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Indice_2-2018_Indice Vol.I.

qxd 31/01/2019 18:10 Pagina 1

I PROBLEMI DELLA PEDAGOGIA


Rivista semestrale diretta da IGNAZIO VOLPICELLI S. NANNI, Laudomia Bonanni: interpretazioni di pedagogia.
Il “concetto etico di femminilità” p. 271
E. PUGLIELLI, Un maestro indimenticabile: Umberto Postiglione p. 281
Comitato editoriale:
S. SALMERI, Cura educativa, coscientizzazione, democrazia in Paulo Freire p. 301
Carlo Cappa, Cosimo Costa, Marco Antonio D’Arcangeli, Donatella Palomba,
E. ZIZIOLI, “Una stanza tutta per noi”. Letture collettive al “Femminile” p. 331
Anselmo Roberto Paolone, Stefano Salmeri, Alessandro Sanzo,
Nicola Siciliani de Cumis, Giuseppe Spadafora,
RECENSIONI
Ignazio Volpicelli, Maria Volpicelli, Elena Zizioli
C. CAPPA, G. SELLARI (a c. di), Musica è Emozione. Crescita educativa
Comitato scientifico:
e culturale nella scuola secondaria di primo grado (E. Ferracci) p. 351
Gaetano Bonetta, Wilhelm Büttemeyer, Florencio V. Castro, Hervé A. Cavallera,
L. BENADUSI, S. MOLINA (a c. di), Le competenze. Una mappa per orientarsi
Robert Cowen, Margarete Durst, Rosella Frasca, Mario Gennari, Antonio Luzón,
(F. C. Ugolini) p. 355
Francesco Mattei, Michel Ostenc, Lucio Pagnoncelli, Luciano Pazzaglia,
A. R. Paolone, Crescere e vivere con la poesia. Spunti dal modello
Miguel A. Pereyra, Maria S. Tomarchio
educativo di Kenneth Koch (M. D’Agostini) p. 358
F. SANI, Rousseau e le pedagogie dell’assenza (C. Cappa) p. 361
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bio debbono essere indirizzati alla Direzione de:
Hanno collaborato a questo numero de «I Problemi della Pedagogia»:
M. CALIGIURI, C. CAPPA, G. CIVES, M. D’AGOSTINI, E. FERRACCI, S. NANNI, E. PUGLIELLI,
«I PROBLEMI DELLA PEDAGOGIA» Via Corsini n. 12 - 00165 ROMA S. SALMERI, E. ZIZIOLI, F. C. UGOLINI

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delle pubblicazioni elaborato dal Committee on Publication Ethics (COPE): Best
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Anno LXIV Luglio/Dicembre 2018, n. 2

SOMMARIO

SAGGI Direttore Responsabile: IGNAZIO VOLPICELLI

M. CALIGIURI, Insegnare: metamorfosi di una responsabilità sociale p. 241 Autorizzazione del Presidente del Tribunale di Roma n. 4453 del Registro della Stampa 3-2-1955
ISSN: 0032-9347
G. CIVES, Giuseppe Lombardo Radice ottanta anni dopo (1938-2018) p. 259
“Una stanza tutta per noi”.
Letture collettive al “Femminile”
Elena Zizioli

1. ALLE ORIGINI DELL’ESPERIENZA: PREMESSE PEDAGOGICHE

Il mio soggiorno si trasformò per tutte noi nel regno della libertà più as-
soluta. Un vero paese delle meraviglie. Sedute intorno al tavolino […] en-
travamo e uscivamo dai nostri romanzi. Guardandomi all’indietro, mi
stupisco ancora di quanto abbiamo imparato, e senza nemmeno accor-
gercene. Nabokov lo aveva descritto, quello che ci sarebbe successo: a-
vremmo scoperto come il banale ciottolo della vita quotidiana, se guarda-
to attraverso l’occhio magico della letteratura, possa trasformarsi in pie-
tra preziosa.1

Ho scelto questa citazione evocativa, in grado di suscitare em-


patia, come è proprio della buona letteratura, tratta dal celebre ro-
manzo Leggere Lolita a Teheran della scrittrice iraniana Azar Nafisi,
per raccontare un’esperienza condotta in un contesto particolare: i
locali della biblioteca dell’Istituto Femminile della Casa Circonda-
riale di Rebibbia (Roma) con un gruppo di undici detenute appar-
tenenti ai differenti reparti. Si è trattato di cinque incontri in cui è
stata proposta la lettura di libri senza parole (silent books o wordless
picture books), di cui si dirà in seguito, incoraggiando impressioni e
interpretazioni per avviare una riflessione sul proprio percorso esi-
stenziale e quindi un atteggiamento responsabilizzante verso il
proprio progetto di vita. La citazione ci è sembrata un’ottima in-
troduzione a questa sperimentazione così singolare perché nel pas-
so ci si sofferma su concetti come libertà, immaginazione, meravi-
glia, riscoprendo la lettura come una risorsa per impreziosire la vi-
ta, per riscattarla non solo dal grigiore e dalla monotonia ma anche
dalle costrizioni, dai dispositivi chiusi e totalizzanti, per regalare

