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Lucio Dalla
Lucio Dalla ha scritto la propria lettera, sotto forma di canzone, nel 1978, iniziando
proprio con questa frase ( Caro amico ti scrivo..), rivolta ad un interlocutore molto
distante, in un momento saturo di pensieri, nel quale lo stesso cantautore cerca
una pausa di respiro (Caro amico ti scrivo, così mi distraggo un po’) da una
situazione, una vita in difficoltà (ma qualcosa ancora qui non va). Dalla sceglie di
narrare non solo il proprio piccolo mondo, ma quello che gli gira intorno, delineando
la pesante atmosfera dell’Italia di fine anni ’70, stroncata dal terrorismo (Si esce
poco la sera compreso quando è festa) e da una paura di esporsi che porta alla
censura della parola (e si sta senza parlare per intere settimane), che però non
riesce ad uccidere l’immortale speranza che, con l’arrivo del nuovo anno, tutto
possa cambiare (Ma la televisione ha detto che il nuovo anno / porterà una
trasformazione), in quello che è un miscuglio di illusioni e bisogno di affetto e di
famiglia non solo durante le ricorrenze (sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno),
fruibile per tutti, a partire dai più sfortunati. Anche coloro, gli indifferenti, che proprio
di interessarsi e saper ascoltare, non vogliono o riescono (anche i muti potranno
parlare / mentre i sordi già lo fanno), in quella che suona come una rivoluzione non
solo Italiana, ma mondiale e spirituale, in cui anche la Chiesa si possa rinnovare,
accettando, finalmente, la libertà dell’orientamento sessuale (E si farà l’amore
ognuno come gli va / anche i preti potranno sposarsi).