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poche tematiche fondamentali, non dare nulla per scontato, in quanto questi sono testi che si

rivolgono ad un ampio pubblico e sono testi divulgativi, e tuttavia queste tematiche che vengono
isolate, queste tematiche particolarmente importanti che si danno nel corso di tutta la storia della
filosofia non devono essere semplificate, ma devono essere studiate, analizzate, sviluppate con
rigore ed è ciò che Severino fa, questo particolarmente in riferimento alla divulgazione filosofica,
infatti dice Severino, nell’introduzione al libro dedicato alla filosofia antica e medievale “se io dov

essi divulgare per esempio la matematica, riuscirei, potrei permettermi il lusso anche di
banalizzare certi argomenti”, pensiamo alla matematica come viene insegnato alle scuole
elementari, quella è un
a matematica estremamente semplicistica, e comunque quella rimane matematica per quanto
semplice sia, nella sua appunto esposizione elementare ai bambini, la filosofia invece nel
momento in cui viene esposta, quella è, io non posso semplificare il pensiero di un autore, quello il
pensiero e così deve venire esposto, dunque se le discipline scientifiche possiamo permetterci di
semplificarle, ridurle all'osso, la filosofia non si lascia per sua stessa natura semplificare, la filosofia
quella roba è e così, con quella diligenza, deve essere sviluppata, in modo appunto non
semplicistico, la divulgazione deve mirare alla chiarezza espositiva ma non alla semplificazione del
pensiero, questa è la convinzione di Severino che effettivamente si manterrà estremamente fedele
in tutto questo suo lavoro manualistico-didattico, che è rappresentato

, il primo volume pubblicato nel 1984 è dedicato al “La filosofia antica e medievale”, per Severino
appunto la filosofia medievale non ha una sua autonomia rispetto alla filosofia antica, filosofia
antica che è da intendersi come filosofia eminentemente greca, no romana, la filosofia antica e
medievale è una cosa sola e in qualche modo qualcosa che risponde unicamente ai parametri che
vengono posti in Grecia, il secondo volume pubblicato sempre nel 1984 s’intitola “La filosofia
moderna”, il terzo volume pubblicato nell’86 e dedicato al “La filosofia contemporanea”, quindi
alla filosofia post-hegeliana, nel 1988 esce poi un quarto volume di questa “La filosofia dai greci al
nostro tempo” che Severino chiama “Antologia filosofica”, cioè una raccolta che Severino appunto
si propone di mettere assieme dei testi filosofici fondamentali, quindi noi esaminando questa
opera di Severino, questa “La filosofia dai greci al nostro tempo” andremo anche a leggere le fonti,
a leggere i filosofi stessi che vengono appunto strutturati, organizzati da Severino, esposti da
Severino in modo molto chiaro, noi questi filosofi andremo anche a lei leggerli e quindi andremo a
dare voce alla filosofia stessa che si dà nei testi che vengono scritti dai filosofi, Severino per ogni
filosofo che tratta sceglie alcune pagine per lui particolarmente significative e le mette appunto in
questa raccolta di fonti primarie, in questa antologia filosofica, infine nel 1989 esce il quinto ed
ultimo libro che Severino dedica con questi scopi didattici, che son detti “La filosofia dai greci al
nostro tempo” che si intitola “La filosofia futura”, una filosofia futura è quella dimensione alla
quale guardano tutti gli scritti di Severino stesso, la filosofia futura si permette il lusso di essere
futura in quanto dice Severino “è prima del più lontano passato”, ciò che comprende tutto il
tempo, dunque la filosofia futura, la filosofia alla quale guarda la filosofia stessa di Emanuele
Severino, che non è la filosofia appunto di Emanuele Severino, Severino lo dice spesso questo, “se
la mia filosofia” dice Severino “fosse mia non varrebbe la pena studiarla, invece la filosofia che io
dico in realtà è un linguaggio che esprime qualcosa che non è mio, è qualcosa di ben più alto del