1 A. Nafisi, Leggere Lolita a Teheran, Milano, Adelphi edizioni, 2011, p. 23.


“Una stanza tutta per noi”. Letture collettive al “Femminile” 332

perciò nuovi occhi con cui guardare la realtà. In un certo senso la


letteratura ha una natura “eversiva”, perché concede una possibilità
di fuga, di evasione per ridare significati all’esistenza e ri-progettare
il futuro, dopo aver esperito emozioni, sensazioni e aver visto agire
modelli in cui potersi identificare.
Le riflessioni sulle potenzialità del leggere letteratura, del resto,
sono state abbondantemente indagate dagli studi scientifici e per-
ciò sembra superfluo richiamarle; nel contesto penitenziario assu-
mono una valenza particolare che ha a che fare con la cura e il be-
nessere.2 Ma non sono solo gli effetti benefici sull’individuo, bensì
anche quelli collettivi che si vogliono mettere in luce in questo sag-
gio perché alla ricerca dell’altrove si aggiunge la possibilità
dell’incontro con l’altro e cioè la relazione che attraverso una lettu-
ra collettiva s’instaura fra coloro che ne sono coinvolti, così come
sottolinea Nafisi nel momento in cui denuncia l’insospettata espe-
rienza di apprendimento e rimarca il desiderio di immergersi nei
romanzi per esprimersi liberamente insieme. Una relazione che si
carica di significati e si declina con diverse accezioni. È questo
l’aspetto pedagogicamente più intrigante che vogliamo indagare e
che ha giustificato e sostenuto la sperimentazione svolta. Si è, in-
fatti, riscontrato, come si avrà modo di evidenziare, che l’accostarsi
a opere letterarie, con lo scegliere cosa leggere e il discuterne in-
sieme crea il potenziale per formare comunità proprio laddove
questi processi sono più a rischio.
In carcere, nel rispetto sia dei diritti della persona (art. 2 della
Costituzione) sia di quelli derivanti dallo stato di detenzione, i co-
siddetti percorsi rieducativi hanno maggiori possibilità di successo
se il gruppo di lavoro (direzione e staff educativo) riesce a proget-
tare iniziative superando la logica dell’autoreferenzialità, praticando
un modello d’intervento/trattamento in grado di valorizzare le ri-
sorse del territorio per favorire un’osmosi tra il dentro e il fuori.
È noto che ogni Istituto penitenziario è un mondo a sé e a que-
sto riguardo l’Istituto Femminile della Casa Circondariale di Re-
2 Si veda, a questo riguardo, la “biblioterapia” che sottolinea appunto la va-

lenza terapeutica della lettura all’interno di un processo di cura in situazioni che


non necessitano di medicalizzazione, ma che comportano una crisi esistenziale,
come appunto, rappresenta l’ingresso e la permanenza in istituzioni come le car-
ceri o gli ospedali. Per approfondimenti: B. Rossi, Biblioterapia. La lettura come be-
nessere, Bari, Edizioni la Meridiana, 2009; M. Racci, Iniziazione alla libroterapia, Mi-
lano, Edizioni Mediterranee, 2010.
333 ELENA ZIZIOLI

bibbia si è sempre dimostrato una realtà aperta alle innovazioni e a


progetti di qualità.
Nel recente processo riformistico avviato con gli Stati generali
dell’esecuzione penale e avente come obiettivo la responsabilizza-
zione delle persone sottoposte a pena detentiva, si è insistito molto
sulla valenza trattamentale delle attività culturali e si è assegnato a
tutte le iniziative educative, formali e non, in grado di stimolare
conoscenza e partecipazione attiva dei detenuti, un ruolo strategi-
co.3
Per questo si guarda con sempre maggior interesse ad un’attenta
educazione al libro e alla lettura e, quindi, al ruolo delle biblioteche
in carcere.4 Le public libraries, da sempre presidio di democrazia e
luoghi dove è possibile accedere ai libri e, quindi, ad un’ampiezza
di orizzonte, negli ultimi anni hanno arricchito le loro attività, di-
ventando centri propulsivi di trasformazione dei territori.5 Acces-

3 Per informazioni sul lavoro condotto dagli Stati Generali si veda il sito del

Ministero della Giustizia all’indirizzo: https://www.giustizia.it/giustizia/it/ mg_


2_19.page. Sulle attività culturali e formative è possibile consultare, sempre allo
stesso indirizzo, la documentazione prodotta dal Tavolo 9: Istruzione, cultura,
sport.
4 In proposito si veda: C. Benelli, G. Del Gobbo, Lib(e)ri di formarsi. Educa-

zione non formale degli adulti e biblioteche in carcere, Pisa, Pacini editore, 2016; in rife-
rimento al contesto di Roma cfr. la ricerca, anche se datata di L. Arcuri, F. De
Grossi, G. Scutellà, Il diritto di leggere. Le biblioteche comunali romane in carcere, Roma,
Sinnos, 2001 ed anche l’articolo di S. Murari, L. Vinci, Libri e gusti di lettura
nell’esperienza degli Istituti di pena romani, in “Bilioteche oggi”, XXXVI [2018], pp.
41-47. Va ricordato che nel dicembre 2017 è stato rinnovato per il quinquennio
2017-2022 il protocollo d’intesa per la promozione e la gestione dei servizi di
biblioteca negli istituti penitenziari italiani, sottoscritto dal Ministero della Giu-
stizia – Dipartimento Amministrazione Penitenziaria (DAP), Conferenza delle
Regioni e delle Province autonome, Associazione Nazionale Comuni d’Italia
(ANCI) e Associazione Italiana Biblioteche (AIB): «Il rinnovo del protocollo –
come si legge sul sito dell’AIB – risponde alla necessità di fornire un quadro
normativo unico a quanti si occupano a vario titolo di biblioteche penitenziarie,
così da avere un modello di riferimento applicabile alle diverse realtà territoriali.
Il primo protocollo era stato firmato nel 2013, su iniziativa dell’AIB, con
l’obiettivo di promuovere e potenziare il sistema delle biblioteche penitenziarie
attraverso la loro integrazione con i servizi bibliotecari del territorio».
(http://www.aib.it/attivita/2017/65985-protocollo-biblioteche-carcerarie-2017)
(ultima consultazione 10 ottobre 2018).
5 Tanti i testi che qui potrebbero essere richiamati; tra gli altri si segnalano i

lavori di Antonella Agnoli: Le piazze del sapere: biblioteche e libertà, Roma-Bari, La-
terza, 2009; La biblioteca che vorrei. Spazi, creatività, partecipazione. Milano, Editrice
“Una stanza tutta per noi”. Letture collettive al “Femminile” 334

