveniente da
dare alla sezione trasversale, e sono state definite le indagini sperimentali. --- Nei primi giorni di
aprile 1938 Cini, insieme al suo gabinetto, comunica all'architetto Libera e all'ingegner Di Berardino,
la sua decisione di realizzare l'Arco Monumentale in lega di alluminio. Allo stesso modo, consiglia
loro due cose; Da un lato, si consideri un precedente studio dell'ingegner Covre, in cui è mostrato un
Arco in alluminio, con un asse semicircolare circolare e una lunghezza di 200 m, come nell'Arco di
Calcestruzzo di Libera-Di Berardino . Tuttavia, a differenza di questo, l'Arco in alluminio era di
sezione costante, e aveva una forma allungata (2,50x10m) con lati minori arrotondati e, d'latro lato,
collaborare, nelle stesse condizioni, con gli ingegneri Covre e Cirella, presenti all'incontro, per
raggiungere l'obiettivo dell'Arco. In occasione di questo doppio invito, i Signori Cirella, Covre, Di
Berardino e Libera si sono incontrati più volte nello studio di Libera. Durante questi incontri, per
motivi costruttivi e artistici, si è deciso di realizzare l'Arco senza una sezione costante, ma con una
sezione variabile e di modificare la forma rispetto al progetto originario. Allo stesso modo, è stato
deciso il grado di restringimento, tra la sezione in chiave e quella all'imposta . Raggiunto l'accordo, i
Signori Cirella, Covre, Di Berardino e Libera si sono incontrati nuovamente con Cini per comunicargli
che la quantità di metallo sarebbe di circa 300 tonnellate. A seguito di queste conversazioni, Cini ha
dato il proprio consenso alla realizzazione di un primo progetto dell'Arco in Alluminio ...
Successivamente, una volta rilevata la necessità di eseguire un'opera più grande, si è deciso di
realizzare l'Arco lungo 320m e alto circa 170m, mentre la forma dell'asse, circolare con arco
semicircolare, leggermente rialzato, con il grado di restringimento tra chiave e imposta e la forma
della sezione, rimane invariata.
Conclusione:
Ovviamente il progetto dell'Arco E42 non è un problema ingegneristico comune. Per la bellezza
dell'idea e per la dimensione eccezionale dell'opera, questo progetto incide sull'intera esistenza di
chi deve occuparsene.
Consci di tutto questo, le abbiamo dato entusiasmo, fin dall'inizio, oltre che tempo, capacità e
volontà
L’arco di alluminio
Nelle relazioni che accompagnavano lo sviluppo del progetto e la scelta della nuova soluzione tecnologica,
si metteva sempre in evidenza come, nel mondo, non era mai stata realizzata alcuna costruzione in
alluminio di tale mole e come lo stesso Arco sarebbe stato dimostrazione di assoluta autarchia, essendo
l'alluminio metallo italiano nella sua totalità di
produzione. Inoltre la realizzazione in lega di
alluminio, invece che in cemento armato, avrebbe
creato non solo una struttura eccezionale,
assolutamente nuova, ma anche recuperabile
all'atto della demolizione.
Quando si decise per l'utilizzazione dell'alluminio
in luogo del cemento, Covre aveva già
prospettato due soluzioni: nella prima l'Arco era
un semicerchio completo, di 100 metri di raggio.
Inizialmente venne indicata, come lega
d'alluminio, il Lautal, Alluminio-Rame-Silicio, dotata
di caratteristiche meccaniche simili a quelle
dell'acciaio dolce; il quantitativo di materiale
occorrente fu
valutato in circa 300 tonnellate. L'Arco era vuoto
internamente e la svuotatura permetteva la
percorribilità mediante un adatto sistema di
sollevamento che era in grado di portare, nel giro di
qualche minuto, dalle 20 alle 30 persone nella parte
più alta della costruzione. Inoltre il progetto iniziale
di Covre prevedeva una sezione costante
rettangolare, soluzione quasi immediatamente
scartata per adottare le sezioni variabili di Libera.
La seconda soluzione proponeva un aumento
della corda a 320 metri, dimensionamento che
portava ad un peso di lega di circa 600 tonnellate;
Covre, comunque, rivide e ripresentò il suo progetto
nel novembre del 1940. La luce dell'Arco, già
messa in discussione dalla maggior parte dei
dirigenti tecnici ed artistici dell'E42, venne ora
portata a 330 metri, per adeguarla alla composizione urbanistica, in quanto avrebbe dovuto abbracciare, nel
suo colossale sviluppo, la Via Imperiale nella biforcazione in corrispondenza della grande cascata
d'acqua e concludere degnamente il complesso monumentale della zona del Lago, fondale dell'E42.
Inoltre nell'opera, così proporzionata, si riusciva ad affrontare molto più facilmente il problema della
percorribilità, dell'accessibilità alla zona di chiave e della sicurezza nel caso di un eventuale sfollamento.
In questa fase del progetto è ancora giustificato l'impiego di mezzi finanziari d'eccezione per un'opera che
doveva essere il simbolo dell'E42, un effettivo elemento tecnico-costruttivo d'interesse mondiale; il
fabbisogno di lega d'alluminio era salito a ben 950 tonnellate, con una spesa di oltre 30 milioni di lire,
contro i 15 milioni dell'Arco con la corda di 200 metri.
La scelta definitiva sul tipo di lega, ricade sull'Avional D , con caratteristiche meccaniche ottime, molto simili
a quelle del Lautal; l'unico difetto di questa lega era costituito dalla sua pessima resistenza alla corrosione
atmosferica, cosa per altro non rilevante nel caso di una costruzione a carattere provvisorio come doveva
essere quella dell'Arco. Covre effettuò, tra il 1939 e il 1940, vari sopralluoghi allo stabilimento della S.A.
Lavorazione Leghe Leggere di Marghera e all'Istituto Sperimentale dei Metalli Leggeri per verificare,
accertare e definire le questioni pendenti sulla possibilità di impiego, di profilatura, di chiodatura, di
lavorazione e di comportamenti diversi delle leghe di alluminio.
Inoltre Covre, sapendo che in Italia, nel 1939, esistevano due soli stabilimenti in grado di produrre profilati e
laminati in Avional trattati termicamente, voleva essere certo, prima dell'inizio della costruzione, che si
potesse contare su un impegno, da parte di questi impianti, a fornire, a partire dal gennaio 1940, 20
tonnellate mensili ciascuno di profilati grossi e 20 tonnellate mensili ciascuno di laminati grossi.
Le Officine Badoni di Lecco, scelte per l'esecuzione materiale dell'Arco, lavoro della durata complessiva
stimata in due anni circa, studiavano nel frattempo il montaggio; la più fattibile fra molte soluzioni sembrava
quella consistente nella composizione a terra dell'intero arco e nel suo successivo sollevamento ed
ancoraggio sul posto.
L'assemblaggio dei vari elementi doveva esser fatto mediante chiodature a freddo, visto che l'Avional D, già
sottoposto a trattamento termico, non poteva essere saldato di forza per non perdere, nella zona di
giunzione, le sue caratteristiche meccaniche.
Gino Covre parlava, nella sua relazione tecnica del 1940, dei criteri molto prudenziali che il suo gruppo di
lavoro aveva seguito nei calcoli di stabilità: annotava che su quello che sarebbe stato il comportamento
dell'opera si appoggiava non la reputazione di uomini ma il buon nome della Nazione, aggiungendo che la
costruzione risultava già ardita per mole, realizzata con un materiale senza alcuna pratica esperienza
di un pur modesto passato, impiegato per la prima volta in un organismo costruttivo tanto diverso da
quelli nei quali aveva trovato finora impiego corrente.
Proprio da questi criteri prudenziali scaturì la decisione di armare l'Arco con l'acciaio, per contrastare una
delle caratteristiche dell'Avional D, e più in generale delle leghe leggere: la grande deformabilità
(modulo elastico di appena 750.000 Kg/cmq contro i 2.100.000 dell'acciaio). A causa di questa caratteristica
lo studio delle deformazioni elastiche del Grande Arco E.42 - ed in particolare il calcolo dello spostamento in
chiave per effetto del vento - costituiva uno dei punti nevralgici della materia: per i controlli furono condotti,
nel corso del 1940, anche esperimenti con la supervisione del Ministero dell'Aeronautica.
L'intervento della guerra ed il rinvio dell'Esposizione crearono nuovamente l'occasione per rivedere
nuovamente studi, calcoli ed esperimenti; si parlò di un nuovo irrigidimento dell'Arco, aumentando il numero
e le dimensioni delle strutture metalliche, ipotecando seriamente la possibilità di una praticabilità interna
finale. Il peso maggiore della costruzione, poi, faceva lievitare il costo previsto per le fondazioni, costo
raddoppiato anche per le quantità maggiori di profilati in acciaio occorrenti e per le spese di carpenteria e
montaggio.
Così, nel gennaio del 1941, vengono proposte a Benito Mussolini, forse il più grande sostenitore del
progetto, tre soluzioni: o rinunciare alla costruzione dell'Arco, o limitarne le dimensioni oppure modificarne la
struttura.
Il Duce si dichiarò favorevole alla terza soluzione pur di non perdere quello veniva ormai considerato nel
mondo l'emblema dell'Esposizione Universale di Roma; l'Arco, che non sarà mai eretto, dopo tanti
cambiamenti e ripensamenti venne proposto dunque con le strutture portanti prevalentemente in acciaio e
pareti esterne in lega di alluminio, perdendo così il suo carattere autarchico.
L'alluminio diventa, nell'ultima ipotesi, solo un banale rivestimento, un elemento decorativo e non più
strutturale.
Purtroppo l’architettura tradizionale monumentale attraverso la quale si è soliti leggere il progetto generale
dell’E42 non rivela affatto i possibili sbocchi sperimentali ed autarchici che si sarebbero potuti aprire nel
panorama dell’architettura nazionale; si è visto come la conoscenza ancora scarsa del nuovo materiale,
l’eccessiva burocratizzazione della ricerca, unitamente allo scoppio del secondo conflitto mondiale anche in
questo caso si tradussero in un’occasione perduta.
L’arco Imperiale
di Raffaella Tarozzi e Giuseppe Pezzotti
L’ALLUMINIO NELL’E42 - L’ARCO IMPERIALE
Supplemento al Bimestrale della fondazione
CE.S.A.R. - Anno 1, numeri 4-5 luglio-ottobre 2007
L’arco negli scritti di Gino Covre
C
Un particolare tipo di guscio, costitu
uito però non in acciaio ma in lega di alluminio ad
d alta resistenza, è quello
da me ideato e proposto per quello lo che doveva essere l’Arco E-42 (fig.6.14) del quale
qu è stato costruito nel
’40 un tronco sperimentale, sottopo osto a Roma, presso l’Istituto di Scienza delle CoCostruzioni, a interessanti
prove con l’ausilio di una complessa apparecchiatura, appositamente costruita e purtroppo
successivamente demolita e disper ersa.
In tale struttura poiché allora non no era possibile, per le conoscenze tecno nologiche del momento,
ricorrere alla saldatura delle le leghe di alluminio, che oggi invece si pu può operare con nuovi
procedimenti, i collegamenti sono o stati operati tutti per chiodatura, pure in lega le di alluminio e con
particolare procedimento di rinven nimento e di tempera (fig. 6.15).
Gino Covre
Grandi Strut
utture
Problemi del
elle costruzioni in acciaio
Ed. Cremone
nese, 1967
Vista intern
na dell’arco dell’ultimo progetto in allumini
nio
L’impatto del progetto dell’arco a livello mondiale fu tale che, quando alcuni anni dopo, Eero Saarinen vinse
il concorso per la realizzazione del Jefferson Memorial, a St. Louis nello stato del Missouri, negli Stati
Uniti,Adalberto Libera espresse i suoi sospetti sulla paternità e tramite un avvocato italiano residente a New
York. I tempi erano pronti per una causa internazionale e l’arco di Saarinen fu costruito tra il 1963 ed il 1965
ed aperto al pubblico nel 1967, quando Libera era già morto da quattro anni.
.
1938 Officina meccanica nell’aeroporto del Littorio, Roma
Dalla brochure pubblicitaria della Badoni: Industrie leggere e magazzini
Presentiamo qui esempi di costruzioni per industrie leggere, intendendo con questa definizione quei
fabbricati industriali ove siano richiesti principalmente sforzi dovuti a carichi statici e siano limitati gli
sforzi dinamici generati da gru o altre cause. Nello studio di questi fabbricati si sono ampiamente
affermate le strutture progettate dall’Ing. Gino Covre. Dal punto di vista della composizione costruttiva
queste strutture sono basate sul concetto fondamentale che considera come schema di struttura
quello derivante da una trave a telaio con punti predeterminati di momenti nulli sui montanti e sulle
briglie e con nodo montante-briglia ridotto allo schema delle tensioni principali. Applicando le strutture
“Covre” abbiamo ottenuto risultati molto brillanti, riuscendo a conciliare la leggerezza delle strutture
con la necessaria robustezza. Moltissime costruzioni di questo tipo sono state eseguite dalla nostra
Società in Italia ed all' estero ed in questo fascicolo ne sono presentati alcuni esempi tra i più
significativi. Tutte queste strutture sono costruite saldate in officina e montate a bulloni. Alcune di
queste sono costruite in acciaio ad alta resistenza, altre in acciaio comune. Tutti i calcoli delle
strutture sono condotti in modo rigoroso tenendo conto delle più moderne esperienze ed in base alle
“Istruzioni del Consiglio Nazionale delle Ricerche”.
Nel 1936 alla città di Roma fu assegnata l'organizzazione dell'Esposizione universale del 1942 ed il governo
italiano intese cogliere l'occasione, per celebrare il ventennale fascista, nonché per sviluppare
l'urbanizzazione della città lungo l'asse viario che portava al mare. In dicembre fu varata la legge istitutiva
dell'ente per l'Esposizione Universale di Roma e appena un mese più tardi, furono banditi i primi concorsi e
diramati gli inviti per l'ideazione degli edifici dell'istituendo quartiere della mostra, che prese il nome di EUR
42 dall'acronimo dell'Esposizione e dall'anno in cui avrebbe dovuto tenersi.
Il concorso per il palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi fu bandito il 20 giugno 1937. Nel novembre dello
stesso anno però non viene attribuito il primo premio: si decide di rinviare la decisione ad una seconda fase
a cui partecipano i sette progetti ritenuti migliori.
Tra i progetti presentati, oltre a quello di Adalberto Libera,risultato vincitore, quello dei comaschi Giuseppe
1
Terragni, Cesare Cattaneo e Pietro Lingeri, al secondo posto, non senza polemiche . L’approvazione
definitiva avvenne l’11 febbraio 1938 a opera dello stesso Mussolini e l’inizio lavori fu deliberato nell’aprile
successivo.
Rispetto al progetto approvato, nell’esecuzione vi saranno numerose modifiche.
Le caratteristiche principali dell’edificio sono la simmetria e la riconducibilità ad un modulo di 5x5 metri. È
costituito sostanzialmente da due corpi:
• Il basamento, un parallelepipedo di 75x135 m in pianta e 15m in altezza;
• Il salone della Cultura o Sala dei Ricevimenti, un cubo di 45 m per lato che emerge per 27 m dal
basamento e che presenta una copertura a volta a crociera ribassata le cui nervature sono costituite
da 2 travi metalliche ad arco, incrociate a 90° e disposte lungo le diagonali del quadrato di base del
corpo di fabbrica
Le strutture, con la sola esclusione della volta sulla sala, sono interamente in cemento armato,
sapientemente mascherate dal rivestimento murale in travertino, che conferisce all’opera la monumentalità
richiesta dalle direttive fasciste.
