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DELEUZE, LEZIONI SU LEIBNIZ

DELEUZE / LEIBNIZ Cours Vincennes - 15/04/1980 Tlcharger ce cours en : pdf (pas disponible) rtf (pas disponible)

Saremo occupati per un po di tempo da una serie (di lezioni) su Leibniz. Il mio scopo molto semplice: per quelli che non lo conoscono per nulla, provare a progredire, farvi amare questautore e darvi una certa voglia di leggerlo. Per cominciare Leibniz, c uno strumento di lavoro ineguagliabile. Fu il compito di una vita, una vita molto modesta, ma molto profonda. E una signora, signora Prenant, che gi da molto tempo ha fatto una raccolta di pezzi scelti di Leibniz. Dabitudine i pezzi scelti sono molto dubbiosi, ma in questo caso si tratta di un capolavoro. E un capolavoro per una ragione molto semplice: perch anche se Leibniz ha dei procedimenti di scrittura che di sicuro sono molto correnti alla sua epoca (inizio XVIII sec.) lui li spinge fino a un punto straordinario. Certo, come tutti i filosofi fa dei grossi libri, ma al limite, potremmo dire che questi grossi libri non sono lessenziale della sua opera perch lessenziale della sua opera nella corrispondenza e nei piccoli scritti memoriali. I grandi testi di Leibniz, sono molto spesso dei testi di quattro o cinque pagine, dieci pagine, o appunto delle lettere. Scrive un po in tutte le lingue e in un certo modo, il primo grande filosofo tedesco. Rappresenta larrivo in Europa della filosofia tedesca. Linfluenza di Leibniz sar immediata sui filosofi romantici del XIX sec. Tedesco, non solo, essa si far sentire particolarmente in Nietzsche. Leibniz uno dei filosofi pi adatti per dare una risposta adeguata a questa domanda: che cos la filosofia? Chi un filosofo? Di cosa si occupa? Se si pensa che le definizioni come la ricerca del vero, o della saggezza, non siano adeguate, c unattivit filosofica?

Vorrei dire molto velocemente come io vedo il rapporto del filosofo con la sua attivit. Si possono confrontare le attivit solo in funzione di ci che esse creano e del loro modo di creazione. Bisogna domandarci cosa crea un falegname? Cosa crea un musicista? Cosa crea un filosofo? Un filosofo, per me qualcuno che crea dei concetti. Ci implica diverse cose: che il concetto sia qualcosa che deve essere creato, che il concetto sia il termine di una creazione. Non vedo nessuna possibilit di definire la scienza se non s' indica qualcosa che creato dalla e nella scienza. Ora, pu darsi che ci che creato dalla e nella scienza, io non sappia bene cosa sia, ma non saranno dei concetti propriamente parlando. Il concetto di creazione stato molto pi legato allarte piuttosto che alla scienza o alla filosofia. Che cosa crea un pittore? Crea linee e colori. Ci implica che le linee e i colori non sono gi dati, sono i termini di una creazione. Ci che gi dato, al limite, potremmo sempre nominarlo un flusso. Sono i flussi che sono gi dati e la creazione consiste nel ritagliare, organizzare, connettere dei flussi, in modo tale che si delinei o si compia una creazione intorno a certe singolarit estratte dai flussi. Un concetto non per niente qualcosa di gi dato. Inoltre un concetto non la stessa cosa che il pensiero: possiamo facilmente pensare senza concetto, e anche tutti quelli che non fanno della filosofia, io credo che essi pensino, che pensino a tutti gli effetti, ma che non pensano per concetti - se voi accettate il fatto che il concetto sia il termine di una attivit o duna creazione autentica. Io direi che il concetto, un sistema di singolarit prelevate da un flusso di pensiero. Un filosofo, qualcuno che fabbrica concetti. E qualcosa dintellettuale? A mio avviso, no. Poich un concetto in quanto sistema di singolarit prelevate da un flusso di pensiero immaginate il flusso di pensiero universale come una specie di monologo interiore, il monologo interiore di tutti quelli che pensano. La filosofia scaturisce con latto che consiste a creare dei concetti. Per me, c tanta creazione nella fabbricazione di un concetto che nella creazione di un grande pittore o di un grande musicista. Possiamo concepire anche un flusso acustico continuo (forse non che un idea, ma poco importa se questa idea fondata) che attraversa il mondo e che comprenda anche il silenzio. Un musicista qualcuno che preleva da questo flusso qualche cosa: delle note? No? Che cosa chiameremo il nuovo suono di un musicista? Sentite bene che non si tratta semplicemente

del sistema di note. E la stessa cosa per la filosofia, solo che non si tratta di creare dei suoni ma dei concetti. Non questione di definire la filosofia con una ricerca qualunque della verit, e per una ragione molto semplice: ovvero che la verit sempre subordinata al sistema di concetti di cui disponiamo. Qual limportanza dei filosofi per i non-filosofi? E che i nonfilosofi possono benissimo non saperlo, o mostrare di disinteressarsene, che lo vogliano o no essi pensano attraverso dei concetti che hanno dei nomi propri. Riconosco il nome di Kant non alla sua vita, ma ad un certo tipo di concetti che sono firmati da Kant. Allora, essere discepolo di un filosofo qualcosa che possiamo facilmente concepire. Se voi siete nella situazione di dire che tal filosofo ha segnato dei concetti per cui voi sentite il bisogno, in quel caso siete kantiani, leibniziani etc. E una cosa che non stupisce il fatto che due grandi filosofi non siano daccordo luno con laltro nella misura in cui ognuno crea un sistema di concetti che gli serve da riferimento. Dunque non abbiamo solo questo da giudicare. Possiamo benissimo non essere discepoli che localmente, su questo o quel punto la filosofia, se ne distacca (a se dtache). Voi potreste essere discepoli di un filosofo nella misura in cui voi ritenete avere una necessit personale per questo tipo di concetti. I concetti sono delle firme spirituali. Ma ci non vuol dire che siano nella testa, perch i concetti sono anche dei modi di vita e non per scelta o per riflessione, il filosofo non riflette di pi rispetto al pittore o al musicista -; le attivit si definiscono per un' attivit creatrice e non per una dimensione riflessiva. Quindi, cosa vuol dire: aver bisogno di questo o quel concetto? In un certo modo, mi dico io, i concetti sono delle cose talmente vive, veramente delle cose a quattro zampe, si muovono, ecco! Sono come un colore, come un suono. I concetti, sono talmente vivi, da non essere senza rapporto con ci che a prima vista sembrerebbe qualcosa di molto lontano dal concetto, a ben vedere il grido. In un certo modo, il filosofo, non qualcuno che canta, qualcuno che grida. Ogni volta che voi avete bisogno di gridare, penso che non siate lontani da una specie di chiamata della filosofia. Che cosa vuol dire che il concetto sarebbe una specie di grido o una specie di forma del grido? E questo, aver bisogno di un concetto: aver qualcosa da gridare! Bisogner trovare il concetto di questo grido, qui Possiamo gridare mille cose. Immaginate qualcuno che grida: Comunque bisogna che tutto questo abbia una ragione.

E un grido molto semplice. Nella mia definizione: il concetto la forma del grido, immaginiamo subito una serie di filosofi che direbbero si, si! Sono i filosofi della passione, i filosofi del pathos, distinti dai filosofi del logos. Per esempio, Kierkegaard, fond tutta la sua filosofia su dei gridi fondamentali. Ma Leibniz della grande tradizione razionalista. Immaginate Leibniz: c qualcosa che ci lascia sbigottiti. E il filosofo dellordine; di pi, dellordine e della polizia, in tutti i sensi della parola polizia. Nel primo senso della parola polizia soprattutto, ovvero lorganizzazione ordinata della citt. Non pensa se non in termini d' ordine. In questo senso estremamente reazionario, lamico dellordine. Ma stranamente, con questo gusto per lordine e per fondare quest ordine, si abbandona ad una folle (dmente) creazione di concetti mai vista in filosofia. Dei concetti scompigliati, i pi esuberanti, i pi disordinati, per giustificare ci che . Bisogna che ogni cosa abbia una ragione. In effetti, ci sono due tipi di filosofi, se voi accettate questa definizione della filosofia come lattivit che consiste nel creare concetti, ma ci sono come due poli: ci sono quelli che attuano una creazione di concetti molto sobria; creano dei concetti di tale singolarit ben distinta dalle altre, e infine, io sogno una specie di quantificazione dei filosofi nella quale si classificherebbero in base al numero di concetti che hanno firmato o inventato. Se io mi dico: Descartes, questo il tipo di una creazione di concetti molto sobria. La storia del cogito, storicamente, possiamo sempre trovare tutta una tradizione, dei precursori, ma ci non toglie che ci sia qualcosa firmato Descartes nel concetto cogito, a ben veder (una proposizione pu esprimere un concetto) la proposizione: io penso, quindi sono, veramente un nuovo concetto. E la scoperta della soggettivit, della soggettivit pensante. E firmata Descartes. Certo, si potr sempre cercare in S. Agostino, verificare se non fosse gi preparato c sicuramente una storia dei concetti, ma firmato Descartes. Descartes, non abbiamo fatto troppo alla svelta? Possiamo assegnargli cinque o sei concetti. E qualcosa di grande aver inventato cinque o sei concetti, ma una creazione sobria. E poi ci sono i filosofi esasperati. Per essi, ogni concetto copre un insieme di singolarit, e poi hanno sempre bisogno di altre, sempre di altri concetti. Assistiamo ad una folle creazione di concetti. Lesempio tipico Leibniz; non la smette mai di creare qualcosa di nuovo. E questo che vorrei spiegare.

E il primo filosofo a riflettere sulla potenza della lingua tedesca in rapporto al concetto, in cosa il tedesco una lingua eminentemente concettuale, e non per caso che essa possa essere anche una grande lingua del grido. Attivit multiple si occupa di tutto -, gran matematico, grandissimo fisico, valente giurista, molte attivit politiche, sempre al servizio dellordine. Non smette mai, molto ambiguo. C una visita di Leibniz a Spinoza (quest' ultimo, lanti-Leibniz): Leibniz fa leggere dei manoscritti, ci si immagina Spinoza esasperato domandarsi che cosa vuole questo tipo. A riguardo, quando Spinoza attaccato Leibniz dice di non esser mai andato a fargli visita, dice che stato da lui solo per sorvegliarlo Abominevole. Leibniz abominevole. Date: 1646-1716. Una lunga vita, a cavallo di molte cose. C infine una specie d' umore diabolico. Direi che il suo sistema piuttosto piramidale. Il grande sistema di Leibniz ha diversi livelli. Nessuno di questi livelli falso, questi livelli simbolizzano gli uni con gli altri e Leibniz il primo grande filosofo a concepire lattivit e il pensiero come una vasta simbolizzazione. Quindi tutti questi livelli simbolizzano, ma sono tutti pi o meno vicini a ci che potremmo chiamare provvisoriamente lassoluto. Ora, fa anche parte della sua opera. Seguendo il corrispondente di Leibniz o il pubblico al quale si rivolge, presenta tutto il suo sistema a tale livello. Immaginate che il suo sistema sia fatto di livelli pi o meno contratti o pi o meno distesi; per spiegare qualcosa a qualcuno, si installa a tale livello del suo sistema. Supponiamo che il qualcuno in questione sia sospettato da Leibniz di avere unintelligenza mediocre: molto bene, rapito (ravi), si installa ad un livello fra i pi bassi del suo sistema; se si rivolge a qualcuno di pi intelligente, salta a un altro livello. Come questi livelli facciano parte implicitamente degli stessi testi di Leibniz, ci crea non pochi problemi per i commenti. E complicato perch, a mio avviso, non si pu mai basarsi su un testo di Leibniz se non si dapprima sentito il livello del sistema al quale il testo in questione corrisponde.

Per esempio, ci sono dei testi in cui Leibniz spiega ci che secondo lui lunione dellanima e del corpo; bene, a questo o a quel corrispondente. Ad un corrispondente spiegher che non c nessun problema riguardo lunione di anima e corpo poich il vero problema, il problema del rapporto delle anime tra loro. Le due cose non sono affatto

contraddittorie, sono due livelli del sistema. Cosicch se non si valuta il livello di un testo di Leibniz, allora avremmo limpressione che non la smetta mai di contraddirsi, ma in effetti non si contraddice per nulla. Leibniz un filosofo molto difficile. Vorrei dare dei titoli ad ogni parte di ci che ho da proporvi. Il grande 1) vorrei chiamarlo uno strano pensiero (Drle de pense). Quindi, sono autorizzato dallautore stesso. Leibniz sognava molto, ha un lato fantascientifico assolutamente formidabile, immagina senza sosta delle istituzioni. In questo piccolo testo Drle de pense, immaginava unistituzione molto inquietante che era la seguente: avremmo bisogno di unaccademia dei giochi. In quell epoca, come anche in Pascal, o in altri matematici, in Leibniz stesso, venne allestita la grande teoria dei giochi e delle probabilit. Leibniz uno dei grandi fondatori della teoria dei giochi. E un appassionato dei problemi matematici di gioco, lui stesso doveva essere un buon giocatore. Immagina questaccademia dei giochi che presenta come dover essere allo stesso tempo perch allo stesso tempo? Perch il punto di vista in cui ci installiamo per vedere questa istituzione, o per parteciparne essa sarebbe allo stesso tempo una sezione dellaccademia delle scienze, un giardino zoologico e botanico, una esposizione universale, un casin dove si gioca, e unimpresa di controllo poliziesco. Non niente male. Chiama tutto ci un drle de pense. Supponete che io vi racconti una storia. Questa storia consiste nel prendere uno dei punti centrali della filosofia di Leibniz, e che io ve la racconti come se fosse la descrizione dun altro mondo, e anche qui numerer le proposizioni principali che formano un drle de pensee. a)Il flusso di pensiero, da sempre, trascina con se un principio dal carattere molto particolare perch uno dei pochi principi di cui possiamo esser sicuri, e allo stesso tempo non vediamo come potrebbe esserci utile. E qualcosa di certo, ma vuoto. Questo celebre principio il principio didentit. Il principio didentit ha un enunciato classico: A A. Ci sicuro. Se io dico il blu blu, o Dio Dio, non dico con questo che Dio esiste, in un certo senso mi trovo nella certezza. Soltanto, ecco: penso qualcosa quando dico A A, oppure non penso? Proviamo comunque a dire cos che comporta questo principio didentit. Si presenta sotto la forma di una proposizione reciproca. A A, ci vuol dire: soggetto A, verbo essere, A attributo o predicato, c una reciprocit del

soggetto e del predicato. Il blu blu, il triangolo triangolo, sono proposizioni vuote e certe. Tutto qua? Una proposizione identica una proposizione tale che lattributo o il predicato la stessa cosa del soggetto e pu scambiarsi con esso. C un secondo caso, giusto un pochino pi complesso, in cui il principio didentit pu determinare delle proposizioni che non sono semplicemente delle proposizioni reciproche. Non c pi soltanto reciprocit del predicato col soggetto e del soggetto con il predicato. Supponete che io dica: Il triangolo ha tre lati, non la stessa cosa che dire il triangolo ha tre angoli. Il triangolo ha tre angoli una proposizione identica perch reciproca. Il triangolo ha tre lati un po diverso, non c reciprocit. Non c identit del soggetto e del predicato. In effetti, tre lati, non la stessa cosa che tre angoli. Tuttavia c una necessit detta logica. E una necessit logica nel senso che voi non potete concepire tre angoli che compongono una figura senza che questa figura abbia tre lati. Non c reciprocit ma inclusione. Tre lati sono inclusi in triangolo. Inerenza o inclusione. Allo stesso modo, se io dico che la materia materia, materia materia, una proposizione identica sotto la forma di una proposizione reciproca; il soggetto identico al predicato. Se io dico che la materia estesa , ancora una proposizione identica perch io non posso pensare il concetto di materia senza introdurci gi da subito lestensione. Lestensione nella materia. Non affatto una proposizione reciproca visto che io posso benissimo pensare unestensione senza niente che la riempia, cio senza materia. Non quindi una proposizione reciproca, ma una proposizione dinclusione; quando io dico la materia estesa, questa una proposizione identica per inclusione. Direi quindi che le proposizioni identiche sono di due tipi: sono proposizioni reciproche quelle in cui il soggetto e il predicato sono lo stesso e proposizioni dinerenza o dinclusione quelle in cui il predicato contenuto nel concetto del soggetto. Se io dico questa foglia ha un dritto e un rovescio no lasciamo perdere, sopprimo il mio esempio A A, una forma vuota. Se io cerco un enunciato pi interessante del principio di identit, direi alla maniera di Leibniz che il principio didentit si enunci cos: ogni proposizione analitica vera. Cosa vuol dire analitica? In base agli esempi che abbiamo fatto, una proposizione analitica una proposizione tale che il predicato o lattributo uguale al soggetto, esempio: il triangolo triangolo, proposizione reciproca, sia proposizione dinclusione

il triangolo ha tre lati, il predicato contenuto nel soggetto in modo che quando voi abbiate concepito il soggetto il predicato era gi contenuto in lui. Vi basta quindi unanalisi per trovare il predicato nel soggetto. Fino a questo punto, Leibniz come pensatore originale non ancora venuto in luce. b) Leibniz viene si mette in evidenza. Si mette in evidenza sotto la forma di questo grido molto strano. Gli dar un enunciato pi complesso di quello di prima. Tutto ci che si dice non della filosofia, della pre-filosofia, il terreno sul quale scaturir una filosofia molto prodigiosa. Leibniz arriva e dice: molto bene. Il principio didentit ci da un modello certo. Perch un modello certo? Nel suo stesso enunciato, una proposizione analitica vera se voi attribuite ad un soggetto qualcosa che non fa che uno con il soggetto stesso, o che si confonde, o che gi contenuto nel soggetto. Voi non rischiate di sbagliarvi. Quindi ogni proposizione analitica vera. Il colpo di genio pre-filosofico di Leibniz, sta nel dire: analizziamo la reciproca! Qui comincia qualcosa di assolutamente nuovo e pertanto molto semplice bisognava pensarci. E cosa vuol dire bisognava pensarci, ci vuol dire che bisognava averne bisogno, che risolvesse qualcosa di molto urgente per lui. Che cos' la reciproca del principio didentit nel suo enunciato complesso ogni enunciato analitico vero? La reciproca pone molti problemi in pi. Leibniz arriva e dice: ogni proposizione vera analitica. Se vero che il principio didentit ci da un modello di verit, perch ci imbattiamo sulla difficolt seguente, ovvero: vero ma non ci fa pensare niente. Forziamo il principio didentit a farci pensare qualcosa; lo invertiamo, lo rigiriamo. Voi mi direte che invertire A A, da A A. S e no. Fa A A nella formulazione formale che impedisce il rovesciamento del principio. Ma nella formulazione filosofica, che riviene esattamente allo stesso tuttavia, ogni proposizione analitica una proposizione vera, se voi rigirate il principio, ogni proposizione vera necessariamente analitica, che cosa vuol dire? Ogni volta che voi formulate una proposizione vera, bisogna (ed qui che c il grido), che voi lo vogliate o no, che sia analitica, cio che essa sia riducibile a una proposizione dattribuzione o di predicazione, e che non soltanto essa sia riducibile a un giudizio di predicazione o dattribuzione (il cielo blu), ma che essa sia analitica, cio che il predicato sia o reciproco con il soggetto o contenuto nel concetto del soggetto? E

qualcosa d' evidente? Si lancia in una strana cosa, e non una questione di gusto per cui dice tutto ci, ne ha bisogno. Ma si immette in una cosa impossibile: avr bisogno in effetti di concetti completamente storpi per riuscire a compiere il compito che si dato. Se ogni proposizione analitica vera, bisogna che ogni proposizione vera sia analitica. Non per niente semplice da concepire che ogni giudizio sia riducibile a un giudizio dattribuzione. Non sar facile da dimostrare. Si lancia in un' analisi combinatoria, come lo dice lui stesso che fantastica. Perch non facile da concepire, non evidente? La scatola di fiammiferi sulla tavola, dir che un giudizio di cosa? sulla tavola, una determinazione spaziale. Potrei dire che la scatola di fiammiferi qui. Qui che cos? Direi che un giudizio di localizzazione. Ancora, ridico delle cose molto semplici, ma esse sono sempre state dei problemi fondamentali per la logica. Giusto per suggerire che in apparenza tutti i giudizi non hanno per forma la predicazione o lattribuzione. Quando io dico: il cielo blu, io ho un soggetto, cielo, e un attributo, blu. Quando io dico: il cielo la in alto, o io sono qui, qui, localizzazione nello spazio, assimilabile a un predicato? Posso formalmente ridurre il giudizio io sono qui ad un giudizio del tipo io sono biondo? non sicuro che la localizzazione nello spazio sia una qualit. E 2+2=4 un giudizio che chiamiamo normalmente di relazione. O se io dico Piero pi piccolo di Paolo, una relazione fra due termini, Piero e Paolo. Senza dubbio oriento questa relazione su Piero: se io dico Piero pi piccolo di Paolo, io posso dire che Paolo pi grande di Piero. Dov il soggetto, dov il predicato? Ecco esattamente il problema che ha turbato la filosofia fin dal suo inizio. Da quando si ha la logica, ci si domandati in quale misura il giudizio dattribuzione poteva essere considerato come la forma universale di ogni giudizio possibile, oppure soltanto un caso di giudizio tra gli altri. Posso trattare pi piccolo di Paolo come un attributo di Piero? Non sicuro. Non c niente di evidente. Forse bisogna distinguere dei tipi di giudizi molto diversi gli uni dagli altri, a ben vedere: giudizio di relazione, giudizio di localizzazione spazio-temporale, giudizio dattribuzione, e daltri ancora: giudizio desistenza. Se io dico: Dio esiste, posso tradurlo formalmente con Dio esistente, essendo esistente un attributo? Posso dire che Dio esiste un giudizio della stessa forma che Dio onnipotente? senza dubbio no, poich non posso dire Dio onnipotente se non aggiungendo si, se esiste. Dio esiste? Lesistenza un attributo? Non certo.

Vedete quindi che enunciando lidea che ogni proposizione vera debba essere in un modo o nellaltro una proposizione analitica, cio identica, Leibniz si gi dato un compito molto difficile; si impegna a dimostrare in quale modo ogni proposizione possa essere riducibile al giudizio di attribuzione, le proposizioni che enunciano delle relazioni, le proposizioni che enunciano delle esistenze, le proposizioni che enunciano delle localizzazioni, e che, al limite, esistere, essere in relazione con, possano essere tradotti come lequivalente dellattributo del soggetto. Deve venir in luce nel vostro cervello lidea di un compito infinito. Supponiamo che Leibniz ce la faccia; che mondo ne viene fuori? Quale strano mondo? Che cos questo mondo in cui io posso dire ogni proposizione vera analitica? Vi ricordate bene che ANALITICA, una proposizione in cui il predicato identico al soggetto o incluso nel soggetto. Ne verr fuori uno strano mondo. Che cos la reciproca del principio didentit? Il principio didentit, quindi ogni proposizione vera analitica, non linverso ogni proposizione analitica vera. Leibniz dice che c bisogno di un altro principio, la reciproca: ogni proposizione vera necessariamente analitica. Gli dar un nome molto bello: principio di ragione sufficiente. Perch ragione sufficiente? Perch pensa di essere pienamente nel suo grido? BISOGNA CHE TUTTO ABBIA UNA RAGIONE. Il principio di ragione sufficiente pu essere enunciato in questo modo: ogni cosa accada ad un soggetto, che siano delle determinazioni di spazio e di tempo, di relazione, evento, ogni cosa accada ad un soggetto, bisogna per forza che ci che gli accade, ovvero ci che si dice di lui con verit, bisogna che tutto ci che si dice di un soggetto sia contenuto nella nozione del soggetto. Bisogna per forza che ogni cosa che accade ad un soggetto sia gi contenuta nella nozione del soggetto. La nozione di nozione sar essenziale. Bisogna che blu sia contenuto nella nozione di cielo. Perch il principio di ragione sufficiente? Perch se cos fosse, ogni cosa avrebbe una ragione; la ragione, precisamente la nozione stessa in quanto contiene tutto ci che accade al soggetto in questione. Allora tutto ha una ragione. Ragione = la nozione del soggetto in quanto questa nozione contiene tutto ci che si dice con verit di questo soggetto. Ecco il principio di ragione sufficiente che quindi proprio la reciproca del principio didentit. Piuttosto che cercare delle giustificazioni astratte, mi domando quale strano mondo nascer da tutto questo? Un mondo dai colori molto strani,

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riprendendo la mia metafora con la pittura. Un quadro firmato Leibniz. Ogni proposizione vera deve essere analitica o, ancora una volta, ogni cosa che voi dite con verit di un soggetto deve essere contenuta nella nozione del soggetto. Sentite che comincia gi a divenire folle, c del lavoro per tutta la vita. Cosa vuol dire, la nozione? Questo, firmato Leibniz. Come c una concezione hegeliana del concetto, c una concezione leibniziana del concetto. c) ancora una volta il mio problema, quale mondo sorger e in questo piccolo c) vorrei cominciare a dimostrare che, a partire da qui, Leibniz creer dei concetti veramente allucinanti. E veramente un mondo allucinatorio. Se voi volete pensare ai rapporti della filosofia con la follia, per esempio, esistono delle pagine poco convincenti di Freud sul rapporto intimo della metafisica con il delirio. Possiamo cogliere la positivit di questi rapporti soltanto con una teoria del concetto, e la direzione in cui vorrei andare, sarebbe il rapporto del concetto con il grido. Vorrei farvi sentire questa presenza di una specie di follia concettuale nelluniverso di Leibniz cos come lo vedremo nascere. E una dolce violenza, lasciatevi andare. Non si tratta di discutere. Capiate la sciocchezza delle obiezioni. Faccio una parentesi per complicare. Voi sapete che c un filosofo posteriore a Leibniz che ha detto che la verit, quella dei giudizi sintetici? Si oppone a Leibniz. Daccordo! Cosa ci interessa? E Kant. Non si tratta di dire che non sono daccordo luno con laltro. Quando dico questo, accredito a Kant un nuovo concetto che il giudizio sintetico. Bisognava inventarlo questo concetto, e fu Kant ad inventarlo. Dire che i filosofi si contraddicono, una frase da sciocchi, come se diceste che Velasquez non era daccordo con Giotto, vero non neanche vero, un non senso. Ogni proposizione vera deve essere analitica, cio tale che essa attribuisce qualcosa a un soggetto e che lattributo deve essere contenuto nella nozione del soggetto. Facciamo un esempio. Non mi domando se vero, mi domando cosa vuol dire. Facciamo un esempio di proposizione vera. Una proposizione vera potrebbe essere una proposizione elementare concernente un evento che ha avuto luogo. Prendiamo gli esempi di Leibniz stesso: CESARE HA ATTRAVERSATO IL RUBICONE.