sibili, accoglienti, attrattive, avviando reti e progetti mirati si sono


qualificate come risorse educative per riattivare relazioni generative
e promuovere conoscenze e capacità civiche e sociali, contrastando
la povertà culturale e offrendo inedite occasioni di emancipazione
delle comunità, di socializzazione, di integrazione e di riscatto so-
ciale. Negli istituti di pena, come ribadito dall’IFLA (International
Federation of Libraries Associations and Istitutions), le biblioteche, recu-
perando la tradizione delle public libraries, possono, oltre ad incre-
mentare il patrimonio librario e multimediale, fornire risorse per
programmi educativi e riabilitativi, assumendo così una significati-
va valenza trattamentale.6 Da qui si sono sviluppate una serie di i-
niziative (dall’incontro con l’autore a seminari su tematiche specifi-
che, da dibattiti con personalità della cultura a progetti specifici).
Se tali iniziative qualificano dunque la biblioteca come un centro
informativo di supporto ai processi di apprendimento, è importan-
te metterne in luce anche l’apporto trasformativo in grado di sti-
molare percorsi di autonomia, di libera scelta, di cambiamento. In
quest’ambito va inserita la sperimentazione condotta che ha raccol-
to una sfida pedagogica ambiziosa e cioè provare attraverso una
«comunità narrativa»7 a contribuire fattivamente ai processi riedu-
cativi.
Ed è questa la finalità che ha sostenuto il progetto qui analizza-
to, svolto grazie all’autorizzazione della Direzione dell’Istituto, di
concerto con l’Area educativa8, e al contributo dei servizi delle Bi-
blioteche in carcere del Comune di Roma.9

Bibliografica, 2014; ed anche dell’antropologa francese Michèle Petit, Éloge de la


lecture. La construction de soi, Paris, Edition Belin, 2002.
6 Cfr.: “IFLA Journal”, 21 [1995], 1, pp. 66-67 disponibile al sito:

www.aib.it/commiss/cnbp/unesco.html; F. E. Kaiser (a cura di), Linee guida per i


servizi bibliotecari ai detenuti, 2a ed. riveduta. Traduzione di M. Fontanin, disponibi-
le anche sul sito della rivista “Ristretti Orizzonti” all’indirizzo:
http://www.ristretti.it/areestudio/cultura/biblioteche/guida.htm (ultima con-
sultazione dei siti citati 10 ottobre 2018).
7 P. Jedlowski, Il racconto come dimora. Heimat e le memorie d’Europa, Torino, Bol-

lati-Boringhieri, 2009, p.128.


8 Si ringrazia, in particolare, la Dott.ssa Eugenia Fiorillo, responsabile Area

Educativa.
9 Si ringraziano il Dott. Fabio De Grossi, responsabile del Servizio delle Bi-

blioteche in carcere di Roma Capitale e le Dott.ssa Stefania Murari e Laura Vinci


del medesimo servizio, grazie alla collaborazione delle quali è stato possibile rea-
lizzare il progetto, dall’ideazione e presentazione all’Area Educativa e alla Dire-
335 ELENA ZIZIOLI

Si è puntato non tanto a trasferire una competenza nell’uti-


lizzare i testi quanto a stimolare – come già precisato in apertura –
il senso di responsabilizzazione delle partecipanti verso il proprio
progetto di vita, valorizzando la dimensione psicologica ed educa-
tiva del leggere tra le sbarre. L’esperienza ha portato la riflessione
sull’antinomia pedagogica libertà/autorità che in carcere si ripro-
pone con maggior urgenza, ma anche sul difficile binomio sogget-
tività/omologazione. L’educazione tra le mura è, infatti, una conti-
nua sfida, una scommessa che coinvolge più attori e che richiede
una progettazione pedagogica attenta, relazioni in grado di rispetta-
re il giusto equilibrio tra l’esigenza di controllo e la responsabiliz-
zazione dei soggetti sottoposti a detenzione.
Ogni iniziativa tra le sbarre assume così un valore alto, inesti-
mabile. L’ampia offerta e la qualità delle iniziative possono non so-
lo mitigare e contrastare gli effetti del regime penitenziario, ma so-
prattutto trasformare il periodo di reclusione in un’occasione di
«coscientizzazione»10 della propria condizione e, quindi, di riscatto.

2. LA FORMAZIONE DEL GRUPPO: SPECIFICITÀ E CRITERI NELLE


SCELTE

La scelta di realizzare il progetto in un Istituto femminile è stata


mossa dalla volontà di offrire un’esperienza di qualità a soggetti con-
siderati vulnerabili, le donne, che nelle carceri sono spesso trattate
con paternalismo, indulgenza e continuano a soffrire di una condi-
zione di minorità legata alla qualità del trattamento, nonostante si sia
ribadita da tempo anche a livello legislativo, tanto nazionale quanto
europeo, che l’esecuzione penale deve essere uguale per tutti e nel
contempo attenta alle specificità, a cominciare da quella di genere.11

zione, al suo svolgimento. Insieme sono stati pianificati e condotti gli incontri
nei locali della Biblioteca dell’Istituto Femminile. Agli incontri ha partecipato
anche la Dott.ssa Elisabetta Colla della Scuola Superiore di Esecuzione Penale
(Ministero della Giustizia).
10 Sul processo di «coscientizzazione» (concetto mutuato da Paulo Freire) tra

le mura del carcere, mi permetto di re-inviare: E. Zizioli, Essere di più. Quando il


tempo della pena diventa il tempo dell’apprendere, Firenze, Le Lettere, 2014.
11 Ovviamente le considerazioni qui svolte riguardano il contesto italiano

perché la tematica richiede un’analisi particolareggiata per i diversi contesti e Pa-


esi. Si vedano, ad esempio, le riflessioni dell’attivista Angela Davis sulla storia
“Una stanza tutta per noi”. Letture collettive al “Femminile” 336

Come ha evidenziato il Garante Nazionale delle persone detenute


nell’ultima relazione di giugno 2018, il carcere continua ad essere
un’istituzione di controllo al maschile e cioè progettata e pensata per
gli uomini12 anche perché le donne rappresentano una minoranza,
mediamente il 4% della popolazione reclusa;13 scontano perciò la de-
tenzione in sezioni (secondo le ultime rilevazioni 150) all’interno di
Istituti maschili. Gli Istituti femminili sono solo quattro (Venezia-
Giudecca, Roma, Pozzuoli e Trani). L’Istituto di Roma, oltre ad es-
sere il più grande per capienza numerica, costituisce un modello,
come attestano le iniziative promosse.14 Arricchire l’offerta tratta-
mentale risponde pertanto non solo ad un’esigenza costituzionale
(art. 27) di umanizzazione della pena, ma anche ad un’urgenza pro-
pria del mondo penitenziario femminile.15 Nella maggioranza dei ca-
si quest’utenza presenta bassi gradi di scolarizzazione, scarse compe-
tenze professionali e, quando straniera, anche problemi di alfabetiz-
zazione linguistica e di integrazione culturale, dimostrando come e
quanto la detenzione attuale sia espressione di marginalità sociale. In
questi casi è ancora più necessario un approccio che scongiuri i ri-
schi di un paradigma medico-terapeutico e che punti invece ad uno
formativo-risocializzante.

