Sei sulla pagina 1di 38

STRUMENTI

Olga Rozanova,
La scrivania,
particolare, 1916.

RIASSUMERE

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 113 17/02/11 10:26


114

il testo letterario in classe


L eggere è, come abbiamo visto, un’attività che coinvolge l’attenzione, l’immaginazione, la
capacità di riflettere, il sapere personale. Il «lavoro sul testo» che viene proposto a scuola è
un’esplorazione guidata dei vari livelli di significato dei testi, per imparare a scoprire autono-
mamente le molte cose che un testo ha da dire a un lettore.
Il momento della scrittura, che spesso anche a scuola conclude un lavoro di lettura e di ana-
lisi, serve allo studente per mostrare di avere capito quello che ha letto, di avere imparato ad
analizzare un testo, di sapere riflettere su quello che ha letto; costituisce inoltre un’opportunità
per imparare a costruire in modo adeguato testi per comunicare le proprie analisi e riflessioni.
Attività utili per la comprensione e l’analisi del testo sono il riassunto e la suddivisione in nuclei
narrativi e sequenze.

riassumere un testo narrativo letterario


Riassumere un racconto, un romanzo o un film non è un’attività solo scolastica. Saper riassu-
mere infatti significa poter mettere in comune con un’altra persona una propria esperienza.
Lo scrittore francese Daniel Pennac dice che non è obbligatorio parlare dei libri letti, ma molti
sono i lettori che amano condividere le proprie letture, e spesso quando parlano di libri co-
minciano proprio dal riassumerne la trama.
Le modalità per riassumere un racconto, un romanzo, o un film, dipendono dallo scopo e dalla
situazione comunicativa.
Lo scopo di un riassunto scolastico è quello di dimostrare all’insegnante di avere letto comple-
tamente il testo e di avere compreso la trama. È utile per questo lavoro ricorrere a una scaletta
narrativa, attraverso la quale individuare quei fatti – ne bastano dieci – che sono necessari
allo svolgimento della storia, cioè quelli senza i quali la storia non «va avanti». Riassumere
non consiste però nel compilare un semplice elenco di fatti in una sequenza temporale, ma
nel ricostruire il meccanismo narrativo costruito dall’autore e nel mettere a fuoco il ruolo dei
personaggi.
Chi riassume può seguire sia l’intreccio, cioè l’insieme dei fatti così come sono presentati dal-
lo scrittore, sia l’ordine cronologico dei fatti. Ad esempio, se un riassunto dei Promessi sposi
segue l’intreccio, inizierà, come il romanzo, con la passeggiata di don Abbondio, il parroco
al quale due bravi proibiscono di celebrare il matrimonio di Renzo e Lucia; se invece segue
l’ordine cronologico inizierà con la presentazione di Renzo e Lucia e l’incontro casuale di
quest’ultima con don Rodrigo.
Se il riassunto è destinato a una recensione giornalistica o a una quarta di copertina, il suo
scopo è quello di dare un’indicazione di lettura e di invogliare a comperare o comunque a leg-
gere il romanzo. In questi casi il riassunto deve limitarsi a enunciare l’argomento della storia,
magari l’inizio, ma ovviamente non deve raccontare tutto lo svolgimento né la conclusione, in
quanto toglierebbe parte del piacere della lettura.
Chi scrive deve saper individuare il nucleo della storia narrata, deve cioè brevemente informa-
re sull’argomento e sul tema affrontato dall’autore.
Ad esempio, se il romanzo è L’isola del tesoro di Robert Louis Stevenson, l’argomento è la
ricerca di un tesoro a seguito del ritrovamento di una mappa, mentre i temi sono quelli dell’av-
ventura e del passaggio all’età adulta da parte del giovane protagonista. I brevi riassunti che
troviamo nella quarta di copertina sono spesso testi argomentativi, proprio perché il loro sco-
po è quello di convincere il lettore a comperare il libro.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 114 17/02/11 10:26


115

un teSto Spiegato • il riaSSunto completo

L’ISOLA DEL TESORO


Il seguente riassunto è tratto da una piccola enciclopedia della letteratura, in cui sono
riportate anche le trame dei romanzi più famosi. In questo caso il romanzo è L’isola del
tesoro (1883), di Robert Louis Stevenson, adatto ai lettori di ogni età.
L’autore del riassunto ricostruisce tutta la trama, aggiungendo precise informazioni sui
personaggi. Lo scopo è quello di far conoscere al lettore la storia narrata nel romanzo.

L’azione si svolge nel Settecento. In un paesino marittimo d’Inghil-


terra vivono il giovane Jim Hawkins e la madre, proprietaria di una
locanda, l’Ammiraglio Benbow. Un giorno, frugando nel baule di un
misterioso marinaio di nome Billy Bones, morto nella locanda, essi
scoprono la carta di un’isola lontana, sulla quale è segnato il nascondi
nascondi-
glio del tesoro di un famoso pirata, il capitano Flint. Jim porta la carta
al dottor Livesey e al nobile signore Trelawney, che organizzano una
spedizione con la Hispaniola. Si arruola nell’equipaggio come cuoco di
bordo, Long John Silver, un uomo con una gamba di legno, accompa-accompa
10 gnato da un pittoresco pappagallo. Bonario e di spirito pronto, Silver
è in realtà lo spietato capo dei superstiti della ciurma1 di Flint, che si
sono imbarcati sull’Hispaniola per metter le mani sul tesoro. Giunti
nell’arida isola dei Mari del Sud, i pirati si impadroniscono della nave,
mentre Livesey, Trelawney, Jim e gli altri rimasti fedeli si asserragliano2
in un fortino. Dopo molte sparatorie e con l’aiuto di Ben Gunn, un bu-
caniere3 abbandonato in quell’isola dai suoi compagni tre anni prima,
i pirati vengono sconfitti; il tesoro, immenso, viene portato sull’Hispa­
niola.. Al primo porto dell’America centrale Silver, che era stato cattu-
cattu
rato insieme ad alcuni dei suoi complici, fugge e di lui non si saprà più
20 nulla. Jim e gli altri ritornano
ritor nano in Inghilterra e si spartiscono il tesoro.
Tuttavia l’avventura è stata abbastanza tragica, e il tesoro è costato a
suo tempo tante vite e tante navi, che Jim conti nua a essere perseguita-
to da incubi in cui rivede le spiagge dell’isola dei pirati.
La nuova Enciclopedia della Letteratura Garzanti, Milano 1985

1. ciurma: l’insieme degli uomini che lavorano 2. asserragliano: si rinchiudono.


su una nave; il vocabolo ha una connotazione 3. bucaniere: pirata.
dispregiativa.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 115 17/02/11 10:26


116

un teSto Spiegato • la quarta Di copertina

L’ISOLA DEL TESORO


I testi seguenti sono quarte di copertina di due diverse edizioni del romanzo di Stevenson
L’isola del tesoro.
Entrambe si limitano a dare informazioni essenziali sul romanzo, cercando però di stuz-
zicare la curiosità del lettore.

Jim Hawkins è poco più che un ragazzo. La sua vita sembra già se-
gnata verso un monotono destino: mandare avanti la locanda di famiglia.
All’improvviso, però, si affaccia sulla porta la figura niente affatto rassi-
curante di un marinaio ubriacone e attaccabrighe. Sembrava un brutto
incontro, è invece l’inizio di una straordinaria avventura.
R. L. Stevenson, L’isola del tesoro, De Agostini ragazzi, Novara 1996

Una mappa, un misterioso uomo sfregiato e un tesoro nascosto. Jim


Hawkins sta per affrontare la più grande avventura della sua vita, accom-
pagnato solo dall’enigmatico John Long Silver. Ma fidarsi di un vecchio
pirata può rivelarsi un errore molto, molto grosso…
R. L. Stevenson, L’isola del tesoro, Fabbri editore, Milano 2007

La quarta di copertina di
una delle tante edizioni
del romanzo di Stevenson,
L’isola del tesoro.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 116 17/02/11 10:27


117

r accogliamo le iDee

I tre testi appaiono subito diversi: molto più lun- LA QUARTA DI COPERTINA
go il primo, poche righe gli altri due. La diversità Le due quarte di copertina sono a loro vol-
vera però non sta nella lunghezza, ma nel fatto ta molto diverse tra loro. La prima presenta
che mentre il primo propone tutta la trama e il protagonista e riassume rapidamente l’ini-
tutti i personaggi fondamentali, gli altri ne dan- zio della trama, che prospetta ricca di colpi di
no solo alcuni cenni. scena (straordinaria avventura). La seconda,
pur essendo più breve, è più completa: mette a
fuoco gli elementi fondamentali del romanzo,
la mappa e il tesoro, e fa intuire il rapporto tra
Jim e Long John Silver, che è uno degli aspetti
più importanti del romanzo. Riproduce quindi,
attraverso un’accurata scelta lessicale, l’atmo-
sfera del romanzo, fatta di suspense (misterioso,
enigmatico) e di avventura (tesoro nascosto, la
più grande avventura, un errore molto, molto
grosso…).
Le quarte di copertina sono dei riassunti par-
ziali, che in poche parole devono dare un’idea
precisa e accattivante della storia narrata.

IL RIASSUNTO
Il riassunto inizia indicando l’epoca, il luogo
dove comincia l’azione e il protagonista (24 pa-
role); parla quindi del ritrovamento della mappa
(57 parole). Prosegue con la presentazione di Sil-
ver, che svolge un ruolo fondamentale nella sto-
ria, e con la narrazione delle avventure sull’isola
(108 parole). Particolarmente estesa è la conclu-
sione (72 parole), con la quale l’autore informa
sul destino dei due protagonisti.
Il riassunto dedica uno spazio più ampio alla
parte centrale del romanzo, cioè quella in cui si
narra come Jim e i suoi compagni riescano a im-
possessarsi del tesoro. È un riassunto completo,
simile a quello che viene richiesto allo studente,
nel quale sono date anche informazioni precise
sui personaggi e sui luoghi. La maggiore o mi-
nore ricchezza di informazioni in questo tipo di
riassunto, il cui scopo è informativo, dipende
dallo spazio a disposizione, ma importante è che
il lettore sia in grado di capire la storia anche N. C. Wyeth, Il capitano Billy Bones, 1911,
senza conoscere il romanzo. illustrazione per L’isola del tesoro di Stevenson.
In ato, antica mappa dell’isola del tesoro.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 117 17/02/11 10:27


118

come riassumere
Q uando si riassumono racconti, romanzi, ma anche film, occorre tenere presenti alcuni ele-
menti specifici del testo narrativo letterario, come la presenza di descrizioni e del discorso
diretto o la funzione che ha la voce del narratore, che a volte può coincidere con quella del prota-
gonista, o essere una voce esterna alla storia.
Come si è visto, lo scopo per cui si riassume un testo letterario determina in modo fondamentale
la scelta delle informazioni e il tono stesso del riassunto.
Per riassumere si può ricorrere a due diversi strumenti di lavoro:
A. la scaletta narrativa , che consiste nell’individuare i fatti fondamentali della storia; serve a rias-
sumere sia racconti brevi sia romanzi;
B. i nuclei narrativi consentono di individuare gli episodi più importanti di una storia, in base ai
quali viene costruito il riassunto; questo strumento serve soprattutto per riassumere racconti
brevi, costituiti da un numero limitato di nuclei, facilmente individuabili.
Incominciamo qui ad analizzare la scaletta narrativa.

a. la scaletta narrativa:
le fasi di lavoro
L e fasi di lavoro per riassumere un testo narrativo letterario utilizzando una scaletta narrativa
sono le seguenti:

1. lettura e comprensione
• leggere con attenzione il racconto o il romanzo
• individuare i protagonisti e i personaggi fondamentali
• individuare l’epoca e i luoghi in cui si svolge la storia
• comprendere la trama e il senso complessivo del racconto; se non sono chiari, non è possibile
individuare quali sono i fatti indispensabili a far proseguire la storia e quelli ai quali l’autore ha
attribuito un particolare significato.

