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ALFABETO DI AUSCHWITZ

A rbeit Macht Frei


B locco 10
C operti e nudi
D ottori
E vasione
F etore e pulizia
G enerazione senza Dio
H anno sperato
I niezioni
J us
K rematoria
L inguaggio
M ussulmani
N utrimento
O rdine e legge
P erpetratori
Q uesito
R esistenza
S elezioni
T emere domani
U sa
V ittime
W arum
X come raggi
Y ugoslavia ed altri genocidi
Z yklon B

A
"Arbeit Macht Frei" (Il lavoro rende liberi) era l’insegna sopra il cancello di Auschwitz. Fu posta lì dal
maggiore Rudolph Höss, comandante del campo.

Sembra che egli non la intendesse come una beffa, e nemmeno che l’intendesse letteralmente, come falsa
promessa che coloro che avessero lavorato fino all’esaurimento sarebbero stati infine liberati, ma piuttosto
come una qualche dichiarazione mistica che il sacrificio di sé sotto forma di infinita fatica arreca, in effetti,
una sorta di intrinseca libertà spirituale.

B
Il Blocco 10 era la baracca degli esperimenti medici ad Auschwitz. Medici tedeschi, la maggior parte dei quali
partecipava alle selezioni, chiesero il permesso di venire a lavorare nel Block 10 ad Auschwitz con soggetti
umani.
Il Blocco 10 era un bilancio d’orrori. Essere un soggetto sperimentale poteva prolungare la vita, o porvi fine
immediatamente. Un prigioniero qui assegnato poteva affrontare prove dermatologiche di reazione a
sostanze relativamente benigne, o ricevere un’iniezione di fenolo nel cuore per la dissezione immediata. Qui
regnava il Dott. Mengele, il più malvagio degli uomini ad Auschwitz; il Dott. Ernst B. protesse e salvò qui
molti internati.
Il Blocco 10 era nella sezione maschile del campo, ma la maggior parte dei suoi internati erano donne.
Anche le prostitute erano alloggiate qui, a beneficio della "élite" dei prigionieri.

Dott. Clauberg - sterilizzazione tramite iniezione. Il suo metodo era quello di iniettare una sostanza caustica
all’interno della cervice, in modo da ostruire le tube di Falloppio. Come soggetti sperimentali sceglieva donne
sposate tra i venti e i quarant’anni, preferibilmente quelle che avevano avuto figli… Aveva fatto esperimenti
con diverse sostanze, ma faceva un gran mistero sull’esatta natura di ciò che usava, presumibilmente intento
a proteggere una qualche scoperta medica da ricercatori concorrenti… Il dottor Clauberg mi ordinò di
sdraiarmi sul lettino ginecologico… il dottor Clauberg usò un ago per farmi un’iniezione nell’utero. Avevo la
sensazione che lo stomaco mi scoppiasse dal dolore. Cominciai ad urlare tanto che mi si sentiva per tutta la
baracca

C
"... Emersero invece nella luce dei fanali due drappelli di strani individui. Camminavano inquadrati, per tre,
con un curioso passo impacciato, il capo spenzolato in avanti e le braccia rigide. In capo avevano un buffo
berrettino, ed erano vestiti di una lunga palandrana a righe, che anche di notte e di lontano si indovinava
sudicia e stracciata. Descrissero un ampio cerchio attorno a noi, in modo da non avvicinarci, e, in silenzio, si
diedero ad armeggiare coi nostri bagagli, e a salire e scendere dai vagoni vuoti. Noi ci guardavamo senza
parola. Tutto era incomprensibile e folle. Ma una cosa avevamo capito. Questa era la metamorfosi che ci
attendeva. Domani anche noi saremmo diventati così. Levi, Se questo è un uomo, p. 21.