della condizione femminile in America dove ai problemi di genere si uniscono


quelli della razza. Cfr. A. Davis, Aboliamo le prigioni? Contro il carcere, la discrimina-
zione, la violenza del capitale, Roma, minimum fax, 2009, pp. 69-93.
12 Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà

personale, Relazione al Parlamento 2018, pp. 181-183, scaricabile all’indirizzo:


https://www.penalecontemporaneo.it/d/6111-la-relazione-al-parlamento-2018-
del-garante-nazionale-dei-diritti-delle-persone-detenute-o-private
13 I dati, infatti, aggiornati al 30 settembre 2018 danno conto di 2.556 pre-

senze su un totale di 59.275.


14 Nell’ambito della lettura è possibile ad esempio citare il progetto delle bi-

blioteche viventi; cfr. il sito in cui si dà conto delle pubblicazioni e delle iniziati-
ve delle diverse esperienze a livello nazionale: http://abcitta.org/portfo-
lio/biblioteca-vivente-narrazioni-fuori-e-dentro-il-carcere/ ed anche quello in-
ternazionale di Human Library: http://www.humanlibrary.org (ultima consulta-
zione 10 ottobre 2018) o la Biblioteca di Leda che ha visto l’allestimento di uno
spazio attrezzato nella sezione Nido. In proposito si veda il saggio: E. Fierli, G.
Franchi, Piccoli e grandi lib(e)ri. La biblioteca di Leda nella sezione nido di Rebibbia, in
“Cooperazione educativa”, Vol. 64 (2015), n.4 Dicembre, pp. 27-31.
15 Per la situazione delle donne e la progettazione dei percorsi rieducativi, si

veda sempre quanto prodotto dagli Stati Generali dell’esecuzione penale (Tavolo
3: Donne e carcere) disponibile all’indirizzo: https://www.giustizia.it/giusti-
zia/it/mg_2_19.page.
337 ELENA ZIZIOLI

Nell’istituto romano si è sempre salvaguardata la specificità de-


gli interventi, evitando di ingabbiare le pratiche in percorsi stigma-
tizzanti, come ad esempio la proposta di corsi professionali su
modelli stereotipati, frutto di un approccio umanitario caritatevole
e di una tradizione che ha confinato la formazione femminile ai so-
li ruoli di cura.16
La proposta di riservare incontri dedicati alla lettura s’inserisce,
dunque, nell’ambito delle iniziative educative non formali, per do-
nare un tempo proprio, «una stanza tutta per sé». La celebre e-
spressione di Virginia Woolf può essere riformulata in questo caso
in una stanza tutta per noi, a sottolineare il carattere comunitario e
fortemente aggregante dell’esperienza che, come si precisava nelle
premesse, ha aggiunto alla possibilità di immergersi in mondi altri,
quella di condividere, di trovare insieme soluzioni e alternative.
Un’occasione per riprendere le fila della propria vita, ma soprattut-
to per provare timidamente a sperimentare, proprio attraverso la
messa in comune di sensazioni, impressioni, emozioni, una sorta di
educazione sentimentale che nel caso delle donne si manifesta con
maggiore urgenza. Le motivazioni sono molteplici e l’analisi che ne
consegue risulta piuttosto complessa. Va tenuto presente che la
condizione di reclusione marca ancor di più, proprio a contrasto
del processo di spersonalizzazione cui prima si accennava,
l’esigenza di guardare alle storie di vita, ai sentimenti e alle emozio-
ni nel loro farsi per assicurare condizioni di benessere individuale e
collettivo. La detenzione al femminile, infatti, oltre a scontare una
marginalizzazione culturale, rimarca la necessità prorompente tan-
to di un superamento dell’immagine stereotipata di vulnerabilità,
con la costruzione del personaggio della vittima, quanto di un re-
cupero della vita emotiva, altrimenti squalificata, e da considerare
invece risorsa preziosa.
La complessità risiede proprio in questo contrasto, per certi
versi dualismo: il considerare le donne quasi sempre vittime e,
quindi, poco responsabili dei loro stessi reati perché in fondo fragi-
li e condizionabili, e invece il riuscire a fare leva sulla loro forza e
sulle potenzialità di ripresa per la costruzione di un percorso di vita
alternativo.

16 E. Zizioli, Gender mainstreaming vs vulnerabilità. Donne e carcere, in P. Di Rien-

zo e L. Azara (a cura di), Learning city e diversità culturale, Roma, Rubettino, 2018,
p. 204.
“Una stanza tutta per noi”. Letture collettive al “Femminile” 338

Si è accennato prima alla novità dell’esperienza condotta perché


nel contesto carcerario solitamente nella cura di sé è stato privile-
giato il genere autobiografico. Il raccontarsi assume una valenza
terapeutica e spesso gli esiti sono più che soddisfacenti se non altro
per una rivisitazione del proprio vissuto, una presa di coscienza
della propria condotta e dunque per acquisire la consapevolezza e
la volontà di ri-progettare la propria vita. Sulle metodologie utiliz-
zate, così come sui risultati delle varie sperimentazioni, c’è ormai
una letteratura significativa.17
Quello proposto, dunque, è stato un circolo di lettura molto
speciale e per certi versi appunto “nuovo” sia per la particolarità
dei libri scelti, sia per le modalità stesse di utilizzo, come si avrà
modo di illustrare nelle pagine seguenti, che ha soddisfatto tanto le
esigenze degli operatori quanto gli interessi delle detenute.
Per la formazione del gruppo si è chiesto all’Area educativa e al-
le operatrici del presidio bibliotecario di privilegiare l’eterogeneità,
caratteristica che è specifica dei contesti educativi odierni che pre-
sentano diversi livelli di complessità, dove la differenza va intesa
nelle sue molteplici accezioni: da quella culturale e linguistica a
quella di provenienza e di genere.18 Si è scelto, dunque, un gruppo
di undici partecipanti che fossero di diverse nazionalità (italiana,
slava, rumena e rom) e di differenti livelli di istruzione, non la-
sciandosi condizionare dal reato commesso.

