Sei sulla pagina 1di 6

Fra Dolcino

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Dolcino da Novara, o fra Dolcino come venne chiamato soprattutto


dalla storiografia ottocentesca (Prato Sesia, 1250 circa – Vercelli, 1º
giugno 1307), è stato un predicatore millenarista italiano, capo e
fondatore del movimento dei dolciniani. Accusato di eresia
dall'Inquisizione, fu catturato e ucciso sul rogo nel 1307.

Indice
Biografia
Movimento degli Apostoli
La Crociata contro i dolciniani
Il processo e l'esecuzione Fra Dolcino, litografia di Michel
Dolcino nella Divina Commedia Doyen, 1809-1881

Il "mito" di Dolcino
Note
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
Collegamenti esterni

Biografia
Le notizie storicamente accertate sulla figura e l'opera di Dolcino sono poche e incerte e le fonti sono
prevalentemente di parte avversa ai dolciniani.

Secondo alcune di esse il suo vero nome era Davide Tornielli. Il suo effettivo luogo di nascita è sconosciuto,
anche se viene convenzionalmente indicato in Prato Sesia; così come la data di nascita. Si suppone tuttavia
che sia nato nell'alto Novarese (è stato affermato, infatti, che il cognome Tornielli sia originario di
Romagnano Sesia, una torre nel territorio di Trontano, in Ossola - oggi di proprietà privata e adibita a
struttura ricettiva - porta quel nome). Alcune ricostruzioni posteriori, per squalificarne la nascita, sostennero
che Dolcino fosse il frutto dell'unione di una donna del posto con un prete, forse il parroco di Prato Sesia.

Nel 1291 Dolcino entrò a far parte del movimento degli Apostoli (il termine Apostolici, spesso in uso, non è
invece attestato nelle fonti coeve e nei processi inquisitoriali) guidato da Gherardo Segalelli. È dubbio in tal
senso come la definizione di "frate", con cui spesso anche Dolcino viene definito, debba essere intesa,
perché non si è affatto sicuri che egli abbia mai pronunciato voti religiosi: si limitò forse ad autodefinirsi
"fratello" nell'ambito del movimento ereticale. Gli Apostoli, in sospetto di eresia e già condannati da papa
Onorio IV nel 1286, furono repressi dalla Chiesa cattolica e Segalelli fu arso sul rogo il 18 luglio 1300.
La predicazione di Dolcino si svolse anzitutto nella zona del lago di Garda, con un soggiorno accertato
presso Arco di Trento. Nel 1303, predicando nei dintorni di Trento, Dolcino conobbe la giovane Margherita
Boninsegna nativa di Cimego, donna che i cronisti posteriori, per sottolinearne il fascino in qualche modo
perverso, concordano nel definire bellissima. Margherita divenne la sua compagna e lo affiancò nella
predicazione.

Dolcino si rivelò dotato di grande fascino e comunicativa e, sotto la sua guida, il numero degli Apostoli
riprese a crescere. Si attirò le ire della Chiesa per i contenuti della predicazione, apertamente ostile a Roma e
a papa Bonifacio VIII, di cui profetizzava la prossima scomparsa.

Durante gli spostamenti effettuati in Italia settentrionale per diffondere le proprie convinzioni e accrescere il
numero dei seguaci, Dolcino e i suoi furono ospitati tra il Vercellese e la Valsesia. Qui, a causa delle severe
condizioni di vita dei valligiani, le promesse di riscatto dei dolciniani furono accolte positivamente. Per
questo, dopo un breve ritorno nel Bresciano, approfittando del sostegno armato offerto da Matteo Visconti,
nel 1304 Dolcino decise di occupare militarmente la Valsesia e di farne una sorta di territorio franco dove
realizzare concretamente il tipo di comunità teorizzato nella propria predicazione. Dolcino si stanziò per un
lungo periodo nella località denominata Parete Calva situata presso Rassa.

Di qui, il 10 marzo 1306, tutti i seguaci, denominati anche gazzari, abbandonati da Visconti, si
concentrarono sul Monte Rubello sopra Trivero (poco distante dal Bocchetto di Sessera, nel Biellese), nella
vana attesa che le profezie millenaristiche proclamate da Dolcino si realizzassero.