L’impresa esecutrice fu la Bassanini di Milano con la struttura portante della copertura, realizzata dalla
Badoni di Lecco su progetto di Gino Covre, formata da due grandi archi diagonali, sui quali sono impostate
le travi secondarie ed un’ulteriore orditura di supporto dei rivestimenti di copertura.
1
Vedi L’Architettura, dic. 1938 fascicolo speciale su L’esposizione Universale di Roma 1942.
La costruzione del Palazzo dei Con ongressi, almeno nei suoi elementi fondamentalili, nel 1943 era ultimata;
tuttavia lo spostamento del fronte e di guerra, che aveva lasciato Roma fuori dag gli eventi bellici fino all’
Armistizio, fermò di fatto qualsiasi lavoro.
la
Foto de
el plastico, da Architettura dic. 1938 pag 785
Foto della
d volta in costruzione, Archivio EUR SpA
La volta, negli scritti di Gino
o Covre
Un caso particolare di grande interesse e che sta ormai affermandosi in realizzazioni metalliche
spesso notevoli ed anche grandio iose è quello discendente dai sistemi continui ssolidali.
Tali sistemi, come ad esempio o le strutture a guscio, sono logici e norma ali nel c.a. in quanto
rappresentano anche, fra !’altro,, una conseguenza di natura tecnologica che he lungi dal complicarla
facilita la realizzazione. Ma co on l'impiego del metallo, materiale che dis ispone di caratteristiche
meccaniche unitarie di resistenza za elevatissime in confronto a quelle conseg eguibili col calcestruzzo
armato, la concezione di element nti resistenti solidali continui diverrebbe molto o problematica, a meno
di non ricorrere a forme nuove atte a tener conto di questa particolare cara ratteristica resistente del
ferro, materiale molto generoso per
pe la sua elevata resistenza, nella quale è però pe insita anche la sua
grande debolezza che é la insta tabilità elastica, tanto pericolosa e deprecata,, che insorge ogni qual
volta intervengano, come é noto,, eccessive snellezze nei rapporti dimensionalili da introdurre.
Sorge cosi istintivamente l’idea did applicare al metallo il concetto statico strutturale
st del guscio, o
meglio in generale della struttura
ura solidale continua, realizzando pero tale continuità c non in modo
uniforme, come si opera per le strutture in c.a., ma in modo discontinuo o mediante membrature
elementari continue.
Un parziale tentativo in tale senso é stato s da me tentato un
quarto di secolo fa circa nella realiz lizzazione della grande
cupola di copertura del Palazzo dei R Ricevimenti e Congressi
all’EUR in Roma, la cui concezione ar architettonica è, come è
noto, dovuta al compianto Arch. Libera.
Tale copertura era stata concepita come e guscio in c.a. che però,
ad edificio eretto ed al momento di coprirlo,co ha manifestato
necessità tali che la realizzazione in c.a.. si sarebbe resa molto
problematica se non addirittura impossibile ile. Da qui la traduzione in
acciaio con la realizzazione di una strutturura a guscio discontinuo
che parte dallo schema di una volta incrociata con profilo di
direttrici particolarmente imposte dall’archite
itetto.
Ora é chiaro che la sostituzione del ma ateriale in tale caso ha
provocato un qualche squilibrio archite itettonico e i rivestimenti
apportati successivamente all’ossatura met etallica hanno contribuito
in modo decisivo a cambiare i connota tati originali (figg. 6.1 -
6.2). Ad una osservazione più attent nta non può sfuggire
l’accennato squilibrio di rapporti fra luce e monta e spessori che
denunciano quel qualche cosa di nasscosto che rappresenta
l’essenza della struttura.
Gino Covre
Grandi Strututture
Problemi delelle costruzioni in acciaio
Ed. Cremone nese, 1967
Foto della
d volta in costruzione, Archivio EUR SpA
Manodori ri Sagredo Alberto e Mundula Isabella (a cura di)
Istantanee di vita. Volti, gessti, persone e architetture dell'EUR (Firenze, Alina
ari 24 Ore 2008)
Il cantiere del Palazzo
zo dei ricevimenti e dei congressi, Montaggio delle le diagonali
Le prove su modello
Nella costruzione della ossatura a metallica realizzata a copertura del grand de salone del Palazzo
Ricevimenti e Congressi della E.U.R. E in Roma, la verifica del comportament nto statico degli arconi
diagonali principali (fig.1, costr. Baadoni) è stata effettuata mediante un modello llo ad 1/5 costruito collo
stesso materiale dell'originale. Su tale modello è stato agevole condurre una u serie completa di
esperienze per la determinazione ne del comportamento statico del complesso,, risultato perfettamente
rispondente alle previsioni analiti litiche. La struttura, altamente iperstatica come e tutte le composizioni
Covre, ben difficilmente sarebbe risultata
ri esplorabile così
a fondo ed in termini di tempo ta tanto brevi, se si fosse
battuta una strada diversa, senza a contare che la spesa
dell'indagine si è così dimostrata oltremodo
o modesta.
Per ricerche sperimentali sulle
su strutture metalliche
(L’Istituto “Covre” di Capo Linaro
L )
Acciaio e costruzioni metallic
liche n.4, 1955,Pagg.2-8
1939-41 Capannoni industriali della Innocenti a Lambrate, Milano
1957-63 La Planta siderúrgica dell’Orinoco, Ciudad Guayana,Venezuela
Con l’Italia già nel secondo conflitto mondiale, la Badoni realizzerà il primo dei grandi capannoni industriali
della Innocenti a Lambrate. Un grande edificio progettato da Covre,a tre campate di 25 metri per una
lunghezza di 310 metri. Oggi è un edificio abbandonato, chiamato in zona, il Cristal Palace, per le sue
straordinarie dimensioni e la luce che vi penetra.
(A) Portali principali (B) Portali secondari Grafico tratto da: Damage evaluation of ex Innocenti-
Maserati industrial plant structures.Franchi Alberto, Migliacci Antonio*, Bertolini Luca , Crespi Pietro,
Zichi A. Politecnico di Milano- Ingenioweb 15.10.2014
1957-63 La Planta siderúrgica dell’Orinoco a Ciudad Guayana, Venezuela
Nel 1950 Innocenti si dimette dalla Dalmine per dedicarsi ai suoi impianti di Lambrate, danneggiati dalla
guerra e bisognosi di riconversione … riprende l’esperienza dello stabilimento di Apuania per la grande
meccanica, ovvero la produzione di macchinari per la laminazione di tubi; dall’altro introduce la produzione
motoristica, in due sezioni: motoveicoli e, in un secondo tempo, per volontà del figlio Luigi, automobili. … già
dal 1948, inoltre, Innocenti aveva fondato la società Calmes spa, con l’obiettivo di studiare e progettare
impianti completi per la fabbricazione e la laminazione di tubi, destinati, per lo più, a clientela estera (Urss e
Paesi satelliti, Austria, USA, Giappone, Germania). Il segno più evidente del successo internazionale
conseguito in questo periodo è, nel 1955, la vittoria ottenuta nella gara internazionale di appalto bandita dal
Governo venezuelano per la Planta siderúrgica dell’Orinoco, il maggiore impianto siderurgico a ciclo
integrale dell’America Latina e la più importante operazione economica di esportazione della storia italiana di
quegli anni, sia in termini di macchinario sia di manodopera (10.000 operai specializzati italiani).
Ministero per i Beni e le attività culturali e p il turismo
Archivi d’impresa
Innocenti Ferdinando
Foto in cui si vedono i capannoni Badoni, simili a quelli di Lambrate, tratta da:
Innocenti, Italiani nel Venezuela, 1963-1965
Regia di Armando Tamburelli, 1963-1965 (Archivio nazionale del cinema d'impresa, Fondo Innocenti)
Edificio forni elettrici per l'impianto siderurgico del Venezuela
Costruzioni metalliche n. 3 1960 (Estratto)
La stampa, anche di carattere non tecnico, ha dato notizia, in diverse occasioni, dell'impianto
siderurgico dell’Orinoco che viene fornito dalla Soc. Innocenti al Governo del Venezuela.
L'impianto sorge in una zona pianeggiante situata presso il fiume Orinoco, a circa 200 km dalla
sua foce. Diversi reparti dell'impianto sono già terminati e pronti a funzionare, altri sono in corso di
montaggio. Lo scorso anno è stato terminato l’edificio Forni Elettrici di cui è stato fatto cenno in
questa rivista nel N. 3 del 1959.
I forni elettrici del tipo Thisland Hole assorbono la potenza di circa 33.000 KVA cad, e produrranno
180-200 tonn/giorno di ghisa; attualmente sono installati 9 forni e l'impianto può essere ampliato e
sarà il complesso più importante ora esistente al mondo. Il minerale di ferro proviene dalle vicine
miniere di Cerro Bolivar e di El Pao.
I forni sono sistemati entro un edificio in ferro del quale diamo la descrizione e le caratteristiche
più importanti. La figura (1) rappresenta l’insieme dell’edificio ed una sezione prospettica; nella
sezione trasversale (fig. 2) si vede il forno, i sili delle materie prime nella navata adiacente, mentre
l’altra è adibita al servizio della ghisa liquida. Nel disegno si vede anche la posizione di uno dei tre
argani per la manovra degli elettrodi continui, le tramogge di carica dei forni ecc.
Tipo di costruzione
Tutte le strutture, travi e pilastri sono del tipo ad anima piena. Quando i profilati normali non
avevano sezione sufficiente le strutture sono state composte di preferenza tagliando un profilato e
saldando una lamiera tra le due parti di esso. Le strutture così ottenute sono semplici, robuste, di
facile montaggio e atte a non subire deformazioni durante i trasporti ….
Le coperture e chiusure laterali sono in lamiera ondulata di alluminio.
Montaggio
Le operazioni di trasporto si son no svolte senza particolari difficoltà malgrado le strutture di notevoli
dimensioni. Per la buona riuscita a di una costruzione non sono sufficienti la bontà
b del progetto, dei
calcoli e della costruzione, ma è anche necessario che durante il montaggio non n vengano modificate
le condizioni poste a base del
progetto. Per rendere possibile ile e
facilitare l’opera dei tecnici prepos
osti a
tali operazioni sono state prepa parate
apposite istruzioni.
Le operazioni di montaggio si ssono
svolte rapidamente e con regol olarità
grazie all’organizzazione ed all'usoso di
adeguati mezzi di trasporto del
materiale dal parco di deposito a piè
d’opera ed ai potenti mezzi mecca canici
impiegati.
Le strutture metalliche pesano circa c
11.000 tonn, che corrispondono o a
circa 540 kg/mq di superficie cop operta
e circa 17 kg/mc. Le eccezio
zionali
dimensioni dell’edificio (280 m di
lunghezza, oltre 70 m di larghezz zza e
circa 40 m di altezza) lo rend ndono
visibile da grandi distanze.
1947-50 Padiglioni nella Fiera Milano
Nella pubblicazione dell’Ente per la Fiera del 1950 si fa riferimento a ben cinque padiglioni di tipo Badoni
nell’area di viale Agricoltura, in prossimità di porta Carlo Magno. Tre di loro erano già stati realizzati fra il ’47
ed il ‘48, e nel ’50 ne sono stati aggiunti due per coprire totalmente la superficie di quell’area.
Per i due padiglioni è impiegato un tipo costruttivo analogo ai precedenti (Badoni-Covre), costituito da un
portale a due cerniere con tirante per l’eliminazione della spinta in corrispondenza dell’attacco tra piedritti e
1
centina. In 58 giorni vengono eseguiti progetto, costruzione e montaggio dei padiglioni .
La Fiera del 1950 si caratterizza per l’ingresso della casa dell’Ospite, realizzato per segnalare il nucleo di
servizi per gli utenti su progetto dell’ing. Guido Amorosi. Anche in questo caso il progetto della struttura, la
2
costruzione ed il montaggio sono della Società Badoni di Lecco.
Folla di visitatori nel viale delle macchine agricole alla Fiera 1950, a sinistra due dei capannoni Badoni-Covre
e sullo sfondo la torre a graticcio sulla casa del’ospite – Fonte Archivio Storico Fondazione Fiera Milano
Grazie a
Andrea Lovati
Archivio Storico
Fondazione Fiera Milano
1
Virgilio Affer, I nuovi padiglioni metallici alla Fiera di Milano del 1949, «Costruzioni metalliche»,1950, p. 15-18
2
Nuove costruzioni alla Fiera di Milano, «Costruzioni metalliche», n. 2, 1950, p. 18-19
Nel recinto della Fiera di Milano la Soc. Badoni ha eseguito molte applicazioni fra le quali vengono
illustrate le più importanti che sono:
Padiglione Mulini e Pastifici
Padiglione Macchine Agricole
Padiglione Agricoltura e Vini
Casa dell’Ospite.
Padiglione della Meccanica Pesante, realizzato successivamente (vedi scheda)
Tutte le strutture sono state realizzate dalla Soc. Badoni con strutture sistema Covre, “esse sono
l'applicazione pratica dei brillanti risultati ottenuti da un profondo studio dell'Ing. Gino Covre sulla
teoria delle strutture ad elementi solidali.. Le strutture tipo Covre. sono tutte saldate elettricamente
collegate a bulloni al montaggio. ..Tutti i calcoli delle strutture sono condotti in modo rigoroso
tenendo conto delle più moderne esperienze e secondo le Istruzioni del Consiglio Nazionale delle
Ricerche”.
Anche se questo progetto non trov ova attuazione a Messina, non passa inosserva ato ed anzi,
pochi anni dopo, quando si presen nta un’occasione simile per l’attraversamento ele
elettrico della
baia di Cadice, viene ripreso ed attu
tuato.
1
Per approfondire vedi su Academia.edu Arturo
ro Danusso
D e l’onere delle prove, Fausto Giovannardi 2009
fig.6.8 Struttura finita vista
ta dal basamento
2
Di A.M.Toscano ad oggi non si ha conoscenza, mentre di Remo Scalla (Roma 1915, Venezuela 1981) si conosce la biografia, che lo ha visto in giro
per il mondo a costruire grandi opere, dopo essersi sposato a Cadice durante la costruzione delle torri, con Benita Polo Vinagre, una giovane
infermiera che aveva conosciuto durante una medicazione ad un operaio che aveva accompagnato in ospedale.
3
Per approfondire vedi su Academia.edu Vladimir Shukov e la leggerezza dell’acciaio, Fausto Giovannardi 2007
orizzontale circa nove metri. Alle estremità esterne queste diagonali del rombo sono ridotte a 1 e 1,25 metri,
Da un'estremità all'altra, la traversa è accessibile attraverso una passerella sostenuta al vertice inferiore
della sezione romboidale, per una lunghezza totale di 70 metri a cui sono appesi ogni 12 metri, i cavi.
Il sistema di distribuzione elettrica è completato al piano terra con una torre di allineamento dei cavi,
anch'essa realizzata con profili in acciaio, alla quale scendono i cavi dalla traversa superiore fino al terminale
del sistema di distribuzione con un interessante e leggero portico in cemento armato, che i cavi raggiungono
prima di iniziare il loro percorso interrato.
La torre è costruita con 90 849 bulloni. In totale, ogni torre pesa 510 tonnellate, 50 delle quali concentrate
nella traversa. L'area di verniciatura totale è di circa 19.000 mq.
