Sei sulla pagina 1di 29

I GIoVANI

Renato Guttuso, Boogie-woogie, particolare, 1953.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 399 17/02/11 10:34


400

le età della vita


L ’età della giovinezza non ha avuto sempre il medesimo significato. Innanzitutto sul piano ana-
grafico: quando la vita media era di quarant’anni, a sedici, diciassette anni si era già adulti.
Oggi, in un’epoca e in una società in cui si insegue il mito dell’eterna giovinezza, le età della vita
sono molto più sfumate e il termine «giovane» ha uno spettro più ampio: se nell’Ottocento un tren-
tenne era un uomo fatto e una trentenne una donna matura, ormai uno «scapolone» e una «zitella»
se non erano sposati, oggi i trentenni sono ancora definiti «ragazzi». Nello stesso tempo, dato che
la vita media si è notevolmente allungata, anche il termine «anziano» ha subito uno slittamento di
significato: essere giovani è diventata una questione non più esclusivamente di età, ma di mentali-
tà, di stile di vita, di modo di pensare, di efficienza fisica.
Nel corso dei secoli gli uomini hanno attribuito anche valori diversi alle età della vita. Nelle
società più antiche veniva riconosciuta come importante solo l’età adulta, perché in grado di assi-
curare la sopravvivenza del gruppo. Gli anziani garantivano la continuità delle conoscenze e delle
tradizioni e, proprio per questo, era loro affidato il governo della famiglia e della città. Il loro potere
all’interno del gruppo era a volte quasi assoluto.
I giovani non erano considerati come persone con caratteristiche proprie della loro età, ma come
esseri imperfetti, che, privi di una loro autonomia, dovevano seguire la via indicata dagli adulti per
entrare nella società in cui vivevano e avervi un ruolo. Non erano consentiti atti di ribellione o di
insofferenza, che, se messi in atto, avrebbero comportato l’esclusione dalla comunità.
La giovinezza, più che una fase della vita con caratteristiche particolari, era la stagione della vigoria
fisica, che si accompagnava però alla mancanza di esperienza, di conoscenza e quindi di saggez-
za: il giovane coincideva con un’immagine di forza, attraverso la quale si esprimeva l’energia vitale
necessaria per la continuazione del genere umano.
Questa concezione restò pressoché immutata per molti secoli sino all’età moderna: la giovinezza
rimase un’età da modellare attraverso lo studio, le regole di comportamento dettate dagli adulti e
l’esempio dei grandi uomini del passato.

la scoperta dei giovani


Solo con il Settecento i giovani divennero protagonisti della società in cui vivevano. La rivo-
luzione industriale, che trasformò il mondo del lavoro, e la Rivoluzione francese, che modificò
profondamente i rapporti sociali, tolsero agli anziani quel ruolo di supremazia che avevano avuto.
I giovani aderivano con entusiasmo e maggiore facilità alle trasformazioni e ne divennero spesso
la forza propulsiva. Nel corso dell’Ottocento e del primo Novecento diventarono protagonisti dei
grandi mutamenti culturali e politici, che hanno modificato la società occidentale: spinti dalla spe-
ranza, o dall’illusione, di poter cambiare il mondo, parteciparono ai moti rivoluzionari, alle guerre
di indipendenza, aderirono a movimenti artistici e ideologici.
Nella seconda metà del Novecento i giovani non solo si sono imposti all’attenzione degli adulti,
ma hanno acquisito un’importanza che mai avevano avuto nel corso della storia.
Il boom demografico, il crescente livello di istruzione, spesso superiore a quello dei genitori, ne
avevano fatto un gruppo sociale con caratteristiche proprie e con una forza capace di incidere sulle
scelte politiche e sui costumi. Negli anni Sessanta e Settanta la contestazione giovanile mise in
discussione il mondo degli adulti e le sue scelte. I giovani furono in grado di imporre stili di vita,
atteggiamenti, modi di vestire, gusti musicali, che contagiarono anche gli adulti e che sono diven-
tati parte della cultura collettiva.
Nella società contemporanea i giovani hanno dunque un ruolo attivo e spesso decisivo. Con lo
sviluppo della psicologia, inoltre, le diverse età della vita vengono studiate nella loro specificità:
la giovinezza, e in modo particolare l’adolescenza, che era sempre stata vista come una fase di
incompiutezza e di inadeguatezza, solo un momento di passaggio verso l’età adulta, viene oggi

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 400 17/02/11 10:34


401

Roy Lichtenstein,
Riflessioni su una
ragazza, 1990.

considerata un’età con caratteristiche specifiche; un periodo in cui l’individuo costruisce, non sen-
za fatica, la propria personalità, la propria visione del mondo, e vuole farlo in modo sempre più
autonomo, senza dover sottostare agli esempi ereditati dagli adulti.

i giovani nella letteratura


L a presenza dei giovani nella letteratura segue l’evoluzione che ha avuto il loro ruolo sulla scena
sociale e politica.
Nella letteratura antica giovani erano gli eroi della mitologia, ma si trattava di una giovinezza
relativa, perché gli eroi, come Achille o Teseo, anche se anagraficamente giovani, vivevano già in
una dimensione adulta, segnata dal peso delle responsabilità e del comando.
I giovani irrompono nella letteratura agli inizi del Settecento con la nascita e lo sviluppo del ro-
manzo, che raccontava storie ambientate nella realtà del tempo: un mondo in divenire, che stava
cambiando rapidamente e affermava nuovi valori e nuovi modi di vita. I protagonisti dovevano
essere personaggi dinamici, disponibili ad affrontare cambiamenti e scelte difficili. I giovani diven-
tano quindi i protagonisti ideali, perché più liberi dai vincoli del passato, più aperti alle novità, più
adatti a vivere situazioni nuove o pericolose.

il romanzo di formazione
Proprio nel Settecento nasce in Germania il romanzo di formazione, in tedesco Bildungsroman,
che racconta il processo di maturazione e le vicende attraverso le quali avviene l’inserimento e
l’integrazione di un giovane nella società. Ostacoli di ogni genere mettono alla prova le capacità
e temprano il carattere dei giovani protagonisti, pronti alla fine a entrare a pieno diritto nel mondo
degli adulti.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 401 17/02/11 10:34


402

Anche alcuni romanzi italiani risentono dell’influenza di questo tipo di romanzo: nei Promessi spo-
si di Manzoni il personaggio di Renzo affronta una serie di peripezie, alla fine delle quali riconosce
i propri errori e afferma di avere imparato come comportarsi.
La letteratura attraverso il romanzo di formazione esprime la consapevolezza del ruolo attivo dei
giovani, ma anche la necessità di integrarli all’interno del tessuto sociale.
Il romanzo di formazione vero e proprio finisce già nell’Ottocento, ma lascia in eredità una
tradizione narrativa in cui protagonisti giovani sono messi di fronte a una serie di difficoltà e di
scelte, attraverso le quali affrontano le proprie paure, e superano quella che lo scrittore Joseph
Conrad chiamò la linea d’ombra, la linea immaginaria che separa la giovinezza dalla maturità.

eroi o ribelli
Nella narrativa dell’Ottocento la ribellione al mondo degli adulti e la difficile ricerca dell’identità e
della libertà individuali, che nel romanzo settecentesco venivano alla fine risolte con l’integrazione
nella società, attraverso il lavoro o il matrimonio, diventano condizioni esistenziali. I giovani rap-
presentano nel romanzo ottocentesco l’idea della modernità, con tutte le sue illusioni, ma anche
con le difficoltà e le disillusioni che essa comporta.
La speranza nel cambiamento, la possibilità di sfuggire a un destino immutabile, ereditato con l’ap-
partenenza familiare, si scontrano infatti con una società ancorata alle tradizioni e al passato; la figura
del giovane in letteratura finisce così per coincidere con alcuni tipi, come l’eroe o il ribelle, che
lottano per realizzare speranze, ideali, ma che portano scompiglio nell’ordine sociale. Nel romanzo
Il rosso e il nero, dello scrittore francese Stendhal, il giovane protagonista è costretto a nascondere
la sua vera natura se vuole essere accettato nel mondo dell’alta società, in cui la sua professione lo
porta a vivere; ma non riuscirà a reprimere fino in fondo l’odio per le disuguaglianze sociali, e il suo
tentativo di vivere in un mondo che non è quello in cui è nato si concluderà con un tragico fallimento.
Se nel romanzo di formazione il protagonista arrivava a un compromesso tra le proprie aspirazioni
e i doveri che la società gli imponeva, nel romanzo ottocentesco la lotta dei giovani per affermare
se stessi può portare a una sconfitta.
Nel romanzo I Malavoglia (1881) di Giovanni Verga, ’Ntoni, uno dei protagonisti, entra in conflitto
con il mondo in cui vive; arriva a comprendere chi sia e che cosa voglia veramente, ma il suo per-
corso di formazione si conclude con l’esclusione dal mondo al quale apparteneva.

Tommaso Minardi,
Autoritratto nella soffitta,
particolare, 1813.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 402 17/02/11 10:34


403

i giovani d’oggi
La narrativa del Novecento ha parlato dei gio-
vani soprattutto per sottolinearne il disagio, le
difficoltà, le ansie, la solitudine, caratteristiche
dell’età giovanile.
Holden Caulfield, protagonista del romanzo Il
giovane Holden (1951), dello scrittore statuni-
tense Jerome David Salinger, è diventato il pro-
totipo di una gioventù che avverte con grande
sensibilità il proprio disagio esistenziale senza
trovare vie d’uscita.
A differanza di quelli del romanzo dell’Ottocen-
to, molti protagonisti dei romanzi del Novecen-
to appaiono assai meno disponibili a sottomet-
tersi alla società in cui vivono; essi esprimono
sfiducia nel mondo degli adulti, ma anche rab-
bia, e una voglia di cambiare che comporta la
ricerca di modi di vita alternativi.
Le speranze di Jacques Cormery, protagonista
del romanzo di Albert Camus Il primo uomo,
non sono diverse da quelle di John Grady, prota-
gonista di Cavalli selvaggi dello scrittore ameri- Farfield Porter, Stephie e Kathy, 1963.
cano Cormac McCarthy: entrambi, pur vivendo
in luoghi totalmente diversi, esprimono fiducia
nelle proprie forze e nel futuro che li aspetta.
I giovani contemporanei sono spesso raccontati da scrittori giovani, che conoscono «dal di den-
tro» le loro problematiche, e ne condividono il modo di vivere e di pensare. Ma i giovani amano
più che mai anche raccontarsi in prima persona, come testimoniano i numerosissimi blog in cui
essi si osservano, si descrivono, mostrano di scoprire da soli la realtà e tracciano i confini di un
mondo nettamente separato da quello degli adulti.
Nei racconti e nei romanzi contemporanei i giovani sono spesso rappresentati e si rappresentano
in una dimensione molto quotidiana, nella quale vivono una sorta di eterno presente senza la
prospettiva di una vita futura da adulti. La condizione di adulto viene rifiutata in quanto, in una
visione pessimistica della realtà, viene fatta coincidere con gli aspetti negativi della società con-
temporanea; l’adulto non costituisce più un modello, perché portatore di valori e di stili di vita
che i giovani non condividono, come avviene per Zero, uno dei protagonisti di Un giorno perfetto
(2005) di Melania Mazzucco.
I personaggi giovani sembrano così vivere in una dimensione fortemente individualistica, in cui
largo spazio hanno i sentimenti, le esperienze sessuali, il vissuto interiore, le relazioni con gli amici.
Il linguaggio adottato in questi romanzi riproduce spesso mimeticamente certi parlati giovanili:
piuttosto poveri lessicalmente, ripetitivi, allusivi più che esplicativi, ma capaci di riproporre effica-
cemente il mondo interiore dei ragazzi.
Attraverso i personaggi giovani gli scrittori hanno spesso denunciato e denunciano le storture e
le contraddizioni di un’epoca e di una società. I giovani sembrano infatti avvertire con maggiore
intensità i problemi del mondo in cui vivono, che gli adulti tendono a risolvere attraverso l’adegua-
mento e il compromesso, e che risultano invece insopportabili per chi ancora non ha rinunciato, o
non vuole rinunciare, ai propri sogni e ai propri progetti di vita.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 403 17/02/11 10:34


404

uN teStO SpiegatO
Giovanni verga
’NToNI MALAVoGLIA
I Malavoglia, 1881
Nel romanzo I Malavoglia, verga, uno dei maggiori scrittori italiani dell’ottocento, rac-
conta la storia di una famiglia di pescatori siciliani. I Malavoglia, onesti e instancabili
lavoratori, cercano di migliorare la loro situazione economica dedicandosi al commercio.
Ma una tempesta in mare distrugge ogni possibilità di miglioramento: la morte del capo-
famiglia Bastianazzo e la perdita della barca con il suo carico li costringono a lavorare
duramente per anni per poter vivere e pagare i debiti che hanno contratto.
Nel brano sono messi a confronto due mondi e due modi di pensare: quello del nonno,
Padron ’Ntoni, un vecchio pescatore, e quello del nipote ’Ntoni, sempre più insofferente
a una vita priva di ogni prospettiva per il futuro.