3. «EDUCATORI SILENZIOSI»: NOTE METODOLOGICHE

L’idea di proporre per le letture collettive testi come i silent books


o wordless picture books è maturata in seguito alle considerazioni sia
sulla specificità dei testi stessi, sia sulle differenti modalità di lettu-
ra, così come dimostrano le buone pratiche avviate in questi anni.19

17 In questo senso molti sono i testi che raccolgono le esperienze dei vari la-

boratori e circoli di lettura dove è possibile “raccontarsi”. Sul dispositivo auto-


biografico e sul suo valore pedagogico rimandiamo, fra i tanti, agli studi di F.
Cambi e D. Demetrio citati in bibliografia.
18 Cfr. D. Zoletto, Contesti eterogenei, in M. Fiorucci, F. Pinto Minerva, A. Por-

tera (a cura di), Gli alfabeti dell’intercultura, Pisa, Edizioni ETS, pp. 155-161.
19 A proposito dei silent books e della loro circolazione e conoscenza (con re-

lativo utilizzo) a livello internazionale non si può non richiamare il progetto: Si-
lent Books, from the world to Lampedusa and back promosso dalla sezione italiana di
339 ELENA ZIZIOLI

Se molte sono state le sperimentazioni con bambini e ragazzi, ciò


non significa che questi testi abbiano un target privilegiato di de-
stinatari; proprio per la loro struttura e composizione possono es-
sere letti da tutti indistintamente e rappresentano spazi alternativi,
luoghi altri dove, proprio attraverso il linguaggio visivo, è possibile
coltivare e dare libero sviluppo all’immaginario, scongiurando il ri-
schio di facili conformismi o insidiose coercizioni.
L’assenza completa di parole che rafforza per questi libri
l’accezione di «educatori silenziosi»20, richiede una diversa gramma-
tica per la lettura, sicuramente – come precisa una delle Autrici più
note, la coreana Suzy Lee – «un’elementare capacità di deduzione e
l’abilità di interpretare i codici e i segni delle immagini».21
Quest’ultime prendono dunque il sopravvento e hanno una tale
forza che spesso nelle intenzioni dell’artista il raccontare è costrui-
to proprio dalla successione di esse; la qualità è garantita dal lascia-
re spazio all’immaginazione del lettore.
Come ha insegnato la letteratura scientifica,22 diversi sono i modi
agiti per approcciarsi ad un silent book, tanto da costituire un vero e
proprio repertorio di volta in volta adattabile al gruppo destinatario.

IBBY (International Board on Books for Young People), in partenariato con il Laborato-
rio d’arte - Palazzo delle Esposizioni di Roma e dalle sezioni nazionali dell’organiz-
zazione presenti in tutte e cinque i continenti. Chi scrive ne ha sistematizzato gli
esiti nel testo: E. Zizioli, con la collaborazione di G. Franchi, I tesori della lettura
sull’isola. Una pratica di cittadinanza possibile, Roma, Sinnos, 2017. Ad oggi sono state
realizzate tre raccolte di silent books: quella del 2013 (110 libri); quella del 2015 con
51 libri; ed infine quella del 2017 (79 libri). All’interno di ogni collezione c’è una se-
lezione di testi d’onore e sono state allestite mostre itineranti in varie sedi in Italia e
in tutto il mondo. Per notizie sulle varie iniziative legate al progetto e al suo svilup-
po, si veda: http://www.ibby.org/awards-activities/activities/silent-books/?L=0
20 L’espressione è di Jella Lepman, fondatrice di IBBY di cui si è detto sopra.
21 S. Lee, La trilogia del limite, Mantova, Corraini, 2012, p. 140. Il testo è

un’ottima guida per orientarsi nei testi senza parole, visti dalla prospettiva
dell’Autrice.
22 Uno degli studi italiani più esaustivi, di recente pubblicazione, è quello di

Marcella Terrusi: Meraviglie mute. Silent book e letteratura per l’infanzia, Roma, Ca-
rocci, 2017. Ricco di spunti anche il saggio di Hamelin (a cura di), Ad occhi aperti.
Leggere l’albo illustrato, Roma, Donzelli, 2012. Nel dibattito internazionale è possi-
bile vedere, invece, i testi citati in bibliografia. Sugli approcci di lettura, oltre ai
materiali disponibili in Rete, cfr. anche: E. Zizioli, G. Franchi G. “Silent” educators
for group readings in emergencies, in A. Vaccarelli, S. Mariantoni (a cura di), Children
after a natural disaster. Materials for educators and teachers, Milano, FrancoAngeli
Open Access, 2018, pp. 68-81.
“Una stanza tutta per noi”. Letture collettive al “Femminile” 340

In un libro senza parole è possibile individuare un vocabolario,


un lessico critico con voci specifiche (memoria, ciclicità, meravi-
glia, piccolo/grande, spaesamento, etc.)23, che consentono di lavo-
rare non solo per temi ma per categorie perché le esperienze parti-
colari diventino universali; è consentito interpretare liberamente la
trama, proponendo diverse soluzioni per la storia narrata; spesso si
assiste a qualcosa di assolutamente inaspettato o comunque non
scontato e banale; assume importanza anche il formato tanto da
consentire al lettore di seguire o in modo piano o, in alcuni casi,
invece di compiere dei veri e propri “voli”, quasi come se le dita
facessero parte del libro. «Il significato – scrive sempre Suzy Lee –
prende corpo fra le pagine ed è dato dall’atto di sfogliarle».24
Questi testi hanno soprattutto lo straordinario potere di infon-
dere un senso di vicinanza, perciò di creare empatia e, quindi, di
formare comunità di lettori. Come ha, infatti, insegnato un altro
celebre autore di silent, Shaun Tan, nel suo The Arrival, le sequenze
narrative di sole immagini predispongono all’ascolto e, quindi,
all’accoglienza, alla messa in comune e alla co-costruzione delle e-
sperienze.25
Sono tre le note distintive che hanno reso i wordless picture books
particolarmente indicati nel contesto penitenziario:
la leggerezza;
l’universalità;
la condivisione.

