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È con questo stesso spirito che ha accettato il peso del pontificato: per obbedienza, per amore della
Chiesa, così come, ancor giovane professore, aveva sofferto ma non si era lagnato quando Paolo VI lo
aveva strappato alla sua amata università per metterlo alla guida della grande diocesi di Monaco di Ba-
viera. Passando, nell'aprile del 2005, alla nuova scrivania - poche centinaia di metri, in linea d'aria, da
quella occupata per 24 anni non ha cambiato il suo stile, contrassegnato dalla costanza e dalla pazienza,
su uno sfondo molto tedesco di serietà, di precisione, di senso del dovere. Il programma lo aveva già
chiaramente manifestato sin dal 1985 con il suo Rapporto sulla fede: una «riforma della riforma », con
il ritorno al Vaticano II «vero», non a quello immaginario dei sedicenti, vociferanti progressisti. Fedeltà
piena alla lettera dei documenti del Concilio, non a un presunto, imprecisato «spirito del Concilio»:
dunque, continuità, non rottura, nella storia della Chiesa, per la quale non c'è un prima e un dopo.
Così, sono stati spiazzati coloro che temevano o, al contrario, auspicavano una sorta di blitz in
quella liturgia la cui «riforma della riforma» era, stando al Ratzinger cardinale, tra le cose più
necessarie e magari urgenti. La sua «rivoluzione tranquilla» è cominciata non con qualche decreto per
la Chiesa universale ma con la sostituzione del Maestro delle Cerimonie pontificie, scegliendo un li-
turgista a lui congeniale: così, prima che con gli ordini, il ritorno a riti nella linea della Tradizione sa-
rebbe cominciata con l'esempio che scende dall'alto. Se celebra così il Papa, non dovranno, prima o poi,
adeguarsi anche il vescovo e il parroco? Pazienza, e prudenza, anche per la lingua liturgica, non
sconvolgendo i messali ma facendo convivere il latino accanto ai volgari, testimoniando anche così che il
Vaticano II non è stato in rottura con la Tradizione e che san Pio V non fu meno cattolico di Paolo VI.
Altrettanta pazienza nei confronti della Nomenklatura ecclesiale: essa pure non è stata sconvolta,
ma all'osservatore attento non sfuggono sostituzioni e nomine che rivelano una strategia prudente e al
contempo incisiva. Poco, comunque, si capirebbe di questo pontificato se non si mettesse in conto che,
per Joseph Ratzinger, problema dei problemi non è la «macchina » ecclesiale ma il carburante; non è il
Palazzo, sono le fondamenta. È, cioè, quella fede che sa minacciata alla radice, quella fede che molti
credono incapace di reggere all'assalto della ragione, quella fede assediata da ogni lato dal dubbio. La
crisi, più che della istituzione, è della verità del Vangelo che la sorregge e le dà senso. Come mi disse una
volta: «Siamo ormai a un punto in cui io stesso mi sorprendo di chi continua a credere, non di chi non
crede». Constatazione drammatica, che fa da sfondo a un pontificato il cui centro, non a caso, è la
ricerca ( paziente...) di un nuovo rapporto tra la ragione moderna e la fede antica.
Vittorio Messori
20 aprile 2009
https://www.corriere.it/cronache/09_aprile_20/ricerca_paziente_ratzinger_messori_24ff0482-2d70-11de-
b92c-00144f02aabc.shtml