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E una proposizione. Essa vera o noi abbiamo delle forti ragioni per supporre che essa sia vera. Altra proposizione: ADAMO HA PECCATO. Ecco una proposizione altamente vera. Che cosa ne dite? Vedete che ognuna di queste proposizioni scelte da Leibniz come esempi fondamentali, sono delle proposizioni di eventi (vnementielles), non si da un compito facile. Ci dice questo: poich questa proposizione vera, bisogna, che voi lo vogliate o no che il predicato attraversare il Rubicone, se la proposizione vera, che questo predicato sia contenuto nella nozione di Cesare. Non in Cesare stesso, nella nozione di Cesare. La nozione del soggetto contiene tutto ci che accade ad un soggetto, cio tutto ci che si dice di un soggetto con verit. In Adamo ha peccato, peccato in quel momento appartiene alla nozione di Adamo. Attraversare il Rubicone appartiene alla nozione di Cesare. Direi che qui Leibniz mette in gioco uno dei suoi primi grandi concetti, il concetto d' inerenza. Tutto ci che si dice con verit di qualcosa inerente alla nozione di questo qualcosa. E il primo aspetto o lo sviluppo della ragione sufficiente. d) quando diciamo ci, non possiamo pi fermarci. Quando si cominciato nel dominio del concetto, non ci possiamo pi fermare. Nel dominio dei gridi, c un grido famoso di Aristotele. Il grande Aristotele che, daltronde, ha esercitato su Leibniz una forte influenza, esprime in un momento de La metafisica una formula molto bella: bisogna proprio fermarsi (anankstenai). E un gran grido. E il filosofo davanti labisso della concatenazione dei concetti. Leibniz se ne frega, non si ferma. Perch? Se voi riprendete la proposizione c), tutto ci che voi attribuite a un soggetto deve essere contenuto nella nozione di questo soggetto. Ma ci che voi attribuite con verit a un soggetto qualunque nel mondo, che sia cesare, sufficiente che voi gli attribuiate una sola cosa con verit per rendervi conto con spavento che, da quel momento, voi siete forzati di mettere nella nozione del soggetto, non solo la cosa che voi gli attribuite con verit, ma la totalit del mondo. Perch? In virt di un principio ben conosciuto che non in nessun caso quello della ragione sufficiente. E il semplice principio di causalit. Perch in fin dei conti il principio di causalit va allinfinito, questa la sua caratteristica. Ed un infinito molto particolare poich va verso lindefinito. Il principio di causalit dice che ogni cosa ha una

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causa, ci che diverso dal dire che ogni cosa ha una ragione. Ma la causa, una cosa, ed a sua volta una causa, ecc., ecc. Posso fare la stessa cosa, ogni causa ha un effetto e questo effetto a sua volta causa di effetti. Ci si presenta quindi una serie indefinita di cause e di effetti. Che differenza c fra la ragione sufficiente e la causa? Si capisce bene. La causa non mai sufficiente. Bisogna dire che il principio di causalit pone una causa necessaria, ma non sufficiente. Bisogna distinguere la causa necessaria e la ragione sufficiente. Ci che le distingue in tutta evidenza, che la causa, sempre altra cosa. La causa di A, B, la causa di B, C, ecc. serie indefinita di cause. La ragione sufficiente non per niente altra cosa dalla cosa. La ragione sufficiente di una cosa, la nozione della cosa. Quindi la ragione sufficiente esprime il rapporto della cosa con la sua propria nozione tanto vero che la causa esprime il rapporto della cosa con un altra cosa. E chiaro. e) Se voi dite che tal evento compreso nella nozione di Cesare, attraversare il Rubicone compreso nella nozione di Cesare. Non potete fermarvi, in che senso? E che, di causa in causa e di effetto in effetto, in questo momento che la totalit del mondo deve essere compresa nella nozione di tal soggetto. Ci diventa curioso, ecco che il mondo accade allinterno di ogni soggetto, o di ogni nozione di soggetto. In effetti, attraversare il Rubicone ha una causa, questa causa ha essa stessa pi cause, di causa in causa, in causa di causa, e in causa di causa di causa. Tutta la serie del mondo passa da qui, almeno la serie antecedente. Inoltre, attraversare il Rubicone, ci ha degli effetti. Per restare a dei grossi effetti: instaurazione di un impero romano. Limpero romano a sua volta ha degli effetti, noi dipendiamo direttamente dallimpero romano. Di causa in causa e di effetto in effetto, voi non potete dire che tal evento compreso nella nozione di tale soggetto senza dire che, in questo modo, il mondo intero compreso nella nozione di tale soggetto. C proprio un carattere super-storico (trans-historique) della filosofia. Cosa vuol dire essere leibniziano nel 1980? E ce ne sono, in ogni caso possibile che ce ne siano. Se voi avete detto, conformemente al principio di ragione sufficiente, che ci che accade a un soggetto qualunque, e che lo riguarda personalmente quindi ci che voi gli attribuite con verit, avere gli occhi blu, attraversare il Rubicone, etc. appartiene alla

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nozione del soggetto, cio compreso in questa nozione del soggetto, voi non potete arrestarvi, siete obbligati a dire che questo soggetto contiene il mondo intero. Questo non pi il concetto dinerenza o dinclusione, il concetto d' espressione che, in Leibniz, un concetto fantastico. Leibniz si esprime in questa forma: la nozione del soggetto esprime la totalit del mondo. Il suo proprio attraversare il Rubicone si estende infinitamente allindietro e in avanti per il doppio gioco delle cause e degli effetti. Ma allora, venuto il tempo per quanto ci riguarda, poco importa ci che ci accade e limportanza di ci che ci accade. Bisogna dire che ogni nozione di soggetto che contiene o esprime la totalit del mondo. Il che significa che ognuno di voi, io, esprime o contiene la totalit del mondo. Tutto come Cesare. N pi n meno. Diventa pi complicato, perch? Grande pericolo: se ogni nozione individuale, se ogni nozione di soggetto esprime la totalit del mondo, ci vuol dire che c un solo soggetto, un soggetto universale, e che voi, io, Cesare, non saremmo che delle apparenze di questo soggetto universale. Sarebbe una possibilit per poter dire questo: ci sarebbe un solo soggetto che esprime il mondo. Perch Leibniz non pu dirlo? Non ha scelta. Sarebbe come negarsi. Tutto ci che ha fatto precedentemente con il principio di ragione sufficiente, dove lo portava? Era a mio avviso la prima grande riconciliazione del concetto e dellindividuo. Leibniz stava costruendo un concetto del concetto tale che il concetto e lindividuo divenivano alla fine adeguati luno allaltro. Perch? Che il concetto vada fino allindividuale, perch e qualcosa di nuovo? Nessuno aveva mai osato. Il concetto, che cose? Si definisce con lordine della generalit. Abbiamo un concetto quando si ha una rappresentazione che si applica a pi cose. Ma che il concetto e lindividuo si identifichino, questo non si era mai fatto. Nessuna voce aveva mai riecheggiato nel dominio del pensiero per dire che il concetto e lindividualit sono la stessa cosa. Si era sempre distinto un ordine del concetto che rinviava alla generalit e un ordine dellindividuo che rinviava alla singolarit. Ancor di pi, si era sempre considerato come ovvio che lindividuo non era come tale comprensivo nel concetto. Si e sempre ritenuto che il nome proprio non fosse un concetto. In effetti, cane e un concetto, Medor non lo e. Ce, si, una caninit di tutti i cani, come dicono certi logici in uno splendido

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linguaggio, ma non ce una medorit di tutti i Medor. Leibniz e il primo a dire che i concetti sono dei nomi propri, vale a dire che i concetti sono delle nozioni individuali. Ce un concetto dellindividuo come tale. Quindi, capite bene che Leibniz non pu ripiegarsi sulla proposizione poich ogni proposizione vera e analitica; il mondo quindi e contenuto in un solo ed unico soggetto che sarebbe un soggetto universale. Non pu poich il suo principio di ragion sufficiente implicava che ci che era contenuto in un soggetto dunque ci che era vero, ci che era attribuibile ad un soggetto era contenuto nel soggetto a titolo di soggetto individuale. Quindi non pu darsi una specie di spirito universale. Bisogna che resti fisso alla singolarit, allindividuo come tale. E in effetti, questa sar una delle grandi originalit di Leibniz, la sua formula perpetua: la sostanza (nessuna differenza fra sostanza e soggetto per lui), la sostanza e individuale. E la sostanza Cesare, e la sostanza voi, la sostanza me, etc. Domanda urgente nella mia piccola d) poich egli si e sbarrato la strada per invocare uno spirito universale. Esiste anche un piccolissimo testo di Leibniz, intitolato Considerazioni sullo spirito universale, in cui mostra in cosa ce uno spirito universale, Dio, ma che ci non impedisce alle sostanze di essere individuali. Poich ogni sostanza esprime il mondo, o piuttosto ogni nozione sostanziale, ogni nozione di un soggetto, poich ciascuna esprime il mondo, voi esprimete il mondo, da sempre. Ci diciamo, in effetti, ed e in questione la vita perch lobiezione viene spontanea, gli diciamo: ma allora, la libert? Se tutto ci che accade a Cesare e incluso nella nozione individuale di Cesare, se il mondo intero e compreso nella nozione universale di Cesare, Cesare, attraversando il Rubicone, non fa che svolgere parola curiosa, evolvere, che appare spesso in Leibniz o esplicare (e la stessa cosa), cio alla lettera dispiegare, come voi dispiegate un tappeto. E la stessa cosa: esplicare, dispiegare, svolgere. Quindi attraversare il Rubicone come evento non fa che svolgere qualcosa che era compreso da sempre nella nozione di Cesare. Come vedete e un vero problema. Cesare attraversa il Rubicone in tale anno, ma che attraversi il rubicone in tale anno, era compreso da sempre nella sua nozione individuale. Quindi, dove questa nozione individuale? Essa e eterna. Ce una verit eterna degli eventi datati. Ma allora, e la libert? Gli cade il mondo addosso. La libert e qualcosa di pericoloso nel regime cristiano. Allora Leibniz far un piccolo opuscolo, Della libert, in cui spiega cose la

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libert. Sar qualcosa di molto strano per lui la libert. Ma lasciamo da parte questo argomento per il momento. Ma cose che distingue un soggetto da unaltro? Questa questione non possiamo lasciarla da parte per il momento, altrimenti spezziamo il nostro discorso. Che cosa distingue voi da Cesare poich lui come voi esprimete la totalit del mondo, presente, passato e futuro? E curioso questo concetto d' espressione. E qui che lancia una nozione molto ricca. f) Ci che distingue una sostanza individuale da unaltra, non e difficile. In un certo modo bisogna che sia irriducibile. Bisogna che ognuno, ogni soggetto, per ogni nozione individuale, ogni nozione di soggetto comprenda la totalit del mondo, esprima questo mondo totale, ma da un certo punto di vista(AB: problema del punto di vista: il punto di vista mio non e il tuo: ma dunque come posso rappresentare la totalitadel mondo se non includo anche il tuo punto di vista? E tutti i punti di vista possibili?). E qui comincia una filosofia prospettivista. E non e poco. Voi mi direte: che cosa ce di pi banale dellespressione un punto di vista? Se la filosofia significa creare dei concetti, cosa vuol dire creare dei concetti? In generale, sono delle formule banali. I grandi filosofi hanno ognuno delle formule banali alle quali strizzano locchio. Strizzare locchio per un filosofo e, al limite, prendere una formula banale e divertirsi, voi non sapete cosa ci metter dentro. Fare una teoria del punto di vista, cosa implica? Poteva esser fatta in qualsiasi momento? E un caso che sia Leibniz a fare la prima grande teoria proprio in quel momento? Nel momento in cui lo stesso Leibniz crea un capitolo di geometria particolarmente fecondo, la geometria detta proiettiva. E un caso che sia accaduto in seno ad unepoca in cui si sono elaborate, in architettura come in pittura, ogni sorta di tecnica di prospettiva? Teniamo giusto di conto di questi due domini che simbolizzeremo cos: larchitetturapittura e la prospettiva nella pittura da una parte, e dallaltra la geometria proiettiva. Capite dove vuole arrivare Leibniz. Dir che ogni nozione individuale esprime la totalit del mondo, si, ma da un certo punto di vista. Cosa vuol dire? Come non ce niente banalmente, pre-filosoficamente, anche qui non pu pi fermarsi. Lo costringe a mostrare che ci che costituisce la nozione individuale in

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quanto individuale, e un punto di vista. E dunque che il punto di vista e pi profondo di ci che su di lui si posa. Bisogna proprio che ci sia, al fondo di ogni nozione individuale, un punto di vista che definisce la nozione individuale. Se volete, il soggetto e secondo in rapporto al punto di vista. Ebbene, dire ci, non e affatto un gioco, non e qualcosa di trascurabile. Fonda una filosofia che trover accoglienza in un altro filosofo che tende cos la mano a Leibniz al di l dei secoli, ovvero Nietzsche. Nietzsche dir: la mia filosofia, e il prospettivismo. Il prospettivismo, voi capite che diventa banale o idiota se ci consiste nel dire che tutto e relativo al soggetto, o che tutto e relativo. Tutti lo dicono; fa parte di quelle proposizioni che non fanno male a nessuno poich essa e priva di senso. Ma aiuta la conversazione. Fin quando prendo la formula come significante tutto dipende dal soggetto, ci non vuol dire niente, ho provocato, come si dice... (Fine banda sonora) ...Ci che fa me=me, e un punto di vista sul mondo. Leibniz non potr fermarsi, dovr andare verso una teoria del punto di vista tale per cui il soggetto sia costituito dal punto di vista e non il punto di vista costituito dal soggetto. Quando, nel pieno del XIX secolo, Henry James rinnov le tecniche del romanzo con un prospettivismo, con la mobilizzazione di punti di vista, anche in James, non sono i punti di vista che si esplicano dal soggetto, e linverso, sono i soggetti che si esplicano dai punti di vista. Un' analisi dei punti di vista come ragione sufficiente dei soggetti, ecco la ragione sufficiente del soggetto. La nozione individuale, e il punto di vista sotto il quale lindividuo esprime il mondo. Tutto ci e bello e anche poetico. James ha delle tecniche sufficienti per far s che non ci sia un soggetto; diventa questo o quel soggetto colui che e determinato ad essere in quel punto di vista. E il punto di vista che esplica il soggetto e non linverso. Leibniz: ogni sostanza individuale e come un mondo intero e come uno specchio di Dio o se si vuole di tutto luniverso che ognuna esprime della sua maniera: pi o meno come una stessa citt e diversamente rappresentata secondo le diverse situazioni di colui che la osserva. Cos luniverso e in qualche modo moltiplicato tante volte quante sono le sostanze, e la gloria di Dio aumenta allo stesso modo per quante rappresentazioni diverse

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del suo [????]. Parla come un cardinale. Si pu anche dire che ogni sostanza porta in qualche modo il carattere della saggezza infinita e di tutta la potenza di Dio, e limita tanto quanto essa e suscettibile. In questo e) dir che il nuovo concetto di punto di vista pi profondo che di quello di individuo e di sostanza individuale. E il punto di vista che definir lessenza. Lessenza individuale. Dobbiamo credere che, ad ogni nozione individuale corrisponde un punto di vista. Ma ci si complica perch questo punto di vista varrebbe dalla nascita alla morte dellindividuo. Ci che ci definirebbe, e un certo punto di vista sul mondo. Dicevo prima che Nietzsche ritrov questa idea. Non gli piaceva ma ci che gli prese... La teoria del punto di vista, e unidea del rinascimento. Il Cardinale di Cuses, grande filosofo del rinascimento, invoc il ritratto mutante in base al punto di vista. Al tempo del fascismo italiano, era possibile vedere un ritratto molto strano un po dappertutto: frontalmente rappresentava Mussolini, sulla destra rappresentava suo genero, e se ci si metteva sulla sinistra, rappresentava il re. Lanalisi dei punti di vista, in matematica ed anche qui e Leibniz che fa fare a questo capitolo della matematica un progresso considerevole sotto il nome di analysis situs (ed) e evidente che e legato alla geometria proiettiva. Ce una specie d' essenzialit, doggettivit del soggetto, e loggettivit, e il punto di vista. Concretamente, che ognuno esprima il mondo dal suo punto di vista, cosa vuol dire? Leibniz non si tira indietro davanti ai concetti anche i pi strani. Non posso neanche pi dire dal suo proprio punto di vista. Se io dicessi dal suo proprio punto di vista, farei dipendere il punto di vista del soggetto preliminare, oppure linverso. Ma che cose che determina questo punto di vista? Leibniz: capite bene, ognuno di noi esprime la totalit del mondo, soltanto che la esprime oscuramente e confusamente. Oscuramente e confusamente, cosa vogliono dire nel vocabolario di Leibniz? Vogliono dire che la totalit del mondo e s in lui, ma sotto forma di piccola percezione. Le piccole percezioni. E un caso che Leibniz sia uno degli inventori del calcolo differenziale? Sono delle percezioni infinitamente piccole, in altri termini delle percezioni incoscienti. Io esprimo tutto il mondo, ma oscuramente e confusamente, come un clamore. Pi tardi, vedremo perch tutto questo e legato al calcolo differenziale, ma sentite che le piccole percezioni o linconscio, sono come dei differenziali della coscienza, delle

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percezioni senza coscienza. Per la percezione cosciente, Leibniz si serve di unaltra parola: lappercezione (aperception). Lappercezione, (apercevoir) scorgere-accorgersiintravedere, e la percezione cosciente, e la piccola percezione, la differenziale della coscienza che non e data nella coscienza. Tutti gli individui esprimono la totalit del mondo oscuramente e confusamente. Allora, cosa distingue un punto di vista da un altro punto di vista? In compenso, ce una piccola porzione del mondo che io esprimo chiaramente e distintamente, e ogni soggetto, ogni individuo ha la sua piccola porzione, in che senso? Nel senso molto preciso che questa porzione del mondo che io esprimo chiaramente e distintamente, la esprimono anche tutti gli altri soggetti, ma confusamente e oscuramente. Ci che definisce il mio punto di vista, e come una specie di proiettore che, nel rumore del mondo oscuro e confuso, salvaguarda una zona limitata despressione chiara e distinta. Anche stupidi che voi possiate essere, o insignificanti che possiamo essere, noi abbiamo il nostro piccolo affare (truc), anche il pi piccolo parassita ha il suo piccolo mondo: non esprime molte cose chiaramente e distintamente, ma ha la sua piccola porzione. I personaggi di Beckett, sono degli individui: tutto e confuso, dei rumori, non si capisce nulla, sono dei brandelli; ce il grande rumore del mondo. Pietosi che siano nel loro bidone della spazzatura, hanno una piccola zona tutto loro. Ci che il grande Molloy chiama le mie propriet. Non si muove pi, ha il suo piccolo gancio e, nel raggio di un metro, con il suo gancio, padroneggia delle cose, le sue propriet. E la zona chiara e distinta che egli esprime. Siamo tutti in questa situazione. Ma la nostra zona e pi o meno grande, e ancora non e certo, ma non e mai la stessa. Ci che fa il punto di vista, che cos? E la proporzione della regione del mondo espressa chiaramente e distintamente da un individuo in rapporto alla totalit del mondo espressa oscuramente e confusamente. E questo, il punto di vista. Ce una metafora cara a Leibniz: voi siete vicini al mare e ascoltate le onde. Voi ascoltate il mare e sentite il rumore di unonda, e ho un' appercezione: distinguo unonda. E Leibniz dice: voi non sentireste londa se non aveste avuto prima una piccola percezione inconscia del rumore di ogni goccia dacqua che scivola luna in rapporto allaltra, e che fanno loggetto delle piccole percezioni. Ce il rumore di tutte le gocce dacqua, e voi avete la vostra piccola zona di chiarezza, cogliete chiaramente e

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distintamente una risultante parziale di questo infinito di gocce, di questo infinito del rumore, e ne fate il vostro piccolo mondo, la vostra propriet. Ogni nozione individuale ha il suo piccolo punto di vista, ci vuol dire che da questo punto di vista, essa preleva sullinsieme del mondo che egli esprime una porzione determinata despressione chiara e distinta. Dati due individui, voi avete due possibilit: o le loro zone non comunicano assolutamente, e non simbolizzano luna con laltra non ci sono soltanto delle comunicazioni dirette, possiamo pensare che ci siano anche delle analogie e in questo caso non abbiamo niente da dirci; oppure sono come due cerchi che si intersecano: ce una piccola zona comune; in questo caso si pu fare qualcosa insieme. Leibniz pu quindi dire con forza che non ci sono due sostanze individuali identiche, non ci sono due sostanze individuali che abbiano lo stesso punto di vista o che abbiamo esattamente la stessa zona chiara e distinta despressione. E infine, colpo di genio di Leibniz: che cosa definir la zona despressione chiara e distinta che io ho? Io esprimo la totalit del mondo ma non ne esprimo chiaramente e distintamente che una porzione ridotta, una porzione finita. Quello che io esprimo chiaramente e distintamente, ci dice Leibniz, e ci che ha attinenza col mio corpo (qui a trait mon corps). E la prima volta che interviene questa nozione di corpo. Vedremo cosa vuol dire questo corpo, ma ci che io esprimo chiaramente e distintamente ci che affetta il mio corpo. Quindi, si capisce che io non esprimo chiaramente e distintamente il passaggio del Rubicone questo, questo concerneva il corpo di Cesare. Ce qualcosa che concerne il mio corpo e che io sono il solo ad esprimere chiaramente e distintamente, sul fondo di questo rumore che ricopre tutto luniverso. g) In questa storia della citt, ce una difficolt. Ci sono diversi punti di vista molto bene. Questi punti di vista preesistono al soggetto che ci si posa sopra, molto bene. A questo momento, il segreto del punto di vista e matematico; e geometrico e non psicologico. In ogni caso almeno psichico-geometrico. Leibniz e un uomo di nozione, non e un uomo di psicologia. Ma tutto mi spinge a pensare che la citt esiste fuori dai punti di vista. Ma nella mia storia di mondo espresso, nella maniera in cui siamo partiti, il mondo non ha nessuna esistenza al di fuori del punto di vista che lo esprime il mondo non esiste in se. Il

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mondo, e unicamente lespresso comune di tutte le sostanze individuali, ma lespresso non esiste al di fuori di ci che lo esprime. Il mondo non esiste in se, il mondo, esso e unicamente lespresso. Il mondo intero e contenuto in ogni nozione individuale, ma non esiste se non in questinclusione. Non ha esistenza al di fuori. E in questo senso che Leibniz sar sovente, e non a torto, dalla parte degli idealisti: non ce un mondo in se, il mondo non esiste se non nelle sostanze individuali che lesprimono. E lespresso comune di tutte le sostanze individuali. E lespresso di ogni sostanza individuale, ma lespresso non esiste fuori delle sostanze che lo esprimono. E un vero problema! Che cosa distingue queste sostanze? Il fatto e che esse esprimono tutte lo stesso mondo, ma non esprimono la stessa porzione chiara e distinta. E come un gioco di scacchi. Il mondo non esiste. E la complicazione del concetto d' espressione che ci pone di fronte a quest ultima difficolt. Inoltre bisogna che tutte le nozioni individuali esprimano lo stesso mondo. Allora strano strano, perch in virt del principio didentit che ci permette di determinare ci che contraddittorio, ovvero ci che impossibile -, sarebbe A che non A. E contraddittorio. Esempio: il cerchio quadrato, un cerchio che non un cerchio. Quindi, a partire dal principio didentit, io posso avere un criterio della contraddizione. Secondo Leibniz, io posso dimostrare che 2 + 2 non pu fare 5, io posso dimostrare che un cerchio non pu essere quadrato. Tanto che, al livello della ragione sufficiente, molto pi complicato. Perch? Perch Adamo non peccatore, Cesare che non attraversa il Rubicone, non sono come il cerchio quadrato. Adamo non peccatore, non contraddittorio. Sentite come prover a salvare la libert, una volta immessosi in una situazione difficile per salvarla. Non per niente impossibile: Cesare avrebbe potuto non attraversare il Rubicone, tanto vero che un cerchio non pu essere quadrato qui non c libert. Allora, siamo di nuovo bloccati, ancora Leibniz ha bisogno di un nuovo concetto e, fra tutti i suoi folli concetti, sar senza dubbio il pi folle. Adamo avrebbe potuto non peccare, quindi in altri termini, le verit rette dal principio di ragione sufficiente non sono dello stesso tipo delle verit rette dal principio didentit, perch? Perch le verit rette dal principio didentit sono tali che il loro contraddittorio impossibile, tanto che le verit rette dal principio di ragione sufficiente hanno un contraddittorio possibile: Adamo non peccatore possibile. Ci anche tutto quello che

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distingue, secondo Leibniz, le verit dette dessenza e le verit dette desistenza. Le verit desistenza, sono tali per cui il loro contraddittorio possibile. Come far Leibniz ad eliminare questultima difficolt: come pu mantenere allo stesso tempo tutto ci che Adamo ha di fatto contenuto da sempre nella sua nozione individuale (e potr essendo Adamo non peccatore possibile)? Sembra bloccato, delizioso perch sotto questo aspetto i filosofi, sono un poco come dei gatti, quando sono bloccati che si disimpegnano, oppure come un pesce: il concetto divenuto pesce. Ci racconter la cosa seguente: che Adamo non peccatore, perfettamente possibile, come Cesare che non ha attraversato il Rubicone; tutto ci possibile ma non si prodotto perch, anche se possibile in se, incompossibile. Ed ecco che crea il concetto molto strano di incompossibilit. Al livello delle esistenze, non basta che una cosa sia possibile per esistere, ma abbiamo bisogno di sapere con cosa essa compossibile. Adamo non peccatore, nel momento in cui possibile in se stesso, incompossibile con il mondo che esiste. Adamo avrebbe potuto non peccare, si, ma a condizione di avere un altro mondo. Vedete che l inclusione del mondo nella nozione individuale, e il fatto che un altra cosa fosse possibile, concilia in un sol colpo, con la nozione di compossibilit, Adamo non peccatore fa parte di un altro mondo. Adamo non peccatore sarebbe stato possibile, ma questo mondo non stato scelto. E incompossibile con il mondo esistente. Esso non compossibile se non con altri mondi possibili che non sono passati all esistenza. Perch proprio questo mondo che passato allesistenza? Leibniz spiega quella che , secondo lui, la creazione dei mondi fatta da Dio, e capiamo bene in che modo essa sia una teoria dei giochi: Dio, nel suo intelletto, concepisce un infinit di mondi possibili, solo che questi mondi possibili non sono conpossibili gli uni con gli altri, e ci risulta chiaro dal fatto che Dio a scegliere il migliore. Sceglie il migliore dei mondi possibili. E notiamo che il migliore dei mondi possibili implica Adamo peccatore. Perch? Sar orribile. Ci che interessante logicamente, la creazione di un concetto proprio di compossibilit per designare una sfera logica pi ristretta di quella della possibilit logica. Per esistere, non basta che qualcosa sia possibile, c bisogno anche che questa cosa sia conpossibile con le altre che costituiscono il mondo reale.

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In una formula celebre de La monadologia, Leibniz dice che le nozioni individuali sono senza porte e senza finestre. Questo corregger la metafora della citt. Senza porte n finestre, ci vuol dire che non ci sono aperture. Perch? Perch non c lesteriore. Il mondo che le nozioni individuali esprimono interiore, incluso nelle nozioni individuali. Le nozioni individuali sono senza porte e senza finestre, tutto incluso in ognuna, e tuttavia c un mondo comune a tutte le nozioni individuali: il fatto che ogni nozione individuale include, a ben vedere la totalit del mondo, lo include sotto una forma in cui ci che essa esprime conpossibile con ci che le altre esprimono. Che meraviglia. E un mondo in cui non c nessuna comunicazione diretta tra i soggetti. Tra Cesare e voi, tra voi e me, non c nessuna comunicazione diretta, e come diremmo oggi, ogni nozione individuale programmata in tal modo che ci che essa esprime forma un mondo comune con ci che esprime laltra. E uno degli ultimi concetti di Leibniz: larmonia prestabilita. Prestabilita, assolutamente unarmonia programmata. E lidea dellautoma spirituale, e allo stesso tempo la grande era degli automi, questa fine del XVII secolo. Ogni nozione individuale come un automa spirituale, ovvero ci che essa esprime interiore a essa, essa senza porte n finestre; essa programmata in tal modo che ci che essa esprime sia in compossibilit con ci che un altra esprime. Ci che ho fatto oggi stata unicamente una descrizione del mondo di Leibniz, anzi solo una parte di questo mondo. Quindi, abbiamo illustrato successivamente le nozioni seguenti: ragione sufficiente, inerenza e inclusione, espressione o punto di vista, incompossibilit.