Si riportano nel seguito alcuni estratti di articoli di Alberto Mario
Toscano comparsi su Costruzioni Metalliche, sulle torri di Cadice
e Messina ed una nota in relazione alla differenza con le torri di
Shukhov.
Le torri di Cadice
Alberto Mario Toscano
Estratto da Costruzioni Metalliche n. 4 - 1961 pagg. 188-189
Sommario
Le strutture adottate per le Torri dell’Attraversamento elettrico della Baia di Cadice sono state
concepite in relazione alle necessità ambientali ed industriali del paese nel quale sono state
realizzate. Pertanto, prima della descrizione delle strutture, si espongono i problemi che ne hanno
condizionato la progettazione.
…
2.3 LE STRUTTURE ADOTTATE.
La arenaria raggiunta dai pali viene sollecitata da forze piuttosto finemente ripartite, la cui migliore
distribuzione è quella di una corona circolare. Quando, salendo, si raggiunge la struttura in beton,
occorre decidere se concentrare queste forze su un numero limitato di montanti, oppure lasciarle
continuare verso l’alto secondo la loro distribuzione diffusa. Una concentrazione delle forze porta
inevitabilmente con sè un appesantimento della struttura in beton, quando questa debba agire come
monolitica; la struttura in beton preferirebbe che le forze passassero attraverso di essa nel modo più
leggero e meno impegnativo possibile, di modo che possa conservare tutta la sua resistenza per il
mantenimento della propria monoliticità, il che sarebbe invero lo scopo della sua esistenza.
Naturalmente non è necessario passare da 72 pali a 72 montanti: anche se si passa da 72 a 48,
la struttura in beton rimane un anello sollecitato con continuità sia dall’alto che dal basso. Dunque la
struttura più adatta per un anello in beton è una struttura metallica il più possibile diffusa.
Attraverso la diffusione della struttura metallica si ottengono i seguenti vantaggi:
1. Più è fine la diffusione, più è facile attuare una normalizzazione dei componenti e delle
attrezzature per realizzarli.
2. Si può anche limitare il numero di profilati necessari.
3. Le strutture leggere possono essere zincate più facilmente.
4. Sono necessarie attrezzature di montaggio più semplici e meno costose.
5. Eventuali errori hanno conseguenze meno gravi.
6. Infine, membrature leggere normalizzate e semplificate sono più facili a costruirsi.
E’ pertanto la diffusione che ha reso possibile la realizzazione della struttura metallica nella stessa
Spagna e con ciò il raggiungimento di quel rapporto di costi che ha permesso di piegare la struttura
alle possibilità costruttive anziché, come avviene normalmente, adattare i mezzi costruttivi alle
necessità della struttura.
Una struttura poligonale di questo tipo era stata già proposta per Messina dal dott. ing. G. Govre ,
il quale venne sollecitato dal progettista a consentirne l'adozione prendendo egli stesso parte alla
progettazione. Parimenti venne chiesta dal progettista, per la progettazione della fondazione,
l’assistenza del dott. ing. U. Viale, sostenitore ed esperto di strutture scatolari in beton.
Nella figura 9 è eseguita la verifica della struttura metallica sotto le medesime condizioni della
verifica di figura 8. L’intera struttura del sostegno di sospensione è descritta nella fig. 10.
La corona di pali ha un diametro esterno di circa 28 m ed i pali sono disposti in modo da
ottenere, mediante l’anello in beton, un rapido raccordo ad un diametro molto minore quale è quello
della base del fusto metallico , pari a 20 m. Il fusto è costituito da 24 montanti disposti in cerchio
ed è suddiviso in tronchi uguali di 8 m.
Al 3° anello i montanti si riducono a quasi metà sezione, al 7° riprendono la sezione di partenza
ma si riducono a 12, al 12° ritornano alla sezione ridotta, infine al 16° riducono ancora la loro
sezione e si raccordano con altrettante mensole destinate a sostenere, mediante 3 selle, la traversa.
La forte inclinazione delle geodetiche descritte dai diagonali mette questi ultimi in condizione di
collaborare efficacemente con i montanti e offre la possibilità di mitigare le discontinuità delle loro
sezioni. La struttura del fusto è in effetti trattata analiticamente come una struttura geodetica. Le
geodetiche non descrivono una curva continua ad inclinazione costante, bensì tenendo ad accrescere
la loro inclinazione salvo poi ridurla a scatti, ciò per la costanza dell’altezza dei tronchi e per la
necessità di suddividerli in un numero intero di scomparti. Lo spessore della struttura geodetica è
stato mantenuto costante per tutto il fusto.
La traversa ha un'apertura di 70 m e la sua struttura soggiace necessariamente alla più marcata
polarizzazione delle direzioni dei carichi. Le briglie sono pertanto solo 4, ed anziché aversi delle
geodetiche, si sono costituiti dei forti telai anulari raccordati alle briglie mediante sbadacchi.
Nonostante la evidente maggior concentrazione della struttura si è cercato di ottenere una certa
diffusione dei suoi elementi, ottenendo anche per la traversa una buona normalizzazione.
Per i portali di ancoraggio si è adottata una struttura in beton senza fondazioni, direttamente
appoggiata sui pali piloti.
Le Torri di Messina
Alberto Mario Toscano
Estratto da Costruzioni Metalliche n. 5 - 1960 pag. 214-215
…
Vladimir Grigorevich Shukhov (Владимир Григорьевич Шухов) (1853-1939) è stato uno straordinario
progettista, poco conosciuto. Tra le sue numerose invenzioni vi sono anche le torri metalliche, a cui qualche
testo fa riferimento per le torri di Cadice. Riferimento che però può essere solo formale essendo queste torri
molto diverse da quelle di Cadice.
Shukhov ha costruito la sua prima torre dell'acqua, per l'esposizione del 1896 di Nizhny Novgorod. Nel
corso dei venti anni successivi, ha progettato e costruito circa duecento di queste torrette, tutte diverse, la
maggior parte con le altezze dai 15 ai 40 metri. La struttura della torre, presentata nell’esposizione, era un
traliccio d’acciaio della forma di un iperboloide di rotazione; una forma nuova mai usata prima, e che venne
brevettata poco prima dell’esposizione. Essa permetteva di creare una superficie grigliata attraverso
l’utilizzo di semplici barre rettilinee poste inclinate, a collegare i due cerchi alla base ed in sommità, Il
risultato è una struttura leggera e rigida. La torre dell’esposizione era alta 25,6 mt e portava in sommità un
serbatoio d’acqua della capacità di 114.000 litri, che servì ad approvvigionare tutta l’esposizione. Dopo
Nizhny Novgorod, le torri iperboloidi di Shukhov si sono moltiplicate in tutto il paese.
Nei primi mesi del 1908 per il Dipartimento della Marina Russa vennero costruite due torri faro in Ucraina sul
mar Nero nel porto di Kherson.
Si arriva quindi alla torre di Mosca per la
Trasmissione radio, nel villaggio di Shabolovska,
da cui prenderà il nome. L’incarico viene dato a
V.G. Shuhhov, nel 1911 a Jaroslavl’. Nella
primavera del 1919 sono pronti i disegni per una
torre di 350 metri di altezza, composta da 12.000
pezzi di varie forme, ma sempre semplici profili,
del peso complessivo di 2.200 ton., pari a meno
di un quarto di quello della torre Eiffel (alta 305
mt e del peso di 8.850 ton). Nell’occasione aveva
eseguito il progetto per torri di 175-200-225-250-
275-300-325-350 metri d’altezza, inviandoli al
commissario incaricato. Gli iperboloidi, posti l’uno
sull’altro formavano nell’insieme, una torre
slanciata di forma quasi conica.
Trovare tutto questo metallo nella Russia
devastata dalla guerra civile, fu un problema
enorme e purtroppo insormontabile, il progetto
quindi fu adattato di conseguenza e la torre
venne eretta alta solo 150 mt. con una base di 42
mt. in 6 sezioni di 25 mt cadauna ed un peso
complessivo di 240 ton. Il tutto su di una
fondazione di calcestruzzo del diametro di 40 mt
e dello spessore di 3 mt.
Tra il 1927-1929, VG Shukhov progetta e
costruisce sei torri per la linea di trasmissione
elettrica NIGRES da 120 kilovolt sul fiume Oka, a
circa 100 km a sud ovest di Nizhny Novgorod. Le
quattro più piccole erano formate da tre
iperboloidi, le due più alte da cinque,
raggiungendo 130.2 m in altezza. Con la loro
chiarezza strutturale, l'estrema leggerezza, e i
semplici dettagli, queste torri segnano il punto più
alto dell'evoluzione di Shukhov nelle strutture a
traliccio iperboloidi. Cinque delle sei torri sono
state smantellate da vari anni. Solo una delle due
strutture alte 130.2 m è ancora esistente. Vandali
l'hanno gravemente danneggiata tagliando 16 dei
40 elementi della parte inferiore del primo
tamburo. La struttura è rimasta in piedi e gli
elementi sono stati rimessi nell'autunno del 2007.
Fonti:
Torres de tendido eléctrico de Puntales y Matagorda
Fundacion do.co.mo.mo_ibérico
Torre de la Luz
Tectonica blog.com
Nella pagina seguente: la piccola Jolanda Covre dentro il modello del Traliccio per lo Stretto di Messina.
1948-50 Costruzione di una motonave
Composizione di scafi con elementi prefabbricati
Gino Covre
Costruzioni Metalliche n. 2 1950
Normalmente nella struttura Covre le longitudinali sono no interassiate intorno ai 50 cm. che per
spessori d i fascia me intorno ai 10 mm. vuol dire la completa utilizzazione della lamiera in collaborazione
col profilato costituente la longitudinale.
Questa però non è costituita da una verga semplice e ciò sia per contrastare la lunghezza libera
d'inflessione della longitudinale, sia per migliorare il suo comportamento nel!a zona di maggior tormento
che è quella di intersezione con le costole di cui si dirà in appresso. Le longitudinali pertanto vengono
vincolate nel loro punto intermedio da un elemento curvo a due braccia, le cui estremità vanno a
fissarsi sulle costole con collegamento continuo realizzato preferibilmente per saldatura.
Gino Covre
Informes de la Construcción Vol. 12, nº 120 Abril de 1960
Traduzione Fausto Giovannardi
Le autorità della cosiddetta Fiera del Levante in Italia, hanno indetto un concorso per la progettazione e
l'esecuzione di un un grande edificio che, in pianta, ha forma quadrata, di 60 m di lato, e che doveva servire
come sede del Salone dell'Automobile.
Le condizioni particolari che l'opera doveva soddisfare, sebbene da un lato costituissero un'opportunità
seducente per il progettista, poiché aveva l'occasione di poter progettare un'opera di forma spettacolare e di
grande interesse tecnico , non presentava tanto stimolo per il costruttore, poiché era necessario realizzare
un complesso di notevole difficoltà e di non minore responsabilità.
Come sempre accade nel caso delle mostre, il concorso aperto a marzo doveva chiudersi il primo maggio, e
il bando prevedeva che i lavori dovessero essere terminati a metà agosto, condizione che presentava il serio
problema di trovare una impresa responsabile in grado di affrontare il rischio di tempi così brevi per
l'esecuzione.
L'opera, progettata dall'autore di questo scritto, è stata aggiudicata all'impresa costruttrice Antonio Badoni,
dopo aver scelto una delle diverse soluzioni presentate dal progettista.
In linea di principio, si voleva eliminare tutti i tipi di supporti intermedi, a condizione che questo requisito non
rendesse l'opera significativamente più costosa.
Poiché una parte dell'infrastruttura precedentemente costruita doveva essere utilizzata, la copertura era
condizionata dal resto dei lavori già eseguiti. Inoltre, la parte spettacolare doveva essere imposta in quanto
si trattava di un edificio destinato ad una mostra. Tuttavia, lo spettacolo, una volta terminata l'esposizione,
doveva essere utilizzabile per altre attività di carattere diverso. soluzione realizzata è stata quella di una
volta a crociera, composta da due forme cilindriche che si intersecano ortogonalmente. Al centro della
crociera, dove si trova un lucernario circolare, il suo anello di sostegno crea una soluzione di continuità che
rompe l'uniformità dell'intradosso. Questo sistema di nervature è sorretto e sostenuto da quattro costole
metalliche che costituiscono reticoli vetrati, la cui larghezza, secondo la proiezione in pianta, è di 9 metri. Le
quattro costole, opportunamente controventate con elementi di irrigidimento, formano, a due a due, un arco
continuo. Queste costole si incrocerebbero al centro se il lucernario circolare non esistesse e la loro
continuità è data dall'anello stesso. Questo anello, su cui trova la cupola sferica, formante un lucernario, con
otto settori fissi e altrettanti mobili per rotazione attorno all'asse, ha un diametro esterno di 21,70 m. La
manovra di chiusura e apertura dei settori del lucernario o cupola può essere azionata meccanicamente o
manualmente, e in modo tale da poter regolare il passaggio dell'aria necessaria per la ventilazione del
salone di esposizione.
La base di sostegno della struttura metallica è costituita da una pianta quadrata con angoli smussati. Il lato
del quadrato è costituito da pilastri in cemento armato, sui quali, ad un'altezza di 7 m, corre una trave in
cemento armato, che sostiene i timpani.
Costruzione
I sovraccarichi accidentali previsti sono di 50 chilogrammi/mq per la neve e 100 kg/mq, in proiezione
verticale, per l'azione del vento. Questa ultima condizione, applicata all'insieme del reticolo chiuso con vetro
sui timpani, ha causato gravi difficoltà.
L'insieme presenta una spinta equilibrata: Per questo, una trave orizzontale è stata disposta dentro ciascuna
delle costole e all'altezza dell'imposta di ciascuno degli archi diagonali, e alla estremità di queste travi
partono i tiranti, costituiti da due barre cilindriche di 80 mm di diametro, accoppiate a un bilanciere e dotati di
tenditori. La spinta massima perimetrale risultante è di 86 tonnellate.
Le nervature metalliche, che corrono diagonalmente, sono state articolati nell'imposta, e gli si è data
continuità mediante l'anello centrale che sostiene la cupola sferica suddivisa in settori fissi. Il posizionamento
di questo anello è stato particolarmente delicato, vista la complessità delle sollecitazioni a cui è sottoposto.
I supporti o pilastri che seguono l'allineamento perimetrale della pianta quadrata, sono uniti, in ciascuno dei
quattro angoli smussati del quadrato, ad un portico che funge da appoggio perle costole. Le armature della
parte in cemento armato hanno assorbito circa 115 tonnellate di acciaio.
Le nervature diagonali ad arco hanno sezione pentagonale.
Sono costituiti da 5 montanti di lunghezza variabile, a seconda delle sezioni, che sono solidarizzati mediante
un'adeguata controventatura.
Nell'estradosso le nervature, che formano due falde, sono state rivestite di vetro, mentre nell'intradosso
seguono la superficie di una volta di direttrice circolare.
La corda di un arco completo, composta da due pezzi, è lunga 75 metri e la freccia massima è di 13,10
metri.
La volta a crociera ha profilo circolare e poggia su una serie di capriate a filo della chiave di volta seguendo il
livello di una generatrice di massima altezza nel cilindro.
Tra le capriate sono poste le travi che conferiscono rigidità all'insieme, fungendo da base per sostenere le
lastre ondulate di ardesia artificiale utilizzate come manto del tetto.
Servono anche a resistere ai sovraccarichi accidentali. La capriata principale, di timpano, è rialzata su una
corda di 46,40 m di lunghezza e 12,30 m di freccia massima.