In Lager si entrava nudi... La giornata del Lager era costellata di innumerevoli spogliazioni vessatorie: per il
controllo dei pidocchi, per le perquisizioni degli abiti, per la visita della scabbia, per la lavatura mattutina; ed
inoltre per le selezioni periodiche, in cui una "commissione" decideva chi era ancora atto al lavoro e chi
invece era destinato all’eliminazione. Ora, un uomo nudo e scalzo si sente i nervi e i tendini recisi: è una
preda inerme. Gli abiti, anche quelli immondi che venivano distribuiti, anche le scarpacce dalla suola di
legno, sono una difesa tenue ma indispensabile. Chi non li ha non percepisce più se stesso come un essere
umano, bensì come un lombrico: nudo, lento, ignobile, prono al suolo. Sa che potrà essere schiacciato ad
ogni momento. Levi, I sommersi e i salvati, p. 90.

F
Devo confessarlo: dopo una sola settimana di prigionia, in me l’istinto di pulizia è sparito. Mi aggiro
ciondolando per il lavatoio, ed ecco Steinlauf, il mio amico quasi cinquantenne, a torso nudo, che si strofina
collo e spalle con scarso esito (non ha sapone) ma con estrema energia. Steinlauf mi vede e mi saluta, e
senza ambagi mi domanda severamente perché non mi lavo. Perché dovrei lavarmi? Starei forse meglio di
quanto sto? Piacerei di più a qualcuno? Vivrei un giorno, un’ora di più? Vivrei anzi di meno, perché lavarsi è
un lavoro, uno spreco di energia e di calore. Non sa Steinlauf che dopo mezz’ora ai sacchi di carbone ogni
differenza tra me e lui sarà scomparsa? ... Ma questo (ne) era il senso, non dimenticato allora né poi: che
appunto perché il Lager è una gran macchina per ridurci a bestie, noi bestie non dobbiamo diventare; che
anche in questo luogo si può sopravvivere, e perciò si deve voler sopravvivere, per raccontare, per portare
testimonianza; e che per vivere è importante sforzarci di salvare almeno lo scheletro, l’impalcatura, la forma
della civiltà. Che siamo schiavi, privi di ogni diritto, esposti a ogni offesa, votati a morte quasi certa, ma che
una facoltà ci è rimasta e dobbiamo difenderla con ogni vigore perché è l’ultima: la facoltà di negare il nostro
consenso. Dobbiamo quindi, certamente, lavarci la faccia senza sapone, nell’acqua sporca, e asciugarci nella
giacca. Levi, Se questo è un uomo, pp. 47-48

I
Il più sterilizzato di tutti i metodi d’uccisione ad Auschwitz era l’iniezione di fenolo, che fu istituzionalizzata
nelle fasi relativamente iniziali di Auschwitz. Il paziente era portato in un ambulatorio e lì gli era
somministrato un farmaco da un medico o (nella maggior parte dei casi) dal suo infermiere, che indossava il
camice bianco e usava ago e siringa per l’iniezione. Nel gergo del campo, c’erano il verbo attivo spritzen
("iniettare", "schizzare", "spruzzare"), la forma passiva abgespritzt ("essere iniettato", o ucciso) e forme
sostantive equivalenti a significare "siringare" e "fenolizzare". Inizialmente, il fenolo era iniettato in vena alla
vittima, massimizzando l’aura medica dell’intera procedura... Ma poco dopo, la tecnica fu modificata
nell’iniezione del fenolo direttamente nel cuore. Alcuni testimoni pensano che il cambiamento si dovette al
fatto che le vene erano talvolta difficili da localizzare, ma la vera ragione sembra essere la maggiore
efficienza mortale dell’iniezione cardiaca diretta. I pazienti inoculati per endovena potevano resistere per
minuti o addirittura un’ora o anche di più... "La soluzione acquosa concentrata di fenolo" che fu sviluppata si
rivelò "economica, di facile uso ed assolutamente efficace se introdotta nel ventricolo cardiaco", di modo che
un’iniezione di dieci o quindici millilitri nel cuore causava la morte entro quindici secondi. Le iniezioni di
fenolo erano praticate nel Blocco 20: A quel punto due infermieri ebrei prigionieri portavano la vittima nella
stanza (a volte le vittime erano portate dentro due a due) e la mettevano su uno sgabello, solitamente in
modo che il braccio destro le coprisse gli occhi e il braccio sinistro rimanesse sollevato di lato in posizione
orizzontale... L’idea era che il torace della vittima fosse inarcato in modo che l’area cardiaca fosse
massimamente accessibile per l’iniezione letale, e che egli od ella non potesse vedere ciò che stava
accadendo... La persona che faceva l’iniezione - spesso lo SDG Josef Klehr - riempiva la siringa e poi infilava
l’ago direttamente nel cuore del prigioniero seduto e svuotava la siringa del suo contenuto. In questo modo,
bastavano in media due minuti e 22 secondi per assassinare un prigioniero. Lifton, pagg. 254-259