Una volta ’Ntoni Malavoglia, andando gironi pel paese, aveva visto due
giovanotti che s’erano imbarcati qualche anno prima a Riposto1, a cercar
fortuna, e tornavano da Trieste, o da Alessandria d’Egitto, insomma da
lontano, e spendevano e spandevano2 all’osteria meglio di compare Naso,
o di padron Cipolla; si mettevano a cavalcioni sul desco3; dicevano delle
barzellette alle ragazze, e avevano dei fazzoletti di seta in ogni tasca del
giubbone; sicché il paese era in rivoluzione per loro.
’Ntoni, quando la sera tornava a casa, non trovava altro che le donne, le
quali mutavano la salamoia4 nei barilotti, e cianciavano in crocchio5 colle
10 vicine, sedute sui sassi; e intanto ingannavano il tempo a contare storie e
indovinelli, buoni pei ragazzi, i quali stavano a sentire con tanto d’occhi
intontiti dal sonno. Padron ’Ntoni ascoltava anche lui, tenendo d’occhio lo
scolare della salamoia, e approvava col capo quelli che contavano le storie
più belle, e i ragazzi che mostravano di aver giudizio come i grandi nello
spiegare gli indovinelli.
– La storia buona, disse allora ’Ntoni, è quella dei forestieri che sono
arrivati oggi, con dei fazzoletti di seta che non par vero; e i denari non li
guardano cogli occhi, quando li tirano fuori dal taschino. Hanno visto
mezzo mondo, dice, che Trezza ed Aci Castello6 messe insieme, sono nulla
20 in paragone. Questo l’ho visto anch’io; e laggiù la gente passa il tempo a
scialarsi7 tutto il giorno, invece di stare a salare le acciughe; e le donne,

1. Riposto: località sul mare a nord di Catania, do il liquido formatosi viene scolato, le ac-
verso Taormina. ciughe sono pronte per essere messe nei vasi
2. spandevano: sperperavano; compare Naso a strati, e ricoperte di salamoia (una soluzio-
è il macellaio, mentre padron fortunato Ci- ne satura di cloruro di sodio); le acciughe
polla è proprietario di molti terreni e della vengono poi coperte e pressate con un peso,
barca su cui vanno a lavorare i Malavoglia in genere una pietra di mare.
dopo che la loro imbarcazione è affondata 5. cianciavano in crocchio: chiacchieravano in
per la tempesta; sono quindi esponenti della cerchio di cose di poca importanza.
classe benestante del paese. 6. Trezza ed Aci Castello: due villaggi vicino
3. desco: tavolo. Catania.
4. salamoia: le acciughe pulite per esser con- 7. scialarsi: fare una vita comoda, spendendo
servate vengono spolverate di sale grosso in denaro senza risparmio.
modo da far uscire il sangue rimasto; quan-

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 404 17/02/11 10:34


405

vestite di seta e cariche di anelli meglio della Madonna dell’ognina8, van-


no in giro per le vie a rubarsi i bei marinari.
Le ragazze sgranavano gli occhi, e padron ’Ntoni stava attento a pensa-
re anche lui, come quando i ragazzi spiegavano gli indovinelli: – Io, disse
Alessi, il quale vuotava adagio adagio i barilotti, e li passava alla Nunziata,
– io quando sarò grande, se mi marito voglio sposar te.
– Ancora c’è tempo, rispose Nunziata seria seria.
– Devono essere delle città grandi come Catania; che uno il quale non ci
30 sia avvezzo si perde per le strade; e gli manca il fiato a camminare sempre
fra le due file di case, senza vedere né mare né campagna.
– E’ c’è stato anche il nonno di Cipolla9, aggiunse padron ’Ntoni, ed è
in quei paesi là che s’è fatto ricco. Ma non è più tornato a Trezza, e mandò
solo i denari ai figliuoli.
– Poveretto! disse Maruzza.
– Vediamo se mi indovini quest’altro, disse la Nunziata: Due lucenti,
due pungenti, quattro zoccoli e una scopa.
– Un bue! rispose tosto Lia.
– Questo lo sapevi! ché ci sei arrivata subito; esclamò il fratello.
40 – Vorrei andarci anch’io, come padron Cipolla, a farmi ricco, aggiunse
’Ntoni.
– Lascia stare, lascia stare! gli disse il nonno, contento pei barilotti che
vedeva nel cortile. Adesso ci abbiamo le acciughe da salare. Ma la Longa
guardò il figliuolo col cuore stretto, e non disse nulla, perché ogni volta
che si parlava di partire le venivano davanti agli occhi quelli che non era-
no tornati più.
E poi soggiunse: – «Né testa, né coda, ch’è meglio ventura».
Le file dei barilotti si allineavano sempre lungo il muro, e padron ’Nto-
ni, come ne metteva uno al suo posto, coi sassi di sopra, diceva: – E un
50 altro! Questi a ognissanti
gnissanti son tutti danari.
’Ntoni allora rideva, che pareva padron fortunato quando gli parlava-
no della roba degli altri. – Gran denari! borbottava; e tornava a pensare
a quei due forestieri che andavano di qua e di là, e si sdraiavano sulle
panche dell’osteria, e facevano suonare i soldi nelle tasche. Sua madre lo
guardava come se gli leggesse nella testa; né la facevano ridere le barzel-
lette che dicevano nel cortile.
[…]
Ma d’allora in poi non pensava ad altro che a quella vita senza pensieri
e senza fatica che facevano gli altri; e la sera, per non sentire quelle chiac-
60 chiere senza sugo10, si metteva sull’uscio colle spalle al muro, a guardare la
gente che passava, e digerirsi la sua mala sorte; almeno così si riposava pel
giorno dopo, che si tornava da capo a far la stessa cosa, al pari dell’asino

8. Madonna dell’Ognina: ognina era un pa- una costruzione dialettale, propria del par-
esino tra Aci Trezza e Catania, di cui oggi lato, nella quale viene ripetuto due volte il
costituisce un quartiere. soggetto.
9. E’ … Cipolla: c’è stato anche lui, il nonno di 10. senza sugo: prive di idee, di veri contenuti;
compare Cipolla. E’ sta per ei, cioè «egli»; è inutili.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 405 17/02/11 10:34


406

di compare Mosca, il quale come vedeva prendere il basto11 gonfiava la


schiena aspettando che lo bardassero! – Carne d’asino! borbottava; ecco
cosa siamo! Carne da lavoro! E si vedeva chiaro che era stanco di quella
vitaccia, e voleva andarsene a far fortuna, come gli altri; tanto che sua
madre, poveretta, l’accarezzava sulle spalle, e l’accarezzava pure col tono
della voce, e cogli occhi pieni di lagrime, guardandolo fisso per leggergli
dentro e toccargli il cuore. Ma ci diceva di no, che sarebbe stato meglio
70 per lui e per loro; e quando tornava poi sarebbero stati tutti allegri. La
povera donna non chiudeva occhio in tutta la notte, e inzuppava di la-
grime il guanciale. Infine il nonno se ne accorse, e chiamò il nipote fuori
dell’uscio, accanto alla cappelletta, per domandargli cosa avesse.
– orsù, che c’è di nuovo? dillo a tuo nonno, dillo! – ’Ntoni si stringeva
nelle spalle; ma il vecchio seguitava ad accennare di sì col capo, e sputava,
e si grattava il capo cercando le parole.
– Sì, sì, qualcosa ce l’hai in testa, ragazzo mio! Qualcosa che non c’era
prima. «Chi va coi zoppi, all’anno zoppica12».
– C’è che sono un povero diavolo! ecco cosa c’è!
80 – Bè! che novità! e non lo sapevi? Sei quel che è stato tuo padre, e quel
ch’è stato tuo nonno! «Più ricco è in terra chi meno desidera». «Meglio
contentarsi che lamentarsi».
– Bella consolazione!
Questa volta il vecchio trovò subito le parole, perché si sentiva il cuore
sulle labbra:
– Almeno non lo dire davanti a tua madre.
– Mia madre… Era meglio che non mi avesse partorito, mia madre!
– Sì, accennava padron ’Ntoni, sì, meglio che non t’avesse partorito, se
oggi dovevi parlare in tal modo.
’Ntoni per un po’ non seppe che dire: – Ebbene! esclamò poi, lo faccio
100 per lei, per voi, e per tutti. Voglio farla ricca, mia madre! ecco cosa voglio.
Adesso ci arrabattiamo13 colla casa e colla dote di Mena; poi crescerà Lia,
e un po’ che le annate andranno scarse staremo sempre nella miseria. Non
voglio più farla questa vita. Voglio cambiar stato, io e tutti voi. Voglio che
siamo ricchi, la mamma, voi, Mena, Alessi e tutti.
Padron ’Ntoni spalancò tanto d’occhi, e andava ruminando quelle pa-
role, come per poterle mandar giù. – Ricchi! diceva, ricchi! e che faremo
quando saremo ricchi?
’Ntoni si grattò il capo, e si mise a cercare anche lui cosa avrebbero fatto.
– faremo quel che fanno gli altri… Non faremo nulla, non faremo!… Andre-
110 mo a stare in città, a non far nulla, e a mangiare pasta e carne tutti i giorni.

11. basto: bardatura che serve ad assicurare il 13. ci arrabattiamo: ci sforziamo; i Malavoglia
carico sugli animali da soma; Alfio Mosca lavorano per ricomperare la casa e fare la
è un giovane carrettiere, vicino di casa dei dote per Mena e Lia, le due sorelle di ’Ntoni.
Malavoglia. La dote era l’insieme dei beni che la moglie
12. «Chi va … zoppica»: chi va con gli zoppi, doveva portare al marito al momento del
entro l’anno zoppica pure lui; è una varian- matrimonio; in Italia è stata definita per
te del proverbio «Chi va con lo zoppo impa- legge sino al 1975.
ra a zoppicare».

