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SOMMARIO

403 «Perseveranti nella preghiera con Maria, la madre di Gesù»


di Raniero Canta/omessa

428 Maria e le vocazioni


di Jean Galot
438 La gratuità della carità (Il)
di Fabio Giardini
450 Angela Merici. Una intuizione spirituale
di Armando Oberti

469 Verso il silenzio nel Cuore del Verbo


di Olivier Clément
483 Il movimento ecclesiale: questioni attuali
di Jean Beyer
495 Presentiamo un libro
a cura di Ernesto Cappellini

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• Unione Stampa Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 34
Periodica Italiana del 30 gennaio 1971
Novità dello Spirito nella vita della Chiesa

Il movimento ecclesiale: questioni attuali


JEAN BEYER, S.I.

Già più volte abbiamo trattato dei "movimenti" 1, ma nella loro va-
rietà e complessità restano da approfondire, esaminare e determinare
molti aspetti. Si pongono infatti su questi movimenti parecchie questio-
ni in attesa di soluzioni opportune e necessarie, relative alla loro vita,
diffusione e azione profonda. Non tutte tali questioni potranno essere
affrontate qui; ne scegliamo per necessità alcune la cui importanza ap-
pare maggiore.

1. È necessario distinguere diversi movimenti


ed esaminarli specificamente?
Già abbiamo posto una distinzione fra tre specie di movimenti, al-
cuni dei quali sono spirituali, altri laicali, altri ancora ecclesiali; non in-
tendiamo tornare su quanto già detto 2• Purtroppo però, nella prassi
odierna rimangono su questi movimenti vari elementi piuttosto confu-
si. Quelle distinzioni non sono, come alcuni vorrebbero, canoniche o
giuridiche: esse sono insieme spirituali, e da considerarsi anche teologi-
camente. È infruttuoso· e pericoloso separare nel carisma le componen-
ti spirituali da quelle societarie e comunitarie, le quali, come strutture,
devono essere considerate anche canonicamente.
Laicali sono i movimenti che raggruppano laici perché nel laicato
agiscano in veste di laici, e promuovano i laici a una vita cristiana più
piena, nella Chiesa e nel mondo.
Spirituali sono i movimenti non solo di laici, ma anche di altri fede-

1 «Istituti secolari e movimenti ecclesiali», in "Aggiornamenti Sociali" 34 (1983) 187-


200, « Motus ecclesiales », in "Periodica" 75 (1986) 613-637; «I movimenti ecclesiali», in
"Vita Consacrata" 23 (1987) 143-156; «Il nuovo diritto dei religiosi e la vita associativa della
Chiesa», in "Vita Consacrata" 24 (1988) 613-637 e 827-839.
2 Cf. J. BEYER, « Motus ecclesiales »,in "Periodica" 75 (1986) 613-637: vedi pp. 620 621,
in "Vita Consacrata". 23 (1987) 143-156.
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li cristiani che intendono condurre una vita spirituale più profonda; tra
i loro aderenti contano laici, religiosi e sacerdoti, anche diocesani.
Ecclesiali sono giustamente denominati quelli che annoverano e ra-
dunano ogni genere di fedeli, per vivere più pienamente la vita della
Chiesa nel suo mistero, alla luce di vari elementi scelti fra i più impor-
tanti, come la Parola di Dio, la comunione ecclesiale, l'azione comune
anche specifica, il dono e la testimonianza dell'amore divino. Tali ele~
menti appaiono caratterizzanti per ciascuna associazione. Inoltre la
sorprendente diffusione dei movimenti nel mondo intero fa in modo
che essi non appaiano governabili se non dall'autorità della Chiesa
universale, secondo la competenza e la giurisdizione vicaria per cui i
dicasteri della Curia romana giudicano e agiscono.
Alcune novità si debbono precisare. Vi sono movimenti che con-
giungono vari ordini di persone, ma ciascuno autonomo dagli altri, per
poter attuare più facilmente una propria via e azione distinta; ve ne so-
no altri guidati e animati da un gruppo primario. In tali associazioni,
gli altri ordini di persone sembrano dipendere da un primo ordine di-
rettivo, che è di vita consacrata o anche sacerdotale. Una simile figura
è vicina a quella propria di un terz'ordine secolare, in quanto in misura
maggiore o minore ~ diretto o almeno animato da un primo ordine di
regolari. Siffatta configurazione interna del movimento potrebbe in-
durre una diversa competenza dei dicasteri.
Gli elementi strutturali dipendono e sono definiti anzitutto dallo
spirito del movimento. Teoreticamente però sembra più adatta una
struttura autonoma dell'intero movimento, evitando che tutti gli altri
appartenenti dipendano da un gruppo direttivo di vita sacerdotale o
consacrata.

2. Da quale dicastero devono dipendere i movimenti ecclesiali?


La questione deve essere risolta specialmente dopo la pubblicazio-
ne della costituzione apostolica Pastor Bonus in merito alla Curia ro-
mana. Se si tratta di un movimento laicale, deve dipendere dal « Consi-
glio per i laici»; ma quando in uno stesso movimento si associano vari
ordini di persone, o anche tutti, restano molte cose da specificare. In-
fatti, a norma della costituzione Pastor Bonus, per la chiesa latina la
competenza sulla vita consacrata è unica e spetta alla «Congregazione
per gli istituti di vita consacrata » 3• Ma per il fatto che nel movimento

3 Il titolo della Congregazione, troppo lungo, deve essere.adattato meglio alla realtà: Pi~
opportunamente dovrebbe essere: «Congregazione per la vita consacrata », la quale VIta e
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vi sia la vita consacrata, l'intero movimento non può dipendere da


questa sola Congregazione. Poiché di solito vi sono nel movimento di-
versi ordini di persone, sembra che nell'instaurare, dirigere e promuo-
vere ulteriormente tali movimenti si possa applicare la norma contenu-
ta nella costituzione Pastor Bonus, secondo la quale, per gli affari che
toccano la competenza di vari dicasteri, si può convocare una «Com-
missione inter-dicasteri » 4; oppure, se tali affari siano da trattare nella
stessa forma e con continuità, una Commissione stabile 5 • Ma perché si
possa affrontare su questi movimenti una trattazione migliore e più
competente, si dovrà un giorno erigere un Consiglio o una Commissio-
ne unicamente competente della loro approvazione, erezione e promo-
zione, e che comunque, secondo la materia, ascolti il parere di altri di-
casteri, ad es., per la vita clericale e consacrata, per l'apostolato dei lai-
ci, per l'attività missionaria, per l'ecumenismo, per le chiese orientali,
ecc. Tale nuova istituzione appare fin d'ora auspicata e veramente ne-
cessaria per un più pieno riconoscimento dei movimenti.