2. impostazione del lavoro


• avere chiari il destinatario e lo scopo
• avere chiara la lunghezza che deve avere il riassunto
• costruire una scaletta narrativa nella quale inserire le informazioni: in una colonna la scansione
temporale dei fatti e le indicazioni relative ai luoghi in cui avvengono, nell’altra colonna i fatti
principali sintetizzati in una riga di scrittura e i relativi personaggi.

tempo-luoghi fatti-personaggi
1
2
3
4
5

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 118 17/02/11 10:27


119

3. scelta delle informazioni


• selezionare, e inserire nella scaletta narrativa, i fatti necessari a far
capire la storia, e i diversi passaggi della trama, tenendo presente Fatti indispensabili
sono quelli che
scopo e destinatario; dieci fatti possono essere sufficienti sia per un
determinano che lo
racconto sia per un lungo romanzo: scopo del riassunto è far co- svolgimento della
noscere l’argomento del racconto, non raccontare nei dettagli tutta vicenda vada in una
la vicenda certa direzione piuttosto
• quando si nomina per la prima volta un personaggio, indicare il suo che in un’altra.
ruolo: non dire «Giulia arrivò», ma «Giulia, la moglie del protago-
nista, arrivò»
• eliminare le descrizioni; a volte può essere necessario indicare, insieme ai fatti, l’atmosfera della
storia o il carattere di un personaggio: in questi casi un aggettivo ben scelto sostituisce vere e
proprie descrizioni
• eliminare il discorso diretto: i dialoghi devono essere riassunti o eliminati
• verificare che lo spazio dedicato a ciascuna parte della storia (inizio, svolgimento, conclusione)
sia proporzionato: lo spazio maggiore deve essere dedicato allo svolgimento della storia
• verificare che tutte le informazioni scelte siano coerenti con lo scopo.

4. redazione del testo


• indicare autore e titolo del testo e se possibile la citazione bibliografica completa
• indicare all’inizio l’epoca e i luoghi in cui si svolge la storia
• se la narrazione è fatta in prima persona, passare alla terza persona
• utilizzare preferibilmente un tempo passato
• non inserire opinioni personali o elementi di valutazione, come ad esempio avverbi quali «pur-
troppo, finalmente, sfortunatamente», ecc.

5. controllo e correzione
• verificare che la lunghezza del riassunto corrisponda a quella richiesta. Per il conteggio delle
parole, nel computer è presente sotto la funzione Strumenti la voce Conteggio parole che, oltre
al numero delle parole, dà anche quello delle battute. Se si scrive a mano devono essere con-
tate tutte le parole, anche quelle costituite da una sola lettera; si contano come un’unica parola
quelle legate dall’apostrofo («l’acqua»: una parola; «Gionata e Davide»: tre parole; «sono andata
a Roma»: quattro parole)
g p. 43 • per controllare che non manchino informazioni, si può ricorrere alla regola delle cinque W, una rego-
la del giornalismo anglosassone, secondo la quale una buona cronaca dovrebbe sempre rispondere
alle cinque domande:

• Who? (Chi?): i protagonisti della vicenda


• WhERE? (Dove?): i luoghi in cui si svolgono i fatti
• WhEn? (Quando?): in quale epoca e con quale successione temporale si svolgono i fatti
• What? (Che cosa?): quali sono i fatti
• Why? (Perché?): le cause che hanno determinato i fatti, le relazioni logiche che si creano
tra un fatto e un altro

• verificare che il tempo verbale scelto per la narrazione rimanga costante nel testo e che a esso
siano riferiti gli altri tempi verbali; se ad esempio il tempo scelto per narrare è il passato remoto,
le azioni e i fatti che avvengono prima devono essere indicati con verbi al trapassato prossimo
o remoto.
© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 119 17/02/11 10:27


120

la sintesi lessicale
Per sintetizzare un testo, due sono le operazioni fondamentali: eliminare informazioni e operare
una sintesi lessicale. Questa non cancella informazioni, ma le formula con un minor numero di
parole lasciando inalterato il significato.
Le tecniche più comuni per fare una sintesi lessicale sono le seguenti:

u trasformare una proposizione in un complemento o in un aggettivo

19 parole 11 parole
Non siamo riusciti a finire il lavoro per- Non siamo riusciti a finire il lavoro per
ché ho sbagliato a portare i materiali w un mio errore.
che servivano per la riunione prelimi-
15 parole
nare.
Non siamo riusciti a finire il lavoro per-
ché ho sbagliato a portare i materiali
necessari.

u usare un’informazione più generale al posto di una serie di informazioni più dettagliate

25 parole
Nicola non era venuto con noi in mon- 9 parole
tagna perché i suoi anziani genitori sta- w Nicola non era venuto con noi per pro-
vano cambiando casa e pertanto aveva blemi familiari.
dovuto aiutarli a organizzare il trasloco.

u usare iperonimi, sostantivi cioè che indicano una categoria di oggetti o significati

16 parole
Era un giardino fatto di palme, agavi, 6 parole
gelsomini notturni, bromelie e persino w Era un giardino di piante tropicali.
un albero del pane.

u diminuire il numero degli aggettivi, lasciando solo quelli necessari al senso del discorso

9 parole
Nel giardino c’erano fiori rossi, gialli, 5 parole
azzurri, arancioni, bianchi. w Nel giardino c’erano fiori multicolori.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 120 17/02/11 10:27


121

Fare una sintesi lessicale non significa copiare dal testo delle parole o delle frasi qua e là : è que-
sta un’operazione che porta sempre a errori di rielaborazione, in quanto ogni informazione, ogni
parola hanno un senso nel contesto specifico nel quale sono inseriti. Una buona sintesi lessicale
nasce piuttosto da una buona comprensione del testo, che consente di ricorrere ad altre parole per
esprimere i medesimi significati.

Nell’esempio seguente è stata fatta una sintesi lessicale delle prime righe del racconto Oggi a me, do-
mani a te di Maria Messina, che puoi leggere a p. 132.
Il nuovo testo è circa un terzo rispetto all’originale. Sono evidenziate le informazioni principali che co-
stituiscono la base per la sintesi.

TESTO SINTESI LESSICALE


194 parole 72 parole
Ciano aveva commesso le vesti a Ca- Ciano aveva predisposto ogni cosa per
tania e stabilito persino il giorno dello le nozze.
sposalizio quando una sera, mentre ri-
poneva bischetto e lesine, si vide venir
la Leprina che, dopo un giro di parole
e dopo tanti «bisogna considerare» e
«solo il Papa non falla», gli disse chiaro Una sera la Leprina, che aveva combi-
e tondo che la ‘Nciòcola lo mandava a nato il matrimonio, gli comunicò con
licenziare perché un forestiero ricco imbarazzo che la ‘Nciòcola aveva inve-
l’aveva richiesta. Santo e santissimo…! ce deciso di sposare un ricco forestiero.
La Leprina, per fortuna sua, s’era tenu-
ta vicino l’uscio socchiuso, e, vedendo
Ciano diventar paonazzo come un tac-
chino, se la batté dicendo:
w
– Vossìa mi scusa!… Ma io c’entro come
Ponzio Pilato nel credo!
Buon per lei che seppe svignarsela. Cia- La furia di Ciano non poté sfogarsi sulla
no, così infuriato, non avrebbe certo te- Leprina, che se l’era rapidamente svi-
nuto le mani in tasca; le avrebbe lascia- gnata, ma appena solo bestemmiò e
to il segno, a quella ruffiana che aveva ingiuriò le due donne, a bassa voce per
prima combinato il matrimonio e poi non far sentire la sua rabbia ai vicini,
lo aveva scombinato come si disfà una fino a quando non andò a dormire.
calza. Rimasto solo si sfogò a bestem-
miare peggio d’un turco – fra i denti
però, per non farsi dar del matto dai
vicini ingiuriando i nomi della Leprina
e della ‘Nciòcola le quali si eran servite
di lui come di uno zimbello; fino a che
si persuase che doveva pure andare a
coricarsi.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 121 17/02/11 10:27


122

come si fa una citazione bibliografica


La citazione bibliografica riporta tutte le informazioni necessarie a individuare un articolo di
giornale o un testo narrativo: il nome dell’autore, il titolo, l’anno di pubblicazione, il nome del
giornale su cui è pubblicato il testo o la casa editrice che lo ha pubblicato.

Le indicazioni seguenti riportano le regole generali per la scrittura a mano e a computer.

u I titoli di libri e di articoli


vanno scritti in corsivo se si scrive con il computer; vanno sottolineati (o messi tra virgolette)
se si scrive a mano.
Il giro del mondo in ottanta giorni
Il giro del mondo in ottanta giorni
u I nomi di giornali e riviste
vanno sempre tra virgolette.
«Corriere della Sera», «il Mattino»
“Corriere della Sera”, “il Mattino”
Per i libri o gli articoli di autori stranieri
u
è necessario indicare il nome del traduttore.
Z. Smith, Denti bianchi, trad. L. Grimaldi, Mondadori, Milano 2001
Z. Smith, Denti bianchi, trad. L. Grimaldi, Mondadori, Milano 2001

Le informazioni bibliografiche relative a un testo devono essere le seguenti e devono essere


riportate nell’ordine indicato.

u Romanzi, racconti, saggi


iniziale nome + cognome autore, titolo (in corsivo se scritto a computer, sottolineato se scritto
a mano), casa editrice, luogo di edizione, anno di edizione della copia che si ha in mano

A. Baricco, Questa storia, Fandango Libri, Roma 2005


A. Baricco, Questa storia, Fandango Libri, Roma 2005

M. Messina, Oggi a me, domani a te, in Piccoli gorghi, Sellerio, Palermo 1988
M. Messina, Oggi a me, domani a te, in Piccoli gorghi, Sellerio, Palermo 1988

E. Morin, La testa ben fatta, Raffaello Cortina Editore, Milano 2000


E. Morin, La testa ben fatta, Raffaello Cortina Editore, Milano 2000

u Articoli di giornale
iniziale nome + cognome autore, titolo articolo in corsivo, nome giornale/rivista tra virgolette,
data giornale

G. Grossini, Oscar ecologista, «Corriere della Sera», 8/9/2010


G. Grossini, Oscar ecologista, “Corriere della Sera”, 8/9/2010

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 122 17/02/11 10:27


123

un teSto Spiegato • un eSempio Di riaSSunto


Doris Lessing
UNA MOGLIE SCOMODA
Racconti africani, 1964  Lingua originale inglese
Doris Lessing visse la sua giovinezza in Rhodesia (oggi Zimbabwe), la colonia britannica
dove la sua famiglia si era trasferita nel 1925 e gestiva una fattoria per la coltivazione
del mais. Come altri residenti inglesi, si servivano per il lavoro nei campi di manodopera
locale, la cui vita era molto diversa da quella dei datori di lavoro.
La scrittrice racconta una storia divertente, dal finale a sorpresa; contemporaneamente,
traccia non solo un ritratto a tutto tondo dei personaggi ma anche un quadro della vita
nelle colonie inglesi del primo Novecento. Nel testo, lunghe parti descrittive ricostrui-
scono l’ambiente in cui si svolge della storia e introducono la vicenda.
Nel racconto il narratore rievoca un episodio risalente alla sua infanzia. Tra i lavoratori
della fattoria dove vive con la sua famiglia c’è il «Lungo», il loro migliore mandriano;
abilissimo nel domare cavalli e buoi, non riesce a far andare d’accordo le sue tre mogli.
Nel testo sono evidenziate le parole che indicano quando avvengono i fatti.