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 406 17/02/11 10:34


407

– Va, va a starci tu in città. Per me io voglio morire dove son nato; – e


pensando alla casa dove era nato, e che non era più sua si lasciò cadere la
testa sul petto. – Tu sei un ragazzo, e non lo sai!… non lo sai!… Vedrai
cos’è quando non potrai più dormire nel tuo letto; e il sole non entrerà più
dalla tua finestra!… Lo vedrai! te lo dico io che son vecchio!
Il poveraccio tossiva che pareva soffocasse, col dorso curvo, e dimena-
va tristemente il capo: – «Ad ogni uccello, suo nido è bello». Vedi quelle
passere? le vedi? Hanno fatto il nido sempre colà, e torneranno a farcelo,
e non vogliono andarsene.
120 – Io non sono una passera. Io non sono una bestia come loro! risponde-
va ’Ntoni. Io non voglio vivere come un cane alla catena, come l’asino di
compare Alfio, o come un mulo da bindolo14 , sempre a girar la ruota; io
non voglio morir di fame in un cantuccio, o finire in bocca ai pescicani.
– Ringrazia Dio piuttosto, che t’ha fatto nascer qui; e guardati dall’an-
dare a morire lontano dai sassi che ti conoscono. «Chi cambia la vecchia
per la nuova, peggio trova». Tu hai paura del lavoro, hai paura della po-
vertà; ed io che non ho più né le tue braccia né la tua salute non ho pau-
ra, vedi! «Il buon pilota si prova alle burrasche». Tu hai paura di dover
guadagnare il pane che mangi; ecco cos’hai! Quando la buon’anima di
130 tuo nonno15 mi lasciò la Provvidenza e cinque bocche da sfamare, io era
più giovane di te, e non aveva16 paura; ed ho fatto il mio dovere senza
brontolare; e lo faccio ancora; e prego Iddio di aiutarmi a farlo sempre
sinché ci avrò gli occhi aperti, come l’ha fatto tuo padre, e tuo fratello
Luca, benedetto! che non ha avuto paura di andare a fare il suo dovere.
Tua madre l’ha fatto anche lei il suo dovere, povera femminuccia, na-
scosta fra quelle quattro mura; e tu non sai quante lagrime ha pianto,
e quante ne piange ora che vuoi andartene; che la mattina tua sorella
trova il lenzuolo tutto fradicio! E nondimeno sta zitta e non dice di que-
ste cose che ti vengono in mente; e ha lavorato, e si è aiutata come una
140 povera formica anche lei; non ha fatto altro, tutta la sua vita, prima che
le toccasse di piangere tanto, fin da quando ti dava la poppa17, e quando
non sapevi ancora abbottonarti le brache, che allora non ti era venuta in
mente la tentazione di muovere le gambe, e andartene pel mondo come
un zingaro.
In conclusione ’Ntoni si mise a piangere come un bambino, perché in
fondo quel ragazzo il cuore ce l’aveva buono come il pane; ma il giorno
dopo tornò da capo.
La mattina si lasciava caricare svogliatamente degli arnesi, e se ne an-
dava al mare brontolando: – Tale e quale l’asino di compare Alfio! come fa
150 giorno allungo il collo per vedere se vengono a mettermi il basto. – Dopo
che avevano buttato le reti, lasciava Alessi a menare il remo adagio adagio

14. bindolo: macchina, generalmente azionata come se questi fosse il nonno di ’Ntoni, men-
da animali, che serviva per attingere acqua tre ne è il bisnonno.
ai pozzi. 16. era … aveva: la forma in -a per la prima
15. tuo nonno: Padron ’Ntoni, da quando è mor- persona singolare dell’imperfetto oggi non
to il figlio Bastianazzo, si considera il padre si usa più.
di ’Ntoni; per questo parla del proprio padre 17. dava la poppa: allattava.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 407 17/02/11 10:34


408

per non fare deviare la barca e si metteva le mani sotto le ascelle, a guardare
lontano, dove finiva il mare, e c’erano quelle grosse città dove non si faceva
altro che spassarsi e non far nulla; o pensava a quei due marinai ch’erano
tornati di laggiù, ed ora se n’erano già andati da un pezzo; ma gli pareva che
non avessero a far altro che andar gironi pel mondo, da un’osteria all’altra,
a spendere i denari che avevano in tasca. La sera, i suoi parenti, dopo aver
messo a sesto18 la barca e gli attrezzi, per non vedergli quel muso lungo, lo
lasciavano andare a gironzolare come un cagnaccio, senza un soldo in tasca.
160 – Che hai, ’Ntoni? gli diceva la Longa guardandolo timidamente nel viso,
cogli occhi lustri19 di lagrime; perché la poveretta indovinava quel che avesse.
– Dimmelo a me che son tua madre! Egli non rispondeva; o rispondeva che
non aveva niente. E infine glielo disse cosa aveva, che il nonno e tutti gli altri
ne volevano la pelle di lui, e non ne poteva più. Voleva andare a cercarsi la
fortuna, come tutti gli altri.
G. Verga, I Malavoglia, Mondadori, Milano 2004

18. messo a sesto: risistemato, ordinato. 19. lustri: lucidi, bagnati dalle lacrime.

r aCCOgliamO le iDee

IL TEMA IL PROTAgONISTA
Giovanni Verga nel romanzo I Malavoglia affer- Unico a voler sfuggire a questa logica è ’Ntoni,
ma i valori della tradizione e mostra i pericoli che buono in fondo, ma con poca voglia di lavorare e
il desiderio di cambiare comporta. Quello di Aci la voglia invece di cambiare, di andare via da un
Trezza appare come un mondo statico, in cui il luogo in cui un giovane può solo ripercorrere le
cambiamento non significa possibilità di miglio- stesse strade percorse dai vecchi.
rare o rinnovare, ma è solo origine di sventura. In ’Ntoni esprime un’insofferenza giovanile verso
un mondo come questo i giovani o si adeguano o il dovere e verso la fatica del lavoro, ma, incon-
sono destinati al fallimento. sapevolmente, anche la percezione di una realtà
Tema del brano è proprio il contrasto tra la fe- in cui chi lavora non vedrà mai davvero ricom-
deltà ai valori e il desiderio di infrangerli, di pensata la propria fatica. La consapevolezza di
trovare una strada diversa. Espressione di questo un’esistenza diversa, percepita quando era a Na-
contrasto sono Padron ’Ntoni, il patriarca della poli per il servizio militare, e rafforzata dagli at-
famiglia, e il giovane ’Ntoni, che il lettore conosce teggiamenti di quei coetanei che hanno fatto for-
attraverso i loro comportamenti e le loro parole. tuna, alimentano la sua smania di cambiamento,
anche se, come spesso accade nei giovani, ’Ntoni
L’AMbIENTE
non sa esattamente che cosa vuole. Ricchezza non
Il brano inizia con una rappresentazione quasi
significa per lui poter avere delle cose (riesce solo
teatrale: in cerchio per la salatura delle acciughe,
a immaginare di mangiare meglio): la ricchezza è
i ragazzi chiacchierano, giocano agli indovinel-
per lui solo la possibilità di non lavorare.
li mentre il nonno ne osserva le parole e i gesti.
Il suo desiderio di fuga si infrangerà contro le dif-
Sono gesti e parole che si ripetono uguali negli
ficoltà e l’incapacità di un cambiamento ed egli
anni, così come la vita degli abitanti di Aci Trez-
rimarrà uno sradicato, impossibilitato a vivere
za, scandita da ritmi e abitudini secolari. Gli
nel proprio paese, dal quale sarà costretto ad an-
stessi proverbi con cui padron ’Ntoni condisce i
darsene, proprio quando avrà compreso e condi-
suoi discorsi connotano una realtà immutabile,
viso quei valori che invano il nonno aveva cercato
e quindi definibile attraverso sentenze che non
di trasmettergli.
hanno tempo.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 408 17/02/11 10:34


409

Cormac McCarthy
DIECIMILA MoNDI DA SCEGLIERE
Cavalli selvaggi, 1992  Lingua originale inglese
Ambientato nel 1949 nei territori di confine tra il Texas e il Messico, Cavalli selvaggi rac-
conta la storia di John Grady Cole. John cresce con il nonno nel ranch di famiglia, mentre
i suoi genitori vivono ciascuno la propria vita: la madre fa l’attrice di teatro, il padre il
giocatore d’azzardo. Alla morte del nonno John vorrebbe continuare a vivere e lavorare nel
ranch, che la madre decide però di vendere. John sceglie allora di abbandonare la scuola e
di andare con l’amico Rawlins verso il Messico, dove potrà mettere a frutto la sua passione
per i cavalli. Ha solo sedici anni.
Del tutto particolare è lo stile di McCarthy, che affida la narrazione della storia quasi
esclusivamente alle parole dei personaggi.

La sera era quasi tiepida. Lui e Rawlins, sdraiati sulla strada, sentivano
il calore dell’asfalto contro la schiena e guardavano le stelle cadere dal
lungo pendio nero del firmamento. In lontananza sentirono sbattere una
porta. Il richiamo di una voce. L’ululato di un coyote1 proveniente dalle
colline s’interruppe, poi riprese.
Qualcuno ti chiama?
È probabile, disse Rawlins.
Rimasero distesi sull’asfalto a braccia e gambe aperte come prigionieri
in attesa di essere processati all’alba.
10 L’hai detto a tuo padre? chiese Rawlins.
No.
Hai intenzione di farlo?
A che servirebbe?
Quand’è che dovete smammare?
Chiudiamo il primo di giugno. á La vendita del ranch è
Potresti aspettare fino allora. ormai conclusa e John
deve lasciare la casa.
A che pro?
Rawlins mise il tacco di uno stivale sulla punta dell’altro. Come se vo- á La fuga del padre di
lesse misurare il cielo col piede. Mio padre è scappato di casa a quindici Rawlins ha determinato
la nascita del ragazzo;
20 anni. Altrimenti sarei nato in Alabama2 . la mamma è infatti di
Non saresti nato affatto. San Angelo in Texas e
Cosa te lo fa pensare? se il padre non avesse
lasciato l’Alabama
Tua madre è di San Angelo e tuo padre non l’avrebbe mai incontrata. non si sarebbero mai
Ne avrebbe incontrata un’altra. incontrati.
E lei avrebbe incontrato un altro.
E allora?
E allora tu non saresti nato. Non vedo perché. Sarei nato da qualche
altra parte. In che modo?
Perché no?

1. coyote: lupo delle praterie americane.


2. Alabama: stato del Sud-est degli Stati Uniti.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 409 17/02/11 10:34


410

30 Se tua madre avesse avuto un figlio da un altro marito e tuo padre ne


avesse avuto uno con un’altra moglie, tu quale saresti?
Né l’uno né l’altro.
Esatto.
Rawlins rimase a fissare le stelle. Dopo un po’ disse: Potrei essere nato
ugualmente. Magari con un aspetto diverso. Se Dio voleva che nascessi
sarei nato comunque.
E se non voleva non saresti nato.
Mi fai scoppiare la testa.
Lo so, scoppia anche a me.
40 Continuarono a guardare le stelle.
E allora cosa ne pensi? disse lui.
Non lo so, rispose Rawlins.
Allora?
Capirei se fossi dell’Alabama, allora avresti un motivo per scappare in á Rawlins è meno
Texas. Ma sei già in Texas. Non saprei. Tu hai molti più motivi per andar- determinato di John
e non si sente, a
tene di me. differenza dell’amico,
Che diavolo ci stai a fare qui? Speri che qualcuno muoia e ti lasci qual- quasi costretto ad
cosa? andarsene.
Certo che no.
50 Meglio così, perché non succederà.
Di nuovo la porta sbatté e la voce chiamò nella notte. E meglio che tor-
ni, disse Rawlins.
Si alzò, si spolverò il fondo dei jeans con la mano e si mise il cappello.
Se io non vengo tu parti lo stesso?
John Grady si rizzò a sedere e si mise il cappello. Sono già partito, disse.
La vide l’ultima volta in città. Era andato a North Chadbourne nella á John ha deciso di partire
bottega di Cullen Cole a farsi saldare un morso3 spezzato e stava risalendo e nella sua mente si
è già allontanato dai
Twohig Street quando la vide uscire dalla drogheria Cactus. Lui attraversò luoghi e dalle persone.
la strada, ma sentendosi chiamare si fermò e l’attese.
60 Volevi evitarmi? gli chiese. á Mary Catherine aveva
Lui la guardò. Non credo, non pensavo nulla. lasciato John per un
ragazzo più grande, con
Lei l’osservò. Non puoi nascondere ciò che senti. la macchina; per John
Neppure tu, no? era stata una delusione.
Pensavo che potessimo restare amici.
Lui annuì. Certo. Ma non starò più a lungo da queste parti.
Dove vai?
Non posso dirlo.
Perché?
Perché non posso e basta.
70 Lui guardò la ragazza. Lei studiava il suo viso.
Cosa direbbe lui se ti vedesse parlare con me?
Non è geloso.

