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Il SUONO E l FENOMENI VIBRATORI - IL RITMO - IL METRONOMO

Il suono (definizione)

Nel vocabolario internazionale di elettroacustica, la compilazione del quale ha


richiesto la collaborazione di autorevoli specialisti dei vari rami dell ' acustica
(fisica, psicologica, musicale ecc.) di ogni parte del mondo, sono riportate le
seguenti definizioni di «suono»:

Sensazione udjtiva determinata da vibrazioni acustiche.


Vibrazioni acustiche capaci di determinare una senzazione uditiva.

11 termine «Suono» significa, quindi, tanto il fenomeno meccanico della


vibrazione acustica che opera come stimolo dei sensi, quanto la reazione
psicologica allo stimolo stesso. Definita la natura psicoacustica del fenomeno
sonoro, si tratta di vedere come può essere caratterizzata la sua componente
fisica e quali sono i rapporti tra questa ed il destinatario del messaggio acustico,
vale a dire l'uomo.

1fenomeni vibratori e l'oscillazione pendolare

Pare che non possano esserci dubbi che il concetto di «vibrazione» sia stato
acquisito attraverso l'esperienza soggettiva, come altri concetti relativi al
mondo esterno (tempo cronologico, velocità, temperatura ecc.), dei quali si
parla in modo corrente anche quando non sia stata approfondita la loro consi-
.
derazione scientifica. Una definizione del concetto di vibrazione può essere la
seguente: «movimento delle particelle di un mezzo e lastico da una e dali ' allra
parte della sua posizione di equilibrio». Le oscillazioni di un pendolo semplice,
esemplificato da una pallina pesante appesa a un filo sottile, non elastico,
presentano qualche analogia con il movimento vibratorio. Per questa ragione
ritroviamo a proposito della vibrazione, generica, la stessa terminologia usata
per definire le caratteristiche del) ' oscillazione pendolare, come: «elongazione»,
«ampiezza», «periodo» (o durata della elongazione), «fase» ecc. , il cui signi-
ficato generale è applicabile anche alle vibrazioni sonore.
Nella precedente defini zione della vibrazione è implicita l'idea di un movi-
mento che, in termini molto semplici , potremo considerare di «andata e ritor-
no», movimento che trova un sufficiente riscontro ne lle vibrazioni delle

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corde, delle piastre, delle membrane, delle verghe, dei regoli metallici o di
legno, nonché nelle pulsazioni dell' aria ne lle canne sonore e persino nelle
oscillazioni de i generatori di suoni elettro-acustici ed e lettronici. Nella
schematizzazione del movimento pendolare, che conviene seguire con molta
attenzione, possono essere sintetizzati gli aspetti essenziali, meccanici ed
energetici di qualsiasi sorgente sonora.
In condizione di riposo, la forza di gravità che agisce sul pendolo è equlli-
brata dalla reazione del vincolo, ossia dal filo che trattiene la pallina. Se questa
viene spostata lateralmente, tenendo il fi lo sotto te nsione, il sistema (cioè il
pendolo) acquista energia di posizione o potenziale, in quantità pari al lavoro
esegui to per effettuare lo spostamento, la grandezza del quale è detta ampiezza
della elongazione. È evidente che quanto più ampio è lo spostamento, altret-
tanto maggiore deve essere stata la quantità di energia che ha operato dal-
l' esterno, mentre pari menti adeguata dovrà essere l'energia restituita durante
la discesa del pendolo, sal vo, s' intende, quella parte de lla stessa che viene
assorbita dagli attriti. Sostituendo a l pendolo il corpo elastico di una sorgente
sonora, supponiamo una corda di violino, potremo parlare di ampiezza della
vibrazione (in luogo di ampiezza della e longazione) e di intensità del suono
(in luogo della quantità di energia restituita). Vedremo a suo te mpo di cosa si
tratta.