L'intera costruzione è stata realizzata costituendo una struttura "Covre", composta da elementi saldati in
officina, facilmente trasportabili e assemblabili in cantiere mediante bulloni. La struttura metallica ha
richiesto l'utilizzo di 120 tonnellate di acciaio, di cui quasi la metà consiste di tubi 455, di produzione
Dalmine, e il resto di laminati in acciaio dolce tipo A37.
Il carico di lavoro massimo che è servito come base nello studio analitico del calcolo è stato da 1.800 a
1.400 kg/cmq.
Per la varietà e complessità della disposizione dell'opera, i lavori di
esecuzione, così come il montaggio, hanno richiesto alla ditta Badoni uno
studio, una preparazione e un interesse notevoli, poiché tutto è stato
sviluppato in un ristretto margine di tempo e con il rigore che la struttura
particolarmente richiedeva .
Mediante una torre di montaggio provvisoria, alzata al centro, è stato
assemblato l'anello su cui poggiano le costole e che serve a dare loro
continuità. Una volta terminata la preparazione dell'anello, le costole sono
state assemblate e, poi le capriate che poggiano su di esse a costituire la
volta a crociera, nella quale hanno subito iniziato a lavorare i diversi
specialisti che si occupavano delle finiture, per finire, dopo aver smontato
la torre di montaggio ausiliario, con la pavimentazione dell' interno della
sala espositiva.
Tutte le forniture sono state effettuate dalle autorità fieristiche.
Dopo trenta giorni il montaggio era terminato ed è stato necessario
altrettanto per i lavori preparatori svolti in officina.
Oltre al Padiglione dell’Auto, la Badoni, su progetti di Gino Covre, ha realizzato altri padiglioni entro l'area
della Fiera del Levante, coprendo complessivamente oltre 25.000 mq.
Oltre a strutture di minore importanza quali edifici adibiti ad Uffici, a ricevimenti ecc., sono da
ricordare le seguenti opere:
Padiglione degli Autoveicoli Industriali
Padiglione dell'Agricoltura
Padiglione della Meccanica Leggera
Padiglione Autoveicoli Indus
ustriali
Padiglione a volta sottile su 12 p pilastri perimetrali,
a pianta quadrata con lato di m. 58.
5
La struttura portante è costituitata da meridiani e
paralleli legati e controventati fra
f di loro. La
copertura é in lastre di mate teriale trasparente
colorato, la zona centrale è ricoper
erta in vetro.
Su un lato è impostata una pen ensilina a sbalzo
con sporgenza di m. 6,50.
Il montaggio della volta è stato to eseguito con
l'ausilio di un ponteggio tubolar are. Sopra questo
ponteggio sono stati sistemati deii vitoni regolabili
per la esatta messa a dima delllla volta e delle
pareti laterali,.
Il peso dell'acciaio impiegato è di circa 160.000
Kg.
Padiglione dell'Agricoltura
Tre navate con luce di mt. 21,60 0 e lunghezza di mt. 40,80
Centine reticolari con freccia di mtt..3,00 provviste di catene con tenditori impostate
te su colonne alte mt. 7.
La copertura è in fibrocemento ond ndulato.
La costruzione è saldata elettricam
mente in officina e montata a bulloni.
Su un'area di 3360 mq il peso dell'acciaio
de è risultato di 60.000 Kg.
Padiglione Meccanica Legge
ggera
Tre navate affiancate con luce di mt.m 19,00 lunghe mt. 59,80
Struttura a volte multiple incrociate
te formate da due arconi incrociati impostati sulllle colonne d'angolo
collegati tra loro da centine trasveersali. ll materiale di copertura è fibrocemento o
ondulato.
L'area coperta è di mq. 2500. Il peso
p dell'acciaio impiegato è di Kg. 77.000.
1951 Padiglione della mecc
eccanica pesante alla Fiera di Milano
Un’attenzione particolare merita il padiglione della meccanica pesante alla Fie
iera del 1951. Progettato
da Gino Covre, costruito ed assem
mblato negli stabilimenti di Lecco e Sesto S. Giovanni
G della Badoni, e
montato in pochissimo tempo.
In particolare la ventinovesima a Campionaria vedrà realizzato il nuovo impo onente Padiglione della
Meccanica che sta sorgendo in contiguità immediata alla «Porta Meccanica» e che non ha confronti
in Europa.. Sostituirà quella nu uova «Porta della Meccanica» - che già esistev eva - in modo da rendere
più agevole l'afflusso dei visitat
tatori-compratori interessati al Padiglione indicat ato con i numeri 19-20...
E’ in struttura metallica, con tre luci della larghezza di 8 metri ciascuna, e le sue porte, sotto forma
di cancellate, sì possono definir
nire dei gioielli di meccanica fine, essendo com mposte di una serie di
tubolari «Dalmine», a loro volta scomposti in 4 pezzi, che si ritirano a cannocch hiale l’uno dentro l’altro,
mediante un opportuno gioco di carrucole. L'apertura verso l’alto, di queste sspecie di saracinesche
tubolari, è azionata elettricame ente ed è collegata a una potente sirena, ch he verrà impiegata per
dare il segnale orario di ini inizio e di chiusura del mercato campionario rio. Attraverso la «Porta
Meccanica» si accederà diretta tamente, come abbiamo accennato, all’imponen nte complesso fieristico
del Padiglione 19-20, che ospiter
erà la siderurgia, la meccanica pesante, le ma acchine utensili, grafiche
e per la lavorazione del legno.L La nuova costruzione consta di un padiglione e inferiore (n. 19) della
superficie di oltre 11 mila metetri quadrati e dell'altezza di ben 7 metri, la cui pavimentazione può
raggiungere sovraccarichi fino o a 2 mila chilogrammi al metro quadrato. Una Un serie di 88 pilastri,
distanti fra loro circa 10 metr tri, reggono il pavimento del padiglione super eriore; di un padiglione
superiore (n. 20) costituito da una
u grande volta in struttura metallica senza pilastri intermedi, della
luce di oltre 100 metri… Il gigan
antesco padiglione, che come abbiamo detto no non ha rivali in Europa,
è tanto più spettacolare in qua anto la costruzione non segue un andamento normale, ma bensì ha,
per esigenze del terreno e di posizione, una forma irregolare e curva, ciò iò che ha richiesto delle
geniali soluzioni tecniche. I progettisti
pr e i costruttori, difatti, hanno risoltolto il problema con un
ardito sdoppiamento delle cent ntine in ferro che portano la copertura in fibro rocemento, le quali, nel
punto più stretto della curva,, hanno due soli punti di appoggio, cui ne cor orrispondono ben cinque
sul lato di maggior sviluppo de ella curva. E' quasi un gigantesco ventaglio metallico,
m che pesa oltre
800 tonnellate (il solo pezzo d'appoggio di ciascuna delle centine, che reg egge lo sforzo massimo,
pesa oltre 17 tonnellate) e ch che copre con uno sbalzo di più di 100 metri tri, senza bisogno di altri
pilastri, 11 mila metri quadratiti di area, Opera, ripetiamo gigantesca, che sarà certamente citata
come un esempio di quanto la tecnica moderna sia capace di attuare e che c è al tempo stesso
uno stupendo «campione » e esposto di carpenteria metallica. Un ampio io atrio frontale (della
superficie di circa 1000 metrii q quadrati) con due scale monumentali, tre vassti ingressi laterali, due
rampe automobilistiche lateral ali della pendenza massima del 9%, un’amp plissima scala interna,
costituiranno la rete degli a accessi ai predetti padiglioni, inferiore e superiore,
s e delle loro
comunicazioni interne. … Ne el Padiglione della Meccanica 19-20, che ospiterà oltre 700 ditte
espositrici, saranno allogati num
umerosi servizi per il pubblico, tanto che l’edificiocio può considerarsi, nel
complesso fieristico, un'entità ses stante, ciò che ne potrà permettere l'impieg ego per molteplici attività
anche in periodi di mercato chiuso,
c senza impegnare l'intero quartiere fieristico.
fie Mentre lungo il
perimetro esterno correrà una na catena di negozi e di vetrine destinati pr principalmente alle arti
grafiche, internamente avremo un u grande tea-room di circa 200 metri quadrati di d superficie situato su di
un terrazzo-belvedere, alto quatt
attro metri dal suolo, da cui si dominerà tutto il pad diglione superiore. A tale
belvedere si potrà accedere sia ia dall'esterno che dall’interno. Una vasta birr irreria, un caffè-bar e un
piccolo albergo diurno con serv rvizi igienico-sanitari e servizio di barbiere e m manicure. Inoltre, sempre
annessa al padiglione, verrà a allestito un saloncino per riunioni, ambiente che e quest'anno ospiterà il
Consiglio Nazionale delle Ricerc rche e dove lo stesso Consiglio curerà una par articolare Mostra dei più
importanti e recenti ritrovati deella tecnica italiana. ..
Fiera di Milano 1951: Realizzazioni e novità
ità, pagg. 24-27,77
Estratto da: La Scienza Illustrata, n.4 Aprile
ile1951 Roma
Juan José Ugarte
Feria de Milàn- Pabellòn de maquinaria pes
esada
Gino Covre, ingeniero
La formazione e lo studio del proget etto è stato laborioso,
poiché ha dovuto affrontare di diverse soluzioni e
particolari esigenze del luogo, dello lo spazio, dell'estetica
e, in un certo senso, raggiun ungere un insieme
esteticamente suggestivo di forma a esterna. Il risultato
finale è stato un seminterrato, la cuiui struttura è costituita
da pilastri e archi, distanziati di 10 m l'uno dall'altro, che
fungono da supporto per un solaio cche deve sopportare
un sovraccarico di due tonnellate p per metro quadrato.
La struttura metallica copre una a pianta a forma di
corona circolare parziale prosegu guita da due corpi
rettangolari che le conferiscono un a aspetto simile ad un
manicotto. La nota caratteristica d di questa struttura,
corpo principale dell'edificio, è la ssua grande luce, di
circa 100 m, e la disposizione d delle capriate e del
lucernario. La forma radiale delle capriate
c ha richiesto
un attento studio per dare la dovuta ta spaziatura variabile
tra questi elementi e la loro co controventatura. Con
fortuna è stata ottenuta questa dispo posizione da ottenere
un magnifico aspetto estetico. Il com omplesso metallico è
costituito da una serie di capriate,, con
c una luce teorica
di 99 m ed una luce di 100 m tra ra i bordi. La freccia
massima, conteggiata dalla cord rda superiore delle
capriate, è di 19,85 metri.
Dopo un attento studio e particolari ri considerazioni, si è
giunti alla soluzione di sostenere lle capriate in modo
Questo piccolo stabilimento è una delle molte fabbriche che sorsero nel territorio comasco nel periodo della
ricostruzione. Il progetto è dell’ingegnere Gabriele Giussani, figura non secondaria del razionalismo
Comasco formatosi attorno a Giuseppe Terragni, che ha realizzato un edificio di grande semplicità, eleganza
e funzionalità. In origine ad un solo piano, con struttura in cemento armato, allineato lungo la via, con
l’ingresso al centro e ai lati i reparti preparazione e spedizione, nonché l’ufficio della direzione, oltre ad un
grande spazio retrostante, dove erano collocati i telai, coperto a shed con struttura metallica “Covre”,
realizzata dalla Badoni di Lecco.
Fonti:
Como (CO), Museo Didattico della Seta, SATAM - Stabilimento di Maccio, n.d
1954 Appalto concorso per lo stadio Nazionale (poi Flaminio), viale Tiziano Roma
In occasione delle Olimpiadi di Roma vennero indette una serie di gare per la costruzione d’impianti e
infrastrutture, quattro di queste sono assegnate alla Nervi & Bartoli, Società di Pier Luigi Nervi: il Palazzetto
dello Sport (1956- 57) con Annibale Vitellozzi; lo Stadio Nazionale, poi Flaminio (1957-59) con Antonio Nervi;
il Palazzo dello Sport (1958-60) con Marcello Piacentini, e il viadotto di Corso Francia. Gli architetti Cesare
Ligini e Silvano Ricci, con l’ing. Dagoberto Ortensi - Studio Tecnico Impianti Sportivi - vincono quella del
velodromo, dopo aver partecipato anche a quella dello Stadio Flaminio con la SOGENE dove il progetto
della pensilina in ferro è di Gino Covre per la Badoni.
La decisione di Adriano Olivetti di ampliare il complesso delle Officine Olivetti (ICO, dal nome del fondatore
Ingegner Camillo Olivetti) a Ivrea, porta al trasferimento a San Bernardo d'Ivrea, della O.M.O. (Officina per
la progettazione e la produzione di macchine utensili, su progetto dell’architetto napoletano Eduardo Vittoria.
I tempi per la progettazione e la costruzione furono strettissimi e quindi obbligato il ricorso a strutture
prefabbricate, in particolare del tipo metallico, per le quali l’arch.Vittoria aveva un particolare favore.
Per l’edificio principale della OMO ed anche per alcuni capannoni provvisori, si fece riferimento alla Badoni,
con le strutture “Covre”.
Foto tratta da Archivio personale Giuseppe Riccardo Badoni - casa Badoni Lecco
La nuova OMO è un grande edificio con le strutture interamente in acciaio, chiuso esteriormente da un
curtain-wall continuo, caratterizzato dalle fasce di serramenti in ferro, dai marcapiano in pannelli di cemento
bianco e dal coronamento piano sul bordo che nasconde gli shed posti al di sopra delle aree di lavorazione;
le parti metalliche sono colorate di blu per identificare le aree produttive. Gli uffici di produzione sono
compresi nell’altezza complessiva dell’officina, ma distribuiti su tre piani, con la parete che li separa dalla
produzione è caratterizzata da estese superfici vetrate, che connettono visivamente i due spazi.
La grande struttura (120x65 circa) è basata su una fondazioni a platea di calcestruzzo armato,vibrato e
lisciato poggiante su terreno stabilizzato. Quattro navate di 16 metri per 110 di lunghezza, formano lo spazio
per la produzione, con le campate composte da pilastri distanti 8 metri, formati da un tubolare centrale
protetto da due elementi a C, di colore blu, che sostengono una robusta trave reticolare spaziale, che
sostiene il carroponte per carichi particolarmente elevati (da 2 a 12 tonnellate).e la copertura a shed, nelle
campate centrali dell’officina, e piana nelle due campate esterne, per contenere i controventi di piano oltre
allo scopo di mantenere orizzontale il filo di gronda laterale del corpo di fabbrica.
Tutta la testata a sud è occupata dagli uffici, posti su tre livelli, con al piano terra i servizi tecnici di officina, al
primo la direzione e al terzo l'ufficio progetti. Le scale, metalliche, rivestite in gomma a bolli, ed i servizi
igienici si trovano nelle due testate laterali.
La struttura è del tipo a telaio, con pilastri in tubo quadrato e travi di profilati alleggeriti da forature circolari.
Fonti:
Archivio Badoni Comm. 10275 – Soc. Olivetti, struttura Covre per officina OMO, Ivrea (Italia)
IUAV Atlante dell'architettura italiana degli anni '50 e '60. Figure, Forme, Tecniche costruttive. Scheda n. 92
Redattore scheda: Skansi Luka
Nel 1956 viene indetto un concorso per la progettazione dell’edificio viaggiatori della stazione Porta Nuova,
detta anche "delle Varesine, e per la sistemazione dell’area circostante. Il concorso fu vinto ex aequo da due
gruppi di progettazione: il primo capeggiato da Giulio Minoletti e il secondo composto da quattro architetti e
ingegneri, romani (Sergio Bonamico, Franco e Guido Gigli e Dante Jannicelli).