Fra il quartiere dei neri della nostra fattoria e il vecchio pozzo correva-
no due solchi profondi lunghi circa mezzo miglio1, uno dei quali sotto i
piedi nudi degli indigeni si era trasformato con il tempo in un viottolo dal
fondo morbido e compatto. Il quartiere dei neri, fitto di capanne, era sorto
su quella collinetta circa vent’anni prima e la distesa d’erba alta e bionda
che lo separava dal pozzo denunciava una ventennale incuria2 .
Le donne indigene usavano sostare su quel viottolo con i loro bambini,
e le loro risate stridule e il loro cicaleccio davano a chi passava nei dintorni
l’impressione d’essere capitato in mezzo a uno stuolo di vivaci e pettegole
10 cocorite3. Sembrava che per loro andare ad attingere l’acqua fosse un im-
pegno mondano invece che una pesante incombenza4 . Una volta giunte al
pozzo si attardavano per ore intere a chiacchierare, divise in tanti piccoli
gruppi. Alcune tenevano le braccia sollevate e con rapide mosse piene di
grazia cercavano di mantenere in equilibrio i bidoni di benzina, lucenti o
arrugginiti, che reggevano sul capo sopra un cercine5 d’erba intrecciata.
Altre, in ginocchio, sbattevano i loro panni variopinti contro delle lastre
di pietra emerse milioni d’anni prima dalle viscere della terra. Là le indi-
gene lavavano e cullavano e redarguivano i loro bambini. Là sciacquavano
il loro vasellame. Là si lavavano e si pettinavano i capelli.
20 Chi fosse arrivato da quelle parti all’improvviso avrebbe udito degli
strilli acuti e intravisto fra i cespugli delle spalle e delle cosce morbide e
brune, e sarebbe stato guardato dalle donne come un intruso. Quello era
il loro pozzo. E quando quelle donne dalle gonne drappeggiate, i bracciali
scintillanti, i pettini di metallo, sostavano indolenti6 sull’erba fra i loro

1. miglio: misura inglese di lunghezza corrispon- 4. incombenza: incarico, lavoro da svolgere.


dente a 1609,3 metri. 5. cercine: specie di piccola ciambella messa sulla
2. incuria: trascuratezza. testa per portare i pesi.
3. cocorite: pappagallini. 6. indolenti: che stanno volentieri senza fare nulla.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 123 17/02/11 10:27


124

vasi di terracotta, cantando o chiacchierando, pareva che i lontani muggi-


ti dei buoi, il rombo indistinto dei trattori e tutti gli altri rumori della fat-
toria stessero semplicemente facendo da sottofondo musicale a una scena
antica: Donne che attingono acqua al pozzo.
Quando se ne andavano lasciavano il terreno cosparso delle bucce ro-
30 see e carnose delle prugne selvatiche dal succo aspro e astringente o delle
lucide bucce verdi delle arance africane.
Quando non c’erano le donne il luogo era desolato e squallido. L’arga-
no7, puntellato per sicurezza da un rametto biforcuto, e attorno al quale
era avvolta una corda sudicia e lisa, era riparato da una piccola tettoia
di paglia che gettava sul sentiero una lunga ombra cupa. Tutt’attorno, il
veld8; l’arido, piatto veld bruciato dal sole.
Erano belle quelle donne. Ma colei che noi usavamo chiamare «La stra stra-
bica» era invece un insulto per gli occhi. Camminava sempre dietro alle
altre, sola o in compagnia dei bambini più grandicelli. Non solo era af-
40 flitta da un accentuato strabismo, tale che non si capiva mai da che parte
guardasse, ma aveva anche un corpo sgraziato. Sopra la tradizionale gon-
na azzurra a disegni più scuri drappeggiata attorno ai fianchi le pendeva-
no due seni piatti e avvizziti.
Al pozzo si teneva in disparte e lavava i panni tutta sola, senza allegria.
Durante la lunga ascesa del secchio, che ogni tanto sbatteva contro le pa-
reti di nuda roccia del pozzo, tirava con forza la corda dell’argano e nel
preciso istante in cui il secchio pendeva oscillando sopra l’imboccatura
infilava una spalla sotto il manico e con una mossa brusca e imprudente
lo staccava dal gancio. Durante quest’operazione l’acqua traboccava dal
50 secchio e poco dopo si udiva una pioggia di grosse gocce ricadere sul pic-
colo, immoto, rotondo specchio d’acqua che si intravedeva scintillare sul
fondo della oscura gola del pozzo. I movimenti della donna erano goffi e
scoordinati, forse per colpa della vista difettosa.
Era la moglie più anziana del Lungo, il nostro più abile mandriano.
Il «Lungo» non era in verità molto alto ma era incredibilmente magro.
La sua era la magrezza di chi è consumato da un rovello9 interiore. Sem-
brava incapace di star fermo. Contraeva a intervalli le spalle, in una specie
di tic, e teneva sempre in mano dei fili d’erba che strappava rabbiosamen-
te. In cima a quel corpo magro e nervoso c’era una testa piccola con due
60 orecchie aguzze e sporgenti grazie alle quali il Lungo pareva eternamente
all’erta. Il viso, d’una esasperata espressività, rivelava ogni suo stato d’ani-
mo – l’allegria come l’irritazione o, molto più spesso, l’insofferenza. La
sua lingua caustica10 era temuta da tutti i dipendenti della fattoria. Persino
mio padre, dopo un diverbio11 con il suo mandriano, sogghignava fra sé

7. argano: meccanismo di sollevamento; è 9. rovello: problema assillante che non la-


costituito da un cilindro di legno o me- scia tregua e non trova soluzione.
tallo, attorno al quale passa una fune, che 10. caustica: bruciante, perché capace di fe-
viene fatto girare a mano o da un motore. rire i sentimenti degli altri.
8. veld: tipico territorio africano, ricoperto 11. diverbio: litigio, discussione.
da erba o vegetazione molto bassa.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 124 17/02/11 10:27


125

e commentava: «Quel negro12 sa il fatto suo. Bisogna riconoscere che è


proprio in gamba. Non te ne lascia passare una».
Nel suo campo, e cioè il bestiame, era un artista. Trattava i buoi con
una soave brutalità che non si poteva non ammirare, e al tempo stesso
deplorare. Quando riceveva l’incarico di aggiogare13 per la prima volta un
70 branco di indocili e recalcitranti manzi di tre anni lottava con loro per ore
ed ore sotto un sole impietoso, con il sudore che gli colava lungo il corpo
e gli occhi accesi da una cupa, maligna soddisfazione. Poi cominciava a
usare la frusta. Prima di ogni colpo sporgeva la lingua e calcolava con
esattezza la violenza da imprimergli, e quando sentiva la sferza abbatter-
si sulla groppa degli animali lanciava una specie di selvaggio grugnito.
Tutt’altra cosa era vederlo governare una squadra di sedici buoi grassi e
mansueti. Pareva d’assistere a un numero al circo; c’era lo stesso senso di
curiosità e di attesa: perché il Lungo si faceva un punto d’onore di non
doverli mai frustare. Non per risparmiare loro delle sofferenze, neanche
80 per sogno, ma perché gli piaceva far sfoggio della propria abilità. Sì, era
davvero uno spettacolo vedere il Lungo correre da un capo all’altro di una
fila di possenti buoi aggiogati che avanzavano faticosamente sulle dure
zolle di un campo e saltellare, danzare, urlare come un ossesso, roteando
la lunga frusta nera. Sembrava un pazzo scatenato e gli schiocchi della
frusta erano così violenti che si udivano in tutta la tenuta e nelle sere di
luna piena, quando si arava fino a tardi, risuonavano nel silenzio come
spari; e tuttavia il temuto staffile dalla punta di metallo non sfiorava nep-
pure il dorso degli animali. Quando venivano staccati dall’aratro i buoi
erano spesso esausti e si reggevano a malapena sulle zampe, tanto che mio
90 padre era costretto a protestare, ma la loro pelle era intatta.
«Il Lungo sa come si trattano le bestie» dicevamo noi «ma con le mogli
non ci sa proprio fare».
I nostri giudizi sui neri della fattoria erano in genere superficiali e ap-
prossimativi perché era impossibile conoscerli bene, neppure dopo anni,
e quel nostro commento ci era semplicemente suggerito dallo spasso che
ci procurava il Lungo con i suoi guai domestici. Ritornando alla fattoria
dopo un’assenza più o meno lunga usavamo chiedere con divertita curio-
sità: «E cos’ha combinato di nuovo il Lungo con il suo harem?».
Il Lungo aveva tre mogli che gli davano un mucchio di grattacapi e ve-
100 niva spesso a discuterne con mio padre, da uomo a uomo. Gli raccontava
che la moglie più giovane civettava con il bossboy14 di una fattoria vicina,
oppure aveva lanciato una pentola colma di zuppa di mais fumante contro
la moglie di mezzo, che era gelosa di lei.
Per noi era diventata un’abitudine vederlo comparire verso il tramonto,
quando mio padre concedeva udienza dopo il lavoro, davanti alla porta

12. negro: la parola, allora, non aveva la conno- così da tenerli appaiati quando tirano
tazione negativa che oggi ne fa un insulto. l’aratro.
13. aggiogare: mettere il giogo, attrezzo in 14. bossboy: capo dei domestici indigeni nel-
legno che viene messo sul collo dei buoi le case coloniali.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 125 17/02/11 10:27


126

sul retro. Indossava dei pantaloni cachi15, sempre gli stessi, che gli scivo-
lavano lungo i fianchi snelli e ossuti; la pelle nera e lucente del suo torso
nudo mandava bagliori rossastri e la sua figura allampanata16 e gestico-
lante si stagliava17 contro le vampe degli ultimi raggi del sole. Quando
110 aveva finito di esporre i propri guai assumeva di colpo un’aria rassegnata
e falsamente contrita18.
«Quell’uomo è un gran commediante» diceva mio padre ridendo fino
alle lacrime. «Avrebbe potuto fare del teatro se fosse nato di un altro co-
lore».
Tuttavia non era un buffone. Assecondava il gusto di mio padre per la
farsa19 ma, a differenza di molti indigeni, non avrebbe mai fatto il pagliac-
cio per divertirci. E non era certo considerato un personaggio ridicolo dai
suoi compagni. Tutti invece temevano il caustico umorismo e la lingua
affilata che gli derivavano da uno spirito critico costantemente vigile, an-
120 che nei propri confronti. Quanto alle donne, lo trovavano affascinante.
Una volta lo vidi avanzare lungo una strada in mezzo ai campi con il suo
passo dinoccolato, la frusta che strisciava dietro di lui nella polvere, i pan-
taloni troppo larghi che gli si afflosciavano sulle caviglie, lo sguardo fisso
pensosamente davanti a sé, e salutare un gruppetto di donne, fra le quali
c’erano forse anche le sue mogli, con un breve e distratto cenno del capo.
Ma fu come se le avesse colpite con una frustata. Le donne infatti, offese
dalla sua indifferenza, si misero a strillare e a chiamarlo, con una nota di
reale furore nella voce, per costringerlo ad accorgersi di loro. Ma il Lungo
non si degnò neppure di voltare il capo.
130 Quando però il Lungo cominciò ad avere dei guai seri mio padre si
stancò presto di ascoltarlo. Ormai non lo divertiva più e del resto mio
padre non voleva essere coinvolto nelle beghe20 dei suoi dipendenti. Il
Lungo veniva tutte le sere, non più di tanto in tanto come aveva fatto fino
allora. Ed era molto preoccupato e amareggiato. Voleva che mio padre
convincesse la moglie più vecchia, la Strabica, a ritornarsene a casa dai
suoi. Quella donna lo stava facendo impazzire. Avere in casa una moglie
petulante21 e brontolona era come avere addosso una pulce; puoi grattarti
finché vuoi, ma la pulce ti morderà da un’altra parte e non ti darà pace
finché non l’avrai uccisa.
140 «Ma non puoi rimandarla indietro solo perché sei stufo di lei!».
Il Lungo replicò che non ne poteva più di quella vita. La vecchia non
faceva che lamentarsi, era sempre di malumore, e il cibo era diventato
immangiabile.
«Be’, fattelo cucinare dalle tue altre due mogli».