singolo individuo, Emanuele Severino” questa filosofia alla quale l'opera di Severino guarda è una
filosofia che comprende l'antico, il moderno e il contemporaneo, il futuro stesso, la filosofia futura
è proprio una filosofia che contempla tutto ciò che si è dato storicamente a partire dal VI secolo
a.C., e quando dico si è dato storicamente non intendo solo che si è dato attraverso la storia della
filosofia proprio perché la filosofia è il sottosuolo sul quale si fonda tutta la civiltà occidentale,
comprendere la filosofia significa comprendere tutto l'occidente, dunque si è detto questa “La
filosofia dai greci al nostro tempo” di Emanuele Severino ha un obiettivo divulgativo, spiegare il
darsi della filosofia dalle origini sino appunto alla filosofia stessa di Emanuele Severino,
divulgazione tuttavia non va intesa nel senso che spesso questa parola assume, dice Severino
“spesso e volentieri la divulgazione”, in questo caso filosofica “si pone come scempiaggine, come
una presa in giro”, dice “come un gioco filosofico per bambini, un gioco per bambini filosofi”
spesso e volentieri sugli scaffali delle librerie troviamo questi libri di introduzione alla filosofia
estremamente divulgativi che fanno veramente salire la rabbia, viene esposta una filosofia
assolutamente semplificata, banalizzata e mortificata, in realtà dice Severino “la filosofia è un’alta
montagna, la filosofia quella è e non può essere semplificata, al massimo si possono isolare temi
particolarmente rilevanti e tralasciandone molti altri” ed è ciò che fa Severino in questa sua storia
della filosofia, che ovviamente essendo una storia della filosofia così ampia, che va dalle origini
fino ad oggi, moltissimi autori, moltissime tematiche verranno saltate, e tuttavia le tematiche che
Severino prende in considerazione sono esposte in modo assolutamente rigoroso, non
semplicistico, proprio perché la filosofia è un'alta montagna che non deve essere semplificata,
quindi prendere appunto da “La filosofia dai greci al nostro tempo”, un lavoro che espone in
modo, sì rigoroso e talvolta ostico, ma assolutamente chiaro, concetti filosofici che non vengono
mai dati per scontati a priori, dunque nell’introduzione al “La filosofia antica e medievale”, che è
un po’ l'introduzione a tutto il piano dell'opera, tutti questi cinque volumi, Severino si preoccupa di
esporre in modo assolutamente breve che cos'è prima la filosofia, e poi che cos'è la storia della
filosofia, ebbene Severino non ha assolutamente alcun dubbio, per lui la filosofia è ciò che si pone
in relazione al Tutto, se le discipline particolari si occupano di oggetti particolari, che so la
matematica si occupa di quell’oggetto particolare che sono i numeri, la fisica si occupa di quella
realtà particolare che sono le cose della natura, cioè le cose divenienti, la teologia si occupa di
quell’oggetto particolare che è Dio, la psicologia si occupa di quell’oggetto particolare che è la più
che è psyché, la mente umana, eccetera, eccetera, ebbene la filosofia, come oggetto particolare,
ha l'oggetto più universale di tutti, cioè la filosofia si occupa appunto del Tutto, di ciò che pone in
relazione tutti gli oggetti particolari delle scienze particolari, ogni oggetto particolare delle scienze
particolari, il numero, come Dio, come la psyché, eccetera, eccetera, hanno in comune il fatto di
essere qualcosa, la filosofia si occupa proprio dell'essere, del Tutto, dunque la filosofia da un lato
ha un oggetto particolare, infatti è l'unica disciplina che si occupa di quel particolare denominatore
comune a tutti gli oggetti particolari che l'essere, appunto il Tutto, che Severino appunto scrive
sempre con la T maiuscola, un po' melodrammatico quasi, e dall’altro tuttavia la filosofia, appunto
perché ha questo oggetto particolare e così universale come oggetto d'indagine, appunto il Tutto,
la filosofia si pone sempre in relazione al Tutto, a tutti i contesti culturali, non è un caso che se noi