3. morso: barretta d’acciaio che si mette nella bocca


del cavallo e alla quale si attaccano le redini.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 410 17/02/11 10:34


411

Meno male. È una fortuna. Gli eviterà un sacco di rogne.


Cosa vuoi dire?
Niente. ora devo andare.
Mi detesti?
No.
Ma non ti vado a genio.
Lui la guardò. Senti carina. Adesso mi stai seccando, disse. Che differenza
80 fa? Se hai la coscienza sporca dimmi cosa vuoi sentirmi dire e io te lo dico.
Ma non saresti tu a dirlo. Comunque sia, non ho la coscienza sporca.
Pensavo solo che potevamo restare amici.
Lui scosse la testa. Sono solo parole, Mary Catherine. ora devo proprio
andare.
Che importa se sono solo parole? Tutte sono parole, no? á John è consapevole del
Non tutte. valore delle parole.
Vai davvero via da San Angelo?
Già.
Ma tornerai.
90 forse.
Non ho nulla contro di te.
Non ne hai motivo.
Lei guardò la strada dove lui stava guardando, ma non c’era granché da
vedere e si voltò. Lui la fissò negli occhi umidi solo a causa del vento. Lei
gli porse la mano e lui lì per lì rimase sorpreso.
Ti auguro buona fortuna, disse lei.
Lui le strinse la mano, piccina e familiare. Era la prima volta che strin-
geva la mano a una donna. Riguardati, disse lei.
Grazie. Lo farò.
100 Lui si raddrizzò, alzò la mano al cappello, girò sui tacchi e se ne andò
senza voltarsi indietro, ma nelle vetrate del federal Building4 al di là della
strada la vide immobile dove l’aveva lasciata. Infine svoltò l’angolo e uscì
per sempre dal riflesso del vetro. á Le pareti di vetro
Smontò, aprì il cancello, fece entrare il cavallo, richiuse e si tirò dietro dell’edificio gli
rimandano l’immagine
la bestia lungo il recinto. Si abbassò per vedere se riusciva a individuare della ragazza.
Rawlins contro lo sfondo del cielo, ma non scorse nulla. All’angolo della
staccionata lasciò cadere le redini e guardò la casa. Il cavallo fiutava l’aria
e gli sfregava il gomito col muso.
Sei tu? sussurrò Rawlins.
110 Sarà meglio.
Rawlins si avvicinò tirandosi dietro il cavallo e si fermò a guardare la casa.
Sei pronto? gli chiese John Grady.
Sì.
Sospettano qualcosa?
No.
Andiamo.

4. Federal Building: palazzo federale, la sede


degli uffici governativi federali.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 411 17/02/11 10:34


412

Aspetta un secondo. Ho buttato tutto sul cavallo come veniva e l’ho


portato qui.
John Grady raccolse le redini e balzò in sella. C’è una luce laggiù, disse.
120 Cristo.
Arriveresti in ritardo anche al tuo funerale.
Non sono ancora le quattro. Sei in anticipo.
È meglio andare. S’è accesa una luce anche nella stalla.
Rawlins stava cercando di legare il carico dietro la sella. C’è un inter-
ruttore in cucina, disse. Perciò lui non è ancora andato nella stalla e non á Nella casa di Rawlins
è detto che ci vada. forse è sceso solo a prendere un bicchiere di latte o abita la sua famiglia,
dei cui componenti
qualcosa del genere. il ragazzo conosce le
forse sta solo caricando un fucile o qualcosa del genere. abitudini.
Rawlins montò a cavallo. Sei pronto? chiese.
130 Da un pezzo.
Seguirono il recinto e attraversarono i pascoli. Nel freddo del mattino
il cuoio crepitava5. Spinsero i cavalli al piccolo trotto. Le luci scomparvero
alle loro spalle. S’inoltrarono nella prateria mettendo le bestie al passo
sotto il cielo nero trapunto di stelle. Da qualche parte nella notte vuota i
rintocchi di una campana risuonarono e si spensero lontano dove campa-
ne non ce n’erano. Sulla superficie ricurva della terra buia e senza luce che
sosteneva le loro figure e le innalzava contro il cielo stellato, i due giovani
sembravano cavalcare non sotto ma in mezzo alle stelle, temerari e circo-
spetti6 al contempo come ladri appena entrati in quel buio elettrico, come
140 ladruncoli in un frutteto lucente, scarsamente protetti contro il freddo e i
diecimila mondi da scegliere che avevano davanti a sé.
C. McCarthy, Cavalli selvaggi, trad. I. Legati, in Trilogia della frontiera, Einaudi, Torino 2008

5. crepitava: il cuoio con il freddo si indurisce, 6. temerari e circospetti: audaci, spericolati e


perde elasticità. nello stesso tempo prudenti, cauti.

l aVOr are Sul teStO

Analizzare e comprendere
1. Suddividi il brano in nuclei narrativi. Individua:
— quali personaggi compaiono in ogni nucleo;
— dove si svolge l’azione.
2. Quali informazioni sul carattere di John emergono in ciascun nucleo narrativo?
3. Rawlins nella narrazione svolge un doppio ruolo: uno sul piano della storia e uno sul piano del raccon-
to. Sai distinguerli e spiegarli?
4. Quali elementi caratterizzano la prateria?
• A quale luogo viene contrapposta?
• Quali sono gli elementi di contrapposizione?
5. Individua come vengono riportate le parole dei personaggi.
• Quale ruolo svolgono i dialoghi nella narrazione?

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 412 17/02/11 10:34


413

Riflettere
6. La conclusione del brano che cosa dice sul modo con cui i due ragazzi affrontano il loro futuro?
7. La prateria non è solo il luogo verso il quale i due amici si dirigono, ma, proprio per le sue caratteristi-
che, ha un forte significato simbolico. Prova a spiegare qual è.
8. Rawlins e John affrontano nella loro conversazione un problema complesso: la casualità della nascita
di ciascuno di noi. Quali sono le loro opinioni in proposito?
• Qual è la tua opinione su questo argomento? Sei d’accordo con John o con Rawlins?
9. Avere come John diecimila mondi da scegliere davanti a sé è secondo te una sensazione esaltante o
inquietante? Motiva la tua risposta.
10. La scrittura di McCarthy è scarna, fatta di frasi brevi, di affermazioni essenziali. Quali effetti ottiene
secondo te? Puoi indicare due opzioni.
… Crea un’atmosfera di solitudine … Mette al centro le parole dei personaggi
… Dà un senso di vuoto … Rende più difficile la comprensione
… Sembra che non dica nulla … Rende scorrevole la narrazione
… Lascia spazio all’immaginazione del lettore … .................................................................
Ti piace questo modo di raccontare? Spiega la tua risposta.

Scrivere
11. Scrivi un testo argomentativo di 200 parole sul seguente argomento: «Il futuro di John si presenta
quanto mai oscuro. E il tuo?».
Qualche spunto: quale idea hai del tuo futuro? Hai già dei progetti definiti o come i due personaggi ti
senti aperto a ogni possibilità che ti verrà incontro?

IT TO RI
SCR E&T TORI
L MCCARThY: LA «fRONTIERA»

Cormac McCarthy (nella foto) è uno dei maggio- quel misto di coraggio
ri scrittori contemporanei degli Stati Uniti. Nei e di incoscienza che
tre romanzi che costituiscono la Trilogia della consente ai giovani di
frontiera racconta la storia di John Grady Cole, avventurarsi verso il
dalla sua fuga da casa alla vita in un ranch dove loro futuro.
si allevano cavalli sino alla tragica morte. L’au- Nel brano emerge il mondo interiore dei perso-
tore mette i suoi protagonisti a contatto diretto naggi. McCarthy riesce a far percepire al letto-
con i grandi spazi americani, senza precisi punti re i silenzi di cui sono fatti i dialoghi. Le poche
di riferimento che non siano quelli che ciascu- parole, semplici ed essenziali, come dice John,
no di loro porta dentro di sé: ognuno costruisce «non sono solo parole»: insieme costruiscono la
il proprio carattere nell’incontro-scontro con fisionomia dei personaggi, e ciascuna scandi-
quella natura e con gli uomini che la condivido- sce il percorso interiore attraverso il quale essi
no, ognuno cerca con la propria vita di costruire faticosamente si confrontano con la realtà. Nel
nel modo migliore la storia del mondo. L’imma- dialogo apparentemente sconclusionato tra John
gine che conclude il brano sottolinea il contrasto e Rawlins sulle proprie origini il lettore intuisce
tra lo sconfinato spazio della prateria e la picco- lo sgomento di chi, giovanissimo, si accosta alle
lezza dei due ragazzi, un contrasto affrontato con domande che mettono in gioco la sua esistenza.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 413 17/02/11 10:34


414

Melania Mazzucco
ZERo
Un giorno perfetto, 2005
Melania Mazzucco racconta, ora dopo ora, una giornata di due famiglie, quella dell’onorevole
Elio Fioravanti e quella di Antonio Buonocore, il poliziotto che gli fa da scorta. La storia è
ambientata in una Roma contemporanea, in cui il lettore riconosce fatti e situazioni che
appartengono al mondo di oggi.
Aris Fioravanti, Zero, frequenta l’università, partecipa alle attività di un centro sociale con
un gruppo di amici con cui vive, perché è in rotta con il padre. Padre e figlio si detestano
reciprocamente: ognuno non accetta il modo di vita dell’altro. L’onorevole Fioravanti è un
uomo che ha fatto carriera in politica e negli affari con metodi non sempre corretti. Aris
invece è un contestatore che sogna un mondo diverso, privo di ipocrisie. Liberarsi di un padre
così ingombrante non è però facile.

Il professor ferrante cominciò gli esami alle dieci e mezzo, un’ora dopo
il previsto. Gli studenti iscritti – più di duecento – giacevano in posture1
scomposte sulle panche del corridoio. Alcuni fumavano, altri compulsa-
vano2 disperatamente le dispense, perché uno degli esaminati, uscendo,
aveva assicurato che il ricercatore-portaborse3 del professore da tempo
immemorabile, ormai incanutito nella frustrante attesa di una cattedra –
non faceva domande sui testi, ma solo sulle dispense4 del seminario da lui
tenuto e che nessuno aveva frequentato. Una ragazza masticava una gom-
ma americana fissando il muro grigio topo davanti a sé, come se cercasse
10 di ricavare le nozioni che non aveva avuto il tempo di imparare. Zero era á Zero è il nome che Aris
affacciato alla finestra e fissava la temibile Minerva scudo-fornita5 che ha scelto per sé come
writer. La sua
oziava nel laghetto dell’università, specchiandosi in un velo d’acqua pu- tag consiste infatti
trida. Seguì l’andirivieni concitato dei promossi e dei bocciati, rilassato nel numero zero.
come se osservasse lo spettacolo dal pianeta Marte. Diritto penale6 era il
suo decimo esame in tre anni: una media accettabile benché non proprio
onorevole. Ma ormai aveva superato la fase del dovere e della rivalsa7 –
era approdato all’indifferenza. Quella mattina superò l’ultimo confine,
e giunse a chiedersi perché accidenti si trovasse qui, e se per caso il ra- á Il narratore riporta
gazzo stralunato che ciondolava nel corridoio della facoltà di giurispru- i pensieri di Zero.
20 denza non fosse il suo sosia. Lui era rimasto nella mansarda affacciata sul