3. Competenza sull'approvazione ed erezione dei movimenti


a norma del c. 312 § 1
Poiché ai movimenti ecclesiali devono essere applicati i canoni sul-
le associazioni, la questione dell'autorità competente si pone a norma
del c. 312 § 1. Tale canone è di difficile interpretazione: una associa-
zione è "diocesana" per motivi di fatto o in ragione del suo fine?
Il motivo di fatto è il seguente: l'associazione viene fondata in una
diocesi; dapprima è tacitamente riconosciuta, da quando il vescovo è
informato della sua esistenza e azione. Può essere eretta come associa-
zione privata, senza che il vescovo agisca attivamente per la sua erezio-
ne (cc. 299 § 1; 321). Perché divenga persona giuridica, i suoi statuti
devono essere approvati, senza che avvenga l'erezione dell'associazio-
ne (c. 322 § 1). Questa, comunque, rimane nella diocesi: è diocesana
solamente di fatto o anche di diritto? Bisogna esaminare l'intenzione
del fondatore: se l'associazione è stata fondata per agire in quella sola
diocesi, e ciò in forza del suo fine - ad es: per promuovere nella dioce-
si stessa una devozione o un culto - è e rimane diocesana non solo di
fatto, ma anche di diritto. Dato che ogni azione consociata di solito ha

sia individuale sia associata in istituti. Le società di vita apostolica, se non sono di vita consa-
crata, meglio e più giustamente dovrebbero dipendere da un altro dicastero, come già avvie-
ne per le società missionarie (Pastor Bonus, art. 90 § 2).
4 AAS 80 (1988) 841-934; vedi p. 865, art. 21 § 1.

5 AAS 80 (1988) 841-934; vedi p. 865, art. 21 § 3.


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inizio in un solo luogo, all'inizio _sarà sempre di fatto diocesana: resta


però da considerare l'intenzione del fondatore, nonché l'indole e il fine
dell'associazione stessa.
La medesima cosa si deve dire per una associazione che intenda
operare nel territorio di una nazione e unicamente in esso. Nel caso,
sarà di fatto, all'inizio, diocesana, e per diritto nazionale. Se poi fin dal-
le sue origini si propone di svolgere e sostenere un'azione nazionale,
deve essere dapprima approvata dal vescovo del luogo, in seguito dalla
Conferenza episcopale nazionale. Ci si può chiedere se esigere tale ap-
provazione da parte della Conferenza episcopale sia opportuna o no;
non senza buoni motivi, a noi non pare opportuna. Di tali motivi trat-
teremo più avanti: ma dobbiamo prima esaminare questo punto: può
essere direttamente approvata dalla Conferenza episcopale una asso-
ciazione che del suo inizio intraprende un'azione a livello nazionale?
La risposta, stando ai termini del Codice, si deve ritenere affermativa.
In effetti, si qistinguono tre autorità, in vista dell'approvazione: una
diocesana, un'altra nazionale, e una terza internazionale o universale.
In nessun modo però questi gradi sono considerati successivi. Tale au-
torità spetta alla Sede Apostolica, che per una associazione clericale è
la Congregazione per i chierici, per i laici il Consiglio per i laici; per i
movimenti ecclesiali che radunano diversi ordini di persone, o tutti, re-
sta da determinare - e si spera con sollecitudine - l'autorità compe-
tente.

4. Possono i movimenti ecclesiali


essere eretti come prelature personali?
Alcuni sono tentati di ottenere l'erezione del movimento ecclesiale
in forma di prelatura personale. In tal modo, se la direzione spetta al
prelato, si ha nel movimento stesso l'esercizio della potestà di governo
o giurisdizione; per i chierici, l'erezione di un seminario internazionale
o di più seminari in diverse diocesi. Il dicastero competente, e assai più
conveniente all'universalità del movimento, sembra la Congregazione
per i vescovi, dalla quale, in maniera sorprendente, dipende la prelatu-
ra personale, che per sé è costituita di chierici, e che dovrebbe dipende-
re, come molti dicono, più opportunamente e rettamente dalla Congre-
gazione per i chierici.
Ma vi sono molti elementi che si oppongono a tale soluzione. Una
prelatura è formalmente di chierici, anzi di sacerdoti, e ad essa, per
contratto, nelle opere di apostolato, si uniscono dei laici, uomini e don-
ne. Simile connessione di laici è detta nel testo del Codice cooperazione
Il movimento ecclesiale: questioni attuali 487

organica; mentre nello schema del 1982 era detta incorporazione. Tale
incorporazione per sé viene negata se per sua natura la prelatura è di
chierici, per promuovere una adatta distribuzione dei sacerdoti, o per
sostenere particolari opere pastorali o missionarie per le varie regioni o
per diversi ceti sociali. Una simile definizione o descrizione della prela-
tura la restringe al punto che viene collocata nella prima parte del libro
De Populo Dei, e precisamente dopo il titolo III, De membris sacris seu
de clericis. Tutti questi elementi contraddicono alla natura propria del
movimento ecclesiale nel quale sono radunati tutti gli ordini di perso-
ne, ciascuno con proprio titolo e diritto, e la cui azione apostolica è
universale, non limitata ad attività pastorali, ma adattata a tutti i ceti
sociali.
Poiché esiste una prelatura personale - unica oggi nella Chiesa -
anche se descritta nel Codice, non sembra essere la forma canonica
adatta per la quale i movimenti ecclesiali vedano riconosciuta la loro
identità, che esprima la loro natura e finalità, e una struttura canonica
conveniente alla loro indole e spirito. Sarebbe dunque un grave errore
portare un movimento ecclesiale alla erezione in forma di prelatura
personale.
Vi sono poi anche altri ostacoli e impedimenti da considerare, per-
ché il movimento non diventi prelatura personale: la direzione del-
l'intero movimento sarebbe clericale; l'azione apparirebbe assunta per
contratto, non specifica per dei laici; la spiritualità sarebbe da elabora-
re e da diffondere anzitutto per opere dei chierici e per le loro esigen-
ze; la collaborazione dei laici nella Chiesa sarebbe indiretta, poiché
l'azione del movimento sarebbe anzitutto da associare all'azione pasto-
rale della prelatura e da essa dipenderebbe. Tutte queste ragioni sono
tanto più cogenti nello sconsigliare un movimento ecclesiale ad assu-
mere la forma strutturale della prelatura personale, per cui si compro-
metterebbe il suo carattere proprio, per sé universale, adatto a tutti i fe-
deli cristiani.
Che dire nel caso che i laici, nella prelatura, siano più numerosi dei
chierici? Non è senza pericolo che in essa i chierici siano formati se-
condo modalità adatte più a laici che a ministri sacri; specialmente se
gli aderenti, per diventare sacerdoti, sono prima cooptati e formati co-
me laici, e ricevono la loro azione sacerdotale da svolgere tra i sodali
laici della prelatura senza essere assunti pienamente nel clero secolare
di una diocesi o di altra chiesa particolare equiparata dal diritto alla
diocesi (cc. 368-374).
Si può concludere che la forma di prelatura personale propria nel
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diritto non è opportuna, e non si deve estendere ad altre associazioni


similari.