prendiamo un qualsiasi manuale di filosofia troviamo tutto, troviamo dalla letteratura, alla fisica
quantistica, alla matematica, il filosofo non deve però passare per un tuttologo, non è che il
filosofo deve conoscere tutto di matematica, di psicologia, di letteratura e tuttavia proprio perché
la filosofia si occupa del Tutto, e il Tutto lo si trova in ogni disciplina, la filosofia per occuparsi del
suo oggetto particolare deve in qualche modo considerare, seppur da una prospettiva particolare,
qualsiasi altra disciplina particolare che è sempre compresa dalla filosofia, la filosofia occupandosi
del Tutto, tutto comprende, quindi la filosofia per Severino ha una potenza dirompente, la filosofia
proprio perché si pone in relazione a quell’oggetto particolare che è il Tutto, è il sottosuolo di ogni
cultura, la filosofia nel momento in cui nasce nel VI secolo a.C., la filosofia va a permeare qualsiasi
ambito della cultura, prima occidentale ed ora della cultura mondiale, qualsiasi aspetto della
cultura che si sviluppa con la nascita della filosofia sta nel sottosuolo, cresce su quel sottosuolo che
appunto è il sottosuolo filosofico, dunque per capire qualsiasi disciplina, qualsiasi avvenimento noi
dobbiamo sempre porlo in relazione a ciò che si pone in relazione al Tutto, e ciò che si pone in
relazione al Tutto è appunto la filosofia, la filosofia è quindi, per utilizzare una efficace immagine
che utilizza Severino, un punto di irradiazione, è il punto di irradiazione dal quale tutto parte e al
quale tutto finisce, dice Severino “la filosofia è come una città, inizialmente questa città nel
momento in cui sorge” appunto la filosofia “è una città che sostanzialmente tutto comprende” i
primi filosofi erano veramente delle sorti di tuttologi, di sapienti che conoscevano tutto, si
mescolavano tutte le discipline, teologia, fisica, psicologia, era un po' un tutt’uno, man mano che
la società occidentale, che poi diventa la società globale, si sviluppa le singole discipline vanno a
svilupparsi autonomamente così questa città, che appunto nella metafora severiniana è la vecchia
città della filosofia, diventa una radura e diventa qualcosa di assolutamente secondario, mentre
attorno a questa vecchia radura che è la filosofia ormai considerata da pochissimi, ormai ignorata
da tutti, si sviluppano queste grandi metropoli ed ognuna di queste metropoli rappresenta
appunto un particolare ambito di studio, la matematica, l'antropologia, la psicologia, eccetera,
eccetera, e dice Severino “questa vecchia radura ormai abbandonata, nonostante sia ignorata da
tutti, è comunque il punto di partenza, il punto di irradiazione, tutte le grandi autostrade che
portano a quelle grandi metropoli, che sono le scienze particolari, partono tutte da quella vecchia
radura abbandonata che la filosofia” dobbiamo quindi renderci conto che il punto di partenza e il
punto di fine è sempre la filosofia “spesso i filosofi”, dice Severino “al giorno d'oggi più che
concentrarsi sulla vecchia radura, che era stata l'antica città della filosofia, stanno su queste grandi
autostrade, si servono in continuazione delle grandi metropoli che sono le scienze particolari”, i
filosofi attuali si occupano spesso di psichiatria, di neuroscienze, delle idee della fisica, della
matematica, e quindi si pongono sempre su queste autostrade che collegano la vecchia radura alle
grandi metropoli, e spesso quindi anche gli stessi filosofi tendono a dare più importanza alle grandi
metropoli che alla vecchia radura, invece noi dobbiamo renderci conto che il punto di partenza, il
punto di arrivo, il sottosuolo di tutte queste grandi metropoli è dato ancora oggi da quella vecchia
radura che è la filosofia, la filosofia anche se oggi è trascurata e all'apparenza poco importante,
non cessa di essere il sottosuolo sopra il quale si sviluppa tutta la civiltà occidentale, un'altra
metafora che Severino utilizza è quella dell’orchestra, l'occidente può essere inteso come una