In fig. l è riprodotto un esempio di movimento pe ndolare.

l l l
l l l l l l
l l l l l
l l l l

l \
l l
l l
l l l

.. . ..·-·.. . ..
l l

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'• l • l •

·-·.
l • l
'
l • b c l • b c
. -.
l
'
'
· -·
a

fig. l

11 pendolo viene spostato dalla sua posizione di riposo a) per essere portato
in b), dove avrà inizio il suo movimento oscillatorio. Liberato dal freno , il
pendolo scende con velocità crescente verso a), consumando l'energia che
aveva accumulato e acquistandone a ltra che gli consentirà di risalire, con

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velocità decrescente, verso la posizione opposta a quella di partenza c), rag-
giunta la quale invertirà il movimento scendendo di nuovo verso a), transitan-
dovi e risalendo verso b), dove avrà termine il primo periodo del movimento
oscillatorio, al quale seguirà un nuovo periodo, quindi un terzo, un quarto e
così via, sino a quando cioè il graduale smorzamento delle oscillazioni avrà
ricondotto definitivamente il pendolo allo stato di riposo. A questo punto
abbiamo introdotto un concetto di fondamentale importanza, in quanto il
graduale smorzamento di cui abbiamo parlato implica un graduale rallenta-
mento della velocità de1la elongazione, che il pendolo effettivamente osserva
mantenendo però inalterato il tempo impiegato per compiere ciascuna oscilla-
zione. Si tratta dell 'isocronismo del movimento pendolare e, per effettiva
analogia di comportamento, dell ' isocronismo delle vibrazioni acustiche
assimilabili alle oscillazioni del pendolo.
f L a legge dell'isocronismo pendolare venne scoperta da Galileo Galilei
lverso il 1580.
Ferma restando la costanza del tempo per ciascuna oscillazione, la durata
effettiva delle stesse 9ipende dalla l~_!!ghe~z~d~.!J?~E_!olo . Il rapporto di teffi-·
po fra le oscillazioni di pendoli di lunghezza diversa è proporzionale alla
<<radice quadrata» delle rispettive lunghezze. Ciò significa che per raddoppiare
la durata dell 'oscillazione occorre quadruplicare la lunghezza del pendolo,
mentre, per la reversibilità del ragionamento, è chiaro che la durata verrà
dimezzata riducendo a un quarto la lunghezza stessa. --
Il concetto di durata comporta quello di misurazione, da cui discende
l'utilità di rapportare a una unità di tempo prestabilita la quantità delle oscilla-
zioni , ossia delle vibrazioni (nel caso dei suoni) compiute dalla sorgente.
L ' unità di tempo, salvo particolari diverse indicazioni, è il «minuto secondo»
(sec.), mentre la quantità de1Je vibrazioni nella unità di tempo viene detta
frequenza e viene indicata dal simbolo f. L'unità della frequenza è il periodo
(oscillazione o vibrazione completa), che si indica con Hz. 1 Quando si parla di
frequenza, l'unità di tempo, cioè il sec., è sempre sottintesa. Se, ad esempio. si
dice che una vibrazione acustica ha la frequenza di 440Hz, ciò significa che
compie 440 periodi (cicli completi) al sec. A questo punto è opportuno togliere
di mezzo una vecchia imprecisione: la distinzione de)]e vibrazioni in semplici
e doppie. Ogni movimento vibratorio è riducibile a una sola unità, che è il
«periodo», costituito sempre da un ciclo completo della vibrazione: dimezzare
il periodo per parlare di vibrazioni semplici è come dimezzare l'ora per djre che

1 Dal nome del fi sico tedesco Hertz.

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i l giorno è composto di 48 mezze ore. Il periodo comprende però due «fasi»,
che vengono convenzionalmente distinte con segno positivo (+ ) e con segno
negativo(- ). Riandando alla fig. l potremo considerare con uno dei due segni
la parte del movimento pendolare che si svolge a destra del punto di riposo a)
e con l'altro segno quella che si svolge a sini stra dal punto stesso. Riportiamo
in fig. 2 la situazione.