Himmler ispezionò Auschwitz il 1° Marzo 1941 e ordinò la costruzione di un campo per prigionieri di guerra...
Tra gli altri progetti, il piano prevedeva la costruzione di un crematorio capace di incenerire 1440 cadaveri
ogni 24 ore. Era previsto che consistesse di cinque forni a tre storte per bruciare i cadaveri, un forno per
bruciare i cascami e di un obitorio sotterraneo. Doveva essere posto nel campo principale ad Auschwitz. In
considerazione dei preparativi in corso per lo sterminio degli ebrei, si decise di adattare l’impianto all’omicidio
di massa costruendovi accanto una camera a gas, in un ambiente sotterraneo usato anche come obitorio. La
seconda stanza doveva servire da "spogliatoio". Entrambe dovevano essere ventilate meccanicamente.
L’ordine passato il 22 Ottobre 1941 alla ditta Topf e Figli di Erfurt poneva l’accento sull’urgenza dell’intera
impresa, richiedendo una consegna veloce: due settimane per i disegni tecnici e tre mesi per le parti dei
forni... In ogni caso, prima che iniziassero i lavori di costruzione, Heinz Kimmler, capo del gruppo C
dell’Ufficio Centrale Amministrazione ed Economato delle SS e uno dei più stretti collaboratori di Himmler,
arrivò ad Auschwitz il 27 Febbraio del 1942 e ordinò che il crematorio a cinque forni progettato per
Auschwitz fosse costruito a Birkenau. Nonostante il ritmo frenetico del lavoro, che procedeva notte e giorno,
le scadenze approvate per lanciare i crematori non vennero rispettate. L’amministrazione del campo non
ottenne la consegna del crematorio e delle camere a gas fino alla primavera e all’estate del 1943... Una
lettera del 28 Giugno 1943 dalla Direzione Centrale delle Costruzioni al Gruppo C indica che la capacità
giornaliera era stimata a 340 corpi per il crematorio I; 1440 corpi ciascuno per i crematori II e III; e 768
ciascuno per i crematori IV e V. Quindi i cinque crematori potevano incenerire 4765 cadaveri al giorno... La
stanza delle fornaci occupava lo spazio interno più vasto al pianterreno del crematorio. Ospitava 5 fornaci,
ognuna con tre storte (di circa 2 metri di lunghezza, 80 centimetri di larghezza e 1 metro di altezza) che
erano usate per spingere i cadaveri nei forni. C’erano due generatori di gas a carbone sul lato opposto. I
fumi venivano incanalati verso un solo camino tramite condutture nel pavimento. Inizialmente, i forni del
crematorio II erano equipaggiati con un impianto a ventilazione forzata. La corrente d’aria era prodotta da
tre ventilatori aspiranti situati tra le fornaci ed il camino. Dopo poco, però, si bruciarono completamente...
Inoltre, i crematori II e III erano dotati di speciali fornaci per l’incenerimento d’articoli di scarso valore, come
documenti personali, borsette da signora, libri e giocattoli trovati nei bagagli delle vittime assassinate... I
capelli disinfettati delle donne gassate erano messi ad asciugare in soffitta... Nel disimpegno della camera a
gas, i cadaveri erano privati degli occhiali e delle protesi, ed i capelli delle donne tagliati. Dopo di che i corpi
erano caricati sul montacarichi e portati al pianterreno. Alcuni cadaveri venivano trascinati direttamente
verso i forni. Altri venivano portati nel magazzino dei cadaveri di fronte al montacarichi, che serviva anche
come luogo per le esecuzioni capitali mediante la fucilazione. Subito prima dell’incinerazione, i prigionieri del
Sonderkommando rimuovevano i gioielli, che gettavano in apposite cassette numerate. Denti con otturazioni
di metallo, corone e ponti d’oro o fatti con altri metalli preziosi venivano estratti dalle bocche delle vittime
gassate e depositati in una cassa marcata "Zahnstation" (stazione dentale)... Ci volevano circa due ore per
svuotare la camera a gas. Inizialmente i cadaveri erano portati ai forni su speciali carrelli montati su rotaia,
come si faceva nel campo grande. I carrelli servivano anche per caricare i corpi nelle storte dei forni. Questa
soluzione, però, non durò a lungo. Su iniziativa del kapò August Bruck, s’introdussero speciali barelle per
cadaveri, che si potevano infilare nelle storte. Per facilitare il carico, le barelle venivano lubrificate con acqua
saponata. I metodi di carico dei corpi variavano: ogni squadra di servizio ai forni aveva la sua tecnica. Ad
esempio, la squadra di Tauber metteva due cadaveri nella storta per due volte, poi aggiungeva il maggior
numero di corpi di bambini al secondo carico. Ci volevano circa venti minuti per cremare tre cadaveri in una
storta. Comunque, nello sforzo di ridurre il numero dei carichi, i prigionieri cremavano da quattro a cinque
corpi alla volta, ed allungavano il tempo di cremazione a circa venticinque o trenta minuti. Quando il tempo
era scaduto, si metteva nella storta il carico seguente, indipendentemente dal grado di incenerimento del
carico precedente. Le ossa non completamente incenerite cadevano attraverso la griglia nella vasca della
cenere, erano schiacciate con pestelli di legno insieme alle ceneri, poi gettate in altri pozzi vicino al
crematorio. Dopo di che erano rimosse dai pozzi e gettate nella Vistola o negli stagni vicini. A volte erano
utilizzate per preparare terriccio; altre volte venivano usate direttamente per fertilizzare i terreni delle
fattorie del campo. Anatomia, pagg. 164-170

