1
due
tipi
di
transizione,
Caplin
aggiunge
poi
una
terza
possibilità,
quella
della
transizione
in
due
parti:
la
prima
parte
sarà
in
genere
articolata
da
una
SC
nel
tono
principale
e
la
seconda
parte
da
una
SC
nel
nuovo
tono.
Non
è
escluso,
tuttavia,
che
anche
la
prima
parte
possa
chiudere
con
una
SC
nel
nuovo
tono.
Solitamente
una
transizione
assume
un’organizzazione
più
allentata
rispetto
al
tema
principale.
Uno
dei
disegni
formali
più
usati
è
quello
della
sentence.
Molto
spesso,
poi,
il
V
semicadenzale
è
prolungato
attraverso
un
pedale
esplicito
o
implicito,
dando
luogo
a
una
persistenza
sulla
dominante.
Il
tema
subordinato
è
nel
nuovo
tono,
la
dominante
nelle
esposizioni
di
modo
maggiore,
la
mediante
in
quelle
minori.
Il
suo
compito
è
affermare
il
nuovo
tono
e
di
confermarlo
attraverso
una
CAP.
Per
questo
motivo,
è
vincolante
per
questa
funzione
formale
chiudere
con
una
CAP.
Può
assumere
diverse
configurazioni
formali,
anche
se
la
sua
organizzazione
fraseologica
è
più
allentata
rispetto
al
tema
principale.
Molto
spesso,
infatti,
questa
funzione
formale
è
estesa
attraverso
diverse
tecniche
di
alterazione
fraseologica.
Un
aspetto
importante
della
TFF
è
il
modo
in
cui
è
trattato
uno
dei
fenomeni
più
complessi
della
configurazione
formale
di
un’esposizione
di
fine
‘700,
vale
dire
la
presenza
nel
nuovo
tono
di
più
unità
tematiche
chiuse
da
una
CAP.
La
posizione
di
Caplin
a
riguardo
è
semplice:
ogni
unità
tematica
chiusa
da
una
CAP
nel
nuovo
tono
svolge
una
funzione
formale
di
tema
subordinato.
Pertanto,
egli
definisce
gruppo
tematico
subordinato
un
complesso
di
temi
ognuno
dei
quali
termina
con
una
CAP
senza
differenziarli
sotto
il
profilo
funzionale.
Caplin
indica
i
vari
temi
che
costituiscono
un
gruppo
tematico
subordinato
in
maniera
neutra,
come
Tema
subordinato
1,
Tema
subordinato
2,
e
così
via.
Un
altro
aspetto
da
considerare
è
la
possibilità
del
“tema
subordinato
in
due
parti”.
Con
questo
termine,
Caplin
indica
un
unico
tema
che
presenta
una
SC
interna
che
lo
suddivide
in
due
parti
diverse.
La
Tav.
5.1
delimita
con
delle
doppie
linee
più
spesse
le
successioni
di
funzioni
Tema
principale,
Transizione
e
Tema
subordinato.
Queste
tre
funzioni
esprimono
la
sequenza
temporale
di
“inizio-‐centro-‐fine”
che
caratterizza
la
TFF
(si
ricordi
che
per
Caplin
le
funzioni
formali
sono
espressioni
musicali
di
queste
qualità
temporali
generali).
Le
due
funzioni
che
si
trovano
agli
estremi
opposti
esprimono
qualità
temporali
in
qualche
modo
accessorie,
quella
di
Introduzione
e
quella
di
Sezione
conclusiva
(“prima
dell’inizio”
e
“dopo
la
fine”).
Tuttavia,
in
una
sonata
classica
la
prima
è
generalmente
facoltativa
(infatti,
non
è
sempre
presente)
mentre
la
seconda
è,
quasi
sempre,
collocata
alla
fine
dell’esposizione.
La
Sezione
conclusiva
è
generalmente
costituita
da
una
serie
di
brevissime
unità
(da
2
a
4
bb.)
denominate
tradizionalmente
codette,
ognuna
articolata
alla
fine
da
una
successione
V-‐I.