Sulla leggerezza non è possibile non richiamare le lezioni ameri-


cane di Italo Calvino: lo scrittore ci ricorda, infatti, che la buona
letteratura che ha l’ambizione di essere leggera riesce a contrastare
l’opacità e la pesantezza del mondo.26 Condizione che i libri senza
parole soddisfano pienamente ricorrendo al linguaggio delle sole

23 M. Terrusi, Meraviglie mute, cit., p. 12.


24 S. Lee, La Trilogia del limite, cit., p. 110.
25 Sul testo di Shaun Tan, che ha ricevuto premi e riconoscimenti è possibile

trovare in Rete sperimentazioni e proposte di laboratori didattici. Si veda anche


la ricerca internazionale dedicata: E. Arizpe, T. Colomer, C. Martinez-Roldán
(Eds), Visual Journeys through Wordless Narratives: an International Inquiry with Immi-
grant Children and the Arrival, London – New Delhi – New York – Sydney,
Bloomsbury, 2014.
26 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il millennio, Milano, Oscar Mon-

dadori, 2016, pp. 7-9.


341 ELENA ZIZIOLI

immagini, raffinate, evocative in grado di lasciare intendere ai letto-


ri i significati da argomentare.
L’universalità, seconda caratteristica, è data non solo dal-
l’assenza delle parole, permettendo così la fruibilità a chi non pa-
droneggia lo strumento linguistico, ma anche dalla bellezza. Si trat-
ta come precisa ancora Suzy Lee, di «un’arte che è possibile mo-
strare in qualsiasi momento»27, accessibile a tutti e ben si sa quanto
sia rigenerante accedere a qualcosa di raffinato e di bello come
un’espressione artistica in contesti marginali, caratterizzati da ogni
forma di povertà, come spesso accade negli istituti penitenziari.
La possibilità di una lettura collettiva, lasciando che ciascun let-
tore proponga la propria versione del racconto, favorisce inoltre il
protagonismo e, quindi, la condivisione delle esperienze.
La scelta di utilizzare i silent nel contesto penitenziario ha rispo-
sto perciò ad un intento educativo: stimolando la partecipazione
attiva del lettore, favorendo la libera espressione senza che venga-
no stabilite gerarchie, con la lettura di un libro senza parole è pos-
sibile scardinare per le donne i perpetrati modelli di subalternità,
ridefinendo l’immaginario che è la premessa di qualsiasi processo
di cambiamento e di apprendimento trasformativo. La creatività,
dunque, come risorsa per percorsi che sappiano restituire la digni-
tà, ma anche la capacità di pensarsi diversamente.
Nella produzione sempre più vasta che oggi può offrire il cata-
logo dei wordless picturebooks ci si è orientati su testi che riuscissero a
rappresentare condizioni note come la migrazione (vista la compo-
sizione eterogenea del gruppo) o la relazione madre-figlia (la mag-
gior parte delle donne detenute sono infatti madri), ma anche che
allenassero lo sguardo a nuove prospettive, rovesciando i punti di
vista. L’idea è stata quella di toccare temi che potevano rispondere
alle urgenze personali e, nel contempo, a bisogni collettivi.
Tra le proposte suggerite ci si è orientati sui testi seguenti: Mi-
grando di Mariana Chiesa Mateos; L’onda e Linee di Suzy Lee; La ga-
ra delle coccinelle di Amy Nielander.28

27 S. Lee, La Trilogia del limite, cit., p. 89.


28 Si era inizialmente pensato anche di inserire di Marine Rainjonneau, Le re-
fus e di Marie-Louise Fitzpatrick, Testa in su, testa in giù, ma nello svolgersi degli
incontri questi testi sono stati accantonati, destando meno interesse da parte del-
le partecipanti. Nella bibliografia sono richiamati tutti.
“Una stanza tutta per noi”. Letture collettive al “Femminile” 342

Non ci resta, dunque, che raccontare le letture proposte dalle


partecipanti e le discussioni animate che ne sono seguite. Come già
precisato i silent, consentendo la libera interpretazione, favoriscono
esperienze sempre nuove, diverse. Nel richiamare perciò il lavoro
svolto si mirerà a valorizzare l’originalità delle proposte emerse ed
anche il contributo che quest’esperienza ha dato ai percorsi riedu-
cativi.
Prima di immergersi nei libri ancora qualche considerazione. Lo
stato di minorità proprio della reclusione in questo caso ha giocato
da stimolo, da sfida per dimostrare di essere all’altezza e offrire
un’immagine di sé diversa da quella stereotipata, favorendo così
nelle detenute un impegno assiduo. L’appuntamento settimanale
ha spezzato la quotidianità carceraria e sono state la curiosità per
testi sconosciuti e modalità di lettura mai sperimentate a favorire la
partecipazione e la costanza nella frequenza.
Sotto il profilo metodologico si è creato un setting protetto, con
modalità relazionali proprie improntate all’ascolto reciproco, al dia-
logo, al rispetto dei tempi individuali, dove è stato possibile espri-
mersi liberamente, rappresentare la propria condizione di vita e
comunicare le proprie emozioni e le proprie idee.29 Attraverso le
immagini e le letture proposte ci si è “guardate” per provare ad
immaginarsi nel futuro, stabilendo connessioni con il passato e con
il presente. Chi scrive ha avuto il ruolo del moderatore/facilitatore
per sollecitare gli interventi e promuovere lo scambio, nel rispetto
dei bisogni individuali e collettivi.
Dapprima si è avviato il silent reading (leggere a mente), lasciando
la possibilità di sfogliare e risfogliare il testo, per poi ascoltare le
singole interpretazioni della storia, confrontarle e discuterne insie-
me, a volte negoziando le proposte, altre lasciando aperti gli inter-
rogativi suggeriti dalle figure, lavorando sui due livelli: quello di ri-
costruzione dei fatti narrati dalle immagini e quello, più profondo e
lento da scoprire, delle emozioni, dei sentimenti, dei valori espressi
dai personaggi.30 Comunicare in questo caso ha imposto «la dispo-
sizione fondamentale alla mutualità» – per utilizzare un’espressione

29 Per la creazione del setting e le dinamiche dei gruppi, cfr. L. Dozza, Setting e
dinamiche anti-gruppo nei gruppi di formazione, in M. Contini (a cura di), Il gruppo edu-
cativo. Luogo di scontri e di apprendimenti, Carocci, Roma, 2000, pp. 47-90.
30 La lingua utilizzata è stata l’italiano perché nonostante le diverse prove-

nienze tutte utilizzavano lo strumento linguistico con sufficiente padronanza.