In teoria, ad ogni prigioniero era assegnata una razione giornaliera di 350 grammi di pane, mezzo litro di
surrogato di caffè a colazione, ed un litro di zuppa di patate e rape a pranzo. Inoltre, ogni prigioniero doveva
ricevere una razione di zuppa con 20 grammi di carne quattro volte la settimana, ma in pratica la zuppa
raggiungeva di rado le ciotole da cui i prigionieri mangiavano. Il valore ufficiale del cibo giornaliero, per i
prigionieri impiegati in lavori leggeri era fissato a 1700 calorie, e per i prigionieri addetti a lavori pesanti a
2150 calorie. Un’analisi dell’effettivo contenuto di cibo fatta dopo la guerra variava da 1300 calorie per i
prigionieri impiegati in lavori leggeri a 1700 per i prigionieri che svolgevano lavori pesanti. La differenza era
causata dal saccheggio del cibo da parte del personale SS e dei prigionieri-funzionari. L’ingiustizia pervadeva
il sistema di distribuzione del cibo. I kapò, o i prigionieri addetti alla distribuzione della zuppa, si
assicuravano che il contenuto più spesso e nutriente del fondo del contenitore raggiungesse i prigionieri
"giusti", mentre gli altri dovevano accontentarsi della sostanza acquosa nella parte superiore del pentolone...
In queste condizioni, il cibo supplementare equivaleva alla sopravvivenza... Le razioni di pane servivano
quindi come una sorta di valuta. I funzionari, che costituivano probabilmente dal 3 al 5 per cento della
popolazione internata, scambiavano le loro razioni supplementari di pane e zuppa con vitto di migliore
qualità e sapore. I prigionieri condannati alla sussistenza con la razione ufficiale perdevano peso
rapidamente, e le loro possibilità di sopravvivenza diminuivano conseguentemente. Anatomia, pagg. 24-25