5. Vi sono movimenti ecclesiali che devono essere eretti più volte


nelle diocesi, secondo il c. 312 § 2?
I movimenti ecclesiali al loro inizio spesso non radunano tutti e
singoli gli ordini di persone; la loro azione è dapprima locale, e in una
sola diocesi. Perciò la loro prima approvazione è fatta dal vescovo,
nell'intento di lodare e raccomandare l'azione del movimento. Se poi il
movimento non ha ancora statuti propri, questi non necessariamente
devono essere approvati dal vescovo, a meno che il movimento che ini-
zia voglia ottenere abbastanza presto una personalità giuridica nella
Chiesa (c. 322 §§ 1 e 2), e pur ottenendo la desiderata personalità giu-
ridica, il movimento, come associazione, rimane associazione privata
(c. 322 § 2). Si devono subito notare alcune cose: la vigilanza del ve-
scovo, propria del suo ufficio di pastore; la necessità di evitare la di-
spersione delle forze per la sollecitudine che il pastore deve prestare;
l'ordinamento dell'associazione e della sua attività al bene comune,
che deve esser quello della Chiesa universale.
Sorge una questione non considerata nella legge per le associazio-
ni, ma che oggi va più attentamente tenuta presente, osservando la ret-
ta analogia con la fondazione di nuovi istituti di vita consacrata, secon-
do il c. 605; questo canone acquista per la vita odierna della Chiesa im-
portanza sempre maggiore.
Un movimento ecclesiale, vista la sua azione e spiritualità, non può
sorgere senza un dono speciale dello Spirito Santo; tale dono costitui-
sce il suo carisma. Anzi molti movimenti hanno in comune diverse ca-
ratteristiche simili, per le quali assumono una natura e finalità comuni
tra loro. Si devono dunque osservare esattamente queste cose: in forza
dei carismi da riconoscere o già riconosciuti, va loro riconosciuta una
propria e giusta autonomia, di cui al c. 586. Tale giusta autonomia non
solo deve essere rispettata e protetta dall'autorità diocesana, ma deve
essere promossa per il bene della Chiesa, perché i movimenti siano ciò
che devono essere (c. 586 § 2); e anche dalla stessa Sede apostolica (c.
593), se un certo movimento ecclesiale è associazione universale, da
erigersi o già eretta dall'autorità universale, cioè dalla Santa Sede (c.
312 § 1, 1°).
A norma del c. 605, il primo a dover essere giudice della natura,
del valore e dell'autenticità del carisma è lo stesso vescovo diocesano,
che per la sua vicinanza e vigilanza può e deve conoscere questi nuovi
Il movimento ecclesiale: questioni attuali 489

doni dello Spirito. Osservando l'analogia con gli stessi istituti di vita
consacrata, la cosa più oppcJrtuna è che l'ulteriore approvazione sia
per legge riservata alla sola Sede Apostolica, come dispongono i cc.
579, 589, 593 per i nuovi istituti di vita consacrata.
Ma nel c. 312 § 1, 2, si prevede e si dispone un altro riconosciD?-en-
to e approvazione, che spetta alla Conferenza episcopale. Ora i vescovi,
dato il loro numero, difficilmente possono valutare carismi che ignora-
.no, e che dovrebbero conoscere solo in base a una certa relazione orale
o scritta. Ma, come abbiamo già osservato, questo riconoscimento e ap-
provazione del Corpo episcopale non è necessario se il fine del movi-
mento è dall'inizio dichiarato universale. Perché dunque questa carat-
teristica di universalità sia più sollecitamente e meglio conosciuta, è
utile la diffusione del movimento e la sua presenza attiva in varie na-
zioni. Tale soluzione non è un sotterfugio giuridico, ma una via di vita
spirituale e pastorale insieme.
Per concludere, sembra si debbano fissare alcune cose ch.iare: se
l'associazione nasce in una diocesi, dopo il riconoscimento dell'unico e
primo vescovo, esiste e opera di diritto; ma per costituire una sede o
centro in un'altra diocesi ha bisogno del consenso del vescovo del luo-
go, se è pubblica; non ne ha bisogno, invece, se rimane privata pur go-
dendo di personalità giuridica nella diocesi di fondazione. Se per il suo
fine e intenzione deve essere ritenuta universale, bisogna che al più
presto si diffonda in altre nazioni e ottenga l'approvazione della Sede
Apostolica, per cui o diventi associazione pubblica, o sia lodata dalla
stessa Santa Sede; anche in questo caso l'associazione deve essere con-
siderata privata; ma se gode di personalità giuridica in una diocesi, tale
nota giuridica è valida per tutta la Chiesa.