Contro di loro fu bandita una vera e propria crociata, proclamata da Raniero degli Avogadro vescovo di
Vercelli e che coinvolse anche milizie del Novarese. I dolciniani resistettero a lungo, ma infine, provati
dall'assedio e dalla mancanza di viveri, che la popolazione locale, divenuta oggetto di vere razzie, non
poteva né voleva più fornire loro, furono sconfitti e catturati nella settimana santa del 1307. Quasi tutti i
prigionieri furono passati per le armi; Dolcino, processato e condannato a morte, fu giustiziato
pubblicamente il 1º giugno, dopo avere assistito al rogo di Margherita e del suo luogotenente Longino da
Bergamo.

Movimento degli Apostoli

«Gesù e gli apostoli non avevano mai posseduto niente»

(fra Dolcino)

Il movimento degli "Apostoli" (che si autodefinivano anche boni homines), fondato da Segalelli verso il
1260, rientra nel novero dei gruppi pauperistici e millenaristici che fiorirono numerosi in quel periodo.

Gli aderenti conducevano una vita segnata da frequenti digiuni e preghiere, lavorando o chiedendo
l'elemosina, senza imposizione di celibato: la cerimonia di accoglienza dei nuovi seguaci nel gruppo
prevedeva che pubblicamente si mostrassero nudi, per rappresentare la propria nullità davanti a Dio (come
avrebbe fatto san Francesco). Essi predicavano l'obbedienza alle Scritture, affermavano il dovere di
disobbedire anche al Papa quando questo si fosse allontanato dai precetti evangelici, il diritto dei laici a
predicare, l'imminenza del castigo celeste provocato dalla corruzione dei costumi ecclesiastici, e la necessità
di vivere in assoluta povertà. Quest'ultimo punto scatenò l'ira della Chiesa di Roma: i dolciniani stessi,
d'altronde, furono accusati di depredazioni e rapine decisamente maggiori di quelle che sarebbero state
strettamente necessarie a garantire la loro sopravvivenza.

Dolcino espose la sua dottrina in una serie di lettere (tutte ricostruite sulla base di documenti di parte
avversa) indirizzate agli Apostoli: ispirandosi a Gioacchino da Fiore, egli riteneva che la storia della Chiesa
si dividesse in quattro epoche, e che fosse imminente l'avvento dell'ultima, un tempo finale in cui si sarebbe
ristabilito finalmente l'ordine e la pace dopo le degenerazioni della Chiesa. Dolcino annunciò l'approssimarsi
della fine dei tempi e una nuova effusione dello Spirito sugli apostoli. Alcuni teologi della Riforma
protestante videro in Dolcino un loro antesignano e nella diffusione della Parola di Dio legata alla
liberazione del nord Europa dal giogo papale l'adempimento della sua profezia.

La Crociata contro i dolciniani


La Crociata contro Dolcino fu bandita, come detto, dal vescovo di Vercelli Raniero (o Rainero) degli
Avogadro, con il beneplacito di papa Clemente V nel 1306. A lungo si è ritenuto che i valligiani tra il
Biellese e la Valsesia l'avessero addirittura anticipata aderendo allo Statutum Ligae contra Haereticos
(cosiddetto Statuto di Scopello), redatto già il 24 agosto 1305. Studi più recenti, tuttavia, hanno dimostrato
che il documento è un falso, confezionato alla fine del sec. XVIII in ambienti clericali per dimostrare
l'esistenza di un movimento popolare antidolciniano sin dalle origini della sua predicazione nel Biellese.
Nello Statuto si pretendeva che numerosi rappresentanti delle genti delle tre principali valli valsesiane,
riuniti nella chiesa di San Bartolomeo a Scopa, avessero giurato sui Vangeli di scendere in armi contro i
dolciniani fino al loro totale sterminio. Chiunque indossi la veste con croce e si appresti a partire verso le
valli del Novarese e Vercellese per combattere l'eresia dolciniana - questo il senso della disposizione delle
autorità ecclesiastiche - avrà rimessa la totalità dei peccati. Come detto, tuttavia, lo Statutum è un falso.[1]