L’incarico venne assegnato all’insieme dei due gruppi vincitori, ed il risultato è molto ridotto rispetto alle
soluzioni originarie. L’idea è che la stazione possa essere risolta come una sorta di grande piazza coperta,
con gli elementi strutturali che ne definiscono la “forma” e la sostanza. La stazione Garibaldi, nella sostanza
è una grande piastra di copertura formata da otto grandi travi metalliche appoggiate su una serie di pilastri
anch’essi in ferro, con due grandi sbalzi laterali di 24 metri, che escono dalle leggere superfici vetrate
sottostanti che definiscono lo spazio chiuso sottostante, completamente libero.
I lavori iniziarono nel 1958 e proseguirono fino all’apertura il 5 novembre 1961.
“Un’architettura in ferro, nella quale non è stato concepito alcun dualismo tra struttura e architettura,
l’una essendo totalmente integrata nell’altra. Da ciò l’essenzialità delle soluzioni adottate, con le
grandi travi continue a parete piena prolungate al di là degli appoggi a formare due sbalzi uguali di
24 metri, come copertura della galleria delle carrozze e della galleria di testa: gli elementi di
completamento tengono rigoroso conto di questa condizione di base e si sviluppano come coerente
integrazione di una moderna costruzione metallica”.
S. Bonamico, E. Gentili Tedeschi, F. Gigli,
G. Gigli, D. Jannicelli, G. Minoletti, M. Tevarotto
Stazione ferroviaria di Porta Garibaldi, Milano
in Lotus Architectural Annual 1964-1965,
Lotus 1, 1964
L’edificio è costituito da sei piani fuori terra (di cui quattro adibiti alla vendita, il quinto per le riserve di merce
e l’ultimo per gli uffici) e tre sotterranei destinati ad impianti e servizi. La maglia strutturale è in ferro dal primo
sotterraneo alla copertura. Il tamponamento, realizzato con pannelli prefabbricati in graniglia di granito e
marmo rosso, è studiato per contenere le canalizzazioni degli impianti. Anche in questo edificio, dove il
linguaggio architettonico si arricchisce degli esiti di una sempre più affinata ricerca tecnologica, è possibile
leggere quel rapporto tra modernità e tradizione che è un tema costante nella riflessione di Franco Albini. La
Rinascente si colloca nel contesto della città di Roma cogliendo una serie di suggestioni del suo ambiente e
dei suoi colori e riferendosi alla tradizione storica dei palazzi rinascimentali e delle vicine mura aureliane.
La struttura metallica è impostata su una struttura in c.a. che giunge fino alla quota -10m comprendente due
piani destinati a magazzini e servizi. L'orditura principale della struttura metallica corre in senso
longitudinale; i solai, in lamiera nervata, poggiano sulla travatura secondaria costituita da putrelle di ferro
perpendicolari alla facciata. La struttura verticale e orizzontale rimane in vista lungo il perimetro dell'edificio.
La struttura è protetta (per esigenze dei v.d.f.), all'interno, da uno strato di amianto e cemento. I muri sono in
pannelli prefabbricati leggeri in graniglia di granito e marmo rosso. I pannelli sono studiati in modo da
contenere le canalizzazioni verticali del'impianto di condizionamento e dell'impianto di spegnimento incendi e
i pluviali. Le canalizzazioni orizzontali corrono in una cornice marcapiano di lamiera. Al perimetro della
copertura corre una rotaia per il carrello necessario per la pulizia della facciata. La struttura esterna in vista è
verniciata in grigio scuro. Elemento originale dell’edificio è una scala elicoidale realizzata completamente in
acciaio, con correnti sagomati e gradini in lamiera irrigidita da nervature saldate.
Nota.
Prima dell’incarico a Albini Helg, Aldo Borletti, patron de la Rinascente, aveva incaricato Ignazio Gardella,
insieme a Pier Luigi Nervi e ad un comitato di progetto che include Giulio Carlo Argan del progetto di
ricostruire la prima sede romana del grande magazzino.
Fonte Centro Studi e Archivio della Comunicazione. Università degli Studi di Parma
Bibliografia:
Progetto per un grande magazzino a Roma, in "Casabella-continuità", n.241, luglio 1960, pp. 18-25;
Un grande magazzino a Roma, in "Casabella-continuità", n.257, novembre 1961, pp. 2-13.
Albini-Helg. La Rinascente. Disegni e progetto de la rinascente di Roma -Abitare Segesta Milano, 1982;
Informes de la Construcción Vol. 19, nº 182 Julio de 1966
Foto Oscar Savio, Informes de la Construcción
1958 Cartiera Avezzano
Societa’ Idroelettrica Lirii S.p.A.
S
Le politiche d’industrializzazione proromosse dall’Ente Fucino, già l'Ente per la coloniz izzazione della Maremma
e del Fucino , favorirono la nascita ta della cartiera, gestita dalla famiglia Torlonia atttraverso la SIL (Società
Idroelettrica Liri) finanziata dall’ISVE
EIMER (Istituto per lo Sviluppo Economico dell’I l’Italia Meridionale) che si
occupava principalmente di finanzi ziare con tassi agevolati, la creazione di nuovii impianti industriali delle
imprese del mezzogiorno d’Italia. La cartiera di Avezzano in seguito è passata ad altre a società, in ultimo al
BURGO Group Spa.
Il complesso del fabbrica cati, formanti l’impianto di una grande cartierara, è realizzato per la
maggior parte con strutturure metalliche. Nei calcoli di queste strutture ssi è dovuto tener conto
dei carichi per effetto sism
smico. Le strutture sono state studiate, nella maggior
m parte del casi,
come portali incastrati al piede. La composizione adottata é stata p particolarmente studiata
dall'Ing. Covre con risultat
ati molto brillanti. Il complesso si estende suu 20.000 mq. coperti di
cui una parte, e precisam mente il fabbricato Cellulosa, è su sei pianii di mq. 726 ognuno. Il
peso dell'acciaio in operaa è di circa 1.400 Tonn.
La costruzione è eseguita completamente saldata e montata in opera a bulloni.
Il fabbricato Macchina Cont ntinua ed Allestimento copre un’area lunga mt. 1 163,50 con una luce di
mt.18. Esso è formato da a una serie dl portali principali e secondari, chec portano sulla parte
piana della architrave un a ampio lucernario di forma triangolare. Nell’inter
erno vi sono due piani di
scorrimento sovrapposti, qu uello superiore permette lo scorrimento di una na gru da 20 Tonn., e
quella inferiore di una gruu da 74 Tonn.
Affiancato al fabbricato vii è un’appendice con luce dl mt. 6 per una lung nghezza di mt.134.
In Fig.5 (a lato) è
rappresentato il Magazzino
Carta e Cernita di mq. 3685
su tre navate affiancate, di cui
due servite da gru.
Il Fabbricato Cellulosa è su sei piani di circa mq. 726 ciascuno. La struttura è stata calcolata come
telaio multipiano su un area di mt, 16,50 x 44. Le colonne sostengono gli impalcati costituiti da travi
orizzontali, che sopportano le solette in cemento armato, atte a portare un sovraccarico di 1500 kg/mq.
In fig. 10 sono rappresentate le Tettoie
Te Paglia formate da centine poligonali, impo
postate su ritti.
Per il 1961, ricorrrenza del primo Centenario dell’Unità d’Italia, viene organizzata a Torino una
esposizione internazionale dal titolo Italia ’61. L’area viene scelta a Nizza Millefonti, quartiere a sud-est
della città, dove vi è la presenza del comprensorio del Lingotto. L’area ospiterà nello stesso anno anche
l’Expo di Torino (ufficialmente Esposizione Internazionale del Lavoro).
Tra gli edifici costruiti si ricordano il Palazzo a Vela, di Franco Levi ed i padiglioni per la Mostra delle
Regioni, progettati da Nello Renacco e premiati dall’IN/ARCH, ma sopra tutti il Palazzo del Lavoro, in cui fu
allestita la grande mostra sul lavoro presieduta da Giovanni Agnelli.
Il 4 luglio 1959 venne indetto il concorso per il progetto del Palazzo del Lavoro, da presentare in tre mesi,
con l’impegno per il vincitore della costruzione in un anno. Partecipano sei imprese, tra cui la Nervi & Bartoli
con Pier Luigi Nervi ed il figlio Antonio, con la collaborazione di Gino Covre. Il progetto risulta vincitore,
anche per le caratteristiche che gli assicurano di rientrare negli strettissimi tempi di costruzione e prevede la
realizzazione di un parallelepipedo a base quadrata, attraverso l’affiancamento di elementi isolati a formare
un’unica grande copertura di 160x160 metri. Un sistema modulare, in grado di consentire il progredire in
parallelo di strutture e finiture, riducendo in questo modo i tempi di edificazione del palazzo.
I lavori iniziarono nel febbraio del 1960 e si conclusero, come da contratto, alla fine di dicembre.
ll cantiere fu gestito alla perfezione. I pilastri e la relativa unità di copertura, vennero realizzati con uno
sfasamento temporale di un mese, partendo dai pilastri perimetrali, interessati da un solaio intermedio e dal
tamponamento perimetrale, che furono eseguiti in contemporanea all’avanzamento della copertura.
L’edificio è caratterizzato dalla suddivisione della copertura in 16 elementi quadrati di 40 m per lato, separati
da strisce vetrate continue e larghe circa 2 metri, con la funzione di lucernario. Ognuna delle piastre di
copertura è retta da un pilastro a fungo in cemento armato alto 20 m. che parte da una base
cruciforme, per raccordarsi alla copertura con un capitello circolare troncoconico amarrato mediante
tirafondi alla struttura cementizia ed una corona poliedrica raccordata al tamburo di incastro delle
venti mensole metalliche a I a sbalzo collegate da una trave perimetrale che funge da elemento di
irrigidimento dell’intero sistema. Le travi della copertura vennero realizzate in officina e trasportate in
cantiere dalla Badoni.
Ogni pilastro, per la parte in calcestruzzo, attraverso l’uso di una cassaforma auto portante, composta di sei
pezzi, veniva gettato interamente in un giorno e disarmato dopo dieci.
Alla quota di 5,10 m. vi è un solaio lungo tutto il perimetro con una profondità di 18 metri, sorretto
da pilastri circolari indipendenti dai grandi pilastri della copertura ed è realizzato da una soletta in
calcestruzzo nervata secondo lungo le linee isostatiche dei momenti indotti dai carichi sopportati e realizzata
con casseforme in ferro cemento mobili, secondo il procedimento utilizzato da Nervi in diversi
edifici, tra cui per esempio il lanificio Gatti a Roma.
Appena terminati i pilastri perimetrali con i loro ombrelli metallici, iniziarono le operazioni di costruzione
delle facciate, con i grandi pannelli, completamente vetrati, con palette frangisole nei fronti est, sud e
ovest, la cui inclinazione cambia sulla base dell’esposizione eliotermica.
Nello spazio così realizzato venne allestita la mostra dedicata al lavoro umano in occasione del centenario
dell’Unità d’Italia, su progetto coordinato dall’architetto Gio Ponti, che vede coinvolta la cultura artistica e
architettonica più avanzata dell’epoca, da Ettore Sottsass a Marco Zanuso, da Lucio Fontana a Bruno
Munari.
Pier Luigi Nervi
Architettura strutturale con riferimento al Palazzo del lavoro (estratto)
ATTI E RASSEGNA TECNICA. DELLA SOCIETA INGEGNERI E ARCHITETTI di TORINO
NUOVA SERIE - A. 15 - N. 6 - GIUGNO 1961
Questo edificio è nato da necessità obiettive, con le quali è inutile voler discutere; e per me quelle
sicuramente indiscutibili erano rappresentate dal fattore tempo. Il periodo nel quale dovevo realizzare
il fabbricato era inferiore ad un anno;…. La brevità del tempo e la grandiosità dell'edificio di 25.000
metri quadrati coperti, richiesti nel Bando dell'appalto-concorso, chiudevano qualunque strada che non
fosse quella di uno schema, di una idea, di una trovata, che semplificasse il fatto costruttivo e lo
rendesse fattibile in serie. Occorreva trovare il modo, ultimata una parte, di passare alle finiture,
senza trovarsi al disarmo generale con moltissimo lavoro ancora da svolgere. …
Quindi, mentre dibattevamo in studio questo problema, ed eravamo sul punto di dire: “ ringraziamo e
non ne facciamo niente”, uno dei miei figli, Antonio, disse: “ Perchè non usiamo degli elementi isolati?”
È bastata questa idea per sciogliere il dilemma, e dare avvio a una soluzione che
poi i fatti hanno dimostrato efficiente.
… è nato dunque il concetto di poter affiancare tanti elementi isolati l'uno all'altro, invece di realizzare
una unica grande copertura, e la conseguente possibilità di costruirli con ordinata progressività, di
modo che, finito un certo numero di essi, si potesse addirittura gettare il solaio perimetrale, e
incominciare a collocare le vetrate. …
Da ciò la soluzione base, la divisione del grande spazio di copertura in un determinato numero di
superfici autosufficienti, autoportanti e quindi autoeseguibili.
Si doveva poi risolvere lo schema architettonico delle raggiere nel capitellone; del passaggio cioè
dalla colonna ali' ombrello propriamente detto. Mi sembra che ciò sia riuscito abbastanza bene,
malgrado che sia stato necessario operare il passaggio dal cemento armato al ferro, lasciando il più
possibile intatto lo schema architettonico già deciso. Ho interpellato sull'argomento l'Ing. Covre, (che
ha studiato e definito il progetto
esecutivo della struttura in ferro) che
mi rassicurò: “ Senz'altro, - mi disse,
-ciò si può far benissimo; le
dimensioni che hai disposto per il
cemento armato, vanno bene anche
per il ferro “ . Ecco come il problema
si è risolto. Era un problema che
presentava delle difficoltà
praticamente insolubili; invece esso si
è sciolto ed è stato possibile
presentare un'offerta per
la costruzione e mantenere l'impegno
poi assunto.
…
Gino Covre
Ingegnere Consulente della “Antonio Badoni” S.p.A
Il palazzo del lavoro alla esposizione “Italia 61” di Torino
Costruzioni Metalliche n. 2 - 1961
Sommario
La costruzione è stata eseguita e controllata nella sua fase realizzativa dal collaudatore nominato
dall’ Ente Committente nella persona del Prof. Ing. Augusto Cavallari Murat del Politecnico di Torino.
Fra le prove statiche a cui sono state sottoposte le strutture è opportuno segnalare quelle prescritte per
la verifica del comportamento delle travi principali a sbalzo per le quali è stato ritenuto importante verificare
non soltanto la rispondenza con i risultati di calcolo sia delle deformazioni elastiche sia delle sollecitazioni
unitarie dipendenti dai carichi verticali previsti, ma anche quella, in modo particolarissimo, della stabilità
elastica flessotorsionale delle anime e delle travi principali nel loro complesso. Tali prove sono state
condotte sulle travi di maggior lunghezza e su quelle da m 20 e 16,50 allo scopo anche di poter
dedurre sperimentalmente la deformazione elastica finale risultante dalla’ solidarietà delle travi
principali a sbalzo con quelle perimetrali di ciascun riquadro. Il dispositivo di prova é stato
congegnato in modo molto severo lasciando completamente libere da qualsiasi vincolo la testata delle
travi in prova in modo da poter verificare eventuali svergolamenti nelle condizioni peggiori di vincolo.