DELEUZE / LEIBNIZ Cours Vincennes - 22/04/1980 Tlcharger ce cours en : pdf (pas disponible) rtf (pas disponible)

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L ultima volta, come daccordo, abbiamo cominciato una serie di studi su Leibniz che dobbiamo concepire come introduzione ad una lettura la vostra di Leibniz. Per introdurre una chiarezza di tipo numerico, io vorrei numerare i paragrafi per non rischiare di mescolare il tutto. Lultima volta, il nostro primo paragrafo era una specie di presentazione dei concetti principali di Leibniz. Sullo sfondo di tutto questo, cera un problema riguardante Leibniz, anzi era forse qualcosa di molto pi generale: che cosa significhi precisamente fare della filosofia, e abbiamo visto, partendo da una nozione molto semplice che fare della filosofia significherebbe creare dei concetti, come fare della pittura significa creare delle linee e dei colori. Fare della filosofia, significa creare dei concetti, perch i concetti non sono qualcosa di gi preesistente. Non sono qualcosa che sia dato gi tutto fatto, e in questo senso bisogna definire la filosofia come un attivit creativa: creazione di concetti. Questa definizione sembrava convenire perfettamente a Leibniz che, precisamente in una filosofia dapparenza fondamentalmente razionalista, si lascia andare ad una specie di creazione esuberante di concetti insoliti di cui ci sono pochi esempi nella storia della filosofia. Se i concetti sono l'oggetto di una creazione, allora dobbiamo dire che questi sono firmati. C una firma, non che la firma stabilisca un legame tra il concetto e il filosofo che lo crea, sono molto di pi i concetti stessi ad essere delle firme. Tutto il primo paragrafo aveva fatto venire in luce un certo numero di concetti propriamente leibniziani. I due principali che avevamo visto erano linclusione e la compossibilit. Tutti i tipi di cose sono incluse in certe altre cose, oppure inviluppate in certe cose. Inclusione, inviluppamento (avvolgimento, fr.enveloppement). Poi un tutt altro concetto, molto strano, quello di compossibilit: ci sono cose che sono possibili in se stesse ma che non sono compossibili con altre. Oggi, vorrei dare come titolo a questo secondo paragrafo, a questa seconda ricerca su Leibniz, Sostanza, Mondo e Continuit. Questo secondo paragrafo si promette di analizzare pi precisamente questi due concetti maggiori di Leibniz: Inclusione e Compossibilit. Nel punto in cui ci siamo fermati lultima volta, ci trovavamo davanti a due problemi: il primo era proprio quello dellinclusione. In che senso? Abbiamo visto che se una

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proposizione era vera, bisogna che in un modo o in un altro il predicato o lattributo sia contenuto o incluso non nel soggetto, ma nella nozione del soggetto. Se una proposizione e vera, bisogna che il predicato sia incluso nella nozione del soggetto. Lasciamoci andare, diamo fiducia a tutto questo, e, come dice Leibniz, se Adamo ha peccato bisogna che peccato sia contenuto o incluso nella nozione individuale d'Adamo. Bisogna che tutto ci che accade, che tutto ci che si pu attribuire, tutto ci che si predica di un soggetto sia contenuto nella nozione del soggetto. E una filosofia della predicazione. Davanti ad una proposizione cos strana, se accettiamo questa specie di scommessa di Leibniz, ci imbattiamo da subito in alcuni problemi. A ben vedere, se un evento qualunque, un evento qualunque che concerne tale nozione individuale, come Adamo o Cesare Cesare attraversa il Rubicone, bisogna che attraversare il Rubicone sia incluso nella nozione individuale di Cesare molto bene, daccordo, siamo tutti pronti a sostenere Leibniz. Ma se diciamo questo, non possiamo pi fermarci: se una sola cosa e contenuta nella nozione individuale di Cesare, come attraversare il Rubicone, bisogna proprio che di effetto in causa e di causa in effetto, la totalit del mondo sia contenuta in questa nozione individuale. In effetti, attraversare il rubicone ha esso stesso una causa che deve a sua volta essere contenuta nella nozione individuale, ecc., ecc., allinfinito, salendo e discendendo. A questo punto bisogna che limpero romano che, in generale, scaturisce dall attraversamento del Rubicone, e che tutte le vicissitudini dellimpero romano, bisogna che in un modo o nellaltro esse siano incluse nella nozione individuale di Cesare. Cos che ogni nozione individuale sar gonfiata dalla totalit del mondo che essa esprime. Essa esprime la totalit del mondo. Ecco che la proposizione diventa sempre pi strana. Ci sono sempre stati dei momenti deliziosi nella storia della filosofia e uno di quei momenti fu quando lestremo limite della ragione, voglio dire quando il razionalismo spinto al limite delle sue conseguenze gener e coincise con una specie di delirio. E fu un delirio della follia. In quel momento si assiste ad una specie di corteo, di sfilata, in cui sono la stessa cosa il razionale spinto fino al limite della ragione e il delirio, ma il delirio della follia la pi pura. Quindi ogni nozione individuale, se vero che il predicato incluso nella nozione del soggetto, bisogna proprio che ogni nozione esprima la totalit del mondo, e che la totalit del mondo sia inclusa in ogni nozione. Abbiamo visto che ci

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conduceva Leibniz ad una teoria straordinaria che, la prima grande teoria della filosofia della prospettiva, o del punto di vista, poich ogni nozione individuale sar detta esprimere e contenere il mondo; si, ma da un certo punto di vista che e pi profondo, a ben vedere la soggettivit che rinvia alla nozione di punto di vista e non la nozione del punto di vista che rinvia alla soggettivit. Ci avr molte conseguenze in filosofia, a cominciare dall eco che si far sentire in Nietzsche nella creazione di una filosofia prospettivista. Il primo problema questo: quando affermiamo che il predicato contenuto nel soggetto, ci supponeva che venisse sollevata ogni sorta di difficolt, a ben vedere, le relazioni possono essere riportate a dei predicati? Gli eventi possono essere considerati come dei predicati? Ma accettiamo tutto questo. Non possiamo dare torto a Leibniz se non partendo da un insieme di coordinate concettuali (diverse) da quelle di Leibniz. Una proposizione vera tale che lattributo contenuto nel soggetto, vediamo bene cosa ci pu voler dire al livello delle verit dessenza. Le verit dessenza, ossia le verit metafisiche (riguardanti Dio), o le verit matematiche. Se io dico 2 + 2 = 4, ci sarebbe molto da discutere al riguardo, ma capisco immediatamente ci che Leibniz vuol dire, sempre indipendentemente dalla questione se abbia ragione o torto, gi cos difficile sapere cosa qualcuno stia dicendo, se poi, ci domandiamo se ha ragione, ma non abbiamo finito. 2 + 2 = 4 una proposizione analitica. Io ricordo che una proposizione analitica una proposizione tale che il predicato contenuto nel soggetto o nella nozione del soggetto, in altre parole una proposizione identica o riducibile all identica. Identit del predicato con il soggetto. In effetti, ci dice Leibniz, io posso dimostrare, alla fine di una serie di passi, di un numero finito di tappe operative, io posso dimostrare che 4, in virt della definizione, e 2 + 2, in virt della loro definizione, sono identiche. Posso veramente dimostrarlo? E in che modo? Evidentemente io non pongo il problema del come? In generale si capisce cose vuol dire: il predicato compreso nel soggetto, ci vuol dire che, alla fine di un insieme di operazioni, io posso dimostrare lidentit delluno con laltro. Leibniz fa un esempio in un piccolo testo che si chiama Della libert. Dimostra che ogni numero divisibile per dodici per ci stesso anche divisibile per sei. Ogni numero dodicinale (doudenaire) sestiario (sexaire). Notate che nella logistica del XIX e del XX secolo, voi ritroverete delle dimostrazioni di questo tipo che hanno fatto, com e

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noto la gloria di Russell. La dimostrazione di Leibniz molto convincente: dimostra dapprima che ogni numero divisibile per dodici identico ai divisibili per due, moltiplicati per due, moltiplicati per tre. Non difficile. Dimostra anche che divisibile per sei uguale a divisibile per due, moltiplicato per tre. Cosa voleva dirci? Ci ha fatto vedere uninclusione poich due moltiplicato per tre contenuto in due moltiplicato per e moltiplicato per tre. E un esempio, ci fa capire al livello delle verit matematiche che noi possiamo affermare che la proposizione corrispondente analitica o identica. Cio che il predicato contenuto nel soggetto. Ci vuol dire, alla lettera, che io posso fare in un insieme, in una serie doperazioni determinate, una serie finita di operazioni determinate e su questo insisto -, io posso dimostrare lidentit del predicato con il soggetto, o io posso far sorgere uninclusione del predicato nel soggetto. Ed e lo stesso. Io posso manifestare questa inclusione, io posso mostrarla. O io dimostro lidentit oppure mostro linclusione. Ha mostrato linclusione quando ha mostrato, per esempio... [????] una identit pura sarebbe stata: ogni numero divisibile per dodici divisibile per dodici, ma qui siamo davanti ad un altro caso di verit dessenza: ogni numero divisibile per dodici e divisibile per sei, questa volta non si accontenta di dimostrare unidentit, mostra un inclusione alla in base al risultato di una serie di operazioni finite, ben determinate. Queste sono le verit dessenza. Io posso dire che linclusione del predicato nel soggetto e dimostrata dallanalisi e che questa analisi risponde alla condizione di essere finita, cio che essa non comporta che un numero limitato di operazioni ben determinate. Ma quando io dico che Adamo ha peccato, o che Cesare ha attraversato il Rubicone, che cose? Ci non rinvia pi ad una verit dessenza, c una data, Cesare ha attraversato il Rubicone qui e ora, ci ha un riferimento allesistenza, Cesare attraversa il Rubicone solo se esiste. 2 + 2 = 4 si fa in tutti i luoghi e in tutti i tempi. Quindi, abbiamo tutte le ragioni per distinguere le verit dessenza dalle verit desistenza. La verit della proposizione Cesare ha attraversato il Rubicone non dello stesso tipo di 2 + 2 = 4. Ma tuttavia, in virt dei principi che abbiamo visto lultima volta, per le verit desistenza non meno che per le verit dessenza, bisogna che il predicato sia nel soggetto e compreso nella nozione del soggetto; compreso quindi da sempre nella nozione del soggetto, incluso da sempre che Adamo peccher in tal luogo e a tal

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momento. E una verit desistenza. Non meno che per le verit dessenza, anche nelle verit desistenza, il predicato deve essere contenuto nel soggetto. Non meno, vuol dire allo stesso modo. E in effetti, ed questo il nostro problema, qual la prima grande differenza che c tra la verit dessenza e la verit desistenza? Lo sentiamo da subito. Per le verit desistenza, Leibniz ci dice che anche in questo caso il predicato contenuto nel soggetto. Bisogna che peccatore sia contenuto nella nozione individuale dAdamo, solo che: se peccatore contenuto nella nozione individuale dAdamo, il mondo intero che contenuto nella nozione individuale dAdamo, rimontando per le cause e discendendo agli effetti, visto che il mondo intero, capite che la proposizione Adamo ha peccato deve essere una proposizione analitica, soltanto che in questo caso lanalisi infinita. Lanalisi va allinfinito. Che cosa pu voler dire? Sembra voler dire questo: per dimostrare lidentit di peccatore e di Adamo, o lidentit di chi attravers il Rubicone e Cesare, abbiamo bisogno questa volta di una serie infinita di operazioni. E chiaro che non siamo capaci, o che almeno sembra che non ne siamo capaci. Siamo capaci di unanalisi allinfinito? Leibniz molto formale: no, voi non potrete, noi uomini, noi non possiamo. Allora, per orientarci nel dominio delle verit desistenza, dobbiamo aspettare lesperienza. Allora perch abbiamo bisogno di tutta questa storia sulle verit analitiche? Aggiunge: si, ma lanalisi infinita , in compenso, non solo possibile ma fatta nellintelletto di Dio. Ma ci viene in aiuto il fatto che Dio, lui che non ha limiti, lui che infinito, possa fare lanalisi infinita? Ne siamo contenti, siamo contenti per lui, ma a prima vista ci si domanda cosa Leibniz ci stia raccontando. Ritengo che la nostra prima difficolt sia questa: che cos lanalisi infinita? Ogni proposizione analitica, solo che, c tutto un altro dominio delle nostre proposizioni che rimanda ad unanalisi infinita. Abbiamo una speranza: se Leibniz un grande creatore del calcolo differenziale o dellanalisi infinitesimale, senza dubbio un matematico, ed ha sempre distinto le verit filosofiche da quelle matematiche, e quindi non questione di mischiare tutto; ma impossibile pensare che, nel momento in cui egli scopre in metafisica una certa idea dellanalisi infinita, essa non abbia certe eco in rapporto a un certo tipo di calcolo che ha inventato lui stesso, cio il calcolo dellanalisi infinitesimale.

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Quindi, ecco la mia prima difficolt: quando lanalisi va allinfinito, di quale tipo o quale il modo dellinclusione del predicato nel soggetto? In quale modo peccatore contenuto nella nozione dAdamo, una volta detto che lidentit di peccatore e di Adamo non pu apparire se non in una analisi infinita? Cosa vuol dire analisi infinita quando sembra invece che non ci siano analisi se non sotto le condizioni di una finitezza ben determinata? E un bel problema. Secondo problema. Ho appena illustrato una prima differenza tra le verit dessenza e le verit desistenza. Nelle verit dessenza lanalisi finita, nelle verit desistenza lanalisi infinita. Non la sola, c una seconda differenza: secondo Leibniz, una verit dessenza tale che il contrario impossibile, in altre parole impossibile che 2 + 2 non faccia 4. Perch? per la semplice ragione che io posso dimostrare l'identit di 4 con 2 + 2 alla fine di una serie di passaggi finiti. Quindi 2 + 2 = 5, possiamo dimostrare che contraddittorio e che impossibile. Adamo non peccatore, Adamo che non avrebbe peccato, prendo il contraddittorio di peccatore. E possibile. La prova che, seguendo il grande criterio della logica classica e al riguardo Leibniz resta nella logica classica -, io non posso pensare niente quando dico 2 + 2 = 5; io non posso pensare limpossibile, come non posso pensare niente secondo questa logica quando dico cerchio quadrato. Ma posso pensare benissimo un Adamo che non avrebbe peccato. Le verit desistenza sono dette verit contingenti. Cesare avrebbe potuto non attraversare il Rubicone. Ammirevole la risposta di Leibniz: certo, Adamo avrebbe potuto non peccare, Cesare non attraversare il Rubicone. Soltanto che, ci non era compossibile con il mondo esistente. Un Adamo peccatore include un altro mondo. Questo mondo era possibile in se stesso, un mondo in cui il primo uomo non avrebbe peccato un mondo logicamente possibile, solo che non e compossibile con il nostro. Ci vuol dire che Dio ha scelto un mondo nel quale Adamo pecchi. Adamo peccatore implicava un altro mondo: questo mondo era possibile ma non era compossibile con il nostro. Perch Dio ha scelto questo mondo? Leibniz lo spiegher. Capite che a questo livello, la nozione di compossibilit diventa molto strana: che cosa mi dir che due cose sono compossibili e che altre due sono incompossibili? Adamo non peccatore appartiene ad un mondo diverso dal nostro, e cos anche Cesare non ha attraversato il Rubicone sarebbe

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stato un altro mondo possibile. Che cos questa relazione molto insolita di compossibilit? Capite che potrebbe essere la stessa domanda di che cos lanalisi infinita?, ma essa non ha lo stesso aspetto. Ed ecco che possiamo ricavarne un sogno, possiamo fare questo sogno su molti livelli. Voi sognate, e una specie di strega vi fa entrare in un palazzo; questo palazzo... (E il sogno di Apollodoro raccontato da Leibniz.) Apollodoro va a vedere una dea e questa dea lo porta in questo palazzo, e questo palazzo composto da pi palazzi. Leibniz ama molto tutto ci, delle scatole che contengono altre scatole. In un testo che dovremo analizzare, spiega che nellacqua c pieno di pesci, che nei pesci c acqua, e che nellacqua di questi pesci ci sono pesci di pesci: lanalisi infinita. Limmagine del labirinto lo persegue. Non la smette di parlare del labirinto del continuo. Questo palazzo ha la forma di una piramide, il vertice verso lalto, ma non c una fine. Poi mi rendo conto che ogni sezione della piramide costituisce un palazzo. In seguito, guardo pi da vicino e, nella sezione pi alta della mia piramide, pi vicino alla punta, vedo un personaggio che fa una certa cosa. Poco pi in basso, vedo lo stesso personaggio che fa unaltra cosa in un altro posto. Ancora pi in basso lo stesso personaggio in unaltra situazione, come se ogni sorta di rappresentazione teatrale fosse recitata simultaneamente, del tutto diversa, in ognuno dei palazzi, con dei personaggi che hanno dei lineamenti comuni. E un grosso libro di Leibniz che si chiama Teodicea, vale a dire, la giustizia divina. Voi capite, quello che vuol dire, il fatto che ad ogni livello, un mondo possibile. Dio ha scelto di far passare allesistenza il mondo estremo, il pi vicino alla punta della piramide. Su cosa si basato per sceglierlo? Lo vedremo, non dobbiamo avere fretta perch sar un problema difficile, i criteri della scelta di Dio. Ma, una volta detto che ha scelto tale mondo, questo mondo implic Adamo peccatore; in un altro mondo, chiaramente tutto ci simultaneo, ci sono delle varianti, possiamo concepire altra cosa e ogni volta avremmo un mondo. Ognuno di essi possibile. Sono incompossibili gli uni con gli altri, uno solo pu passare allesistenza. Ora, tutti tendono con tutte le loro forze di passare all'esistenza. La visione che Leibniz ci propone della creazione del mondo da parte di Dio diventa molto stimolante. Ci sono tutti questi mondi che si trovano nellintelletto di Dio, ed ognuno di questi spinge con la pretensione di passare dal possibile allesistente. Hanno un peso reale, in funzione delle loro essenze. In funzione

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delle essenze che contengono tendono a passare allesistenza. E non possibile perch non sono compossibili gli uni con gli altri: lesistenza come uno sbarramento. Una sola combinazione passer. Quale? Immaginate gi quale sar la splendida risposta di Leibniz: sar la migliore! E non la migliore in virt di una teoria morale, ma in virt di una teoria dei giochi. E non a caso Leibniz uno dei fondatori della statistica e del calcolo dei giochi. E tutto questo si complicher... Che cos questa relazione di compossibilit? Ora voglio giusto segnalare un autore, oggi celebre, che leibniziano. Cosa vuol dire essere leibniziani oggi? Credo che voglia dire due cose: una non molto interessante e una molto interessante. Lultima volta, affermavo che il concetto in un rapporto speciale con il grido. C una maniera non interessante di essere leibniziani o dessere spinoziani oggi, quella per necessit di mestiere, dei tipi lavorano su un autore, ma c unaltra maniera di fare appello ad un filosofo. In questo caso, non professionale. Sono dei tipi che possono non essere filosofi. Ci che trovo formidabile nella filosofia, quando un non filosofo scopre una specie di familiarit che non posso pi chiamare concettuale, ma che coglie immediatamente una familiarit fra i suoi propri gridi e i concetti del filosofo. Penso a Nietzsche, aveva letto Spinoza molto presto e, in una lettera, dopo averlo riletto da poco, esclamava: stento a crederci! Stento a crederci! Non ho mai avuto una relazione con un filosofo come quella che ho avuto con Spinoza. E ci mi interessa ancor di pi quando accade a dei non filosofi. Come quando il romanziere inglese Lawrence esprime in poche linee lo sconvolgimento che gli da Spinoza. Grazie a Dio non diventa comunque filosofo. Cosa coglie? Che cosa vuol dire? Quando Kleist si imbatt in Kant, alla lettera, non si riprese. Che cose questa comunicazione? Spinoza ha scosso molti incolti... Borges e Leibniz. Borges, e un autore estremamente sapiente, che ha letto molto. Lavora sempre a due cose: il libro che non esiste... (Fine banda sonora.) gli piacciono le storie poliziesche, Borges. In Finzioni, c il racconto Il giardino dei sentieri che si biforcano. Riassumo la storia mentre voi tenete in mente il famoso sogno della Teodicea. Il giardino dei sentieri che si biforcano, che cos? E il libro infinito, il

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mondo delle compossibilit. Lidea del filosofo cinese alle prese con il labirinto, unidea dei contemporanei di Leibniz. Appare in pieno XVII secolo. Esiste un celebre testo di Malebranches che lintervista con il filosofo cinese, contiene cose molto curiose. Leibniz affascinato dall Oriente, cita spesso Confucius. Borges ha fatto una copia conforme di Leibniz ma con una differenza essenziale: per Leibniz, tutti i mondi diversi in cui, che Adamo pecchi in un certo modo o che pecchi in un altro oppure che non pecchi per niente, un infinit di mondi che per si escludono gli uni con gli altri, sono incompossibili gli uni con gli altri. Tanto vero che mantiene un principio di disgiunzione molto classico: o questo mondo o laltro. Tanto che Borges, invece, mette tutte queste serie incompossibili nello stesso mondo. Ci permette una moltiplicazione degli effetti. Leibniz non avrebbe mai ammesso che le incomposibilit facciano parte di uno stesso mondo. Perch? Ecco le nostre due difficolt: la prima, di sapere cos un analisi infinita; in secondo luogo, che cos questa relazione di dincompossibilit? Labirinto dellanalisi infinita e labirinto della compossibilit. La maggior parte dei commentatori di Leibniz, che io sappia, tenta infine di riportare la compossibilit al semplice principio di contraddizione. Quindi ci sarebbe una contraddizione fra Adamo non peccatore e il nostro mondo. Ma a riguardo, la lettera di Leibniz ci parsa di tale natura da far si che ci non sia possibile. Non possibile poich Adamo non peccatore non contraddittorio in se e la relazione di compossibilit assolutamente irriducibile alla semplice relazione di possibilit logica. Quindi provare a vederci una semplice contraddizione logica vorrebbe dire ancora una volta ridurre le verit desistenza alle verit dessenza. In questo modo sar difficile definire la compossibilit. Sempre in questo paragrafo sulla sostanza, il mondo e la continuit, vorrei porre la domanda che cos unanalisi infinita? Vi chiedo di essere molto pazienti. Bisogna diffidare dei testi di Leibniz perch sono sempre adattati a dei corrispondenti ben determinati, e se io riprendo il suo sogno dovrei variarlo, e una variante del sogno sarebbe che, anche allinterno dello stesso mondo, ci sarebbero dei livelli di chiarezza e di oscurit tali che il mondo potrebbe essere presentato da tal o tal altro punto di vista.. Cosicch dobbiamo sempre sapere a chi sono rivolti i testi di Leibniz per poterli giudicare.

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Ed ecco un primo tipo di testo di Leibniz in cui ci dice che in ogni proposizione il predicato contenuto nel soggetto. Soltanto che esso contenuto o in atto attualmente o virtualmente. Il predicato contenuto nel soggetto, ma questa inclusione, questa inerenza, o attuale o virtuale. Si ha voglia di dire che tutto ci va molto bene. Conveniamo che in una proposizione del tipo Cesare ha attraversato il Rubicone, linclusione non che virtuale, ovvero attraversare il Rubiconde contenuto nella nozione di Cesare, ma non che virtualmente contenuto. Secondo tipo di testo: lanalisi infinita sotto la quale peccatore contenuto nella nozione di Adamo, unanalisi indefinita, cio io rimonter da peccatore a un altro termine, poi a un altro termine ancora, ecc. Esattamente come se peccatore = I/2 + I/4 + I/8, ecc., allinfinito. Questo darebbe un certo statuto: diremmo che lanalisi infinita unanalisi virtuale, unanalisi che va verso l indefinito. Ci sono dei testi di Leibniz che ci dico tutto questo, per esempio nei Discorsi di metafisica, ma in questo libro, Leibniz presenta e propone la totalit del suo sistema ad uso di persone che conoscono poco la filosofia. Ora prendo un altro testo che sembra contraddire il primo. In un testo pi sapiente, Della libert, Leibniz impiega la parola virtuale, ma molto stranamente impiega questa parola non riguardo alle verit desistenza, la impiega riguardo alle verit dessenza. Questo testo sufficiente per dire che non possibile che la distinzione verit dessenza/verit desistenza si riduca al fatto che nelle verit desistenza linclusione sia solo virtuale, poich linclusione virtuale, un caso delle verit dessenza. In effetti, voi vi ricorderete che le verit dessenza rinviano a due casi: la pura e semplice identit con cui si dimostra lidentit del predicato e del soggetto, e ricavarne un inclusione del tipo ogni numero divisibile per 12 divisibile per 6 (io dimostro linclusione in base ad unoperazione finita). Ora, per questo caso che Leibniz dice: ho fatto sorgere un identit virtuale. Quindi non basta dire che lanalisi infinita virtuale. Possiamo dire che unanalisi indefinita? No, perch unanalisi indefinita sarebbe come dire che unanalisi infinita solo per difetto della mia conoscenza, ovvero sarebbe come dire che non riesco ad arrivare fino alla fine. Invece Dio, con il suo intelletto, arriverebbe fino alla fine. Potremmo dirla cos? No, non possibile che Leibniz voglia dire questo perch lindefinito non mai esistito per lui. Sarebbe una nozione incompatibile,

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anacronistica. Indebito, non un qualcosa che appartiene a Leibniz. Cos precisamente lindefinito? Che differenza c fra lindefinito e linfinito? Lindefinito, il fatto che io debba sempre passare da un termine ad un altro termine, sempre, senza sosta, ma senza che il termine seguente al quale pervengo preesista gi. E il mio proprio procedimento che consiste a far esistere. Se io dico 1 = + 1/8, ecc., non dobbiamo credere che ecc. preesista, il mio processo che ogni volta lo fa sorgere, cio lindefinito esiste in un procedimento per il quale io non smetto di respingere il limite al quale mi oppongo. Niente preesiste. Fu Kant il primo a dare uno statuto allindefinito, e questo statuto sar precisamente che lindefinito rinvia a un insieme che non separabile dalla sintesi successiva che lo percorre. Ovvero che i termini della serie indefinita non preesistono alla sintesi che va da un termine allaltro. Leibniz non conosce tutto questo. Inoltre, lindefinito gli sembra puramente convenzionale o simbolico perch? C un autore che ha detto molto bene ci che caratterizza i filosofi del XVII secolo, MerleauPonty. Ha fatto un piccolo testo sui filosofi detti classici del XVII sec., e prova a caratterizzarli in vivo modo, diceva che quello che c dincredibile in questi filosofi, una maniera innocente di pensare a partire dallinfinito e in funzione dellinfinito. E questo il secolo classico. Questo molto pi intelligente che dire che fu un epoca in cui la filosofia era mischiata con la teologia. E facile dir cos. Bisogna dire che se la filosofia ancora mischiata con la teologia nel XVII secolo, ci avvenne perch in quel momento la filosofia non era separabile da una maniera innocente di pensare in funzione dellinfinito. Quali differenze ci sono fra linfinito e lindefinito? Lindefinito del virtuale: in effetti, il termine seguente non preesiste prima che il mio processo labbia costituito. Che cosa vuol dire? Linfinito, dellattuale, non c dellinfinito se non in atto. Allora ci possono essere ogni sorta di infiniti. Pensate a Pascal. E un secolo in cui non si smetter di distinguere diversi ordini di infiniti, e il pensiero degli ordini di infiniti fondamentale in tutto il XVII secolo. Ci ricadr addosso, questo pensiero alla fine del XIX e nel XX secolo, precisamente con la teoria degli insiemi detti infiniti. Con gli insiemi infiniti ritroviamo qualcosa che lavorava dalla base la filosofia classica, vale a dire la distinzione degli ordini di infiniti. Ora, quali sono i grandi nomi in questa ricerca sugli ordini di infinito? Chiaramente Pascal, Spinoza con la famosa lettera sullinfinito, e poi Leibniz

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che subordin tutta una struttura matematica allanalisi dellinfinito e gli ordini di infiniti. Ossia, in quale senso possiamo dire che un ordine di infiniti pi grande di un altro? Che cos un infinito che pi grande di un altro infinito?, ecc. Maniera innocente di pensare a partire dallinfinito, ma in nessun senso confusamente poich viene introdotta ogni sorta di distinzione. Nel caso delle verit desistenza, lanalisi di Leibniz chiaramente infinita. Non indefinita. Quindi, quando impiega le parole di virtuale, ecc., c un testo formale che da ragione a questa interpretazione che io cerco di delineare, un testo tratto da Della libert in cui Leibniz dice esattamente questo: quando si tratta di analizzare linclusione del predicato peccatore nella nozione individuale Adamo, Dio vede certamente, ma non la fine della risoluzione, fine che non ha luogo. Quindi, in altri termini, anche per Dio questa analisi non ha fine. Allora, voi mi direte che dellindefinito anche per Dio? No, non dellindefinito poich tutti i termini dellanalisi sono dati. Se era dellindefinito, non ci sarebbero tutti i termini, sarebbero conosciuti mano a mano. Non sarebbero gi preesistenti. In altri termini, a quale risultato arriviamo in unanalisi infinita: voi avete un passaggio di elementi infinitamente piccoli gli uni negli altri, essendo data linfinit degli elementi infinitamente piccoli. Diremo di un tale infinito che attuale, poich la totalit degli elementi infinitamente piccoli data. Voi mi direte che allora si pu arrivare alla fine! No, per natura, voi non potete arrivare alla fine, visto che si tratta di un insieme infinito. La totalit degli elementi data, e voi passate da un elemento ad un altro, ed avete quindi un insieme infinito di elementi infinitamente piccoli. Voi passate da un elemento ad un altro: voi fate un analisi infinita, i.e. unanalisi che non ha fine, n per voi n per Dio. Che cosa vedete se fate questa analisi? Supponiamo che ci sia solo Dio che pu farla: voi fate dellindefinito perch il vostro intelletto limitato, ma Dio, lui fa dellinfinito. Non vede la fine dellanalisi perch non c fine all analisi, ma fa lanalisi. Inoltre, tutti gli elementi dellanalisi gli sono presenti in un infinito attuale. Ci vuol dire che peccatore legato ad Adamo. Peccatore un elemento. E legato alla nozione individuale di Adamo per un infinit di altri elementi attualmente dati. Daccordo, tutto il mondo esistente, ovvero tutto questo mondo compossibile che passato allesistenza. Incontriamo qui qualcosa di molto profondo. Quando faccio lanalisi, io passo da cosa a cosa? Passo da Adamo peccatore a Eva tentatrice, da Eva tentatrice a serpente cattivo, poi a mela. E

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unanalisi infinita ed questa analisi infinita che mostra linclusione di peccatore nella nozione individuale di Adamo. Che cosa vuol dire: elemento infinitamente piccolo? Perch il peccato un elemento infinitamente piccolo? Perch la mela un elemento infinitamente piccolo? Perch attraversare il Rubicone un elemento infinitamente piccolo? Capite cosa voglia dire? Non ci sono elementi infinitamente piccoli, e allora elemento infinitamente piccolo evidente che vorr dire, neanche a dirlo, un rapporto infinitamente piccolo fra due elementi. Si tratta di rapporti, non si tratta di elementi. In altri termini, un rapporto infinitamente piccolo fra due elementi, che cosa pu essere? Che cosa ci cambia se diciamo che non si tratta di elementi infinitamente piccoli, ma bens di rapporti infinitamente piccoli fra due elementi? Voi capirete che se io parlo a qualcuno che non ha nessuna idea del calcolo differenziale, potremmo dirgli che sono degli elementi infinitamente piccoli. Leibniz ha ragione. Se qualcuno che ne ha una conoscenza molto vaga, bisogner che capisca che sono dei rapporti infinitamente piccoli fra elementi finiti. Se qualcuno di molto informato sul calcolo differenziale, io potrei forse dirgli altre cose. Lanalisi infinita che dimostrer linclusione del predicato nel soggetto al livello delle verit desistenza, essa non procede per dimostrazione duna identit, anche virtuale. Non questo. Ma Leibniz, in un altro cassetto, ha unaltra formula da darci: lidentit, regola le verit dessenza, non regola le verit desistenza ogni volta dice il contrario, ma non ha nessuna importanza, domandatevi a chi lo dice. Ma allora cos? Ci che lo interessa a livello di verit desistenza, non lidentit del predicato e del soggetto, ma passare da un predicato ad un altro, ecc., dal punto di vista di unanalisi infinita, cio del massimo di continuit. In altri termini, lidentit che regola le verit dessenza, ma la continuit che regola le verit desistenza. E che cos un mondo? Un mondo definito per la sua continuit. Che cosa separa due mondi incompossibili? Il fatto che ci sia discontinuit fra i due mondi. Che cosa definisce un mondo compossibile? La compossibilit di cui capace. Che cosa definisce il migliore dei mondi? E il mondo il pi continuo. Il criterio di scelta di Dio sar la continuit. Di tutti i mondi incompossibili gli uni con gli altri e possibili in se stessi, Dio far passare allesistenza quello che realizza il massimo di continuit. Perch il peccato di Adamo compreso nel mondo che ha il massimo di continuit? Bisogna credere che il peccato di Adamo una formidabile connessione diretta fra il peccato di Adamo e lincarnazione e

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la redenzione di Cristo. C continuit. Ci sono delle serie che vanno ad inscatolarsi al di l delle differenze di tempo e di spazio. In altri termini, nel caso delle verit dessenza, io dimostravo unidentit in cui facevo vedere un' inclusione; nel caso delle verit desistenza, io testimonier una continuit assicurata dai rapporti infinitamente piccoli fra due elementi. Due elementi saranno in continuit nel momento in cui potr assegnare un rapporto infinitamente piccolo fra questi due elementi. Sono passato dallidea di elemento infinitamente piccolo a un rapporto infinitamente piccolo fra due elementi, ma non basta. Ci vuole qualcosa di pi. Poich ci sono due elementi, c una differenza tra i due: fra il peccato di Adamo e la tentazione di Eva, c una differenza; ma qual la formula della continuit? Si potr definire la continuit come latto di una differenza in quanto essa tende a svanire. La continuit, una differenza che tende a scomparire. Che cosa vuol dire che c continuit tra la seduzione di Eva e il peccato di Adamo? Il fatto che la differenza fra i due una differenza che tende a svanire. Direi quindi che le verit dessenza sono regolate dal principio didentit, le verit desistenza sono regolate dalla legge di continuit o dalle differenze svanenti, non fa differenza. Quindi tra peccatore e Adamo voi non potrete mai dimostrare unidentit logica, ma voi potrete dimostrare e la parola dimostrazione non cambier di senso -, una continuit, cio una o pi differenze che tendono a svanire. Unanalisi infinita unanalisi del continuo operante per differenze svanenti. Ci rinvia ad una certa simbolica, simbolica del calcolo differenziale o dellanalisi infinitesimale. Ed nello stesso momento che Newton e Leibniz teorizzano il calcolo differenziale. Ora, linterpretazione del calcolo differenziale con le categorie che tendono a svanire, appartiene a Leibniz. In Newton tutti e due lo inventano veramente allo stesso tempo, larmatura logica e teorica molto diversa in Leibniz e in Newton, lo stesso tema della differenziale concepita come differenza svanente, interamente di Leibniz. Del resto, ci tiene moltissimo, e ci fu una grande polemica fra i newtoniani e Leibniz. La nostra storia si fa pi precisa: che cos questa differenza svanente? [Gilles Deleuze fa un disegno con il gesso]. Le equazioni differenziali, oggi, sono fondamentali. Non c fisica senza equazione differenziale.