15. cachi: beige chiaro, color sabbia. 19. Assecondava … farsa: soddisfaceva il gu-
16. allampanata: molto magra. sto di mio padre per il comico; farsa è un
17. si stagliava: si delineava in modo eviden- tipo di commedia comica, molto vivace.
te contro il cielo del tramonto, rosso come 20. beghe: litigi, battibecchi.
vampe di fuoco. 21. petulante: noiosa e insistente.
18. contrita: pentita, dispiaciuta.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 126 17/02/11 10:27


127

Ma a quanto pareva la faccenda non era così semplice. Le due mogli più
giovani, che si detestavano, erano però d’accordo su una cosa: la vecchia
doveva rimanere con loro. Come avrebbero fatto senza di lei? Era lei che
accudiva i bambini, che zappava l’orto, che andava a raccogliere le erbe
150 aromatiche nel veld. E poi, brutta e goffa com’era, la sua sola vista le mette-
va di buon umore. Povera donna, la natura matrigna 22 l’aveva condannata
a essere l’eterno zimbello23 del prossimo, di tutti quelli più fortunati di lei.
a questo punto mio padre consultò un manualetto sugli usi e costumi
locali, dove trovò scritto chiaramente che la moglie più anziana aveva il
diritto di farsi servire da quelle più giovani, forse come compenso per es-
sere stata costretta a rinunciare ai favori del proprio marito e padrone. Ma
il Lungo e il suo ménage24 si rifiutarono di adeguarsi a questa benevola
usanza. E mio padre, non riuscendo a trovare la ricetta giusta (come chi
cerca invano il rimedio per i suoi malanni in un libro di medicina) comin-
160 ciò a seccarsi. dopo aver ascoltato per qualche settimana i suoi lamenti e
le sue recriminazioni25 disse al Lungo di piantarla e di arrangiarsi. Quella
sera il Lungo se ne andò infuriato, borbottando fra sé e masticando con
rabbia un filo d’erba, e lo vedemmo dirigersi a grandi passi verso la sua
capanna, dove lo attendevano le due giovani mogli vispe e garrule26 e la
vecchia brutta e bisbetica che gli aveva partorito un paio di figli, gli man-
dava avanti la casa e gli avvelenava la vita.
Qualche settimana più tardi mio padre chiese distrattamente al Lun-
go: «A proposito, Lungo, come ti vanno le cose? Tutto bene?».
«Sì, baas27» rispose tranquillo il Lungo. «La vecchia se n’è andata».
170 «Cosa vuol dire, se n’è andata?».
Il Lungo si strinse nelle spalle. Se n’era andata e basta. Era partita
all’improvviso, senza dir nulla a nessuno.
Ora, la donna proveniva dal Nyasaland28, che distava giorni e giorni
di duro cammino. Di certo non era andata via da sola. Era forse venuto a
prenderla un fratello, uno zio? Si era forse aggregata a qualche gruppo di
africani in transito, diretti al suo villaggio natale?
Mio padre meditò un po’ su questa strana faccenda, poi non ci pensò
più. Non erano affari suoi. Era semmai contento che il suo mandriano più
in gamba potesse finalmente lavorare con la mente sgombra da ogni pre-
180 occupazione. Ed era soprattutto soddisfatto che la faccenda si fosse risolta
prima delle annuali difficoltà per il rifornimento dell’acqua.
Devo spiegare a questo punto che i pozzi erano due. Quello nuovo, che
usavamo noi, forniva un’acqua limpida e fresca, gra gradevole
devole al palato, ma
ogni anno, in giugno, restava in secca. L’acqua del vecchio pozzo era gial-
lastra e sapeva vagamente di muffa, però ce n’era sempre in abbondanza.

22. natura matrigna: la natura non si era com- 24. ménage: andamento, organizzazione fami-
portata come una madre che vuole solo il liare.
bene per i propri figli, quanto piuttosto come 25. recriminazioni: lamentele.
una matrigna cattiva. 26. garrule: chiacchierone, allegre.
23. zimbello: oggetto di scherzo; lo zimbello è 27. baas: padrone; è una deformazione dell’in-
propriamente un uccello da richiamo usato glese boss.
dai cacciatori. 28. Nyasaland: territorio corrispondente all’odier-
no Malawi.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 127 17/02/11 10:27


128

Perciò per tre o quattro mesi all’anno, a seconda delle piogge, noi ci rifor-
nivamo al vecchio pozzo, come gli indigeni.
Ma il Lungo detestava dover trasportare l’acqua per tre miglia, sull’ap-
posito carretto, quattro volte la settimana. E alle donne non garbava29 af-
190 fatto di dover limitare le loro visite al pozzo per non essere d’intralcio ai
portatori. Perciò ogni volta c’erano proteste e lamentele.
Quell’anno però prima ancora che noi cominciassimo a ser vircene gli
indigeni vennero a lamentarsi perché l’acqua del vecchio pozzo aveva un
saporaccio. Il grande baas doveva farlo pulire.
Mio padre rispose che non c’era nessuna fretta e che lo avrebbe pulito
appena ne avesse trovato il tempo.
l’indomani le donne inviarono alla fattoria una loro delegazione. Una
mezza dozzina di indigene si raccolsero davanti alla porta sul retro e af af-
fermarono che se il pozzo non veniva pulito subito i loro bambini si sareb-
200 bero presi qualche malattia.
«Lo farò pulire la settimana prossima» rispose loro mio padre con ma-
lagrazia.
il mattino seguente il Lungo ci portò la prima scorta d’acqua attinta
al vecchio pozzo e appena svitammo i tappi delle botti la casa fu invasa
da un orribile fetore30. Quanto a berla, quell’acqua, non c’era neanche da
pensarci.
«Perché non rimettete mai il coperchio sul pozzo?», chiese mio padre
alle donne che erano tornate a protestare inviperite davanti alla porta sul
retro. Era davvero infuriato. «L’ultima volta che abbiamo pulito quel poz-
210 zo c’erano dentro quattordici topi morti e un serpente. Nel nostro non c’è
mai niente, perché ci ricordiamo di mettergli il coperchio».
Ma a quanto pareva le donne erano convinte che togliere e rimettere il
coperchio al pozzo spettasse semmai alla prov videnza31, e comunque non
certo a loro.
L’annuale pulizia del vecchio pozzo era diventata con il tempo una specie
di rito al quale non mancavamo mai di assistere. Come la sgranatura del
mais, o le prime piogge, segnava una svolta nel corso dell’anno. La fattoria
sembrava una città assediata che tema di restare senza provviste. Gli alberi
e l’erba parevano ormai privi di linfa; il sole, altissimo e sempre più lontano,
220 era nascosto da un velo di nebbia e di polvere; l’aria, divenuta tutt’a un trat-
to pesante, faceva avvizzire le foglie e il calore le disseccava. Vuotare quel
pozzo era un atto di fede e insieme una sfida. Per un intero pomeriggio
tutta la tenuta sarebbe rimasta senz’acqua. L’altro pozzo era completamente
asciutto. E questo veniva alimentato dal flusso incostante di un misterioso
fiume sotterraneo. Cosa sarebbe successo se quel fiume ci avesse traditi?
Ogni anno trascorrevamo la serata in ansia; e al mattino, quando il Lungo
si affacciava alla porta sul retro e annunciava raggiante che il secchio era
risalito colmo di buona acqua fresca, facevamo gran festa.

29. garbava: piaceva. 31. provvidenza: una qualsiasi entità sopran-


30. fetore: puzza nauseante. naturale.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 128 17/02/11 10:27


129

Danzatori africani su un
batik, tessuto tinto con
una tecnica particolare.

Ma quel pomeriggio non potemmo resistere a lungo. La puzza era in-


sopportabile. Vedemmo tirar su la solita decina di ratti gonfi d’acqua, che
230 vennero allineati sulle pietre attorno al pozzo, e persino lo scheletro di
una piccola antilope che doveva esservi caduta dentro nel buio, poi ce ne
andammo. Tutti quei secchi d’acqua grigiastra e maleodorante avevano
temporaneamente trasformato il sentiero in un fiumiciattolo fangoso.
Fu il Lungo stesso a portarci la notizia. In seguito cercammo invano
di ricordarci che espressione avesse il suo viso, sempre così eloquente32 ,
mentre ci raccontava cos’era successo.
A quanto pareva quando avevano tirato su il penultimo secchio vi ave-
vano trovato dentro un braccio, o meglio i resti di un braccio. Poi, pezzo
per pezzo, era venuta su lei, la Strabica, la sua prima moglie. L’avevano
240 riconosciuta dai bracciali. E alla fine il Lungo si era calato nel pozzo per
recuperare la testa, che mancava.
«Ma non mi avevi detto che tua moglie era ritornata dai suoi?» gli chiese
mio padre.
«Già, era quel che pensavo. Dove altro poteva essere andata?».
«Be’» disse alla fine mio padre, disgustato da quella faccenda «se pro-
prio doveva ammazzarsi, perché non si è impiccata a un albero, invece di
inquinare il pozzo?».
«Forse è scivolata ed è caduta dentro per sbaglio» commentò il Lungo.
Mio padre alzò di colpo lo sguardo e gli rivolse una lunga occhiata.
occhiata. Poi
250 borbottò: «Già, già… Forse è andata proprio così».
Ma qualche tempo dopo, mio padre fu udito mormorare fra sé, di pun-
to in bianco: «Certo è un bel mistero. Preferirei sbagliarmi, però… Co-
munque resta il fatto che come mandriano è maledettamente in gamba».
D. Lessing, Racconti africani, trad. F. Castellenghi Piazza, Feltrinelli, Milano 1989

32. eloquente: espressivo, che mostra ciò che pensa.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 129 17/02/11 10:27


130

un eSempio Di riaSSunto

Il racconto è piuttosto lungo, 2847 parole, ma vita sociale delle donne, queste non ne avreb-
ha una trama molto semplice. La storia vera bero richiesto a gran voce la pulitura; così, se la
e propria viene narrata nella seconda parte, vecchia moglie non avesse avuto delle difficoltà
quando il protagonista inizia a lamentarsi con nell’attingere l’acqua, il Lungo non avrebbe po-
il suo datore di lavoro e chiede il suo aiuto. La tuto così facilmente fare l’ipotesi che fosse sci-
prima parte costituisce una lunga introduzio- volata e quindi caduta accidentalmente.
ne, in cui la descrizione delle abitudini delle
donne e dei due protagonisti serve a far com- Nella scaletta narrativa sono inseriti i fatti della
prendere l’andamento dei fatti. Se ad esempio il storia, e non sono state tralasciate alcune informa-
pozzo non avesse avuto tanta importanza nella zioni utili a comprendere ambiente e personaggi.

