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REGOLI, R., Oltre la crisi della Chiesa.

Il pontificato di Benedetto XVI – Riassunto Matteo Nistri

INTRODUZIONE
Si cerca nel libro di individuare gli orientamenti del pontificato di Benedetto XVI.
Problematiche:
- Siamo troppo vicini; manca la prospettiva del tempo.
- Non si possono usare le fonti archivistiche, ma solo i discorsi pubblici.
Il papa non ha fatto riforme eclatanti negli 8 anni di pontificato, ma con il suo magistero ha indirizzato
quotidianamente la vita della Chiesa, aprendo diverse questioni:
- Attuazione del CVII
- Relazioni ecumeniche (ordinariato anglicano)
- Rapporto con altre religioni – islam – Regensburg.
Non si vuole fare “storia”, ma “offrire un contributo agli storici del futuro” (cit. Miccoli).

1. IL CONCLAVE E IL PROGRAMMA DI PONTIFICATO


Conclave: elemento divino (Spirito Santo – aiuta a non rovinare tutto Ratz) + umano (determinante)!
1.1. Le regole del gioco
GPII aveva da 9 anni introdotto la possibilità della maggioranza assoluta, ma solo dopo 15 giorni di
votazioni a 2/3 di maggioranza. Nonostante ciò il conclave del 2005 è stato uno dei più brevi degli
ultimi secoli (solo 4 votazioni). È evidente che nel conclave si avessero già le idee chiare, per questo
resta interessante vedere il pre-conclave.
1.2. Il preconclave
Molto lungo. La lunga malattia del papa aveva già aperto il dibattito (c’è chi lo fa risalire all’opera-
zione del tumore all’intestino del 1992. Si parla della formazione di diversi gruppi di cardinali, ma
nelle liste di candidati alla successione non appare mai il nome di Ratzinger.
Solo nel 2004 si comincia a pensare al tedesco, a seguito delle dichiarazioni di stima (un amico di fidato
di cui si rendeva grazie a Dio) che GPII aveva rivolto allo stesso Ratzinger nel libro Alzatevi, andiamo.
Al momento del conclave iniziano i dibattiti. Kasper “leader” del gruppo “San Gallo” auspica un
pastore (non un curiale) che non sia spaventato dalla secolarizzazione e che sappia dialogare con la
gente. Secondo Tauran il problema della chiesa non sono le riforme, ma la vita di fede dei singoli
credenti. A partire da quetso identikit si forma un sostegno forte a favore di Ratzinger (Lopez Trujillo,
Medina Estevez, Schonborn). Un tema che sembra stare a cuore a tutti è quello della collegialità.
Molti cardinali vogliono un papa che conosca la storia e la cultura occidentale, per revitalizzare la
Chiesa Cattolica a partire dal suo cuore, l’Europa.
Insomma, nonostante il Nostro non avesse alcuna intenzione di caldeggiare la propria elezione, sem-
brava proprio che lui potesse riunire le caratteristiche che avrebbe dovuto avere il nuovo papa.
Senza contare che, in qualità di Prefetto della Congr per la dottr della fede, aveva conosciuto e si era
fatto conoscere da tutti i cardinali. Nella celebre omelia della messa pro eligendo pontefice, alcuni
hanno letto una propaganda di sé.1
1.3.Le problematiche da affrontare nel 2005
Si fa un elenco delle tematiche su cui i cardinali dovevano ancora prendere posizione, tra cui il dialogo
ecumenico e interreligioso, la carenza dei sacerdoti, il ruolo della donna, la decentralizzazione del
potere nella Chiesa. Ci si allarga a tematiche più globali come il rapporto Chiesa-mondo e la proposta
di fede ai non credenti.

1
Recentemente, ne Le ultime conversazioni con Peter SEEWALD, il papa emerito ha affermato di essersi limitato in quell’oc-
casione a spiegare il brano della lettera agli Efesini, seguendo la lettura prevista per la liturgia di quel giorno (p. 172).

1
1.4. I precedenti del 1978: la continuità.
Regoli nota però che le stesse problematiche erano state anche affrontate nei 2 preconclavi del 1978.
In quell’anno la chiesa era appesantita da un decennio di contestazioni durissime, defezioni interne,
e critiche seguenti l’Humanae Vitae. Già il teologo Ratzinger nel 1968 scriveva nella Prefazione a
Intr al Cristianesimo: il significato della fede cristiana è oggi avvolto da un nebuloso alone d’incer-
tezza, come mai forse prima d’ora nella storia. La provvidenziale elezione di Wojtyla aiuterà la chiesa
a uscire da quella crisi, mostrando il suo lato più giovane e bello.
1.5. Il conclave del 2005
Innanzitutto va detto che l’idea di partiti e gruppi interni al collegio cardinalizio è equivoca. Non è
negabile ci siano delle forme di alleanza o di amicizia fra porporati.
Uno dei temi più cari a molti cardinali è quello del rapporto di potere tra episcopato e Papato, che
molti cardinali vorrebbero a favore del primo. Il conclave è molto duro, ma secondo alcune fonti non
poco dibattuto. Non abbiamo fonti attendibilissime: interviste, al massimo.
Ci affidiamo per la ricostruzione a un’intervista rilasciata da un cardinale anonimo probabilmente
“avverso” alla nomina ratzingeriana. 115 cardinali in conclave; servono 77 voti.
Prima votazione: Ratz 47, Bergoglio 10.
Seconda votazione: Ratz 65, Bergoglio 35.
Terza votazione: Ratz 72, Bergoglio 40.
Quarta votazione: Ratz 84, Begoglio 26.
Altre fonti pongono Bergoglio come reale “secondo”, ma riportando un confronto molto meno signi-
ficativo tra i due. Secondo molte fonti fu lo stesso Bergoglio a ritirarsi dal confronto per facilitare
l’elezione di Ratzinger. In ogni caso è certo che il tedesco abbia sempre avuto un notevole stacco
sull’argentino. L’accettazione fu molto dura per Ratzinger. Andatevi a leggere questo link, meravi-
glioso, in cui racconta come si è convinto ad accettare…2
Spiegazione del nome “Benedetto”: un riferimento a Benedetto XV, uomo di pace nella I GM, ispi-
randosi al quale Ratzinger avrebbe voluto essere un uomo di riconciliazione. Un secondo riferimento
è a Benedetto di Norcia e alle radici cristiane dell’Europa (così cara e centrale per Ratzinger)
Nello stemma non troviamo invece programmi di governo, ma riferimenti al passato e alla vita del
papa che aprono un programma pastorale: cercare Dio.3 La rinuncia al triregno nello stemma in favore
della semplice tiara può essere letto così: il papa è prima di tutto un vescovo, un pastore.
Perché lui, e così velocemente? Per i suoi modi umili, gentili, affabili, pieni di umanità e di dignità,
per la sua autorevolezza morale, intellettuale e dottrinale, per come aveva servito la Chiesa in Con-
gregazione, per l’amicizia che lo legava a GPII, per la sua fede.
1.6. Il programma del nuovo pontificato
Nei suoi primi discorsi, riprendendo il titolo a lui attribuito di Vescovo di Roma e partendo dal Con-
cilio, arriva a parlare di uno dei temi più desiderati: la collegialità nella Chiesa. Un altro tema conci-
liare di grande importanza per lui è l’ecumenismo: l’impegno primario di lavorare senza risparmio
di energie alla ricostituzione della piena e visibile unità di tutti i seguaci di Cristo.
Insomma, la preoccupazione di BXVI è la Chiesa stessa, lacerata nelle sue diverse confessioni e con
non poche divisioni all’interno della stessa Chiesa Cattolica.4

2
BENEDETTO XVI, Discorso ai pellegrini convenuti dalla Germania, 25 aprile 2005.
3
Il riferimento più diretto è al simbolo della conchiglia e alla storia di Agostino e dell’angelo in riva al mare.
4
Ma attenzione: questo obiettivo non è fine a sé stesso. La preoccupazione principale rimarrà sempre quella dell’annun-
cio del Vangelo, di chiamare l’umanità alla fede; ma come dice Paolo VI nella Evangelii Nuntiandi al n° 77: “Sì, la sorte
dell'evangelizzazione è certamente legata alla testimonianza di unità della Chiesa [...]. A questo punto vogliamo sottoli-
neare il segno dell'unità tra tutti i cristiani come via e strumento di evangelizzazione. La divisione dei cristiani è un grave
stato di fatto che perviene ad intaccare la stessa opera di Cristo.”

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2. LA CURIA ROMANA
Un organismo di servizio al governo, ma mai neutro. Ha sempre delle influenze sui pontefici, a seconda
della personalità dei suoi membri. Bisogna circondarsi degli uomini giusti per governare. Ogni nuovo
papa porta con sé nuovi uomini, anche se il passaggio da un sistema all’altro deve sempre essere fatto
con prudenza. Normalmente si tende a confermare per poi cambiare gradualmente. L’idea di Ratzinger,
guardando a suoi vecchi interventi, sembrerebbe essere quella di uno snellimento dell’apparato istitu-
zionale della Curia. Ma prima di riformare la curia bisogna trovare gli uomini adatti.
2.1. Gli uomini del papa
Nel primo anno i cambiamenti sono stati minimi; nel giugno 2006 si ha la nomina di Tarcisio Bertone
(non un curiale, ma un salesiano, un pastore, arcivescovo di Genova) a Segretario di Stato al posto di
Angelo Sodano. Una nomina di stampo pastorale, non approvata da alcuni settori della Curia.
Seguiranno molte nomine di uomini “del papa”, ossia più vicini alle sue idee. Siccome questi cam-
biamenti seguono o sono in concomitanza con la grande crisi mediatica che dovrà patire il papa, è
lecito domandarsi se le nomine di uomini “fedeli” non fossero più che altro indirizzate a creare un
sostegno forte attorno a sé.
2.2. Lo stile di governo
BXVI segue minuziosamente i dossier, non si fida dei giudizi finali, ma ha più difficoltà a seguire le
persone. Ciononostante si fida delle persone: Prendo decisioni soltanto dopo molte consultazioni.
L’uomo di curia deve essere coraggioso, pio, veramente credenti.
È forse meno “sociale” del suo predecessore. Non usa i pranzi e le colazioni per incontrare curiali,
vescovi o ambasciatori, incontra meno di frequente i nunzi e le visite ad limina si svolgono ora ogni
5 anni e non più ogni 7.
2.3. La Segreteria di Stato
Organismo centrale della Curia. Si occupa delle questioni ecclesiastiche e diplomatiche. È il primo
collaboratore, il primo ministro del pontefice. Deve infatti mettere in atto la volontà pontificia negli
affari di ogni genere. Nonostante le critiche mediatiche a lui rivolte, Bertone riceverà sempre parole
di elogio e attestati di stima da parte di Benedetto XVI, come testimonia la lettera a lui indirizzata il
15 gennaio 2010, in cui emerge il bisogno di Benedetto XVI di avere al suo fianco un intimo, con cui
intrattenere un rapporto di assidua e reciproca familiarità.
In ogni caso, come testimoniano anche i discorsi in occasione del Natale, Benedetto XVI vorrà sempre
dare un orizzonte pastorale alla macchina curiale.
2.4. Gli altri dicasteri
Per semplificare la curia, BXVI inizia a operare alcune semplificazioni. Unisce il PC del dialogo
interreligioso con quello per la cultura (il dialogo interreligioso si muove nell’ambito di differenze
culturali tra i popoli). A seguito del discorso di Regenburg e della conseguente crisi con l’islam, il
PC per il dialogo interreligioso è stato ripristinato.
Il PC per la Nuove Evangelizzazione è il primo dicastero totalmente pastorale, in piena consonanza
con il punto centrale del pontificato del papa: la fede e la sua crisi.
2.5. Le competenze
2.6.Le finanze
Nel 2009 BXVI affida la presidenza dello IOR al banchiere Ettore Gotti. Questi nel 2015 dichiarerà
il desiderio del papa di rispettare gli standard internazionali di trasparenza in modo esemplare, così
da poter garantire la credibilità della Chiesa come Autorità morale universale. Il 24 maggio 2012,
Gotti viene sfiduciato dal Consiglio di Amministrazione dello IOR. BXVI restò molto sorpreso dal
voto di sfiducia verso una persona che stimava e a cui voleva bene, ma per rispetto delle competenze
del Consiglio decise di non intervenire. Lo stesso Bertone non prenderà una posizione netta in merito.