343 ELENA ZIZIOLI

particolarmente felice della filosofa Edda Ducci per «aprirsi alla


possibilità di contagiare, ma nel medesimo tempo, essere nell’at-
teggiamento vero di poter efficacemente rimaner contagiato».31

4. IMMAGINI CHE EVOCANO PAROLE E PENSIERI NUOVI: RIFLES-


SIONI SULLE LETTURE COLLETTIVE

Si è partiti con la lettura del silent La gara delle coccinelle32, un testo


che narra di uno sciame di coccinelle (circa un centinaio di tutte le
forme e i colori) impegnate in una corsa. La linea di partenza, po-
sta sul margine sinistro del foglio, è la stessa, ma l’essere l’una di-
versa dall’altra produce un avanzare differente: come in tutte le ga-
re c’è chi primeggia: una piccola coccinella grigia rispetto a tutte le
altre che si muovono con velocità diverse. C’è anche chi rimane
indietro rappresentata anche questa volta dal colore grigio, ma dal-
la forma più minuta.
Il traguardo ovviamente rappresenta il futuro e non può essere
raggiunto senza un percorso.
La visuale scelta dall’Autrice è una panoramica ampia e onni-
comprensiva per abbinare all’ampiezza dello sguardo lo sforzo di
superare il senso del limite, il sentire che si può osare per una causa
che si ritiene giusta.
Come nella vita non mancano gli ostacoli, un impedimento si-
gnificativo blocca la corsa: una sorta di buca o vortice capace di in-
ghiottire le coccinelle tranne la prima che decide di essere solidale
con le altre per salvarle. Si premia, dunque, la generosità, il rispetto
dei diversi tempi, la voglia di conquistare insieme un traguardo.
Un albo significativo che ha scosso molto le partecipanti, tanto
che alla fine della discussione, sollecitate a trovare un nome al neo-
costituito gruppo, hanno scelto La fortuna delle coccinelle, conferman-
do così il loro rispecchiamento nella storia.
Cosa le ha colpite maggiormente? Sicuramente la forza del le-
game, la capacità di guardarsi indietro, di donarsi per avere delle
compagne di viaggio, una grande metafora della vita, dove la com-

31 E. Ducci, Essere e comunicare, Roma, Anicia, 2003, p. 205.


32 Per un inquadramento del testo è possibile vedere alcune schede curate dai
siti che si occupano di letteratura per l’infanzia. Qui si segnala quella pubblicata
all’indirizzo: https://www.milkbook.it/la-gara-delle-coccinelle/
“Una stanza tutta per noi”. Letture collettive al “Femminile” 344

petizione rischia di disumanizzare, se portata all’eccesso. È allora


necessario «disomologarsi» tutelando la propria identità, come sug-
gerisce una delle partecipanti, introducendo un neologismo. La di-
scussione su questo punto si è animata e sono state espresse non
poche perplessità sugli attuali modelli di vita che sembrano non ga-
rantire l’uguaglianza delle opportunità moltiplicando, quindi, i ri-
schi di «deviare».
Quasi tutte hanno manifestato comunque un atto di fiducia nel-
la propria capacità di riscatto comprendendo che facendosi “co-
munità” sia più semplice riuscirci, riscoprendo nella sorellanza un
valore che spesso tra le mura di un istituto penitenziario è messo a
dura prova, ma che se vissuto e tutelato riesce a contrastare la di-
sumanizzazione del dispositivo disciplinare.
C’è chi ha visto nelle due coccinelle grigie un legame di parente-
la per la vicinanza nella partenza; un’interpretazione che ha rivelato
il dolore sordo di un legame, quello filiale che in carcere è alterato
da una distanza forzata, da una prossimità negata, da un carico
emotivo che tutto altera, soprattutto le relazioni. Faticosamente si
è passati alla lettura del secondo testo, Migrando, perché le lettrici
hanno dimostrato il bisogno di più tempo per La gara delle coccinelle,
desiderose di offrire nuove interpretazioni, ma soprattutto di con-
dividerle e socializzarle.
Il silent di Mariana Chiesa Mateos, la seconda proposta, affronta
un tema caldo di questi ultimi anni trattando della migrazione fuori
però dalle logiche emergenziali e dalla retorica, privilegiando invece
un approccio attento alla tutela dei diritti umani; per questo il testo
ha meritato la menzione della sezione italiana di Amnesty Internatio-
nal. Il registro utilizzato è quello emotivo e l’Autrice inquadra il fe-
nomeno nella storia per portare il lettore a comprendere che gli
sbarchi, seppur sotto forme diverse, appartengono alla storia
dell’umanità, ne scandiscono l’evoluzione.
Gli uomini sono, infatti, paragonati agli uccelli in quanto specie
migratoria e le immagini raccontano di due migrazioni lontane nel
tempo: quella dei primi del Novecento verso le Americhe e quella
odierna sulle coste europee. Le tavole sono complesse a una prima
lettura perché ricche di particolari e di indizi. Del viaggio sono raf-
figurati strumenti, oggetti, simboli (barche, valigie, etc.) per signifi-
care gli stati d’animo: l’incertezza, lo smarrimento, l’attesa, la no-
stalgia per gli affetti lasciati, il dolore, rappresentato nelle tavole dal
345 ELENA ZIZIOLI