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Matematicamente, oggi, il calcolo differenziale si tolto di dosso ogni considerazione sullinfinito la specie di statuto assiomatico del calcolo differenziale per cui non pi assolutamente questione dinfinito appare alla fine del XIX secolo. Ma ritorniamo al tempo di Leibniz, mettetevi nei panni di un matematico: che cosa far nel momento in cui si trover davanti a delle grandezze o delle quantit di potenza diversa, delle equazioni le cui variabili hanno diversa potenza, equazioni del tipo ax2 + y? Voi avete una quantit alla potenza 2 e una quantit alla potenza 1. Come fare per confrontarle? Voi sapete tutta la storia delle quantit incommensurabili. Nel XVII secolo, le quantit a potenza diversa hanno preso un nome simile: sono le quantit incomparabili. Tutta la teoria delle equazioni si blocca, nel XVII secolo, su questo problema che un problema fondamentale, anche nellalgebra la pi semplice: a cosa serve il calcolo differenziale? Il calcolo differenziale vi permette di procedere ad una comparazione diretta di quantit a potenza diversa. E non solo a questo. Il calcolo differenziale trova il suo livello pi proprio di applicazione quando ci troviamo davanti a degli incomparabili, cio davanti a delle quantit di potenza diverse. Perch? In ax2 + y, supponiamo che in qualche modo voi estraiate dx e dy. Dx la differenziale di x, dy la differenziale di y. Che cosa vuol dire? Lo diremo verbalmente, per convenzione diremo che dx o dy, la quantit infinitamente piccola che supponiamo aggiunto o sottratta da x o da y. Ecco un' invenzione! La quantit infinitamente piccola cio la pi piccola variazione della quantit considerata. Essa inassegnabile per convenzione. Quindi dx = 0 in x, la pi piccola quantit per cui possa variare x, quindi uguale a zero. Dy = 0 in rapporto a y. Comincia a prendere corpo la nozione di differenza svanente. E una variazione o una differenza, dx o dy; essa pi piccola di qualsiasi quantit data o che potrebbe essere data. E un sistema matematico. In un certo senso qualcosa di folle, in un altro operativo. Di cosa? Ecco cosa formidabile nel simbolismo del calcolo differenziale: dx = 0 per rapporto a x, la pi piccola differenza, il pi piccolo accrescimento di cui sia capace la quantit x o la quantit y inassegnabile, linfinitamente piccolo. Miracolo, dy non uguale a dx Zero e anche di pi: dy ha una quantit finita perfettamente esprimibile. dx

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Sono dei relativi, unicamente dei relativi. Dx non niente in rapporto a x, dy non niente in rapporto a y, ma ecco che dy qualcosa. Dx Stupefacente, ammirevole, grande scoperta matematica. E qualcosa, perch in un esempio come ax2 by + c, voi avete due potenze delle quali voi avete delle quantit incomparabili: y2 e x. Se voi considerate il rapporto differenziale, esso non zero, ma determinato, determinabile. Il rapporto dy vi da modo di mettere a confronto le due quantit Dx Incomparabili che avevano potenze differenti poich attua una depotenzializzazione delle quantit. Quindi vi da un modo diretto di confrontare delle quantit incomparabili di potenze diverse. Da questo momento tutta la matematica, tutta lalgebra, tutta la fisica si inscriveranno nel simbolismo del calcolo differenziale [] E questo rapporto fra dx e dy che ha reso possibile questa specie di compenetrazione della realt fisica e del calcolo matematico. C un piccolo appunto di tre pagine che si chiama Giustificazione del calcolo degli infinitesimali con quello dell algebra ordinaria. Con questo, capirete tutto. Leibniz prova a spiegare che in un certo modo il calcolo differenziale era gi in funzione ancor prima di esser scoperto, e che non poteva essere altrimenti, anche al livello dellalgebra la pi ordinaria. [Lunga spiegazione di Gilles Deleuze alla lavagna, con disegno: costruzione dei triangoli] X non uguale a y, n in un caso n nellaltro poich sarebbe contrario ai dati stessi della costruzione del problema. Nella misura in cui in questo caso voi potrete scrivere x = c, c ed e sono degli zero. Ye sono, come dice lui, dei niente, ma non dei niente in assoluto, sono dei niente rispettivamente. Ovvero sono dei niente ma che conservano la differenza del rapporto. Quindi c non diventa uguale a e poich resta proporzionale a x e x non uguale a y. Y

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E una giustificazione del vecchio calcolo differenziale, e linteresse di questo testo che una giustificazione fatta con lalgebra pi facile o ordinaria. Questa giustificazione non mette in causa niente della specificit del calcolo differenziale. Leggo questo testo molto bello: Quindi nel caso presente, ci sar x-c = x. Supponiamo che questo caso sia compreso sotto una regola generale e che tuttavia c ed e non saranno dei niente in assoluto poich tengono insieme la ragione di cx per xy, o quella che c fra il seno intero o raggio e la tangente che tocca langolo in c, il quale angolo, noi abbiamo supposto che rimanga sempre lo stesso. Poich se c, C ed e fossero dei niente in assoluto in questo calcolo ridotto al caso della coincidenza dei punti c, e ed a, siccome un niente vale laltro allora c ed e sarebbero uguali e dellequazione o analogia x = c faremmo x = 0 = 1. Y ed e ed y 0 Sarebbe come dire che x = y ovvero unassurdit. cos troviamo nel calcolo dellalgebra le tracce del calcolo trascendente delle differenze (i.e. il calcolo differenziale), e le sue stesse singolarit per cui qualche sapiente si fa degli scrupoli, e anche il calcolo algebrico non potrebbe andare avanti se dovesse conservare i suoi vantaggi dei quali uno dei pi considerabili la generalit che gli data al fine di poter comprendere tutti i casi. E esattamente in questo modo che io posso che io posso considerare il riposo come un movimento infinitamente piccolo, o che il cerchio il limite di una serie infinita di poligoni i cui lati aumentano allinfinito. Che cosa c che possiamo mettere a confronto in tutti questi esempi? Bisogna considerare il caso in cui c un solo triangolo come nel caso dei due triangoli somiglianti opposti alla loro estremit. Ci che Leibniz ha dimostrato in questo testo, come e in quali circostanze un triangolo pu essere considerato come nel caso estremo dei due triangoli somiglianti opposti alla loro estremit. Qui forse sentite che stiamo per dare al virtuale il senso che cercavamo. Potrei dire che nel caso della mia seconda figura in cui c solo un triangolo, laltro triangolo c, ma c solo virtualmente. C virtualmente poich a contiene virtualmente e, c distinto da a. Perch c ed e restano distinti da a quando non esistono pi. C ed e restano distinti da a quando non esistono pi perch essi intervengono in un rapporto che, lui, continua ad esistere quando i termini sono svaniti. E in questo modo che il riposo

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sar considerato come il caso particolare di un movimento, ovvero un movimento infinitamente piccolo. Nella mia seconda figura, xy, non dir affatto che il triangolo CEA che sparito, nel senso comunemente inteso, ma dobbiamo dire che allo stesso tempo divenuto inassegnabile e pertanto perfettamente determinato visto che in questo caso c = 0, e = 0, ma c non uguale a zero. E C un rapporto perfettamente determinato uguale a x. ey Quindi determinabile e determinato, ma inassegnabile. Allo stesso modo il riposo un movimento perfettamente determinato, ma un movimento inassegnabile; uguale il cerchio un poligono inassegnabile e tuttavia perfettamente determinato. Capirete ora cosa vuol dire virtuale. Il virtuale non significa affatto lindefinito e qui tutti i testi di Leibniz possono testimoniarlo. Attu un operazione diabolica: prese la parola virtuale, senza dire niente un suo diritto -, gli dar una nuova accezione molto rigorosa ma senza dire niente. Non lo dir se non in altri testi: non voleva pi dire andare verso lindefinito, ma voleva dire inassegnabile e tuttavia determinato. E una concezione del virtuale allo stesso tempo molto nuova e molto rigorosa. Cera ancora bisogno della tecnica e dei concetti per far s che questa espressione, un po misteriosa ai suoi inizi, prendesse un senso. E inassegnabile poich c divenuto uguale a zero, e poich e divenuto uguale a zero. Tuttavia completamente determinato visto che c, ovvero 0 non uguale a e0 zero n a 1, uguale a x. Y Inoltre aveva molto talento per fare il professore. Riusciva a spiegare anche a qualcuno che avesse soltanto delle nozioni di algebra elementare cos il calcolo differenziale. Senza presupporre nessuna nozione sul calcolo differenziale. Lidea che ci sia continuit nel mondo, mi sembra ci siano troppi commentatori di Leibniz che fanno pi teologia di quanto Leibniz avesse auspicato: si accontentano di dire che lanalisi infinita, nellintelletto di Dio, e ci vero seguendo alla lettera i testi; ma ci troviamo nella situazione in cui abbiamo forse, con il calcolo differenziale, lartificio

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non per uguagliare lintelletto di Dio, ci sicuramente impossibile, ma il calcolo differenziale ci da un artificio tale da poterci permettere di operare unapprossimazione ben fondata di ci che accade nellintelletto di Dio cos come possiamo avvicinarlo grazie a questo simbolismo del calcolo differenziale; poich dopo tutto anche Dio opera per simbolica, non la stessa chiaramente. Quindi, questa approssimazione della continuit sta nel fatto che il massimo di continuit assicurato quando dato un caso, il caso estremo o contrario di questo pu essere considerato da un certo punto di vista come incluso nel caso definito precedentemente. Voi definite il movimento, oppure definite il poligono, poco importa, considerando il caso estremo o contrario: il riposo, il cerchio sprovvisto di angoli. La continuit, linstaurazione del processo secondo il quale i casi estrinsechi, il riposo contrario al movimento, il cerchio contrario al poligono, possono essere considerati come inclusi nella nozione del caso intrinseco. C continuit quando il caso estrinseco pu essere considerato come incluso nella nozione del caso intrinseco. Leibniz ha appena mostrato il perch. Ritroviamo la formula della predicazione: il predicato incluso nel soggetto. Fate attenzione. Io chiamo caso generale estrinseco il concetto di movimento che ricopre tutti i movimenti. In rapporto a questo primo caso, io chiamo caso estrinseco il riposo oppure il cerchio in rapporto a tutti i poligoni, o anche il triangolo unico in relazione a tutti i triangoli combinati. Mi incarico di costruire un concetto che implichi tutto il simbolismo differenziale, un concetto che, allo stesso tempo, corrisponda al caso generale intrinseco e che, tuttavia, comprenda anche il caso estrinseco. Se io ci riesco, posso dire a tutti gli effetti che il riposo un movimento infinitamente piccolo, proprio come io dico che il mio triangolo singolo lopposizione di due triangoli somiglianti opposti alla loro estremit, semplicemente, luno dei due divenuto inassegnabile. A questo punto, c continuit del poligono col cerchio, continuit del riposo col movimento, continuit dei due triangoli somiglianti opposti dalla loro estremit ad un solo triangolo. In pieno XIX secolo, un grande matematico, che si chiamava Poncelet, cre la geometria proiettiva nel suo senso pi moderno era completamente leibniziano. La geometria proiettiva interamente fondata su quello che Poncelet chiamava un assioma di

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continuit molto semplice: se voi prendete un arco di cerchio tagliato in due punti da una retta, se poi voi fate salire la retta, c un momento in cui essa tocca larco del cerchio in un solo punto, e un momento in cui essa esce dal cerchio, non lo tocca pi in nessun punto. Lassioma di continuit di Poncelet reclama la possibilit di trattare il caso della tangente come un caso estremo, ovvero non che uno dei punti sia sparito, i due punti sono sempre presenti, ma virtuali. Quando tutto esce, non che i due punti siano spariti, sono sempre presenti, ma tutti e due sono virtuali. E lassioma di continuit, precisamente, che permette tutto un sistema di proiezione, tutto un sistema proiettivo. I matematici manterranno ci integralmente una tecnica formidabile. C qualcosa di disperatamente comico in tutto questo, ma non disturber per niente Leibniz. Ed anche a questo riguardo i commentatori si comportano stranamente. Ci ingarbugliamo fin dallinizio in questo campo nel quale si tratta di mostrare che le verit desistenza, non sono la stessa cosa che le verit dessenza o verit matematiche. Per mostrarlo, o ci sono delle proposizioni molto generali piene di genio presenti in Leibniz, ma che ci lasciano perplessi: lintelletto di Dio, lanalisi infinita e allora, cosa vuol dire tutto ci? Ed infine quando si tratta di mostrare in cosa le verit desistenza sono irriducibili alle verit matematiche, quando si tratta di mostrarlo concretamente, tutto ci che Leibniz dice di convincente, matematico. E divertente, no? Una persona potrebbe obiettare a Leibniz: ci annunci che ci parlerai dellirriducibilit delle verit desistenza, e questa irriducibilit tu non puoi definirla concretamente se non utilizzando delle nozioni puramente matematiche... Che cosa risponderebbe Leibniz? In ogni sorta di testo si sempre voluto farmi dire che il calcolo differenziale designa una realt. Io non lho mai detto risponderebbe Leibniz -; il calcolo differenziale, una convenzione ben fondata. Leibniz tiene moltissimo al fatto che il calcolo differenziale sia solo un sistema simbolico, non designa una realt, designa una maniera di trattare la realt. Cos una convenzione ben fondata? Non in rapporto alla realt che pu dirsi convenzione, ma in rapporto alla matematica. E qui che non si deve creare un controsenso. Il calcolo differenziale, simbolismo, ma in rapporto alla realt matematica, per niente in rapporto alla realt del reale. E in rapporto alla realt matematica che il sistema del calcolo differenziale una finzione. Impiega spesso anche lespressione finzione ben fondata. E una finzione ben fondata in rapporto alla realt della

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matematica. In altri termini, il calcolo differenziale mette in moto dei concetti che non possono giustificarsi dal punto di vista dellalgebra classica, o dal punto di vista dellaritmetica. E evidente. Delle quantit che non sono niente e non sono uguali a zero, un non senso aritmetico, ci non ha n realt aritmetica, n realt algebrica, una finzione. Quindi, a mio avviso, egli non intendeva dire che il calcolo differenziale non designi niente di reale, vuole dire che il calcolo differenziale irriducibile alla realt matematica. E quindi una finzione in questo senso, ma proprio in quanto finzione, pu farci pensare lesistenza. In altri termini, il calcolo differenziale una specie di unione della matematica e dellesistente, in altre parole: la simbolica dellesistente. Proprio perch una finzione ben fondata in rapporto alla verit matematica esso un modo di esplorazione fondamentale e reale della realt desistenza. Capirete dunque cosa vuol dire svanente, differenza svanente: quando il rapporto continua anche se i termini del rapporto sono svaniti. Il rapporto c nel momento in cui c e c sono svaniti, cio coincidenti con a. Avete cos costruito una continuit con il calcolo differenziale. Leibniz poi anche pi estremo, quando dice: capirete che nellintelletto di Dio, fra il predicato peccatore e la nozione di Adamo, c una continuit. C una continuit per differenza svanente a tal punto che quando crea il mondo, Dio non fa che calcolare. E che calcolo! Chiaramente non un calcolo aritmetico... a riguardo oscilla tra due spiegazioni. Quindi, Dio fa il mondo calcolando. Dio calcola, il mondo si crea. Lidea di un Dio giocatore, la troviamo dappertutto. Possiamo sempre dire che Dio ha fatto il mondo giocando, ma tutti lhanno gia detto. Non molto interessante. Ma i giochi, non si assomigliano. C un testo di Eraclito, in cui si parla del bambino giocatore che veramente costituisce il mondo. Gioca, ma a cosa? A cosa giocano i greci e i bambini greci? Diverse traduzioni danno giochi diversi. Ma Leibniz non dir questo: quando si spiega sul gioco, ha due spiegazioni. Nei problemi di pavimentazione, a cavallo tra i problemi di matematica e darchitettura: data una superficie, con quale figura riempirla completamente? Problema pi complicato: se prendete una superficie rettangolare che voi volete pavimentare con dei cerchi, voi non la riempirete completamente. Con dei quadrati, la riempireste completamente? Dipende dalla misura. Con dei rettangoli? Uguali o non uguali? Poi, se voi supponete due figure, le quali si combinano per riempire

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completamente una spazio? Se voi volete pavimentare con dei cerchi, con quale altra figura riempireste i vuoti? O vi arrendete a non riempire il tutto... Vedete che ci molto legato al problema della continuit. Se voi decidete di non riempire tutto, in quali casi e con quali figure e quali combinazioni di figure diverse riuscireste a riempire il massimo possibile? Questo chiama in causa degli incommensurabili, mette in gioco degli incomparabili tutto ci appassiona Leibniz, i problemi di pavimentazione. Lui, quando dice che Dio fa esistere e sceglie il migliore dei mondi possibili, labbiamo visto, sarebbe giudicare Leibniz prima che abbia parlato: il migliore dei mondi possibili, questa stata la crisi del leibnizianismo, da qui lanti-leibnizianismo generalizzato del XVIII secolo: non hanno sopportato la storia del migliore dei mondi possibili. Voltaire, aveva ragione Voltaire, aveva un esigenza filosofica che non fu evidentemente risolta da Leibniz, come sappiamo, dal punto di vista della politica. Quindi, non poteva perdonare Leibniz. Ma se accettiamo di procedere in questo cammino, che cosa vorr dire Leibniz, con il migliore dei mondi possibili? Una cosa molto semplice: ci sono pi mondi possibili, solo che essi non sono compossibili gli uni con gli altri, Dio sceglie il migliore, e il migliore non pu essere quello in cui si soffre il meno possibile. Lottimismo razionalista, anche di una crudelt infinita; non per niente un mondo in cui non si soffrirebbe, ma il mondo che realizza il massimo di cerchi. Se oso fare una metafora inumana, perch il cerchio soffre nel momento in cui diventa soltanto unaffezione del poligono. Quando il riposo solo affezione del movimento, immaginate la sofferenza del riposo. Semplicemente, il migliore dei mondi perch realizza il massimo di continuit. Altri mondi erano possibili, ma avrebbero realizzato meno continuit. Questo mondo il pi bello, il pi armonioso, unicamente sotto il peso di questa frase senza piet: perch effettua il massimo di continuit possibile. Poi, se ci si fa a prezzo della vostra carne e del vostro sangue, poco importa. Dio non soltanto giusto, cio persegue il massimo di continuit, ma avendo allo stesso tempo anche altre pretese, vuole variare il suo mondo. Allora Dio nasconde questa continuit. Mette un segmento che dovrebbe essere in continuit con laltro, questo segmento lo mette altrove per nascondere le sue strade. Noi, non rischiamo di ritrovarci. Questo mondo si fa alle nostre spalle. E evidente allora, che il XVIII secolo non trovi tutta questa storia di Leibniz molto appagante. Capite allora il

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problema della pavimentazione: il migliore dei mondi sar quello le cui figure e le forme riempiranno il massimo di spazio-tempo lasciando il minimo di vuoto. Seconda esplicazione di Leibniz, e questa ancora pi forte: il gioco degli scacchi. Come fra la frase d' Eraclito che fa allusione a un gioco greco e Leibniz, che fa allusione al gioco degli scacchi, c tutta la differenza che c fra i due giochi nel momento stesso in cui la formula comune Dio gioca poteva far credere che fosse una specie di beatitudine. Ecco come Leibniz concepisce il gioco degli scacchi: la scacchiera, uno spazio; i pezzi, sono delle nozioni. Quel' la miglior mossa da fare con gli scacchi, o il migliore insieme di mosse? La miglior mossa o insieme di mosse, quella che fa si che un numero determinato e con dei valori determinati di pezzi si impadronisce o occupa il massimo di spazio, essendo lo spazio totale quello della scacchiera. Si devono piazzare i propri pedoni in modo tale che comandino pi spazio possibile. Perch sono solo delle metafore? Anche qui c una specie di principio di continuit il massimo di continuit. Cosa c che non va, sia nella metafora del gioco degli scacchi che in quella della pavimentazione? E che in tutti e due i casi, si fa riferimento a un ricettacolo. Si presentano le cose come se i mondi possibili rivalizzassero per incarnarsi in un ricettacolo determinato. Nel caso della pavimentazione, la superficie da pavimentare, nel caso degli scacchi la scacchiera. Ma nelle condizioni della creazione del mondo, non ci sono ricettacoli prestabiliti. Dobbiamo quindi dire che il mondo che passa allesistenza quello che realizza in se stesso il massimo di continuit, cio che contiene la pi grande quantit di realt o di essenza. Non posso dire desistenza, poich esister il mondo che contiene, non la pi grande quantit desistenza, ma la pi grande quantit dessenza sotto le specie della continuit. La continuit, in effetti precisamente il modo per contenere il massimo di quantit di realt. Ecco, una visione molto bella, come filosofia. In questo paragrafo ho risposto alla domanda: che cos lanalisi infinita? Non ho ancora risposto alla domanda: che cos la compossibilit? Ecco.

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DELEUZE / LEIBNIZ Corsi Vincennes - 29/04/1980 Tlcharger ce cours en : pdf (pas disponible) rtf (pas disponible)

Oggi ci occuperemo di cose divertenti, ricreative, ma allo stesso tempo molto delicate. Risposta ad una domanda sul calcolo differenziale: mi sembra che non si possa affermare che alla fine del XVII secolo e nel XVIII secolo ci siano delle persone per le quali il calcolo differenziale sia un artificio e altre per le quali il calcolo differenziale rappresenti qualcosa di reale. Non possiamo dirlo perch la questione non era posta in questi termini. Leibniz non ha mai smesso di affermare che il calcolo differenziale un puro artificio, un sistema simbolico. Quindi su questo punto siamo tutti perfettamente daccordo. Pu esserci disaccordo solo quando ci domandiamo che cosa sia un sistema simbolico, ma riguardo allirriducibilit dei segni differenziali ad ogni realt matematica, cio alla realt geometrica, aritmetica e algebrica, tutti sono daccordo. Si mette in atto una differenza nel momento in cui affermiamo che alcuni pensano che il calcolo differenziale sia solo una convenzione, e una convenzione molto dubbia, e gli altri che al contrario pensano che il suo carattere artificiale in rapporto alla realt matematica gli permetta di essere adeguato a certi aspetti della realt fisica. Leibniz non ha mai pensato che la sua analisi infinitesimale, il suo calcolo differenziale, come lui li concepiva, siano sufficienti a esaurire il dominio dellinfinito tale come lui, Leibniz, lo concepiva. Per esempio: il calcolo. C quello che Leibniz chiama il calcolo del minimo e del massimo che non per niente dipendente dal calcolo differenziale. Quindi il calcolo differenziale corrisponde ad un certo ordine dinfinito. Se vero che un infinito qualitativo non pu essere colto dal calcolo differenziale, in compenso, Leibniz talmente cosciente di questo che instaura altri modi di calcolo relativo ad altri ordini dinfinito. Ci che ha liquidato questa direzione dellinfinito qualitativo, o anche dellinfinito attuale preso tout court, non deriva da Leibniz. Ci che ha impedito questa strada, la rivoluzione kantiana; la rivoluzione kantiana che ha imposto una certa concezione dellindefinito e che ha attuato

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la critica pi assoluta dellinfinito attuale. Ci dovuto a Kant, non a Leibniz. In geometria, dai greci fino al XVII secolo, abbiamo due tipi di problemi. Sono presenti dei problemi che consistono nel trovare delle linee dette rette e delle superfici dette rettilinee. La geometria e lalgebra classica sono sufficienti. Abbiamo dei problemi e otteniamo le equazioni necessarie; la geometria dEuclide. Gi per i greci, poi anche nel medioevo chiaramente, la geometria non smise di trovarsi davanti ad un tipo di problema daltra natura: ovvero quando siamo obbligati a cercare e determinare delle curve e delle superfici curvilinee. In questo caso tutti i geometri sono daccordo nel dire che i metodi classici della geometria e dellalgebra non bastano pi. I greci ebbero gia modo di inventare un metodo speciale che verr chiamato di esaustione, esso permetteva di determinare le curve e le superfici curvilinee in quanto dava delle equazioni di gradi variabili, al limite infiniti, uninfinita di gradi diversi nellequazione. Sono questi problemi che renderanno necessaria e che ispireranno la scoperta del calcolo differenziale, e la maniera in cui il calcolo differenziale riprender il discorso cominciato dal metodo desaustione. Se non colleghiamo un simbolismo matematico a una teoria, se non lo colleghiamo al problema per il quale stato fatto, non ci capiremmo pi niente. Il calcolo differenziale ha senso soltanto se voi vi trovate di fronte ad un'equazione i cui termini hanno potenze diverse. Senza questa condizione non avrebbe senso parlare di calcolo differenziale. E giusto considerare la teoria che corrisponde ad un simbolismo, ma dobbiamo anche considerare interamente la pratica. A mio avviso, inoltre, non possiamo capire niente dellanalisi infinitesimale senza renderci conto che tutte le equazioni fisiche sono per natura delle equazioni differenziali. Un fenomeno fisico non pu essere studiato e Leibniz lo dir molto bene: Cartesio disponeva soltanto della geometria, dellalgebra e di ci che lui stesso aveva inventato e chiamato geometria analitica, ma anche lontano che possa essere andato, questa invenzione gli diede soltanto i modi per cogliere le figure e i movimenti sotto la specie rettilinea; essendo per linsieme dei fenomeni della natura di tipo curvilineo, questo metodo si dimostra insufficiente. Cartesio resta nel campo delle figure e del movimento. Leibniz tradurr: la stessa cosa affermare che la natura procede in modo curvilineo o affermare che al di l delle figure e del movimento, c qualcosa che il dominio delle forze. Ed al livello stesso delle leggi del movimento, Leibniz cambier tutto, grazie

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precisamente al calcolo differenziale. Dir che ci che si conserva non MV, non la massa e la velocit, ci che si conserva MV2. La sola differenza in questa formula lelevazione di V alla seconda potenza, ci reso possibile dal calcolo differenziale perch esso permette di fare il paragone delle potenze e dei rejets. Cartesio non aveva i mezzi per dire MV2. MV2, dal punto di vista del linguaggio, della geometria, e dellaritmetica e dellalgebra un puro e semplice non-senso. Con il sapere scientifico odierno, possiamo in ogni caso spiegare che ci che si conserva MV2 senza fare appello allanalisi infinitesimale. Ci viene fatto nei manuali del liceo, ma per provarlo, e per far si che la formula abbia un senso, ci vuole tutto lapparato del calcolo differenziale. Intervento di Comptesse. Gilles: il calcolo differenziale e lassiomatica hanno un punto in comune, ma questo punto in comune di completa esclusione. Storicamente, lo statuto rigoroso del calcolo differenziale verr fatto molto tardivamente. Cosa vuol dire? Vuol dire che tutto ci che convenzione viene espulso dal calcolo differenziale. Ora, per Leibniz, che cos un artificio? Ci che artificio tutto un insieme di cose: lidea di un divenire, lidea di un limite del divenire, lidea di una tendenza ad avvicinarsi al limite, tutto queste sono considerate dai matematici delle nozioni assolutamente metafisiche. Lidea che ci sia un divenire quantitativo, lidea del limite di questo divenire, lidea che uninfinit di piccole quantit si avvicinino al limite, sono tutte nozioni considerate assolutamente impure, quindi come realmente non assiomatiche o non assiomatizzabili. Quindi, allinizio, sia in Leibniz sia in Newton che nei suoi successori, lidea del calcolo differenziale non separabile e non separata da un insieme di nozioni giudicate non rigorose e non scientifiche. Essi stessi lo riconoscevano. Alla fine del XIX secolo e allinizio del XX, poi, il calcolo differenziale o lanalisi infinitesimale ricever uno statuto rigorosamente scientifico, ma a quale prezzo? Viene espulso ogni riferimento allidea dinfinito; espulso ogni riferimento allidea di limite ed allidea di tendere verso un limite. Chi stato a farlo? Verr data uninterpretazione e uno statuto del calcolo molto strano perch smette di operare con quantit ordinarie, e ne verr data uninterpretazione puramente ordinale. A quel punto, diverr un modo desplorazione del finito, del finito come tale. Fu un