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2.7. Complotto a Palazzo
Nella seconda parte del pontificato di BXVI avviene un continuo trafugamento di documenti. È evi-
dente che nella Curia molti si oppongano all’azione papale. Il maggiordomo Paolo Gabriele pubblica
molti documenti (per favorire la riforma stessa della Chiesa, dice lui). Le carte vertono su vari episodi:
lotte di potere, corruzioni, manovre; molte carte mettono in difficoltà Bertone. Il cardinale Vingt-
Trois lamenterà pubblicamente una grande disorganizzazione e una mancanza di funzionamento
dell’intero organismo curiale. Tutte le responsabilità ricadranno sul maggiordomo, ma la domanda
rimane: come può un solo uomo organizzare un’operazione mediatica del genere?
2.8. Conclusioni
Gli interventi di BXVI sono stati causati, più che da un programma di riforma vero e proprio, da una
serie di urgenze. Egli appare più come il silenzioso attuatore delle linee dei pontificati precedenti.
Invece dello stile “monarchico” dei papi precedenti, (Paolo VI aveva dilatato lo spazio del papa sopra
la Curia) GPII e BXVI governano più “per delega”, dopo aver fornito le grandi linee di azione.
In ambito finanziario sembra regnare il caos: uni contro altri; laici contro ecclesiastici.
La grande impronta di BXVI si vede soprattutto negli organi legati in maniera speciale al contenuto
della fede: dialogo ecumenico (Koch), interreligioso (Tauran). La scelta di circondarsi di gente amica
(Muller, Koch, Ouellet) manifesta forse un atteggiamento conservatore, chiuso alla ricerca di un al-
largamento della base del consenso ecclesiale. Insomma nonostante i grandi progetti (di cui parle-
remo) sembra essere un pontificato che sin dall’inizio (per le grandi pressioni) deve mettersi sulla
difensiva, contro attacchi esterni (media, poi anche l’islam) e interni (il gruppo di cardinali antiratzin-
geriani “San Gallo”). In un tale contesto è inevitabile circondarsi di uomini fedeli, che però non sem-
pre brillano per capacità. Spesso la Curia, più che un aiuto, sembra essere un problema da risolvere.

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3. IL GOVERNO MAGISTERIALE DELLA CHIESA
Ratzinger è un professore, un uomo che all’agire antepone il pensare. Tutto è ponderato e ben ragio-
nato. Durante il suo pontificato affronterà le tematiche più delicate, anche se sarà giocoforza costretto
a lasciare che i suoi collaboratori realizzino nel dettaglio i suoi progetti. Qui sta il limite del suo
pontificato: spesso i suoi uomini non sono all’altezza del compito, pur godendo della sua fiducia. UN
papa forte dunque, ma un papato debole.
3.1. La Chiesa cattolica in numeri
Negli ultimi 50 anni, la media percentuale di cattolici nel mondo è stata del 17,5%, nonostante la popo-
lazione mondiale sia praticamente raddoppiata, passando da 3.5 miliardi a più di 7. A livello continen-
tale, l’Europa perde molto il suo peso numerico (dal 42% dei cattolici di tutto il mondo al 23%). Si vede
la necessità di revitalizzare la fede in quel continente che rimane il centro della gerarchia cattolica. Un
dato più allarmante è quello relativo alla vita religiosa femminile che negli ultimi 50 anni risulta dimez-
zata (1.000.000 500.000!!). Il problema della fede appare quanto mai evidente.
3.2. La tematizzazione della fede
Quello del papa è un governo della parola, fatto di tanta predicazione e di celebri discorsi. Il nocciolo
della predicazione è l’amore di Dio (Deus Caritas est, la prima enciclica), origine della nostra fede. Il
primo paragrafo dell’enciclica recita: “all’inizio dell’essere cristiano non c’è un’etica o un’idea, ma un
avvenimento: l’incontro con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione
decisiva”. La seconda enciclica è sulla speranza, sulla vita eterna. La terza enciclica più sociale, Caritas
in Veritate, vuole ridefinire i rapporti economici secondo il bene comune universale.
Tutto questo magistero è affiancato dalla descrizione che il papa fa del volto bello della Chiesa, che è
il volto di Cristo, nei 3 libri su Gesù di Nazareth. La Chiesa vuole far riscoprire all’uomo di oggi un
cristianesimo bello, una fede viva, integra e ragionata, che possa tenere uniti gli uomini: “rimettere in
luce la priorità di Dio”. Insomma, si va al cuore, all’essenziale. Gli anni speciali su Paolo, sul sacerdo-
zio, sulla fede, il sinodo sulla Parola di Dio vanno in questa direzione. Nonostante il suo carattere più
chiuso non rinuncerà alle GMG, un modo nuovo dell’essere cristiani.
3.3. Benedetto XVI e la teologia
La teologia deve dire la bellezza della fede. Per un papa teologo sarà quindi un compito centrale. ma
l’azione della teologia non è solo di promozione, ma anche di difesa e correzione. Durante il pontifi-
cato di BXVI vengono condannati solo due teologi. La riflessione teologica infatti – ricorda il papa –
non può avere altra origine se non la fede della Chiesa. È infatti all’interno di essa che soffia lo Spirito
che introduce alla verità tutta intera.
Un punto centrale, nella riflessione teologica, è la riflessione sulla Chiesa. Gli insegnamenti del CVII
non sono univoci; le interpretazioni si moltiplicano, soprattutto riguardo la concezione del potere e del
governo nella Chiesa. Qual è il ruolo del Magistero? BXVI fornirà lungo il suo papato un contributo
decisivo all’ermeneutica del Concilio. Celebre è il discorso alla Curia il 22 dicembre 2005. Al centro il
concetto di “riforma”: la Chiesa è un soggetto in crescita, ma rimanendo sempre sé stesso. Il deposito
della fede va custodito puro e integro, ma approfondito e annunciato in modo sempre nuovo.
3.4. La liturgia, ovvero la restaurazione innovativa
Annuncio e celebrazione della fede, è un tema molto caro al teologo Ratzinger. Il più grave pericolo
è concepire la liturgia etsi Deus non daretur. Un rilancio della fede deve quindi affrontare necessa-
riamente un rinnovamento liturgico. Si segnala l’importante esortazione apostolica Sacramentum ca-
ritatis, sulla liturgia. BXVI è un uomo di ampie vedute che, senza contraddizioni, sa difendere allo
stesso tempo la celebrazione latina nella sua forma straordinaria e la maniera di celebrare delle Co-
munità Neocatecumenali: due stili molto lontani, ma entrambi cattolici, come approvato dalla S.Sede.
Non pochi vescovi e teologi saranno pubblicamente contrari; il consenso si trova soprattutto tra se-
minaristi e giovani preti. Un gioco di equilibri, per cercare l’unità della Chiesa.

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3.5. Il Sacro Collegio. La nuova geografia
Tutto quello che abbiamo detto in termini di fede va tradotto in decisioni di governo. In tal senso è
significativa la politica delle nomine cardinalizie. Un problema non facile da risolvere, come testimonia
un adagio romanesco: «la difficoltà non sta in der fabbricà i cappelli, ma in der trovà le teste de appic-
cicajieli». Nei 5 concistori del suo pontificato, BXVI ha nominato 90 cardinali, di cui 16 non elettori.
Questo vuol dire che dei 115 cardinali che nel 2013 hanno eletto Bergoglio, ben 74 erano stati nominati
da BXVI. Tra essi, ben 39 sono europei (l’Europa sempre al centro della preoccupazione di BXVI).
Molti di quelli non europei invece avevano svolto il proprio cursus honorum nei dicasteri della Curia,
o nelle nunziature, acquisendo comunque una forma mentis romana.
3.6. La vita religiosa
Negli ultimi anni sono sorte moltissime nuove fondazioni (più di 400 tra il 1970 e il 1990). Una vivacità
che non ci si aspetterebbe di vedere in un mondo individualista come quello moderno. Il legame di
BXVI con la vita religiosa si capisce anche dalla scelta del nome, ma anche dai suoi celebri discorsi,
come quello tenuto a Parigi sul contributo del monachesimo all’Europa. Pur sostenendo la vita religiosa
(è il caso dell’aiuto dato ai Legionari di Cristo), non teme di sopprimere nuove esperienza dove non
trova rispondenza alle esigenze della vita religiosa (Famiglia monastica fraternità di Gesù, 2010).
Una grande crisi vive la vita religiosa femminile negli USA. Nel 1965 erano 180.000, nel 2009
59.000, la cui età media si aggira attorno ai 70 anni. Numeri spaventosi. Il problema – per BXVI –
non sono aspetti particolari della vita consacrata; in gioco è la fede stessa. Le attenzioni delle religiose
invece, come emerge da un questionario, sono concentrate non sulla fede, ma sullo stile di vita, sulla
disciplina, la dottrina, etc… Insomma, dalle due parti dell’Oceano non ci si intende.
3.7. I movimenti ecclesiali
Il papato si è sempre schierato a favore e garanzia dei movimenti, nonostante il dissenso di alcuni
vescovi. Sono un balsamo per la Chiesa: l’impegno di vita, la testimonianza di fede, l’impegno laicale
sono solo alcuni dei frutti. Sono i movimenti, le “minoranze creative” che determinano il futuro (an-
che se secondo BXVI anche la Chiesa stessa può ormai considerarsi “minoranza creativa”). Già da
professore aveva avuto contati con questi movimenti (Toni e Bruna Spandri!): l’incontro con loro fu
per lui un evento meraviglioso. L’entusiasmo, lo slancio, la fede erano una chiara risposta a quello
che Rahner aveva chiamato “l’inverno della Chiesa”: gli anni del post-concilio. Dopo averli sostenuti
come Prefetto, anche da papa non cambierà affatto la propria posizione, inserendoli nel corpo eccle-
siale e sorreggendoli. Alla nascita dei movimenti – dice – corrisponde una grande rinascita cattolica.
La freschezza e la giovinezza dei movimenti, rimettendo al centro Dio, sono una forte risposta alla
crisi di fede europea.
3.8. La politica della santità. Canonizzazioni e beatificazioni
870 beati (di cui 773 martiri, che diventano subito beati grazie alla riforma di GPII) e 44 santi.
Volendo distinguere meglio tra canonizzazione e beatificazioni, delegherà le beatificazioni a un suo rap-
presentante (eccetto che per Newmann e per GPII), incoraggiando la celebrazione nella diocesi che ha
promosso la causa, promuovendo anche una certa decentralizzazione ecclesiale. Un caso particolare è
stata l’insistenza di BXVI per Ildegarda di Bingen, la cui canonizzazione non ha seguito il normale iter.