1. posture: posizioni. in un seminario, un corso riservato a un nu-


2. compulsavano: sfogliavano e leggevano con mero ristretto di studenti.
grande frequenza. 5. Minerva scudo-fornita: Minerva è la dea
3. ricercatore: ricercatore è chi lavora in uni- dell’intelligenza, protettrice delle arti e delle
versità con scopi di ricerca e intanto aiuta il scienze; il mito dice che nacque dalla testa
docente durante gli esami o tenendo dei semi- di Giove, già munita di armatura e di scudo.
nari (assistente), in attesa di avere una propria Una sua statua in bronzo si trova nell’Uni-
cattedra; portaborse è chi lavora come segre- versità La Sapienza di Roma.
tario di un uomo di potere; il termine ha una 6. Diritto penale: l’insieme delle leggi la cui
connotazione spregiativa in quanto indica un inosservanza comporta una condanna pena-
atteggiamento di dedizione eccessiva, quasi le; è uno degli esami più importanti del corso
servile, al proprio superiore. di laurea in Legge.
4. dispense: fascicoli su cui sono trascritte le 7. rivalsa: desiderio di rifarsi di un danno o di
lezioni di un docente, in questo caso tenute un torto subito.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 414 17/02/11 10:34


415

cilindro enigmatico del Gazometro8, ad assemblare inneschi e pezzi di


metallo per far saltare i simboli del nemico9. Uscì una ragazzetta in lacri-
me – spiegò confusamente agli studenti che subito la circondarono che
l’assistente giovane era una carogna, un leccaculo, un pezzo di.
L’assistente in questione – un panzone occhialuto il cui corpo denun-
ciava trionfalmente il rapido deteriorarsi della sua autostima10 – s’affacciò
sulla soglia dell’aula e chiamò i nomi dei prossimi da interrogare. Uno
era il suo. Svogliatamente, Zero si staccò dalla finestra e pensò che tra
poco era fuori. Un piccolo sforzo di memoria e si guadagnava piena liber-
30 tà per tutta l’estate. Aveva in programma di andare a Barcellona e pren-
dere contatto con gli anarchici del gruppo di Barricada11. fratelli puri e
tosti veramente. Il loro motto era: Voglio un paese nel quale il denaro non
viene speso – voglio vivere una vita immacolata. Lo attirava, Barcellona.
La Spagna era passata dal fascismo12 alla libertà con una impressionan-
te naturalezza. In Italia non erano bastati sessant’anni. Laggiù c’era più
energia, dinamismo, speranza – le cose cambiavano, le idee nascevano,
gli artisti creavano. Roma era una città decrepita e immobile, un mera-
viglioso pantano. Il passato le impediva di avere un futuro. Gli abitanti á Zero immagina la città
giravano in cerchio, come dannati. Nessuno usciva dalla bolgia che gli come l’inferno di Dante:
una voragine a forma
40 era stata assegnata. L’assistente lanciò un’occhiata colma di disprezzo alla di imbuto, in cui ogni
marmaglia13 di studenti di cui aveva fatto parte fino a pochi anni prima e dannato ha un suo posto
vide avanzare un ragazzetto esile, coi capelli lunghi tinti di viola e accon- specifico; le bolge sono
fosse in cui Dante colloca
ciati in trecce spinose, all’estremità delle quali tintinnavano dozzine di le anime di coloro che si
perline. Portava un anello al naso e aveva una palla d’argento conficcata sono macchiati di peccati
nella lingua. Nonostante quei segni tribali14 , stringeva nella mano destra come la frode, il furto,
l’inganno.
una professionale ventiquattrore di pelle. Si scansò per lasciarlo entrare. Il
ragazzo odorava di cane. á Zero ama i cani e
Zero prese posto sotto la lunga cattedra soprelevata sulla quale troneg- raccoglie quelli randagi.
giava il molto influente professor ferrante, borioso luminare15 di diritto á Tutta la descrizione
50 penale, noto per le sue lezioni sovraffollate e per i suoi commenti al codi- del professore è fatta
attraverso gli occhi di
ce – astrusi16 come fossero scritti in turco. ferrante parlava con un’altra Zero.

8. Gazometro: grande edificio di forma cilin- potere costituito, come ad esempio quella
drica usato per conservare e quindi distribu- dello Stato; Barricada in spagnolo significa
ire il gas nei tubi di conduttura. A Roma ce «barricata».
ne sono quattro; oggi non sono più utilizzati, 12. fascismo: in Spagna ci fu un lungo governo
ma fanno parte della fisionomia della città. fascista sotto il generale francisco franco,
9. simboli del nemico: Zero aveva lanciato dal 1939 al 1975, anno in cui franco morì e
una bomba artigianale contro un negozio salì al trono il re Juan Carlos di Borbone.
di una catena di fast-food, considerata da 13. marmaglia: gruppo di persone disprezzabili.
lui un simbolo del mondo capitalista. 14. segni tribali: segni distintivi di apparte-
10. autostima: stima di sé; la grassezza indi- nenza a una tribù, gruppo legato da vincoli
cherebbe in questo caso una mancanza di familiari, culturali, razziali; l’espressione
cura, e quindi di stima, per la propria per- riprende i pensieri dell’assistente che ritiene
sona. l’aspetto di Zero quello tipico di una popo-
11. anarchici … Barricada: gli anarchici sono lazione primitiva.
coloro che aderiscono all’anarchia, un 15. luminare: persona di grande cultura e fama;
movimento nato nell’ottocento che vuole borioso: «molto pieno di sé».
una società basata sulla libertà individua- 16. astrusi: molto complicati e di conseguenza
le dell’individuo ed è contro ogni forma di quasi incomprensibili.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 415 17/02/11 10:34


416

docente e per qualche minuto nemmeno si accorse che l’esaminando


aspettava pazientemente il suo turno, rattrappito sulla seggiola, in atteg-
giamento di sottomessa diligenza. Quando se ne accorse, lo ignorò. Ave-
va di meglio da fare. Zero intercettò qualche brandello di conversazione.
Non riguardava il diritto penale. Il professor ferrante e la donna risero.
Sembravano conoscersi intimamente.
Zero si chiese di nuovo cosa ci facesse in quest’aula. Non desiderava á Il narratore riporta
diventare giudice né notaio. Nemmeno avvocato, benché ci fossero molti i pensieri di Zero.
60 poveri cristi da difendere e anarkici da liberare dalle galere dei padro-
ni. Non desiderava diventare niente. Ma essere qualcosa – dare un senso
alla sua vita. Che non ne aveva nessuno. Posò il libretto elettronico17 sulla
cattedra. ferrante gli prestò la stessa attenzione infastidita che avrebbe
prestato a una mosca. Entrò un altro studente, se lo accaparrò l’assistente
carogna, che voleva darsi da fare per rendersi utile, così il professore dopo
la fine del dottorato gli avrebbe assegnato una borsa di studio. L’assistente
temeva di essere considerato superfluo dall’università, e abbandonato al
suo destino nel mondo grande e feroce. Lo studente venne interrogato
in fretta, e in fretta rispose. L’assistente non ascoltava le sue risposte, lo
70 studente non ascoltava se stesso. Parlava. Vomitava grumi mal digeriti di
giurisprudenza. Presto sarebbe diventato uditore18, e poi giudice. Tutti
prima o poi trovavano il loro posto nel mondo grande, solo Zero, a venti-
tré anni compiuti, non ne aveva nessuno – in quel mondo non c’era posto
per lui.
«Cominciamo», disse il professor ferrante quando infine la collega si
congedò, lasciandosi dietro una scia di patchouli, caprifoglio e tuberosa19.
«Parliamo dei delitti contro il patrimonio. Articolo 624». «furto», affermò
Zero, atono20. Il professore gli chiese cosa si intende per impossessamento.
«Appaiono problematici i rapporti fra sottrazione e impossessamento»,
80 rispose Zero meccanicamente, senza ascoltarsi. «Per alcuni i due momen-
ti coincidono, ma per altri i due momenti rappresentano due concetti da
tenere distinti. Il fatto tipico si realizza integralmente solo quando l’agente
consegue l’autonoma disponibilità del bene, in modo che questo venga a
trovarsi fuori da ogni diretto controllo da parte del derubato». Vomitò le
nozioni ingurgitate nelle settimane precedenti. Una fabbrica. Una catena
di montaggio. Macinati, tritati, infilati nella macchina infernale, inscato-
lati e spediti in giro per il mondo, senza essere altro che anonimi nessu-
no – zero. Tuttavia, Zero riuscì a respingere in un angolo della coscienza
quei pensieri molesti, rimase concentrato, si assoggettò a quel rito vuoto á L’esame appare a Zero
90 e assurdo, un sacrificio incruento a dèi nei quali né lui né il professore privo di senso, come
un sacrificio, senza
credevano. spargimento di sangue
A un tratto – mentre spiegava, meccanicamente, la differenza tra il (incruento), a una
divinità alla quale però
nessuno crede.

17. libretto elettronico: libretto su cui vengo- 19. patchouli, caprifoglio e tuberosa: essenze
no segnati i voti presi negli esami, riportati di origine vegetale utilizzate in profumeria.
poi anche elettronicamente. 20. atono: privo di qualsiasi espressione.
18. uditore: qualifica di un magistrato alla sua
prima nomina.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 416 17/02/11 10:34


417

momento consumativo21 e il tentativo, per esempio di furto nei supermer-


cati – nell’immensa aula vuota si levò un suono lieve, un cicalio insistente
come una musica lontana. Proveniva dalla sua valigetta. Purtroppo aveva
dimenticato di spegnere il cellulare. Per un attimo si bloccò, raggelato, poi
decise di ignorare lo spiacevole incidente, finse che il telefono non fosse il
suo e continuò a disquisire22 dei rapporti tra il furto e l’appropriazione in-
debita. Li conosceva bene. Il furto era stato il primo reato che aveva com-
100 messo, a quindici anni. Aveva rubato un francobollo antico – rarissimo
esemplare di un paese coloniale africano – dalla collezione del padre. Non
sapeva che valesse tanto, l’aveva scoperto solo dopo – quando già da tem-
po lo aveva gettato nel water. Contava solo il fatto – la requisizione23 e la
distruzione di un bene altrui. Ma il telefono continuò a suonare. Quattro
squilli, cinque, sei, dieci. La persona che chiamava – senz’altro Meri o Pol- á Il Battello Ubriaco è una
do o Ago, angosciati dalla crisi del Battello Ubriaco sull’orlo dello sgom- ex fabbrica diventata
un centro sociale. Zero
bero salvo miracoli ai quali nessuno di loro credeva – non demordeva24 . si era impegnato con gli
Dietro la cattedra, il professore si agitò, scandalizzato. L’altro esaminando amici per cercare di non
tacque. Nel silenzio, la musica lontana e soffocata divenne più nitida: la farlo chiudere. Il nome
è ripreso da una poesia
110 suoneria componeva le note – ormai riconoscibili – di Bella ciao25. del poeta francese
Tacque anche Zero. Le note ricamavano Stamattina mi sono alzato. O Arthur Rimbaud.
bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao. «Dove pensa di essere, in mon- á Buona parte della lotta
tagna?» ruggì il professore. E ho trovato l’invasor. Zero non rispose. Che partigiana si svolse sulle
montagne.
poteva dire? Magari quest’aula squallida e fatiscente, mai restaurata dai
tempi di Piacentini26, fosse la montagna dei resistenti. La gente come il
professore li chiamava banditi. O partigiano portami via. «Questa è l’uni-
versità più grande d’Italia», scandì adirato il professor ferrante. «Lo sa
chi ha fatto lezione alla Sapienza? Ne dubito, voi giovani siete analfabeti.
Qui sono passati gli statisti più validi di questo paese. Aldo Moro, Vittorio
120 Bachelet27. Si vergogni».
Zero non riuscì a vergognarsi. Si vergognava di essere quello che era, á Zero è segretamente
si vergognava di suo padre, del mondo in cui lo avevano gettato a nau- innamorato di Maja, la
giovanissima seconda
fragare, della sua vita, anche dei sentimenti che provava per la persona moglie del padre.
sbagliata – ma non di questo. Stamattina mi sono alzato e ho trovato l’in-
vasor. Armeggiò nella valigetta e spense il telefono. fissò il professore, con
sguardo celeste e mite. «Vado avanti?» chiese, educatamente. In fin dei