SCALETTA NARRATIVA DEL bRANO

tempo-luoghi fatti-personaggi
1 una fattoria in Africa, prima il Lungo è il miglior mandriano della fattoria dove vive il narratore,
metà del Novecento è stimato da tutti, amato dalle donne
2 tutte le sere si lamenta con il padre del narratore delle liti fra le sue tre mogli
ed è convinto che le cose andrebbero meglio se la moglie più vecchia
se ne andasse
3 dopo diverse settimane il padrone cerca di dirimere la questione affidandosi alle convenzioni
locali, ma la sua soluzione non viene accettata
4 qualche settimana più tardi alla domanda su come vadano le cose il Lungo risponde
che la vecchia moglie non c’è più, se ne è andata
5 prima di giugno il secondo pozzo della fattoria risulta inservibile per la puzza
6 l’indomani le donne chiedono che il pozzo, dove sono solite incontrarsi,
venga pulito
7 il mattino seguente anche il narratore e la sua famiglia si accorgono che l’acqua
non può essere utilizzata
8 quel pomeriggio il pozzo viene pulito e viene rinvenuto un corpo umano
in decomposizione
9 lo stesso pomeriggio il Lungo riconosce nei resti la moglie ed esprime l’ipotesi
che la donna sia caduta accidentalmente
10 qualche tempo dopo il padre del narratore esprime i suoi dubbi sull’accaduto,
che rimane misterioso

La scaletta narrativa ricostruisce la trama come Il tempo verbale scelto è il passato remoto, sul
in uno schema di appunti; le informazioni nel- quale sono regolati gli altri tempi.
la fase di scrittura possono essere integrate con
ulteriori osservazioni relative ai personaggi, e Il riassunto che segue, proposto come esempio,
possono essere elaborate in modo più discorsivo. riduce il testo a 260 parole.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 130 17/02/11 10:27


131

Riassunto di
Doris Lessing, Una moglie scomoda, in Racconti africani
Il narratore interno rievoca un episodio della sua infanzia in Africa. Il Lungo era il capo mandriano di
colore nella tenuta dove viveva la famiglia del narratore. Era un uomo abile, stimato nel suo lavoro e
nella comunità in cui viveva. Il suo problema erano le tre mogli: le due più giovani detestavano la prima,
vecchia, brontolona e dal corpo sgraziato, la cui presenza era però per loro molto utile, perché la donna
faceva i lavori pesanti, come zappare l’orto e andare a prendere l’acqua al pozzo, anche se non adatti alla
sua età. In famiglia alla fine c’era sempre tensione e il Lungo avrebbe preferito che la vecchia moglie se ne
andasse, ma lei si rifiutava. L’uomo cercò allora l’aiuto del suo datore di lavoro per risolvere il problema,
ma non accettò la soluzione proposta, basata sulle leggi locali. Finché un giorno la donna sparì e il marito
disse che era tornata al suo villaggio. Tempo dopo le donne indigene si lamentarono che l’acqua del pozzo,
dove erano solite incontrarsi per lavarsi e a chiacchierare, era diventata sporca e maleodorante. Il pozzo, la
cui acqua era necessaria agli abitanti della fattoria, venne pulito, e, assieme ai resti putrefatti di topi e altre
bestie, vennero portati fuori pezzi di un corpo umano, che si rivelò essere quello della moglie scomoda. Il
Lungo ipotizzò che fosse caduta nel pozzo, perdendo l’equilibrio mentre prendeva l’acqua. La fine della
donna sembrò sospetta al proprietario della fattoria, che preferì non indagare oltre: il Lungo era un man-
driano troppo bravo e il suo lavoro era indispensabile.

Batik con scene di vita in un villaggio africano.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 131 17/02/11 10:27


132

Maria Messina
OGGI A ME, DOMANI A TE
Piccoli gorghi, 1911
Il racconto di Maria Messina, una scrittrice del primo Novecento, ripropone un argo-
mento e un’ambientazione comuni: un uomo che viene abbandonato dalla fidanzata
per un altro più ricco, e un paese chiuso nei suoi pettegolezzi e nella sua piccola vita
quotidiana. Ma il comportamento di Ciano, il protagonista, ribalta ogni convenzione e
lascia stupiti i suoi compaesani e il lettore.
Il racconto è costruito in buona parte dai dialoghi che riprendono il chiacchiericcio del
paese e accompagnano la storia di Ciano.

Ciano aveva commesso1 le vesti a Catania e stabilito persino il giorno á Vengono introdotti
dello sposalizio quando una sera, mentre riponeva bischetto2 e lesine, si i personaggi: Ciano,
il protagonista; donna
vide venir la Leprina che, dopo un giro di parole e dopo tanti «bisogna Liboria ’Nciòcola,
considerare» e «solo il Papa non falla3», gli disse chiaro e tondo che la la promessa sposa;
’Nciòcola lo mandava a licenziare4 perché un forestiero ricco l’aveva ri- la Leprina, la donna
che ha fatto da
chiesta Santo e santissimo…! La Leprina, per fortuna sua, s’era tenuta intermediaria tra i due.
vicino l’uscio socchiuso, e, vedendo Ciano diventar paonazzo come un
tacchino, se la batté dicendo:
– Vossìa5 mi scusa!... Ma io c’entro come Ponzio Pilato nel credo! ...
10 Buon per lei che seppe svignarsela. Ciano, così infuriato, non avrebbe
certo tenuto le mani in tasca; le avrebbe lasciato il segno, a quella ruffia- á Il narratore riporta
na6 che aveva prima combinato il matrimonio e poi lo aveva scombinato i pensieri di Ciano
con il discorso indiretto
come si disfà una calza. Rimasto solo si sfogò a bestemmiare peggio d’un libero.
turco – fra i denti però, per non farsi dar del matto dai vicini ingiuriando
i nomi della Leprina e della ’Nciòcola le quali si eran servite di lui come di
uno zimbello7; fino a che si persuase che doveva pure andare a coricarsi.
Ma anche a letto non trovò pace e si dimenò tutta la notte, come avesse
avuto il mal di denti, rimuginando crudeli vendette, figurandosi con sel-
vaggia voluttà8 di andare a ammazzare, a squartare, quella femmina vena-
20 le9, di fare almeno uno scandalo… e chi sa quante altre cose s’immaginò
di dover fare in quella nottata che non finiva mai!
Invece, povero Ciano, si levò più presto del consueto mettendosi a lavo-
rare coll’uscio serrato; e lo tenne serrato tre giorni di seguito per la rabbia
e lo scorno10; e la prima mattina che uscì se n’andò a Cicè a veder la vigna, á Tutta la storia si svolge
nelle campagne attorno
a Catania.
1. aveva commesso: aveva commissionato, no, non c’entra niente con la preghiera che
ordinato. inizia con «Credo in Dio padre onnipoten-
2. bischetto: il tavolo da lavoro dei calzolai; la te…».
lesina è un attrezzo di ferro che serve per 6. ruffiana: la donna che faceva da interme-
bucare e cucire la pelle. diaria per combinare un matrimonio; il
3. non falla: non sbaglia. termine ha una connotazione negativa.
4. lo mandava a licenziare: lo congedava; gli 7. zimbello: oggetto di scherno, di derisione.
diceva che il loro matrimonio era sfumato. 8. voluttà: grande piacere.
5. Vossìa: vossignoria; la donna dice che lei 9. venale: che agisce mossa solo dal desiderio
non c’entra nulla con la decisione della di ricchezza.
’Nciòcola così come Ponzio Pilato, paga- 10. scorno: vergogna.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 132 17/02/11 10:27


133

per non imbattersi con gli amici. Già, al casino della «Società Operaia»11
si doveva risapere certamente ogni cosa, dopo tre giorni, e chi sa che risate
alle sue spalle! Poi andò a consegnare un par di stivali a don Pino, tutto
accigliato12 per non farsi domandare, ma non gli dissero niente, e mise
coraggio; tanto che la sera tornò al casino coi suoi passi piccini piccini,
30 il petto alto, e il berretto di sghembo per avere un’aria che paresse un po’
maffiosa13. Soltanto l’ebanista14 gli disse con un risolino malizioso:
– E donna Liboriedda… con un forestiero, eh?
– Eh! – rispose Ciano stringendosi nelle spalle, – son donne… Quando
vedon quattrini perdon la testa!
E nient’altro. Ma tese gli orecchi per tutta la serata, ché ci voleva poco
a diventar, Dio liberi, la favola del casino. Bastava tenersi una parola sola,
bastava far vedere che avesse paura delle beffe! E, per mostrar che non ne
aveva dav vero, tornò a bazzicare15 come prima il casino, e, per non farsi
sopraffare dall’ebanista che aveva fama d’essere spiritoso, av viava cenette,
40 contava barzellette e, davanti la porta, affilava la lingua burlando e spar-
lando tutti quelli che passavano. Così al casino stavan tutti allegri come
fosse Carnovale; ma lui rincasava con la bocca amara.
Quando la ’Nciòcola si maritò, egli scappò di nuovo a veder la vigna e
portò la prima moscadella16 al casino. E finalmente, a poco a poco, ogni
cosa tornò come prima, come se fra Ciano e donna Liboria non ci fosse
mai stato niente.
Una sera, mentre eran seduti a prendere il fresco sul marciapiede, si
sentì sonare una campana a morto, poi se ne sentì un’altra, poi un’altra
ancora. Per sonar tutte, era segno che se n’era andato un ricco. Il dorato-
50 re17, calcandosi il berretto sugli orecchi, s’alzò per andare a domandarne
al sacrestano della Matrice.
– È – disse tornando, con aria di mistero – quel forestiero di donna
Liboria ’Nciòcola.
Tutti guardaron Ciano.
– Ben le sta – disse l’ebanista.
– Meglio che non l’hai accoppata – disse il caffettiere strizzando l’oc-
chio a Ciano – chi sa che bei quattrini le avrà lasciato!
Al calzolaio venne un’idea tra quel sonare a morto che saliva come un
pianto su per l’aria tepida, un’idea che lo fece sorridere sotto i radi baffetti
60 biondastri; e la maturò tutta la notte e tutto il giorno appresso, curvo sul
bischetto, picchiando allegramente su uno stivale. Dopo una settimana
sola, che gli parve un secolo, cominciò a passeggiar di sera, a fin di lavoro,

11. casino della «Società Operaia»: circolo dove vorazione dell’ebano, un legno particolar-
gli uomini del paese si ritrovavano per chiac- mente pregiato.
chierare, fumare e giocare; le Società Opera- 15. bazzicare: frequentare.
ie erano, nei primi anni del Novecento, asso- 16. moscadella: uva moscatella, molto profu-
ciazioni di operai, per la tutela del lavoro. mata.
12. accigliato: serio, scuro in volto. 17. doratore: artigiano che applica un sottilis-
13. maffiosa: mafiosa, spavalda; la forma con simo strato d’oro su mobili o altri manu-
due effe non è più usata. fatti; la chiesa della Matrice è la cattedrale;
14. ebanista: falegname specializzato nella la- matrice in siciliano significa «madre».