gigantesca orchestra, ma la musica che questa orchestra dà, mette in scena, è una musica le cui
note sono state inventate dalla filosofia, possiamo leggere le note perché siamo filosofi, possiamo
dare la musica in quanto siamo filosofi anche se oggi la filosofia è nascosta, quindi il direttore
d’orchestra non sarà più un filosofo ma sarà un esponente di queste grandi scienze particolari che
oggi appunto da grandi metropoli sono le protagoniste del panorama culturale, il direttore
d'orchestra quindi non sarà un filosofo, ma se il direttore d’orchestra non pone le scienze
particolari di cui è espressione in relazione alla filosofia, nel momento in cui ignora la filosofia,
questo direttore d’orchestra farà suonare della musica senza essere in grado di sentire e di leggere
la musica proprio perché la musica in quanto sentita e ascoltata, la musica prodotta entro la
metafora dell’occidente, è sempre una musica filosofica, è la filosofia che dà vita a tutte le scienze
particolari, solamente comprendendo la filosofia possiamo comprendere il destino della tecnica,
della politica, i grandi conflitti mondiali possono essere compresi solo su questa base filosofica che
è appunto l’humus sul quale cresce tutta l'umanità, la stessa scienza si sviluppa in relazione agli
sviluppi della filosofia, sviluppi silenziosi proprio perché la filosofia ignorata ormai dai più, ma sono
questi sviluppi silenziosi che indirizzano la scienza nelle sue trasformazioni, non è un caso che
Severino si occupi molto nel suo volume dedicato alla filosofia contemporanea degli sviluppi otto-
novecenteschi della scienza, le geometrie non euclidee, la fisica quantistica, tutte queste
rivoluzionarie posizioni scientifiche, rigorose, sono delle posizioni che si danno, che si sviluppano
proprio in relazione agli sviluppi otto-novecenteschi della filosofia, al crollo della verità assoluta
che la filosofia determina nel ‘800 corrisponde un crollo della verità assoluta nella scienza
ottocentesca, quindi qualsiasi configurazione politica, scientifica, è sempre una configurazione che
si dà in risposta alla configurazione che prende la filosofia, che è sempre anche oggi, seppur
silenziosamente, il retroterra sul quale tutta la civiltà si determina, si forma, si sviluppa, quindi
questo in generale per quel che riguarda la filosofia, per quel che riguarda la storia della filosofia,
la storia della filosofia abbiamo detto che Severino ne “La filosofia dai greci al nostro tempo” che ci
accingiamo appunto ad esporre, fa una storia della filosofia, però la storia della filosofia è una
disciplina estremamente strana, la filosofia infatti per Severino proprio perché si rivolge al Tutto, si
rivolge per la prima volta alla verità incontrovertibile, è quella che Severino chiama epistéme, una
verità che sta, e che sta sopra ogni cosa e che non può essere smentita da niente, è una verità
necessaria, assoluta, inamovibile, ma se la filosofia si occupa del vero, il vero sta sempre, quindi
non ha storia, il vero è atemporale, sono le cose accidentali che hanno storia ma se il vero è
necessario, il vero è sopra-storico, non ha storia, appunto se la filosofia si occupa del vero come si
può fare una storia di questo vero, se il vero essendo necessario non è storico, sta sempre, è una
situazione di imbarazzo che pone in imbarazzo un po’ tutti gli storici della filosofia, gli storici della
filosofia vanno fare la storia di ciò che è astorico, cioè del vero assoluto e inamovibile, ebbene
anche su questo punto tuttavia Severino ha una posizione assolutamente chiara, è vero che la
filosofia si occupa del vero assoluto ma il darsi delle molte opinioni filosofiche nel corso della storia
non va ad essere un sovrapporsi di opinioni filosofiche assolutamente discordanti, incompatibili
l'una con l'altra, ognuna delle quali va a negare l'altra, come direbbe Hegel, il filosofo di
riferimento di Severino, la storia della filosofia non è una filastrocca delle opinioni, dove si danno
molte opinioni discordanti, no dice Severino, la filosofia, la storia della filosofia si dà in una sua