Non
si
tratta,
pertanto,
di
una
vera
e
propria
unità
tematica,
perché
in
questa
sezione
le
unità
interne
(le
codette)
non
si
uniscono
mai
nella
formazione
di
un
vero
e
proprio
tema
e
non
esibiscono
le
tipiche
successioni
sintattiche
di
inizio,
centro
e
fine.
La
funzione
di
una
sezione
conclusiva
è
specificamente
postcadenzale,
intervenendo
“dopo
la
fine”
dell’esposizione
rappresentata
dal
Tema
subordinato.
5.3
Organizzazione
compatta
e
organizzazione
allentata
Uno
dei
criteri
sintattici
su
cui
si
basa
la
definizione
della
funzionalità
formale
nella
TFF
di
Caplin
è
la
struttura
di
raggruppamento.
Nella
prima
parte
abbiamo
visto
come
la
maggior
parte
dei
temi
tenda
a
organizzarsi
in
forme
sostanzialmente
simmetriche:
il
modello
fraseologico
standard
di
questi
temi
è
4+4.
La
simmetria
nella
struttura
di
raggruppamento
è
uno
degli
aspetti
che
contribuiscono
a
definire
per
Caplin
un
tipo
di
organizzazione
fraseologica
che
egli,
riprendendo
Schoenberg
e
Ratz,
definisce
“a
trama
compatta”
(tight-‐knit).
L’organizzazione
compatta
è
secondo
Caplin
tipica
della
funzione
di
tema
principale.
Rispetto
a
esso,
le
altre
funzioni
dell’esposizione
tendono
a
manifestare
un
tipo
di
organizzazione
più
“allentata”
(loose
organization).
La
differenza
tra
organizzazione
compatta
e
allentata
è
uno
degli
aspetti
più
innovativi
nella
concezione
della
forma
classica
di
Caplin,
ingiustamente
trascurato,
a
mio
avviso,
dalla
letteratura
recente.
Nella
sua
concezione,
un’esposizione
di
sonata
muove
da
una
funzione
espressa
in
modo
compatto
a
una
più
allentata.
La
zona
più
allentata
di
tutte
è
la
transizione.
Tuttavia,
anche
il
tema
subordinato
manifesta
notevoli
tecniche
di
allentamento.
Si
potrebbe
pensare,
in
tal
senso,
a
un’attualizzazione
della
dinamica
formale
di
Marx,
che
concepiva
sostanzialmente
la
forma
come
un
movimento
tra
zone
di
stabilità
e
di
instabilità
secondo
lo
schema
“rilassamento-‐tensione-‐rilassamento”
(nei
suoi
termini,
Ruhe-‐Bewegung-‐Ruhe).
4
La
Tav.
5.2
ripropone
uno
schema
di
Caplin
che
illustra
le
caratteristiche
complessive
di
questi
due
tipi
di
organizzazione.
Oltre
all’asimmetria
di
cui
abbiamo
già
detto,
un’organizzazione
è
allentata
attraverso
il
ricorso
a
diversi
tipi
di
processi
musicali
(per
es.,
un
tema
con
frequenti
elusioni
della
cadenza
finale
è
più
allentato
di
un
tema
con
una
chiara
affermazione
cadenzale).
La
differenza
di
organizzazione
della
nuova
area
tonale
è
del
tutto
evidente
nell’esposizione
della
sonata
classica.
Molto
spesso,
infatti,
le
transizioni
presentano
un’organizzazione
molto
irregolare,
asimmetrica,
con
un
frequente
ricorso
al
cromatismo;
analogamente,
il
tema
subordinato
presenta
spesso
l’elusione
della
cadenza
e
tecniche
di
alterazione
fraseologica
che
ne
ampliano
le
dimensioni
complessive
fino
a
raggiungere
proporzioni
abnormi
rispetto
a
quelle
del
tema
principale.