Tali prove hanno dato risultati del tutto favorevoli e
con una rispondenza perfetta fra deformazioni
calcolate e quelle rilevate.
Prove statiche analoghe sono state condotte nei
gusci dei ritti perimetrali di chiusura.
La qualita di acciaio impiegata per la costruzione
dei capitelli, dei tamburi e delle travi principali a
sbalzo é l’Aq 48 UNI 815 con saldature operate
con elettrodi di tipo NUFE V° B. La sollecitazione
massima derivante dal dimensionamento nelle più
sfavorevoli condizioni di carico è stata limitata a
1800 kg/cmq. Dalle prove di carico eseguite gli
estensimetri hanno però denunciato costantemente
sollecitazioni spesso notevolmente inferiori a quelle
massime dedotte analiticamente, caratteristica che
denuncia il forte contributo resistente discendente
dall’elevato grado di solidarietà realizzato con la
composizione adottata.
Per le rimanenti parti metalliche dell’edificio è stato impiegato l’acciaio A 42 con carico unitario
massimo di lavoro di 1.400 kg/cmq. Il peso metallico complessivo relativo alla copertura é risultato
di tonn. 1.960 e quello relativo ai ritti perimetrali di parete di tonn. 260. Le opere metalliche con
inizio di lavorazione in officina nel febbraio del ’60 e con inizio di montaggio nel giugno dello stesso
anno risultavano ultimate nella seconda decade di ottobre.
Gino Covre
Il Palazzo del Lavoro alla Esposizione «
Italia 61 » di Torino
Le pareti vetrate
Note di completamento su quanto pubblicato in
precedenza nel n. 2-1961.
Costruzioni Metalliche n. 3 - 1961 pagg.141-144
Nella figura 1 si nota la conformazione delle ordinate, nella fig. n. 2 si vede una fase di saldatura
delle strutture irrigidenti, mentre nella fig. n. 3 si sta provvedendo alla saldatura del guscio. Tale
operazione viene compiuta per un semiritto, dato che questo presenta un piano di simmetria lungo
il suo asse verticale (v. tav. 1). La saldatura finale dei due semigusci darà il ritto completo.
Nelle figure n. 4 e 5 si può osservare l’appoggio cardanico del piede con la relativa mensola in
c.a. di sostegno di un ritto. Questi, in n. di 128 per l’intero edificio, hanno una lunghezza di m 19
fra le cerniere di imposta e sono collocati ad interassi di m 5; il peso metallico di ciascuno si riduce
a Kg 2.000 circa. La loro azione orizzontale resistente si manifesta con l’ausilio di traversi (v. fig. 6
e tav. I) solidali con un corrispondente montante interno, al quale fa capo l’orditura di sostegno
delle intelaiature porta cristalli realizzate in lega di alluminio (v. fig. 7). Questi traversi sono in due
parti con un collegamento a flangia a fori ovalizzati in corrispondenza della loro sezione mediana in
modo da rendere il ritto esterno a guscio, indipendente dalla vetrata agli effetti delle dilatazioni
termiche (v. fig. 5).
Una ricorrenza di frangisole disposti orizzontalmente con inclinazione costante (v. fig. 6), realizzati a
guscio in lamiera di alluminio, completa la chiusura perimetrale dell’edificio. La manutenzione esterna della
vetrata si effettua con palanchini scorrevoli lungo una
monorotaia, situata nel’intercapedine fra frangisole e
vetrata in corrispondenza dei traversi di sommità
colleganti i ritti di sostegno esterno a guscio con i
corrispondenti montanti interni delle vetrate.
Anche queste delicate strutture sono state realizzate
dalla Soc. Badoni. Esse hanno importato un peso
complessivo di sole Tonn. 256 che riferito ai mq
12.160 di superficie di pareti esterne riduce a soli Kg
21 il peso metallico a mq. L’azione del vento é stata
considerata di 100 Kg/mq di superficie normalmente
battuta ed i risultati delle prove di carico condotte su
tali ritti hanno pienamente confermato le previsioni e
le risultanze dei calcoli statici.
1960- 64 La cartiera Burgo a M
Mantova
Progetto architettonico e delle struttu
tture in calcestruzzo armato: Pier Luigi Nervi
Progetto delle strutture metalliche: Gino
G Covre
Nel 1960 le Cartiere Burgo, nei lloro piani di espansione, prevedono la costruz uzione nel complesso di
Mantova, di un nuovo fabbricato o per contenere una enorme macchina lunga p più di cento metri, che
trasforma la pasta di legno in cartaa da giornale e la avvolge in grosse bobine alla velocità di mille metri al
minuto. Nel luglio viene chiesto alla
a Badoni di Lecco, e quindi a Gino Covre, la fattibi
bilità della costruzione di
una volta metallica di 180 m di ccorda e m 27 di freccia. Una volta ricevuta la a valutazione di massima,
richiedono analogo studio all’ing. P Pier Luigi Nervi, per una volta in calcestruzzo.. Nel frattempo l’azienda
valutava necessaria una maggiore d dimensione, oltre alla possibilità di un futuro ampliiamento.
Il layout funzionale elaborato daii tecnici della Burgo, prevede una galleria della la lunghezza di circa 250
metri, larga non più di 30, e la possi
sibilità di un futuro ampliamento, per affiancare, parallelamente
pa alla prima,
una seconda macchina; comportand ndo questo di evitare sostegni lungo le facciate p per un tratto di circa 160
metri. Questo indirizzando le id idee su di una
struttura sospesa, arrivando in breve a definire
l’originalissima a soluzione poi reaalizzata in cui sono
coinvolti, per la progettazione esececutiva Gino Covre,
per la Badoni e Pierluigi Nervi perr la Nervi e Bartoli,
che oltre alle strutture in cemento armato,
a firma anche
la progettazione architettonica.
Covre si occupa del ponte-copertur ura, questa è infatti la tipologia strutturale: un inintterrotto impalcato di travi
reticolari di acciaio, di dimensionii 249x30x2,5 metri pesante non più di 700 tonne ellate, composta da un
sistema di travi principali reticola lari longitudinali, collegate ortogonalmente da un’orditura secondaria,
con travi diagonali di controventa tamento, sospeso a 22 metri dal suolo, ad ottant ntaquattro barre d’acciaio
sostenute da quattro catenarie poste te a cavallo dei due cavalletti in cemento armato, posti ad una distanza di
163 metri, con due sbalzi di 43 m metri e vincolata ai cavalletti attraverso piastre di bloccaggio
longitudinali e trasversali che ne n impediscono la traslazione. Le catenarie e sono poligonali con
inviluppo parabolico, costituite da a barre in acciaio snodate formate da ferri p piatti giuntati tra loro e
collegate ai cassoni a mezzo di un u dispositivo idraulico per il controllo e la reg golazione delle tensioni.
I tiranti sono realizzati da una sequenza
se di cavi paralleli 9 45 millimetri dispo posti ad intervallo di 10
metri circa, a sostenere le travi principali
pr longitudinali della copertura vera e propria.
pr
Il pacchetto di copertura d’estrado osso, disposto su incavallature per le idonee e pendenze è costituito
da una lamiera grecata, mentre all’interno una controsoffittatura di pannelli ondulati o in vetroresina
definisce l’intradosso. Nell’intercapeedine che ne risulta viene immessa aria cond dizionata per ragioni di
coibentazione ed anticondensa.
Tra basamento e copertura è “tessu suta” la facciata continua di acciaio e vetro, proge gettata sempre da Covre,
come il tamponamento esterno dell coevo Palazzo del Lavoro di Torino. In questo ccaso, tenendo conto dei
grandi spostamenti sia orizzontali cche verticali della copertura, per le dilatazioni term rmiche e le deformazioni
dovute al variare del carichi accide entali, tutto il complesso della parete perime etrale dell’edificio è del
tutto indipendente dalla copertura..
Le pareti esterne sono costituite daa un’ossatura principale portante di pilastri della lla sezione, costituita da
uno scatolare cavo ottenuto perr unione di due elementi a C, con anima rinforzata ri (disponibile a
contenere i tubi dei pluviali colloccati ad interasse di 4,50 metri), che si rastrem emano in altezza da 90
a 35 centimetri circa, verso le d due estremità, superiore ed inferiore,incastratii al a piede sul basamento
di calcestruzzo e liberi in sommiità., posti ad interasse di 2 metri, intelaiati dai da riquadri portavetri e
collegati in sommità da una tra rave gronda. Lo spazio fra la parete e la coper ertura é realizzato con
materia plastico, in modo da conssentire i previsti movimenti ed assorbire l’azione e del vento senza danni.
La costruzione ebbe inizio a metà del 1961 con le sistemazioni del terreno e la realizzazione delle
fondazioni, per poi passare a settembre alla costruzione dei due cavalletti, con: casseforme a perdere, che
restano inglobate nella struttura finale a disegnarne il paramento esterno. Nella primavera del 1962 inizia la
costruzione della copertura metallica da parte della Badoni di Lecco.
sopravvenute nuove esigenze funzionali dell'impianto, di poter disporre di una notevole maggior
lunghezza dell’edificio, il che portava ad escludere definitivamente la convenienza del dispositivo a
volta in primo tempo prospettata, indirizzando le idee su di una struttura sospesa, struttura che
dopo vari tentativi condotti su rapporti di luce e sbalzi diversi, risultò schematicamente definita come
alla fig. 3.
Lo schema statico considera una luce intermedia di m 163 e due sbalzi simmetrici di m 43.
Complessivamente la lunghezza della copertura risulta pertanto di m 249. Le strutture portanti sono
quattro ad interasse di m 10 di modo che la larghezza della struttura risulta di m 30. La freccia
della funicolare è di m 22,50 con un rapporto di 1/7 circa rispetto alla luce intermedia. Il
dimensionamento dei dispositivi di sostegno è stato considerato costante per le quattro sospensioni in
vista della necessità futura di ampliamenti laterali.
L'introduzione dei particolari ed originali pilastri in c.a. costituenti il supporto dell'intero complesso di
copertura, che è metallica, è dovuta al prof. Nervi, che ha utilizzato la distribuzione delle masse in
modo tale da ridurre al minimo le azioni flettenti sui pilastri e annullando nel contempo azioni di
tensione sui blocchi di fondazione. Ne è risultata un'architettura che caratterizza il complesso.
I quattro piloni in c.a. sono collegati due a due trasversalmente da due architravi sovrapposti
costituenti doppio portale di irrigidimento dei quali quello in sommità ha anche il compito di amarro
delle catene di sospensione. Tale architrave è a sezione cava e contiene quattro cassoni in acciaio,
costituenti gli amarri propriamente detti, colla vitale funzione di diffusione degli ingenti carichi
concentrati trasmessi dalle sospensioni all’architrave cavo in c.a.
Questi cassoni, espressi in dettaglio anche costruttivamente in fig. 10 sono stati opportunamente
studiati in modo da rispondere ad altre vitali esigenze. La più rilevante è quella connessa alla
possibilità di disporre di un comodo sistema di regolazione delle variazioni di lunghezza delle catene
di sospensione, che possono assumere valori non trascurabili sia per ragioni elastiche che per quelle
termiche. E poiché tali variazioni si risolvono in movimenti verticali di tutta la copertura, che è
soggetta pertanto a variazione di livelli e di configurazione non trascurabili, era indispensabile un
sistema di controllo e di pronta messa a punto di assoluta tranquillità. Le catene giungono pertanto
entro ai cassoni con un ancoraggio a staffe predisposto su martinetti idraulici, da sostituirsi a sedie
costituite da spessori sovrapposti, in numero adeguatamente variabile con spostamento finale da
raggiungere in sede di regolazione (fig. 11).
Ogni sospensione è regolabile, anche contemporaneamente, alle due estremità e pertanto si può
disporre complessivamente di 16 dispositivi di movimento.
Risulta dai calcoli che per una variazione termica di 40° la lunghezza delle catene di sospensione
intermedie varia di 82 mm, con la conseguenza di un possibile spostamento verticale del vertice in
mezzeria, di 110 mm. Tale valore rappresenta 1/1400 circa della luce teorica di 163 m, ossia è
dell’ordine di grandezza delle freccie elastiche delle costruzioni metalliche.
Ancora, per effetto del carico accidentale massimo (previsto in neve in relazione di 100 kg/mq di
copertura), l'allungamento delle catene risulta di 80 mm con un corrispondente abbassamento in
mezzeria della copertura di 109 mm, valore che corrisponde all’effetto termico di 40° sopra riportato.
In sede di montaggio prima, e successivamente con opportune messe a punto, la rispondenza fra
previsioni e realtà si è dimostrata perfetta. Si attribuisce la bontà di questo risultato anche alla
scelta compositiva operata nella progettazione delle catene. Per questo si è esclusa a ragion veduta
l'adozione di funi ricorrendo alla composizione delle bielle in acciaio SELCO - 53 collegato da perni
preventivamente cromati per ovvie ragioni protettive.
In tal modo, con una lavorazione di precisione si è potuto raggiungere un grado di assestamento
finale delle sospensioni scevro da variazioni sensibili successive, semplificando inoltre i collegamenti
con le sospensioni verticali (realizzate in tondo di acciaio Aq 50 con tenditori filettati di regolazione)
che dispongono di un comodo collegamento in corrispondenza dei perni di unione delle bielle
costituenti la catena.
I cassoni di amarro sono di due tipi, laterali più corti di m 5,30 di lunghezza e pesanti 13 tonn.
ciascuno; e gli intermedi, di 7 m di lunghezza, pesanti circa 17 tonn, ciascuno. Pertanto su di una
lunghezza di circa 30 m di architrave cavo in c.a. costituenti il sostegno delle sospensioni, ben
24,60 m sono in acciaio (Aq 48 per le lamiere, Aq 50 e
Aq 42 per i profilati). Le ordinate di irrigidimento collocate
all’esterno del fasciame, sono opportunamente forate per
consentire il passaggio delle barre metalliche di
armamento del c.a. I cassoni sono accessibili all’interno
ed anche all’esterno superiore, nell'intercapedine tra
parete in acciaio e cielo in calcestruzzo, cosicché
ispezioni e manutenzioni sono possibili anche per questa
parte della struttura metallica.
Lo schema statico delle quattro principali strutture portanti
è costituito dall'insieme di una funicolare tesa con una
trave irrigidente (fig. 6). Si è accennato alla composizione
delle catene e delle sospensioni; si aggiunge ora qualche
elemento sulla trave irrigidente. Essa è costituita da due
briglie a T composte con piatti saldati e collegate da aste
di parete (fig. 7), realizzanti il dispositivo a telaio con nodi
ridotti alle membrature reagenti a sforzi assiali. La trave,
alta m 1,50, è dimensionata per lo sforzo di
compressione massimo che risulta di circa 54 tonn. e per
i momenti secondari discendenti da un'azione del carico
accidentale esteso alla metà (longitudinale) della
copertura. La verifica all’instabilità elastica della trave
irrigidente è stata condotta nell’ipotesi di vincoli elastici in
corrispondenza di ciascuna sospensione verticale
(interasse di circa m 10) in contrapposizione ai carichi
verticali ivi applicati. L'acciaio impiegato è il SELCO-53
per le briglie e l’Aq 50 per i profilati. Dalla fig. 8 si può
rilevare il dispositivo di irrigidimento trasversale delle travi
principali col completamento dell’orditura secondaria sulla
quale è disposto il materiale di copertura in Alusice e il
rivestimento di intradosso in Ondulux. L'intercapedine che
ne risulta è stata creata per ragioni di coibentazione ed
anticondensa, con immissione di aria a condizionamento
appropriato.