21. momento consumativo: il Diritto penale di- tro le forze fasciste e naziste durante la Resi-
stingue i reati sulla base della loro durata, ov- stenza, di cui è diventata simbolo.
vero del tempo durante il quale si «consuma» 26. Piacentini: Marcello Piacentini (1881-1960)
il reato; ad esempio il sequestro di persona è fu uno dei maggiori architetti del periodo fa-
un reato permanente, in quanto si protrae per scista; nel 1935 progettò la Città universitaria
un certo periodo, mentre il furto occasionale per l’Università La Sapienza di Roma.
è un reato istantaneo. 27. statisti … Bachelet: Aldo Moro (1916-1978),
22. disquisire: parlare con ottima conoscenza professore di Diritto penale ed esponente
dell’argomento. della Democrazia cristiana, fu più volte Pre-
23. requisizione: sequestro imposto da un’autori- sidente del Consiglio (statista); venne rapito e
tà; Zero ritiene legittimo essersi impossessato ucciso dalle Brigate Rosse nel 1978. Il giurista
del francobollo del padre. Vittorio Bachelet (1926-1980) fu professore di
24. non demordeva: non rinunciava. Diritto amministrativo in varie università ed
25. Bella ciao: canzone popolare ottocentesca esponente della Democrazia cristiana; venne
cantata dai partigiani che combattevano con- ucciso in un attentato dalle Brigate Rosse.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 417 17/02/11 10:34


418

conti il professore non lo stava nemmeno ascoltando. Prendeva appunti


sul suo palmare, aveva di meglio da fare che valutare la preparazione di
uno dei suoi mille studenti. Era tutta una finzione, una farsa – ma quel á L’uso fuori luogo del
130 telefono la smascherava, li smascherava, non poteva ammetterlo. Doveva cellulare da parte sia di
Zero sia del docente li
punirlo. Zero capì che sarebbe stato bocciato. Gli dispiacque, perché pre- mette in qualche modo
feriva partire per Barcellona contento di sé, almeno moderatamente, o sullo stesso piano. Zero
comunque non colpevole di aver gettato un semestre dalla finestra, ma fu è convinto che, proprio
per non ammettere
un dispiacere superficiale, che durò meno del rossore che gli imporporava questa somiglianza, il
le guance. professore gli darà un
Il professore lo studiò a lungo, storcendo la bocca, come se avesse visto voto negativo.
uno scarafaggio. «Lei pensa di presentarsi in un tribunale della Repub-
blica Italiana con l’anello al naso come un selvaggio?» gli chiese. «Perché
140 no?» rispose Zero, consapevole che ormai l’esame era andato, «in fin dei
conti un tribunale è una giungla in cui vige la legge del più forte». «Porta
la parrucca?» lo schernì ferrante fissando le sue lunghe trecce. forse con á La domanda è una
invidia: era quasi calvo. Code filacciose gli strusciavano il bavero della battuta offensiva.
giacca. Pochi peli, radi, patetici. «No» rispose Zero, «sono capelli miei». I
capelli: l’unica cosa che aveva ereditato dal padre, l’unico segno del loro
comune sangue. Ricci, crespi, duri come fil di ferro. Li aveva tinti di viola
per non portarli uguali a lui. «Lei pensa che un giudice o una giuria po-
polare possano prendere sul serio un rappresentante della legge coi capelli
150 viola?» insisté ferrante, sul punto di perdere la pazienza. «È questo il ri-
spetto che lei ha per la Legge?»
«La Legge siamo noi», rispose Zero, mite. «Tutto cambia». Pensava che
forse un giorno i suoi capelli viola sarebbero divenuti un segno di rispet-
tabilità come la cravatta, la pancia, o il rolex 28. Cent’anni fa, se avessero
detto a un professore di diritto penale che avrebbe dovuto esaminare stu-
denti di sesso femminile, libere di entrare in aula senza cappello come le
donnacce di strada, non ci avrebbe creduto. ferrante afferrò il libretto
elettronico, con l’intenzione di bocciare senza pietà quel contestatore sac-
160 cente29 e sudicio come un barbone, quando gli cadde lo sguardo sul nome.
Piuttosto comune, del resto. Esaminò il ragazzo emaciato30 che sedeva
sotto di lui, rassegnato al suo destino. Lineamenti delicati. occhi celesti,
che nella luce grigia dell’aula mandavano riflessi di ardesia. Naso aquili-
no – no, non gli somigliava per niente. Eppure. Un’eventualità molto im-
probabile. Sgradevole, tuttavia. Meglio accertarsi, prima. Il suo viso perse
l’espressione collerica e indignata, si addolcì. Chiese: «Lei è parente?».
Zero esitò. Arrossì. Strinse i pugni, si grattò la testa. Gli passò davanti
san francesco, nudo sul sagrato della chiesa, che rinnega l’osceno mer- á San Francesco aveva
cante responsabile dei suoi giorni. fissò il libretto – squallido, derisorio rinunciato alle ricchezze
del padre, un ricco
170 pezzo di plastica tra le mani del professore, sgargiante testimone della sua mercante, che Zero
nullità. «Sì», rispose. «Sono il figlio». pensa come «osceno»,
Il professor ferrante tamburellò con le dita sulla cattedra. Dunque il in quanto immagine di
attaccamento al denaro.

28. rolex: marca di orologi di pregio, che è di- 29. saccente: che ostenta il proprio sapere.
ventata sinonimo di un orologio costoso, 30. emaciato: molto magro.
distintivo di un alto ceto sociale.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 418 17/02/11 10:34


419

partigiano31 teppista era il figlio di fioravanti. Probabilmente i due non


erano in buoni rapporti, dal momento che Elio non aveva mai menzionato
l’esistenza di codesto Aris, studente del terzo anno di giurisprudenza nella
stessa università che, prima di dedicarsi unicamente alle consulenze e ai
lucrosi32 affari del suo studio, Elio aveva bazzicato senza troppo onore.
Del resto fíoravanti, fin da quando era solo un ricercatore salottiero e
brillante, menzionava solo chi gli tornava utile menzionare – straordina-
180 rie le allusioni a personalità influenti, gettate là sbadatamente nelle con-
versazioni più spicciole, come alludendo a frequentazioni intime. Era
sempre stato un calcolatore. Un prezzemolo che metteva radici in tutti i
campi potenzialmente fertili. Lasciava credere di giocare a tennis col con-
sigliere, di andare in barca a vela col tale ministro. E a poco a poco, si era
finito per credergli. ormai era una istituzione – benché nessuno avesse
capito su cosa si fondasse il suo potere. E col Presidente giocava a tennis
davvero: quei due, compagni di doppio, coi calzoncini bianchi e i muscoli
cascanti, fotografati nel campo da tennis della villa del Presidente a Capri
190 erano finiti sui mensili patinati33 rivolti a uomini che aspiravano a defi-
nirsi di successo – come quegli attori, industriali, politici che s’infilavano,
quasi di straforo, tra le pagine ammiccanti di pubblicità di profumi, scar-
pe, macchine e orologi. Cosa lo avrebbe fatto salire nella considerazione
di fioravanti? Che il suo ex-collega ferrante gli bocciasse il figlio o glielo
promuovesse?
Un padre è pur sempre un padre, fioravanti preferirà un figlio laureato á Il narratore riporta
piuttosto che un vagabondo. La coriacea coscienza del professore non ne i pensieri di Ferrante
con modalità diverse.
avrebbe sofferto. Tutti ci avrebbero guadagnato. E chissà che un domani
200 fioravanti per gratitudine non lo invitasse a uno dei suoi ricevimenti, ai
quali l’universa Roma sgomitava per partecipare, dal momento che chi ne
risulta assente viene chiacchierato come un reietto34 che non conta. Lo
studente Aris fioravanti del resto pareva preparato. Aveva già dato nove
esami, e con una media piuttosto alta. Promuoverlo, dunque, e raccoman-
dargli di salutare il padre – in modo che il ragazzetto sappia perché non
lo ha cacciato con ignominia35 nonostante il telefono volgarmente acceso
durante un esame. Che tristezza questi giovani veterocomunisti36. fossi- á Ferrante non cerca di
capire le motivazioni dei
lizzati su simboli defunti. Su un mondo spazzato via dalla globalizzazio- giovani come Zero, ma li
ne. Ancora Bella ciao. Questi giovani petulanti che si credono partigiani ritiene solo insolenti
210 per poter combattere i nazisti e l’invasor. fu malignamente contento al- e noiosi (petulanti).
l’idea che Elio fioravanti – Ascensore, come veniva soprannominato in
facoltà dai colleghi invidiosi – fosse afflitto da un figlio coi capelli viola

31. partigiano: il professore ritiene che Zero vuole indicare giornali che si occupano di
sia un nostalgico del movimento della Re- argomenti futili.
sistenza, visto che ne ha scelto la canzone 34. reietto: chi viene escluso dalla comunità
come suoneria per il cellulare. civile.
32. lucrosi: che consentono di guadagnare mol- 35. ignominia: vergogna.
to denaro. 36. veterocomunisti: coloro che si rifanno a
33. mensili patinati: riviste a cadenza mensile idee e modelli ormai superati del comuni-
stampate su carta lucida; l’espressione con- smo anni Cinquanta.
tiene una connotazione negativa in quanto

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 419 17/02/11 10:34


420

e l’anello al naso, che apparteneva a una tribù di selvaggi contestatori. Il


figlio di ferrante invece lavorava a Milano, direttore del marketing37 di
una multinazionale. Lo studente Aris fissava senza troppo interesse il suo
libretto elettronico. Il professore gli fece ancora tre domande – lievemen-
te maligne, dal momento che riguardavano l’articolo 270 (associazioni
sovversive), e il 272 (propaganda e apologia38 sovversiva o antinazionale).
Ascoltò con predisposizione benigna le sue risposte, gli affibbiò un onesto
220 ventisei di compromesso39 e lo liquidò. Quando gli raccomandò di salu-
targli l’amico Elio – appoggiando la parola amico con un tono vagamente
mafioso40 – Zero annuì, tristemente.
M. Mazzucco, Un giorno perfetto, BUR, Milano 2008

37. marketing: attività che si occupa di far co- voto per un esame difficile; viene definito
noscere e di vendere un determinato prodot- di compromesso perché concilia la volontà
to; una multinazionale è una grande società del professore di punire lo studente per il
con attività produttive e di vendita in tutte le telefonino acceso con quella di valutarlo
parti del mondo. positivamente per l’esame sostenuto.
38. apologia: esaltazione e propaganda. 40. mafioso: di complicità; il professore vuole
39. un onesto ventisei di compromesso: i voti far capire che il voto è frutto della sua ami-
all’università vengono dati in trentesimi cizia con il padre di Zero, dal quale si aspet-
e ventisei può essere considerato un buon ta qualcosa in cambio.

l aVOr are Sul teStO

Analizzare e comprendere
1. Individua i nuclei narrativi.
• Quali aspetti del carattere di Zero emergono in ciascun nucleo?
2. Con quali tecniche vengono riportati i pensieri dei personaggi?
3. Come mai il professor Ferrante conosce il padre di Zero?
• Che cosa pensa di lui?
4. Che cosa pensa Ferrante di Zero?
5. Per quali motivi il professore decide di dare a Zero un buon voto?
6. Individua i tratti che costituiscono il personaggio di Zero.