Il movimento guidato da Dolcino contava, al massimo della sua espansione, tra i 5000 e i 10000 aderenti,
benché simili numeri possano anche essere considerati l'esagerazione di alcuni autori: per fare un confronto,
infatti, la città di Novara contava al tempo circa 5000 abitanti e l'alta Valsesia meno di 500.
Nell'organizzazione della loro difesa i dolciniani (detti anche gazzari) costruirono fortificazioni le cui
vestigia sul Monte Rubello sarebbero state ancora rinvenute da scavi archeologici recenti. Scorribande
improvvise e sortite notturne nelle campagne della Valsesia e del Biellese permisero un misero
sostentamento ai fuggiaschi, verso i quali crebbe però l'ostilità dei valligiani depredati. Un rigido inverno
contribuì a ridurre ulteriormente le forze e le riserve alimentari. I vescovili dal canto loro potenziarono il
proprio esercito assoldando, tra gli altri, anche un contingente di balestrieri genovesi.

Le alture circostanti, tra le quali il Monte Rovella, vennero fortificate con lo scopo di isolare Dolcino e i
suoi seguaci. Nella settimana Santa (23 marzo) del 1307, le truppe di Raniero riuscirono a penetrare nel
fortilizio fatto costruire da Dolcino, dove ancora resistevano disperatamente gli ultimi superstiti del gruppo
ormai falcidiato. Secondo le fonti di epoca successiva, lo spettacolo che si presentò agli assalitori fu
drammatico: gli assediati, per sopravvivere, si erano cibati dei resti dei compagni morti. Tutti i dolciniani,
comunque, vennero immediatamente passati per le armi eccetto Dolcino, Longino e Margherita.

Il processo e l'esecuzione
Dolcino fu processato a Vercelli e condannato a morte. L'Anonimo Fiorentino (uno dei primi commentatori
della Divina Commedia) riferisce che egli rifiutò di pentirsi e anzi proclamò che, se lo avessero ucciso,
sarebbe resuscitato il terzo giorno.

Margherita e Longino furono arsi vivi sulle rive del torrente Cervo, il corso d'acqua che scorre vicino a
Biella, dove la tradizione identifica ancora una sorta di isolotto detto appunto "di Margherita". Un cronista
annota che Dolcino, costretto ad assistere al supplizio dell'amata, "darà continuo conforto alla sua donna in
modo dolcissimo e tenero". L'Anonimo Fiorentino, all'opposto, afferma che Margherita fu giustiziata dopo
di lui.

Per Dolcino si volle procedere a un'esecuzione pubblica esemplare: secondo Benvenuto da Imola (un altro
antico commentatore dantesco), egli fu condotto su un carro attraverso la città di Vercelli, venne torturato a
più riprese con tenaglie arroventate e gli furono strappati il naso e il pene. Dolcino sopportò tutti i tormenti
con resistenza non comune, senza gridare né lamentarsi. Infine fu issato sul rogo e arso vivo di fronte alla
Basilica di Sant'Andrea.

Dolcino nella Divina Commedia


Dante ricorda Dolcino nella Divina Commedia con questi versi:

«Or di' a fra Dolcin dunque che s'armi,


tu che forse vedra' il sole in breve,
s'ello non vuol qui tosto seguitarmi,
sì di vivanda, che stretta di neve
non rechi la vittoria al Noarese,
ch'altrimenti acquistar non saria leve.»

(Inferno XXVIII, 55-60)

Dante destina Dolcino alla bolgia dei seminatori di discordie e degli scismatici; poiché però l'azione della
Commedia è ambientata nel 1300, quando egli era ancora vivo, Dante non lo incontra durante la sua visita
all'Inferno, ma è Maometto, che si trova in quella stessa bolgia, a preannunciargli il suo arrivo. Si tratta di
una delle numerose "profezie" che Dante inserì nel poema per poter citare personaggi ancora viventi nel
1300 o eventi posteriori a tale data, ma già avvenuti, ovviamente, nel momento in cui egli scriveva.