L’Ordnungsdienst, o milizia d’ordine, era una forza di polizia ebraica mobilitata dai tedeschi per controllare i
ghetti ebrei separati dell’Europa orientale, mantenendo l’ordine finché la popolazione poteva essere
deportata nei campi della morte come Auschwitz. Come istituzione del ghetto, la polizia ebraica in uniforme
esemplificava le dinamiche degenerative che i tedeschi misero in moto. La polizia ebraica era un’istituzione
improvvisata dai tedeschi quando essi rinchiusero gli ebrei nei ghetti. Inizialmente le funzioni di polizia erano
di regolare il flusso del traffico pedonale e veicolare all’interno dei ghetti e mantenere legge ed ordine... la
maggior parte delle reclute non era motivata da un senso di responsabilità comunitaria. Quelli che si
arruolavano lo facevano di spontanea volontà e per il loro tornaconto. I requisiti per la milizia erano pochi: si
cercavano uomini giovani e abili fisicamente, preferibilmente con un addestramento militare. Poche reclute
avevano esperienze di servizio nella comunità, in parte a causa della loro giovane età... Comandati a
mantenere con la forza l’isolamento del ghetto, i poliziotti ebrei agli ingressi dovevano controllare la gente
che entrava e usciva, esaminare i loro documenti d’identità e i lasciapassare, e perquisire persone ed effetti
in cerca di merce di contrabbando. Essi erano supervisionati da guardie polacche e da polizia tedesca armata
per assicurarsi che svolgessero i loro compiti correttamente e con la giusta severità. Dawidowicz, pag. 234
J

Una delle più grandi ironie uscite da Auschwitz: ad un certo punto le SS mandarono un giudice
amministrativo, il dott. Konrad Morgen, ad investigare sulla corruzione colà. Ovviamente il
problema non era che si ammazzasse la gente nel campo; era che il lavoro del campo - l’assassinio
- non veniva condotto secondo gli standard delle SS. Tutte le merci razziate agli internati e alle
vittime delle camere a gas dovevano essere rispedite a Berlino, al governo; invece, una baracca
nota come "Canada" era stata ben riempita di bottino e il comandante del campo Rudolf Höss e le
guardie SS ne traevano vantaggio. Inoltre, almeno due uomini al campo - Höss e il tenente
Maximilian Grabner - avevano relazioni clandestine con delle internate. Morgen aveva già ottenuto
la pena capitale per il comandante di Buchenwald sulla base d’accuse simili. Morgen fece arrestare
e ricondurre Grabner a Berlino perché fosse interrogato; egli fu poi condannato a dodici anni di
prigione dalla giustizia nazista per crimini che comprendevano alcuni degli omicidi che erano
avvenuti al "Muro Nero" tra il Blocco 10 e il Blocco 11. Nella complicata ragnatela dei regolamenti
SS applicati da Morgen, la fucilazione di prigionieri al Muro Nero era illegale, mentre la loro
uccisione nel Blocco 11 mediante l’iniezione di fenolo era perfettamente legale, come lo erano le
camere a gas. Höss, dopo essersi stancato della sua amante, Eleanor Hodys, aveva ordinato che
fosse uccisa, ma Morgen la salvò e la mandò a Berlino (dove le SS la uccisero lo stesso, verso la
fine della guerra). Morgen testimoniò a Norimberga e continuò ad esercitare la professione legale
in Germania dopo la guerra. Friedrich, pagg. 25-27; Lifton, pagg. 138-139, 387; Conot, pag. 297.

Le selezioni per la camera a gas erano fatte all’arrivo ad Auschwitz, ed in seguito periodicamente per
eliminare i "mussulmani" man mano che s’indebolivano. I dottori di Auschwitz erano strettamente coinvolti
nel processo di selezione. Molte testimonianze raccontano come il dott. Mengele attendesse i trasporti alla
rampa, vestito impeccabilmente, fischiettando tra sé mentre segnalava con un gesto della mano la destra
(vita) o la sinistra (morte). I bambini, le madri, gli anziani e tutti coloro che erano troppo deboli per lavorare
erano mandati in gas ad Auschwitz. Le selezioni al campo erano fatte durante gli appelli. I prigionieri erano
obbligati a stare in piedi al freddo nudi, spesso per ore ed ore, mentre i medici e le SS li esaminavano per
decidere che sarebbe vissuto e chi sarebbe morto. Gli internati sapevano di dover correre sul posto e
mostrare ogni residua energia, per evitare di essere mandati a morte.