struttura, in un suo sistema, ogni corrente filosofica sta lì in un punto ben preciso e permette lo
sviluppo di ciò che verrà dopo che è un superamento dialettico delle posizioni che stanno in
precedenza ma non è qualcosa di disarticolato, ogni filosofia ha il suo posto e se lì non ci fosse
tutto il sistema crollerebbe, non ci sono quindi tante posizioni filosofiche astratte e disarticolate
ma la filosofia ha una sua struttura, è qualcosa che prevede molte tappe ognuna delle quali è
legata alle altre, ognuna delle quali permette lo sviluppo successivo della filosofia, che non è un
negare in modo assoluto e continuo tutto ciò che è venuto prima ma è uno sviluppo e un continuo
superamento che tiene ben presente ciò che c'è prima, che può svilupparsi proprio perché non va
mai a negare totalmente ciò che c'è stato prima, con ciò Severino va a negare che ci sia una
filosofia hegelianamente intesa, come teleologicamente orientata, il cui telos, il cui fine starebbe
già all'inizio del pensiero filosofico, ancora prima che la filosofia inizi ci sarebbe già tutto il suo
darsi futuro sino alla fine, questa è una situazione esagerata dice Severino, e tuttavia un errore
clamoroso è quello di non intendere la filosofia come una struttura, come un sistema, poche
pagine di Hegel, dice Severino, nonostante tutti i limiti di Hegel vanno comunque, proprio perché
vedono questa struttura, questa sistematicità della filosofia, vanno ad essere molto più importanti
di centinaia e centinaia di libri scritti da specialisti che vanno ad indagare solo delle pochissime
opinioni filosofiche contestualizzate in un particolarissimo periodo, e che vanno appunto ad
astrarre questi pensieri filosofici da tutto il resto, se oggi prendiamo un manuale di filosofia spesso
ci troviamo davanti ad un mostro, dice Severino, che prevede moltissimi autori, moltissimi temi ed
ogni tema è trattato da uno specialista, quindi ci troviamo davanti ad un manuale gigantesco che
prevede moltissime esposizioni disarticolate, ogni studioso, ogni specialista guarda unicamente a
quel filosofo del quale si occupa e quindi non viene trovato invece un filo rosso che collega
assieme tutta la filosofia e che ne mostra appunto, che ne palesa l’organicità, il libro di Severino
invece, questa “La filosofia dai greci al nostro tempo” di Severino ha proprio l'obiettivo di porre
una organicità della filosofia, non possiamo studiare in questi libri di Severino un autore senza
porlo in relazione a tutti gli altri, ogni autore è sempre considerato in relazione ad un darsi
filosofico, in relazione a chi c'è stato prima e a chi verrà dopo, quindi questa assoluta organicità
della filosofia, questa è la cifra del lavoro severiniano, dunque per Emanuele Severino la filosofia
per la prima volta nella storia dell’occidente si rifà al vero, si occupa del vero inteso come la
totalità dell'essere, il Tutto appunto, il Tutto scritto con la lettera maiuscola e il Tutto del quale si
occupa la filosofia ha la peculiarità, ha l'originalità rispetto a tutti gli altri pensieri prefilosofici che
questo Tutto non ha assolutamente nulla al di fuori di esso, quindi si pone questa radicale frattura,
separazione, tra l'oggetto della filosofia, il Tutto, e il nulla, l’assolutamente altro dal Tutto, appunto
il nulla che assolutamente si contrappone al Tutto, ora tuttavia la filosofia fin dal suo sorgere
ponendo il Tutto e ponendo il nulla come antitesi estrema del Tutto, non può eludere un fatto
fondamentale cioè il fatto che il Tutto non è un’unità pura, omogenea, ma ci sono degli accidenti
del Tutto, cioè l'essere del Tutto ha dentro di sé degli enti particolari, ci sono alberi, ci sono libri, ci
sono persone, ci sono animali, gli accidenti non sono il Tutto, non sono la totalità dell'essere ma
non sono nemmeno il nulla, gli enti sono tutte queste cose che a un certo punto nascono, sorgono,
poi crescono, invecchiano, e muoiono, quindi in qualche modo oscillano tra l'esistenza e la non