Riflettere
7. Perché Zero continua a dare esami all’università?
• Qual è la sua idea della legge?
8. Spiega che cosa significa: Aris non desiderava diventare niente. Ma essere qualcosa.
• Perché Aris ha scelto come soprannome Zero?
9. In che modo vengono costruiti dal narratore i ritratti di Zero e del professore?
• Sono oggettivi o soggettivi? Spiega la tua risposta.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 420 17/02/11 10:34


421

10. Dall’incontro-scontro tra Zero e il professore ritieni che esca vincente:


… Zero
… il professore
… nessuno dei due
Spiega la tua risposta.
11. Il professor Ferrante ritiene che l’abbigliamento e in generale l’aspetto di Zero non siano adatti al luogo
e alla professione che potrebbe esercitare una volta laureato.
Ritieni che ci siano luoghi, situazioni, ruoli che richiedano un certo tipo di abbigliamento o che cia-
scuno possa vestirsi come vuole, indipendentemente dalla circostanza?

Scrivere
12. Scrivi un testo espositivo-argomentativo di 200 parole sul seguente argomento: «Il mondo di Zero».

RIT TORI
SC ET TORI
&
L MELANIA MAZZUCCO
E L’ITALIA CONTEMPORANEA

Nel romanzo Un giorno perfetto Melania Maz- La scrittrice


Melania
zucco costruisce uno spaccato preciso e detta- Mazzucco.
gliato dell’Italia contemporanea. famiglie di
oggi, scuola, lavoro, amori, traffico cittadino, po-
litica, musica onnipresente: le mille facce di una
città e della sua vita costituiscono non lo sfondo
ma i temi di questo romanzo, in cui si intrecciano
storie di personaggi di ogni età, bambini, giovani
e adulti. La scrittrice, come in altri suoi romanzi,
segue passo passo i suoi personaggi, entra nei
loro pensieri, ne scruta ogni movimento. Sono
persone qualsiasi che affrontano una giornata ap- cente universitario non sono modelli positivi e
parentemente qualsiasi, il 4 maggio 2001; in realtà finiscono per confermare Zero nelle sue scelte di
è «un giorno perfetto» – come dice il titolo di una vita. Nel confronto con gli adulti Zero si rivela,
canzone di Lou Reed – perché i loro destini si in- pur con le sue contraddizioni, un personaggio
crociano e arrivano a una svolta della vita, tragica innocente, ingenuo, la cui «aggressività» è mol-
o dolorosa per alcuni, impercettibile o decisiva to esteriore e fragile rispetto a quella connaturata
per altri. nell’animo di un personaggio come il professore.
Nel 2008 il regista ferzan ozpetek ha tratto dal La scrittrice presenta i personaggi seguendo in
romanzo un film che ha lo stesso titolo. modo dettagliato quello che fanno, come si com-
portano, senza esprimere giudizi nei loro con-
Zero è uno dei personaggi giovani del romanzo, fronti. Il lettore li conosce così dall’interno o
che cerca con fatica una propria dimensione di attraverso lo sguardo degli altri personaggi, in
vita. La condizione di adulto non è per lui un una prospettiva che cambia di continuo anche sul
obiettivo da raggiungere: sia il padre sia il do- piano linguistico.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 421 17/02/11 10:34


422

rea lt à
&
z ione
fin
Sabina Ciuffini
A MANI NUDE NELL’ACQUA
CI PASSAVAMo QUEI LIBRI
«la Repubblica», 2006
Il 4 novembre 1966 una terribile alluvione colpì Firenze. L’Arno uscì dagli argini e invase
la città. Persone di ogni età accorsero da tutto il mondo per salvare le innumerevoli opere
d’arte immerse nell’acqua e ricoperte dal fango; moltissimi furono i ragazzi che in modo
spontaneo e autonomo contribuirono al salvataggio del patrimonio culturale fiorentino.
L’autrice ricorda, quarant’anni dopo, un momento in cui i giovani sono saliti alla ribalta
della cronaca, in un ruolo fortemente positivo, che li pose all’attenzione degli adulti e ne
evidenziò la maturità.

Era il 14 novembre del 1966, ed era un altro mondo. Avevo quindici


anni e non mi era permesso uscire la sera. In tv c’era un solo canale
in bianco e nero e le notizie dell’alluvione di fi renze arrivavano col
contagocce.
Quella mattina a scuola, un ginnasio di Roma, i nostri professori
lasciarono perdere le interrogazioni, accesero la radio, erava mo tutti
in ansiosa attesa di notizie sull’entità dei danni. Le prime vite umane
sacrificate alla violenza delle acque, le campagne devastate, le man-
drie perdute destarono una grande impressione, ma già dopo poche
10 ore crebbe l’ansia per i nostri tesori artistici in pericolo… Si aveva la
sensazione che le autorità fossero inerti1 e si attendeva una rassicura-
zione, un segno.
L’impazienza crebbe durante la giornata e l’idea di partire, di andare
fisicamente sul posto a dare una mano si diffuse nelle menti e nei cuo-
ri di tutti i miei compagni. Ricordo che tornai a casa quel giorno con
mia sorella Virginia, di due anni maggiore di me, decisa ad ottenere il
permesso di partire.
Allora era una cosa impensabile, giorni e notti fuori di casa, situazio-
ni forse pericolose, comunicazioni difficili con genitori ansiosi, niente
20 cellulari, niente Internet. Solo fango ad aspettarci. fu una battaglia
durissima, ma alla fine partimmo in migliaia con o senza permesso.
Qualche professore, scongiurato dai parenti, prese un’aspettativa 2 per
inseguire le classi fuggitive.

1. inerti: senza capacità di agire, incapaci di 2. aspettativa: periodo di astensione dal lavo-
prendere in mano la situazione. ro, non retribuito.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 422 17/02/11 10:34


423

Mi chiedo: come avvenne che in poche ore tanti giovani italiani sen sen-
tirono la stessa improrogabile esigenza di essere lì? forse la scuola aveva
fatto un buon lavoro con noi e, al di là di promozioni e bocciature, era
riuscita a formare spirito civico e consapevolezza.
Quando alla fine arrivammo, non ci furono direttive3 speciali, le case
30 dei fiorentini si aprirono per ospitarci, bastava bussare a un portone per
avere un posto per dormire, ci facevano usare il telefono, ci preparavano
un pasto caldo la sera. Spontaneamente si crearono file di ragazzi lunghe
chilometri, che si passavano di mano in mano i libri recuperati.
Sì, i libri, fu quella la missione dei ragazzi. Scendevamo giù nei magazzini
della Biblioteca nazionale con stracci e spugne portati da casa, infilavamo le
mani nel fango per liberare con delicatezza i volumi per una prima ripulitu-
ra, e li passavamo di mano in mano, raccogliendoli all’esterno. E l’emozione
era fortissima e sincronizzata, ricordo concentrazione e silenzio.
Ci davamo il turno ogni cinque o sei ore, chi era dentro passava a lavo-
40 rare all’aperto, cedendo il suo posto in fila nei lunghi corridoi soffocanti e
bui dei sotterranei della biblioteca, invasi dal fango.
Una grande sorpresa fu incontrare migliaia di ragazzi stranieri, così
esotici4 con i loro zaini, i loro jeans e le scarpe da ginnastica. Più svegli,
più liberi di noi ma anche rispettosi dei nostri tesori artistici e poi così
innamorati di firenze.
Noi portavamo golfini e calzettoni, pochissimi sapevano l’inglese
per non parlare del francese e del tedesco, ma ci si capiva benissimo la
sera, intorno ai fuochi, e grande era la nostra riconoscenza verso quei
ragazzi arrivati così da lontano. Un altro mondo dicevo, per noi Lon-
50 dra era la luna.
Era un momento di crescita quello che stavamo vivendo. Avrebbe in-
fluenzato gli anni a venire e contribuito a formare nella mia generazione
l’amore per l’arte e la cultura.
Col passare delle ore e dei giorni l’assenza di aiuti ufficiali si faceva
imbarazzante, ma, per una volta, nella lotta contro il fango gli adulti sem-
bravano superflui. Le pile dei libri recuperati divenivano montagne ordi-
nate e sapevamo che una pagina, anche solo una pagina, poteva essere un
tesoro.
forse sentivamo già avvicinarsi il nuovo disordine del mondo. Di lì a
60 poco saremmo stati travolti dalle contraddizioni del ’68. Quello che era-
vamo andati a cercarci fu uno «stage5 di educazione non formale» che
non produsse titoli di studio ma valori condivisi, e ci è servito per resistere
negli anni che sono seguiti.
S. Ciuffini, in «la Repubblica», 8 ottobre 2006

3. direttive: indicazioni superiori, ordini. 5. stage: periodo lavorativo presso un’azienda


4. esotici: diversi, come ciò che viene da paesi non retribuito; ha la funzione di introdurre
lontani. un giovane al mondo del lavoro.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 423 17/02/11 10:34


424

r aCCOgliamO le iDee

IL fATTO delle proprie possibilità. È l’aspetto sottolinea-


L’articolo è una breve rievocazione dei giorni to anche dal film La meglio gioventù, di Marco
dell’alluvione di firenze, condotta sul filo della Tullio Giordana. L’incontro con altri ragazzi, g p. 430
memoria, ma anche alla luce degli avvenimenti con ragazzi di altri paesi, oggi consueto ma in
successivi. L’autrice, allora quindicenne, rilegge quegli anni appena agli inizi, aprì ai loro occhi la
quei fatti con la maturità di oggi e ne mette in possibilità di vivere e di pensare in modi diversi,
luce due aspetti. meno tradizionali. Quell’esperienza, vissuta in
una dimensione quasi sacrale, mise soprattutto
L’ESPERIENZA DEI gIOvANI in luce la sensibilità giovanile verso valori come
Il primo è la capacità che ebbero i ragazzi di l’arte e la cultura, il senso della responsabilità
decidere e di organizzarsi autonomamente, personale nei confronti dei beni comuni, e diede
precedendo, con la loro spontaneità e una prov- a quei giovani la consapevolezza di poter agire
videnziale impazienza, le iniziative degli adulti. nella storia del mondo.
Le nuove generazioni dimostrarono in quell’oc-
casione potenzialità e maturità che fino a quel IL PERIODO STORICO
momento non erano state loro riconosciute. Si era alla vigilia del 1968, un anno in cui i
L’autrice sottolinea lo scarto tra quella che era giovani salirono alla ribalta della cronaca con
in quegli anni la vita dei ragazzi e delle ragazze, le loro richieste, le loro rivendicazioni, la loro
ancora lontana da ogni forma di indipendenza, e voglia di cambiare. Un anno che segnò anche
l’autonomia che rivendicarono e conquistarono l’inizio di un difficile periodo di contrasti socia-
in quell’occasione. li e politici. Negli anni Settanta il terrorismo di
Il secondo aspetto è il valore di quell’esperienza bande armate appartenenti sia all’estrema destra
per i ragazzi che ne furono protagonisti. A di- sia all’estrema sinistra impegnò i medesimi gio-
stanza di anni l’autrice vi riconosce un grande vani a misurare la forza dei propri valori morali
momento di aggregazione e di riconoscimento e civili.

Giovani volontari portano in salvo le opere danneggiate dall’alluvione, Firenze, novembre 1966.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 424 17/02/11 10:34


425

vERIFICA FoRMATIvA
Giorgio Scerbanenco
L’UoMo foRTE
Il centodelitti, 1970
Nelle società primitive il passaggio dall’adolescenza all’età adulta era spesso segna-
to da riti di iniziazione, una serie di prove che i ragazzi dovevano superare per poter
entrare nell’età adulta. Anche il protagonista del racconto si mette alla prova: vuole
dimostrare a se stesso e a Lindi, la sua ragazza, di essere un Uomo For te. Il problema è
capire che cosa significhi essere un Uomo Forte e che cosa si possa fare per diventarlo.
Nel racconto brevissimo Scerbanenco, uno scrittore del Novecento italiano, costruisce
con pochi tratti tutto il mondo di un adolescente.