Il carico permanente dell’orditura di copertura risulta di
70 kg/mq per la struttura metallica e di
kg 30/mq per i rivestimenti in Alusice ed Ondulux. La
componente orizzontale massima nella sospensione
centrale risulta di 184 tonn. mentre quella contrapposta
per il tratto a sbalzo raggiunge le 73 tonn. La differenza
è affidata all’azione flettente resistente della trave a
cassone di sommità in c.a.
Il problema dei vincoli dell’intero complesso ha richiesto
particolari accorgimenti. Si trattava di consentire notevoli
spostamenti orizzontali derivanti da azioni termiche con
altri verticali conseguenti sia a queste che agli
spostamenti verticali elastici dovuti ai carichi nelle diverse
condizioni di valore che potevano assumere quelli
accidentali. In primo luogo si è deciso di realizzare tutto
il complesso della parete d'ambito dell’edificio rendendolo
del tutto indipendente da quello di copertura. A tale
scopo le pareti d'ambito dispongono di un’'ossatura
principale portante costituita di pilastri a cassone in
acciaio opportunamente profilati e incastrati al piede sul
robusto complesso in c.a. costituente l'ossatura di sostegno della macchina continua e liberi in
sommità. Tali pilastri, ad interasse di m 2,00 risultano intelaiati dai riquadri portavetri e collegati in
sommità da una trave-gronda (v. figg. 16-17) in acciaio composta da elementi saldati di lamiera
sagomata e irrigidita da costole e profilati. La sutura fra zona perimetrale libera di parete e le travi
d’ambito della copertura è effettuata con materiale plastico in modo da consentire i previsti movimenti
sia verticali della copertura che orizzontali di parete derivanti dall’azione di vento.
Il complesso di copertura d'altro canto, è vincolato orizzontalmente in corrispondenza di un portale
di sostegno e nel senso longitudinale mediante appoggi a rulli verticali (v. figg. 12-13-14) che
impediscono la traslazione orizzontale longitudinale dell'insieme ma consentono gli spostamenti
verticali. In corrispondenza dell’altro portale gli spostamenti orizzontali, longitudinali e verticali sono
liberi. Il contatto orizzontale nel senso trasversale fra la copertura e i pilastri in c.a. del portale
avviene invece attraverso due piastre verticali rivestite di neoprene.
Il montaggio, eseguito dalla G.E.M. di Milano ha richiesto una attrezzatura particolare. In primo
luogo, per il montaggio dei cassoni d’amarro si è potuto utilizzare l’impalcatura tu bolare creata per
il getto degli architravi e pilastri in c.a. ricorrendo ad appropriati mezzi di sollevamento. Il delicato
problema del controllo di quote è stato risolto in modo praticamente perfetto con uno scartamento
rispetto a quello teorico, risultato inferiore al 0,5 per mille. Disposte poi le quattro catene
orizzontalmente su di un impalcato provvisorio situato alla quota di intradosso della copertura, si è
provveduto al sollevamento delle estremità ed all’ammarro sugli organi a sedia creati nei cassoni. I tiranti
verticali, sollevati insieme alle catene, si sono così trovati nella posizione adatta per realizzare il
montaggio dei tronchi delle travi irrigidenti e successivamente del rimanente complesso di copertura.
Il montaggio, iniziato nella primavera del ’62, si è trovato, in pieno estate e con temperature
elevatissime, ad uno stadio tale di controllo delle quote da consentire una prima regolazione,
successivamente corretta con l’aumentare dei carichi e definitivamente controllata in occasione delle
eccezionali basse temperature di fine anno e dei primi mesi dell’anno in corso.
Una visione sintetica dell’opera viene brevemente illustrata, a sussidio dei disegni costruttivi
precedentemente espressi, dalle figure seguenti.
A fig. 1 l’opera si presenta in ultimazione di montaggio coi telai frangisole parzialmente applicati. In
fig. 9 è osservabile in dettaglio il possente telaio di sostegno in c.a. colle sospensioni del tratto
intermedio e di quello a sbalzo. A fig. 4 si prospetta la struttura in estradosso completa di
materiale di copertura, mentre in fig. 5 risultano dettagliati i dispositivi di articolazione dei tratti di
sospensione e l'attacco dei tiranti, col dispositivo stagno al piede dei tiranti stessi. Un vincolo
principale del complesso di copertura col pilastro in c.a. è dettagliato a fig. 15.
I ritti e le intelaiature di parete risultano espressi in fig . 18 e particolarmente per la zona d’angolo in fig.
20. Infine a fig. 19 si può osservare una vista parziale dell'interno con la gru a portale, in fase di
montaggio della macchina continua.
Particolare notevole è rappresentato dal risultato finale di comportamento del complesso sia agli
effetti elastici che a quelli termici. Per questi ultimi, ad esempio, si pensi che per temperatura
massima registrata in oltre 40 °C in estate e meno 20 °C d'inverno, il comportamento della parete,
completamente rivestita di vetro per uno sviluppo di oltre 560 m, con altezza di pilastri 2 mensola
di ben m 15,60 per una superficie complessiva di oltre 9.000 mq senza contare le fascie frangisole.
non hanno subito rotture almeno per ragioni termiche o per deformazioni elastiche dipendenti da
azioni di vento.
L'acciaio complessivamente impiegato per la copertura propriamente detta assomma a tonn 595
delle quali t 100 in SELCO - 53 per le catene di sospensione. I cassoni di amarro in numero di 8
han no richiesto complessivamente tonn 122 ed il complesso delle pareti d'ambito tonn 258 per i
ritti; tonn. 146 per le intelaiature di irrigidimento e portavetri, tonn 29 per i telai dei frangisole e
tonn 18 per la trave di gronda. L'acciaio dell'intera struttura raggiunge pertanto le tonn 1.168.
La esecuzione dell’opera è dovuta alla S.p.A. Antonio Badoni di Lecco che si è avvalsa, per il
montaggio, della «Generale Montaggi S.p.A.» (G.E.M.) - di Milano. L'ufficio tecnico della Committente
ed in particolare gli Ingg. Bersano e Martinengo hanno dato un decisivo contributo personale in
ogni fase del lavoro, dalla progettazione alla organizzazione realizzativa.
Gino Covre
Grandi Strutture
Problemi delle costruzioni in acciaio
Ed. Cremonese, 1967
Lasciando da parte il caso particolare rappresentato dalle strutture cementizie precompresse, dove le
eminenti doti di resistenza a trazione dell’acciaio vengono contemporaneamente utilizzate con quelle
del calcestruzzo che meglio si presta ad azioni di compressione notevole, mi limiterò qui a
considerare l’ossatura totalmente metallica con elementi tesi. Nel campo dei ponti sono state
utilizzate e si realizzano opere cosi grandiose che qui non é neanche il caso di considerare.
Conviene invece soffermarsi sulla opportunità, che può presentarsi spesso al progettista, di applicare
strutture tese nei casi che possono sembrare poco importanti, ossia strutture relativamente modeste
in confronto a quelle dei giganteschi ponti sospesi.
Gia alcuni decenni or sono Le Corbusier propose per fabbricati multipiani di abitazione civile una
sua « tensostruttura » che si riduceva, in sostanza, ad una gabbia di colonne sulle quali gli
impalcati ai vari piani venivano a collegarsi mediante cavi di sospensioni diagonali ancorati alle
colonne stesse.
Applicazioni di tale tipo però non mi risulta che siano state praticamente realizzate, mentre proposte
del genere sono state avanzate in questi ultimi anni per hangars di grandi luci, per grandi complessi
industriali o per fiere. Una applicazione di struttura sospesa è stata recentemente da me proposta e
realizzata nella costruzione di un grande padiglione industriale eretto in Mantova su commessa delle
Cartiere Burgo, destinato a raccogliere il più grande complesso europeo di macchina continua per la
fabbricazione della carta.
Si tratta di un edificio di 249 m di lunghezza su 30 m di larghezza e con un’altezza dal filo di gronda al piano
di campagna di 22 m dei quali 16 dal piano calpestio del salone macchina propriamente detto.
Lo schema statico considera una luce intermedia di m. 163 e due sbalzi di estremità di m. 43.
Le strutture portanti sono quattro a interasse di m. 10, costituite ciascuna da una funicolare a bielle
incernierate con trave longitudinale irrigidente (fig. 6.17 e tav. I). La freccia della funicolare é di m.
22,50 e pertanto con rapporto di 1/7 circa rispetto alla luce intermedia. Poiché é prevista la
necessità futura di ampliamenti laterali dell’edificio, il dimensionamento dei dispositivi di sostegno
principali é stato considerato costante per le quattro sospensioni.
L'introduzione dei particolari pilastri in c.a. costituenti supporto dell’intero complesso di copertura, che é
totalmente metallico, é dovuto al Prof. Nervi, che ha utilizzato la disposizione delle masse in modo
da ridurre al minimo le azioni flettenti sui pilastri, annullando nel contempo l’azione di tensione sui
blocchi di fondazione. Gli architravi superiori che interessano trasversalmente e collegano le due
coppie di pilastri di estremità sono cavi ed in cui trovano sede quattro cassoni in acciaio costituenti
gli amarri propriamente detti, con la vitale funzione di diffusione dei forti carichi concentrati trasmessi
dalle sospensioni all’architrave in ca.
Questi cassoni, espressi in dettaglio costruttivamente nella tav. II, sono stati opportunamente studiati
in modo da rispondere ad altre vitali esigenze, La più rilevante è quella connessa alla possibilità di
disporre di un comodo sistema di regolazione delle variazioni di lunghezza delle catene di
sospensione, che possono assumere valori non trascurabili sia per ragioni elastiche che per quelle
termiche. E poiché tali variazioni si risolvono in movimenti verticali di tutta la copertura, che è soggetta
pertanto a variazioni non trascurabili, era indispensabile un sistema di controllo e di pronta messa a punto
di assoluta tranquillità. Le catene giungono pertanto entro ai cassoni con un ancoraggio a staffe
predisposto su martinetti idraulici, da sostituirsi a sedie costituite da spessori sovrapposti, in numero
adeguatamente variabile, con valore finale da raggiungere in sede di regolazione.
Ogni sospensione é regolabile, anche contemporaneamente, alle due estremità e pertanto si può
disporre complessivamente di 16 dispositivi di movimento.
Risulta dai calcoli che per una variazione termica di 40° la lunghezza delle catene di sospensione
intermedie varia di 82 mm, con la conseguenza di uno spostamento verticale in mezzeria di 110
mm. Tale valore rappresenta 1/1400 circa della luce teorica di 163 m, ossia é dell’ordine di
grandezza delle frecce elastiche delle costruzioni metalliche.
Ancora, per effetto del carico accidentale massimo (previsto in neve per un valore di 100 Kg/mq di
copertura), l’allungamento delle catene risulta di 80 mm, con un corrispondente abbassamento in
mezzeria della copertura di 109 mm. valore che corrisponde in valore assoluto all’effetto termico di
40° sopra riportato.
In sede di montaggio prima, e successivamente con opportune messe a punto, la rispondenza fra
previsioni e realtà si é dimostrata perfetta.
Si attribuisce la bontà di questo risultato anche alla scelta compositiva operata nella progettazione
delle catene: per questo si è esclusa a ragion veduta, l’adozione di funi ricorrendo invece alla
composizione con bielle in acciaio SELCO-53 collegate da perni preventivamente cromati per ragioni
protettive. In tal modo, con una lavorazione di precisione si è potuto raggiungere un grado di
assestamento finale delle sospensioni scevro da sensibili variazioni successive, semplificando inoltre i
collegamenti con le sospensioni verticali (realizzate in tondo di acciaio Aq 50 con tenditori filettati di
regolazione) che dispongono di un comodo collegamento in corrispondenza dei perni di unione delle
bielle costituenti la catena.
I cassoni di amarro sono di due ue tipi: i laterali più corti di m. 5,30 di lunghe hezza e pesanti 13 t.te
ciascuno; gli intermedi di 7 m.. di lunghezza, pesanti circa 17 t.te ciascuno no. Pertanto su di una
lunghezza di circa 30 m. di arch chitrave cavo in c.a. costituente il sostegno delle sospensioni, ben
24,60 m. sono in acciaio (Aq 48 per le lamiere, Aq 50 e Aq 42 per i pr profilati). Le ordinate di
irrigidimento, collocate all’esterno o del fasciame, sono opportunamente fora rate per consentire il
passaggio delle barre metalliche di armamento del c.a. I cassoni sono accessibili ac all’interno ed
anche all’esterno superiormente,, nell’intercapedine tra parete in acciaio e cielo in calcestruzzo,
cosicché ispezioni e manutenzioni ni sono possibili anche per questa parte della struttura metallica.
Ho accennato allo schema statico co delle quattro principali strutture portanti non nché alla composizione
delle catene e delle sospensio ioni. Aggiungo ora qualche altro elemento sulla rimanenza della
struttura in acciaio.
La trave irrigidente è costituita da d due briglie a T composte con piatti saldatii e collegate da aste di
parete, realizzanti il dispositivo a telaio con nodi ridotti a membrature reagen enti a sforzi assiali. La
trave, alta m. 1,50, è dimensiona nata per lo sforzo di compressione massimo cche risulta di circa 54
t.te e per i momenti secondari dis iscendenti da un’azione del carico accidentale esteso alla metà della
copertura.
La verifica alla instabilità elastica a della trave irrigidente é stata condotta nell’ip’ipotesi di vincoli elastici
in corrispondenza di ciascuna sos ospensione verticale (interasse di circa m. 10) 0) in contrapposizione ai
carichi verticali ivi applicati. L’acci
ciaio impiegato é il SELCO-53 per le briglie e l’Aq 50 per i profilati.
Dalla figura n. 6.18 si può rilevar are il dispositivo di irrigidimento trasversale delelle travi principali, col
completamento dell’orditura secon ndaria sulla quale è disposto il materiale di ccopertura in Alusicc e il
rivestimento di intradosso in Ond ndulux. L’intercapedine che ne risulta è stata ta creata per ragioni di
coibentazione ed anticondensa, con immissione di aria a condizionamento o appropriato. Il carico
permanente dell’orditura di copert rtura risulta di 70 Kg/mq. per la struttura me etallica e di 30 Kg/mq
per i rivestimenti in Alusicc e Ondulux. La componente orizzontale massim sima nella sospensione
centrale risulta di 184 t.te mentre re quella contrapposta per il tratto a sbalzo ra raggiunge le 73 t.te. La
differenza é affidata all’azione fletettente resistente della trave a cassone di som mmità in c.a.
Il problema dei vincoli dell’intero complesso
c ha richiesto particolari accorgimenti.
ti.
Si trattava di consentire notevoli sspostamenti orizzontali derivanti da azioni term miche, con altri verticali
conseguenti sia a queste che agli ag spostamenti verticali elastici dovuti ai carrichi per i diversi valori
che potevano assumere quelli acci cidentali. In primo luogo
si è deciso di realizzare tutto il ccomplesso della parete
perimetrale dell’edificio rendendoloo del tutto indipendente
da quello di copertura. A tale scoposc le pareti d’ambito
dispongono di un’ossatura princip ipale portante costituita
da pilastri a cassone in acciaio op opportunamente profilati,
incastrati al piede sul robusto o complesso in c.a.
costituente l’ossatura di soste tegno della macchina
continua e liberi in sommità. Tal ali pilastri, ad interasse
di m. 2,00, risultano intelaiati daida riquadri portavetri e
collegati in sommità da una tra trave gronda in acciaio
composta da elementi saldati dii lamiera sagomata e
irrigidita da costole e profilati (ta
tav. III). La sutura fra la
zona perimetrale libera di parete e le travi d’ambito della
copertura é effettuata con materia ia plastico, in modo da
consentire i previsti movimenti sia vverticali della copertura
che orizzontali di parete derivanti dall’azione
d di vento.