l \
l l
l \
l l
l \
l \
l
l
l
\
l l
l l

, '•
l
'
__ ,
, .__ ,
l
, '
,•

fig. 2 +
La suddi visione del movimento vibratorio in due fasi viene ad assumere
un' importanza pratica notevole quando si passi alla trasmissione e all' audizio-
ne del suono, cosa che vedremo più avanti.
Se consideriamo nel tempo il moto pendolare, col quale, come già sappia-
mo, può essere esemplificato l' andamento delle vibrazioni acustiche, possia-
mo vedere come il moto stesso sia rappresentabile graficamente con una curva
chiamata sinusoide, la quale esprime la realtà effettiva delle due componenti:
il moto vibratorio ed il trascorrere del tempo. Se poi consideriamo I' andamento
del periodo di vibrazione come un punto materiale c he descriva un cerchio (fig.
3 a), potremo disporre in un unico verso, da sinistra a destra, la distribuzione
del movimento vibratorio nel tempo, così come è raffigurato in 3 b.
..... '
/,, ,----------, ,,' '
/ , .... \
l \

l
\ ' ' .. :{ l
' , /
' ---------·..... ,
a
'
---- b

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Questo modo di rappresentare 1'andamento di un moto periodico è tutt'altro
che arbitrario o convenzionale, poiché risponde al risultato di una rigorosa
analisi matematica, un po' troppo complessa per trovare posto in questo
volumetto. È bene comunque sapere che si tratta dell 'analisi del moto armo-
nico semplice, o sinusoidale.
Un interesse non dettato da pura curiosità può venire considerando l'analo-
gia, che già è ricorsa e che più volte ricorrerà, tra i termini: «vibrazi ~~e
sinusoidale», «Suono puro», «S~ono sinusoidaiE>. Si tratta sempre di uno
stesso concetto, che in senso generale è applicabile a qualsiasi fenomeno
periodico semplice rappresentato da una curva sinusoidale (priva di distorsio-
ni) .
Circa l' assolvta fedeltà di rappresentazione delle vibrazioni sonore sempli-
ci mediante una curva sinusoidale, si deve dire che la tecnologia elettroacustica
consente già da tempo il rilevamento fotografico (oscillogramma) di qualsiasi
vibrazione acustica. Ecco in fig. 4 a l'oscillogramma di un periodo di un suono
puro, ed in 4 b quello di una frequenza di più periodi.

fig. 4 a

fig. 4 b

Come si vede in fig. 4 b tutte le sinusoidi che compongono la sequenza


hanno la medesima lunghezza, la qual cosa significa e conferma che uguale è
pure la durata di ciascun periodo. L' isocronismo delle vibrazioni introduce il
concetto di periodicità del movimento vibratorio, il cui significato è forse
stato di già intuito, poiché è da un po' di tempo che parliamo di periodo, di

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isocronismo ecc. Non inutile sembra comunque un chiarimento più preciso,
tantopiù che si tratta di un concetto veramente fondamentale per tutta I' acusti-
ca musicale: "periodico" si dice di un fenomeno che si ripete nello stesso modo
a intervalli uguali di tempo. Di qui a parlare del ritmo il passo è breve.

Il ritmo

F. Winckel,2 trattando del ritmo scrive: «non è nostra intenzione di sollevare


nuovamente i problemi posti dalla definizione del ritmo». Da Archiloco e da
Platone ai nostri giorni questo argomento ha visto le proposizioni più contrad-
dittorie, che vanno da una concezione puramente psicologica ad altra puramen-
te oggettiva, entro il cui cumulo ciascuno può trovare quello che più lo convin-
ce. Winckel ha quindi tutte le ragioni per considerare con una certa preoccupa-
zione la controversa questione. Vedremo ora alcune fra le tante definizioni .

Platone: Il ritmo è l'ordine del movimento.