Da
notare,
nello
schema
di
Caplin
da
me
riprodotto,
che
il
periodo
è
inteso
come
un
tipo
di
tema
più”compatto”
della
sentence.
Tav.
5.2
Organizzazione
compatta
vs
organizzazione
allentata
(Caplin
2009)
Organizzazione
compatta
Organizzazione
allentata
Tonalità
tono
principale
(I)
tono
subordinato
(V)
toni
lontani
(iii,
bVI…)
modulazioni
prolungamento
del
I
prolungamento
del
I⁶
prolungamento
del
V
sequenziale
Armonia
Diatonica
commistione
modale
cromatica
Cadenza
CAP
SC
elusione
cadenzale
nessuna
Struttura
di
simmetria
(4+4)
(6+6)
asimmetria
(4+3+5)
raggruppamento
Materiale
motivico
Omogeneità
disomogeneità
Convenzionalità
tematica
Periodo
sentence
temi
non
convenzionali
5.4
Delimitazione
assente
o
debole
tra
transizione
e
tema
subordinato:
la
fusione
formale/funzionale
Generalmente,
la
fine
della
transizione
e
l’inizio
del
tema
subordinato
sono
nettamente
separati
da
una
chiara
interruzione
nel
flusso
musicale.
Questa
interruzione,
che
Darcy
e
Hepokoski
definiscono
“cesura
mediana”
(CM),
delimita
in
maniera
chiarissima
queste
due
unità
della
forma
e
contribuisce
a
esprimere
in
maniera
spesso
inequivocabile
le
loro
rispettive
funzioni
formali.
Tuttavia,
in
alcune
esposizioni,
capita
che
l’individuazione
di
questa
articolazione
cesurale
manchi
o
sia
estremamente
problematica.
Poiché
questo
fenomeno
assumerà
un’importanza
decisiva
nella
ST
di
Darcy
e
Hepokoski,
è
utile
ripercorrere
brevemente
la
posizione
della
TFF.
Abbiamo
visto
che
Caplin
concepisce
la
forma
come
una
successione
di
funzioni
sintattico-‐temporali
di
inizio,
centro
e
fine:
in
un’esposizione
queste
funzioni
sono
quelle
di
tema
principale
(un
inizio),
di
transizione
(un
centro)
e
di
tema
subordinato
(una
fine).
Il
problema
che
si
pone
in
termini
funzionali
quando
transizione
e
tema
subordinato
non
sono
tra
loro
delimitati
da
una
cesura
è
la
presenza
di
una
sola,
ampia,
unità
formale
a
cui
spesso
è
difficile
attribuire
una
chiara
definizione
funzionale.
Caplin
risolve
questo
problema
ricorrendo
al
principio
della
“fusione
formale/funzionale”:
in
una
stessa
unità
sono
presenti
due
diverse
funzioni
formali.
Come
abbiamo
già
visto,
egli
le
indica
ricorrendo
all’operatore
logico
“diventa”
(⇒)
e
utilizzando,
in
questo
caso,
la
classificazione
Transizione⇒ Tema
subordinato.
5.5
Un
esempio
di
analisi
Vorrei
chiudere
questa
sintesi
della
TFF
con
un
esempio
analitico,
l’esposizione
del
primo
movimento
della
Sonata
per
pianoforte
in
Sib
K.
333/315c
di
Mozart
(es.
5.1).
Si
tratta
di
un’analisi
dettagliata
di
tutte
le
funzioni
formali,
dal
livello
della
funzionalità
di
base
in
sù.
Prima
di
iniziare
a
illustrarla,
è
opportuno
fornire
alcune
indicazioni
di
metodo.
Innanzitutto,
l’analisi
può
procedere
dal
livello
superiore
a
quello
inferiore
e
viceversa
(top→down,
bottom→up).
Tuttavia,
potrebbe
essere
più
efficace
procedere
dall’alto
in
basso:
individuate
le
tre
sezioni
del
movimento
(esposizione,
sviluppo
e
ripresa),
passeremo
all’analisi
dell’esposizione
individuando
prima
di
tutto
le
sue
unità
tematiche
costitutive
(funzionalità
tematica).