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grande matematico che fece tutto questo: Weyerstrass (?), ma molto tardivamente. Quindi lui fece unassiomatica del calcolo, ma a che prezzo? Lo trasform completamente. Oggi, quando facciamo un calcolo differenziale, non abbiamo nessun riferimento alle nozioni dinfinito, di limite e di tendenza ad avvicinarsi al limite. C uninterpretazione statica. Nessun dinamismo nel calcolo differenziale. Abbiamo uninterpretazione statica e ordinale del calcolo. Bisogna leggere il libro di Vuillemin Philosophie de lalgebre. Questo fatto molto importante perch ci fa capire che il calcolo differenziale si, ma anche prima dellassiomatizzazione tutti i matematici erano daccordo nel dire che il calcolo differenziale interpretato come metodo di esplorazione dellinfinito era una convenzione impura, Leibniz era il primo a dirlo, ma dovremo per anche sapere qual il suo valore simbolico. Le relazioni assiomatiche e i rapporti differenziali, no. C unopposizione. Linfinito ha completamente cambiato di senso, di natura, e successivamente fu completamente escluso. Un rapporto differenziale del tipo DY/DX tale da poter essere estratto da X e Y. Allo stesso tempo DY non niente in rapporto a Y, una quantit infinitamente piccola, DX non niente in rapporto a X, una quantit infinitamente piccola rispetto a X. In compenso DY/DX qualcosa. Ma qualcosa del tutto diverso da Y/X. Per esempio, se Y/X designa una curva, DY/DX designa una tangente. Per adesso non importa quale tangente. Diremo quindi che il rapporto differenziale tale che non significa niente di concreto in rapporto a ci da cui deriva, in altre parole in rapporto a X e a Y, ma significa qualcosaltro di concreto, ed cos che assicura il passaggio ai limiti. Assicura qualcosaltro di concreto, cio una Z. E proprio come se io dicessi che il calcolo differenziale completamente astratto in rapporto ad una determinazione del tipo a/b ma che in compenso determina un c. Tanto vero che la relazione completamente assiomatica da tutti i punti di vista, se essa formale in rapporto ad a e b, essa non determina per un c che invece, lui, sarebbe concreto. Quindi essa non ci assicura un passaggio. Questa sarebbe tutta lopposizione classica fra genesi e struttura. Lassiomatica veramente la struttura comune ad una pluralit di domini. Lultima volta eravamo rimasti al mio secondo grande titolo il quale verteva su queste nozioni: SOSTANZA, MONDO E COMPOSSIBILITA. La prima parte cercava di analizzare ci che Leibniz chiamava lanalisi infinita. La risposta fu questa: lanalisi infinita soddisfa questa condizione: essa appare nella misura in cui la continuit e le

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piccole differenze o differenze che tendono a svanire si sostituiscono allidentit. E quando procediamo per continuit e differenze svanenti che lanalisi diviene propriamente analisi infinita. Poi finivo sul secondo aspetto della questione. Ci sarebbe analisi infinita e materia per lanalisi infinita quando mi trovo davanti ad un dominio che non pi regolato direttamente dallidentico, dallidentit, ma bens un dominio regolato dalla continuit e dalle differenze svanenti. Demmo una risposta relativamente chiara. Da qui il secondo aspetto del problema: che cos la compossibilit? Che cosa vuol dire che due cose sono compossibili oppure non compossibili? Ancora una volta Leibniz ci dice che Adamo non peccatore possibile di per se stesso ma non compossibile con il mondo esistente. Quindi mette in gioco una nozione di compossibilit che inventa lui stesso, e capite bene come ci sia strettamente legato allidea di analisi infinita. Il problema che lincompossibile non la stessa cosa del contraddittorio. E complicato. Adamo non peccatore incompossibile con il mondo esistente, ci sarebbe voluto un altro mondo. Detto questo, vedo soltanto tre soluzioni possibili per cercar di caratterizzare la nozione dincompossibilit. Prima soluzione: diremmo che in un modo o in un altro, lincompossibilit implica una specie di contraddizione logica. Bisogna che ci sia contraddizione fra Adamo non peccatore e il mondo esistente. Soltanto che, questa contraddizione non potremmo renderla chiara se non procedendo allinfinito; sarebbe una contraddizione infinita. Come c una contraddizione finita fra cerchio e quadrato, c una contraddizione infinita fra Adamo non peccatore e il mondo. Certi testi di Leibniz lavorano in questo senso. Ma, diciamolo ancora, noi sappiamo di dover fare sempre attenzione ai livelli dei testi di Leibniz. In effetti tutto ci che abbiamo detto precedentemente implicava che la compossibilit e lincompossibilit siano veramente una relazione originale irriducibile allidentit e alla contraddizione. Identit contraddittoria. Anzi, abbiamo anche visto che lanalisi infinita, sulla base della nostra prima parte, non unanalisi che sfocia nellidentico alla fine di una serie infinita di passaggi. Tutti i risultati a cui siamo arrivati lultima volta furono tali che, lontani dallo scoprire lidentico alla fine di una serie, al limite di una serie infinita di passaggi, invece di procedere cos lanalisi infinita sostituiva il punto di vista della continuit a quello dellidentit. Quindi ci troviamo in un campo diverso da quello dellidentit/contraddizione. Ecco unaltra soluzione che dir molto

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brevemente perch certi testi di Leibniz la suggeriscono: che supera il nostro intelletto perch il nostro intelletto finito, e la compossibilit sar quindi una relazione originale, ma non conosceremmo la sua radice. Leibniz ci fa scoprire un nuovo campo, non c solo il possibile, il necessario e il reale. Ci sono anche il compossibile e lincompossibile. Pretendeva di aver scoperto tutta una regione dellessere. Ecco lipotesi che vorrei fare: Leibniz era un uomo indaffarato, scrisse in tutti i sensi, dappertutto, non pubblic o pubblic veramente poche cose da vivo. Leibniz ha tutta la materia, tutti gli argomenti per dare una risposta relativamente precisa a questo problema. Ci risulta chiaro poich lui che lo inventa, ed lui che ha la soluzione. E poi che cosa non ha fatto che raggruppi tutto questo? Credo che ci che potr dare una risposta a questo problema, e allo stesso tempo dellanalisi infinita e della compossibilit, una teoria molto strana che Leibniz fu senza dubbio il primo a introdurre in filosofia, e che potremo chiamare teoria delle singolarit. In Leibniz, la teoria delle singolarit frammentaria, dappertutto. E talmente discreto che si rischia di leggere delle pagine di Leibniz senza rendersi conto che ci siamo completamente dentro. La teoria delle singolarit mi sembra avere in Leibniz due poli: dovremmo dire che una teoria matematico-psicologica. E il lavoro di oggi sar questo: che cos una singolarit a livello matematico, e che cosa Leibniz crea con questo? E vero che fece la prima grande teoria delle singolarit in matematica? Seconda domanda: che cos la teoria leibniziana delle singolarit psicologiche? Un ultima domanda: in che modo la teoria matematico-psicologica delle singolarit, tale come Leibniz la delinea, ci da una risposta a questaltra domanda: che cos lincompossibile, e quindi anche alla domanda che cos lanalisi infinita? Che cos questa nozione matematica di singolarit? Perch salata fuori? In filosofia accade molto spesso: un qualcosa che ha importanza in un certo momento e che viene poi abbandonato. E il caso di una teoria alla quale Leibniz lavor molto ma che non ha avuto un seguito, non ha avuto fortuna, nessun seguito. Mi domando se potrebbe essere interessante per noi di riprenderla. Sono sempre titubante fra due cose, riguardo la filosofia: tra lidea che essa non necessiti di un sapere speciale, in questo senso chiunque pu essere adatto per la filosofia, e che allo stesso tempo non si possa fare della filosofia senza essere sensibile ad una certa terminologia filosofica, voi potrete sempre creare una nuova terminologia ma non potete crearla facendo le cose a

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caso. Voi dovrete sapere il significato di termini come: categorie, concetto, idea, a priori, a posteriori, esattamente come non potremmo fare della matematica senza sapere cosa siano a, b, xy, variabili, costanti, equazioni; c un minimo. Ora, voi dovete fare attenzione a tutto ci. Singolare esiste da sempre allinterno di un certo vocabolario logico. Singolare e non differenza, e allo stesso tempo in relazione con universale. C unaltra coppia di nozioni, particolare, che si dice in riferimento al generale. Quindi il singolare e luniversale sono in rapporto luno con laltro; e il particolare in rapporto con il generale. Che cos un giudizio di singolarit, non la stessa cosa di un giudizio detto particolare n la stessa cosa di un giudizio detto generale. Dico giusto che, formalmente, singolare veniva pensato, nella logica classica, in riferimento con universale. Ma ci non basta a definire una nozione: quando i matematici impiegano lespressione singolarit, con cosa la mettono in rapporto? Dobbiamo farci guidare dalle parole. Esiste certamente unetimologia filosofica o una filologia filosofica. Singolare in matematica si distingue o si oppone a regolare. Il singolare ci che sfugge alla regola. C unaltra coppia di nozioni impiegata dai matematici, speciale e ordinario. I matematici ci dicono che ci sono delle singolarit speciali e delle singolarit che non lo sono. Ma noi, per comodit, Leibniz non fa questa distinzione fra singolare speciale e singolare non speciale, Leibniz impiega come termini equivalenti singolare, speciale e notevole. Tanto vero che quando troverete la parola notevole in Leibniz, direte che necessariamente ci strizza locchio, essa non vorr dire ben conosciuto; egli gonfia la parola con una significazione insolita. Quando parler duna percezione notevole, direte voi, ci sta dicendo qualcosa. Ma perch ci interessa? Ecco che le matematiche rappresentano in rapporto alla logica una svolta. Luso matematico del concetto di singolarit orienta la singolarit verso un rapporto con lordinario o il regolare, e non pi con luniversale. Ci conviene distinguere ci che singolare da ci che ordinario o regolare. Che interesse pu avere per noi? Supponete che qualcuno dica: le cose in filosofia vanno male perch la teoria della verit si sempre sbagliata, si sempre domandato prima di tutto che cosa fosse vero e cosa falso in un pensiero, ma in un pensiero non sono il vero e il falso che contano, ma il singolare e lordinario. Ci che singolare, ci che speciale, ci che ordinario in un pensiero. Ma allora che cosa ordinario. Penso a Kierkegaard che, molto pi tardi, dir che la filosofia ha sempre

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ignorato limportanza della categoria di interessante! Ma non pu essere vero che la filosofia labbia ignorato, c almeno un concetto matematico-filosofico della singolarit che ha forse qualcosa di interessante da dirci sul concetto di interessante. Questa bella idea della matematica che la singolarit non sia pi pensata in rapporto alluniversale, ma che lo sia in rapporto all ordinario o al regolare. Il singolare ci che esce dallordinario e dal regolare. Affermare questo significa andare gi molto lontano, poich dirlo implica la volont di voler fare della singolarit un concetto filosofico, trovando le ragioni per farlo in un campo favorevole, cio la matematica. Ora, in quale caso la matematica ci parla del singolare e dellordinario. La risposta semplice: a proposito di certi punti presi su una curva. Non per forza su una curva, ma particolarmente, o anche molto pi generalmente a proposito di una figura, una figura potr comportare per natura dei punti singolari e dei punti regolari o ordinari. Perch una figura? Perch una figura qualcosa di determinato! Ma allora il singolare e lordinario farebbero parte della determinazione, sarebbe interessante! Vedete che a forza di non dire niente e di battere i piedi, avanziamo comunque di molto. Perch non definire la determinazione in generale, dicendo che una combinazione di singolare e di ordinario, cosicch ogni determinazione sarebbe cos fatta? Potremmo farlo? Prendo una figura molto semplice: un quadrato. La vostra legittima esigenza sarebbe quella di domandarmi quali sono i punti singolari di un quadrato? Di punti singolari nel quadrato ce ne sono quattro, cio le quattro estremit a, b, c, d. Cerchiamo di definire la singolarit, ma restiamo fermi a degli esempi, facciamo una ricerca bambinesca, parliamo di matematica, ma non ne sappiamo niente. Sappiamo giusto che un quadrato ha quattro lati, e che quindi ci sono quattro punti singolari che sono degli estremi. Sono i punti che segnano, precisamente, che una linea retta finita e che unaltra dorientazione diversa, comincia a 90 gradi. Ma cosa saranno i punti ordinari? Saranno linfinita dei punti che compongono ogni lato del quadrato; ma le quattro estremit saranno dette dei punti singolari. Domanda: un cubo, quanti punti singolari ha secondo voi? Vedo lo stupore nei vostri volti! In un cubo ci sono otto punti singolari. Ed ecco come, nella geometria la pi elementare, potremmo definire i punti singolari: i punti che segnano lestremit di una linea retta. Ma voi sentite che non siamo che allinizio. Vorrei opporre quindi i punti singolari e i punti ordinari. Pensando ad una curva o ad una retta, posso veramente dire

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che i punti singolari sono necessariamente degli estremi? Forse no, ma supponiamo che a prima vista io possa dire qualcosa di questo genere. Per una curva, diventa difficile. Prendiamo lesempio pi semplice: un semicerchio, a voi la scelta di immaginarlo concavo o convesso. Al di sotto faccio un secondo semicerchio, convesso se laltro concavo, concavo se laltro convesso. I due semicerchi si incontrano in un punto. Disegno poi al di sotto una linea retta che chiamo, conformemente alla natura delle cose, lordinata. Disegno lordinata. Erigo le perpendicolari allordinata. E unesempio di Leibniz, contenuto in un testo dal titolo raffinato: Tantanem anagocicum, un piccolo opuscolo di sette pagine scritto in latino, e che vuol dire saggio analogico. AB ha quindi due caratteristiche: il solo segmento eretto a partire dallordinata ad essere unico, tutti gli altri hanno, come dice Leibniz, un doppio, il proprio piccolo gemello. In effetti, xy ha il suo specchio, la sua immagine in xy, e voi potrete avvicinarvi ad AB soltanto con delle differenze quasi inesistenti, solo AB e unico, senza gemello. Secondo punto: AB pu essere detto ugualmente sia un massimo sia un minimo, massimo per rapporto ad uno dei semicerchi, minimo per rapporto allaltro. Avrete gi capito. Dir che AB una singolarit. Ho introdotto lesempio della curva pi semplice: il semicerchio. Ma un po' pi complicato: ci che ho dimostrato che il punto singolare non necessariamente legato, non ridotto allestremo, pu trovarsi benissimo nel mezzo, e in questo caso nel mezzo. Ed sia un minimo, sia un massimo, sia tutte e due allo stesso tempo. Da qui deriva limportanza di un calcolo che Leibniz contribuir a spingere molto lontano, e che chiamer il calcolo dei massimi e dei minimi, ancora oggi questo calcolo ha una importanza immensa per esempio nei fenomeni di simmetria, nei fenomeni fisici, nei fenomeni ottici. Direi quindi che il mio punto A un punto singolare; tutti gli altri sono ordinari o regolari. E sono ordinari o regolari in due modi, il fatto che sono al di sotto del massimo e al di sopra del minimo, e infine hanno sempre un doppio. Si chiarisce un po' questa nozione di ordinario. E un altro caso; una singolarit di un altro caso. Un altro sforzo: prendete una curva complessa. Cos che chiameremo le sue singolarit? Le singolarit di una curva complessa sono, detto semplicemente, i punti in vicinanza dei quali, e voi sapete che la nozione di vicinanza, in matematica, che molto diversa dalla nozione di contiguit, una nozione chiave in tutto il campo della topologia, ed la nozione di singolarit che capace di farci capire che cos la vicinanza dunque in

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vicinanza di una singolarit qualcosa cambia: la curva cresce o decresce. Questi punti di crescita o di decrescita, io li chiamer singolarit. Lordinario la serie, ci che fra due singolarit; ci che va dalla vicinanza di una singolarit alla vicinanza di unaltra singolarit, lordinario o il regolare. Cogliamo come dei rapporti, come degli sponsali molto strani: la filosofia detta classica non ha la sua sorte relativamente legata, e inversamente, con la geometria, laritmetica e lalgebra classica, cio le figure rettilinee? Voi mi direte che le figure rettilinee comprendono gia dei punti singolari, daccordo, ma una volta che ho scoperto e costruito la nozione matematica di singolarit, io posso dire che era gi presente nelle figure rettilinee le pi semplici? Mai le figure rettilinee le pi semplici avrebbero potuto darmi unoccasione reale, una necessit reale di costruire la nozione di singolarit. E semplicemente al livello delle curve complesse che ci s'impone. Una volta trovato al livello delle curve complesse, allora si, posso tornare indietro e dire: ah, era gi in un semicerchio, era gi in una figura semplice come il quadrato rettilineo, ma prima non avrei potuto. Intervento: xxx Gilles brontola: ...piet...Dio mio...mha rotto. Sapete, parlare una cosa fragile. Piet...ah piet...ti lascer parlare per unora quando vuoi, ma non ora...piet...oh la la... linferno. Vi leggo un piccolo testo tardivo di Poincar il quale si occuper molto della teoria delle singolarit che si svilupper durante tutto il XVIII e XIX secolo. Ci sono due tipi di lavori di Poincar, dei lavori di logica e filosofia, e dei lavori di matematica. E prima di tutto un matematico. Esiste una tesi di Poicar sulle equazioni differenziali. Ne leggo una parte riguardante i tipi di punti singolari in una curva rinviante ad una funzione o ad una equazione differenziale. Dice che ci sono quattro tipi di punti singolari: prima di tutto i colli. Sono i punti dai quali passano due curve definite dallequazione, e due soltanto. In questo caso, lequazione differenziale tale che, in vicinanza di questo punto, definir e far passare due curve, soltanto due. Ecco un tipo di singolarit. Secondo tipo di singolarit: i nodi dove si incrociano uninfinita di curve definite dallequazione. Terzo

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tipo di singolarit: i punti focali intorno ai quali queste curve ruotano avvicinandosi alla maniera di una spirale. Infine il quarto tipo di singolarit: i centri intorno ai quali le curve si presentano sotto forma di cicli chiusi. E Poicare nel seguito della tesi spiega che, secondo lui, uno dei suoi grandi meriti matematici daver messo la teoria delle singolarit in rapporto con la teoria delle funzioni o delle equazioni differenziali. Perch cito questo esempio di Poincar? Potreste trovare le stesse nozioni in Leibniz. Qui abbiamo un curioso paesaggio che si delinea davanti a noi, con i colli, i punti focali, i centri. E veramente come una specie di astrologia di geografia matematica. Vedete che siamo andati dal pi semplice al pi complesso: al livello di un semplice quadrato, di una figura rettilinea, le singolarit erano degli estremi; al livello di una curva semplice, sono presenti delle singolarit ancora molto facili da determinare, per le quali il principio di determinazione era facile, la singolarit era il caso unico che non aveva dei doppi, oppure era il caso in cui massimo e minimo sidentificavano. Ma troverete delle singolarit pi complesse quando passerete a delle curve pi complesse. Quindi il campo delle singolarit , a ben vedere, come infinito. Quale sar la formula? Fino a quando voi avete a che fare con dei problemi detti rettilinei, per i quali si tratta di determinare delle rette o delle superfici rettilinee, voi non avete bisogno del calcolo differenziale. Voi avrete bisogno del calcolo differenziale quando vi troverete di fronte al compito di determinare delle curve e delle superfici curvilinee. Cosa vuol dire? In cosa consiste il legame fra la singolarit e il calcolo differenziale? Il fatto che il punto singolare il punto in vicinanza del quale il rapporto differenziale dy/dx cambia di segno. Per esempio: vertice, vertice relativo di una curva prima che discenda, per la quale voi direte che il rapporto differenziale cambia di segno. Cambia di segno in questo luogo, in qual misura? Nella misura in cui diviene uguale, in vicinanza di questo punto, a zero o allinfinito. Ritroviamo qui il tema del minimo e del massimo. Tutto questo consiste nel dire: prendete lo spazio di relazione fra singolare e ordinario, tale che voi definirete il singolare in funzione dei problemi curvilinei che sono in rapporto con il calcolo differenziale, e in questa tensione od opposizione tra punto singolare e punto ordinario, o punto singolare e punto regolare. E questo che la matematica ci fornisce come materiale di base, e ancora una volta vero che nei casi pi semplici il singolare lestremit, in altri casi semplice il massimo o il minimo o anche tutti e due allo stesso tempo; le

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singolarit sviluppano in questo caso dei rapporti sempre pi complessi al livello di curve sempre pi complesse . Prendiamo la formula seguente: una singolarit un punto prelevato o determinato su una curva, un punto in vicinanza del quale il rapporto differenziale cambia di segno, e il punto singolare ha come propriet il fatto di prolungarsi su tutta la serie delle ordinarie che ne dipendono fino alla vicinanza delle singolarit seguenti. Diremo quindi che la teoria delle singolarit inseparabile di una teoria o di un'attivit di prolungamento. Potrebbero essere degli elementi per una possibile definizione della continuit? Potrei dire che la continuit o il continuo il prolungamento di un punto speciale su una serie ordinaria fino alla vicinanza della singolarit seguente. Ne sarei molto contento perch avrei almeno una definizione ipotetica di ci che il continuo. E molto strano che per ottenere questa definizione del continuo io mi sia servito di ci che apparentemente introduce una discontinuit, cio una singolarit dove qualcosa cambia; invece di opporsi, proprio essa che mi permette questa definizione approssimativa. Leibniz ci dice che tutti noi sappiamo di avere delle percezioni, che per esempio vedo qualcosa di rosso, sento il rumore del mare. Sono delle percezioni; dovremmo addirittura riservargli un nome speciale perch sono coscienti. Una percezione dotata di coscienza, cio la percezione percepita come tale da un me, la chiameremo appercezione, come apercevoir (percepire). Perch in effetti la percezione che io appercepisco. Appercezione significa percezione cosciente. Ma allora, dice Leibniz, bisogna per forza che ci siano delle percezioni incoscienti delle quali non ci rendiamo conto. Le chiameremo piccole percezioni, cio delle percezioni incoscienti. Perch questa necessit? Perch bisogna per forza che ci siano queste piccole percezioni? Leibniz ci da due ragioni: le nostre appercezioni, le nostre percezioni coscienti, sono sempre globali. Ci di cui ci appercepiamo sempre un tutto. Ci che cogliamo per mezzo della percezione cosciente sono delle totalit relative. Ora, bisogna per forza che ci siano delle parti poich c un tutto: questo un ragionamento che Leibniz fa costantemente, deve esserci anche del semplice se c del composto, erige ci a principio; e non cos ovvio, capite cosa vuol dire? Vuol dire che non ci sono indefiniti, e non qualcosa di ovvio visto che ci implica linfinito attuale. Bisogna che ci sia del semplice poich c del composto. Ci saranno persone che penseranno che tutto composto allinfinito, saranno i partigiani dellindefinito, ma Leibniz per altre ragioni pensa che

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linfinito sia attuale, quindi bisogna che ci sia del ??????? Poich noi percepiamo il rumore globale del mare quando siamo seduti sulla spiaggia, dobbiamo per forza avere delle piccole percezioni di ogni onda, come dice grosso modo, anzi, di ogni singola goccia dacqua. Perch? E una specie di esigenza logica, vedremo cosa intende. Lo stesso ragionamento al livello di tutto e di parti, lo fa anche in questo caso, non invocando un principio di totalit ma un principio di causalit: ci che noi percepiamo sempre un effetto, ci devono essere allora delle cause. E certo le cause devono esse stesse essere percepite altrimenti leffetto non sarebbe percepito. In questo caso le goccioline non sono pi le parti che compongono londa, e le onde le parti che compongono il mare, ma intervengono bens come cause che producono un effetto. Voi mi direte che non fa una gran differenza, ma voglio farvi notare che in tutti i testi di Leibniz ci sono sempre due argomenti distinti che lui porta perpetuamente a far coesistere: un argomento fondato sulla causalit e un argomento fondato sulle parti. Rapporto causa-effetto e rapporto parte-tutto. Ecco allora che le nostre percezioni coscienti sono immerse in un flusso di piccole percezioni incoscienti. Da una parte, bisogna che sia cos logicamente, in virt dei principi e delle loro esigenze, ma i grandi momenti sono quando lesperienza conferma lesigenze dei grandi principi. Quando avviene la bella coincidenza dei principi e dellesperienza, la filosofia ha i suoi momenti di felicit, anche quando ci comporta la disgrazia personale del filosofo. E a questo punto il filosofo dice: tutto va bene, tutto come deve essere. Allora bisognerebbe che lesperienza mi dimostri che sotto certe condizioni di disorganizzazione della mia coscienza, le piccole percezioni forzino la porta della mia coscienza e minvadano. Quando la mia coscienza si rilassa, io sono quindi invaso dalle piccole percezioni che non diverranno pertanto delle percezioni coscienti, esse non divengono appercezioni poich io sono invaso nella mia coscienza solo quando essa disorganizzata. In quel momento, un fiume di piccole percezioni incoscienti minvade. No che queste piccole percezioni cessino di essere incoscienti, sono io che smetto di essere cosciente. Ma io le vivo, esiste un vissuto incosciente. Non le rappresento, non le percepisco, ma ci sono, brulicano. In quali casi. Mi viene dato un gran colpo sulla testa: lo stordimento, un esempio molto frequente in Leibniz. Sono stordito, mi svengo e un fiume di piccole percezioni incoscienti arriva: un rumore nella mia testa. Rousseau conosceva Leibniz, fece la crudele esperienza di svenire per aver ricevuto un

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brutto colpo, raccont poi il suo risveglio e il brulichio di piccole percezioni. E un testo molto celebre di Rousseau contenuto in Sogni di un viandante solitario (1776-1778), il ritorno alla conoscenza. Cerchiamo delle esperienze di pensiero: non abbiamo neanche bisogno di fare questa esperienza di pensiero, sappiamo che cos, cerchiamo allora col pensiero il tipo di esperienza che corrisponde al principio: lo svenimento. Leibniz va molto oltre e dice: non sar questa la morte? Ci comporter dei problemi in teologia. La morte sarebbe lo stato di un vivente che non cesserebbe di vivere, la morte sarebbe una catalessi, sembra di parlare di Edgar Poe, siamo ridotti semplicemente alle piccole percezioni. E ancora una volta, non che esse invadano la mia coscienza, ma la mia coscienza che si spenge, tutto il suo proprio potere, che si diluisce perch perde coscienza di s, ma molto stranamente essa diviene coscienza infinitamente piccola delle piccole percezioni incoscienti. Questa sarebbe la morte. In altri termini, la morte non sarebbe nientaltro che un avvolgimento, le percezioni cessano di essere sviluppate in percezioni coscienti, esse vengono avvolte in un infinit di piccole percezioni. Dobbiamo dire ci soltanto riguardo alla percezione? No. E qui, di nuovo, genialit di Leibniz. C una psicologia firmata Leibniz. E stata una delle prime teorie dellinconscio. Ne ho parlato forse abbastanza per far si che voi capiate che una concezione dellinconscio che non ha niente a che vedere con quella di Freud. Tutto questo per dire cosa c di nuovo in Freud: certo non lipotesi di un inconscio che gi era stata fatta da numerosi autori, ma bens la maniera in cui Freud concepisce linconscio. Ora, fra i successori di Freud si trovano dei fenomeni molto strani di ritorno a una concezione leibniziani , ma parler di questo pi tardi. Capite che non pu dire ci solo della percezione, visto che secondo Leibniz, lanima ha due facolt fondamentali: lappercezione cosciente che composta da piccole percezioni incoscienti, e ci che chiama lappetizione, lappetito, il desiderio. E noi saremmo fatti di desiderio e di percezioni. Ora, lappetizione lappetito cosciente. Se le percezioni globali sono fatte di uninfinit di piccole percezioni, le appetizioni o grossi appetiti sono fatti di uninfinit di piccole appetizioni. Come potete vedere le appetizioni sono i vettori corrispondenti alle piccole percezioni, diventa un inconscio molto strano. La goccia del mare alla quale corrisponde la goccia dacqua, alla quale corrisponde una piccola