3.9. La devozione al papa


Una devozione tipicamente contemporanea, ingigantita dall’attentato a GPII e dalla sua lunga malattia.
Lo vediamo soprattutto dalle grandi masse umane che seguono i viaggi papali. Sotto il pontificato di
BXVI i fedeli presenti agli appuntamenti papali oscillano sempre tra i 2.5 milioni e i 3.3. Moltissimi.
Contemporaneamente agli attacchi mediatici, si sviluppa un movimento di vicinanza a BXVI che cul-
mina nel papaday del maggio 2010, che ha portato 150.000 fedeli in Piazza San Pietro, a manifestare
la propria vicinanza e il proprio affetto verso l’anziano papa tanto attaccato.

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4. LE URGENZE DEL GOVERNO UNIVERSALE
Anche se il papa ha una sua agenda, un suo programma, spesso ci sono delle problematiche non previste
ma che, per la loro impellenza, prendono il sopravvento nei piani pontifici.
4.1. Gli abusi sessuali sui minori. Il centro romano reagisce alle inadempienze periferiche
Un fenomeno tanto sconvolgente quanto diffuso, presente nel 60% (!!!) delle famiglie. Si stima che in
India un ragazzo su due sotto i 18 anni sia stato abusato. Al momento gli studi statistici più accurati
hanno riguardato la Chiesa Cattolica, non perché lì il fenomeno sia più diffuso, ma perché negli ultimi
anni questa è stata al centro di forti polemiche in merito. Il 4% dei preti attivi tra il 1950 e il 2002 è
stato coinvolto in un processo (si, ma dimmi quanti sono stati condannati!!). Nella consapevolezza che il numero as-
soluto è sempre preoccupante, va comunque detto che la percentuale di abusi interni alla Chiesa Catto-
lica rispetto alla totalità di delitti commessi è minima (in Austria il 3.3%). Su questo tema, durante gli
anni del pontificato di BXVI, la Chiesa viene sottoposta a una pressione mediatica mai vista prima.
Già da cardinale aveva preso una linea molto rigorosa in merito, avocando a Roma (CDF) tutti i delitti
per abusi commessi da sacerdoti su minori, i quali rientrano tra i delicta graviora. Già nel suo primo
anno di pontificato infatti, BXVI condannerà Gino Burresi e Marcial Maciel Degollado.
È sempre lui ad affrontare la tesi (entrata anche nella Chiesa) secondo cui esistono solo mali relativi e
quindi la pedofilia non sarebbe male in sé, dicendo: “esistono cose che sono sempre cattive, e la pedo-
filia è sempre cattiva”. Non nasconde le colpe della Chiesa, chiamandola a una purificazione e invitan-
dola alla penitenza. Accusa i vescovi d’Irlanda di aver mancato gravemente nell’applicare le norme del
diritto canonico in materia…“tutto questo ha seriamente minato la vostra credibilità”; dice poi che i
preti coinvolti dovranno rispondere davanti a Dio e ai tribunali. Insomma, non proprio morbido. Molti
dei vescovi saranno rimossi. Anche in questa situazione drammatica si preoccupa della fede del popolo
irlandese, preoccupandosi per i piccoli scandalizzati.
Ma i suoi gesti non finiscono qui. Diverse volte negli anni di pontificato incontrerà personalmente vit-
time di abusi, ascoltandoli e consolandoli. La congregazione per la dottrina della fede emana il 15/7/10
una serie di normative molto dure e rapide per reprimere la pedofilia nella Chiesa, e le conseguenze
sono immediate: 565 preti vengono dimessi tra il 2009 e il 2012. Il gran numero di scandali ha riguar-
dato proprio l’inefficacia dei vescovi locali coinvolti, che non sempre hanno saputo intervenire con
decisione. Emerge una crisi dell’episcopato mondiale cui Roma deve porre rimedio.
4.2. Papato ed episcopato
Ratzinger non ama le Conferenze episcopali, “prive di una base teologica”. Al contrario ama molto la
struttura del Sinodo dei vescovi. Nella difficoltà di trovare uomini di eccellenza per l’episcopato mon-
diale, emerge il difficile equilibrio dialettico tra centro romano e poteri locali. Il problema è storico: da
Pio VII in poi vediamo una politica di accentramento; è il papa a scegliere i suoi vescovi, l’episcopato
è sempre più dipendente da Roma: un episcopato “romano” nella formazione e nella mentalità. Il papa
si serve sempre più delle riunioni con i vescovi per far passare i suoi indirizzi e dei nunzi come dei
controllori dell’attività episcopale.
La Santa Sede vieta le nomine episcopali da parte degli Stati, e anche quando ci siano nomine gover-
native (Strasburgo, Metz), vanno sempre sottoposte alla conferma papale.
Il CVII cercherà di porre un limite al papismo coinvolgendo maggiormente l’episcopato e istituendo il
Sinodo dei vescovi, istanza di raccordo e consultazione dell’episcopato mondiale.
BXVI – che conosceva molto bene l’episcopato mondiale – non teme nel suo pontificato di prendere
posizioni non sempre condivise da altri vescovi, come il caso della remissione di scomunica a 4 vescovi
lefebvriani. In una lettera scritta all’episcopato mondiale in quell’occasione, BXVI lamenterà l’ostilità
di quanti (sacerdoti, vescovi, teologi) hanno male interpretato un gesto di misericordia, trasformandolo
così in un gesto di separazione. Lamenta la divisione con le parole di Paolo: “Se vi mordete e divorate
a vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!” (Gal 5,15)…”è forse mo-
tivo di sorpresa che non siamo migliori dei Galati?” conclude. Allo stesso tempo ribadisce il suo ruolo
nella Chiesa: tu conferma i tuoi fratelli.

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4.3. Le nomine episcopali
Il primato di Roma si vede soprattutto nelle nomine episcopali. Esse partono da indicazioni locali, ven-
gono poi vagliate dai nunzi apostolici che inviano a Roma una terna di nomi. A quel punto è il papa a
decidere in base al suo modello ideale di vescovo che per BXVI deve essere: “coraggioso, con spiccate
qualità intellettuali, umane, professionali e di leadership, in grado di andare controcorrente”.
Solo in 2 casi Roma è andata a scegliere un candidato esterno alla terna: Gerhard Wanger (per la diocesi
di Linz, che però rinunciò presto all’incarico per le pressioni della Chiesa austriaca) e Stanislaw Wielgus
(Varsavia). Conservatore, candidato di ripiego, viene nominato per evitare contrasti tra altri candidati
ben più in vista. Venuti poi alla luce i suoi contatti con i servizi segreti il sacerdote rinuncerà all’incarico.
Il papa era certamente disinformato della vicenda, il cardinal Dziwisz parlerà di “una manovra politica”.
4.4. Le relazioni episcopali non facili
Parliamo dei vescovi dimessi o invitati a dare le dimissioni anticipatamente. Alcuni per scandali pub-
blici, altri per idee eterodosse. È il caso di William Morris, australiano, aperto a ordinare uomini sposati,
donne, ecc… a seguito di un’inchiesta vengono chieste le dimissioni al prelato, che si rifiuta. Il risultato
sarà la rimozione dello stesso. Un caso che farà molto clamore e che riporterà alla ribalta dell’opinione
pubblica la questione delle ordinazioni femminili.
Altri motivi per l’invito alle dimissioni sono la poca accortezza nella gestione dei beni temporali o degli
scandali in diocesi; è il caso dei vescovi irlandesi, accusati di aver coperto certi sacerdoti accusati di
pedofilia per proteggere la reputazione della Chiesa.
Un discorso a parte richiede il vescovo paraguayano Fernando Lugo, eletto presidente del paese alla
guida di un partito di sinistra, poi dimesso dallo stato clericale.
E i rapporti con l’episcopato italiano? La Segreteria di Stato interviene spesso, ma non sempre trova
accoglienza. Spesso infatti non si crede che dietro le indicazioni di Bertone si celi la volontà di BXVI.
4.5. Conclusioni
L’area maggiormente interessata alle decisioni dirette di Roma sembra essere l’Occidente (inteso come
area culturale, più che geografica): è lì che si annida la crisi della Chiesa. Spesso è l’inadeguatezza dei
vescovi che costringe Roma a intervenire e dunque a centralizzare il potere. Tuttavia non sempre il papato
riesce a perseguire tutti i suoi progetti. Le idee ci sono e sono buone, il problema è la messa in pratica.