Rubare l’auto era stato come un tuffo nell’acqua gelida: terribile ma rapido, un attimo convulso1
quando aveva aperto la portiera, si era messo al volante, aspettandosi di essere bloccato dall’anti-
furto, e invece niente, l’auto era partita, dolce veloce, e allora i polmoni gli si erano riempiti di
nuovo d’aria, aveva vinto, era stato Uomo forte, e Lindi lo avrebbe visto arrivare con l’auto e
avrebbe capito che era Uomo e forte, e poi non c’era molto di male, in Svezia anche i giovani ricchi
rubavano le auto per fare una scampagnata con la ragazza e la polizia gli dava soltanto una sgrida-
ta, lo aveva letto su quel giornale2 . Ma la trionfale euforia 3 fu breve, scomparve alla vista del primo
vigile: potevano fermarlo e non era mica in Svezia, era a Milano. Poi, al posto dell’appuntamento,
Lindi aveva una faccia così tirata4 , e, appena salita, attaccò a piangere di paura.
10 «Hai visto?» le disse, falso spavaldo, tremante, e il nuovo vigile che oltrepassarono gli dette uno
spasimo5 allo stomaco. «Non piangere. Di che hai paura? facciamo un giro, al ritorno la piantia-
mo per strada».
In Svezia rubavano auto anche i giovani ricchi6, ma lei
continuava a piangere, e la vista di un milite della polizia
stradale lo inchiodò, aggrappato al volante. Dopo un due
chilometri capì che non ce l’avrebbe fatta a tirare avanti.
«Dev’essere l’olio, senti come scalda, questa cretina»,
mentì, d’un tratto ispirato, sperando di esser creduto da
lei, armeggiando e strappando7 col cambio marcia, sinché
20 non furono proprio fermi. «Ma che jella8, scendiamo…».
Corsero fuori dall’auto divenuta un incubo, improv-
visamente felici. Un poco meno lui che non aveva saputo
essere l’Uomo forte che voleva. L'autore al lavoro.

G. Scerbanenco, Il centodelitti, Garzanti, Milano 1970

1. un attimo convulso: una frazione di secondo in cui tutto 5. spasimo: contrazione violenta.
accade in modo rapido e scomposto. 6. In Svezia … ricchi: il narratore riporta le parole del protago-
2. aveva … giornale: il narratore riporta i pensieri del ragazzo nista.
così come si affollano nella sua mente. 7. strappando: non inserendo correttamente la marcia.
3. euforia: senso di grande allegria, di esaltazione. 8. jella: sfortuna; è una voce del dialetto romanesco entrata nel
4. tirata: tesa. linguaggio colloquiale; la forma con la j non è più in uso.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 425 17/02/11 10:34


426

VeriFiC are le COmpeteNZe

Analizzare e comprendere
1. Individua come vengono riportate le parole e i pensieri del protagonista.
2. Distingui i fatti, le sensazioni, le parole e i pensieri del protagonista e completa la tabella.

fatti sensazioni parole pensieri


Apre la portiera… Come un tuffo nell’acqua gelida

L’auto era partita…

Vista del primo vigile

Corsero fuori…

3. Perché il ragazzo ruba l’auto?


• Perché la abbandona?
4. Individua e definisci quali emozioni prova il ragazzo:
— nel momento in cui ruba l’auto;
— mentre la guida;
— quando decide di abbandonarla.
5. Individua qual è l’argomento e qual è il tema del racconto.

Riflettere
6. Che cosa significa per il protagonista essere Uomo e Forte?
• Che cosa significa per te essere Uomo e Forte?
7. La trasgressione delle regole può essere considerata una prova delle proprie capacità?
… Sì, perché …
… No, perché …
• Quale valore ha agli occhi degli altri?
8. Quale rapporto esiste tra il coraggio e la trasgressione delle regole?
• Secondo te il protagonista ha dato prova di coraggio?
9. Il modo in cui si è conclusa la vicenda rappresenta una sconfitta per il protagonista?
• Secondo te che cosa pensa Lindi del ragazzo?
10. Il narratore intreccia i fatti della storia con i pensieri e le parole del protagonista. Quale aspetto della
vicenda sottolinea con questa tecnica narrativa?

Scrivere
11. Scrivi un testo argomentativo di 150-200 parole sul seguente argomento: «Il valore e il significato
della trasgressione per i ragazzi di oggi».

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 426 17/02/11 10:34


427

libreria

Tra i moltissimi libri che hanno i giovani come protagonisti proponiamo la lettura di alcuni testi dei quali
viene indicato il tema centrale.

l il rappOrtO CON i geNitOri


Italo Calvino, Il barone rampante
Chaim Potok, Danny l’eletto
Jerome David Salinger, Il giovane Holden Salinger
Jerome David LdEN i
ANE Ho
IL gIoVrra e 3, Unità 3
I giovan
l la CreSCita iNDiViDuale LIBRERIA
tiva, Sezion
• Na

sono nato e
Nicolò Ammaniti, Io non ho paura , ma gari vorrete
sapere prima
pa gn ia
di tutto dove
bella prima
che arrivassi
ella
esta sto ria ri e com . Primo, qu
di sentire qu a facevano i miei genito va proprio di parlarne qualcosa di
Piero Grossi, Pugni L’incipit
Se davvero
la
avete voglia
mi a inf an zia schifa e
che cos
Co pp erf ield
n mi
, ma a me no di infarti per uno se dic to mio padre.
io
essi
rattut
com’è stata ate alla david ri gli verrebbero un pa este cose, sop compagnia bella.
Sten Nadolny, La scoperta della lentezza io, e tutte qu
roba mi sec
elle baggian
ca, e soecon
conto. Sono
ito
do, a miei gen tremendamente suscet
tutta la mia
tibili su qu
dannata aut
obiograf ia e
di ridurmi
così a terra
da
ale sul loro rac con tar e tal e, pri ma tutto che lui
troppo person na voglia di metterm
ia itate verso Na raccontato a d. B., con
n ho nessu ma tti che mi sono cap qu el che ho o lur ido buco, e viene
[… ] no cose da di più di qu est il
ò soltanto le ncia. Niente to lontano da ando ci andrò
l il rappOrtO CON il mONDO e CON gli altri Vi racconter ire qui a grattarmi la pa wood, lui. Non è poi tan a casa in macchina qu
dovermene
ven ue. Sta a Ho
lly ompagnerà che arrivano
sui trecento
e quel che seg tim ana. Mi acc gin gilli inglesi o. Mica come
Jane Austen, Emma fra tel lo fin e set di qu ei di, ad ess
è mio ente ogni r. Uno no di sol e libro di
mi praticam appena preso una Jagua sacchi o giù di lì. è pie el formidabil
qui a trovar Ha attromila Ha scritto qu racconti
mo, chi sa. etto come qu stava a casa. bello di quei
mese prossi a uno scherz in piena regola, quando sentito nominare. Il più
Luisa Adorno, Le dorate stanze all ’ora. gl
prima. Era
i è cos
soltan
tat
to un o scr ittore
cas o no n
scosto, se per ragazzino che non vo
l’av ete mai
leva far ved ere a nessuno il
wood, d. B.,
pe sci
a
oli
spu
no rosso
ttanarsi.
pesciolino na a sta a Holly
Enrico Brizzi, Jack Frusciante è uscito dal gruppo rac con ti,
era Il pesci
Il
oli no na sco sto. Parla
comprato coi
va di
soldi suo
qu
i.
el
Un a cos a da lascia rti sec co. or

perché l’aveva casa per Na


tale,
tornando a . Così, da
college. Sta cisione perché propria
ima volta dal si sa con pre
ve cac cia to per l’ennes iat o, non rag azz o, la
Il libro in bre ha diciotto anni ed è sta suoi genitori. Holden è arrabb
to di un
l’aria scocciata da matti» che gli «sono
Holden Caulf
ield
di incontrar
ei pensieri e nel «cose
suna voglia cogliere, nei , scorrono le pre un Holde
n
ndo possono protagonista e al conformismo, si sco
ma non ha nes ni i let tori di tut to il mo evocate dal ” infantile e
loqua -
LIbRERIA ONLINE di ciascun libro sono disponibili più di sessan
t’an
sonagg i che ent rano in sce na e
schifa
fig
»
ure
e nel l’in sof ferenza alle
ipo
che lo intrat
cris ie
tien e con una “saggezza il fratellino Allie,
iano. E poi
rabbia. Tra per tale». Pur nell’«infanzia na Phoebe, re hollywood
capitate ver
so Na iliari: la sorelli nte vita da ricco scritto eball.
i affetti fam ando
l’incipit, una presentazione con breve e legato agl
profondament ggiore D. B., che conduc
e un’affascina
le poe sie
ntone da bas
scritte sul gua ie e i rabbiosi umori gio
vanili, divent
e italiana di
Adriana Mo
t-
ce, il fratello
ma na Holden con tra lmente le ans ion
om pag
cemia, che acc cesso planetario, coglie
ma gis cui la tra duz «e com nia
pag
za fronzoli, a to quanto»,
sintesi, un brano significativo. morto di leu
Salinger, in
un rom anz o di suc
tro tempo. E lo fa con una prosa sen a di vol
ericano divent lasciarti secco».
ta in volta «e tut
erprete del nos l’Holden am cosa da
un grande int contributo : l’«and all» del per noi «una
ti dà un gra
nde slang è anche
que l che segue» e il suo
bella», «e

Enrico Brizzi
JACk FRUSCIAN
tE
è USCIto dAL g
RUPPo
LIBRERIA • Narrativ
a, Sezione 3, Unità 3
I giovani

L’incipit
Presto sarebbe vol
ato via pure quello
ma in modo distac stupido febbraio e
cato, come se la sua il vecchio Alex si sen
– a qualcun altro. vita appartenesse – tiva profondamente
Ma non ghignate, sensazione fin tropp infelice
i diciott’anni e in per favore, poiché o tipica e cruda ne
quei giorni il cielo all ’epoca il vecchio convengo
espressività non avr di Bologna era esp Alex non aveva an
este potuto aspettarv ressivo come un blo cora compiuto
che lavano le strade i niente d’esaltante, cco di ghisa sorda
e da quasi due set neppure uno di qu e da simili
nome. tim ane la città giacev ei bei temporaloni def ini
a tramortita sotto tivi
una pioggia esang
ue senza
Qualche brano da ric
ordare
[Le i:] Non me la sento
di metterci insiem
[Lui:] Sono io dispo e […], ma per certi
sto a mettermi cos versi siamo ben olt
quel che mi fa essere cienza e controcos re lo stare insieme.
felice, che mi fa sta cienza sotto le suo […]
sposto. […] r bene, che mi fa rid le delle scarpe e cer
ere, per sentirmi viv care solo
o sul serio? Sì, son
Se niente li avesse o io di-
separati fino al mo
sidente degli Stati mento della partenz
Uniti o come suona a, sarebbe stato com
tacco su disco del re l’attacco di Foxy e Ricky Cunningha
vecchio Hendrix. Lady con la Strato m pre-
tutti i giorni, e per Sì. Il nostro diavol in fiamme ugua le
sempre. o d’un uomo ci avr preciso all ’at-
ebbe creduto. Ci avr
Insomma, a quanto ebbe creduto
ne so dovrei studia
strappare un buon re per strappare un
lavoro che a sua vol titolo di studio che
che cavolo di seren ta mi consenta di str a sua volta mi perme
ità. […] Cioè uno appare abbastanza tta di
dovrei sacrif icare dei fini ultimi è qu soldi per strappare
i momenti di seren esta cavolo di seren una qual-
è che mi trovo cos ità che mi vengono ità martoriata. E all
incontro spontane ora perché
calvo e sovrappeso, ©reEDIZIONI
tretto a sacrif ica
il me diciassetil capitello
tenne felice di oggi
amente lungo la str
ada? La rea ltà
cinquantenne sod po me rig gio a un eventuale
disfatto. me stesso
Il libro in breve
A Bologna, «il miglior
e dei nidi possibili»,
NARRATIVA sez3 4bozza p.338-469.indd 427
ni nella primavera del in una «maestosa sto 17/02/11 10:35
199 ria d’amo

Potrebbero piacerti anche