 Selezioni alla rampa I mucchi crescono. Valigie, fagotti, coperte, cappotti, borsette che cadendo si aprono,
rovesciando monete, oro, orologi; montagne di pane s’impilano alle uscite, cataste di marmellata, confetture,
mucchi di carne e salsicce; zucchero si spande sulla ghiaia. Camion carichi di gente partono con un rombo
assordante e se ne vanno tra le urla e i singhiozzi delle donne separate dai figli ed il silenzio attonito degli
uomini rimasti. Sono quelli cui è stato ordinato di fare un passo a destra – i sani e i giovani che entreranno
in campo. Infine, essi pure non scamperanno alla morte, ma prima devono lavorare… Ecco una donna –
cammina in fretta, ma cerca di apparire calma. Un bimbetto col viso roseo da cherubino la rincorre e,
incapace di starle dietro, apre le braccia e grida: "Mamma! Mamma!". "Raccogli tuo figlio, donna!" "Non è
mio, signore, non è mio!" grida istericamente lei e continua a correre, coprendosi il viso con le mani. Vuole
nascondersi, vuole raggiungere quelli che non saliranno sui camion, quelli che andranno a piedi, quelli che
vivranno. È giovane, sana, attraente, vuole vivere... Andrei, un marinaio di Sebastopoli, la afferra. Ha gli
occhi lucidi per la vodka e il caldo. Con un solo potente colpo la butta a terra e poi, mentre cade, la prende
per i capelli e la tira su di nuovo… "Ebrea merdosa! Scappi da tuo figlio! Te la faccio vedere io, puttana!" La
mano enorme la strangola, la solleva per aria e la butta sul camion come un sacco di granaglie. "Ecco! E
porta questo con te, cagna!" e le butta il bambino ai piedi… Alcuni altri uomini stanno portando una
ragazzina priva di una gamba. La tengono per le braccia e per l’unica gamba. Le lacrime le rigano il viso e
sussurra piano: "Signore, fa male, mi fa male…" La buttano sul camion in cima ai cadaveri. Brucerà viva
insieme con loro. Borowski, pagg. 38-46

Ci apparve una vasta banchina illuminata da riflettori. Poco oltre, una fila di autocarri… bisognava scendere
coi bagagli, e depositare questi lungo il treno. In un momento la banchina fu brulicante di ombre… Una
decina di SS stavano in disparte, l’aria indifferente, piantati a gambe larghe. A un certo momento
penetrarono fra di noi e, con voce sommessa, con visi di pietra, presero a interrogarci rapidamente… "Quanti
anni? Sano o malato?" e in base alla risposta ci indicavano due diverse direzioni. Tutto era silenzioso come in
un acquario, e come in certe scene di sogni. Ci saremmo attesi qualcosa di più apocalittico: sembravano
semplici agenti d’ordine. Era sconcertante e disarmante. Qualcuno osò chiedere dei bagagli: risposero
"bagagli dopo"; qualche altro non voleva lasciare la moglie: dissero "dopo di nuovo insieme"; molte madri
non volevano separarsi dai figli: dissero "bene bene, stare con figlio". … In meno di dieci minuti tutti noi
uomini validi fummo radunati in un gruppo. Quello che accadde degli altri, delle donne, dei bambini, dei
vecchi, noi non potemmo stabilire allora né dopo: la notte li inghiottì, puramente e semplicemente. Oggi
però sappiamo che in quella scelta rapida e sommaria, di ognuno di noi era stato giudicato se potesse o no
lavorare utilmente per il Reich; sappiamo che nei campi rispettivamente di Buna-Monowitz e Birkenau, non
entrarono, del nostro convoglio, che novantasei uomini e ventinove donne, e che di tutti gli altri, in numero
di più di cinquecento, non uno era vivo due giorni più tardi. Levi, Se questo è un uomo, pagg. 19-20