Aristosseno: Ammette che il ritmo è un principio intrinseco della musica,
della danza e della poesia.
S. Agostino: Le definizioni del ritmo sono quelle dei più antichi teorici,
che chiedono al ritmo una successione regolare di <<piedi>>.
Rousseau: La definizione di ritmo è, oggi, quella che vale anche per
«misura».
Riemann: Qualità ritmica: differenza deUe durate, brevi e lunghe. .
e;
Qualità metrica: differenza degli accenti, forti e(brevy <LP_ -;;o
V. d'lndy : Il ritmo è l •ordine e la proporzione nel tempo e neÌ lo spazio.
J.de Momigny: Ogni formula ritmica elementare deve passare dal tempo
forte al tempo debole.
Diz. Ricordi : Il ritmo è la musica nel tempo. Esso è strettamente legato al
succedersi degli accenti, e il significato ritmico di una frase
musicale può mutare interamente se ne viene spostata la
successione, se cioè un tempo forte viene sostituito da uno
debole e viceversa.
Diz. Larousse: Il ritmo si stabilisce per la successione periodica dei tempi
forti e deboli, indipendentemente cioè dalla durata dei suo-
ni, sia per la successione regolare dei valori della durata
nell 'ambito di un ordine determinato.

2 r. Winckel : «Vues nouvelles sur le monde des sons>>, Dunod. Parigi , 1960.

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L'asticciuola del metronomo che è rigida e che costituisce il pendolo vero
e proprio, porta una serie di graduazioni che vanno da 40 a 208 e che consen-
tono, mediante lo spostamento del cursore, di scegliere in questi limiti la
frequenza degli impuls i acustici nel tempo di un minuto primo. La medesima
asticciuola porta pure l'indicazione dei «tempi», dal «Largo» al «Presto», con
tutte le classificazioni intermedie. Questa indicazione è decisamente inutile e
può essere anche causa di equi voco, poiché può indurre a credere nella esisten-
za di un legame costante tra Je indicazioni numeriche della cadenza e la
significazione del «tempo». È chiaro invece che il te mpo dipende in primo
luogo dal carattere musicale. Ad esempio: può darsi il ~caso che a una cadenza
di 120 di metronomo debba giustificatamente corrispondere un tempo «Alle-
gro»; come può tlarsi che, in altro caso, alla medesima cadenza debba corri-
spondere un tempo meglio indicato come «Andante mosso».
Mentre la scelta della cadenza risponde sempre a una stretta esigenza di
misura, pensata e voluta in termini ben precisi, quella del «tempo» dipende
invece da fattori psicologici ed estetici che non soffrono altro vincolo che
quello del carattere vero e proprio de11a musica, che inalterato deve rimanere
anche se la libertà dell' artista e d eli ' esecuzione consentono licenze crono-
metriche svincolate da qualsiasi imbrigliamento numerale.

LA PRODUZIONE E LA PERCEZIONE DEL SUONO - GENERALITÀ


SULLE VIBRAZIONI DELLE SORGENTI SONORE

Campo di udibilità e misura della sensazione uditiva

Si è detto (pag. 9) che il suono è il prodotto delle vibrazioni ac ustiche al livello


deJJa sensazione uditi va. Questa proposizione, veramente sintetica, richiede
maggiori spiegazioni , poiché non tutte le vibrazioni ac ustiche sono idonee a
produrre il suono: non è però possibile trattare questo argomento senza parlare
delle caratteristiche essenziali del fenomeno uditivo, in quanto la sensibilità
dell' orecchio ha limiti naturali ben definiti.

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-
l' "
f ( ....... "\ ; · : ..... j

Il campo delle frequenze acustiche7 si estende a oltre 10.000.000 di vibra-


zioni al sec., ma solo una piccola fascia di queste frequenze può essere perce-
pita come suono. Le misure eseguite dagli specialisti su numerosissimi sogget-
ti immuni da tare patologiche o senili, consentono di dire che il «campo
normale di udibilità» (detto anche «area normale di udibilità») è compreso tra
la frequenza di 16Hz e quell~ di. 16.000 fi~~~_!!c. 8 2tO 2 0 '0 O O l
ln fig. 5 è riportato l'audiogramma normale-medio, il quale esprime non
solo i limiti delle frequenze udibili, ma anche i valori dell ' intensità necessaria
affinché le stesse possano essere udite.

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10 Hz 103 104
a d
c 1<J00

tìg. 5 Audiogramma normale-medio (area di udibiliuì).