6. Quali sono in questi movimenti ecclesiali la natura e l'istituzione


della vita consacrata
È un fatto palese che molti cosiddetti "movimenti ecclesiali" com-
prendono una e spesso varie sezioni di vita consacrata, della cui natu-
ra, approvazione e identità si parla, e di cui si auspica nella Chiesa una
posizione e un riconoscimento sempre più espliciti, dato che i fatti non
si possono ignorare o rifiutare, ma si devono riconoscere.
Si possono già oggi rilevare alcune cose certe: in questi movimenti
esistono varie forme di vita consacrata, come sono vergini o vedove
che rimangono nel mondo, o persone che convivono insieme con stile
e regola di vita propria.. Alcune forme sono più solitarie e dedite al-
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l'orazione, altre sono di vita apostolica, altre hanno aderenti a modo di


istituto secolare e operanti nel secolo e come partendo dal secolo, da
soli o radunati in una propria vita associativa.
Vi è una difficoltà primaria in tutte queste sezioni o gruppi entro
uno stesso movimento, che costituisce un pericolo da evitare: la distin-
zione di forme diverse di vita non deve tramutarsi in separazione o in-
debolire l'unità. Tale separazione si ha di fatto oggi, a causa dell'appro-
vazione specifica, anche da parte di un dicastero diverso e sotto altro
nome: tutto ciò a poco a poco genera divisioni nel movimento ecclesia-
le. L'esperienza in proposito va chiarendo molte cose.
Si deve evitare una diversa denominazione per le diverse sezioni; e
specialmente l'approvazione separata da parte di dicasteri diversi. La
diversità dell'approvazione indebolisce l'unità e lo spirito dell'intero
movimento e delle singole sezioni. Anzi, per poter avere la costituzione
di un proprio seminario sacerdotale, alcuni movimenti diventano so-
cietà di vita apostolica, approvata sotto nome diverso da quello del
movimento ecclesiale. Una denominazione comune generale sembra
doversi assolutamente conservare. Alcuni movimenti cercano invano
una approvazione più agevole come istituto di vita monastica, o apo-
stolica, di religiosi(e), che finora viene negata, a meno che non sia au-
tonoma e pienamente distinta, e talvolta dotata di diversa denomina-
zione. Recentemente, ad es., una sezione contemplativa e un'altra apo-
stolica sono state approvate sotto una identica denominazione di con-
gregazione religiosa. Ma simile approvazione nuoce alla natura, al fine,
allo spirito e all'indole della sezione stessa, cioè al carisma proprio sia
del movimento, sia delle sezioni.
Se in uno stesso movimento esistono diverse sezioni o gruppi di vi-
ta consacrata, parecchi elementi sono prima da considerare nello stu-
dio e nella preghiera. Si deve anzitutto preservare l'unità di spirito del
movimento, e difendere il suo fine generale proprio. Non è di ostacolo
all'indole del movimento la varietà delle vocazioni: anzi, tale diversità
è insieme spirituale e istituzionale. Una istituzione priva di spirito non
corrisponde al vero e specifico carisma del movimento ecclesiale. Già
oggi si hanno statuti particolari troppo giuridici e non rispondenti alla
ricchezza del carisma generale; questo eccessivo giuridismo nuoce alla
conservazione e promozione dello spirito, perché è in contrasto con es-
so; infatti, statuti troppo giuridici esaltano gli elementi istituzionali al
di sopra di quelli spirituali, o li separano gli uni dagli altri, o li distin-
guono troppo portandoli alla separazione: e questo è il massimo ri-
schio odierno dei movimenti ecclesiali e un vero pericolo. Tale pericolo
Il movimento ecclesiale: questioni attuali 491

non si evita se non si conserva l'unità del nome, dello spirito, dell'azio-
ne e della direzione generale. Quest'ultima necessità - l'unità della di-
rezione generale - è specifica dei movimenti, e come tale deve essere
rettamente definita e salvaguardata.

7. Le componenti sacerdotali dei movimenti


Come devono essere approvate e stabilite le componenti sacerdota-
li dei movimenti? Si devono favorire i seminari propri? Si può, nei se-
minari diocesani, vietare la partecipazione a movimenti e il riconosci-
mento del loro carisma? Come si deve prevedere e promuovere la loro
collaborazione con il clero diocesano? Esaminiamo le singole que-
stioni.
Affiorano· oggi nei movimenti ecclesiali parecchie questioni sul-
l'incardinazione dei candidati nel clero diocesano, specialmente per le
numerose vocazioni al sacerdozio che in essi fioriscono, mentre in pa-
recchie diocesi scarseggiano drammaticamente le vocazioni al clero
diocesano. Dobbiamo qui considerare attentamente alcuni problemi.
Come si è visto, l'unica soluzione, certamente non la più saggia né
la migliore, è stata l'erezione di una sezione del movimento ecclesiale
in società di vita apostolica, per cui si ha l'incardinazione in questa so-
cietà, una specifica formazione in seminario proprio, una destinazione
al servizio sacerdotale entro lo stesso movimento. Tutti questi elementi
non devono subire diminuzione: hanno infatti il loro valore, che è
quello del carisma proprio. Per cui, alla prima domanda si deve rispon-
dere così: sembra che per sé si debbano favorire seminari propri, per-
ché si abbia una vera, piena e profonda formazione sacerdotale nel
movimento stesso. Ciò è di giovamento sia al medesimo movimento ec-
clesiale, sia alla Chiesa, al cui servizio si pongono tutti i nuovi doni del-
lo Spirito.
Più arduo è rispondere alla seconda domanda: infatti, se si diffida
dei nuovi doni dello Spirito, difficilmente si può impedire la loro azio-
ne senza recare danno alla Chiesa stessa. Nel clero diocesano vige una
libertà di spirito riconosciuta e sempre da favorire. Vi sono infatti gio-
vani seminaristi e neosacerdoti che o aderiscono liberamente a un
terz'ordine, o in qualità di diacono o di presbitero entrano in un istitu-
to secolare sacerdotale, il che è per essi dono dello Spirito e vocazione
personale da seguire.
Per sé, al movimento ecclesiale non si può negare ciò che si ricono-
sce alle altre associazioni di pietà; di devozione, di sostegno alla vita
492 fean Beyer