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appetizione presso colui che ha sete. E quando io dico: Oddio, ho sete, ho sete, che cosa faccio? Esprimo grossolanamente un risultato globale delle mille e mille piccole percezioni che mi attraversano, e delle mille e mille appetizioni che mi attraversano. Che cosa vuol dire? Allinizio del ventesimo secolo, un grande biologo spagnolo caduto nelloblio, si chiamava Turro, fece un libro col titolo in francese: Les origines de la connaissance (1914-Le origini della conoscenza) ed un libro straordinario. Turro diceva che quando diciamo io ho fame aveva una formazione puramente biologica -, e ci diciamo che Leibniz che si svegliato -, e Turro dice che quando diciamo io ho fame, un vero risultato globale, ci che egli chiama una sensazione globale. Impiega i suoi concetti: la fame globale e le piccole fami specifiche. Dice che la fame come fenomeno globale un effetto statistico. Di cosa composta la fame come sostanza globale? Di mille piccole fami: fame di Sali, fame di sostanze proteiche, fame di grassi, fame di sali minerali, ecc Quando dico io ho fame, io faccio alla lettera, dice Turro, lintegrale o lintegrazione di queste mille piccole fami specifiche. Le piccole differenziali sono le differenziali della percezione cosciente, la percezione cosciente lintegrazione delle piccole percezioni. Molto bene. Vedete bene che le mille piccole appetizioni sono le mille fami specifiche. E Turro continua perch c tuttavia qualcosa di strano a livello animale: come fa lanimale a sapere di cosa ha bisogno? Lanimale vede delle qualit sensibili, ci si getta sopra e le mangia, tutti mangiamo delle qualit sensibili. La mucca mangia del verde. Essa non mangia dellerba, e tuttavia non mangia un verde qualsiasi poich riconosce il verde dellerba e non mangia soltanto il verde dellerba. Il carnivoro non mangia delle proteine, mangia la cosa che ha visto, non vede delle proteine. Il problema dellistinto, al livello pi semplice, : come si spiega il fatto che le bestie mangiano pressappoco ci che gli conviene? In effetti, le bestie per il loro pasto mangiano la quantit di grassi, la quantit di sale, la quantit di proteine necessaria allequilibrio del loro ambiente (milieu) interiore. E il loro ambiente interiore che cos? Lambiente interiore il luogo di tutte le piccole percezioni e le piccole appetizioni. Che buffa comunicazione fra la coscienza e linconscio. Ogni specie mangia pressappoco ci di cui ha bisogno, salvo gli errori tragici o comici che invocano sempre i nemici dellistinto: i gatti, per esempio, che mangiano ci che li avvelener, ma molto raro. E

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questo il problema dellistinto. Questa psicologia alla Leibniz delinea delle piccole appetizioni che investono delle piccole percezioni; la piccola appetizione fa linvestimento psichico della piccola percezione, e che mondo viene fuori? Non smettiamo di passare da una piccola percezione ad unaltra, anche senza saperlo. La nostra coscienza coglie solo le percezioni globali e i grossi appetiti, ho fame, ma quando io dico ho fame, sono presenti ogni sorta di passaggi, di metamorfosi; la mia piccola fame di sale che diventa unaltra fame, piccola fame di proteine; piccola fame di proteine che diventa piccola fame di grassi, o tutto ci che si mescola, sono degli eterogenei. Che ne pensate dei bambini mangiatori di terra? Per quale miracolo mangiano della terra nel momento in cui hanno bisogno della vitamina che questa terra contiene? Devessere listinto. Sono dei mostri! Ma Dio ha fatto i mostri in armonia. Allora, qual lo statuto della vita psichica inconscia? E successo a Leibniz di incontrare il pensiero di Locke, e Locke aveva scritto un libro che si chiamava Saggio sullintelletto umano. Leibniz si interess molto a Locke, soprattutto per il fatto che secondo lui Locke si sbagliava su tutto. Leibniz si divert a scrivere un grosso libro che intitol Nuovo saggio sullintelletto umano nel quale, capitolo per capitolo, dimostrava che Locke era uno scemo. Aveva torto, ma fu una grande critica. Alla fine poi non lha pubblicato. Ha avuto una reazione morale molto onesta, perch, nel frattempo, Locke era morto. Tutto il suo grosso libro era finito ma lo lasci da parte, lo invi a degli amici. Vi racconto questa storia perch Locke, nelle sue pagine migliori, costruisce un concetto per il quale utilizzer la parola inglese uneasyness. Significa, grosso modo, il malessere, lo stato di malessere. E Locke cerca di spiegare che questo il grande principio della vita psichica. Come vedete molto interessante perch ci fa sortire dalle banalit sulla ricerca del piacere o della felicit. Locke, in generale, dice che certo possibile che si cerchi il proprio piacere, la propria felicit, forse possibile, ma non questa la questione; esiste una specie di inquietudine del vivente. Inquietudine, non angoscia. Lanci cos il concetto psicologico di inquietudine. Non siamo n assetati di piacere, n assetati di felicit, n angosciati, la sua impressione che siamo prima di tutto inquieti. Non restiamo mai al nostro posto. E Leibniz, in una pagina molto bella, dice che possiamo cercare di tradurre questo concetto, ma che una sua traduzione alla fine molto difficile; questa parola funziona bene in inglese, un inglese vede subito di cosa si tratta. Noi,

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diremo qualcuno che nervoso. Sentite come lo prende in prestito da Locke e come lo trasforma: questo non sentirsi a proprio agio del vivente, che cos? Non affatto il malessere del vivente. E che, anche quando immobile, quando ha la sua percezione cosciente ben inquadrata, brulica comunque: le piccole percezioni e le piccole appetizioni che investono le piccole percezioni fluenti, percezioni fluenti e appetiti fluenti non smettono di muoversi, questo il punto. Allora, se c un Dio, e Leibniz persuaso Dio c, questa uneasyness molto meno un malessere che una cosa che fa tuttuno con la tendenza a sviluppare il massimo di percezione, e lo sviluppo del massimo di percezione definir una specie di continuit psichica. Ritroviamo il tema della continuit, cio un progresso indefinito della coscienza. In cosa troviamo il malessere? Il fatto che si possono fare sempre dei brutti incontri. E come la pietra quando tende a cadere: essa tende a cadere seguendo una traiettoria perpendicolare ad esempio, e poi, essa potrebbe incontrare una roccia che la faccia sbriciolare o scoppiare. E veramente un incidente legato alla legge della pi grande pendenza. Ci non vuol dire che la legge della pi grande pendenza sia la migliore. Si capisce facilmente cosa voglia dire. Ecco dunque un inconscio definito dalle piccole percezioni, e le piccole percezioni sono allo stesso tempo delle percezioni infinitamente piccole e le differenziali della percezione cosciente. E i piccoli appetiti sono allo stesso tempo degli appetiti incoscienti e i differenziali dellappetizione cosciente. Esiste una genesi della vita psichica a partire dalle differenziali della coscienza. In questo modo linconscio leibniziano linsieme delle differenziali della coscienza. E la totalit infinita delle differenziali della coscienza. C una genesi della coscienza. Lidea delle differenziali della coscienza fondamentale. La goccia dacqua e lappetito per la goccia dacqua, le piccole fami, il mondo dello stordimento. Tutto questo concorre a creare uno mondo bizzarro. Apro una parentesi molto breve. Questo inconscio ha una lunga storia nella filosofia. Grosso modo possiamo dire che la scoperta e la teorizzazione di un inconscio propriamente differenziale. Capite che questo inconscio strettamente legato allanalisi infinitesimale, per questo parlavo di dominio psico-matematico. Come ci sono dei differenziali della curva, ci sono dei differenziali della coscienza. I due domini, il dominio psichico e il dominio matematico simbolizzano. Se cerco la sorgente, Leibniz che lancia la grande idea, la prima grande teoria di questo inconscio differenziale, che poi

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non si fermer qui. C una lunga tradizione di questa concezione differenziale dellinconscio a base di piccole percezioni e piccole appetizioni. Tutto ci culminer con un grande autore che stato stranamente sempre sottovalutato in Francia, un tardoromantico tedesco che si chiama Fechner. E un discepolo di Leibniz che svilupper la concezione dellinconscio differenziale. Che cosa ha apportato Freud? Certamente non linconscio, che gi faceva parte di una forte tradizione teorica. Non che per Freud non ci fossero delle percezioni incoscienti, ci sono secondo lui anche dei desideri incoscienti. Vi ricordate che in Freud c lidea che la rappresentazione pu essere incosciente, e che in un altro senso anche laffetto pu esserlo. Ci corrisponde a percezione e appetizione. Ma la novit di Freud che concepisce linconscio ed ora dir una cosa veramente elementare per sottolineare una grossa differenza -, egli concepisce linconscio in un rapporto di conflitto o dopposizione con la coscienza, e non in un rapporto differenziale. E una cosa completamente diversa concepire un inconscio che esprime dei differenziali della coscienza dal concepire un inconscio che esprime una forza che si oppone alla coscienza e che entra in conflitto con essa. In altri termini, in Leibniz, c un rapporto tra la coscienza e linconscio, un rapporto a differenze che tendono a svanire, in Freud c un rapporto dopposizione di forze. Potrei dire che linconscio attrae delle rappresentazioni, le strappa alla coscienza, sono veramente due forze antagoniste. Potrei dire che filosoficamente Freud dipende da Kant e da Hegel, evidente. Coloro che avevano orientato esplicitamente linconscio nel senso di un conflitto di volont, e non pi di differenziale della percezione, erano della scuola di Schopenhauer che Freud conosce molto bene e che discendevano da Kant. Dobbiamo quindi salvaguardare loriginalit di Freud, salvo il fatto che trov in effetti una preparazione in certe filosofie dellinconscio, non certamente facenti parte della corrente leibniziana. Quindi la nostra percezione cosciente composta da uninfinit di piccole percezioni. Il nostro appetito cosciente composto da uninfinit di piccoli appetiti. Leibniz fa in questo modo unoperazione bizzarra, e se non ci trattenessimo, avremmo voglia di protestare subito. Potremmo dirgli, daccordo, la percezione ha delle cause, per esempio la mia percezione del verde, o la mia percezione di un colore qualunque, essa implica ogni sorta di vibrazione fisica. E queste vibrazioni fisiche non sono esse stesse percepite. Che ci siano uninfinit di cause elementari in una percezione cosciente, con quale diritto

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lui conclude che queste cause elementari sono esse stesse oggetti di percezioni infinitamente piccole, perch? E cosa vuol dire quando dice che la nostra percezione cosciente composta da uninfinit di piccole percezioni, esattamente come la percezione del rumore del mare composto dalla percezione di tutte le gocce dacqua? Se fate attenzione ai testi, molto strano perch questi testi dicono cose diverse, delle quali una detta in modo manifesto per semplificazione e laltra esprime il vero pensiero di Leibniz. Ci sono due sezioni: le une sono sotto la sezione parte-tutto, cos da voler dire che la percezione cosciente sempre quella di un tutto, questa percezione di un tutto suppone non soltanto delle parti infinitamente piccole, ma anche che queste parti infinitamente piccole siano esse stesse percepite. Quindi la formula: la percezione cosciente fatta di piccole percezioni, dir in questo caso che fatta di uguale a essere composta di. Leibniz si esprime molto spesso cos. Prendo un testo Altrimenti non sentiremo per niente il tutto se non ci fossero queste piccole percezioni, non avremmo coscienza del tutto. Lorgano di senso mette in atto una totalizzazione delle piccole percezioni. Locchio ci che totalizza uninfinit di piccole vibrazioni, e in questo modo compone con le sue piccole vibrazioni una qualit globale che io chiamo il verde, o che chiamo rosso, ecc il testo chiaro, si tratta del rapporto tutto-parti. Quando Leibniz vuol fare alla svelta, ha tutto linteresse per parlare cos, ma quando vuole veramente spiegare le cose, parla in modo diverso, dice che la percezione cosciente deriva dalle piccole percezioni. Non la stessa cosa dire composto da o derivato da. In un caso avete il rapporto parti-tutto, nellaltro caso avete un rapporto di tuttaltra natura. Di che natura? Il rapporto di derivazione, ci che si chiama una derivata. Anche questo ci riporta al calcolo infinitesimale: la percezione cosciente deriva dallinfinit delle piccole percezioni. A questo punto non posso pi dire che lorgano di senso totalizza. Notare che la nozione matematica dintegrale riunisce le due: lintegrale ci che deriva da ed anche ci che opera una integrazione, una specie di totalizzazione, ma una totalizzazione molto speciale, non una totalizzazione per addizioni. Possiamo dire senza rischiare di sbagliarsi, che anche se Leibniz non lo fa notare, sono i secondi testi che hanno lultima voce in capitolo. Quando Leibniz ci dice che la percezione cosciente composta di piccole percezioni, non il suo vero pensiero. Al contrario, il suo vero pensiero che la percezione cosciente deriva dalle piccole percezioni. Che cosa vuol dire deriva da?

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prendiamo un altro testo di Leibniz: La percezione della luce o del colore di cui ci rendiamo conto, i.e. la percezione cosciente composta da quantit di piccole percezioni delle quali non ci rendiamo conto, sia da un rumore di cui non ci rendiamo conto, sia da un rumore che avevamo percepito ma che diventa percepibile inavvertitamente i.e. passa allo stato di percezione cosciente -, a causa di una piccola addizione o di un aumento. Non passiamo pi dalle piccole percezioni alla percezione cosciente per totalizzazione come lo suggeriva il primo testo, passiamo dalle piccole percezioni alla percezione cosciente globale a causa di una piccola addizione. Credevamo aver capito e allimprovviso non capiamo pi niente. Una piccola addizione, laddizione di una piccola percezione; allora passiamo dalle piccole percezioni alla percezione globale cosciente con una piccola percezione? Viene da pensare che le cose che non vanno pi bene. Allimprovviso sentiamo il bisogno di basarci sullaltro tipo di testo, almeno era pi chiaro. Era pi chiaro ma insufficiente. I testi sufficienti sono sufficienti ma non ci si capisce pi niente. Situazione deliziosa, salvo nel caso in cui ci imbattiamo in un testo vicino dove Leibniz dice: bisogna considerare che noi pensiamo a quantit di cose alla volta. Ma noi non facciamo attenzione se non ai pensieri che sono i pi distinti. Perch ci che rimarchevole (remarquable) deve essere composto di parti che non lo sono qui Leibniz sta mischiando tutto, ma lo fa apposta. Noi che non siamo pi innocenti, conosciamo la parola rimarchevole, e sappiamo che ogni volta che egli impiega notevole, rimarchevole, distinto, lo fa in un senso molto tecnico, e allo stesso tempo fa confusione, perch lidea del chiaro e del distinto, a partire da Cartesio, era unidea che trovavamo un po ovunque. Lui, fa trafilare il suo piccolo distinto, i pensieri pi distinti. Capite, il distinto, il rimarchevole, il singolare. Che cosa vuol dire: passiamo dalle piccole percezioni incoscienti alla percezione cosciente globale a causa di una piccola addizione. Evidentemente non una qualunque piccola addizione. Non n unaltra percezione cosciente, n una piccola percezione incosciente in pi. Ma cosa vuol dire allora? Vuol dire che le vostre piccole percezioni formano una serie di ordinari, una serie detta regolare: tutte le piccole gocce dacqua, percezioni elementari, percezioni infinitesimali. Come fate a passare dal rumore del mare alla percezione globale? Prima risposta: per globalizzazione-totalizzazione. Risposta del commentatore: daccordo, facile da dire. Non penseremmo mai di fare obiezioni. C bisogno di amare abbastanza

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un autore per sapere che non si sbaglia, che parla cos solo per fare alla svelta. Seconda risposta: accade a causa di una piccola addizione. Non pu essere laddizione di una piccola percezione ordinaria o regolare, non pu essere neanche laddizione di una percezione cosciente poich la coscienza sarebbe allora presupposta. La risposta che io arrivo in vicinanza di un punto rimarchevole, del quale non opero una totalizzazione, ma una singolarizzazione. E quando la serie delle piccole gocce dacqua percepite si avvicina o entra nelle vicinanze di un punto singolare, di un punto rimarchevole che la percezione diventa cosciente. E una visione del tutto diversa perch a questo punto una gran parte delle obiezioni che si fanno allidea di un inconscio differenziale svaniscono. Cosa vuol dire? Questo il senso che sembrano avere i testi pi completi di Leibniz. Fin dallinizio ci facciamo lidea che dei piccoli elementi, anche un modo di dire perch ci che differenziale non sono gli elementi, non dx in rapporto a x, visto che dx in rapporto a x non vale niente. Ci che differenziale non dy in rapporto a y perch dy per rapporto a y non vale niente. Ci che differenziale dy/dx, il rapporto. E questo che conta nellinfinitamente piccolo. Vi ricordate che a livello dei punti singolari il rapporto differenziale cambia di segno. Leibniz ingravida Freud senza saperlo. A livello della singolarit delle crescite o delle decrescite, il rapporto differenziale cambia di segno, cio il segno sinverte. Nel caso della percezione, qual il rapporto differenziale? Perch non si tratta di elementi ma di rapporti? Ci che determina un rapporto precisamente un rapporto fra gli elementi fisici e il mio corpo. Le vibrazioni e le molecole del mio corpo. Abbiamo quindi dy e dx. E il rapporto delleccitazione fisica con il mio corpo biologico. E il rapporto differenziale della percezione. Voi capite che a questo punto non possiamo pi parlare di piccole percezioni. Parleremo del rapporto differenziale fra leccitazione fisica e lo stato fisico assimilandolo a dy/dx, poco importa. Ora, la percezione diviene cosciente quando il rapporto differenziale corrisponde a una singolarit, cio cambia di segno. Per esempio quando leccitazione si avvicina sufficientemente. E la molecola dacqua la pi vicina del mio corpo che definir il piccolo aumento per mezzo del quale linfinito delle piccole percezioni diventa percezione cosciente. Non per niente un rapporto fra parti, un rapporto di derivazione. E il rapporto differenziale delleccitante e del mio corpo biologico che permetter di definire la vicinanza della singolarit. Capite in che senso

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Leibniz potrebbe dire che le inversioni di segno, cio i passaggi dal coscienza allinconscio e dallinconscio alla coscienza, le inversioni di segno rinviano ad un inconscio differenziale e non ad un inconscio di opposizione. Quando facevo allusione ai seguaci di Freud, Young per esempio, presenta un lato leibniziano, e reintroduce mandando su tutte le furie Freud, e per questo Freud pensava che Young tradisse assolutamente la psicanalisi, un inconscio di tipo differenziale. E ci lo deve alla tradizione del romanticismo tedesco che molto legato lui stesso allinconscio in Leibniz. Quindi passiamo dalle piccole percezioni alla percezione inconscia per addizione di qualcosa di notevole, cio quando la serie degli ordinari arriva in vicinanza della singolarit seguente, cos come la vita psichica o la curva matematica sar sottomessa ad una legge che quella della composizione del continuo. C composizione del continuo poich il continuo un prodotto: il prodotto dellatto per il quale una singolarit si prolunga fino alla vicinanza di unaltra singolarit. E tutto questo non vale solo per luniverso del simbolo matematico, ma anche per quello della percezione, della coscienza e dellinconscio. A questo punto non abbiamo che una sola domanda: cosa sono il compossibile e lincompossibile? Deriva strettamente da ci che abbiamo detto. Abbiamo la formula della compossibilit. Riprendo il mio esempio del quadrato con le sue quattro singolarit. Prendete una singolarit, un punto; fatene il centro di un cerchio. Quale cerchio? Fino alla vicinanza dellaltra singolarit. In altri termini, nel quadrato abcd, voi prendete a come centro di un cerchio che si ferma o del quale la periferia in vicinanza della singolarit b. Fate la stessa cosa con b: che si ferma in vicinanza della singolarit a e tracciate poi un altro cerchio che si ferma in vicinanza della singolarit c. Questi cerchi si intersecano. Costruirete cos, di singolarit in singolarit, ci che potrete chiamare una continuit. Il caso pi semplice di continuit una linea retta, ma c continuit anche con linee non rette. Con il vostro sistema di cerchi che sintersecano, voi direte che c continuit quando i valori delle due serie ordinarie, quelle a-b, e quelle b-, coincidono. Quando c coincidenza dei valori delle due serie ordinarie comprese nei due cerchi, voi avete una continuit. Potete quindi costruire una continuit fatta di continuit. Potete costruire una continuit di continuit, esempio: il quadrato. Se le serie degli ordinari derivano da singolarit divergenti, allora avrete una discontinuit.

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Voi mi direte che un mondo costruito per mezzo di una continuit di continuit. E la composizione del continuo. Una discontinuit viene definita quando le serie di ordinari o di regolari che derivano da due punti singolari divergono. Terza definizione: il mondo esistente il migliore? Perch? Perch il mondo che assicura il massimo di continuit. Quarta definizione: cos il compossibile? Un insieme di continuit composte. Ultima definizione: cos lincompossibile? Quando le serie divergono, quando voi non potete pi comporre la continuit di questo mondo con la continuit di questaltro mondo. Divergenza nella serie dordinari che dipendono dalle singolarit, a quel punto non pu pi far parte dello stesso mondo. Abbiamo cos una legge di composizione del continuo che psico-matematica. Perch non lo vediamo? Perch c bisogno di tutta questa esplorazione dellinconscio? Perch, ancora una volta, Dio perverso. La perversit di Dio sta nellaver scelto il mondo che implicava il massimo di continuit, calcolo del massimo, ha scelto il mondo e fatto passare allesistenza il mondo che implicava il massimo di continuit, ha composto il mondo scelto sotto questa forma, solo che ha disperso le continuit poich si tratta di continuit di continuit. Le ha disperse. Che vuol dire? Si ha limpressione, dice Leibniz, che ci siano nel nostro mondo delle discontinuit, dei salti, delle rotture. Con un termine molto bello, dice che si ha limpressione che ci siano delle cadute di musica. Ma non ci sono. Alcuni hanno limpressione che ci sia un fossato tra luomo e lanimale, una rottura. E chiaro perch Dio, nella sua malizia estrema, ha concepito il mondo scegliendo sotto la forma del massimo di continuit, quindi esiste ogni sorta di grado intermediario fra lanimale e luomo, ma stato attento a non metterceli sotto gli occhi. Nel bisogno li ha messi in altri pianeti diversi dal nostro mondo. Perch? Perch cos era bene fare, bene per noi perch possiamo cos credere al nostro dominio sulla natura. Se avessimo tutta le transizioni tra la bestia peggiore e noi, saremmo stati meno vanitosi, ma questa vanit in fin dei conti buona perch permette alluomo di acquietarsi sul suo potere nei confronti della natura. Alla fine non una perversione di Dio, che dio il fatto che Dio non ha smesso di rompere le continuit che aveva costruito per introdurre della variet nel mondo scelto; per nascondere tutto il sistema delle piccole differenze, delle differenze svanenti. Allora ha proposto ai nostri organi di senso e al nostro stupido pensiero, ha presentato un mondo che al contrario molto spezzettato. Passiamo il nostro tempo a dire che le bestie non hanno unanima

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(Cartesio), oppure che esse non parlano. Ma non cos: ci sono tutte le transizioni, tutte le piccole definizioni. Qui troviamo una relazione specifica che la compossibilit o lincompossibilit. Vorrei ripetere ancora una volta che la compossibilit presente quando le serie ordinarie convergono, le serie di punti regolari che derivano da due singolarit e quando i loro valori coincidono, altrimenti c discontinuit. In un caso avete la definizione di compossibilit, nellaltro caso, la definizione dellincompossibilit. Perch Dio ha scelto questo mondo piuttosto che un altro, visto che un altro era possibile? Risposta splendida di Leibniz: perch il mondo che matematicamente implica il massimo di continuit, ed unicamente in questo senso che il migliore dei mondi possibili. Un concetto sempre qualcosa di molto complesso. La seduta di oggi la mettiamo sotto il segno del concetto di singolarit. Ora, il concetto di singolarit ha come ogni sorta di linguaggio che si riunisce in lui. Un concetto sempre polivalente (polyvoque), necessariamente. Il concetto di singolarit non potete coglierlo senza un minimo di strumentazione matematica: i punti singolari in opposizione ai punti ordinari o regolari, a livello di esperienze di tipo psicologico: che cos lo stordimento, che cos un mormorio, che cos il rumore, ecc E a livello filosofico, nel caso di Leibniz, la costruzione di questa relazione di compossibilit. Ci non

DELEUZE / LEIBNIZ Corsi Vincennes - 06/05/1980 Tlcharger ce cours en : pdf (pas disponible) rtf (pas disponible)

Lultima volta, abbiamo concluso con questa domanda: che cos la compossibilit, e che cos lincompossibilit? Cosa sono queste due relazioni? La relazione di compossibilit, la relazione dincompossibilit. Come definirle?

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Abbiamo constatato che ci ci metteva di fronte ad ogni sorta di problemi e che ci lanciava verso lesercizio, anche se sommario, dellanalisi infinitesimale. Oggi, vorrei fare un terzo grande capitolo che consisterebbe a dimostrare fino a che punto Leibniz organizza in modo nuovo, ed anche crea dei veri e propri principi. Creare dei principi, non un bisogno corrente. Questo terzo grande capitolo di una introduzione ad una lettura possibile di Leibniz, lo chiamer: deduzione dei principi. Che i principi siano oggetto di una deduzione particolare, di una deduzione filosofica, anche questo non ovvio. C una tale ricchezza di principi in Leibniz, invoca continuamente dei principi dandogli, quando ne ha bisogno, dei nomi che prima non esistevano. Per orientarsi in questi principi, dobbiamo ritrovare il filo della deduzione leibniziana. Il primo principio che Leibniz si da con una giustificazione rapida, il principio didentit. il minimo, il minimo che si conceda. Che cos il principio didentit? Ogni principio ha una ragione. A A. Una cosa, la cosa. Una cosa cio che . Sono andato gi un p avanti. Una cosa cio che , meglio che A A, perch? Perche ci mostra quale sia la regione governata dal principio didentit. Se il principio didentit pu esprimersi sotto la forma una cosa cio che , perch lidentit consiste a manifestare lidentit propria tra la cosa e ci che la cosa . Se lidentit regola il rapporto della cosa e di ci che la cosa , ci dice che la cosa identica alla cosa e che la cosa identica a ci che , io posso dire, che cos la cosa? Ci che la cosa , tutti lhanno sempre chiamata lessenza della cosa. Direi che il principio didentit la regola delle essenze. La regola delle essenze, o se volete, del possibile. In effetti, limpossibile il contraddittorio. Il possibile, lidentico. Cosicch, il principio didentit una ragione, una ratio, quale ratio? la ratio delle essenze oppure, come dicevano i latini o secondo la terminologia del medio evo molto tempo prima: ratio essendi. Prendo questo esempio tipico perch credo che sia molto difficile fare filosofia senza avere una certa familiarit terminologica; non dovete mai pensare di poterne fare a meno, e non pensate che sia difficile da acquisire. esattamente la stessa cosa delle scale per pianoforte. Se voi non conoscete abbastanza precisamente il rigore dei concetti, cio il senso delle grandi nozioni, allora sarebbe troppo difficile. Si deve prendere ci come esercizio. I filosofi, normale che abbiamo le loro proprie scale, hanno il loro pianoforte mentale. C bisogno di cambiare

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laria delle categorie. La storia della filosofia non pu essere fatta se non dai filosofi; ora, vero, che essa stata presa in mano dai professori di filosofia, e ci non un bene perch ne hanno fatto una materia desame e non una materia di studi, di scale. Ogni volta che parler di un principio secondo Leibniz, gli dar due formulazioni. Una formulazione volgare e una formulazione erudita. un fatto molto bello al livello dei principi, il rapporto necessario fra la pre-filosofia e la filosofia, questo rapporto di esteriorit per il quale la filosofia ha bisogno di una pre-filosofia. Formulazione volgare del principio didentita: la cosa cio che la cosa , identit della cosa e della sua essenza. Vedete che gi la formulazione volgare, implica molte cose. Formulazione erudita del principio didentit: ogni proposizione analitica vera. Che cos una proposizione analitica? una proposizione in cui, il predicato e il soggetto sono identici. Una proposizione analitica vera: A A, vera. Andando nel dettaglio delle formule di Leibniz possiamo ampliare la formulazione erudita. Ogni proposizione analitica vera secondo due casi: o per reciprocit o per inclusione. Esempio di proposizione di reciprocit: il triangolo ha tre angoli. Avere tre angoli, questo il triangolo. Secondo caso: inclusione: il triangolo ha tre lati. In effetti, figura chiusa avente tre angoli inviluppa, include, implica lavere tre lati. Diremo che le proposizioni analitiche di reciprocit sono loggetto di intuizioni, e che le proposizioni analitiche dinclusione sono loggetto di dimostrazioni. Quindi, principio didentit, regola delle essenze o del possibile, ratio essendi, a quale domanda risponde? A quale grido risponde il principio didentit? Il grido patetico che costantemente appare in Leibniz corrispondente al principio didentit : perch qualcosa piuttosto che niente? il grido della ratio essendi, della ragione dessere. Se non ci fosse lidentit, unidentit concepita come identit della cosa e di ci che la cosa , a quel punto non ci sarebbe niente. Secondo principio: principio di ragione sufficiente. Questo ci rimanda al dominio che abbiamo classificato come il dominio delle esistenze. La ratio corrispondente al principio di ragione sufficiente, non piu la ratio essendi, la ragione delle essenze o della ragione dessere, la ratio esistendi, la ragione desistere. La questione non pi: perch qualcosa piuttosto che niente poich il principio didentit

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ci ha assicurato che cera qualcosa, cio lidentico. Non pi: perch qualcosa piuttosto che niente, ma perch questo puttosto che quello? Quale ne sarebbe lespressione volgare? Abbiamo visto che ogni cosa ha una ragione. Bisogna che ogni cosa abbia una ragione. Quale ne sarebbe lespressione erudita? Vedete che in apparenza siamo del tutto fuori dal principio didentit. Perch? Perch il principio didentit riguarda lidentit della cosa e ci che essa , ma non dice se la cosa esiste. Il problema se la cosa esista oppure no, del tutto diverso dal problema di ci che essa sia. Posso in ogni momento determinare ci che una cosa indipendentemente dal problema di sapere se essa esista oppure no. Per esempio so che il licorno non esiste, ma posso dire che cosa esso sia. Quindi c proprio bisogno di un principio che ci faccia pensare lesistente. Come pu un principio apparentemente cosi vago come tutto ha una ragione farci pensare lesistente? Sar la formulazione erudita a spiegarcelo. Troviamo in Leibniz una formulazione erudita sotto forma del seguente enunciato: ogni predicazione (cio lattivit del giudizio che attribuisce qualcosa ad un soggetto; quando io dico il cielo blu, attribuisco blu a cielo e faccio una predicazione), ogni predicazione ha un fondamento nella natura delle cose. la ratio existendi. Cerchiamo di capire meglio come ogni predicazione abbia un fondamento nella natura delle cose. Ci vuol dire: tutto quello che si dice di una cosa, linsieme di ci che si dice di una cosa, la predicazione riguardante questa cosa, tutto ci che si dice una cosa compreso, contenuto, incluso nella nozione della cosa. Ecco il principio di ragione sufficiente. Come vedete, la formula che prima ci sembrava innocente, ogni predicazione ha un fondamento nella natura delle cose, presa alla lettera, diventa molto pi strana: tutto ci che si dice di una cosa deve essere compreso, contenuto, incluso nella nozione della cosa. Allora, tutto ci che si dice di una cosa, che cos? prima di tutto lessenza. In effetti, lessenza si dice della cosa. Soltanto che, su questo piano, non ci sarebbe nessuna differenza fra ragione sufficiente e identit. Ed normale perch la ragione sufficiente riprende tuto il contenuto del principio didentit, aggiungendoci qualcosa: ci che si dice di una cosa non soltanto lessenza della cosa, linsieme delle affezioni, degli eventi che si rapportano o che appartengono alla cosa.