Le considerazioni che seguono sono della massima importanza e meritano


la dovuta attenzione, anche perché toccano un campo dr studio un po ' incon-
sueto per il musicista, ma pieno di fasci no e di non difficile comprensione,
almeno nelle sue linee fondamentali. È più difficile la lettura di un solfeggio
del secondo anno, che quella del diagramma riportato in fig. 5 e dei diagrammi
che seguiranno.
Sulla linea orizzontale in basso è riportata la progressione delle frequenze ,
così disposte: da a) a b) la decade delle decine - da b) a c) la decade delle

7 rJ campo delle vibrazioni acustiche è incomparabilme nte più grande rispeuo all'arca di udibi li tà.
K Ricordiamo che Hz è il simbolo del periodo e della vibrazione.

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centinaia- da c) a d) la decade delle migliaia - oltre d) le decine di rlligliaia.9
. _\Le linee orizzontali sopra quella deJle frequenze indicano l'aumento della
tàJ pressione acustica. La curva rivolta in basso è la soglia di udibilità, che
esprime la pressione acustica necessaria affinché le varie frequenze siano
udibili; mentre la curva rivolta in alto indica il limite di aumento de1la pressio-
ne acustica, oltre il quale l'orecchio riceve una sensazione di dolore vero e
propno.
Abbiamo introdotto il concetto di «pressione acustica>> , che al livello della
sensazione uditiva corrisponde alla intensità del suono. La pressione è infatti
una grandezza fisica, mentre l' intensità è un fatto soggettivo. Come avremo
occasione di vedere meglio in seguito, quelle che chiamiamo «onde sonore»
altro non sono che onde di pressione che si trasmettono attraverso il «mezzo»
in cui si propagano le vibrazioni acustiche. È altresì evidente che al concetto di
pressione è legato quello di energia, nel senso cioè che la pressione acustica
dipende sempre dall a quantità di energia svi luppata dalla sorgente sonora. È
una·questione abbastanza semplice anche per chi non ha molta famigliarità con
la fisica e che può essere simboleggiata da una partita di «dare» e di «avere»,
con vari passaggi di moneta e con qualche interesse passivo da corrispondere.
- ~~~~ ~
~a sorgente sonora, azionata da una forza estema,(rlceve)e, sotto forma di
vibrazioni, trasmette una certa quantità di energia che si propaga con onde di
pressione isocrone attraverso l'aria, fino a raggiungere l'organo uditivo, dove
l con una serie di trasformazioni molto complesse si converte nell'impulso
nervoso che eccita il cervello: a questo punto è nato il suono. Gli «interessi
passivi» sono costituiti dagli attriti che in vario modo sottraggono un po'
d'energia e con essa un po' di suono.
Una considerazione molto importante deve essere fatta a proposito de11 a
curva che, nell ' audiogramma normale medio, (fig. 5) rappresenta la soglia di
udibilità, ossia la pressione necessaria affinché le varie frequenze siano udibili.
L'andamento di questa curva ci dice che la pressione di cui trattasi è massima
per le frequenze basse, è minima per quelle tra i 500 ed i 5000 Hz e cresce
considerevolmente per le freq uenze molto alte. Ciò equi vale a dire che la
sensibilità dell 'orecchio non è lineare, cioè non uniforme per tutte le frequen-
- ·- --. ..
~ -
ze udibili. La curva della soglia del dolore conferma la disimmetria della
sensibilità uditiva. Nella parte centrale dell'area di udibilità, che è quella più
resistente alle malattie e ali ' usura, si trova l' area della parola, la cui colloca-

9
S i tratta di una progressione che ritroviamo in ogn i scala musica~e e de lla quale parleremo in
seguito.

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zione dimostra la coerenza dell ' adattamento naturale nel salvaguardare al
massimo la più preziosa via di comunicazione.
La non linearità dell'orecchio rispetto alla frequenza ha richiesto ricerche
più approfondite, che portarono Fletcher e Munson, eminenti studiosi di
psicoacustica, a definire, in un diagramma, una serie di curve che esprimono,