. spirituale, e anche ad istituti secolari che sono sacerdotali o ministeria-


li, o misti, con la partecipazione di laici. Di più, in seminario o nel cle-
ro diocesano esistono e sono ammessi membri "oblati" di prelatura
personale, come oggi è soltanto l'Opus Dei (cc. 294-297).
Ma la questione va esaminata più a fondo. Vi è uno spirito proprio
di ciascun seminario diocesano o interdiocesano? Si deve riconoscere
una certa "vita diocesana" con propria identità spirituale? Vi è anche
una giusta autonomia della diocesi, da preservare, e oggi da instaurare,
determinare e difendere più efficacemente?
Non può non esservi una "vita propria" nella diocesi, vita che ha
avuto inizio dai suoi fondatori, ed è cresciuta nella vita spirituale e
nell'azione pastorale di eminenti sacerdoti, vescovi e presbiteri; e tutto
ciò, in quanto è dono dello Spirito, va conservato, inculcato ed esplici-
tato. In genere, purtroppo, mancano nelle diocesi proprie esperienze e
studi di questi elementi, in specie della spiritualità; per cui i giovani che
sono stati in antecedenza membri di un movimento ecclesiale, non sen-
za ragione si lamentano dell'assenza di uno spirito proprio nel semina-
rio diocesano. Questi giovani, prima di entrare nel seminario diocesa-
no, hanno seguito in un movimento ecclesiale una più intensa vita spi-
rituale, e vogliono perseverare in essa, come segno e frutto della voca-
zione propria e personale. Tutto ciò non può essere messo in dubbio;
ed è riconosciuto vero nei seminari diocesani, a fortiori in quelli inter-
diocesani, nei quali difficilmente si fa distinzione tra i doni specifici
delle diocesi, quando tutto lo sforzo primario è teso all'unità nella dot-
trina, nella disciplina', nella preparazione spirituale e pastorale. Tutto
ciò anche oggi è vero e innegabile.
Resta dunque fondata la risposta negativa. Nei seminari diocesani
non si deve ostacolare l'azione dello Spirito Santo, né si possono igno-
rare i nuovi carismi. Che dire, se in una data diocesi è in atto un'espe-
rienza per promuovere spiritualmente e pastoralmente un proprio spi-
rito? A tale domanda si deve rispondere in chiari termini: non si devo-
no ammettere giovani condotti da un altro spirito: si deve favorire la
loro formazione specifica in quello stesso dono di Dio, perché an-
ch'essi siano fedeli e confermati nella via della loro vita.
Che fare, in concreto? Già oggi si offrono diverse soluzioni a que-
ste difficoltà. Si approvano "convitti" nei quali sono ammessi giovani
che, essendo membri di un movimento ecclesiale, si preparano al sacer-
dozio; essi seguono i corsi di qualche facoltà come uditori, senza essere
alunni secolari o religiosi; ma tuttavia essendo consacrati al Signore.
Una simile soluzione appare opportuna. Nella città di Roma già
Il movimento ecclesiale: questioni attuali 493

esistono convitti del genere, come del resto altrove; gli alunni sono in-
cardinati in qualche diocesi, pur senza essere membri del clero dioce-
sano e partecipi del suo lavoro. Tale incardinazione ad tempus, come si
auspica, rimane fittizia, fino al giorno in cui avverrà normalmente l'in-
cardinazione nella sezione sacerdotale del movimento ecclesiale: cosa
che deve avvenire al più presto.
Sorge un'altra questione: se così numerose sono le vocazioni nei
movimenti ecclesiali, cosa si deve fare per preparare e promuovere il -
clero diocesano? In caso di necessità, senza alcun dubbio dal movi-
mento ecclesiale proverranno sacerdoti che, non essendo religiosi, ma
essendo tuttavia consacrati al Signore con titolo speciale, saranno di
aiuto al vescovo della diocesi, il quale desidera e accoglie tali sacerdoti
come coadiutori, pienamente dedicati a Dio e alla Chiesa. La via per
accoglierli, non sarà diversa da quella che seguono i vescovi che chia-
mano e accolgono ·religiosi a svolgere azione pastorale nelle parrocchie
e in altre opere diocesane. Ad essi si devono applicare per analogia i cc.
680-682.
Nella situazione più recente, si chiariscono meglio alcuni elementi
da tener presenti per la formazione del clero diocesano. Si auspica una
migliore conoscenza dello spirito proprio del clero diocesano, che non
sia una certa dottrina generica sul sacerdozio, ma che esprima ciò che
nella chiesa particolare si vive e si opera, secondo la tradizione della
stessa chiesa locale; tradizione che si deve in ogni caso espressamente
spiegare e concretamente conservare.
Non si può oggi dire che siano venute meno le vocazioni al sacer-
dozio; infatti se ne rileva di giorno in giorno un certo incremento nu-
merico. Si auspica però in ogni diocesi una nuova immagine del pro-
prio clero, e l'instaurazione, in armonia con essa, di una specifica spiri-
tualità adatta, nonché la promozione tra i sacerdoti della fraternità del-
la propria struttura, e una più stretta collaborazione. Spesso si auspica-
va già una più solida vita comune tra diversi sacerdoti, con l'onere di
curare in solido, secondo il c. 517 § 1, le parrocchie, sotto la guida di
un moderatore che diriga l'azione comune e ne risponda al vescovo.
Ma una vita vissuta in comune nel senso del c. 280 talvolta manca; per
attuarla tra sacerdoti non basta essere nominati ad un medesimo lavo-
ro apostolico: è necessaria una formazione previa a condurre tale vita
comune; formazione che rimane spesso esterna e vuota, se non si colti-
va uno spirito proprio già nella fase della prima formazione, e se in tut-
ta la diocesi non sia presente una mentalità diffusa circa la natura e
l'utilità di questa vita comune.
494 /ean Beyer

Infine, in base all'esperienza dei movimenti ecclesiali, restano da


fare alcuni rilievi. Una mentalità diffusa non si instaura ove sia fondata
unicamente su una legge esterna; essa scaturisce dalla vita spirituale,
dal dono dello Spirito, dal modo come a questo spirito si conforma la
vita, da elaborare e da comprendere in modo sempre più profondo. Gli
aderenti a un movimento ecclesiale non sono religiosi: sono tuttavia
per il clero diocesano esempi vivi di tale vita comune, la quale diventa
sostegno e rafforzamento fermo e valido di tutta l'opera apostolica·.

(continua)

* Lo studio qui pubblicato è apparso in lingua latina in "Periodica", rivista della Pontifi-
cia Università Gregoriana, 78 (1989) 437-452. Nostra versione italiana riveduta dall'autore.

ANGELO BONEITI

LE GIOIE DI MARIA
pp. 40 . L. 3.000

La pietà cristiana celebra da secoli i 'Misteri' della vita del Signore nel
pio esercizio ·del Rosario, nella articolazione tripartita dei Misteri gaudiosi,
Misteri dolorosi, Misteri gloriosi.
La stessa devozione cristiana, legata soprattutto ad alcuni Ordini religio-
si (come i Servi di Maria), conosce e celebra, accanto al Rosario, i medesi·
mi misteri della vita del Signore in comunione con Maria nella pia pratica
dei 'Sette dolori' e delle 'Sette allegrezze' della Beata Vergine.
Questo sussidio - illustrato con bozzetti originali a colori di don L. Sal-
vetti - ripropone in chiave biblico-liturgica la Via gaudii della Madre del
Signore.
Il testo è arricchito da stralci della esortazione apostolica Gaudete in
Domino di Paolo VI.