Poi
procederemo
all’analisi
della
funzionalità
fraseologica
o
intratematica,
fino
alle
unità
di
due
battute
(la
funzionalità
di
base;
si
riveda,
nel
5
complesso,
la
Tav.
1
nel
primo
capitolo).
Ricordate
che
non
è
tanto
importante
attribuire
una
classificazione
generica
quanto,
attraverso
questa,
provare
a
descrivere
i
processi
che
sono
alla
base
della
loro
funzione.
L’obiettivo
dell’analisi
delle
funzioni
formali
non
è
dire
se
un
tema
è
una
sentence
o
un
periodo,
quanto
descriverne
l’organizzazione
funzionale.
La
tav.
5.3
schematizza
la
sola
funzionalità
tematica
dell’esposizione
di
Mozart(per
un’analisi
dettagliata
si
veda
l’es.
5.1);
la
terminologia
impiegata
è
quella
della
TFF.
Tav.
5.3
Mozart,
Sonata
per
pianoforte
in
Sib,
K.
333/315c,
I
(esposizione)
Unità
1
2
3
4
5
6
bb.
1-‐10
11-‐22
23-‐38
39-‐50
50-‐59
59-‐63
Gruppo
tematico
subordinato
Funzioni
tematiche
Transizione
Tema
Tema
Tema
Sezione
Tema
principale
(modulante)
subordinato
1
subordinato
2
subordinato
3
conclusiva
Tono
Sib
(I)
Sib→Fa
(I→V)
Fa
(V)
cadenze
I:CAP
V:SC
V:CAP
V:CAP
V:CAP
V:CAP
Per
individuare
la
funzionalità
tematica
ricordate
che
i
criteri
principali
sono
la
tonalità
e
la
cadenza.
Cercate
quindi
le
cadenze
che
articolano
la
fine
di
ogni
unità.
Per
la
funzionalità
fraseologica
sono
centrali
l’analisi
del
contesto
armonico
e
cadenzale
e
della
struttura
di
raggruppamento.
Il
tema
principale
si
estende
fino
al
battere
di
b.
10.
È
in
forma
di
sentence:
la
frase
di
presentazione
è
costituita
da
un’idea
di
base
di
due
battute
che
armonicamente
muove
da
I
a
ii.
La
risposta
muove
invece
da
V7
a
I.
Nel
complesso
la
tonica
è
prolungata
nelle
bb.
1-‐4.
La
continuazione
(bb.
5-‐10)
è
estesa
da
4
a
6
battute
mediante
la
ripetizione
leggermente
variata
delle
bb.
5-‐6.
Un’idea
cadenzale
di
2bb.
(9-‐10)
chiude
il
tema
con
una
CAP.
L’unità
tematica
successiva
nelle
bb.
11-‐22
è
una
transizione
“da
manuale”.
Come
potrete
osservare,
inizia
riproponendo
il
materiale
tematico
del
tema
principale,
una
delle
opzioni
più
frequenti
per
iniziare
questa
nuova
unità
formale.
La
sua
prima
unità
è
un’idea
di
base
composta:
all’idea
di
base
segue,
infatti,
un’idea
complementare
senza
chiudere
con
una
cadenza
formale.
Già
queste
prime
quattro
battute
modulano
al
tono
subordinato
della
dominante:
nella
b.
12
è
inserito
il
mi
beq.,
che
funziona
come
sensibile
nel
nuovo
tono
di
Fa
maggiore.
All’idea
di
base
composta
segue
una
continuazione
di
4bb.
(15-‐18)
caratterizzata
dall’uso
della
frammentazione.
Armonicamente
la
nuova
tonica
è
prolungata
mediante
un
primo
rivolto
(I6)
preceduto
da
un
V24.
La
funzione
di
questa
unità
è
soprattutto
quella
di
introdurre
il
V
del
nuovo
tono.