Il montaggio ha richiesto una att ttrezzatura particolare. In primo luogo, per il montaggio dei cassoni
d’amarro si è potuta utilizzare l’impalcatura
l’i tubolare creata per il getto deglili architravi e pilastri in
c.a., ricorrendo ad appropriati me ezzi di sollevamento. II delicato problema de el controllo di quote é
stato risolto in modo praticamentnte perfetto, con uno scartamento rispetto a quello teorico, risultato
inferiore allo 0,5 per mille. Disp poste poi le quattro catene orizzontalmente te su di un impalcato
provvisorio situato alla quota dii intradosso della copertura, si é proceduto al sollevamento delle
estremità ed all’amarro sugli organ
ani a sedia creati nei cassoni. I tiranti verticalili, sollevati insieme alle
catene, si sono cosi trovati nella
lla posizione adatta per realizzare il montaggio io dei tronchi delle travi
irrigidenti e successivamente del rimanente complesso di copertura. Il montaggio, iniziato nella
primavera del '62, si è trovato in piena estate con temperature elevatissime, ad uno stadio tale da
permettere un controllo delle quote altimetriche e consentire una prima regolazione, successivamente
corretta con l’aumentare dei carichi e definitivamente controllata in occasione delle eccezionali basse
temperature di fine anno e dei primi mesi del 1964.
Particolare notevole é rappresentato dal risultato finale di comportamento del complesso sia agli
effetti elastici che a quelli termici. Per questi ultimi, ad esempio, si pensi che per temperatura
massima registrata in oltre 40°C in estate e meno 20°C di inverno, il comportamento della parete,
completamente rivestita di vetro per uno sviluppo di oltre 560 m, con altezza dei pilastri a mensola
di ben m. 15,60 per una superficie complessiva di oltre 9.000 mq. senza contare le fascie
frangisole, non hanno subito rotture, al meno per ragioni termiche o per deformazioni plastiche
dipendenti da azioni di vento.
L’acciaio complessivamente impiegato per la copertura propriamente detta assomma a 595 t.te delle
quali 100 t.te in SELCO-53 per le catene di sospensione. I cassoni di ammarro in numero di 8
hanno richiesto complessivamente 122 t.te ed il complesso delle pareti d’ambito 258 t.te per i ritti,
146 per le intelaiature di irrigidimento e portavetri, 29 t.te per i telai dei frangisole e 18 t.te per la
trave di gronda. L’acciaio della intera struttura raggiunge pertanto 1.168 t.te.
Tav. I - Cartiera Burgo, Mantova:
a: esecutivo di officina dei particolari relativi alle
lle catene e tiranti di
sospensione della copertura.
Tav. II - Cartiera Burgo, Mantova:: esecutivo di officina dei particolari dei casson
oni di ancoraggio delle
catene.
Tav. III – Cartiera Burgo, Mantova: esecutivo
e di officina dei ritti metallici di chiusura perimetrale.
p
Tav. IV - Cartiera Burgo, Mantova: esecutivo
e di officina dei dispositivi di bloccaggio della
d copertura.
Fonti
Nella costruzione della Salerno-Reggio Calabria l’opera più importante è stata il viadotto per
l'attraversamento del fiume Lao, rimasto per oltre trent’anni, il ponte più alto d'Europa, con un'altezza
sull'alveo sottostante di 256 metri, ed a cui, con legittimo orgoglio nazionale, fu assegnato il nome di
“viadotto Italia".
L' ANAS decise di realizzare l'opera attraverso due concorsi: il primo tra progettisti per il progetto di
massima, il secondo tra imprese di costruzione per il progetto esecutivo e la realizzazione.
Vinse il progetto del gruppo di ingegneri composto dai Professori Carlo Cestelli-Guidi, Fabrizio De Miranda
e Pellegrino Gallo, con la collaborazione degli Ingegneri Giorgio Croci, Ludovico De Lalla e Giacinto
Turazza, mentre tra le imprese si impose la Ing. Lodigiani SpA di Milano alla quale furono affidati i
lavori, con la progettazione esecutiva dell'opera curata, per la parte in calcestruzzo armato dall'Ufficio
Tecnico dell'Impresa (ing. Bedeschi e Casciati) con la consulenza generale del Prof. Ing. Riccardo
Morandi, con la parte in acciaio faffidata alla Badoni SpA di Lecco con la progettazione di Gino
Covre.
Il viadotto, che si sviluppa in curva ed in leggera ascesa verso Reggio Calabria, è del tipo a travata
rettilinea a sezione unica, con due corsie unidirezionali larghe 7,50 m, separate da uno spartitraffico
e affiancate da banchine laterali esterne e da due marciapiedi rialzati, con una lunghezza
complessiva di 1.160 m, suddivisa in 19 campate, poggianti su 18 piloni a struttura scatolare in cemento
armato, di cui 7 sul lato Salerno con impalcato formato da travate in c.a.p. semplicemente appoggiate
con interasse tra i supporti di circa 45 m, a cui segue l'impalcato della parte centrale, che scavalca la
gola del Lao, costituito da una travata continua in acciaio, suddivisa in tre luci rispettivamente di
125-175-125 metri su pile di altezza di 91-122-158-129 metri e poi ancora 9 campate lato Reggio
Calabria anch'esse con travi in c.a.p. semplicemente appoggiate.
I lavori vennero iniziati nell’ottobre 1966 ed ultimati nel novembre 1969, con l’inaugurazione ad inizio del
1970.
Tra il 2014 ed il 2017 vi sono stati lavori di ammodernamento ed adeguamento.
La struttura metallica
La progettazione dell'impalcato metallico è di Gino Covre, che ha diretto anche la redazione di tutti i
disegni esecutivi d'officina, mentre la preparazione in officina delle strutture ed il montaggio in opere,
guidato dal sig. Sabino Codazzi, sono stati eseguite dalla Badoni Sp.A. di Lecco.
Il calcolo di progetto fu particolarmente accurato, considerando i carichi effettivamente agenti e loro punti
dî applicazione, ottenendo, mediante equazioni di congruenze, le reazioni mutue effettivamente
agenti e le sollecitazioni massime provocate negli elementi strutturali e confrontando i risultati con quelli
ottenuti dall'applicazione degli studi In proposito fatti dal Massonet e successivamente ancora
utilizzando le superfici di influenza dedotte per le lastre ortotrope da S. Krug e P. Steln. Non meno i
problemi di stabilità sono stati oggetto dî particolare attenzione ad hanno impegnato gran parte del
lavoro analitico complessivo.
L'impalcato in ferro ha una lunghezza complessiva di 425m e larghezza 21,60m, appoggia su 4 pile a coprire
luci rispettivamente di 125m, 175m e 125m ed è a struttura scatolare realizzata con lamiera d'acciaio
irrigidita da nervature ("lastra ortotropa").
Le spettacolari campate della parte centrale in acciaio verniciate in azzurro “Italia” costituiscono una
trave continua su quattro appoggi del tipo a cerniera, fissa sugli appoggi intermedi e scorrevoli su
quelli di estremità. Gli appoggi mobili ad ogni estremo della travata metallica sono stati introdotti in
considerazione dell'elevato valore della dilatazione termica della parte centrale in acciaio, con idonei
giunti a pettine della lunghezza complessiva di 1,20m che assorbono gli spostamenti dovuti alle
dilatazioni termiche delle campate e del sisma.
La travata metallica si snoda in rettilineo tra le pile 8-9-10, mentre ha un tratto In curva nella
campata tra le pile 7 e 8, per buone parte di esse, dove l'asse della struttura si scosta di circa 11
m dalla linea di collegamento del punti mediani dei pilastri. Questo ha comportato una Introduzione
di sollecitazioni addittive per torsione, nonché complicazioni costruttive notevoli.
La sezione trasversale in acciaio è costituita da un cassone rettangolare con pareti formate da due
travi verticali ad un interasse di 12 metri e con altezza variabile da un minimo di 3,20m ad un
massimo di 8,50m, altezza che resta costante per tutta la campata centrale: due sbalzi laterali da
4,80 m completano la sezione. Costruttivamente si compone di 4 pannelli d'angolo, 2 di fiancata, 3
di impalcato e 3 di fondo per un totale in opera di oltre 600 pannelli.
La sezione resistente a cassone chiuso, consente di mantenere una elevata rigidezza torsionale con
un peso addizionale minimo di materiale dei diaframmi reticolari trasversali atti ad assicurare una
efficace distribuzione delle azioni torcenti in regime di Bredt sul sistema.
Sono stati inoltre disposti opportuni controventi trasversali nelle campate ed in corrispondenza degli
appoggi.
Il rivestimento protettivo delle superfici metalliche venne realizzato con vernici del sistema alchidico
che oltre una buona brillantezza e aspetto decorativo associavano i vantaggi di una buona durabilità
e resistenza in ambienti umidi, buona tenacità e flessibilità, e soprattutto una particolare facilità di
manutenzione.
Esecuzione e montaggio
Per poter completare la
costruzione del ponte in un
arco temporale di 3 anni
(ottobre 1966-novembre 1969),
in una zona di difficile
accesso e di avverse
condizioni meteo furono
fondamentali la strada di
cantiere ed il blondin per il
montaggio della struttura. La
strada di accesso ai cantieri
larga 5 m si sviluppava per
quasi 3 km interamente
scavata in roccia e collegava
la spalla Nord con la Sud,
rendendo accessibili tutte le
pile. Un ponte metallico
provvisorio di tipo sospeso a
130m di altezza e con 110m
di luce assicurava la
continuità dei trasporti. Schematicamente il ponte provvisorio (Foto di Gianfranco Oliva,op.cit.), che ha
suscitato notevole ammirazione, consisteva in un traliccio metallico appoggiato a dei traversoni e
sospeso a due funi di acciaio diametro 65 mm, solidamente ancorate a due robusti blocchi terminali
posti sui due lati della gola del Lao.
Per il getto delle pile centrali e poi per il sollevamento dei conci dell’impalcato metallico venne usato
un blondin appositamente progettato, le cui funi erano ancorate su due torri metalliche alte 150 m
progettate e costruite dalla Badoni, che consentiva il trasporto in quota di tutto il materiale ed il relativo
montaggio. La portata del blondin era di 12 ton per ciascuna fune su una luce di 600 m, con freccia
massima a pieno carico di 15 metri.
Tutti gli elementi che compongono la sezione trasversale del ponte furono composti nell’officina della
Badoni, per elettrosaldatura, dove dopo aver accuratamente controllato il ciclo di lavorazione da
eseguire sui vari pezzi, fu fatto un montaggio di prova di un intero tronco di circa 30 m con lo scopo
di controllare l'esattezza dei tracciamenti e le eventuali difficoltà che sì sarebbero potute prospettare
per la perfetta realizzazione delle giunzioni coi bulloni di alta resistenza ad attrito tipo 10k, garantendosi
così una più sicura e spedita successiva fase di montaggio in opera.
La scelta delle dimensioni dei singoli elementi ha dovuto tener conto sia delle esigenze del
montaggio che di quelle del trasporto, con gli elementi che dovevano arrivare in cantiere in treno fino alla
stazione di Lagonegro (Potenza), per poi proseguire su strada ordinaria a mezzo camion. Risultarono
elementi lunghi 10 metri, che vennero poi collegati con 330.000 bulloni Fontana ad alta resistenza. In totale
vennero costruiti 600 pannelli.
Il montaggio è iniziato nel marzo del 1968 ed è stato completato nella primavera dl 1969, quando tutte
le opere costituite dalle pile e dagli impalcati in cemento armato precompresso erano state
realizzate.
La costruzione dell’impalcato è iniziata dal tronco Nord quindi con quello Sud e completata dalla
chiusura centrale, che ha reso solidali i due tronchi. Per la chiusura, dopo il rilievo delle misure del
vano centrale, furono costruiti i pezzi finali in officina ed il montaggio realizzato con millimetrica
precisione.
Tutte le operazioni di montaggio sono state facilitate dalla presenza di due carroponte scorrevoli lungo
la travata su apposite guide, previsti per le operazioni di ordinaria manutenzione durante l'esercizio
dell'opera e costruiti preventivamente per essere utilizzati nelle operazioni di montaggio, in condizioni di
sicurezza.
Collaudo
Per il collaudo dell'impalcato metallico, a causa dell’impossibilità di reperire gli automezzi necessari, data
le lunghezza della travata e la forma della sezione a due carreggiate unite, il valore delle
caratteristiche di sollecitazione poste a base del calcolo di progetto venne raggiunto zavorrando
l'impalcato con materiale inerte, in quantità tale da ottenere un carico uniformemente distribuito pari
è 10.000 tonnellate per metro di lunghezza della travata. I rilievi delle deformazioni delle strutture
durante la prova di carico furono effettuati con una livellazione geometrica di alta precisione, mentre il
comportamento della lastra ortotropa fu monitorato con un certo numero di estensimetri a piastra,
installati all'interno del cassone.
Le misure di deformazione per tutti i punti prescelti sono state eseguite per le seguenti condizioni di
carico:
- Campata scarica
- Campata centrale carica con le due laterali scariche
- Campata centrale ed una laterale carica con l’altra laterale scarica
- Tutte le campate cariche
- Campata completamente scarica al termine delle prove
La freccia massima misurata per la campata centrale risultò di 30,2 cm inferiore a quella di 31,7 cm
determinata con il calcolo teorico. Il ritorno della struttura allo scarico operato al termine delle prove fu
pressoché totale.
Le foto tratte dalla pubblicazione Badoni, mostrano
fasi di montaggio, l’inizio della sutura fra i due tronchi
e l’interno dell’impalcato.
Fonti
Il progetto del viadotto sul fiume Lao dell'Autostrada Salerno-Reggio Calabria" di C. Cestelli Guidi, F. De
Miranda, G. Pellegrino Gallo, "Costruzioni Metalliche" n. 6/1965.
Jolanda Covre
Fonti
Praticamente inesistenti fonti biografiche su Gino Covre, l’unica è presente nel volume:
Per i lavori, oltre alle fonti citate nelle singole schede, ci si è riferiti a:
Costruzioni Metalliche
Rivista fondata nel 1949 ed oggi organo ufficiale del CTA – Collegio dei Tecnici dell’Acciaio
Che ci ha messo a disposizione tutto il suo archivio storico
Grazie
Prof. Jolanda Nigro Covre Dott.sa Simona Colombo Dott.ing. Riccardo de col
Capo Servizio Gestione CTA - Costruzioni Metalliche
Prof. Ing. Arch. HC Personale Docente
Enzo Siviero Area Risorse Umane e
Rector University eCampus Organizzazione Prof. Marta Badoni
Italy Politecnico di Milano Figlia di Giuseppe Riccardo
Badoni
Prof. Ing. Dott.sa Laura D'Ambros
Vittorio Nascè Archivi Storici Dott.sa Francesca Brambilla
Professore Emerito Area Sistema Archivistico e Pronipote di Marta Badoni
Politecnico di Torino Bibliotecario
Politecnico di Milano