esistenza, che viene prima della loro esistenza e che giunge, poi con la morte, dopo la loro
esistenza, dopo la loro vita, quindi che questi accidenti nascono, crescono, cambiano, mutano, e
muoiono, c'è quindi una oscillazione degli accidenti tra il Tutto, al quale appartengono, e il nulla, il
loro annientamento, quantomeno il loro annientamento in quanto accidenti, particolarità del
Tutto, questa oscillazione tra essere e non-essere che caratterizza gli accidenti è il divenire,
secondo Severino la filosofia, ponendo il Tutto e dunque ponendo il nulla, vedendo il divenire per
la prima volta sa scorgere la radicalità di questa nozione, il divenire, un annichilimento degli enti
particolari che nascono e muoiono, quindi il divenire proprio in riferimento a questa prima
formulazione teorica fortissima che si dà con la filosofia del nulla, contrapposto al Tutto, dà una
potenza incredibile al divenire che è partecipazione Tl tutto ma allo stesso tempo è il cadere di
questo divenire dell'accidente nel nulla, nel non essere più quell’accidente che era, il divenire
diviene quindi forte della dicotomia assoluta posta per la prima volta dalla filosofia tra Tutto e
nulla, questo divenire diventa evidenza originaria per l'occidente, il divenire è proprio il parto, la
costruzione teorica fondamentale della filosofia che andrà caratterizzando tutta la filosofia, la
filosofia antica, medievale, moderna, contemporanea, si gioca tutta sulla scacchiera del divenire, lo
stesso Parmenide, filosofo antico che per Severino ha un importanza formidabile, il quale in
qualche modo nega l'esistenza degli accidenti e quindi dello stesso divenire, come vedremo,
comunque anche per lo stesso Parmenide il divenire per quanto illusorio, per quanto non verità, è
illusorio proprio in quanto evidente, è un’evidenza illusoria, quindi il divenire è comunque inteso
come evidenza assoluta, indimostrabile, priva di fondamento perché essa stessa è il fondamento
sul quale tutto ciò che ha da essere dimostrato deve essere dimostrato, il divenire non può essere
dimostrato perché è evidenza assoluta, anche quei filosofi che hanno visto nel divenire la
menzogna, l'illusione, sono partiti dal presupposto che il divenire è l'evidenza originaria, l’evidenza
assoluta, per la filosofia il divenire è proprio la nozione cardine, la nazione che non è smentibile,
che è evidenza originaria dell’occidente, tra l'altro proprio a partire da questa nozione del divenire
si formula per Severino la nozione del dominio sul mondo, il dominio sul mondo è dominio sul
divenire, quindi anche la nozione di dominio, con tutte le sue valenze fortissime, politiche, etiche,
scientifiche, tecnologiche, ha proprio la sua radice nel divenire, dunque sia la filosofia antica, che
medievale, che moderna, che contemporanea, si gioca sempre sulla scacchiera, sul tavolo del
divenire, il divenire è l'evidenza originaria, e tuttavia questi tre grandi periodi filosofici, il periodo
antico e medievale, il periodo moderno che inizia con Cartesio e finisce con Hegel, e il periodo
contemporaneo, pur giocandosi tutti e tre sul terreno dell’evidenza originaria del divenire, che è
l'evidenza fondamentale, hanno ovviamente degli approcci filosofici diversi alla verità, al Tutto,
altrimenti se non ci fossero approcci diversi non ci sarebbe la necessità di creare tre
periodizzazioni ben distinte, allora che cosa caratterizza le diverse periodizzazioni, anzitutto c'è
un'affinità tra il periodo antico e medievale, il periodo moderno da un lato, e il periodo
contemporaneo, cioè posta-hegeliano dall'altro, per la filosofia antica e medievale, e moderna, al
divenire deve essere contrapposto l'essere eterno, per i filosofi antichi e moderni, è vero che ci
sono enti, accidenti, dell'essere che divengono ma questo divenire in realtà è un sorgere, nascere,
dell’ente che già nel Tutto e il morire dell'ente in realtà è un ritornare nel Tutto e non è andare nel