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Quindi, non soltanto lessenza sar contenuta nella nozione della cosa, ma il pi piccolo degli eventi, la pi piccola delle affezioni riguardanti la cosa, cio ci che si attribuisce con verita alla cosa saranno contenuti nella nozione di essa. Labbiamo visto: attraversare il Rubicone, che lo si voglia o no, bisogna per forza che sia contenuto nella nozione di Cesare. Gli eventi, le affezioni del tipo amare, odiare, bisogna che siano contenute nella nozione del soggetto che prova queste affezioni. In altri termini, ogni nozione individuale e lesistente precisamene loggetto, il correlato di una nozione individuale ogni nozione individuale esprime il mondo. questo il principio di ragione sufficiente. A tutto c una ragione significa che tutto quello che accade ad una cosa deve essere contenuto per tutta leternit nella nozione individuale della cosa . La formulazione definitiva del principio di ragione sufficiente molto semplice: ogni proposizione vera analitica, ogni proposizione vera per esempio ogni proposizione che consiste nellattribuire a qualche cosa un evento che si effettivamente prodotto e che concerne questo qualcosa -, ebbene, se vero, bisogna per forza che levento sia compreso nella nozione della cosa. In che ambito ci troviamo? Nellambito dellanalisi infinita, mentre al contrario, al livello del principio didentit, ci troveremmo di fronte soltanto a delle analisi finite. Ci sar un rapporto analitico infinito fra levento e la nozione individuale che comprende levento. In breve, il principio di ragione sufficiente il reciproco del principio didentit ma cosa accaduto nella reciproca? La reciproca ha conquistato un ambito radicalmente nuovo, la reciproca ha conquistato il dominio delle esistenze. Era sufficiente fare la reciproca, di capovolgere la formula dellidentit per ottenere quella della ragione sufficiente; bastava reciprocare la formula dellidentit che concerne le essenze per disporre di un nuovo principio, principio di ragione sufficiente riguardante le esistenze. Mi direte voi che non era affatto complicato. Era molto complicato invece, perch? La reciproca non era possibile, questa azione di reciprocit non era possibile se non si fosse portata lanalisi allinfinito. La nozione, il concetto di analisi infinita una nozione assolutamente originale. Consister nel dire che essa pu esistere soltanto nellintelletto di Dio, che infinito? Certo che no. Ci implica tutta una tecnica, la tecnica dellanalisi differenziale o del calcolo infinitesimale.

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Terzo principio: vero che la reciproca della reciproca darebbe il primo principio? Non una cosa certa. Dipende, ci sono talmente tanti punti di vista. Cerchiamo di variare le formulazioni del principio di ragione sufficiente. Dicevamo, per la ragione sufficiente, che tutto ci che accade ad una cosa deve essere compreso, incluso nella nozione della cosa, e questo implica lanalisi infinita. Tanto vale dire: per tutto ci che accade o per ogni cosa c un concetto. Avevo insitito su questo punto, ci che importante dire che Leibniz non vuole affatto riprendere un celebre principio. Tutto il contrario, non vuole affatto questo tale principio sarebbe il principio di causalit. Quando Leibniz dice che a tutto c una ragione, ci non vuol dire per niente che tutto abbia una causa. Tutto ha una causa significa A rinvia a B, B rinvia a C, ecc. A tutto c una ragione significa che bisogna rendere ragione della causalit stessa, a ben vedere tutto ha una ragione significa che il rapporto che A intrattiene con B deve essere in un modo o in un altro compreso nella nozione di A. Allo stesso modo come il rapporto che B intrattiene con C deve essere in un modo o in un altro compreso nella nozione di B. Quindi il principio di ragione sufficiente un superamento del principio di causalit. in questo senso che il principio di causalit enuncia soltanto la causa necessaria ma non la ragione sufficiente. Le cause sono soltanto delle necessit non autosufficienti e che suppongono delle ragioni sufficienti. Posso quindi enunciare il principio di ragione sufficiente nella forma seguente: per ogni cosa c un concetto che rende conto sia della cosa che dei suoi rapporti con le altre cose, comprese le sue cause e i suoi effetti. Per ogni cosa c un concetto, non per niente una cosa ovvia. Molte persone penseranno che proprio dellesistenza non avere un concetto. Per ogni cosa c un concetto, quale sar la reciproca? Capite che reciproca non ha affatto lo stesso senso. Aristotele ha fatto un trattato di logica antica riguardante unicamente la tavola degli opposti. Che cos il contraddittorio, che cos il contrario, che cos il subalterno, ecc. Non potete dire contraddittorio quando invece contrario, non potete dire le cose a caso. Qui, impiego la parola reciproco senza precisare. Quando dico che per ogni cosa c un concetto (ridiciamolo che non per niente una cosa sicura), supponete di accordami questidea. A quel punto non posso pi sfuggire alla reciproca. Che cos la reciproca?

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Per una teoria del concetto, dovremmo partire dal canto degli uccelli. La grande differenza fra i gridi e i canti i gridi dallarme, i gridi di fame, e poi i canti degli uccelli. E si pu spiegare acusticamente quale sia la differenza fra i gridi e i canti. Allo stesso modo, al livello del pensiero, ci sono dei gridi del pensiero e dei canti del pensiero. Come distinguere questi gridi e questi canti? Non possiamo comprendere come si sviluppi una filosofia come canto, o un canto filosofico, se non lo si rapporta a delle coordinate che sono delle specie di gridi, dei gridi che continuano. una cosa complicata, gridi e canti. Se ripenso alla musica, lesempio che mi viene in testo ogni volta, sono le due grandi opere di Berg: contengono due grandi gridi di morte. Il grido di Maria e il grido di Lulu. In entrambi i casi abbiamo un grido di morte. Quando si muore non si canta, e tuttavia c qualcuno che canta intorno alla morte: colei che piange. Colui che perde lessere amato canta. O grida, non lo so. In Woyzzeck un si, una sirena. Se mettete delle sirene nella musica, ci mettete il grido. strano. Ora, i due gridi non sono dello stesso tipo, anche acusticamente: c un grido che corre verso lalto e un grido che rasenta la terra. E poi c il canto. Il grande amico di Lulu canta la morte. fantastico. firmato Berg. Direi che la firma di un filosofo la stessa cosa. Quando un filosofo grande, pu scrivere tutte le pagine astratte che vuole, ma esse sono atratte soltanto perch non avete saputo estrapolarci il momento nel quale grida. C un grido l sotto, un grido che fa paura. Ritorniamo al canto della ragione sufficiente. Tutto ha una ragione un canto. una melodia, potremmo armonizzare. Un armonia dei concetti. Ma al di sotto ci sarebbero i gridi ritmici: no, no, no. Riprendiamo la mia formulazione cantata del principio di ragione sufficiente. possibile cantare in modo stonato una filosofia. Le persone che cantano stonatamente una filosofia, la conoscono molto bene, ma essa completamente morta. Potremmo parlare allinfinito. Il canto della ragione sufficiente: per ogni cosa c un concetto. Qual la reciproca? In musica, parleremo di serie retrogradabili. Cerchiamo la reciproca di ogni cosa ha un concetto. La reciproca : per ogni concetto, una cosa e una soltanto. Perch questa la reciproca di per ogni cosa un concetto? Supponete che un concetto abbia due cose che gli corrispondono, c una cosa che non ha concetto e a quel punto la

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ragione sufficiente fregata. Non posso dire per ogni cosa un concetto. Dal momento che ho detto che per ogni cosa c un concetto, ho affermato implicitamente che un concetto debba avere necessariamente una cosa e una soltanto, poich se un concetto ha due cose, c qualcosa che non ha concetto e quindi non avrei potuto dire per ogni cosa un concetto. Quindi la vera reciproca del principio di ragione sufficiente in Leibniz si enuncer come segue: per ogni concetto una cosa e una soltanto. una reciproca, in un senso strano. Ma in questo caso di reciprocit la ragione sufficiente e laltro principio, cio per ogni cosa un concetto e per ogni concetto una cosa e una soltanto, non posso dire luna senza dire laltra. Fare la reciproca assolutamente necessario. Se non riconosco la seconda, distruggo la prima. Quando dicevo che la ragione sufficiente la reciproca del principio didentit, non lo dicevo nello stesso senso, perch se voi vi ricordate lenunciato del principio didentit, vale a dire ogni proposizione analitica vera, io faccio la reciproca e ottengo la ragione sufficiente, cioe ogni proposizione vera analitica: qui non c alcuna necessit. Posso dire che ogni proposizione analitica vera senza dover per forza dire che ogni proposizione vera analitica. Potrei benissimo dire che ci sono delle proposizioni vere che non sono analitiche. Quindi quando Leibniz ha fatto la reciproca dellidentit, ha forzato la cosa. Ha forzato la cosa perch aveva i mezzi per farlo, cio ha fatto scaturire un grido. Aveva creato lui stesso un metodo per lanalisi infinita. Altrimenti, non avrebbe potuto. Tanto vero che nel caso del passaggio dalla ragione sufficiente al terzo principio che non ho ancora battezzato, fare la reciproca assolutamente necessario. Bisognava scoprirla. Che cosa vuol dire, per ogni concetto c una cosa e non ce n che una? Qui la cosa diventa strana, cerchiamo di capire. Ci vuol dire che non ci sono due cose identiche, o che ogni differenza in ultima istanza concettuale. Se voi avete due cose, bisogna che ci siano due concetti, altrimenti non ci sarebbero due cose. Cosa vuol dire, non ci sono due cose identiche rispetto al concetto? Vuol dire che non ci sono due gocce dacqua identiche, che non ci sono due foglie dalbero che siano identiche. Leibniz qui eccezionale, delira con questo principio. Afferma che voi evidentemente credete che due gocce dacqua siano identiche, ma solo perch non andate abbastanza lontano con lanalisi. Esse non possono avere lo stesso concetto. Questo molto curioso perch la

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logica classica ci dice piuttosto che il concetto comprende, per natura, una pluralit infinita di cose. Il concetto di goccia dacqua si applica a tutte le gocce dacqua. Certo, dice Leibniz, se voi avete bloccato lanalisi del concetto a un certo momento, a un momento finito; ma se continuate lanalisi ci sar un momento in cui i concetti non saranno piu li stessi. Per questo la pecora riconosce il suo piccolo agnello. un esempio di Leibniz: in che modo la pecora riconosce il suo piccolo agnello? Altri pensano che sia tramite concetto. Un piccolo agnello non ha lo stesso concetto del concetto individuale, cos che il concetto va verso lindividuo, un piccolo agnello. Che cos questo principio: non c che una cosa soltanto; c necessariamente una sola cosa per ogni concetto ed una soltanto. Leibniz lo nomina principio degli indiscernibili. Possiamo dunque enunciarlo: c una cosa per ogni concetto ed una soltanto oppure ogni differenza concettuale in ultima istanza. Non ci sono differenze se non concettuali. In altri termini, se voi assegnate una differenza tra due cose, c necessariamente una differenza nel concetto. Leibniz chiama questo principio, principio degli indiscernibili. Se cerco la ratio corrispondente, quale sarebbe? Capite che ci consiste nel dire che non conosciamo se non tramite concetto. In altri termini, il principio degli indiscernibili mi sembra corrispondere alla terza ratio, la ratio come ratio conoscendi, la ragione come ragione del conoscere. Vediamo le conseguenze di un tale principio. Se questo principio degli indiscernibili fosse vero, cio se ogni differenza fosse concettuale, ci sarebbero differenze soltanto concettuali. Qui Leibniz ci domanda di accettare qualcosa di enorme. Procediamo con ordine. Quale sarebbe un tipo di differenza non concettuale? Diciamolo subito: la differenza numerica. Io dico per esempio una goccia dacqua, due gocce dacqua, tre gocce. Distinguo le gocce per il numero. Soltanto per il numero. Conto gli elementi di un insieme, uno due tre quattro, trascuro la loro individualit, le distinguo con il numero. questo un primo tipo di distinzione molto classica, la distinzione numerica. Secondo tipo di distinzione: se io vi invito a prendete questa sedia, qualcuno di gentile prende una sedia e io gli dico: non questa, ma quella. In questo caso abbiamo una distinzione spazio-temporale del tipo quiora. La cosa che qui in un determinato momento, e questaltra cosa che l in un altro. Infine ci sono delle distinzioni di figura e di movimento: qualcosa che ha tre angoli, o

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altro. Direi che sono delle distinzioni fatte per estensione e per movimento. Estensione e movimento. Vedete che il principio degli indiscernibili spinge Leibniz verso qualcosa di strano. Bisogna che dimostri che tutte questi tipi di distinzioni non concettuali e in effetti sono delle distinzioni non concettuali poich due cose possono distinguersi a seconda del numero pur avendo lo stesso concetto. Voi ad esempio, pensate al concetto di goccia dacqua e dite: prima goccia dacqua, seconda goccia dacqua. lo stesso concetto. C la prima e c la seconda. Una che qui e una che l. Una che va veloce laltra lenta. Abbiamo quasi fatto linsieme delle distinzioni non concettuali. Arriva Leibniz, e tranquillamente ci dice no, no. Sono pure apparenze, cio mezzi provvisori per esprimere una differenza di unaltra natura e questa differenza sempre concettuale. Se ci sono due gocce dacqua, esse non hanno lo stesso concetto. Che cosa c dietro di molto importante? una cosa molto importante nei problemi dindividuazione. noto che, per esempio, Cartesio dice che i corpi si distinguono tra di loro in base alla figura e al movimento. Molti pensatori hanno pensato la stessa cosa. Come potete notare, nella formula cartesiana, ci che si conserva nel movimento (mv il prodotto della massa a causa del movimento) dipende strettamente da una visione del mondo nella quale i corpi si distinguono per la figura e per il movimento. Che cosa cerca di fare Leibniz nel momento in cui ci dice no: bisogna che a ognuna di queste differenze non concettuali corrispondano delle differenze concettuali; esse la traducono imperfettamente. Ogni differenza non concettuale traduce imperfettamente una differenza concettuale di base. Leibniz si pone cos un problema di fisica. Deve trovare una ragione per la quale un corpo sia un numero, che sia qui e ora, che abbia una figura e una velocit. Tradurr tutto questo nella sua critica verso Cartesio quando dir che la velocit un relativo puro. Cartesio si sbagliato, ha preso qualcosa di puramente relativo per un principio. Bisogna quindi che figura e movimento vadano verso qualcosa di pi profondo. Questo significa qualcosa di enorme per la filosofia del XVII secolo. Cio che non ci sono sostanze estese o che lestensione non pu essere una sostanza. Che lestensione, un puro fenomeno. Che essa rinvia a qualcosa di pi profondo. Che non

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c un concetto per lestensione, che il concetto di unaltra natura. Bisogna quindi che la figura e il movimento trovino la loro ragione in qualcosa di pi profondo dunque lestensione non ha alcuna sufficienza. Non un caso che sia lo stesso che fa una nuova fisica, rigenera completamente la fisica delle forze. Oppone la forza alla figura e allestensione, essendo la figura e lestensione soltanto delle manifestazioni della forza. la forza il vero concetto. Non c un concetto per lestensione perch il vero concetto, la forza. La forza, la ragione della figura e del movimento nellestensione. Da qui limportanza di questa operazione che sembrerebbe puramente tecnica nel momento in cui dice che ci che si conserva nel movimento non mv, ma mv2. Lelevazione della velocit alla seconda, la traduzione del concetto di forza. Cio tutto cambia. la fisica corrispondente al principio degli indiscernibili. Non ci sono due forze somiglianti o identiche, e sono le forze ad essere i veri concetti che dovranno rendere conto o darci la ragione di tutto ci che figura o movimento nellestensione. La forza non un movimento, la ragione del movimento. Rinnovamento completo della fisica delle forze, e anche della geometria, della cinematica. Tutto cambia con la sola elevazione della velocit al quadrato. mv2 una formula delle forze, non una formula del movimento. Capite bene che sta in questo lessenziale. Per riassumere il tutto, porrei anche dire, bisogna che la figura e il movimento superino se stessi verso la forza. Bisogna che il numero superi se stesso verso il concetto. Bisogna che lo spazio e il tempo superino se stessi anche loro verso il concetto. Ma ecco apparire un quarto principio. Ed ecco che Leibniz lo nomina legge della continuit. Perch usa il termine legge? Ecco un problema. Quando Leibniz parla della continuit, che considera come un principio fondamentale, e come una delle sue grandi scoperte, non impiega il termine principio, utilizza quello di legge. una cosa che dovremo spiegare. Se cerco la formulazione volgare della legge di continuit, sar molto semplice: la natura non fa salti. Non c discontinuit. Ma ci sono due formulazioni sapienti. Se due cause si avvicinano tanto quanto vogliamo, al punto di non differire se non per una differenza decrescente allinfinito, bisogna sia lo stesso per gli effetti. Dico subito cosa aveva in mente perch talmente in disaccordo con Cartesio... Che cosa ci viene detto nelle leggi della comunicazione del movimento? Ecco due casi: due corpi con

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la stessa massa e la stessa velocit si incontrano; uno dei due corpi ha una massa pi grande o una velocit pi grande, quindi prevale sullaltro. Leibniz dice che non possibile. Perch? Abbiamo due stati della causa. Primo stato della causa: due corpi con la stessa massa e la stessa velocit. Secondo stato della causa: due corpi con massa diversa. Leibniz dice che possiamo far decrescere la differenza allinfinito, che possiamo far si che questi due stati si avvicinino lun laltro nelle cause. Ora, ci viene detto che i due effetti sono completamente differenti: in un caso c uno scontro dei due corpi, nellaltro caso il secondo corpo trascinato dal primo, nella direzione del primo. C una discontinuit nelleffetto nel momento in cui si pu concepire una continuit nelle cause. in modo continuo che si pu passare da masse differenti a masse uguali. Quindi non possibile che ci sia discontinuit nei fatti se c continuit possibile nella causa. Ci lo spinge verso uno studio fisico del movimento molto importante che sar basato sul rimpiazzamento di una fisica delle forze ad una fisica del movimento. Ma c una formulazione erudita dello stesso principio, e vedrete che la stessa cosa della precedente: dato un caso, il concetto di questo termina nel caso opposto. lenunciato puro della continuit. Esempio: dato un caso, il movimento, il concetto del movimento termina nel caso opposto, cio nel riposo. Il riposo, il movimento infinitamente piccolo. ci che abbiamo visto con il principio infinitesimale della continuit. Dir allora che lultima possibile formulazione erudita della continuit, : data una singolarit, essa si prolunga su tutta una serie dordinari fino alla vicinanza della singolarit seguente. questa la legge di composizione del continuo. Ci che abbiamo fatto lultima volta. Ma nel momento in cui credevamo aver finito, ci si presenta un problema molto importante. Qualcosa mi spinge a dire che, tra il principio tre e il principio quattro, c una contraddizione, in altre parole tra il principio degli indiscernibili e il principio di continuit, c una contraddizione. Prima domanda: in cosa consiste la contraddizione? Seconda domanda: Leibniz non ci ha mai visto la minima contrddizione. Eccoci spinti ad amare e ammirare profondamente un filosofo, ad essere imbarazzati perch alcuni testi ci sembrano contraddittori mentre lui non vede per niente cosa potremmo rimproverargli.

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Dove sarebbe la contraddizione se ce ne fosse una? Ritorno al principio degli indiscernibili, ogni differenza concettuale, non ci sono due cose con lo stesso concetto. Dir al limite che ad ogni cosa corrisponde una differenza determinata, non soltanto determinata ma assegnabile nel concetto. La differenza non soltanto determinata o determinabile, essa assegnabile nel concetto stesso. Non ci sono due gocce dacqua aventi lo stesso concetto, cio la differenza uno due deve essere compresa nel concetto. Essa deve essere assegnata nel concetto. Cosa ci dice il principio di continuit? Ci dice che le cose procedono per differenze che tendono a svanire. Delle differenze infinitamente piccole, cio delle differenze non attribuibili. Diventa terribile. Possiamo dire che ogni cosa procede per differenze non attribuibili? E dire allo stesso tempo che ogni differenza attribuita e deve essere attribuita nel concetto? Ah! Leibniz si contraddice? Possiamo avanzare un p cercando la ratio del principio di continuit poich ho trovato una ratio per ognuno dei primi tre principi. Lidentit, la ragione dell essenza o ratio essendi; la ragione sufficiente, la ragione dell esistenza o ratio existendi; gli indiscernibili, sono la ragione del conoscere o ratio conoscendi; il principio di continuit, la ratio fiendi, cio la ragione del divenire. Le cose divengono per continuit. Il movimento diventa riposo, il riposo diventa movimento, ecc. Il poligono, moltiplicando i suoi lati, diventa cerchio, ecc. una ragione del divenire, molto diversa dalle ragioni dessere o desistere. La ratio fiendi aveva bisogno di un principio , del principio di continuit. Come conciliare la continuit e gli indiscernibili? Oltre ci bisogna che la maniera con la quale li riconcilieremo renda conto anche di questo: che Leibniz aveva ragione di non vedere fra loro alcuna contraddizione. Qui facciamo lesperienza di un pensiero. Riprendo la proposizione: ogni nozione individuale esprime il mondo intero. Adamo esprime il mondo, Cesare esprime il mondo, ognuno di voi esprime il mondo. Questa formula, molto strana. I concetti in filosofia, non sono una parola. Un grande concetto filosofico un complesso, una proposizione o una funzione proposizionale. Bisognerebbe fare degli esercizi di grammatica filosofica. La grammatica filosofica consisterebbe in questo: dato un concetto, trovate il verbo. Se non lo trovate, vuol dire che non lo avete dinamizzato. Non potete viverlo in quel caso. Il concetto sempre soggetto di un

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movimento, di un movimento di pensiero. Una sola cosa conta, il movimento. Dal momento che farete della filosofia, la vostra attenzione sar rivolta al movimento, solo che un tipo di movimento particolare, il movimento del pensiero. Qual il verbo? A volte il filosofo lo dice esplicitamente, a volte non lo dice. E Leibniz lo dice? In ogni nozione individuale esprime il mondo, c un verbo, esprimere. Ma cosa vuol dire? Vuol dire due cose allo stesso tempo, come se ci fossero due movimenti coesistenti. Leibniz ci dice allo stesso tempo: Dio non crea Adamo peccatore, crea il mondo dove Adamo ha peccato. Non crea Cesare che attraversa il Rubicone, crea il mondo in cui Cesare attraversa il Rubicone. Quindi, ci che Dio crea, il mondo, e non le nozioni idividuali che esprimono il mondo. Seconda proposizione di Leibniz: il mondo esiste solo nelle nozioni individuali che lo esprimono. Se voi privilegiate una nozione individuale rispetto ad unaltra... Se voi accettate questo, scoprirete come due letture o due concezioni complementari e simultanee, due concezioni di cosa? Potete considerare il mondo, ma diciamolo ancora una volta il mondo non esiste in s, esiste solo nelle nozioni che lo esprimono. Ma potete fare questa astrazione, considerate il mondo. Come lo considerate? Consideratelo come una curva complessa. Una curva complessa ha dei punti singolari e dei punti ordinari. Un punto singolare si prolunga sui punti ordinari fino alla vicinanza di unaltra singolarit, ecc., ecc., facendo cos voi componete la curva in modo continuo, con il prolungamento delle singolarit sulle serie di ordinari. Per Laibniz, questo il mondo. Il mondo continuo, la distribuzione delle singolarit e delle regolarit, o delle singolarit e degli ordinari che costituiscono precisamente linsieme scelto da Dio, cio quello che riunisce il massimo di continuit. Se non uscite da questa visione il mondo retto dalla legge di continuit poich la continuit precisamente questa composizione dei singolari in quanto prolungantesi sulle serie di ordinari che ne dipendono. Avrete il vostro mondo completamente dispiegato sotto forma di una curva sulla quale si distribuiscono singolarit e regolarit. il primo punto di vista, il quale interamente sottomesso alla legge di continuit. Soltanto che, questo mondo non esiste in s, esiste solo nelle nozioni individuali che lo esprimono. Ci vuol dire che una nozione individuale, una monade, ognuna ingloba una

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piccola quantit determinata di singolarit. Essa racchiude un piccolo numero di singolarit. il piccolo numero di singolarit... Vi ricordate che le nozioni individuali o monadi, sono dei punti di vista sul mondo. Non il soggetto che spiega il punto di vista, il punto di vista che spiega il soggetto. Di qui la necessit di domandarsi: che cos questo punto di vista? Un punto di vista caratterizzato da questo: un piccolo numero di singolarit prelevate sulla curva del mondo. questo che sta alla base di una nozione individuale. Ci che fa la differenza fra voi e me, che voi siete, su questa curva fittizia, costruiti attorno di questa e quella singolarit, ed io attorno a tale e talaltra singolarit. E ci che voi chiamate lindividualit un complesso di singolarit in quanto formanti un punto di vista. Ci sono due stati del mondo. Ha uno stato sviluppato. (Fine banda sonora.)

DELEUZE / LEIBNIZ Cours Vincennes - 27/01/1987 Tlcharger ce cours en : pdf (pas disponible) rtf (pas disponible) Ci troviamo, a questo punto, di fronte a tre questioni. Come abbiamo visto lultima volta, la prima questione riguarda lestrema importanza della nozione di singolarit o punto singolare. Ritengo che tale nozione sia di origine matematica e che, pi precisamante, sia stata introdotta con la teoria delle funzioni. Gli storici della matematica ritengono, a giusto titolo, che questa teoria sia la prima grande formulazione da cui deriva quella che consideriamo la matematica moderna: la teoria delle funzioni analitiche. Ora, alla base di questa teoria delle funzioni c Leibniz: senza dubbio, tutta la sua importanza nel capo della matematica sta proprio nellaver elaborato tale teoria, a cui non ci sar quasi niente da cambiare, ma solo da sviluppare. Leibniz

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compie dunque un gesto matematico fondamentale, che orienta la matematica verso una teoria delle funzioni. Ora, i punti singolari o singolarit sono lo strumento essenziale di questa teoria; Leibniz, per, non si accontenta di essere il primo grande matematico ad aver sviluppato una teoria delle funzioni (non sarebbe corretto dire che lha inventata, perch nel XVIII secolo che si delineano i rudimenti di una vera e propria teoria delle funzioni): in Leibniz il concetto di singolarit tende per cos dire a disperdersi, per diventare un concetto di carattere filosofico-matematico. Ma in che senso? Nel senso in cui, approssimativamente, possiamo dire (come abbiamo gi visto) che ci sono vari tipi di singolarit. Per noi si tratter allora di classificare le singolarit, nel senso leibniziano del termine. In un primo senso, che cos una singolarit per Leibniz? Direi, in via molto approssimativa, che una singolarit uninflessione o, se preferite, un punto dinflessione. Ora, il mondo la serie infinita delle inflessioni, la serie infinita delle inflessioni possibili. La mia prima domanda-conclusione sar dunque la seguente: che cos una singolarit, o che cos un punto singolare, una volta stabilito che, approssimativamente, una singolarit uninflessione, o, piuttosto, un punto in cui succede qualcosa in una curva? La nostra idea iniziale di una superficie a curvatura variabile, che ci sembrata essere il tema fondamentale di Leibniz, dunque inseparabile da una tecnica e da una filosofia delle singolarit e dei punti singolari. Non c bisogno di insistere, credo, sulla novit di una simile nozione. Certamente la logica conosceva gi i concetti di universale, generale, particolare e singolare. Ma lidea di singolarit, nel senso di punto singolare o di ci che succede a una linea, qualcosa di assolutamente nuovo e che ha unorigine propriamente matematica. Partendo da qui, possiamo allora definire filosoficamente un evento come un insieme di singolarit. Diremmo allora, pi precisamente, che questa nozione non di origine solamente matematica, ma anche fisica: un punto critico in fisica (un punto di evaporazione, di cristallizzazione, etc.) si presenta sempre come una singolarit. Tutto ci (lavvento di questa nozione matematico-fisico-filosofica di punto singolare) contiene gi, capirete, tutto un insieme di problemi. Un omaggio a Leibniz! Eccoci, quindi, di fronte a un primo gruppo di problemi; ma, come avrete gi intuito, si tratta di un argomento che va ulteriormente sviluppato, fatto oggetto di ulteriore ricerca.