per tutte le frequenze udibili, il rapporto tra la pressione acustica e 1' uguaglian-
za della sensazione, per vari gradi d'intensità, dalla soglia di udibilità a quella
del dolore. Questo diagramma, che viene detto delle curve isofone, è riportato
in fig. 6.

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L.-',;'
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20 103 104 20000


frequenza

fig. 6 Curve isofone

Ed ecco il necessario commento.


Premesso che sulla linea orizzontale in basso è riportata la serie delle
frequenze, con gli stessi criteri usati nel diagramma precedente (fig. 5), in
senso verticale figura il livello dell' intensità, i cui rapporti sono espressi in
°
«decibel» (dB). 1 Considerando, convenzionalmente, con valore «Zero dB» la
pressione necessaria per raggiungere la soglia di udibilità per la frequenza di
l 000 Hz ( 10 3) , è possibile vedere quale deve essere la variazione della pressio-
ne stessa per ottenere il medesimo risultato per tutte le altre frequenze. Ad

10
I decibel non sono una misura assoluta, ma bensì di rapporto (v. Glossario).

20
esempio: per la frequenza sui 30HZ, 11 che è un poco più alta rispetto alla più
bassa frequenza udibile ( 16 Hz), possiamo accertare che la pressione efficace
per raggiungere la soglia di udibilità deve essere di oltre 60 dB sopra il livello
«zero»; sui l 00 Hz bastano invece 40 dB e ancor meno ne occorrono man mano
che ci si avvicina ai 1000Hz. Le altre curve del diagramma, che in corrispon-
denza dei I 000 Hz sono contrassegnate con i numeri l O, 20, 30 ecc. sino a 120,
esprimono la stessa esigenza uditiva, ma per intensità sonore sempre più alte
fino a raggiungere la soglia del dolore, alla quale corrisponde un incremento
dell' intensità non inferiore a 120- 130 dB.
Dato che l'intensità della sensazione uditiva per le diverse frequenze varia
in modo non lineare rispetto aJ variare deJla pressione acustica, cosa che
abbiamo or ora considerato, è chiaro che è necessario per la sensazione stessa
un adatto sistema di.misurazione. Per questa ragione sono stati ideati i «phon»,
che sono la misura deli ' intensità soggettiva, che al pari dei decibel è una misura
di rapporto, ma che con questi coincide solamente sulla frequenza dei l 000 Hz.
Perché solo su questa frequenza? La risposta è molto semplice: occorreva
innanzi tutto un punto di partenza convenzionale (così come sempre è avvenu-
to per ogni tipo di misurazione ideato dall ' uomo) 12 e questo, nel nostro caso, è
stato appunto scelto in coincidenza della frequenza di l 000 Hz. Mentre la
variazione della pressione, in dB, viene indicata nel diagramma con le linee
orizzontali parallele, ognuna delle quali rappresenta uno scarto di l O dB, la
variazione della sensazione, in phon, è indicata sempre con scarti di lO in lO
dalle curve isofone, le quali si restringono e si a11argano conformemente-alla
sensibilità uditiva per le varie frequenze.
Ma che cosa significa, rispetto alla quantità di energia, una variazione di un
certo numero di decibel o di phon? E qual è in senso assoluto la sensibilità del
nostro orecchio? Ecco davanti a noi un campo di cognizioni pieno di sorprese,
che possono però essere spiegate nel più semplice dei modi (v. nel Glossario le
voci: Decibel, Phon, Son e Sonia).
Se diciamo che tra due livelli di pressione, o di energia, vi è un rapporto,
supponiamo, di 60 dB , non vuoi dire che in termini aritmetici quel rapporto sia
di l a 60, ma bensì di l a 1.000.000, poiché la progressione dei decibel non è

11
Alla frequenza di 30Hz corrisponde approssimativamente il primo SI della tastiera del pianoforte
(il DO è già di 32,70 Hz).
12
li metro, il litro, il grammo ecc. non sono stati offerti spontaneamente dalla natura, ma è l' uomo,
che con spirito universale, ha voluto unificare i sistem i di misurazione per poter dialogare in modo
non equivocabile .

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