Il
modo
in
cui
questo
processo
si
realizza
è
assai
tipico:
il
I6
delle
bb.
15-‐16
muove
a
un
ii6
il
cui
basso,
Sib,
4^,
è
alterato
cromaticamente
(Si
beq.,
#4^)
per
condurre
al
V
di
b.
18,
il
punto
di
arrivo
semicadenzale
della
transizione.
Il
V
è
prolungato
da
una
tipica
persistenza
sulla
dominante
nelle
bb.
18-‐22
la
cui
funzione
è
chiaramente
postcadenzale:
l’arrivo
armonico,
il
V
semicadenzale,
è
raggiunto
a
b.
18
e
il
suo
prolungamento
segue
questa
SC.
A
b.
22
una
chiara
cesura
delimita
la
fine
della
transizione
modulante
e
prepara
l’ingresso
della
nuova
area
tonale
dell’esposizione.
L’area
tonale
della
dominante
è
organizzata
in
un
complesso
di
tre
temi
subordinati
(un
gruppo
tematico
subordinato).
Il
tema
subordinato
1
(bb.
23-‐38)
è
costituito
da
un
periodo
composto
di
16
bb.:
le
prime
8bb.,
in
forma
di
ibrido
3
(i.b.c.+continuazione)
chiudono
con
una
SC
(b.
30)
definendo
in
tal
modo
un
antecedente
su
larga
scala.
A
esso
segue
un
conseguente
di
8bb.,
anch’esso
un
ibrido
3,
chiuso
da
una
CAP
a
b.
38.
Il
tema
subordinato
2
(bb.
39-‐50)
è
interessante
da
analizzare.
La
sua
prima
frase
di
4bb.
è
una
presentazione,
come
si
evince
dall’i.b.
ripetuta
(una
ripetizione
esatta).
La
successiva
continuazione
è
caratterizzata
soprattutto
dalla
presenza
di
un
contesto
armonico-‐tonale
cromatico
e
da
una
frammentazione
(b.
43
ripetuta
nella
b.
44).
A
b.
45
un
ii6
procede
a
un
V
intensificato
come
prassi
da
una
46
di
cadenza.
Pertanto,
a
un
ascolto
attento
ci
attenderemmo
la
tonica
cadenzale
sul
b.
di
b.
46.
In
questo
punto,
però,
la
melodia
presenta
una
pausa
di
un
ottavo
e,
in
tal
modo,
lascia
il
V
cadenzale
precedente
senza
risoluzione,
dando
luogo
a
un
tipico
processo
di
elusione
cadenzale
definito
da
Janet
Schmalfeldt
“cadenza
evasa”:
la
tonica
è
letteralmente
soppressa
dal
contesto
della
musica
e
la
b.
46
,
potenzialmente
6
l’ottava
battuta
di
un
tema
regolare,
non
segna
la
fine
del
tema
subordinato
2
ma
l’inizio
di
una
nuova
frase
(ascoltate
con
attenzione
l’audio
di
questo
esempio,
e
vi
accorgerete
con
quanta
perizia
l’esecutore
sottolinea
questo
momento
con
un
“respiro”
tra
la
fine
della
b.
45
e
l’inizio
della
46).
L’impiego
nelle
bb.
46-‐48
di
materiale
chiaramente
riconducibile
a
quello
delle
bb.
43-‐44
e
la
reintroduzione
nelle
bb.
49-‐50
di
un’idea
cadenzale
ci
fanno
sentire
questa
frase
di
5bb.
(46-‐50)
come
una
ripetizione
variata
della
precedente
continuazione,
ora
in
grado
di
raggiungere
la
CAP
che
articola
la
fine
del
tema
subordinato
2.
L’analisi
di
questo
tema
è
un
ottimo
esempio
della
“organizzazione
allentata”
teorizzata
da
Schoenberg,
Ratz
e
Caplin.
L’effetto
della
cadenza
evasa
di
b.