EDITRICE ÀNCORA MILANO


Presentiamo un libro

Un'opera canonistico-teologica di padre Jean Beyer


IL DIRITTO DELLA VITA CONSACRATA

Ho condotto l'esame dell'importante opera di p. Jean Beyer (J. Beyer,


li diritto della vita consacrata , ed. Ancora, Milano 1989, pp. 642, L.
65.000) con due prospettive di indagine: quella del cultore di diritto ca-
nonico, per cogliere il valore dottrinale del commento ai capitoli relativi
alla vita consacrata; quello del pastore d'anime, per arricchirmi di nuove
motivazioni nell'arduo dialogo con i giovani in tema di vocazione ad una
vita di speciale consacrazione. A lettura conclusa ne è riuscito soddisfatto
il canonista; ne è risultato più motivato il pastore d'anime. L'opera di Be-
yer è insieme canonica, teologica, e, per alcuni aspetti, spirituale: è un
contributo di grande rilievo.
Non c'è canonista della mia generazione che non si senta, in qualche
misura, discepolo di p. Beyer: se non lo si è avuto maestro nelle aule del-
la Gregoriana, lo si è seguito con interesse nella sua vastissima produzio-
ne: prima e dopo la promulgazione del Codice rinnovato, p. Beyer è sta-
to uno degli autori più fecondi e più stimolanti. In questa sua opera (che
tocca il tema più presente nella sua produzione canonica) egli dimostra
conoscenza ineguagliabile, libertà di proposte innovative, tenacia nel ri-
badire alcune sue prospettive già proposte.
Nessuno può permettersi di farne una lettura superficiale o accademi-
ca: le seicento pagine del contributo chiedono una attenzione che coin-
volga senza allentare il senso critico; su alcuni punti particolari si può dis-
sentire, ma dopo averci pensato adeguatamente.

***
Lo studio si articola in quattro parti: Norme comuni a tutti gli istituti di
vita consacrata; Cli istituti religiosi; Cli istituti secolari; Le società di vita
apostolica. La consistente appendice presenta documenti e tavole com-
parative.
In una puntuale introduzione generale l'a. spiega la scelta del titolo
dato al lavoro e conferma le critiche già pubblicate negli anni precedenti
alla promulgazione del Codice circa la struttura del secondo libro e l'in-
certa nomenclatura riservata agli istituti di vita consacrata.
Non manca di sottolineare, pur nel faticoso travaglio della elaborazio-
ne dei canoni, i risultati positivi della normativa codiciale: «Una cosa è
certa: il diritto della vita consacrata nel Codice può essere ritenuto fedele
A proposito di sviluppi dottrinali
circa gli Istituti Secolari
GIOVANNI BEYER

Recentemente si è accesa una polemica, soprattutto di carattere


storico, a proposito dell'evoluzione della dottrina della specifica
secolarità, da cui sono caratterizzati nella Chiesa gli Istituti Seco-
lari, con particolare riferimento ai Documenti con i quali la
Chiesa stessa ha approvato tali Istituti 1•
Alcuni Autori respingono infatti il parere di coloro che, non
solo scoprono in detti Documenti una certa evoluzione, ma nella
stessa evoluzione scorgono addirittura una correzione dottrinale
che, a ragione, può essere considerata « contrapposizione » avver-
tibile non solo sui testi e nelle intenzioni ma persino nella vita pra-
tica degli Istituti Secolari.
Tale fatto era già stato segnalato da molti anni: infatti alcuni
Autori avevano notato una certa evoluzione tra la Costituzione
<< Provida Mater Ecclesia » (1947) ed il Mp. « Primo Feliciter »
(1948) anche se, per rispetto, allora l'avevano definita « completa-
mento».
Per tali Autori appariva infatti inesplicabile la rapida suc-
cessione dei due Documenti, dal momento che nel Mp. «Primo
Feliciter » pubblicato allo spirare di appena un anno dalla pro-
mulgazione della Cost. « Provida Mater » figura una nuova espo-
sizione della dottrina ed una rinnovata approvazione di tali Istituti.
Al lettore diHgente di detti testi apparvero subito molte con-
traddizioni che, via via, attraverso un lavoro di critica interna, si
manifestarono ancor più. Nella Costituzione « Provida Mater Ec-
clesia » il contesto esistenziale e l'attività degli Istituti Secolari
vengono tratteggfati piuttosto come un adattamento della vita reli-
gioiosa vissuta fuori dal mondo, da trasformarsi in una forma
di vita consacrata da viversi nel mondo. La stessa attività apostoli-
ca dei nuovi Istituti viene presentata neB.a Costituzione - « Pro-
vida Mater Ecclesia » come un'attività nascosta ma suppletiva,
che dovrebbe compiersi in quei luoghi nei quali il sacerdote e il
religioso non possono più pubblicamente operare. Al contrario,
nel Mp. « Primo Feliciter », la vocazione di questi Istituti, con-
siderata provvidenziale e peculiare, è descritta con caratteristiche