Mengele alla rampa Alcuni descrissero una sorta di giocosità nel suo distacco, il suo "camminare avanti e
indietro (con) un’allegra espressione sul viso… come se si divertisse… un divertimento consueto… era molto
giocoso." I prigionieri erano colpiti dal contrasto tra il suo aspetto e la sua personalità. Un sopravvissuto lo
descrisse come "attraente… molto colto", dichiarò che "in effetti non aveva l’aspetto di un assassino," ma
aggiunse immediatamente, "colpì mio padre sul collo con la verga e lo mandò in una certa direzione (verso
le camere a gas)." Oppure, "era brutale, ma in maniera signorile, depravata." Poiché lo studiato distacco di
Mengele poteva essere interrotto da esplosioni di rabbia e violenza, specialmente se incontrava resistenza
verso il suo senso delle regole di Auschwitz. Ad esempio, una ragazza appena arrivata, indirizzata da
Mengele verso destra mentre sua madre e le sorelle minori erano state mandate a sinistra, "supplicò e
pianse" perché non voleva essere separata da loro: "(Allora Mengele) mi prese per i capelli, mi trascinò a
terra e mi picchiò. Quando mia madre provò a sua volta a supplicarlo, la picchiò col bastone"… Lifton, pag.
343

Selezioni al campO Le selezioni si sentono arrivare. "Selekcja": la ibrida parola latina e polacca si sente una
volta, due volte, molte volte, intercalata in discorsi stranieri; dapprima non la si individua, poi si impone
all’attenzione, infine ci perseguita… Non si può dire che ne risulti un’ondata di abbattimento. Il nostro morale
collettivo è troppo inarticolato e piatto per essere instabile. La lotta contro la fame, il freddo e il lavoro lascia
poco margine per il pensiero, anche se si tratta di questo pensiero. Ciascuno reagisce a suo modo, ma quasi
nessuno con quegli atteggiamenti che sembrerebbero più plausibili perché sono realistici, e cioè con la
rassegnazione o con la disperazione. Chi può provvedere provvede; ma sono i meno, perché sottrarsi alla
selezione è molto difficile, i tedeschi fanno queste cose con grande serietà e diligenza. Chi non può
provvedere materialmente cerca difesa altrimenti. Ai gabinetti, al lavatoio, noi ci mostriamo l'un l’altro il
torace, le natiche, le cosce, e i compagni ci rassicurano: - puoi essere tranquillo, non sarà certo la tua volta,
…du bist kein Muselmann… Il nostro Blockältester conosce il suo mestiere. Si è accertato che tutti siano
rientrati, ha fatto chiudere la porta a chiave, ha distribuito a ciascuno la scheda che porta la matricola, il
nome, la professione, l’età e la nazionalità, e ha dato ordine che ognuno si spogli completamente,
conservando solo le scarpe. In questo modo, nudi e con la scheda in mano, attenderemo che la
commissione arrivi alla nostra baracca. Noi siamo la baracca 48, ma non si può prevedere se si comincerà
dalla baracca 1 o dalla 60… Il Blockältester e i suoi aiutanti, a pugni e urli, a partire dal fondo del dormitorio,
si cacciano davanti la turba dei nudi spaventati e li stipano dentro il Tagesraum… una cameretta di sette
metri per quattro: quando la caccia è finita, dentro il Tagesraum è compressa una compagine umana calda e
compatta, che invade e riempie perfettamente tutti gli angoli ed esercita sulle pareti di legno una pressione
tale da farle scricchiolare. Qui, davanti alle due porte, sta l’arbitro del nostro destino, che è un sottufficiale
delle SS. Ognuno di noi, che esce nudo dal Tagesraum nel freddo dell’aria di ottobre, deve fare di corsa i
pochi passi fra le due porte davanti ai tre, consegnare la scheda alla SS e rientrare per la porta del
dormitorio. La SS, nella frazione di secondo fra due passaggi successivi, con uno sguardo di faccia e di
schiena giudica della sorte di ognuno, e consegna a sua volta la scheda all’uomo alla sua destra o all’uomo
alla sua sinistra, e questa è la vita o la morte di ciascuno di noi. Nessuno conosce ancora con sicurezza il
proprio destino, bisogna anzitutto stabilire se le schede condannate sono quelle passate a destra o a sinistra.
Ormai non è più il caso di risparmiarsi l’un l’altro e di avere scrupoli superstiziosi. Tutti si accalcano intorno ai
più vecchi, ai più denutriti, ai più "mussulmani"; se le loro schede sono andate a sinistra, la sinistra è
certamente il lato dei condannati. Ai selezionati verrà distribuita doppia razione. Non ho mai saputo se
questa fosse un’iniziativa assurdamente pietosa dei Blockälteste od un’esplicita disposizione delle SS, ma di
fatto, nell’intervallo di due o tre giorni (talora anche molto più lungo) fra la selezione e la partenza, le vittime
a Monowitz-Auschwitz godevano di questo privilegio… A poco a poco prevale il silenzio, e allora, dalla mia
cuccetta che è al terzo piano, si vede e si sente che il vecchio Kuhn prega, col berretto in testa e dondolando
il busto con violenza. Kuhn ringrazia Dio perché non è stato scelto. Kuhn è un insensato. Non vede, nella
cuccetta accanto, Beppo il greco che ha vent’anni, e dopodomani andrà in gas… Non sa Kuhn che la
prossima volta sarà la sua volta? … Se io fossi Dio, sputerei a terra la preghiera di Kuhn. Levi, Se questo è
un uomo, pagg. 157-164