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 133 17/02/11 10:27


134

sotto le finestre chiuse della ’Nciòcola sperando di esser veduto a traverso


le persiane. Incontrata la Leprina la fermò; aveva fretta, voleva scappare,
ma egli la trattenne con buone maniere chiedendole notizie della vedova.
– Vedete? Neanche rancore so portarle!
Così la Leprina ricominciò a venire a trovarlo in bottega, ché Ciano
era un buon calzolaio, la ’Nciòcola rimasta vedova troppo presto era così
fresca da non parer che si fosse maritata, e a riprendere quell’affare lei
70 aveva da guadagnarci. Ma la ’Nciòcola non voleva saperne di rimaritarsi,
e ripeteva alla Leprina, che andava e tornava come una mosca cavallina18,
di voler portare il lutto al morto.
– E volete far soffrire così quel pover’omo che è vivo e sano come un ga-
rofano? e fedele come un cane? Ci pensate al tradimento che gli avete fatto?
– Non mi rimarito. Se il Signore mi voleva maritata non mi doveva far
morire quello, bon’anima.
– Ma che ci volete fare? Non vedete che era destinato quest’altro? Volete
andare contro il volere di Dio? Volete rimaner sola tanto giovane? Badate
che ve ne pentirete! Chi mangia solo s’affoga, donna Liboriedda mia.
80 Le donne, come diceva l’ebanista, riflettono poco, e vanno, come le ban-
diere, col vento che soffia. La ’Nciòcola era giovane, e la Leprina che insi-
nuava sempre quello stesso argomento, e Ciano che passava e ripassava pel
vicoletto, le mettevan la tentazione in corpo. Poi quello star serrata in casa,
vestita di nero, le metteva la smania dell’aria e della luce. Bisognava pure
persuadersi che i ragionamenti della Leprina eran sottili19! Perciò, e anche
per seguire il volere di Dio, a fin d’anno la ’Nciòcola, in compagnia della
sorella, ricevette Ciano di sera di nascosto e mezzo al buio; e dopo quella
visita, in cui non fecero che rimbrontolarsi e sospirare, Ciano non mancò
una sera sola, restando a cena sino a un’ora di notte, godendosi la buona
90 compagnia della vedova, mentre la sorella in un cantuccio biascicava20 il ro-
sario. Al casino sfoggiava cravatte e fazzoletti ricamati, e fumava toscani21
interi ridendo allegramente, com’uno che sa il fatto suo, senza curarsi dei
compagni che lo punzecchiavano dandogli del minchione22.
Dopo sei mesi di quella vita beata la ’Nciòcola cominciò a parlare del tem-
po dello sposalizio; tanto!, diceva per chetarsi l’animo, il lutto grave l’aveva
portato un anno, e non poteva star sacrificata coll’anima del morto per tutta
la vita; peggio per chi se ne sarebbe maravigliato… E Ciano approvava. Egli
ne era felice, felicissimo… anche per non seguitare a vedersi di nascosto ai
vicini come facessero un delitto, e per finirla con le ciarle23 del casino!
100 Fissarono la vigilia di San Sebastiano.
E ai primi d’agosto la vedova impastò scattati e vuciddati24 , mandan-
done gran vassoi a tutti gli invitati e a tutti i vicini per chiuder la bocca

18. mosca cavallina: mosca parassita dei ca- 22. minchione: sciocco, ingenuo.
valli, caratterizzata dal volo molto rapido 23. ciarle: chiacchiere inutili.
e scattante. 24. scattati e vuciddati: dolci siciliani; gli
19. sottili: acuti, intelligenti. scattati sono dolci morbidi a base di man-
20. biascicava: balbettava, recitava in modo dorle, mentre i vuciddati sono dolcetti
incomprensibile. con un ripieno a base di fichi, cioccolato e
21. toscani: sigari prodotti in Italia. mandorle.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 134 17/02/11 10:27


135

ai maldicenti. La vigilia della festa andò a confessarsi, e con l’aiuto della


sorella ripulì la casa; nel pomeriggio cavò dalla cassa la veste da sposali-
zio, odorosa di canfora, e la spiegò sul letto grande aspettando che venisse
Ciano. Nella veste c’era un forellino.
– La tarla25 – disse la sorella, con voce lenta. Prese l’ago, cercò un fil di
seta a una vicina, e cominciò a rammendare con la sua precisione.
– Son passati giusto due anni – sospirò chinandosi a spezzar la guglia-
26
ta co’ denti.
110
– San Sebastiano mio, che melanconia a pensarci! – esclamò la vedova
che si stava lustrando gli stivaletti.
La sorella scrollò la testa tristemente e disse fra le labbra: – Io non l’avrei
fatto.
Anche la vedova scrollò la testa, ma pensando che la sorella, diventata
pinzochera27, certe cose non poteva capirle.
Cominciarono a venir le vicine e le invitate, vestite chi di seta e chi di
lana, e i ragazzini e le ragazzine che portavan tra le mani i grandi fazzo-
letti bianchi, stirati e piegati, da riempir di càlia28 e di scattati. La saletta
120 era quasi piena; solo Ciano non veniva, lui ch’era tanto puntuale. Donna
Mara del Finocchio suggerì alla sposa di vestirsi: – Si perde troppo tempo
ad aspettar don Ciano. E il prete è avvisato per le sei.
La vedova, aiutata dalla sorella e da donna Mara, cominciò a vestirsi len-
tamente, un poco turbata. Si mise le bùccole29, il vezzo30 di corallo, la catena
d’oro, e Ciano non veniva. Indugiò un po’ in camera, con la scusa di cercar
lo scialle buono, e finalmente tutta impacciata nella veste color d’oliva dai
merletti giallognoli, vincendo l’agitazione entrò nella saletta piena e afosa,
dove c’era un brusio come se parlassero tutti in una volta a voce bassa.
– Che sia successo qualche cosa? – disse forte donna Gidda vedendo
130 venir la sposa.
– Son le sette – disse don Raimondo, e aggiunse, rimettendo l’orologio
nel guscio di celluloide31: – se volete, vado a vedere io.
– Forse è meglio – rispose la vedova con un fil di voce guardandosi
intorno affatto32 smarrita.
Don Raimondo non tornò subito. Verso le nove, quando il più degli invitati
s’era congedato mormorando, e la vedova spogliata e inginocchiata in camera,
davanti il quadro della Madonna, chiedeva perdono all’anima del marito, don
Raimondo entrò nella saletta dov’eran rimaste tre o quattro vicine e, asciu-
gandosi la fronte col suo fazzolettone rosso, disse:
140 – … quel porco! È scappato. Se n’è andato a Reitano con Nina la Cico-
riara33!
M. Messina, Piccoli gorghi, Sellerio, Palermo 1988

25. La tarla: il tarlo. 31. guscio di celluloide: scatolina rotonda per


26. gugliata: quantità di filo infilata nell’ago l’orologio da taschino; la celluloide è una
per cucire. materia plastica.
27. pinzochera: bigotta. 32. affatto: del tutto.
28. càlia: ceci tostati. 33. la Cicoriara: soprannome che indica il me-
29. bùccole: orecchini. stiere della donna, che raccoglie e vende
30. vezzo: con il significato di «collana» è oggi l’insalata cicoria.
una parola in disuso.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 135 17/02/11 10:27


136

l aVor are Sul teSto

Analizzare e comprendere
1. Dove si svolge la storia?
2. Chi sono i protagonisti?
• A quale classe sociale appartiene ciascuno?
• Definisci con due/tre aggettivi il carattere di ciascuno.
3. Perché donna Liboria non sposa più Ciano?
• Perché una volta vedova si decide a sposarlo?
• Perché Ciano la vuole sposare quando lei è diventata vedova?
4. Quale ruolo svolge nella storia la Leprina?
5. Individua i fatti principali della storia e costruisci una scaletta narrativa, inserendo le informazioni richieste.

tempo-luoghi fatti-personaggi
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10

• Quanto tempo dura la storia?


• A quali fatti il narratore dedica maggiore spazio?

Riflettere
6. Quali sono e come si evolvono i sentimenti di Ciano per donna Liboria?
• Quali sono e come si evolvono i sentimenti di donna Liboria per Ciano?
7. Quale rapporto c’è tra Ciano e gli uomini che frequentano il casino della «Società Operaia»?
8. Qual è il significato del titolo del racconto?
• Se potessi cambiare titolo, quale proporresti?
9. Che cosa pensi del comportamento di donna Liboria?
• Secondo te donna Liboria si è comportata correttamente con Ciano?
• Secondo te Ciano si è comportato correttamente con donna Liboria?

Scrivere
10. Rivedi la scaletta narrativa, tenendo eventualmente presenti le risposte alle domande 1, 2, 3, 6, 8;
riassumi il racconto in circa 25 righe (250/300 parole).
11. Scrivi un riassunto di circa 5/6 righe per una quarta di copertina.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 136 17/02/11 10:27


137

B. individuare i nuclei narrativi


e le seQuenze
U n sistema che si può usare per smontare un testo e comprendere il meccanismo narrativo
costruito dall’autore oppure per analizzarlo facilmente è la divisione in nuclei narrativi e in
sequenze.
Il nucleo narrativo, o macrosequenza, è una parte di testo che contiene un episodio unitario : i
fatti narrati si svolgono nel medesimo arco di tempo e nel medesimo luogo, e i personaggi sono i
medesimi.
L’inizio e la fine di un nucleo narrativo sono quindi indicati da:
• ingresso o uscita di un personaggio;
• un cambiamento di luogo;
• un cambiamento di tempo.

Individuare i nuclei narrativi aiuta a ricostruire il modo in cui lo scrittore ha elaborato l’intreccio, a
capire quali temi ha voluto sottolineare e a quali fatti e personaggi ha voluto dare maggiore rilievo.

Un nucleo narrativo è costituito da una o più sequenze.


La sequenza è una parte di testo caratterizzata da una medesima tipologia testuale.

Ci sono diversi tipi di sequenze:


u narrativa : presenta i fatti della storia, le azioni dei personaggi; è indicata dall’uso di un tempo
narrativo come il passato remoto o il passato prossimo;
u dialogica : strettamente legata alle sequenze narrative, riporta le parole dei personaggi; è costi-
tuita dal discorso diretto;
u descrittiva : presenta un luogo o un personaggio; è riconoscibile per il passaggio del verbo
all’imperfetto o al presente;
u riflessiva : presenta le riflessioni di un personaggio o del narratore; in questo secondo caso è
segnalata dall’uso della prima persona o dal tempo presente.

I diversi tipi di sequenza possono intrecciarsi tra loro, e sono funzionali l’uno all’altro; ad esempio
in una sequenza narrativa può essere inserita una sequenza descrittiva, che fa vedere al lettore
dove si svolge la scena, o una sequenza riflessiva, che fa conoscere subito l’opinione del personag-
gio o del narratore su quanto sta avvenendo.
La modalità di successione delle sequenze contribuisce a creare il ritmo della narrazione.
La presenza di molte o di lunghe sequenze descrittive o riflessive rallenta il ritmo, in quanto esse
interrompono e fermano la successione delle azioni.
Le sequenze dialogiche danno invece la sensazione che la storia si stia svolgendo man mano
sotto gli occhi del lettore, e, se si tratta di un dialogo costituito da battute brevi, costruiscono un
ritmo più veloce.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 137 17/02/11 10:27


138

un teSto Spiegato
Alessandro Manzoni
IL DOTTOR AzzECCAGARBUGLI
I promessi sposi, 1840
Il brano seguente è l’inizio del terzo capitolo dei Promessi sposi. Quando tutto è pronto
per il matrimonio di Renzo e Lucia, il curato don Abbondio rivela a Renzo che don Rodri-
go, il signorotto locale, gli ha vietato di celebrarlo. Lucia è allora costretta a raccontare
alla madre Agnese e a Renzo del casuale incontro con don Rodrigo e dello sfacciato
comportamento di quest’ultimo. Di fronte alle prevaricazioni e all’arroganza di un uomo
potente, consapevoli della loro posizione di inferiorità, i tre pensano di chiedere consiglio
a un uomo di legge, sperando che tuteli i loro diritti.
Nel brano si alternano diversi tipi di sequenze, che determinano anche il ritmo della
narrazione.