1 Commentarium pro Religiosis 52 (1971) 60-67.


A proposito di sviluppi dottrinali circa gli Istituti Secolari 89

proprie. Viene, cioè, presentata come vita consacrata a Dio ed


alle anime, da attuarsi nel mondo come testimonianza, così che tutta
la vita viene trasformata in apostolato. La stessa attività dei mem-
bri degli I. S. non viene considerata come suppletiva, ma come
una forma propria e nuova di apostolato che non tanto diviene va-
lida nel mondo, ma che trae la sua efficacia proprio dal fatto di
agire dal di dentro del mondo e con i mezzi del mondo. E questa
forma di apostolato viene riconosciuta come apostolato di inse-
rimento e di penetrazione ovunque sia ritenuto moralmente pos-
sibile.
Queste due tendenze, una più religiosa anche se adattata, l'al-
tra più propriamente secolare e sorta per peculiare motivo, deter-
minarono le approvazioni dei diversi Istituti. Tali approvazioni,
dopo il Concilio Vaticano II, devono però essere sottoposte a
riesame. Infatti, fra gli Istituti approvati, alcuni, oggi, vengono giu-
dicati come non secolari. Questa duplice posizione, riscontrabile
nei Documenti di approvazione, divenne nella vita opposizione tra
Istituti « secolari » · per vocazione e per la caratteristica forma di
vita ed altri « non secolari » che non rispondono alle caratteri-
stiche di una secolarità consacrata e che recano danno agli Isti-
tuti Secolari che vengono chiamati pienamente secolari o di vera
secolarità.
D'altra parte, questa duplice tendenza dei Documenti di ap-
provazione è confermata dall'origine dei due testi. Il testo con cui è
descritta nella Costituzione « Provida Mater Ecclesia » l'attività
e la posizione dei nuovi Istituti deriva da un « Pro-Memoria »
steso dalle Figlie del .Cuore di Maria, col quale chiedevano alla
S. Sede di essere riconosciute come religiose nel mondo. L'altro
testo, cioè H «Primo Feliciter », sembra derivare da una «Memo-
ria» presentata alla S. Sede dal Padre Agostino Gemelli, O.F.M.
Il Fondatore delle Missionarie della Regalità di N .S.G .C. chie-
deva il riconoscimento di tale Istituto come Associazione di laici
consacrati nel mondo. Tale associazione, che avrebbe accolto come
membri coloro che non solo agissero nel mondo ma che avessero
operato da:l di dentro del mondo, voleva che fosse riconosciuta la
condizione laicale dei suoi Membri.
Dall'esame di questi documenti si evince dunque un duplice
orientamento spirituale: l'uno « religioso » e l'altro « secolare ».
Ed è evidente che entrambe le posizioni affondano tenacemente
le proprie radici rilevando oggi una netta opposizione di men-
talità.
La stessa promulgazione del Mp. «Primo Feliciter » restò per
molti un fatto misterioso; poi, poco a poco, se ne conobbe la causa.
90 . VITA CONSACRATA / 2

Vi fu un colloquio fra il Papa Pio XII e la Responsabile gene-


rale dell'Istituto fondato da P. Gemelli che offrì motivo alla pub-
blicazione di questo secondo documento. Al colloquio fra il Som-
mo Pontefice e la Responsabile dell'Istituto seguì un silenzio piut-
tosto lungo. La incomprensione originata da quel colloquio, solo
ora prudentemente resa di pubblico dominio, finisce per chiarire
molti fatti.
Fra gli Istituti Secolari ebbe credito crescente l'idea che il
testo del Mp. « Primo Feliciter » fosse stato desunto dalla « Me-
moria » del P. Gemelli. A tale testo, che sembra essere una nuova
descrizione della secolarità, oggi si rifanno gli Istituti per illu-
strare il proprio carisma.
Ecco le parole del P. Gemelli:
L'elemento caratteristico delle forme in esame, che non trova riscontro
nello stato religioso vero e proprio come quello stato quasi-religioso di cui
al can. 673 e seg., consiste in ciò che: il fine e il programma di chi in
esse si consacra è il servizio di Dio nel mondo.
Mentre nelle associazioni ·religiose o quasi religiose chi ne entra a
far parte si dedica a promuovere l'avvento del Regno di Cristo nel mondo
colla preghiera· e coll'azione, ma sempre operando sul mondo, ma dal di
fuori del mondo, chi entra a far parte di queste nuove forme si consacra
con la stessa intensità, ma operando, per così dire, .sul mondo dal di dentro
del mondo. Indubbiamente questa formula è molto imperfetta, ma forse è la
meno inadeguata ad esprimere la realtà di una contrapposizione estremamente
complessa e, per di più, tuttora in via di sviluppo e di assestamento 2
Non è chi non veda come in questo testo proposto dal P. Ge-
melli nell'anno 1939 figuri la formula abbastanza nuova e felice,
anche se non pienamente trascritta, con la quale il Mp. « Primo
Feliciter » descrisse poi la vocazione e l'apostolato degli Istituti
Secolari.
Sembra poi opportuna anche quest;altra citazione:
Perciò, come dicevo più sopra, le associazioni religiose, in quanto
appunto separano i loro membri dalla vita e dall'attività del mondo, si
sentono esterne .(non estranee) al mondo, ed operano su di esso muoven-
do dal di fuori di esso; invece queste nuove forme, in quanto lasciano o
destinano i loro membri ad un certo ambiente, condizione dell'attività nel
mondo, vengono ad operare dal di dentro di ogni ambiente e di ogni catego-
ria sociale senza bisogno del suo assenso e della sua consapevolezza e per-
sino contro la sua volontà 3.
Tale affermazione nel Mp. « Primo Feliciter » viene vigoro-
samente ripresa con queste espressioni:
La perfezione si deve esercitare e professare nel mondo e perciò si
deve accomodare alla vita secolare in tutto ciò che è lecito e che si può

2 Cfr. Secolarità e vita consacrata, Ed. Ancora Milano, 1966, pag. 424.
3 Ibidem, pag. 428. -
A proposito di sviluppi dottrinali circa gli Istituti Secolari 91

accordare coi doveri e le pratiche della stessa perfezione. Tutta la vita


dei soci degli Istituti Secolari, consacrata a Dio con la professione della per-
fezione, deve convertirsi in apostolato il quale si deve esercitare sempre
e santamente con tale purità d'intenzione, intima unione con Dio, generosa
dimenticanza e forte abnegazione di se stessi e amore delle anime, che
non manifesti solamente lo spirito interiore che lo informa, ma che anche
lo alimenti e lo rinnovi continuamente.
Questo apostolato, che abbraccia tutta la vita, suol essere sentito sem-
pre così profondamente e così sinceramente in questi Istituti, che coll'aiuto e
la disposizione della Divina Provvidenza sembra che la sete e l'ardore delle
anime non abbia dato soltanto la felice occasione alla consacrazione della
vita, ma che in gran parte abbia imposto il suo ordinamento e la sua fisio-
nomia particolare; e che in modo meraviglioso il così detto fine specifico
abbia richiesto e creato quello generico. Questo apostolato degli Istituti
Secolari, non solo si deve esercitare fedelmente nel mondo, ma per così
dire, con i mezzi del mondo, e perciò deve avvalersi delle professioni, gli
esercizi, le forme, i luoghi e le circostanze rispondenti a questa condizione
di secolari 4 •