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5. L’UNITÀ DEI CRISTIANI
Una grande preoccupazione già dal primo messaggio ai cardinali elettori, assumendosi “come impegno
primario quello di lavorare per la piena e visibile l’unità dei seguaci di Cristo”. Ci rifacciamo a un
incontro che fece con i rappresentanti delle altre comunità cristiane in occasione della GMG del 2005:
dialogo – dice – è scambio di doni, ma non possiamo fare unità solo sulle nostre forze: è un dono dello
Spirito. Il punto di partenza – ha detto poi al discorso di Regensburg – deve essere la fede razionale. Un
altro punto di unità deve essere l’incontro su alcune grandi questioni etico-politiche, come il valore
della vita o l’indissolubilità del matrimonio. Non basta un ecumenismo dei buoni sentimenti, ma bisogna
intervenire in questioni concrete: pensiamo all’ordinariato anglicano, o al giudizio offerto su Lutero,
definito ricercatore appassionato di Dio e propriamente del Dio misericordioso.
BXVI inoltre non rinuncia, nello sforzo ecumenico (camminare verso un orizzonte comune), all’unio-
nismo (camminare verso Roma): è necessario che l’unità sia visibile intorno a Roma.
5.1. Lefebvrianesimo e mondo tradizionalista
I tradizionalisti sono gruppi che non accettano gli sviluppi della dottrina cattolica. Campione di questo
modello fu mons. Marcel Lefebvre (fraternità Pio X), così estremo da essere prima sospeso a divinis da
Paolo VI e poi scomunicato da GPII. Il Card. Ratzinger tentò, senza esito, di ricomporre la frattura.
Motivo per cui da papa questa ricomposizione sarà una sua priorità (pur essendo criticato dai membri
della fraternità). Iniziano quindi i dialoghi, gli incontri, che hanno come volontà di trovare l’unità.
Nonostante le critiche, il papa il motu proprio Summorum Pontificum, per la liberalizzazione della
messa tridentina, come “forma straordinaria”; il documento è accompagnato da una lettera a tutti i ve-
scovi per spiegare le ragioni di questa decisione. Questa decisione va collocata nella visione liturgica
del papa: importanza del latino liturgico e riforma liturgica vista all’interno dell’unità che caratterizza
lo sviluppo storico del rito. Ma la ragione centrale è la riconciliazione interna nel seno della Chiesa:
due diverse leges orandi sotto un’unica lex credendi. Nel 2009 verrà rimessa la scomunica a mons.
Lefebvre. La Fraternità lefebrvriana ribadisce poi la propria obbedienza a Pietro in una lettera, per-
mettendo di precedere anche alla reintegrazione dei 4 vescovi scomunicati (perché consacrati da Le-
febrvre senza mandato pontificio). In tutto questo però l’iniziativa è stata sempre e solo del papa,
senza alcuna apertura da parte della fraternità. Di fronte a questo atto di magnanimità infatti il supe-
riore generale della fraternità Fellay scrive una lettera auspicando che la Fraternità possa aiutare la
S.Sede a portare rimedio alla perdita di fede all’interno della Chiesa e ricordando le riserve a pro-
posito del CVII. Un messaggio quanto mai arrogante e fuori luogo. La santa Sede ribadisce affer-
mando che la revoca della scomunica non implica un riconoscimento canonico della fraternità. Ma
allora perché rimettere la scomunica? – gridano alcuni cattolici. BXVI risponde con una lettera: serve
a invitare i 4 vescovi a tornare nella Chiesa, ribadendo che la remissione della scomunica non equivale
a una accettazione canonica. Se alla fraternità ribadisce che non si può congelare l’autorità magisteriale
al 1962, ad alcuni settori cattolici ricorda che non si può nemmeno cancellare la millenaria tradizione
della Chiesa. Obbedire al CVII significa anche riconoscere secoli di fede professata prima. Di fatto fino
alla fine del pontificato di BXVI non ci saranno sviluppi rilevanti. Il papa ha cercato in tutti i modi di
aiutare la fraternità, compiendo tutte le premesse per un dialogo fecondo, andando anche contro il parere
di molti cattolici, ma i suoi interlocutori non si sono dimostrati all’altezza della fiducia riposta in loro.
5.2. L’anglicanesimo. La grande novità degli ordinariati personali
I primi passi significativi per il dialogo con la Chiesa anglicana si hanno al tempo di Paolo VI. La Chiesa
anglicana si stava spaccando (ordinazioni di donne e di omosessuali) e alcuni gruppi più ortodossi vo-
levano tutelare la propria tradizione dottrinale e morale. A fronte di queste difficoltà, nel 2007 alcuni
vescovi anglicani (nonché molti fedeli) chiedono di entrare in comunione con la Chiesa cattolica, senza
rinunciare alla loro identità anglicana. La richiesta non viene solo dal volersi dissociare da una realtà
(quella anglicana) ormai corrotta, ma anche dalla viva convinzione che il ministero petrino di unità sia
voluto da Cristo. BXVI risponderà con la costituzione Anglicanorum coetibus, mediante la quale acco-
glie questi fratelli nella Chiesa Cattolica mediante la costituzione di “ordinariati personali” (sul modello
di quello militare), ossia delle diocesi che non corrispondono a un territorio, ma a delle categorie di

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persone, poste sotto l’autorità di un ordinario (un vescovo). Possono entrare nell’ordinariato coloro che
provengono dalla chiesa anglicana (o che sono parenti con membri dell’ordinariato) e che professino la
fede così come espressa dal Catechismo della Chiesa Cattolica. Il compito dell’ordinario è di guidare
progressivamente i fedeli verso una sempre più piena assimilazione alla Chiesa Cattolica.
Il papa si riserva il diritto di concedere la dispensa del celibato a ministri (o laici) anglicani sposati, che
possono quindi essere ammessi al presbiterato (ma non all’episcopato) in comunione con la Chiesa
Cattolica. Di fatto la tradizione anglicana viene considerata (al pari del rito ambrosiano) come una par-
ticolarità all’interno della Chiesa latina: un dono prezioso per alimentare la fede dei suoi membri e per
arricchire la Chiesa stessa. Il primate della Comunione anglicana ringrazia il papa per la sua generosità,
e con lui diversi esponenti del mondo anglicano. Non sono però tutti di questo avviso: l’arcivescovo di
Canterbury definirà la situazione “pastoralmente fantasiosa” e “uncomfortable”.
Nonostante le critiche si procederà, negli anni successivi, a creare vari ordinariati personali, legati però
a certi spazi geografici (Inghilterra, Galles, USA, Australia). A chi critica queste decisioni definendole
un tentativo di creare chiese uniate, BXVI risponde che non si tratta di questo, ma di offrire la possibilità
a tradizioni di Chiese particolari di essere in comunione con il papa e con la Chiesa Cattolica: sono
valorizzati elementi di santificazione e verità al di fuori della Chiesa Cattolica.
5.3. L’ortodossia. La ripresa del dialogo
Anche qui si parte da Paolo VI: incontro con Atenagora (patriarca di Costantinopoli), l’eliminazione
della scomunica reciproca. Ma il mondo ortodosso non è solo Costantinopoli: c’è anche Mosca. Sotto
il pontificato di GPII il dialogo si era un po' raffreddato a causa della sua decisione di creare delle
diocesi cattoliche nel territorio del Patriarcato Russo. BXVI è convinto che il luogo in cui noi cattolici
siamo più a casa di altri è la Chiesa ortodossa. Il dialogo con questa chiesa è quindi una priorità.
Iniziano una serie di dialoghi. Nel 2007 a Ravenna, una delegazione di ortodossi riconosce il primato
del vescovo di Roma. Nel 2008 poi il patriarca di Costantinopoli si è recato a Roma in occasione della
festa dei santi Pietro e Paolo, dove ha benedetto i fedeli insieme al papa. BXVI è convinto che Oriente
e Occidente debbano lottare insieme contro il secolarismo. Molti sono i punti che ci accumunano, non
ultimi le posizioni in ambito morale ed etico (difesa della vita umana, del matrimonio, della famiglia).
Lo stesso discorso vale per il dialogo Roma – Mosca, in cui però BXVI è favorito da una situazione
politica più distesa rispetto a quella tesa che aveva dovuto affrontare il suo predecessore. Non solo un
dialogo teologico quindi, ma anche politico, etico e sociale. I buoni sentimenti non bastano più.
5.4. Conclusioni
Sotto il pontificato di BXVI ci sono quindi dei progressi: molti rientrano nella comunione con Roma.
Da notare che il papa nel dialogo non si è servito tanto del Pontificio Consiglio per l’unità dei Cristiani,
quanto della CDF (vedi il caso anglicano). È lì infatti che si trovano i suoi uomini, con i quali vi è
consonanza di intenti e prospettive. Un altro motivo sono i due criteri teologici alla base dell’unità: il
riconoscimento del primato papale e l’adesione al CCC, e quindi al CVII.
Secondo alcuni il suo, più che ecumenismo, è stato uniatismo: un ritorno dei singoli alla vera Chiesa.
In realtà si tratta di un nuovo ecumenismo che vuole vedere e toccare con mano l’unità, che non si
accontenta di un’unione sentimentale o affettiva, ma che cerca una visibile unità teologica e gerarchica.
Per questo servono gesti concreti, che smuovano le coscienze, e nei quali l’anziano BXVI si è mostrato
molto più giovane e dinamico di certi suoi giovani (ma atrofizzati) collaboratori.

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6. IN DIALOGO CON LA CULTURA
Vediamo le linee culturali e politiche su cu si muove il papato nel dialogo con il mondo. Escludiamo
ciò che riguarda il campo dell’economia, della scienza, dell’arte e dei beni culturali. BXVI, come GPII
ha incentrato il dialogo col mondo intorno ai temi antropologici e alle sfide ad essi connesse. Si parlerà
quindi di diritti umani, libertà religiosa, questioni etiche, promozione della pace, dialogo interreligioso:
insomma, il rapporto tra Chiesa e modernità (autonomia del soggetto fino alla secolarizzazione e alla
laicizzazione). D’altronde anche il papato appare modernizzato: stampa, mezzi di comunicazione, ma
anche la stessa opera di centralizzazione portata avanti tra 800 e 900 rispondono alle esigenze culturali
dell’epoca, secondo le quali le amministrazioni governative erano centralizzate. BXVI non scende a
compromessi con la modernità, ma ricerca al suo interno valori morali che vengono dal Cristianesimo.
Il problema di fondo della modernità – già per l’allora card. Ratzinger – è la deriva illuminista della
modernità, che mette da parte Dio. L’illuminismo – afferma Ratz – è nato nell’ambito della fede cri-
stiana, che sin dall’inizio ha compreso sé stessa come religione del logos, della ragione; addirittura:
l’illuminismo ha avuto il merito di ridare voce a una ragione cristiana ormai addomesticata dalla reli-
giosità e dal tradizionalismo. Un invito accolto dal CVII, che ha riaffermato il legame fede-ragione.
6.1. Il ruolo della religione nella società.
Il pensiero del nuovo pontefice trova una vera manifestazione nel noto discorso di Regensburg: non
agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio. Alla Casa Bianca a Washington ricorda che i
principi che governano la vita politica e sociale sono intimamente collegati con un ordine morale,
basato sulla signoria di Dio creatore. La religione può individuare principi morali oggettivi solo nella
misura in cui non degenera nel fondamentalismo; solo in questo modo essa potrà servire egregiamente
la società e la vita politica. Uno Stato deve infatti basarsi su norme fondate su principi etici, che in
ultimo luogo si fondano sulla religione. Una visione di uno Stato laico (non laicista, che impedisce
un’incidenza del fattore religioso nella vita civile) con radici nel religioso. In tal senso la laicità è
quella condizione che permette alla religione di avere il proprio spazio nel dibattito pubblico, ricono-
scendone così l’importanza culturale.
Nel servizio alla società fede ragione devono instaurare un rapporto di proficua collaborazione: la
ragione ha sempre bisogno di essere purificata dalla fede, per non credersi onnipotente; allo stesso
modo la religione ha sempre bisogno di venire purificata dalla ragione per non degenerare nel fonda-
mentalismo e mostrare il suo autentico volto umano.
BXVI rifiuta ogni tipo di ideologizzazione della politica: il cristianesimo non conosce nessuna “teologia
politica”, ma soltanto un “ethos politico”: rendi a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio.
6.2. Chiesa e diritti dell’uomo
Quali diritti riconosce la Chiesa? Certamente la libertà religiosa di coscienza, ma non i diritti riproduttivi
e di genere o quelli relativi alle pressioni su questioni ecclesiastiche interne (sacerdozio donne e omosex).
Per Paolo VI e GPII fondamento dei diritti e la dignità umana, che a sua volta radicata in Dio: proprio per
questo è la Chiesa a poter presentare un catalogo dei diritti, perché essa conosce custodisce la verità
sull’uomo proveniente dalla rivelazione divina. L’insegnamento di Benedetto XVI si pone su questa linea:
la Chiesa, in quanto corretta interprete delle norme morali, sembra l’unica a poter accampare una funzione
direttiva sull’umanità intera. Nel discorso all’ONU BXVI afferma che i diritti sono basati sulla legge
naturale iscritta nel cuore dell’uomo; interpretarli il nome di diversi contesti culturali, politici e sociali
significherebbe negare l’universalità. Nella ricerca di un vero diritto non si può fare affidamento sul prin-
cipio maggioritario: ogni persona deve cercare lei stessa i criteri del proprio orientamento.
A partire dalla ragione che si possono individuare i “valori non negoziabili”: protezione della vita in
tutte le sue fasi, riconoscimento di promozione della struttura naturale della famiglia diritto dei geni-
tori a educare i loro figli”; valori che il cristiano è invitato a promuovere nella politica.
Tuttavia sussiste un problema: diritto dell’uomo e diritti del cristiano non sembrano coincidere sem-
pre (es: divorzio). È evidente una diversa concezione dei valori, l’uomo: si tratta della questione an-
tropologica.