46
è
dirompente.
Da
b.
39
a
b.
50,
contiamo
infatti
12
battute
che
potremmo
superficialmente
pensare
come
organizzate
in
tre
frasi
simmetriche
di
4
(4+4+4).
L’analisi,
invece,
rivela
che
l’organizzazione
fraseologica
è
del
tutto
asimmetrica:
4+3+5.
Asimmetria
della
struttura
di
raggruppamento
e
elusione
della
cadenza
agiscono
sull’organizzazione
di
questa
unità
determinando
il
suo
notevole
“allentamento”
strutturale
rispetto
alla
“trama
compatta”
del
tema
principale.
L’ultimo
tema
subordinato
(bb.
50-‐59),
il
terzo,
è
piuttosto
atipico,
e
sfida
la
convinzione
teorica
di
Caplin
che
sia
difficile,
se
non
impossibile,
differenziare
sotto
il
profilo
funzionale
i
temi
subordinati
dai
temi
conclusivi.
Esso
è
costituito
da
una
prima
frase
di
5bb.
che
io
interpreto
come
una
continuazione
in
virtù
di
un
evidentissimo
processo
di
frammentazione
e
dell’impiego
di
linee
cromatiche
nel
basso;
questa
prima
frase
chiude
già
con
una
CAP
a
b.
54.
La
seconda
frase
è
una
ripetizione
espansa
della
prima
frase
attraverso
l’ampliamento
del
V
cadenzale:
nella
prima
frase
di
5bb.
quest’armonia
dura
una
sola
battuta
(b.
53),
mentre
nella
ripetizione
ne
dura
due
(bb.
57-‐58,
per
un
totale
di
6bb.).
La
sezione
conclusiva
è
costituita
da
due
codette.
Le
codette
sono
unità
molto
brevi
(2
o
4
bb.).
La
prima
codetta
si
svolge
su
un
pedale
di
tonica
(il
I
del
nuovo
tono).
La
seconda
invece
introduce
una
successione
cadenzale
che
chiude
con
una
CAP
convenzionale
a
b.
63.
Ritorneremo
su
questa
esposizione
nella
sezione
dedicata
alla
ST
(si
confronti
la
Tav.
5.3
con
quella
presentata
nella
Scheda
8.5).
Per
ora
mi
limiterò
a
qualche
considerazione
finale
sull’analisi
ora
condotta.
Osservando
le
proporzioni
delle
varie
unità
tematiche
possiamo
accorgerci
che
l’area
tonale
subordinata,
la
dominante
Fa,
si
estende
per
ben
37
battute
rispetto
alle
10
del
tema
principale.
La
sua
organizzazione
complessiva
è
decisamente
più
allentata
del
tema
principale.
Questi
sono
per
Caplin
elementi
salienti
della
forma
classica,
e
un’analisi
condotta
in
base
ai
criteri
della
TFF
non
deve
mancare
di
evidenziarli
con
accuratezza
di
dettagli.
Caplin
correla
l’organizzazione
allentata
dell’area
tematica
subordinata
a
fattori
tonali.
Il
tono
principale
è
affermato
sin
dalle
primissime
battute
(dall’idea
di
base)
e
non
richiede
particolari
sforzi
perché
sia
stabilito
con
chiarezza.
Invece,
il
nuovo
tono
ha
bisogno
di
maggiore
spazio
e
tempo
per
potere
essere
affermato
in
modo
adeguato
e
per
potere
sostituire
nella
percezione
dell’ascoltatore
la
forte
presenza
della
tonica
iniziale.
Questo
spazio
e
tempo
maggiori
sono
realizzati
dal
compositore
attraverso
processi
di
ampliamento
consistenti
in
elusioni
cadenzali,
espansioni,
ripetizioni,
complessi
tematici
(più
temi
subordinati
nel
nuovo
tono),
e
sono
proprio
questi
processi
che
determinano
in
ultima
analisi
l’allentamento
della
struttura
dell’area
tematica
subordinata.