filo spinato dei Centri di prima accoglienza e degli hotspot, quasi a


spegnere o peggio a ingabbiare il desiderio di una nuova vita.
La lettura di Migrando ha suscitato perplessità, sgomento per
alcuni versi, spaesamento non solo per il tema trattato, ma per la
complessità della trama e la modalità di costruzione del racconto.
Si è creata empatia con i protagonisti della storia e sono emerse,
specie per le straniere, le paure per un rimpatrio forzato ed an-
che le delusioni e le aspettative tradite di un percorso migratorio
che non ha dato gli esiti sperati. Non è mancata, dunque,
un’identificazione perché tutte le partecipanti hanno compiuto
un viaggio, quello doloroso che le ha condotte nell’Istituto di
pena e ora sono cittadine di un luogo che comprende tutti i Pae-
si, che azzera tutte le differenze, rendendole ostacolo e barriera
all’incontro.
La preziosità del percorso di lettura è stata dimostrata dal co-
gliere gli elementi positivi che l’osservazione attenta delle tavole ha
consentito: l’attenzione verso chi arriva, la complessità e il rispetto
delle scelte, l’impegno a comprendere i destini altrui e a nutrire la
speranza. Il poter leggere la storia nei due versi (il passato e il pre-
sente) ha allenato alle diverse prospettive, ad assumere punti di vi-
sta differenti.
La terza lettura collettiva ha avuto per tema un classico L’onda
di Suzy Lee, un testo dal formato orizzontale per mostrare imme-
diatamente il rapporto tra la protagonista e ciò che la circonda, tra
una bambina e il mare con le onde e i gabbiani sulla spiaggia.
È un libro particolarmente evocativo non solo per l’utilizzo del
colore azzurro che riempie in modo diverso le pagine, ma perché
consente una doppia identificazione: quella con la bambina alla
scoperta del mare e del paesaggio naturale che lo caratterizza, e
quella con la mamma che vigila con lo sguardo le scoperte infanti-
li.33 La proposta è sembrata interessante proprio per questa caratte-
ristica, per verificare quale dei due ruoli fosse scelto dalle parteci-
panti. Se, come spesso si scrive, il carcere tende a “infantilizzare”34,
33 Si può trovare un’analisi particolareggiata ad opera della stessa Autrice nel

testo: S. Lee, La trilogia del limite, cit.


34 Il termine parrebbe improprio, perché in fondo dispregiativo della condi-

zione infantile. In realtà ben rende il processo di de-responsabilizzazione e la


perdita di autonomia, cui è sottoposto chi vive un’esperienza di carcerazione per
la natura stessa del dispositivo disciplinare totalizzante. È, infatti, termine utiliz-
zato nelle Relazioni ufficiali, come quelle dei Garanti, ed ora anche nei testi di
“Una stanza tutta per noi”. Letture collettive al “Femminile” 346

viene da domandarsi se l’identificazione più cercata è stata quella


con la bambina o invece quella con la madre per il prevalere
dell’istinto materno. In realtà si sono accolte entrambe le soluzioni.
C’è chi si è riscoperta bambina esprimendo nostalgia per un’età
forse negata o comunque non vissuta nella sua pienezza e spensie-
ratezza. Sono così emersi vissuti dolorosi, itinerari complessi, ma
anche il desiderio di avere nuovi occhi, e, quindi, di recuperare
nuovi sguardi sulla realtà perché il mare può «centrifugare», come
si è precisato, ma può anche donare tesori preziosi, così come la
vita.
C’è chi invece ha colto la premura della madre, il desiderio non
troppo celato di vegliare sulle proprie creature, di esercitare, seppur
discreto, comunque un ruolo, segnale di un recupero della propria
funzione genitoriale, della propria autostima.
Quarto e ultimo testo affrontato è stato Linee, sempre di Suzy
Lee proposto al termine del ciclo di incontri perché la storia narra-
ta è particolarmente in sintonia con le esperienze vissute dalle par-
tecipanti. Un libro che insegna quanto la vita riservi cadute, tramite
il personaggio della pattinatrice, ma di come sia possibile rialzarsi.
Nella ricomposizione del disegno la metafora della riscrittura della
propria esistenza: nello sfumare i confini tra realtà e finzione attra-
verso gli strumenti utilizzati (la carta, le pieghe della rilegatura, i se-
gni di gomma, la stessa matita che alla fine del testo appare con-
sumata), l’Autrice consente ai suoi lettori di immedesimarsi nella
storia e di seguire le piroette della protagonista, il suo avanzare sul
ghiaccio, il cercare per la ripresa, dopo la scivolata e il ruzzolone,
compagne e compagni di avventure perché a tutti può capitare di
interrompere la corsa appunto per una caduta e di essere lasciato ai
margini, o come in questo caso fuori dal disegno. La dialettica den-
tro-fuori torna, dunque, grazie al segno grafico, aprendo la rifles-
sione sul senso dei dispositivi chiusi, ma soprattutto sul ruolo
dell’educazione come possibilità.
Gli interventi hanno lasciato emergere la sopita voglia di rimet-
tersi in gioco, di contrastare quell’insidiosa rassegnazione che inevi-
tabilmente prende coloro che vedono scorrere i loro giorni tra le
mura di un carcere.

pedagogia. Si veda, ad esempio, di I. Lizzola, S. Brena, A. Ghidini, La scuola pri-


gioniera. L’esperienza scolastica in carcere, Milano, FrancoAngeli, 2017, p. 10.
347 ELENA ZIZIOLI

Gli esiti di questo circolo di lettura sono stati, dunque, sorpren-


denti. È emerso il bisogno di comunità soddisfatto proprio
dall’utilizzo di mediatori di relazione straordinari come i libri senza
parole. Il non essere lasciate sole si è tradotto nell’esigenza di un
modello di welfare community progettando iniziative che riescano a
contrastare le contraddizioni del sistema penitenziario per favorire,
con la valorizzazione delle risorse del territorio, i processi di riso-
cializzazione e di responsabilizzazione. La sperimentazione ha così
generato la richiesta di un progetto più articolato, dimostrando il
potere trasformativo della letteratura che diventa percorso educati-
vo. Il presente saggio si offre, quindi, come una prima riflessione
cui potranno seguire analisi più articolate e sistematiche con il pro-
seguire dell’esperienza.

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