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6.3. La questione antropologica
questione non riguarda solo il cattolicesimo da oltre, raggiungendo diversi settori culturali. Nel 2011
ad esempio un gruppo di intellettuali italiani di stampo marxista ha pubblicato una lettera che ha per
titolo: Emergenza antropologica. Una nuova alleanza tra credenti e non credenti. A loro parere la
riflessione antropologica, così importante fino a quel momento per i cattolici, deve diventare centrale
anche per la sinistra laica. Il concetto di valori non negoziabili viene ripreso da questi intellettuali
come un richiamo “alla responsabilità della coerenza fra i comportamenti e i principi ideali che li
ispirano”. La questione antropologica inoltre è legata alle sfide del progresso tecnico-scientifico: una
corretta valutazione morale deve sempre prendere spunto da una posizione antropologica (embrione
umano è un grumo di cellule o una persona?). Gli autori della lettera mirano a un progetto di riforma
intellettuale morale promosso da un confronto con la teologia, la visione antropologica della dottrina
sociale di Benedetto XVI. Un progetto che purtroppo si è prestato al momento della rinuncia al mini-
stero del Papa, ma che testimonia l’alta considerazione che gli intellettuali hanno di BXVI.
6.4. Gli interventi etici
Il Papa ha realizzato anche alcuni interventi politici pubblici. Nel 2005 infatti sostiene la CEI nella
sua campagna contro la fecondazione assistita. La Chiesa italiana appare ancora in grado di influen-
zare il dibattito morale pubblico nel paese. Benedetto XVI sostiene inoltre più volte la difesa della
vita, la libertà di educazione, l’istituto matrimoniale tra uomo e donna; nel suo viaggio in Africa
ribadisce l’insegnamento di Paolo VI sulla contraccezione, definendola un atto non propriamente
umano. Non si supera il problema dell’AIDS distribuendo preservativi, ma umanizzando la sessualità
secondo l’insegnamento della Chiesa cattolica, rinnovando interiormente l’uomo. Questa dichiara-
zione faranno il giro del mondo ricevendo una quantità enorme di critiche, anche dentro la Chiesa.
Se le reazioni (scientifiche e non) di dissenso cercano solo di tamponare l’emergenza AIDS, gli in-
terventi di Benedetto XVI mostrano un respiro più ampio: egli vuole andare al cuore del problema,
che altro non è che il cuore dell’uomo. L’ondata di dissenso manifesta una tensione irrisolta tra un
mondo moderno in cerca di autonomia morale (primato della coscienza) e una Chiesa ancora vista
sotto l’aura di un dogmatismo autoritario, dove la Legge schiaccia l’essere umano.
6.5. Il dialogo interreligioso e con i non credenti
Documento della CDF Dominus Iesus (2000), redatto dal card. Ratzinger. Un testo che prende di mira
il relativismo e il sincretismo, ma considerato troppo restrittivo. Nell’intervento in occasione della
presentazione del documento il cardinale Ratzinger dichiarò che non tutte le religioni possono svol-
gere un ruolo di preparazione evangelica, ma con quelle aperte all’azione Dio si può instaurare un
dialogo che ricerca il bene (in ottica cristiana, l’appartenenza a Cristo) dell’interlocutore. Questa è la
linea che avrà anche da pontefice.
Grande, ad esempio, il rispetto di Benedetto XVI per il popolo ebraico, tanto da passare a chiamare
gli ebrei da “fratelli maggiori” a “padri nella fede”. In un mondo minacciato di terrorismo di matrice
islamica il dialogo interreligioso è una necessità vitale. Tuttavia nessun dialogo può attenuare o in-
debolire la vocazione missionaria nella chiesa: in nessun caso le altre religioni possono essere consi-
derate vie salvifiche alla stregua del cristianesimo. L’obiettivo del dialogo è sempre quello di scoprire
la verità, dunque i cristiani sono incoraggiati a proporre, ma non ad imporre, la fede di Cristo.
Nel dialogo con l’Islam, richiede con maggiore fermezza che alle minoranze cristiane presenti nei
paesi islamici sia riconosciuta la stessa libertà religiosa che godono i musulmani in Occidente. Allo
stesso tempo, nel famoso discorso di Regensburg, condanna il binomio fede-violenza in nome della
ragionevolezza della fede. Citando le parole di Manuele il Paleologo (mostrami pure ciò che Mao-
metto ha portato, vi troverai soltanto delle cose cattive disumane, come la sua direttiva di diffondere
per mezzo della spada la fede che egli predicava). Questa citazione fa scoppiare la “rabbia islamica”,
i nunzi dei paesi musulmani vengono convocati, vengono chieste pubbliche scuse. In realtà, Bene-
detto XVI aveva preparato il discorso con finalità strettamente accademiche, senza pensare alle con-
seguenze politiche. Nell’Angelus della domenica successiva il Papa esprime davanti al mondo il suo
rammarico e dichiara che la frase incriminata “non esprime nessun modo il mio pensiero personale”.

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In realtà il dialogo che il papa vuol portare avanti con l’Islam è essenzialmente culturale, finalizzato
alla pace nel mondo e non teologico. Troppa è la distanza che ci separa da loro, non ultimo la non-
interpretabilità del Corano.
Paradossalmente il discorso di Regensburg segna invece l’inizio di una serie di importanti contatti
con il mondo islamico, culminati in una lettera redatta da 138 seggi islamici e indirizzata al papa e ad
altri capi di comunità cristiane, per promuovere una cooperazione tra le due religioni. Mettendo in
comune i valori comuni dell’unicità di Dio, dell’amore di Dio e del prossimo (insieme ai punti comuni
sulla morale: famiglia, vita, ecc…) si crea un ponte con l’islam moderato. Purtroppo però nei paesi
islamici le persecuzioni contro i cristiani continuano e il papa deve nuovamente levare la voce in
merito. La realtà dei fatti stride non poco con il buonismo irenista occidentale.
BXVI porta anche avanti un dialogo con i non credenti. Ora agli incontri per la pace ad Assisi vengono
chiamati anche non credenti, in un contesto che – pur richiamando la preghiera – evita ogni forma di
preghiera comune. Al centro non sta infatti la preghiera, ma la ricerca della pace. Questo ci aiuta a
capire il tipo di dialogo che il papa cerca con i non credenti: un dialogo razionale, che parta dall’an-
tropologia e dalla dignità della persona umana.
6.6. La scelta della pace
Anche se la Chiesa del ‘900 ha delegittimato religiosamente il ricorso alla guerra, nel CCC del ’92 si
parla ancora di “guerra giusta. Si cita Chesterton (Ortodossia), il quale afferma che la Chiesa nella
storia ha ordinato ad alcuni di combattere e ad alcuni di non farlo. Sono due cose buone, che sempli-
cemente sono sempre esistite una di fianco all’altra.
In ogni caso, dalla IGM la Chiesa ha affermato l’inammissibilità del ricorso alla religione per giusti-
ficare l’impiego della forza. Lo riafferma BXVI a Regensburg, condannando il binomio fede-vio-
lenza. Un sano rapporto fede-ragione porta alla pace: la ragione senza religione esclude Dio e produce
sistemi totalitari; la religione senza ragione manipola Dio, utilizzandolo solo per la propria personale
affermazione. Tuttavia la considerazione di Chesterton rimane a in quanto ancora oggi, nonostante i
diversi interventi magisteriali, rimane attivo l’impegno dei cattolici nei corpi militari e si continua a
invocare Dio per benedire gli eserciti.
6.7. Conclusioni
BXVI nel confronto con la cultura moderna rimane coerente al magistero precedente, pur aprendo
nuovi orizzonti. Il suo è un pensiero stringente e coerente, un pensiero che provoca. Il suo è un catto-
licesimo illuminato: una ragione pienamente sostenuta dalla fede pronta a dare il suo contributo alla
vita sociale, allo Stato a al riconoscimento del bene comune. Su questo il papa non è per niente timido:
si chiede il riconoscimento della dimensione pubblica della religione e del cattolicesimo. In quest’ul-
timo senso la Santa Sede gode di un particolare strumento per far valere le sue ragioni: la diplomazia.

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7. LA DIPLOMAZIA PONTIFICIA
Card. Consalvi (Segretario di Stato 1800-1806): “il problema che noi dobbiamo risolvere non è già quello
di evitare ogni sorta di male, ma di saper trovare il modo di soffrire il meno possibile”. Una frase sintetica
della diplomazia pontificia fino ad oggi. Gli uomini della diplomazia vaticana sono molto considerati nel
mondo: autorità morali e intellettuali di rilievo, interagiscono con la politica, influenzando la società.
7.1. La rete diplomatica pontificia
La Santa Sede nel 2005 ha relazioni diplomatiche con 174 paesi (più varie Organizzazioni Interna-
zionali). Delegati apostolici: rappresentano il papa presso le Chiese locali. Nunzi: rappresentano il
papa presso Chiese locali e Stati, Autorità, ecc…
Negli anni di pontificato di BXVI il numero di relazioni salirà a 180, comprendendo Montenegro,
Kosovo, Sud Sudan, Emirati Arabi, Vietnam. Rimangono fuori solo 13 paesi riconosciuti dall’ONU:
in 10 di questi ha delle delegazioni apostoliche, solo 3 paesi nel mondo non hanno rappresentanza
papale: Afghanistan, Cina Popolare e Corea del Nord. La maggior parte di delegati e nunzi sono
comunque europei, e questo non è secondario. Il loro ruolo è infatti di dare forma alle chiese locali
tramite la proposta di nomine episcopali.
L’indicazione generale data ai nunzi è comunque quella di essere prima uomini di chiesa e poi uomini
di stato: prima ecclesiastici e poi diplomatici.
I numerosi viaggi degli ultimi 2 papi sono un grande aiuto alla diplomazia pontificia, facilitando i rapporti
internazionali. Importanti anche i discorsi alle diplomazie, pronunciati sia all’estero che a Roma.
7.2. Gli input di Benedetto XVI
Fraternità, pace, dialogo, salvaguardia della vita sono i temi principali della diplomazia di BXVI. Il tutto
ha un fondamento teologico nella dignità dell’uomo creato a immagine di Dio. inoltre il papa per la Chiesa
chiede solo “le condizioni legittime di libertà e di azione per compiere la sua missione”. La S. Sede è
inoltre interessata a promuovere la libertà di religione intesa come primo dei diritti umani. Diritti che si
fondano sulla legge naturale, in cui risiedono anche i “principi non negoziabili”.
Altri elementi della diplomazia vaticana sono l’educazione e la carità: un impegno in favore dei più deboli
Certo, il Vaticano può al massimo proporre delle linee guida; spetta ai singoli diplomatici tradurli nei
diversi contesti geografici, culturali.
7.3. Il primato dell’Europa e dell’Italia
Durante il suo pontificato, BXVI ha voluto concentrare l’attenzione sull’Europa: “stanca, che sembra
volersi congedare dalla storia”. Questa linea con Giovanni II aveva rivolto alla vecchia Europa un
grido pieno d’amore: ritrova te stessa. Sii te stessa! Si tratta di riscoprirne le radici giudeo-cristiane.
Una preoccupazione importante è avvicinare Est e Ovest europeo, ortodossia e cattolicesimo. Un
momento di grande avvicinamento è in occasione della sentenza della Corte dei diritti umani di Stra-
sburgo di togliere il crocifisso dalle scuole. Italia, Vaticano e altri 20 Stati est-europei (ortodossi) si
uniscono per presentare il ricorso, peraltro vinto (esporlo non viola i diritti umani, dichiarerà la
Corte). I grandi assenti in questa manovra sono tutti i Paesi occidentali e scandinavi del continente.
Il movimento ecumenico porta frutto nel comune terreno di incontro etico.
Tuttavia nell’Europa occidentale l’azione diplomatica della santa Sede non appare molto significa-
tiva. ES: nel 2010 in Belgio la polizia ha sequestrato per ore vescovi e ha aperto tombe di cardinali
defunti per cercare prove di abusi sessuali su minori. L’appello della Santa Sede a terminare questa
pratica barbara è irrilevante.
Il rapporto con lo Stato italiano è sempre tessuto con particolare attenzione. Il rapporto con lo Stato
Italiano è esplicitamente nelle mani della Segreteria di Stato, ossia di Bertone, il quale al momento
del brindisi dell’ambasciata italiana presso la Santa Sede dichiara: “va ringraziato il governo italiano
per aver svolto un’azione che ha tenuto in gran conto le istanze della Chiesa, in un contesto di rela-
zioni pacificate”; il riferimento è probabilmente al trattamento di favore che il governo riserva alla
S.Sede sul pagamento dell’ICI (tassa sulle proprietà edilizie).