La ricerca del gas adatto portò Höss in altri campi di sterminio che si stavano costruendo… gli abitanti del
ghetto di Lodz erano stati caricati su camion opportunamente equipaggiati perché i gas di scarico fossero
convogliati nel cassone. Quando i camion raggiungevano la fossa scavata nella foresta circostante, i
prigionieri sul retro erano morti. Il sistema aveva le sue pecche, però. I camion non potevano portare un
gran numero di prigionieri, e i gas di scarico rifluivano all’interno in modo talmente poco uniforme che alcune
delle vittime ancora boccheggiavano nell’arrivare alla fossa comune… Apparentemente Höss non era
informato, come non lo era Eichmann, che il giusto gas fosse già disponibile. Si chiamava Zyklon B, nome
commerciale dell’acido cianidrico, che si attivava a contatto con l’aria. Era prodotto da una ditta denominata
Degesch, largamente controllata dall’I.G. Farben, ed era stato portato ad Auschwitz nel 1941 come
insetticida e disinfettante. Friedrich, pag. 17.

 Parla Höss: "La porta veniva rapidamente chiusa e il gas scaricato dagli inservienti attraverso condotti di
ventilazione nel soffitto delle camere a gas, lungo un palo che arrivava al pavimento. Questo assicurava una
rapida distribuzione del gas. Si poteva agevolmente osservare tramite lo spioncino che coloro che erano più
vicini ai condotti rimanevano uccisi all’istante. Si può affermare che circa un terzo moriva subito. Gli altri
barcollavano e cominciavano ad urlare e a lottare per l’aria. Le urla però divenivano rapidamente rantoli di
morte e in pochi minuti tutto s’acquietava… La porta si apriva dopo mezz’ora dall’introduzione del gas, e si
accendeva la ventilazione… Il distaccamento speciale allora si metteva a togliere i denti d’oro e a tagliare i
capelli delle donne. Dopo di che, i corpi erano portati su tramite un montacarichi e posti davanti ai forni, che
nel frattempo erano stati debitamente scaldati. Secondo la taglia dei cadaveri, se ne potevano mettere fino a
tre contemporaneamente in un forno. Per la cremazione… ci volevano venti minuti." Friedrich, pag. 32

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