Il "mito" di Dolcino
Nel 1907[2], per il seicentesimo anniversario della morte di Dolcino, alla
presenza di una folla di diecimila persone riunitesi sui luoghi dell'ultima
battaglia, un obelisco alto dodici metri fu eretto in memoria dei dolciniani.[3]
Promotore dell'iniziativa era stato Emanuele Sella, letterato ed economista
che vantava trascorsi in seno al socialismo: fu soprattutto lui a suggerire un
accostamento tra le istanze dolciniane e quelle socialiste, ma già l'anno
successivo, nel 1908, le celebrazioni andarono pressoché deserte.

Nel 1927 l'obelisco fu abbattuto da un gruppo di fascisti. La volontà di


riedificare il monumento acquistò grande valore simbolico dopo la caduta
del regime fascista e nel 1974 un monumento più piccolo fu edificato, per
iniziativa dello studioso e attivista Tavo Burat[4], nello stesso punto del Il cippo sul Monte Rubello
monte Rubello. Alla cerimonia di inaugurazioni, guidata da Dario Fo e
Franca Rame,[5][6] erano presenti migliaia di persone. Da allora ogni anno,
nella seconda domenica di settembre, viene organizzato un convegno dolciniano e una cerimonia
commemorativa nei pressi del cippo [5][7].

Gli stessi Dario Fo e Franca Rame nel 1977 fecero tornare in auge, con la commedia teatrale Mistero Buffo,
nella giullarata di Bonifacio VIII, la leggenda di Dolcino e del suo maestro, visti come precursori del
socialismo.

Nel 1980 Umberto Eco inserì nella trama del celebre romanzo Il nome della rosa due personaggi (il cellario
Remigio da Varagine e il suo aiutante Salvatore) che vengono giudicati (e infine condannati al rogo) per il
loro passato di seguaci dolciniani.

Una targa in ricordo, datata 1907, è presente nell'androne del ex-convento di S.Graziano a Vercelli, ora sede
dell'Assessorato alla Gioventù della città.
Il settecentesimo anniversario della morte di Dolcino ha posto in essere, tra
la fine del 2005 e l'inizio del 2007, varie manifestazioni in suo ricordo.

La storia di Dolcino e Margherita Boninsegna è riportata anche nelle Vite


Immaginarie di Marcel Schwob e in uno degli episodi di Cantalamappa, di
Wu Ming.

Note
1. ^ R. Ordano, "Boll. Storico Vercellese" 1, 1972
2. ^ Nino Belli e Giuseppe Ubertini, Fra Dolcino. Nel VI centenario
del martirio, Biella, Tipografia soc. Magliola, 1907.
3. ^ La Stampa 26 agosto 1983, su archiviolastampa.it. Targa in ricordo di Fra
4. ^ Enrico Camanni, Alpi ribelli: Storie di montagna, resistenza e Dolcino a Vercelli
utopia, Roma-Bari, GLF editori Laterza, 2016, ISBN 978-88-581-
2514-4. URL consultato il 7 gennaio 2017.
5. La Stampa 10 settembre 1995 (http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastamp
a/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,39/articleid,0675_01_1995_0245_0150_1
6233529/)
6. ^ La Stampa 18 ottobre 2005, su archiviolastampa.it.
7. ^ La Stampa 13 settembre 1987, su archiviolastampa.it.