1° nucleo narrativo
Lucia entrò nella stanza terrena, mentre Renzo stava angosciosamente
informando Agnese, la quale angosciosamente lo ascoltava. Tutt’e due si
volsero a chi ne sapeva più di loro, e da cui aspettavano uno schiarimento,
il quale non poteva essere che doloroso: tutt’e due, lasciando travedere1, in
mezzo al dolore, e con l’amore diverso che ognun d’essi portava a Lucia,
un cruccio pur diverso perché avesse taciuto loro qualche cosa, e una tal
cosa. Agnese, benché ansiosa di sentir parlare la figlia, non poté tenersi di
non farle un rimprovero – A tua madre non dir niente d’una cosa simile!
– Ora vi dirò tutto, – rispose Lucia, asciugandosi gli occhi col grem-
10 biule.
– Parla, parla! – Parlate, parlate! – gridarono a un tratto la madre e lo
sposo.
– Santissima Vergine! – esclamò Lucia: – chi avrebbe creduto che le
cose potessero arrivare a questo segno! – E, con voce rotta dal pianto,
raccontò come, pochi giorni prima, mentre tornava dalla filanda 2 , ed era
rimasta indietro dalle sue compagne, le era passato innanzi don Rodrigo,
in compagnia d’un altro signore3; che il primo aveva cercato di trattenerla
con chiacchiere, com’ella diceva, non punto4 belle; ma essa, senza dargli
retta, aveva affrettato il passo, e raggiunte le compagne; e intanto aveva
20 sentito quell’altro signore rider forte, e don Rodrigo dire: scommettiamo.
Il giorno dopo, coloro s’eran trovati ancora sulla strada; ma Lucia era nel
mezzo delle compagne, con gli occhi bassi; e l’altro signore sghignazzava,
e don Rodrigo diceva: vedremo, vedremo. – Per grazia del cielo, – conti
conti-
nuò Lucia, – quel giorno era l’ultimo della filanda. Io raccontai subito…

1. travedere: intravedere; Agnese e Renzo non 2. filanda: fabbrica in cui veniva lavorata la seta.
sanno spiegarsi perché Lucia non abbia parlato 3. signore: il conte Attilio, cugino di don Rodrigo.
subito con loro di quanto accaduto. 4. non punto: per niente.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 138 17/02/11 10:27


139

– A chi hai raccontato? – domandò Agnese, andando incontro, non


senza un po’ di sdegno, al nome del confidente preferito.
– Al padre Cristoforo, in confessione, mamma, – rispose Lucia, con un
accento soave di scusa. – Gli raccontai tutto, l’ultima volta che siamo an-
date insieme alla chiesa del convento: e, se vi ricordate, quella mattina, io
30 andava mettendo mano ora a una cosa, ora a un’altra, per indugiare, tanto
che passasse altra gente del paese avviata a quella volta, e far la strada
in compagnia con loro; perché, dopo quell’incontro, le strade mi facevan
tanta paura…
Al nome riverito5 del padre Cristoforo, lo sdegno d’Agnese si raddol-
cì. – Hai fatto bene, – disse, – ma perché non raccontar tutto anche a tua
madre?
Lucia aveva avute due buone ragioni: l’una, di non contristare6 né spa-
ventare la buona donna, per cosa alla quale essa non avrebbe potuto trovar
rimedio; l’altra, di non metter a rischio di viaggiar per molte bocche una
40 storia che voleva essere gelosamente sepolta: tanto più che Lucia sperava
che le sue nozze avrebber troncata, sul principiare, quell’abbominata7 per-
secuzione. Di queste due ragioni però, non allegò8 che la prima.
– E a voi, – disse poi, rivolgendosi a Renzo, con quella voce che vuol far
riconoscere a un amico che ha avuto torto: – e a voi doveva io parlar di
questo? Pur troppo lo sapete ora!
– E che t’ha detto il padre? – domandò Agnese.
– M’ha detto che cercassi d’affrettar le nozze il più che potessi, e intanto
stessi rinchiusa; che pregassi bene il Signore; e che sperava che colui, non
vedendomi, non si curerebbe più di me. E fu allora che mi sforzai, – pro-
50 seguì, rivolgendosi di nuovo a Renzo, senza alzargli però gli occhi in viso,
e arrossendo tutta, – fu allora che feci la sfacciata, e che vi pregai io che
procuraste di far presto, e di concludere prima del tempo che s’era stabi-
lito. Chi sa cosa avrete pensato di me! Ma io facevo per bene, ed ero stata
consigliata, e tenevo per certo… e questa mattina, ero tanto lontana da
pensare… – Qui le parole furon troncate da un violento scoppio di pianto.
– Ah birbone! ah dannato! ah assassino! – gridava Renzo, correndo in-
nanzi e indietro per la stanza, e stringendo di tanto in tanto il manico del
suo coltello.
– Oh che imbroglio, per amor di Dio! – esclamava Agnese. Il giovine si
60 fermò d’improvviso davanti a Lucia che piangeva; la guardò con un atto
di tenerezza mesta e rabbiosa, e disse: – questa è l’ultima che fa quell’as-
sassino.
– Ah! no, Renzo, per amor del cielo! – gridò Lucia. – No, no, per amor
del cielo! Il Signore c’è anche per i poveri; e come volete che ci aiuti, se
facciam del male?
– No, no, per amor del cielo! – ripeteva Agnese.

5. riverito: rispettato e amato. amando molto chiacchierare, raccontasse ad


6. contristare: rattristare; Lucia non ha voluto altri l’accaduto.
far preoccupare la madre, ma il suo silenzio 7. abbominata: odiosa.
è stato dovuto anche al timore che Agnese, 8. allegò: portò, fece conoscere.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 139 17/02/11 10:27


140

– Renzo, – disse Lucia, con un’aria di speranza e di risoluzione9 più tran-


quilla: – voi avete un mestiere, e io so lavorare: andiamo tanto lontano, che
colui non senta più parlar di noi.
70 – Ah Lucia! e poi? Non siamo ancora marito e moglie! Il curato vorrà
farci la fede di stato libero10? Un uomo come quello? Se fossimo maritati,
oh allora…!
Lucia si rimise a piangere; e tutt’e tre rimasero in silenzio, e in un abbat-
timento che faceva un tristo contrapposto alla pompa festiva11 de’ loro abiti.
– Sentite, figliuoli; date retta a me, – disse, dopo qualche momento, Agnese.
– Io son venuta al mondo prima di voi; e il mondo lo conosco un poco. Non
bisogna poi spaventarsi tanto: il diavolo non è brutto quanto si dipinge. A noi
poverelli le matasse paion più imbrogliate, perché non sappiam trovarne il
bandolo12; ma alle volte un parere, una parolina d’un uomo che abbia studia-
80 to… so ben io quel che voglio dire. Fate a mio modo, Renzo; andate a Lecco;
cercate del dottor Azzeccagarbugli, raccontategli… Ma non lo chiamate così,
per amor del cielo: è un soprannome. Bisogna dire il signor dottor… Come
si chiama, ora? Oh to’! non lo so il nome vero: lo chiaman tutti a quel modo.
Basta, cercate di quel dottore alto, asciutto, pelato, col naso rosso, e una voglia
di lampone sulla guancia.
– Lo conosco di vista, – disse Renzo.
– Bene, – continuò Agnese: – quello è una cima d’uomo13! Ho visto io più
d’uno ch’era più impicciato che un pulcin nella stoppa, e non sapeva dove
batter la testa, e, dopo essere stato un’ora a quattr’occhi col dottor Azzeccagar-
90 bugli (badate bene di non chiamarlo così!), l’ho visto, dico, ridersene. Pigliate
quei quattro capponi, poveretti! a cui dovevo tirare il collo, per il banchetto di
domenica, e portateglieli; perché non bisogna mai andar con le mani vote da
que’ signori. Raccontategli tutto l’accaduto; e vedrete che vi dirà, su due piedi,
di quelle cose che a noi non verrebbero in testa, a pensarci un anno.
Renzo abbracciò14 molto volentieri questo parere; Lucia l’approvò; e Agne-
se, superba d’averlo dato, levò, a una a una, le povere bestie dalla stia15, riunì
le loro otto gambe, come se facesse un mazzetto di fiori, le avvolse e le strinse
con uno spago, e le consegnò in mano a Renzo; il quale, date e ricevute parole
di speranza, uscì dalla parte dell’orto, per non esser veduto da’ ragazzi, che gli
100 correrebber16 dietro, gridando: lo sposo! lo sposo!

2° nucleo narrativo
Così, attraversando i campi o, come dicon colà, i luoghi, se n’andò per viot-
tole, fremendo, ripensando alla sua disgrazia, e ruminando il discorso da fare

9. risoluzione: determinazione, risolutezza. re la matassa; qui indica la soluzione di un


10. fede di stato libero: era il parroco (curato) problema.
che dichiarava che due persone potevano 13. una cima d’uomo: un uomo molto intelli-
sposarsi, in quanto libere da ogni altro vin- gente.
colo. 14. abbracciò: fece suo, condivise.
11. tristo … festiva: lo sconforto dei tre perso- 15. stia: gabbia per i polli.
naggi contrasta tristemente con l’eleganza 16. correrebber: sarebbero corsi; i bambini
dei loro abiti da festa (pompa festiva). non sanno ancora che il matrimonio non si
12. il bandolo: il capo che consente di srotola- farà.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 140 17/02/11 10:27


141

al dottor Azzeccagarbugli. Lascio poi pensare al lettore come dovessero stare


in viaggio quelle povere bestie, così legate e tenute per le zampe, a capo all’in
giù, nella mano d’un uomo il quale, agitato da tante passioni, accompagnava
col gesto i pensieri che gli passavan a tumulto per la mente. Ora stendeva il
braccio per collera, ora l’alzava per disperazione, ora lo dibatteva in aria, come
per minaccia, e, in tutti i modi, dava loro di fiere scosse17, e faceva balza-
110 re quelle quattro teste spenzolate; le quali intanto s’ingegnavano18 a beccarsi
l’una con l’altra, come accade troppo sovente tra compagni di sventura.
Giunto al borgo, domandò dell’abitazione del dottore; gli fu indicata, e
v’andò.

3° nucleo narrativo
All’entrare, si sentì preso da quella suggezione19 che i poverelli illetterati
provano in vicinanza d’un signore e d’un dotto, e dimenticò tutti i discorsi
che aveva preparati; ma diede un’occhiata ai capponi, e si rincorò.
Entrato in cucina, domandò alla serva se si poteva parlare al signor dot-
tore. Adocchiò essa le bestie, e, come avvezza20 a somiglianti doni, mise
120 loro le mani addosso, quantunque Renzo andasse tirando indietro, perché
voleva che il dottore vedesse e sapesse ch’egli portava qualche cosa. Capitò
appunto mentre la donna diceva: – date qui, e andate innanzi –. Renzo
fece un grande inchino: il dottore l’accolse umanamente, con un – venite,
figliuolo, – e lo fece entrar con sé nello studio. Era questo uno stanzone, su
tre pareti del quale eran distribuiti i ritratti de’ dodici Cesari21; la quarta,
coperta da un grande scaffale di libri vecchi e polverosi: nel mezzo, una ta-
vola gremita d’allegazioni, di suppliche, di libelli, di gride22, con tre o quat-
tro seggiole all’intorno, e da una parte un seggiolone a braccioli, con una
spalliera alta e quadrata, terminata agli angoli da due ornamenti di legno,
130 che s’alzavano a foggia di corna, coperta di vacchetta, con grosse borchie,
alcune delle quali, cadute da gran tempo, lasciavano in libertà gli angoli
della copertura, che s’accartocciava qua e là. Il dottore era in veste da came-
ra, cioè coperto d’una toga ormai consunta, che gli aveva servito, molt’anni
addietro, per perorare23, ne’ giorni d’apparato24, quando andava a Milano,
per qualche causa d’importanza. Chiuse l’uscio, e fece animo al giovine,
con queste parole: – figliuolo, ditemi il vostro caso.
A. Manzoni, I promessi sposi, Edizioni il capitello, Torino 2003

17. di fiere scosse: dava loro degli (di) scossoni, 21. dodici Cesari: i primi imperatori romani
li sbatacchiava; scosse è complemento og- da Cesare a Domiziano.
getto di «dava». 22. gremita … gride: piena di fogli con le prove
18. s’ingegnavano: cercavano, facevano di tut- della difesa (allegazioni), domande di gra-
to. zia (suppliche), citazioni giudiziarie (libelli),
19. suggezione: soggezione, senso di timore e bandi pubblici (gride).
di inferiorità. 23. perorare: fare un discorso a favore di qual-
20. avvezza: abituata; sia la serva sia Renzo cuno o di qualcosa.
sanno che sono proprio i capponi il mezzo 24. giorni d’apparato: giorni in cui c’erano
per essere ricevuti subito dal dottore. udienze o cause importanti, ed era quindi
necessario vestirsi in modo adeguato.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 141 17/02/11 10:27