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Seconda questione, o secondo presentimento che abbiamo: tra due singolarit si pu dare un rapporto del tutto particolare e una logica dellavvenimento richiede che questo tipo di rapporto sia specificato. Che cos un rapporto e di che tipo sono i rapporti tra singolarit? Lultima volta ho avanzato unipotesi partendo dallidea seguente: se prendete un insieme di possibili, questi non sono necessariamente compossibili; dunque la relazione di compossibilit o di incompossibilit sar il particolare tipo di relazione tra singolarit. Adamo non peccatore incompatibile con il mondo in cui Adamo ha peccato. Ancora una volta ed questo che mi interessa, capite? Adamo non peccatore in contraddizione con Adamo peccatore, ma non in contraddizione con il mondo in cui Adamo ha peccato. Semplicemente, tra il mondo in cui Adamo ha peccato e il mondo in cui Adamo non pecca, si d incompossibilit. Come vedete, la situazione di Dio quando crea il mondo assai bizzarra. Questa una delle idee pi celebri di Leibniz: Dio, quando crea il mondo, si trova a dover scegliere tra uninfinit di mondi possibili. Egli sceglie tra uninfinit di mondi ugualmente possibili, che non sono tuttavia compossibili tra loro. Nellintelletto divino ci sono uninfinit di mondi possibili e Dio, tra questi mondi possibili che non sono compossibili, ne sceglier uno. Quale? Fortunatamente non dobbiamo ancora occuparci di questo problema, ma la risposta di Leibniz facile da indovinare: Dio sceglier il migliore, il migliore dei mondi possibili. Egli non pu sceglierli tutti in un una volta, essendo questi incompossibili. Sceglier quindi il migliore dei mondi possibili idea, questa, assai curiosa. Ma che vuol dire il migliore? Sar necessario ricorrere a una specie di calcolo! Quale il migliore dei mondi possibili e come lo si sceglie? Sembra che Leibniz finisca per inscriversi in quella lunga tradizione di filosofi per i quali lattivit superiore il gioco. Ma, quando si dice che per molti filosofi lattivit superiore o divina il gioco, non si dice granch, perch bisogna sapere di che gioco si tratta: a seconda della natura del gioco, tutto cambia. Come noto, gi Eraclito chiamava in causa il gioco di un bambino-giocatore, ma tutto dipende da ci a cui il bambino-giocatore gioca. Il Dio di Leibniz gioca allo stesso gioco del bambino di Eraclito? Si tratta dello stesso gioco di cui parla Nietzsche? Oppure sar lo stesso gioco di Mallarm? Leibniz ci porter a elaborare una teoria dei giochi, di cui lui stesso era un appassionato.

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Le grandi teorie dei giochi fanno la loro comparsa nel XVII secolo e Leibniz stesso vi ha contribuito. Unosservazione erudita: Leibniz conosceva il gioco del go questo molto interessante! [risate]. In un breve testo assai strabiliante, facendo un parallelo tra il go e gli scacchi, egli osserva molto giustamente che, alla fin fine, ci sono solo due tipi di giochi: la grande differenza tra il go (in realt non lo chiama go, ma gioco cinese) e gli scacchi consiste nel fatto che questi ultimi fanno parte di quei giochi in cui si tratta di prendere: si prendono dei pezzi. Vedete bene di che tipo di classificazione si tratta. Non si prende allo stesso modo negli scacchi e a dama, ci sono vari tipi di presa, ma si tratta pur sempre di giochi di cattura. Nel go, invece, si tratta di isolare, di neutralizzare, di circondare, non di prendere, di mettere fuori uso. Ecco losservazione erudita: nelle edizioni dei testi di Leibniz del XIX secolo, il gioco del go era cos poco conosciuto che, allinizio del XX secolo, Couturat (grande specialista di matematica e di Leibniz al tempo stesso), commentando in una nota questa allusione al gioco cinese, dice: stando a quanto ci dice uno specialista della Cina. Ci assai curioso perch, come si capisce dalla nota di Couturat, il go era del tutto sconosciuto in quegli anni. La sua importanza in Francia piuttosto recente. Ma mi sto perdendo in divagazioni. Tutto questo era per dirvi per dirvi che cosa ? Ah s, per dirvi con quale calcolo, con quale gioco, Dio sceglie un mondo determinabile come il migliore. Bene, mettiamo ora da parte tutto questo, visto che la risposta non affatto difficile e noi, per il momento, siamo immersi nel difficile. Ci che ci interessa ora (e questa la mia seconda domanda) : qual il tipo di relazione che permette di definire la compossibilit e lincompossibilit? Lultima volta mi ero trovato costretto a dire che i testi di Leibniz erano, a questo riguardo, un po reticenti, ma che avevamo il diritto di avanzare unipotesi. La nostra ipotesi era la seguente: si pu dire che tra due singolarit si d compossibilit, quando il prolungamento delluna fino alle vicinanze dellaltra d luogo a una serie convergente; al contrario, si d incompossibilit quando le serie divergono. Sarebbero quindi la convergenza e la divergenza delle serie a permettermi di definire la relazione di possibilit e di incompossibilit. La compossibilit e lincompossibilit sarebbero conseguenze dirette della teoria delle singolarit. Questa era il secondo problema che potevamo tirar fuori dal nostro ultimo incontro.

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Terza e ultima questione: che cos lindividualit o lindividuazione? Perch, in Leibniz, questo un problema fondamentale? Labbiamo gi visto: se vero che ogni sostanza individuale, se vero che la sostanza la nozione individuale designata attraverso un nome proprio (voi, io, Cesare, Adamo, etc.), allora la domanda in che cosa consiste lindividuazione, che cosa individua la sostanza se ogni sostanza individuale? diventa fondamentale. La mia risposta o la mia ipotesi era la seguente: si pu dire che lindividuo o sostanza individuale sia un condensato di singolarit compossibili, vale a dire convergenti. Questa sarebbe, in ultima analisi, una definizione di individuo. Se questo si pu ammettere, direi, allora, che gli individui sono delle singolarit di secondo genere. Ma che cosa vorrebbe dire un condensato di singolarit? Lindividuo Adamo, ad esempio, lo definisco, riprendendo le lettere ad Arnauld, nel modo seguente: primo uomo (prima singolarit), in un giardino (seconda singolarit), avere una donna nata dalla propria costola (terza singolarit), aver ceduto a una tentazione (quarta singolarit). Figuratevi come tante xxxxx [una o due parole impercettibili, forse la parola singolarit] che pre-esistono al soggetto. Ma in che senso gli pre-esistono? Disponiamo, a questo proposito, di unespressione perfetta: diremmo che le singolarit sono pre-individuali. Di conseguenza, non c alcun circolo vizioso (cosa che sarebbe assai spiacevole) nel definire lindividuo come un condensato di singolarit, se le singolarit sono pre-individuali. Ma che cosa significa condensato? Tutti i testi di Leibniz ci dicono e ci ricordano che i punti hanno la possibilit di coincidere anche per questo che i punti non sono parti costitutive dellestensione. Se, ad esempio, ho un numero infinito di angoli, posso far coincidere i loro vertici. Direi che condensato di singolarit significa che i punti coincidono. Lindividuo, come dice Leibniz, un punto, un punto metafisico. Il punto metafisico il punto di coincidenza di un insieme di punti singolari. Di qui la sua importanza. Questo quanto abbiamo mostrato sin dallinizio, ma ci tengo a giustificarlo continuamente. Ed anche ci che Leibniz stesso ci ripete in continuazione: non ci sono che sostanze individuali; e ancora: non c nulla di reale fate ben attenzione: nulla di reale oltre alle sostanze individuali. Ma, come abbiamo visto, ci non impedisce affatto di partire dal mondo: anzi, bisognava proprio partire dal mondo, vale a dire dallinflessione - ed quello che noi stessi abbiamo fatto. Bisognava partire dalla serie

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infinita delle inflessioni. solo in un secondo momento che ci si accorge che le inflessioni, o il mondo stesso, esistono solo allinterno delle sostanze individuali che le esprimono. Ma ci non toglie che le sostanze individuali risultino dal mondo. Come vi dicevo, necessario tenere ben salde queste due proposizioni contemporaneamente: le sostanze individuali sono per il mondo, e il mondo nelle sostanze individuali. O, come dice Leibniz nelle lettere ad Arnauld, Dio non ha creato Adamo peccatore, ma ha creato il mondo in cui Adamo ha peccato, una volta stabilito che il mondo in cui Adamo ha peccato esiste solo allinterno delle nozioni individuali che lo esprimono (quella di Adamo peccatore e quella di tutti noi che viviamo sotto il peccato originale). Questo per me il testo chiave: senza di esso tutto quello che abbiamo detto, lordine che abbiamo seguito nel primo trimestre, andando dal mondo alla sostanza individuale, non sarebbe valido. Bene, vedete quindi che il terzo punto riguarda tutta quella sfera di questioni legate al problema dellindividuazione. Credo che, anche in questo campo, Leibniz sia stato un pioniere. Se ora dovessi riassumere i tre punti, direi che, tra tutte le cose fondamentali che Leibniz ha introdotto in filosofia, c, innanzitutto, lirruzione della nozione matematicofisico-filosofica di singolarit, a cui corrisponde la mia domanda: ma, in fin dei conti, che cos una singolarit? (dal momento che non si arriver mai a una fine, con la singolarit come elemento costitutivo degli eventi). Una logica degli eventi, una matematica degli eventi, una teoria delle singolarit. Ora, in matematica ci coincide con la teoria delle funzioni, ma ci che noi stiamo cercando non solo una teoria delle funzioni, ma una logica dellevento. Secondo punto: i tipi di relazione tra singolarit (compossibilit, incompossibilit, serie convergenti, serie divergenti) e le conseguenze di tutto ci per lintelletto di Dio, per la creazione del mondo e per il gioco di Dio (abbiamo visto che Dio crea, vale a dire sceglie il migliore, attraverso una specie di calcolo o di gioco). Terzo punto: che cos lindividualit, se si parte dallidea che essa condensa un certo numero di singolarit, o meglio uninfinit di singolarit, le quali sono, di conseguenza, necessariamente pre-individuali? Si tratta senza dubbio di tre questioni difficili. Per il momento, tuttavia, vorrei trarne solo delle conseguenze riposanti. Vedete bene la situazione assai curiosa: c il compossibile e lincompossibile; nellintelletto di Dio si agita uninfinit di mondi

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possibili. Qui Leibniz va fino in fondo. Chiedo scusa a coloro che erano qui due anni fa: di queste cosa ho gi parlato in un'altra occasione, a proposito di un problema concernente il vero e il falso. Ora bisogna necessariamente che io le riprenda, ma lo far abbastanza rapidamente. Parlo per quelli che non cerano. Tre sono i testi fondamentali che dovete considerare. Il primo, assai celebre, dello stesso Leibniz: si tratta della Teodicea, III parte, paragrafo 413 e sgg. un testo, questo, eminentemente barocco. Che cosa intendiamo per narrazione barocca? Grard Genette e gli altri critici che si sono occupati della questione sono tutti pi o meno daccordo nel dire che due sono gli aspetti che, almeno a prima vista e immediatamente, caratterizzano le narrazioni barocche: da una parte, linscatolamento dei racconti gli uni dentro agli altri; dallaltra, la variazione del rapporto narratore/narrazione. Ma, a ben vedere, i due aspetti finiscono per fare tuttuno: a ogni racconto inscatolato in un altro corrisponde, in effetti, un nuovo tipo di rapporto narratore/narrazione. Se ora considerate la storia assai curiosa nonch bella, come tutto, del resto, nella Teodicea - che Leibniz ci racconta a partire dal paragrafo 413, vedrete che si tratta di un tipico esempio di narrazione barocca: partendo da un dialogo tra un filosofo del Rinascimento di nome Valla (fine della banda sonora) ... si fa riferimento a un personaggio romano, Sesto, lultimo re di Roma, noto per la sua malvagit e per aver violentato Lucrezia. Alcuni sostengono che sia stato suo padre ad aver violentato Lucrezia ma, nella tradizione nota a Leibniz, Sesto che lha violentata. E il problema : la colpa forse di Dio? Dio responsabile del male? Allinterno di questo primo racconto del dialogo tra Valla e Antonio, se ne innesta poi un altro, in cui Sesto va a consultare Apollo per chiedergli: Ma alla fine, Apollo, che cosa mi succeder?. E, a questo punto, si giustappone un terzo racconto: Sesto, insoddisfatto di quello che gli ha detto Apollo, decide di recarsi da Giove in persona per avere una risposta di prima mano. Ennesima variazione nella narrazione: durante lincontro di Sesto con Giove, compare un nuovo personaggio, Teodoro, il grande sacerdote amato da Giove, e con lui ha inizio un nuovo racconto. Teodoro, che ha assistito al dialogo tra Sesto e Giove, dice a questultimo: Ma, alla fine, non gli hai dato una risposta. E Giove: Vai a trovare mia

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figlia Pallade. Si tratta dellultimo racconto che si intreccia dentro agli altri: Teodoro si reca da Pallade, la figlia di Giove - vedete che inscatolamento considerevole! Ma, una volta giunto l, Teodoro si addormenta! [Gilles scoppia a ridere] Questo tipicamente barocco, il romanzo barocco esattamente cos. Non posso dunque credere che Leibniz egli sa perfettamente quello che sta facendo. In questo finale completamente folle della Teodicea, Leibniz sa perfettamente ci che sta facendo. Si tratta di una grande imitazione barocca e, ripeto, lui lo sa. Dunque, Teodoro si addormenta e sogna. Sogna di parlare con Pallade ed ecco che questa gli dice: Vieni e seguimi!. Non finita: ella lo conduce presso una splendida piramide trasparente: il palazzo dei destini (siamo nel sogno di Teodoro). Ha qui inizio un tema architetturale che dovrebbe farci felici. Questo il palazzo dei destini, di cui io sono la guardiana, dice Pallade, che aggiunge : Giove, talvolta, torna a visitare questi luoghi, per il piacere di ricapitolare le cose e di riconfermare la propria scelta. Dio viene a visitare questa struttura, questa struttura trasparente: unimmensa piramide che ha un vertice, ma che non ha una fine. Improvvisamente, si sta dicendo una cosa molto importante, capite? Si sta dicendo che, tra gli infiniti mondi possibili, ce n sicuramente uno che il migliore, ma non c il peggiore: verso il basso si va allinfinito, ma non verso lalto. C un massimo, ma non c un minimo. Tutto ci ci interessa, poich va inteso matematicamente. In seguito, quando considereremo tutto ci che punto singolare, vedremo che a un certo punto sorger lidea che ci siamo dei massimi e dei minimi. Credo che in Leibniz i massimi e i minimi non siano dello stesso tipo. Al livello dei mondi possibili, c un mondo che il migliore, ma non c il peggiore. Abbiamo, quindi, una piramide senza fine, ma dotata di un vertice che si trova molto in alto capirete che ci ci pone un nuovo problema. Il testo splendido, spero lo leggerete, ma pone tuttavia un problema di organizzazione. Proviamo a fare un disegno. Molto in alto c un appartamento (appartamento la parola impiegata da Leibniz). Poi, come ricorderete, c il piano inferiore, quello ancora inferiore e cos via. Tutto ci lo ritroveremo in un testo mirabile. Se ho inteso bene, c un appartamento che termina a punta e che occupa tutta la parte superiore della piramide. In questo appartamento vive un Sesto. Bene. Sotto, ci dice Leibniz, ci sono altri appartamenti. Ma qui la cosa si complica. Considero tutti questi appartamenti, ma non

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mica facile: come sono organizzati? Secondo me, non possibile che ce ne siano alcuni che hanno il vertice rivolto verso il basso. In altre parole: come si riempie una piramide? Con quali figure ? Direi ancora: di che forma sono gli appartamenti? Si tratta di un problema appassionante, ben noto ai matematici e che, in modo pi semplice, si pu formulare cos: data una superficie, come riempirla in modo che non ci siano spazi vuoti? O, ancora pi semplicemente, come lastricare una superficie? I problemi di pavimentazione, oltre ad essere problemi di architettura, sono anche problemi di matematica. Ad esempio, si pu pavimentare un cerchio con dei cerchi, oppure resteranno degli spazi vuoti? Data una superficie, con che cosa la si pu lastricare? Il mestiere del pavimentatore sembra un mestiere da nulla ed invece uno dei pi bei mestieri del mondo! unattivit divina, quella della pavimentazione! Ne prova il fatto che Leibniz, in un celebre testo intitolato Lorigine radicale delle cose (Leibniz aveva il genio dei titoli: non c niente di pi bello che scrivere un testo intitolato Lorigine radicale delle cose, soprattutto quando si tratta di uno scritto di quindici pagine!), ebbene, in questo testo, Leibniz evoca esplicitamente, a proposito della creazione del mondo da parte di Dio, lattivit del pavimentazione. Egli suppone cio che lo spazio sia assimilabile a una superficie data (cosa a cui, a ben vedere, non credeva affatto, ma qui poco importa) e afferma: Dio sceglie il mondo che riempie meglio e al massimo questo spazio. In altri termini, Dio sceglie quel mondo che meglio pavimenta lo spazio della creazione. In che modo posso quindi lastricare la mia piramide di appartamenti in modo da non lasciare spazi vuoti? Questo ci che ci interessa. Bisogna supporre, se si tratta di piccole piramidi, che nessuna abbia la punta rivolta verso il basso, altrimenti non v. Vedete, per aprirvi dei problemi immensi che vi dico tutto questo. Ma allora, negli appartamenti pi in basso Ogni appartamento, ci dice Leibniz da qualche parte (non ricordo pi dove, ma credetemi), ogni appartamento un mondo. Ah, ho ritrovato il passo, h h: Dopo di che la Dea guid Teodoro in uno degli appartamenti. Quando vi furono giunti, non era pi un appartamento, ma un mondo. Ho limpressione che si tratti qui dellentrata nel Barocco. Entrate in un appartamento barocco e, nel momento stesso in cui vi entrate, non pi un appartamento, ma un mondo. Avete un primo appartamento in cui c un Sesto, e poi, pi in basso, ne avete un altro. Non ci sono i piani pi bassi, ma ci sono piani sempre pi

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bassi. E poi c un piano che il pi alto. Nel piano in alto, dunque, avete un Sesto e, nei piani successivi, avete altri Sesti. Ma perch anche questi sono dei Sesti? Questo sar il nostro prossimo problema. Quando le cose si complicano (tutto mi interessa in un testo cos bello), Leibniz dice: ciascun Sesto, in ogni appartamento, ha un numero sulla fronte (3000, 10 000, etc.); siccome la piramide di appartamenti infinita verso il basso, avrete sicuramente un Sesto che ha il numero 1 000 000. Quello dellappartamento pi in alto ha il numero 1. Perch ha un numero? Il fatto che ricorderete quello che vi ho detto nel barocco lappartamento in alto era un cabinet di lettura. In ogni appartamento c un grande volume. Teodoro non pu non domandarsi che cosa ci voglia dire: Perch c questo libro?. la storia di questo mondo, - gli risponde la dea Pallade - la storia del mondo che ora stiamo visitando. Questo il libro dei destini. Prima hai visto un numero sulla fronte di Sesto, cerca ora ci a cui corrisponde. Teodoro cerca e trova la storia di Sesto: tutta la sua storia. Tuttavia, io vedevo gi Sesto nel suo appartamento trasparente, ah s! Lo vedevo mentre mimava una sequenza, ad esempio mentre violentava Lucrezia, o cosa assai pi convenevole mentre mentre si faceva incoronare re di Roma. Tutto ci, io lo vedevo come a teatro. Ma non vedevo tutto: linsieme del mondo a cui appartiene questo Sesto, cio linsieme del mondo con cui questo Sesto (il Sesto che violenta Lucrezia e che si fa incoronare re di Roma) compossibile, non lo vedo affatto, ma lo leggo nel libro. Vedete anche qui in opera la combinazione leggere-vedere, propria del barocco. Ci che la volta scorsa abbiamo definito lemblema, dicendo che il barocco emblematico, qui lo ritroviamo perfettamente. Ma sto divagando. Questo per quanto riguarda il Sesto che si trova in alto. Bene. Ma, in basso, vedo un Sesto che va a Roma e che, per, rinuncia a farsi incoronare. Come dice Leibniz, si compra un orticello e diventa un uomo ricco e rispettato. un altro Sesto, ha un altro numero sulla fronte. Diremmo : questo Sesto numero due incompossibile con lappartamento del piano superiore, con il mondo numero uno. Vedo poi un terzo Sesto, che rinuncia ad andare a Roma e si reca altrove, in Tracia ad esempio; qui si fa incoronare re, non violenta Lucrezia, e cos via allinfinito. Come vedete, tutti questi mondi sono possibili, ma incompossibili tra loro. Che cosa significa questo? Significa che c divergenza, che c un punto di divergenza. Ma perch diciamo che sono tutti dei

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Sesti? Ritorneremo in seguito sulla questione, che molto importante, ma possiamo sin da ora supporre che sono tutti dei Sesti perch hanno un piccolo numero di singolarit in comune: sono tutti figli di Tarquinio e successori del re di Roma. Ma, se in un caso Sesto succede effettivamente a suo padre, in un altro rinuncia alla successione e lascia Roma; in un altro ancora rinuncia alla successione, pur restando a Roma. Vedete bene che le divergenze ci fanno passare da un mondo allaltro: necessariamente, le divergenze che definiscono lincompossibilit non passano per lo stesso mondo. Questo molto importante: ho una rete di divergenze che hanno inizio da stessa singolarit, o, pi precisamente, che hanno inizio nel punto dincontro di una medesima singolarit con unaltra. Avete cos un quadro molto gioioso dei mondi incompossibili. Un mondo definito da un insieme di compossibilit, da un insieme di singolarit compossibili, e Dio sceglie: sceglie il migliore dei mondi possibili. Ora, molto rapidamente, vorrei fare riferimento a due testi fondamentali, due testi letterari tipicamente leibniziani. Il primo non crea alcun problema: lautore un grande conoscitore di Leibniz e non ha quasi bisogno di essere citato. Sto parlando di Borges e del racconto intitolato Il giardino dei sentieri che si biforcano. Lincompossibilit diventa in Borges la biforcazione: i sentieri che si biforcano. Questo racconto si trova nella racconta Finzioni. Ve ne leggo un passo in cui si parla di un romanzo scritto da un misterioso autore cinese: In tutte le opere narrative, ogni volta che s di fronte a diverse alternative, ci si decide per una e si eliminano le altre (notate che si tratta esattamente della stessa situazione in cui si trova il Dio di Leibniz: tra i mondi incompossibili, egli ne sceglie uno e scarta gli altri); in quella del quasi inestricabile Tsui Pn, ci si decide simultaneamente per tutte (immaginate un Dio leibniziano perverso che far passare allesistenza tutti i mondi incompossibili: che cosa direbbe Leibniz? Direbbe che impossibile! Ma perch impossibile? Perch, in quel momento, Dio rinuncerebbe al suo principio preferito, al principio del meglio: rinuncerebbe a scegliere il meglio. Immaginate un Dio che non ha la preoccupazione del migliore, cosa che evidentemente impossibile, ma cercate di immaginarlo. Cadremmo allora da Leibniz in Borges). Si creano, cos, diversi futuri, diversi tempi, che a loro volta proliferano e si biforcano. Di qui le contraddizioni del romanzo. Fang diciamo ha un segreto (Fang un personaggio come Sesto); uno sconosciuto batte alla sua porta; Fang decide di ucciderlo.

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Naturalmente, vi sono vari scioglimenti possibili: Fang pu uccidere lintruso, lintruso pu uccidere Fang, entrambi possono salvarsi, entrambi possono restare uccisi, eccetera. Nellopera di Tsui Pn, questi scioglimenti vi sono tutti; e ognuno il punto di partenza di altre biforcazioni. Ora, a me sembra che nellintelletto divino ci sia esattamente la stessa situazione: in esso tutti i mondi possibili si sviluppano. Solo che poi c poi uno sbarramento: Dio fa passare allesistenza solo uno di questi mondi. Nel suo intelletto, per, ci sono tutte le biforcazioni. Questa unimmagine dellintelletto divino che nessuno aveva mai concepito prima. Con ci volevo solo mostrarvi come questo racconto di Borges sia una semplice applicazione, un puro esercizio di stile, tratto direttamente dalla Teodicea. Ma ancora pi interessante il secondo testo che vi segnalavo: un romanzo ancor pi leibniziano, un romanzo letteralmente leibniziano. Ne autore qualcuno che non ci si aspetterebbe e che si dimostrato essere un grande filosofo: sto parlando di Maurice Leblanc, un grande romanziere popolare nel XIX secolo e ben noto per aver ideato il personaggio dellArsenio Lupin. Ma, oltre allArsenio Lupin, egli ha scritto dei romanzi mirabili, in particolare uno che stato ristampato in edizione tascabile e che si intitola: La vie extravagante de Balthazar. Vedrete che romanzo tortuoso! Ve lo riassumo rapidamente. Il protagonista Balthazar, un giovane professore di filosofia quotidiana. La filosofia quotidiana una filosofia molto particolare e molto interessante, che consiste nel dire: nulla straordinario, tutto regolare e ordinario; tutto ci che accade rientra nellordine. In altre parole, non ci sono singolarit. Questo molto importante. Durante tutto il romanzo, Balthazar incorrer in ogni sorta di incredibili sciagure, rincorso di volta in volta da una timida innamorata di nome Coloquinte. E questa gli chiede: Ma signor Balthazar, che cosa dice la filosofia quotidiana di tutto quello che ci succede e che completamente fuori dal comune?. E Balthazar, rimproverandola, le dice: Coloquinte, tu non capisci. Tutto ci rientra perfettamente nellordine e presto lo scopriremo. E cos le singolarit si dissolvono. Ricorderete tutti il mio problema: come si sviluppano le singolarit ? Prolungandosi su una serie di ordinari, fino ad avvicinarsi a unaltra singolarit. Ma che cosa la trascina? Gli ordinari dipendono dalle singolarit o sono piuttosto le singolarit che dipendono dagli ordinari?

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Un passo, che vi ho citato lultima volta dai Nuovi Saggi e a cui tengo molto, ci farebbe pensare a una risposta complessa. Leibniz ci dice: ci che rimarchevole (intendete: la singolarit) deve essere composto di parti che non lo sono. In altre parole: una singolarit composta di ordinari. Ma questo che cosa significa? Non affatto complicato. Prendiamo ad esempio una figura come il quadrato, che ha quattro singolarit: i suoi quattro vertici, le sue quattro non so cosa i suoi quattro cosi in cui cambia la direzione: i suoi quattro punti singolari. Posso chiamarli A, B, C e D. Si pu dire che ciascuna di queste singolarit un doppio punto ordinario, dal momento che la singolarit B risulta dalla coincidenza di un ordinario che fa parte di AB e di un altro ordinario che fa parte di BC. Bene. Dovrei dire che tutto ordinario, anche la singolarit o, piuttosto, che tutto singolare, compreso lordinario? Balthazar ha scelto a prima vista: tutto ordinario, anche le singolarit. Tuttavia gli succedono delle cose assai buffe, perch, ecco, egli non sa chi suo padre. A differenza dei personaggi dei romanzi moderni, per lui del tutto indifferente sapere chi suo padre. Tuttavia, a causa di un problema di eredit, deve scoprirlo. E Leblanc, limmortale autore di questo bel libro, di questo grande romanzo, stabilisce tre singolarit che definiscono Balthazar. Ha delle impronte digitali (si tratta di una singolarit perch le sue impronte non assomigliano a quelle di nessun altro). Prima singolarit: le sue impronte digitali. Seconda singolarit: un tatuaggio sul petto composto di tre lettere: m, t, p; mtp. Infine, terza singolarit: una veggente che ha consultato e che gli ha detto: tuo padre senza testa. Ecco dunque le tre singolarit di Balthazar: avere un padre senza testa, avere delle impronte digitali che sono le sue, e avere tatuate le lettere mtp. Sono come le tre singolarit di Adamo: essere il primo uomo, trovarsi in un giardino e avere una donna nata dalla propria costola. Possiamo partire da qui. Dopodich gli si presenta tutta una serie di padri. Primo padre: il conte de Coucy Vendme [?], che corrisponde abbastanza bene alle condizioni richieste, perch morto sgozzato, sgozzato da un bandito, la testa tagliata di netto. Bathazar suo figlio? Date le tre singolarit di partenza, possibile prolungarle fino ad avvicinarle a questaltra singolarit : essere il figlio del conte assassinato ? Sicuramente s, in un certo mondo. In un mondo cos. Sembra funzionare. Ma, in seguito, quando Balthazar sta per impossessarsi delleredit del conte di Coucy, viene rapito da un bandito che gli dice

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(fine della banda sonora).

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