Bibliografia
Anonimo Sincrono, Historia Fratris Dulcini Heresiarche, in Rerum Italicarum Scriptores, Tomo
IX, Parte V, a cura di Arnaldo Segarizzi, Città di Castello, 1907.
Raniero Orioli (a cura di), Fra Dolcino. Nascita, vita e morte di un'eresia medievale, Milano,
Jaca Book, 2004, ISBN 978-88-16-77204-5.
Raniero Orioli, Venit perfidus heresiarcha. Il movimento apostolico-dolciniano dal 1260 al
1307, Roma, Istituto storico italiano per il Medio Evo, 1988.
Centro Studi Dolciniani (a cura di), Fra Dolcino e gli Apostolici tra eresia, rivolta e roghi, Roma,
DeriveApprodi, 2000, ISBN 88-87423-35-0.
Corrado Mornese, Eresia dolciniana e resistenza montanara, Roma, DeriveApprodi, 2002,
ISBN 978-88-87423-91-4.
Alberto Bossi, Fra Dolcino, Gli Apostolici e la Valsesia, Borgosesia, Ed. Corradini, 1973.
Gabriella Pantò, Contro fra Dolcino. Lo scavo delle postazioni vescovili nel Biellese, Biella,
DOCBI Centro Studi Biellesi, 1995.
Giulio Pavignano, Dolcino. L'ultimo Eretico, Biella, Edizioni Ieri e Oggi, 2007.
Eugenio Dupré Theseider, Fra Dolcino: storia e mito, in Mondo cittadino e movimenti ereticali
nel Medio Evo, Bologna, Pàtron, 1978, pp. 317-343.
Lorenzo Strona, L'ontano nero. Passione e morte di un eretico medievale, Giuliano Ladolfi
Editore, 2012. ISBN 978-88-6644-052-9.
Marco Zulberti, Dante, Dolcino e la Judicaria, in "Passato Presente", nº24, Trento 1994
Luigi Tribaudino, La fenice libertaria, Milano, Lampi di stampa, 2006, pp. 79, ISBN 88-488-
0507-8.
Guido Santorum (a cura di Graziano Riccadonna), La lente dell'inquisizione sulla comunità
rivana - Il processo dolciniano del 1332-1333, Associazione Riccardo Pinter, Comune di Riva
del Garda, 2017
"A historical memoir of Frà Dolcino and his times" by Luigi Mariotti (pseudonimo di Antonio
Gallenga), LONGMAN, BROWN, GREEN, AND LONGMANS, London 1853

Voci correlate
Gherardo Segarelli
Gioachimismo
Millenarismo

Altri progetti
Wikimedia Commons (https://commons.wikimedia.org/wiki/?uselang=it) contiene immagini
o altri file su Fra Dolcino (https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Fra_Dolcino?use
lang=it)

Collegamenti esterni
Giovanni Miccoli, «DOLCINO (http://www.treccani.it/enciclopedia/dolcino_(Enciclopedia-Dante
sca)/)», in Enciclopedia Dantesca, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1970.
Giovanni Miccoli, «DOLCINO (http://www.treccani.it/enciclopedia/dolcino_(Dizionario-Biografic
o)/)», in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 40, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,
1991.
Centro Studi dolciniani, su fradolcino.interfree.it. URL consultato il 4 settembre 2018 (archiviato dall'url
originale il 1º dicembre 2005).
Fra Dolcino e la sua storia controversa, su torriste.it. URL consultato l'11 luglio 2011 (archiviato dall'url
originale il 27 novembre 2011).
L'eresia dolciniana, un movimento comunista primitivo, su paginemarxiste.it.
VIAF (EN) 37714405 (https://viaf.org/viaf/37714405) · ISNI (EN) 0000 0000 7819 0407 (h
ttp://isni.org/isni/0000000078190407) · GND (DE) 118884956 (https://d-nb.info/gnd/1188
84956) · BNF (FR) cb121376597 (https://catalogue.bnf.fr/ark:/12148/cb121376597)
(data) (https://data.bnf.fr/ark:/12148/cb121376597) · BNE (ES) XX5611792 (http://catalo
Controllo di autorità
go.bne.es/uhtbin/authoritybrowse.cgi?action=display&authority_id=XX5611792) (data)
(http://datos.bne.es/resource/XX5611792) · CERL cnp00967094 (https://thesaurus.cerl.
org/record/cnp00967094) · WorldCat Identities (EN) viaf-37714405 (https://www.worldca
t.org/identities/viaf-37714405)

Estratto da "https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Fra_Dolcino&oldid=112999756"

Questa pagina è stata modificata per l'ultima volta il 15 mag 2020 alle 10:00.

Il testo è disponibile secondo la licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo; possono applicarsi
condizioni ulteriori. Vedi le condizioni d'uso per i dettagli.

Potrebbero piacerti anche