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7.4. Gli USA
Viaggio in America nel 2008: alla Casa bianca il papa festeggia i suoi 81 anni, BXVI e Bush pregano
insieme privatamente, si incontreranno poi altre 2 volte nel corso dell’anno, ci sono intese su punti
importanti (dignità umana, difesa della famiglia, del matrimonio, libertà religiosa). Sembra un’intesa
riuscita, ma tutto cambia con la presidenza di Obama. Con lui l’intesa è su immigrazione e lotta alla
povertà, ma ci si scontra su matrimoni omosessuali, aborto, cellule staminali. Anche sulla situazione
in Medio-Oriente, se la S. Sede è preoccupata dei diritti, delle persecuzioni religiose, gli USA ne
fanno una questione militare, finanziaria, mettendo in pericolo le minoranze che invece la Chiesa
vuole tutelare. Nonostante ciò BXVI nel 2008 apprezza la sana laicità del popolo statunitense, i cui
valori democratici, sociali e morali non raramente sono forgiati dal ruolo pubblico della religione.
7.5. L’area del Mediterraneo
Il bacino del cristianesimo, una delicatissima cerniera di lingue, culture e religioni, i cui rapporti con
l’Occidente sono resi ancora più difficili dalla crescita del radicalismo islamico. Di più: l’Europa
inizia sempre più a identificare il mondo islamico con il fondamentalismo, e quindi con il suo peggior
nemico, specie dopo gli attentati dell’11 settembre.
Gli obiettivi pontifici in questa zona riguardano soprattutto la tutela dei luoghi santi e la difesa delle
minoranze cristiane perseguitate (BXVI: “un Medio Oriente senza o con pochi cristiani non è più il
Medio Oriente), le quali rappresentano da sempre un ponte tra la cultura occidentale e quella araba.
Inoltre la politica vaticana in questi luoghi è molto diversa da quella statunitense. Se nel conflitto
arabo-israeliano la posizione degli USA è quella di portare avanti un duro confronto con i regimi
islamici, la S. Sede propone il principio della coabitazione tra cristiani e musulmani, anche se questo
equilibrio appare sempre lontano dalla realizzazione.
Nei rapporti con Israele, BXVI è molto chiaro: “il Vaticano appoggia Israele e l’ebraismo nel mondo”.
Allo stesso tempo difende Pio XII, accusato (ingiustamente) di aver taciuto la denuncia esplicita dei
crimini nazisti durante la II GM.
Nell’area nord-africana, dove spunta un’intolleranza anti-occidentale e dove le versioni radicali
dell’islam prendono sempre più piede, la S. Sede può fare ben poco.
7.6. Asia. Il caso Cina
Una presenza cattolica numericamente esigua, nonostante la forte Chiesa filippina e coreana.
La preoccupazione vaticana è per la Cina, un territorio dove non vi è libertà di professare la propria
fede. Lì vi sono due chiese: una ufficiale (patriottica) e una clandestina, priva del riconoscimento
statale, fedele a Roma, non controllata dal regime e con una limitata visibilità pubblica. BXVI parla
di questa situazione come di uno scisma: dunque una situazione critica e urgente da sanare.
Nel 2007 il papa scrive una lettera ai cattolici cinesi, chiedendo di puntare sul dialogo per superare le
divisioni e richiedendo l’ultima parola per le nomine episcopali. Detto fatto, poco dopo vengono or-
dinati 7 vescovi con la doppia approvazione Roma-Pechino, così fino al 2010, quando avverranno
nuove nomine senza il consenso di Roma. Questi due anni sono serviti al regime per acquisire infor-
mazioni sulla Chiesa, e niente più; insomma: una scena teatrale.
Durante il pontificato di BXVI ci sono più contatti informali con il governo cinese, che però non
portano a grandi risultati, in quanto il governo cinese vuole candidati all’episcopato che non siano
molto fedeli a Roma, in quanto poco manovrabili.
Il rapporto Cina – S.Sede è molto interessante come caso di studio in quanto non è semplicemente
bilaterale, ma trilaterale: coinvolge infatti la Chiesa locale, che non è solo oggetto del contendere, ma
anche un soggetto attivo del dialogo, alla ricerca delle propria libertà.
Il governo ad oggi è ancora molto rigido: non può concedere alla Chiesa libertà di culto (dovrebbe
concederla a tutte le minoranze), ma soprattutto non può cedere sulle nomine episcopali, in quanto
verrebbe meno la sua sovranità assoluta.

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7.7. L’estremo Occidente. L’America Latina
Un continente strettamente legato all’Europa per lingua e cultura, ma che nell’800 si è progressiva-
mente americanizzato. Contemporaneamente il cristianesimo o è diventato protestante, o ha preso
una deriva gnostica o è andato spegnendosi in un ateismo secolarizzato.
In questo contesto la diplomazia vaticana si trova a sostenere i vescovi locali, gli ordini religiosi e i
nuovi carismi missionari. La S. Sede riesce inoltre ad entrare nei rapporti tra i vari Stati, partecipando
all’Organizzazione degli Stati Americani. Di tanto in tanto gestisce i rapporti tra governi e Chiese
nazionali in ordine alle libertà ecclesiali. Detto ciò, nel grande movimento della diplomazia interna-
zionale il Latino America costituisce ancora una regione periferica, marginale e la stessa azione pa-
pale è condizionata da questa marginalità.
7.8. Africa e Oceania
In questi luoghi gli interventi pontifici sono perlopiù di natura ecclesiale e sociale.
Africa – l’attenzione rivolta al bene sociale, alla pace, alla giustizia e alla riconciliazione tra gli Stati in
guerra. Elementi contenuti nell’esortazione apostolica successiva al sinodo sull’Africa Africae munus.
Preoccupazioni suscita invece l’Africa subsahariana, dove nasce un odio anticristiano di matrice isla-
mico fondamentalista che mette a rischio la vita di molti cristiani.
7.9. Accordi bilaterali. Una prima presentazione
Due accordi con la Francia sul riconoscimento dei gradi accademici e su Trinità dei Monti (una delle 5
chiese francofone di Roma). Con la Germania un accordo riguarda l’insegnamento della teologia cat-
tolica nella università statali. Nell’intesa con la Bosnia la Santa Sede mantiene la linea adottata con tutti
i paesi comunisti: attenzione sul diritto alla libertà religiosa e sui diritti umani.
Con l’Italia si hanno più accordi diplomatici, riguardanti, tra l’altro, la comunicazione all’autorità ec-
clesiastica di procedimenti penali a carico di ecclesiastici e intese su vari beni culturali.
Si fanno accordi con tanti paesi del mondo: Mozambico, Guinea, Filippine, Taiwan. Solo due accordi
con Panama per la formazione di un ordinariato castrense e con il Brasile, per definire la protezione dei
luoghi di culto, fare dell’insegnamento religioso una materia scolastica ordinaria e riconoscere gli effetti
civili del matrimonio canonico. Dopo Regensburg si attuerà anche un accordo con la lega araba. Para-
dossalmente gli incidenti seguiti a quel discorso non hanno bloccato in alcun modo il lavoro diploma-
tico, anzi probabilmente lo hanno incoraggiato.
In genere come visto gli accordi riguardano le istituzioni educative, accordi su beni culturali ed eccle-
siastici, l’assistenza militare.
7.10. Conclusioni
se la diplomazia pontificia deve “trovare un modo di soffrire il meno possibile”, i suoi tentativi non
hanno avuto molto successo nel lungo la storia, né durante il pontificato di Benedetto XVI. L’obiettivo
di farsi promotrice di grandi principi, quali pace, perdono, riconciliazione, libertà di coscienza reli-
giosa, valori non negoziabili, carità ed educazione, non l’aiuta nel perseguire risultati immediatamente
evidenti. Tuttavia la diplomazia continua il suo operato internazionale, dialogando con il mondo e
proponendo la collaborazione di culture, religioni e tradizioni differenti.
A dispetto delle aspettative, il pontificato di Benedetto XVI non è risultato esclusivamente religioso o
spirituale. La diplomazia ratzingeriana è stato allo stesso tempo politica, religiosa e culturale. Al centro
dell’impegno diplomatico vaticano rimane il diritto alla libertà religiosa, e la convivenza tra le reli-
gioni, soprattutto nei luoghi di tolleranza e di radicalismo islamico.
Rimane purtroppo carente il dialogo con l’estremo oriente (Cina): quanto quel mondo asiatico è inte-
ressato al cattolicesimo e al papato?