Ma non è solo dalla comparazione dei testi che appare di evi-


denza solare l'influsso dello studio di P. Gemelli nella elabora-
zione della dottrina sugli Istituti Secolari sia prima che durante la
redazione dei Documenti Pontifici. Nella loro preparazione in-
tervennero due Dicasteri della Curia Romana e precisamente il
S. Offizio · e la Congregazione dei Religiosi. Il Documento di P.
Gemelli, presentato prima al S. O:ffizio e da questo riprovato,
dovette essere bruciato. Poi, nel 1942, lo stesso S. O:ffizio richiese
una copia del documento per un ulteriore ed approfondito esame.
Alcuni esemplari, salvati dalle fiamme, venner9 così di nuovo
trasmessi a tale Dicastero. Nessuno può negare che quel docu-
mento sia stato l'origine degli studi e della dottrina che Pio XII
recepì nei suoi Documenti, dal momento che è risaputo che la
parte dottrinale fu piuttosto elaborata ed approvata dal S. Of-
fizio.
Oggi ci si dice che il redattore dello schema della Cost. « Pro-
vida Mater Ecclesia », e del Mp. «Primo Feliciter » non ha cono-
sciuto nel corso del suo lavoro il testo di P. Gemelli. Questa affer-
mazione reca un nuovo elemento storico di grande peso, tuttavia
abbisogna di prove e deve resistere alla critica sia interna che
esterna. Tanto più che vi sono molti fatti che oggi non sono ancora
stati resi di pubblico dominio, dai quali potremo attingere mag-
giori chiarificazioni.
Nella redazione di uno schema che richieda l'opera di una
équipe o di una commissione, è molto difficile ·sostenere che il
testo sia opera di un solo autore. Altro, infatti, è il compito di uno·

4 In G. Escudero - Gli Istituti Secolari, Ed. Ancora Milano, 1957, pag. 392.
92 VITA CONSACRATA / 2

scrittore, altro quello dell'ispiratore. Nel nostro caso, come del


resto in moltissimi altri, molti sono gli elementi recepiti dallo
scrittore che vengono, invece, proposti da altri nella discussione.
È indubbio del resto che fra i membri della commissione vi fos-
sero dei consultori del Sant'Offizio che conoscevano benissimo lo
scritto del P. Gemelli per averlo ripetutamente sottoposto ad esame.
Né mancarono, com'è usanza, appunti vergati da questi esperti
con i quali, essi - informati sull'argomento dello studio di P. Ge-
melli - esposero in sintesi e con incisività la sostanza della sua
dottrina, anche se, volta a volta, in maniera contraffatta o miti-
gata.
Per cui ci sembra che nella redazione dello Schema siano
confluite in un modo o nell'altro molte cose che hanno addentellati
evidenti con gli orientamenti o con il testo di P. Gemelli. Qualcuno
potrebbe pertanto limitarsi a dire di non aver a suo tempo letto
tale testo, senza per questo negare che esso abbia avuto almeno
indirettamente un certo influsso - e di qual peso! - per la
chiarezza della formulazione della dottrina. Del resto l'estensore
di simili documenti nella loro redazione non può riportare parti
importanti senza riscontrarle nell'ispirazione carismatica o nella
formulazione tecnica, cui abbiano collaborato prima numerosi al-
tri esperti. E queste parti importanti nella fondazione degli Isti-
tuti Secolari le conoscono i Fondatori che, sotto l'influsso dello
Spirito Santo, hanno seguito fedelmente questa strada!

In una nota eccezionalmente polemica l'Autore, cui abbiamo


fatto riferimento, riporta altre affermazioni che è facile confu-
tare. Egli infatti gratuitamente afferma cose che ignora e che non
desume dalla lettura del libro di M. Sticco. Ma si rende neces-
saria la lettura di tale opera dal momento che in aitro modo e più
chiaramente questi stessi fatti sono noti a qualcuno e dal momento
che essi, solo ora prudentemente resi di pubblico dominio, sono
stati vissuti in modo piuttosto sofferto.
Quanto poi viene detto a proposito dell'Archivio della S. Con-
gregazione dei Religiosi, risulta incompleto: anzi l'Autore sem-
bra essere al riguardo piuttosto all'oscuro. Il Segretario di taie
Dicastero, al quale ripetutamente ho espresso il più vivo ringra-
ziamento per i vari chiarimenti e per i documenti fornitimi per i
miei studi, non mi permise mai di liberamente accedere all'Archi-
vio. È pur vero che egli passò anche a me il fascicolo riguardante
la Costituzione « Provida Mater Ecclesia », già passato per le mani
A proposito di sviluppi dottrinali circa gli Istituti Secolari 93

di Pio XII, ma sotto i miei occhi vi tolse prima un documento


-<< riservato » nel quale erano esposte· molte cose relative alla
posizione del S. Offizio in proposito. Inoltre, avendomi un giorno
accompagnato nell'Archivio, vi trovammo mancanti alcuni docu-
menti che avrebbe voluto passarmi per i miei studi e così sottratti
non vennero più restituiti all'Archivio. L'Autore della nota pole-
mica, quindi, manca di una completa informazione così che, dopo
aver confutato le sue asserzioni, si devono respingere e il valore
storico e la forza dottrinale della sua nota.
Ciò che invece con questa risposta viene ·messo in nuova luce
non sarà inutile per gli Istituti Secolari che desiderano una sem-
pre crescente chiarezza intorno ai fatti connessi con la loro ap-
provazione.
L'Autore poi porta come argomento principale contro ogni evo-
luzione, anzi contro la cosidetta « contrapposizione » della dottri-
na dei due Documenti Pontifici, il pericolo di ledere la memoria
di Pio XII. La gloria del Sommo Pontefice verrebbe dal fatto che
lo stesso Sommo Pontefice non avrebbe avuto che una sola idea
in proposito e fissa per giunta! Senonché il fissismo in un uomo di
tanta scienza e santità sembra piuttosto improbabile. Più volte
lo stesso Pontefice mutò il suo parere e corresse i suoi testi. Par-
lando alle Missionarie della Regalità esaltò talmente la secolarità
propria della loro vita consacrata che la stessa aHocuzione manife-
sta in maniera chiarissima questa nuova via per la vita degli Isti-
tuti Secolari.
Al Congresso sugli Stati di Perfezione, celebrato a Roma nel
1957, il S. Padre nella sua allocuzione disse molte cose che, poi,
su suggerimento del Segretario del Dicastero competente, vennero
da Lui stesso corrette prima della pubblicazione. Tali correzioni
mi vennero passate per iscritto. Tutto ciò torna ad onore di questo
grande Papa che adoperò sempre la massima cura per portare il
suo modo di pensare sotto la luce della verità.
Questo argomento del fissismo e dell'immutabilità di parere
di Pio XII incontra molto favore ma, se fosse vero, risulterebbe
senz'altro dannoso ed infausto sia per gli Istituti Secolari che per
la fama dello stesso Sommo Pontefice. Ma su questo argomento, se
se ne presenterà l'occasione, mi tratterrò più a lungo con calma e
con il massimo rigore.

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