nulla assoluto, quindi la filosofia antica, medievale e moderna pone come rimedio, se vogliamo, al
divenire l'essere eterno, un eterno entro il quale appunto tutto ciò che diviene ritorna, in realtà
non c'è nulla che va nel niente, tutto ciò che diviene va nel l'essere assoluto, quindi c'è sempre il
riconoscimento dell’eterno nel periodo antico, medievale e moderno, mentre con la filosofia
contemporanea con il post-hegelismo, si ha il crollo, la negazione dell'essere eterno, dunque
anche la filosofia contemporanea, che come la filosofia antica, medievale e moderna si fonda sulla
scacchiera del divenire, non pone più a fondamento del divenire l’eterno, c'è solamente il divenire,
le cose quando divengono non vanno nell’eterno, perché non c'è nessun essere eterno ed
immutabile, ma vanno nel nulla, c'è quindi questo riconoscimento di ciò che già nel periodo
precontemporaneo era implicito, cioè il fondamento nichilistico dell'occidente che riconoscendo il
divenire conosce la nullità di tutte le cose solo che nel periodo antico, medievale e moderno,
questo riconoscimento era solo implicito, invece si è sentita la necessità nel periodo
precontemporaneo di porre un eterno a fondamento del divenire, e quindi in qualche modo così
da eludere il problema nichilistico che in realtà però sta sempre in grembo alla filosofia sin dal suo
sorgere, e tuttavia questo sentimento nichilistico si fa palese solamente con la filosofia
contemporanea quando rimane solo l'evidenza originaria del divenire, libera appunto dall’eterno,
che invece la filosofia antica, moderna e medievale aveva posto a fondamento del divenire, come
rimedio del divenire stesso, quindi questa è la differenza tra filosofia antica, moderna, medievale
da un lato e la filosofia contemporanea dall’altro, tuttavia c'è anche una differenza tra filosofia
antica e medievale da un lato e la filosofia moderna dall'altro, questa differenza tra filosofia antica,
medievale da un lato e moderna dall'altro consiste in una dislocazione del divenire, cioè per la
filosofia antica e medievale, che sono un qualcosa di unico per Severino, il divenire è qualcosa che
esiste di per se stesso, indipendentemente dai soggetti che lo conoscono e lo rispecchiano, lo
recepiscono senza intervenire, senza modificare, senza mediare per conoscerlo, con la filosofia
moderna invece, cioè quel periodo che va sostanzialmente da Cartesio fino a Hegel, il divenire va a
dipendere, è sempre dipendente, mediato dal pensiero umano che pensandolo lo pone, quindi in
qualche modo con la filosofia moderna l'oggetto non è mai libero, non è mai autonomo, l'oggetto
è sempre un pensato, è sempre fuso assieme con l'individuo che pensando quest’oggetto lo
conosce e dunque lo pone, questa è la cifra fondamentale della filosofia moderna rispetto alla
filosofia antica e medievale, tuttavia tutto questo grande periodo, questo grande sistema filosofico
antico-medievale, moderno e contemporaneo, hanno come caratteristica fondamentale quella di
giocarsi sulla scacchiera del divenire, che è l'evidenza originaria per l'occidente, indimostrata
proprio perché evidente, indimostrabile, immediata, e proprio questa nozione del divenire, questa
evidenza originaria pone prima implicitamente, poi esplicitamente, la nozione del nichilismo, il
nichilismo quindi è la cifra del pensiero filosofico proprio perché il pensiero filosofico, che ormai
riguarda non solo tutta la civiltà anche extrafilosofica occidentale ma tutta la civiltà umana, è un
pensiero che riconosce il divenire e dunque un pensiero la cui cifra fondamentale è il nichilismo,
sarà solo con il pensiero severiano stesso che questo impianto nichilistico verrà trasceso così da
poter portare alla luce quello che Severino chiama il destino della necessità, finalmente una
filosofia che oltrepassa questo scacchiere così da oltrepassare finalmente una volta per tutte la
concezione nichilistica per la quale il divenire è un’evidenza ineluttabile.

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