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8. LA RINUNCIA AL MINISTERO PETRINO
L’atto più noto di tutto il pontificato, nonché l’atto più inaspettato del cattolicesimo moderno e contem-
poraneo, una novità che non ha precedenti nella storia (tutti i casi passati sono accaduti in altro contesto
e ecclesiologico e canonico e con altre conseguenze).
Già il CIC del 1917 pubblicava la possibilità di un eventuale rinuncia, ribadita dal codice dell’83. Ma è
solo un Benedetto XVI che la teoria mistica prende forma concreta. Questo avvenimento però non è
frutto di un caso, di una storia necessariamente l’ha preparato.
8.1. I preannunci
Già dal cardinale, si aveva avuto modo di esprimersi su eventuali rinunce papali al ministero petrino. È
il caso dell’omelia pronunciata a Monaco in occasione della messa di suffragio per la morte di Paolo
VI. Il cardinale intende il ministero pietrino come una catena, addirittura una croce da cui non poter
scendere: possiamo immaginare quanto debba essere pesante il pensiero di non poter più appartenere
a se stessi, di non avere più un momento privato, di essere incatenati fino all’ultimo, con il proprio
corpo che cede, ha un compito che esige, giorno dopo giorno, il pieno e vivo impiego di tutte le forze
di nuovo. In questo momento non sembra aperto alla possibilità di una rinuncia; ma l’esperienza ven-
tennale nella curia romana lo porterà cambiare idea: nel 2002, riferendosi alle condizioni di salute di
GPII “il Papa vedesse di non poter assolutamente facile, si dimetterebbe”. La sua posizione cambiata,
il mondo è cambiato, l’uomo è maturato: la Chiesa chiede sempre più un governo vigile. Nel 2010,
dopo l’annus horribilis del suo pontificato dichiarerà: quando il pericolo è grande non si può scappare.
Ecco perché questo non è il momento di dimettersi. Ci si può dimettere in un momento di serenità, ma
non si può scappare proprio nel momento del pericolo e dire: “se ne occupi un altro”. L’uomo
Alla domanda su quale possa essere la condizione tale da spingere il Papa a dimettersi rispose: “quando
un Papa aggiunge la chiara consapevolezza di non essere più in grado fisicamente, psicologicamente
e mentalmente di svolgere l’incarico affidato allora ha il diritto e in alcune circostanze anche il dovere
di dimettersi”, dichiarando, nella stessa intervista: “mi accorgo che le forze vanno diminuendo”.
8.2. La rinuncia
La mattina dell’11 febbraio 2013 il Papa rivolgendosi ai cardinali riuniti in concistoro ordinario pubblico,
dichiara: “dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla cer-
tezza che le mie forze, per l’età avanzata (“ingravescente aetate”), non sono più adatte per esercitare in
modo adeguato il ministero pietrino. Sono ben consapevole che questo ministero deve essere compiuto
non solo con le opere con le parole, ma anche soffrendo e pregando. Tuttavia nel mondo di oggi per
governare la barca di San Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia
dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi invece, diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia in-
capacità di amministrare bene il ministero affidato. Per questo ben consapevole della gravità di questo
atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di vescovo di Roma”.
Davanti a questo fulmine a ciel sereno tutto il mondo si chiede stupefatto: perché? Ad oggi, non cono-
sciamo altro che l’unica dichiarazione di Benedetto XVI. Per il resto si possono presentare solo ipotesi,
peraltro deboli della loro eziologia.
La causa della malattia è, per BXVI, l’ingravescente aetate, che è anche il titolo dell’atto con cui Paolo
VI aveva escluso dal conclave di ultraottantenni e molto più la stessa formula che viene adoperata dai
vescovi quando al compimento dei 75 anni di età, rassegnano le proprie dimissioni al Papa. Ma la ri-
nuncia non è legata solo all’età avanzata, ma anche agli esigenti criteri di efficacia della società con-
temporanea (nel mondo di oggi…). Ma la decisione del Papa non è legata solo alle proprie condizioni
fisiche, quanto alla missione dell’intera Chiesa: egli avverte che per la Chiesa di contemporanea ci sono
in gioco sfide cruciali che richiedono energie fresche.
Due novità. 1. BXVI rinuncia solo al ministero (non al papato, come Celestino V); 2. L’annuncio non
ha un effetto immediato, ma differito a 17 giorni di distanza, nei quali il papa seguirà la sua quotidiana
attività di governo. Guardò il suo futuro è chiaro: vuole continuare a servire la Chiesa nella preghiera
(una concezione contemplativa dell’ufficio papale).

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Ma quale sarà la sua condizione giuridica? Nasce un nuovo istituto: il papato emerito, il quale necessi-
terà di una normativa canonica, che forse potrà portare in futuro a una normalizzazione di questa pratica
per il bene della Chiesa.
8.3. Le reazioni alla rinuncia
La prima reazione del cardinal Sodano, decano del collegio cardinalizio: parla di fulmine a ciel sereno,
di smarrimento, incredulità, ma anche del suo amore la Chiesa; ribadisce poi la vicinanza sua e di tutto
il collegio. È un momento in cui prevalgono i sentimenti, la commozione, la meraviglia, il dispiacere.
Generalmente comunque, le reazioni di cardinali e vescovi vanno a sostegno della decisione papale.
Solo il card. Dziwisz (segretario di GPII) ha a cuore di ricordare il Papa polacco decise di restare sul
soglio pontificio fino alla fine, perché riteneva che “dalla croce non si scende”.
Nei quotidiani cattolici la rinuncia viene interpretata come atto di forza e di coraggio, un “fatto rivolu-
zionario, evangelico” (Enzo Bianchi). I politici esprimono generalmente rispetto e ringraziamento per
il suo pontificato, riconoscendo le qualità personali del Papa (fede, sapienza, umiltà, coraggio, saggezza
e senso di responsabilità) e colmandolo di atti di stima, pur astenendosi dal valutare un tale atto perché
non di loro competenza.
I giornalisti danno giudizi variegati si parla di “un’umanizzazione del Sacro Ufficio”, “una desacralizza-
zione della carica papale”, e di “un atto che segna la ritirata della Chiesa dal mondo…una resa”. Massimo
Franco (Corriere della Sera) scrive: “Non essendo riuscito a cambiare la Curia, Benedetto XVI è arrivato
a una conclusione amara: va via, è lui che cambia. Si tratta del sacrificio estremo, traumatico, di un pon-
tefice intellettuale sconfitto da un apparato ritenuto troppo incrostato di potere e autoreferenziale per es-
sere riformato”. Me per valutare la portata di questo gesto è opportuno riferirsi ai casi precedenti.
8.4. Esempi precedenti
Un caso singolare è quello di Benedetto IX (XI sec.), il cui pontificato si è interrotto ed è riiniziato ben
3 volte. Alla fine del XIII secolo Celestino V si dimette con queste parole: considerandomi incapace di
questa carica, sia a causa della mia ignoranza, sia perché sono vecchio e debole, abbandono la dignità
papale. Si spogliò degli abiti papali e tornò ad essere Pietro del Morrone (nome con il quale verrà
canonizzato!), un semplice monaco. Possiamo pensare anche alla rinuncia di Gregorio XII (unico papa
legittimo dei tre della maledicta triplicitas) volta al ristabilimento dell’unità della Chiesa.
8.5. L’unicità della dichiarazione e delle conseguenze
La novità assoluta e storica della rinuncia di BXVI sta nel fatto che – a differenza dei suoi predecessori
– BXVI rinuncia solo al ministero petrino attivo, divenendo papa emerito (legittimato a essere chiamato
“Sua Santità” e a firmarsi col nome di “BXVI”).
Secondo le prime reazioni dei canonisti, subito dopo la rinuncia BXVI non può più essere papa, ma al
massimo “vescovo emerito di Roma”. Tuttavia la Santa Sede dichiara che verrà chiamato “papa eme-
rito” e che continuerà a vestire con l’abito talare bianco semplice. Insomma, nei termini rimane papa.
Nell’ultima udienza generale è proprio il papa a parlare chiaramente del suo futuro e della vocazione
papale: il 19 aprile 2005 mi ero impegnato per sempre. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo
del ministero non revoca questo. Non ritorno alla vita privata, non abbandono la croce, ma, pur non
portando più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, resto al servizio di essa nella preghiera.
Una nuova visione del papato? Esercizio attivo…forse che ne esista uno passivo?
Qui entrano in gioco la canonistica e la teologia: al centro sta la distinzione tra la persona e l’ufficio
che svolge: il papato è un ufficio rivestito da una persona, quindi alla rinuncia dello stesso, la persona
perde ogni potestà di giurisdizione. Il titolo di “papa emerito” ha però complicato non poco la que-
stione. Il titolo di “emerito” infatti è attribuibile ai vescovi, il cui munus è ontologico, riguarda l’essere
stesso della persona e non solo il suo “ufficio”. Ma il papa è anche Vescovo di Roma, e la Santa Sede,
attribuendo a BXVI il titolo di “papa emerito” ha deciso di non separare i due uffici di “papa” e di
“vescovo di Roma”…una scelta comunque non condivisa da molti canonisti.
Nel discorso di rinuncia però, BXVI dichiarò di rinunciare solo al “ministero”, specificando poi “mini-
stero attivo”. Un’innovazione frutto di una visione teologica secondo la quale la perdita dell’ufficio papale
comporta il venir meno dei poteri annessi ma non dell’ufficio. Insomma: una distinzione tra “l’incarico

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(munus)” e la sua “amministrazione attiva”. BXVI non si sente inadeguato per il munus, ma per l’ammi-
nistrazione dello stesso. Si più si parla di un incarico “spirituale”, del ministero petrino: una nuova condi-
zione “mistica” che potrebbe fondare giuridicamente il nuovo status del papa dimissionario.
È certo che la scelta del titolo “papa emerito” comporti una continuazione del ministero petrino, pur
senza la plenitudo potestatis propria del pontefice. Potendo distinguere tra uno stato pontificale attivo
e visibile e uno contemplativo e nascosto, potremmo dire che Benedetto XVI resta “un po' papa”.
Il problema sta nella comprensione che si ha dell’ufficio petrino: sia di natura sacramentale o di natura
ministeriale. Bisogna andare alla radice dell’ufficio del papa. Da dove viene la sua potestà? Dall’or-
dinazione episcopale (e sacramentale) o il dall’accettazione dell’elezione (ministeriale)? Nel primo
caso (preferito dai teologi) sarebbe lecito chiamare BXVI “papa emerito”, in quanto anche decadendo
dal suo ufficio non perderebbe la sua potestà, conferita da un atto sacramentale indelebile; nel secondo
caso (preferito dai canonisti) non sarebbe possibile chiamarlo così, in quanto la sua potestà sarebbe
legata all’ufficio e decadrebbe con la caduta di questo.
Accettare la prima possibilità significa concepire il Primato papale come grado supremo dell’Ordine,
e questo può creare non poche aperture da punto di vista teologico – sacramentale.
8.6. Il papa emerito. Evoluzione in corso.
Appare evidente una trasformazione in corso del papato, finora accolta tanto dalla gerarchia quanto
dai fedeli. La rinuncia appare il frutto dell’impostazione teologico-sacramentale del CVII, anche se i
canonisti continuano a sollevare dubbi. Il problema è che “normalizzando” una tale impostazione si
potrebbe rischiare di avere in futuro 2 o 3 papi “a riposo” e uno attivo, il che non crea problemi nel
caso di una personalità mite come Ratzinger, ma se fosse un papa dalla forte personalità a dimettersi
non è escluso che si possano creare divisioni o scismi in futuro. Per questo sia la canonistica sia la
teologia dovranno lavorare per strutturare e definire questa nuova situazione del papato del XXI se-
colo. La rinuncia di BXVI segna così l’avvio di un grande processo.

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CONCLUSIONI
Come valutare il pontificato di BXVI? Egli stesso ne ha dato una prima, teologica valutazione in
occasione dell’ultima udienza generale:
«È stato un tratto di cammino della Chiesa che ha avuto momenti di gioia e di luce, ma anche
momenti non facili; mi sono sentito come san Pietro con gli Apostoli nella barca sul lago di
Galilea: il Signore ci ha donato tanti giorni di sole e di brezza leggera, giorni in cui la pesca è
stata abbondante; vi sono stati anche momenti in cui le acque erano agitate ed il vento contra-
rio, come in tutta la storia della Chiesa, e il Signore sembrava dormire. Ma ho sempre saputo
che in quella barca c’è il Signore e ho sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non
è nostra, ma è sua. E il Signore non la lascia affondare; è Lui che la conduce, certamente anche
attraverso gli uomini che ha scelto, perché così ha voluto. Questa è stata ed è una certezza,
che nulla può offuscare».
A noi spetta però di dare un bilancio storico e non teologico. Cerchiamo quindi di individuare alcune
linee essenziali del suo pontificato:
All’inizio poteva sembrare un papato di transizione (età dell’eletto, continuità con GPII), ma si è
rivelato non essere così.
Il primo periodo di pontificato (fino al 2009) è caratterizzato da forti riforme (ecumeniche, canonisti-
che), encicliche (fino all’ultima, Caritas in Veritate, 2009). Poi improvvisamente il passo è come
rallentato, bloccato, sicuramente impantanato. Cosa è accaduto? Un’eccessiva pressione mediatica?
La stanchezza del papa? Non lo sappiamo; possiamo solo constatare questo fatto: gli ultimi 4 anni di
pontificato non sono dinamici quanto i primi 4. Per valutare in futuro gli ultimi 4 anni sarà opportuno
analizzare l’operato di Bertone, uomo chiave del pontificato e che nell’ultimo tempo pare aver agito
più in fuga solitaria. È innegabile che sia un uomo di fiducia, anche se va detto che le due personalità
sono molto diverse e questo complica la valutazione.
Certo è che BXVI non è stato un riformatore, quanto un consolidatore coerente dei pontificati prece-
denti e del CVII, ma che ha saputo rilanciare coraggiosamente certe questioni (es: i lefebrvriani).
Ha saputo prendere in mano dossier delicati (quello degli abusi, su tutti) senza lasciarsi sopraffare
dalle critiche interne ed esterne.
Si è saputo confrontare coraggiosamente con la modernità, incarnando la teoria dello sviluppo coe-
rente e fedele dei dogmi (Vincenzo di Lerino, Newman) senza cadere nell’evoluzione degli stessi:
ogni sviluppo era spiegato con dovizia teologica, facendo riferimento alla tradizione millenaria della
Chiesa. Ogni sua riforma è sempre conforme a uno sviluppo organico della dottrina.
Tuttavia molto è rimasto sospeso e molte riforme – vuoi per ostilità interne o esterno, vuoi per la
stanchezza degli interpreti, o per la stessa rinuncia – non sono state portate a compimento. Tuttavia
egli ha indicato un metodo per la riforma, che rimarrà indelebile: in una riforma bisogna distinguere
il nucleo centrale della fede dalle sue possibilità di adattamento storico. Il cristianesimo è stato vin-
cente nella storia perché ha saputo adattarsi alle diverse sfide storiche, pur rimanendo nei secoli iden-
tico a sé stesso.
Ma, in ultima analisi, come valutare il pontificato? Rivelatrice è la risposta alla domanda di Peter
Seewald: «Lei è la fine del vecchio o l’inizio del nuovo?» – «Entrambi»: il suo pontificato non è
incasellabile in definizioni rigide. Un pontificato va contestualizzato storicamente: ci troviamo dopo
l’11 settembre 2001, primo di una serie di attentati terroristici (es: Madrid) che hanno inaugurato un
tempo di precarietà e di insicurezza dell’Occidente: a questa forza violenta la Chiesa risponderà con
la fragile forza del dialogo ragionevole (Regensburg). In più la crisi economica del 2008 (cui risponde
la Caritas in Veritate) ha accentuato questo status di instabilità in cui il mondo vive.
BXVI instaura un dialogo intellettuale con diverse tradizioni culturali e religiose, nella convinzione
che una civiltà può sopravvivere solo se animata da una grande religione. In realtà dietro a tutto sta
una preoccupazione pastorale: far conoscere Cristo. Lo ripetiamo: al centro sta la fede.

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BXVI non era un politico, ma un intellettuale. Nelle sue decisioni non si è quindi preoccupato di
raccogliere consensi, ma di ricercare il vero, il buono e il bello. Da teologo, da cardinale e da papa è
sempre rimasto lo stesso, ed è stata questa libertà interiore che gli ha permesso di rinunciare al mini-
stero petrino attivo.
Ma è stato un pontificato di successo o di fallimento. Ora non possiamo rispondere, ma pensiamo a
Gregorio VII, pontefice riformatore morto in esilio: un fine fallimentare. Eppure è stato il pontificato
più importante del II millennio, che ha dato una nuova impronta alla cristianità.
Successo o fallimento quindi? Sarà il tempo a dircelo, tanto più se consideriamo che i temi teologici,
antropologici e culturali da lui toccati sono delicatissimi e centrali per il futuro della fede e della
società. Ora è il tempo dell’attesa paziente: un’attesa che guarda oltre il «recinto» del Vaticano, oltre
la crisi della Chiesa.

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CRONOLOGIA DI JOSEPH RATZINGER - BENEDETTO XVI

- 16 aprile 1927 – Joseph Ratzinger nasce a Marktl am Inn (Baviera).

- 1939 – Entra al seminario minore di Traunstein.

- 1946-1951 – Studia filosofia e teologia a Frisinga e Monaco (Baviera).

- 29 giugno 1951 – Ordinazione sacerdotale.

- 11 luglio 1953 – Dottorato in teologia con una tesi intitolata Popolo e casa di Dio nella dot-
trina agostiniana della Chiesa.

- 1956 – Abilitazione all'insegnamento universitario con la dissertazione La teologia della


storia di san Bonaventura.

- 1959-1963 – Docente di teologia dogmatica all'Università di Bonn.

- 1962- 1965 – Consultore teologico del cardinale Joseph Frings, arcivescovo di Colonia, e
perito conciliare durante il Concilio Vaticano IL

- 1963- 1966 – Docente di teologia dogmatica all'Università di Miinster.

- 1966-1969 – Docente di teologia dogmatica all'Università di Tubinga.

- 1968 – Introduzione al cristianesimo. Lezioni sul simbolo apostolico.

- 1969-1977 – Docente di teologia dogmatica all'Università di Regensburg.

- 1972 – Fonda con Hans Urs von Balthasar, Henri de Lubac e altri la rivista «Communio».

- 24 marzo 1977 – Viene nominato arcivescovo di Monaco e Frisinga.

- 27 giugno 1977 – È creato cardinale da Paolo VI.

- agosto 1978 – Partecipa al conclave che elegge Giovanni Paolo I.

- ottobre 1978 – Partecipa al conclave che elegge Giovanni Paolo II

- 25 novembre 1981 – Viene nominato da Giovanni Paolo II prefetto della Congregazione per
la Dottrina della Fede, presidente della Pontificia commissione biblica e della Commissione
teologica internazionale.

- 1985 – Pubblica il libro Rapporto sulla fede. Vittorio Messori a colloquio con il cardinale
Joseph Ratzinger.

- 1997 – Pubblica il libro II sale della terra: cristianesimo e Chiesa cattolica nella svolta del
millennio. Un colloquio con Peter Seewald.

- 27 novembre 2002 – Viene eletto decano del Collegio cardinalizio.

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- 25 marzo 2005 – Redige il testo delle «meditazioni e preghiere» pronunciate durante la Via
Crucis del Venerdì santo.

- 2 aprile 2005 – Muore Giovanni Paolo II.

- 8 aprile 2005 – Presiede la messa esequiale per Giovanni Paolo II.

- 18 aprile 2005 – Presiede la Missa pro eligendo Romano Pontifice.

- 19 aprile 2005 – Viene eletto papa con il nome di Benedetto XVI.

- 25 dicembre 2005 – Enciclica Deus caritas est.

- 24 marzo 2006 – Concistoro di creazioni cardinalizie.

- 5 settembre 2006 – Diviene segretario di Stato il cardinale Tarcisio Bertone.

- 12 settembre 2006 – Lectio magistralis all'Università di Regensburg.

- 22 febbraio 2007 – Esortazione apostolica postsinodale Sacramentum caritatis.

- 27 maggio 2007 – Lettera ai vescovi, ai presbiteri alle persone consacrate e ai fedeli laici
della Chiesa cattolica nella Repubblica Popolare Cinese.

- 11 giugno 2007 – Motu proprio De aliquibus mutationibus in normis de electione Romani


Pontificis.

- 7 luglio 2007 – Lettera apostolica motu proprio data Summorum Pontificum.

- 7 luglio 2007 – Lettera ai vescovi in occasione della lettera Summorum Pontificum sull'uso
della liturgia romana.

- 24 novembre 2007 – Concistoro di creazioni cardinalizie.

- 30 novembre 2007 – Enciclica Spe salvi

- 2007 – Pubblica il libro Gesù di Nazareth.

- 2008- 2009 – Anno speciale su san Paolo.

- 21 gennaio 2009 – La Congregazione per i vescovi emette il Decreto sull'abrogazione della


scomunica di quattro vescovi della Fraternità S. Pio X.

- 10 marzo 2009 – Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica riguardo alla remissione della sco-
munica dei quattro vescovi consacrati dall'arcivescovo Lefebvre.

- 29 giugno 2009 – Enciclica Caritas in ventate.

- 26 ottobre 2009 – Motu proprio Omnium in mentem.

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- 4 novembre 2009 – Costituzione apostolica Anglicanorum Coetibus.

- 2009-2010 – Anno speciale sacerdotale.

- 19 marzo 2010 – Lettera pastorale ai cattolici dell'Irlanda.

- 21 settembre 2010 – Benedetto XVI istituisce il Pontificio Consiglio per la promozione della
nuova evangelizzazione

- 30 settembre 2010 – Esortazione apostolica Verbum Domini.

- 20 novembre 2010 – Concistoro di creazioni cardinalizie.

- 2010 – Libro-intervista Luce del mondo. Il papa, la Chiesa e i segni dei tempi.Una conver-
sazione con Peter Seewald.

- 19 novembre 2011 – Esortazione apostolica Africae munus.

- 2011 – Pubblica il libro Gesù di Nazareth. Dall'ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione.

- 18 febbraio 2012 – Concistoro di creazioni cardinalizie.

- 14 settembre 2012 – Esortazione apostolica Ecclesia in M edio Oriente.

- 10 novembre 2012 – Istituzione della Pontificia Academia Latinitatis.

- 24 novembre 2012 – Concistoro di creazioni cardinalizie.

- 2012 – Pubblica il libro L'infanzia di Gesù.

- 2012-2013 – Anno speciale della fede

- 11 febbraio 2013 – Declaratio con la quale annuncia la propria rinuncia al munus Petrinum.

- 22 febbraio 2013 – Motu proprio Normas nonnullas.

- 28 febbraio 2013 – Alle ore 20.00 inizia il periodo di Sede vacante.

ROMAE, APUD BIBLIOTHECAM SEMINARII «REDEMPTORIS MATER»,

DIE XIII MENSIS DECEMBRIS, ANNO MMXVI

D.O.M.

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