142

r accogliamo le iDee

LA TRAmA storia. Lo vediamo quindi percorrere velocemen-


Nel terzo capitolo dei Promessi sposi, di cui le pa- te le strade di campagna, in preda a una gran-
gine riportate costituiscono la prima parte, sono de agitazione. I capponi che si beccano, mentre,
narrati i primi tentativi da parte di Renzo e Lucia legati a testa in giù, sono sbatacchiati qua e là,
di far valere i loro diritti di fronte al sopruso di inducono il narratore a riflettere sulla mancan-
cui sono vittime. za di solidarietà che spesso c’è tra compagni di
È possibile nella narrazione individuare diversi nu- sventura. È una brevissima pausa di riflessione
clei narrativi, determinati dallo spazio in cui si svol- che accompagna il cammino di Renzo.
ge l’azione e dalla presenza di personaggi diversi.
TERZO NUCLEO NARRATIVO
PRImO NUCLEO NARRATIVO Il terzo nucleo narrativo si svolge nello studio
Il primo nucleo narrativo si svolge nella casa di Lu- di Azzeccagarbugli e ha come personaggi Ren-
cia. La lunga sequenza dialogica serve a raccontare zo, l’avvocato e la serva. Quest’ultima è solo una
l’antefatto, e quindi la causa per cui il matrimonio comparsa, ma il gesto sbrigativo con cui toglie i
non è stato celebrato; è dalle parole di Lucia che capponi dalle mani di Renzo serve a far capire
sia Renzo e Agnese sia il lettore vengono a sapere che quella è una forma di pagamento piuttosto
dell’incontro con don Rodrigo e della sua scommes- usuale e gradita.
sa con il cugino. Dal dialogo e dai gesti emergono La sequenza descrittiva dello studio di Azzecca-
anche i caratteri e gli stati d’animo dei tre personag- garbugli sembra dare un tono di solennità all’in-
gi. Lucia mostra una grande timidezza ma anche contro e costituisce un momento di attesa prima
una volontà ferma, guidata da forti princìpi morali. che il personaggio entri realmente in scena; ma lo
Non è un caso che il suo racconto dell’accaduto sia studio dell’avvocato, con il suo disordine e il suo
riassunto dal narratore, come se questi si rendesse senso di abbandono, rivela che Azzeccagarbugli
conto dell’imbarazzo della giovane nel raccontare non è un avvocato famoso e in qualche modo anti-
quanto le era capitato e volesse filtrarlo attraverso cipa al lettore l’esito negativo della visita di Renzo.
le proprie parole. Renzo si rivela più impulsivo: ha
consapevolezza sia del torto subito sia della difficol-
tà di opporsi a chi detiene il potere; vorrebbe ricor-
rere alle maniere forti – stringe con forza il manico
del coltello – ma accetta subito il parere di Agnese.
Quest’ultima svolge il ruolo della persona adulta,
che con buon senso pensa a fare qualcosa di con-
creto; ma il suo consiglio appare subito piuttosto in-
genuo: già il nome e la descrizione fisica dell’uomo
suggeriscono al lettore che Azzeccagarbugli non
sia proprio quella «cima» d’uomo che ella crede. La
scelta di narrare l’episodio attraverso sequenze dia-
logiche, costituite da rapidi scambi di battute, con-
sente di ricostruire la concitazione e l’affanno in cui
si trovano i personaggi e fa sì che il lettore partecipi
direttamente all’azione.

SECONDO NUCLEO NARRATIVO


Il secondo nucleo narrativo ha come unico perso-
naggio Renzo. È a lui, in quanto uomo, che viene
affidato il compito di entrare in relazione con il Francesco Gonin, Lucia Mondella, 1840, incisione per la prima
mondo esterno, qui come in altre situazioni della edizione dei Promessi sposi.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 142 17/02/11 10:27


143

P. D. James
COLLOQUIO DI LAVORO
Morte sul fiume, 1994  Lingua originale inglese
Phyllis Dorothy James White – conosciuta come P. D. James – è una famosa scrittrice
inglese di romanzi gialli.
Il romanzo Morte sul fiume è ambientato a Innocent House, un palazzo in stile veneziano
sulle rive del Tamigi, sede della Peverell Press, una prestigiosa casa editrice. Quando
Mandy Price si presenta per un lavoro come dattilografa, la sua attenzione è attratta
dalla straordinaria architettura e dalla raffinatezza dell’ambiente. Ancora non sa che
sarà proprio quello lo scenario di una serie di morti misteriose.
L’episodio, che si svolge tutto all’interno del palazzo, si può suddividere in diversi nuclei
narrativi, nei quali sono presenti tutti i tipi di sequenze.

Sulla porta esterna c’era una targa: PEVERELL PRESS - AVANTI.


Mandy aprì, attraversò un ingresso a grandi vetrate ed entrò nella sala á La presentazione del
d’aspetto. A sinistra, seduto a un bancone semicircolare davanti alla ta- luogo e dei personaggi
viene fatta attraverso
stiera del centralino, c’era un impiegato con i capelli grigi e un’espressione gli occhi di Mandy.
gentile che la salutò sorridendo prima di controllare se ci fosse il suo nome
in un elenco. Mandy gli diede il casco, lui lo prese, nelle sue mani picco-
le, macchiate dall’età, come se gli venisse affidata una bomba e per un
momento parve chiedersi che cosa farne, infine decise di lasciarlo sulla
scrivania.
10 Avvertì per telefono che era arrivata e poi disse: «Ora verrà la signorina
Blackett, che l’accompagnerà dalla signorina Étienne. Vuole sedersi?».
Mandy si mise a sedere, non s’interessò ai tre quotidiani, alle riviste
letterarie, ai cataloghi disposti ordinatamente a ventaglio su un tavoli-
no basso, ma si guardò intorno. Un tempo la stanza doveva essere stata
molto bella: il camino di marmo sopra il quale era appeso un quadro a
olio con una veduta del Canal Grande, il soffitto decorato con stucchi
delicati, la fascia di legno intarsiato che correva tutt’intorno alle pareti
contrastavano in modo assurdo con la linea moderna del bancone, con le
poltrone comode ma di tipo economico, con il grosso albo dei visitatori
20 di finta pelle, con l’ascensore chiuso in una gabbia di ferro a destra del ca-
mino. Sulle pareti dipinte di verde carico, era appesa una fila di fotografie
color seppia1. Mandy pensò che dovevano rappresentare i Peverell delle
precedenti generazioni e stava alzandosi per andare a guardarli da vicino
quando comparve una donna robusta, non bella, che, presumibilmente,
era la signorina Blackett, incaricata di farle da guida. Salutò Mandy senza
sorridere, lanciò un’occhiata sorpresa e quasi impaurita al suo cappello2

1. color seppia: colore di tonalità grigio-bruna 2. cappello: Mandy ama vestirsi in modo ec-
che caratterizza le vecchie fotografie; è una centrico e crea da sé i cappelli che indossa;
sfumatura che può anche essere ottenuta ar- arrivata in motorino si era tolta il casco e
tificialmente. aveva messo una delle sue creazioni.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 143 17/02/11 10:27


144

e, senza presentarsi, la invitò a seguirla. Mandy non diede importanza a


quell’assenza di cordialità. Era normale che all’assistente dell’amministra- á Il narratore esterno
tore delegato3 premesse mostrare la propria posizione. Non era la prima riporta i pensieri di
Mandy attraverso il
30 volta che le capitava. discorso indiretto libero.
L’atrio le parve di una bellezza da togliere il respiro. Vide un pavimento
di marmo a intarsi di diversi colori dal quale sei colonne con elaborati,
preziosi capitelli si innalzavano verso uno straordinario soffitto dipinto.
Senza badare alla palese4 impazienza della signorina Blackett che la ve-
deva attardarsi sul primo gradino della scala, Mandy lentamente e quasi
inconsapevolmente si voltò e guardò in su mentre la grande volta colorata
ruotava insieme a lei; palazzi, torri con stendardi fluttuanti, chiese, case,
ponti, la curva del fiume adorno delle vele di navi dagli alti alberi, cheru-
bini che sporgevano le labbra per soffiare prospere brezze sospese nell’aria
40 come piccoli sbuffi di vapore usciti dal bollitore del tè. Mandy aveva lavo-
rato in vari uffici, molto diversi tra loro, dai grattacieli di cristallo arredati
con cuoio e tubi cromati e provvisti degli ultimi prodigi dell’elettronica,
a stanzette grandi come un armadio con un tavolo di legno e una vec-
chia macchina per scrivere e aveva imparato molto presto che gli uffici
costituivano un’indicazione inaffidabile per stabilire il livello finanziario
di un’azienda. Mai, però, aveva visto un palazzo di uffici come Innocent
House.
Salirono le scale in silenzio. L’ufficio della signorina Étienne era al pri-
mo piano. Un tempo era stato, palesemente, una biblioteca, poi l’ultimo
50 tratto era stato diviso per creare un piccolo ufficio. Una ragazza col viso
serio, così magra da sembrare anoressica, era seduta davanti alla tastiera
di un computer e diede a Mandy solo una rapida occhiata. La signorina
Blackett aprì la porta di comunicazione e annunciò: «Ecco Mandy Price,
signorina Claudia, è stata mandata dall’agenzia» poi se ne andò.
A Mandy sembrò che la stanza diventasse sempre più grande, dopo il
minuscolo ufficio esterno, mentre attraversava un ampio tratto di pavi-
mento di legno per avvicinarsi alla scrivania, a destra della finestra. Una
donna alta e bruna si alzò per riceverla, le strinse la mano e la invitò a
sedersi di fronte a lei.
60 «Ha il suo curriculum vitae5?» chiese.
«Sì, signorina Étienne».
Non le era mai stato chiesto un curriculum vitae, ma la signora Crealey6
non si era sbagliata, evidentemente alla Peverell se lo aspettavano. Mandy
si chinò a prendere da terra la sua grossa borsa vistosamente ricamata e

3. amministratore delegato: un componente del relative agli studi compiuti, ai posti di lavoro
consiglio di amministrazione di una società. occupati, alle mansioni svolte; viene richiesto
4. palese: evidente. dal datore di lavoro per conoscere e valutare
5. curriculum vitae: espressione latina che si- una persona prima di assumerla.
gnifica letteralmente «carriera della vita»; in 6. signora Crealey: la proprietaria dell’agenzia di
italiano può essere anche definito «curricolo». collocamento che procura a Mandy lavori tem-
Indica una serie di informazioni dettagliate poranei come dattilografa.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 144 17/02/11 10:27


145

ornata di nappine7, un trofeo dell’ultima vacanza estiva a Creta, e porse


alla signorina Étienne tre fogli accuratamente dattiloscritti. Lei li osservò
attentamente e Mandy, attentamente, osservò lei.
Non era molto giovane, concluse, certo aveva più di trent’anni. Aveva
l’ossatura del viso evidente sotto la pelle chiara, delicata, gli occhi infos-
70 sati, con le iridi scure, quasi nere, le palpebre pesanti, le sopracciglia depi-
late, ad arco. I capelli erano corti, lucidi di spazzola, con la scriminatura8
a sinistra e le ciocche più lunghe ben ravviate dietro l’orecchio destro. Le
mani, posate sui fogli del curriculum, non avevano anelli, le dita erano
lunghe e sottili, le unghie senza smalto.
Senza alzare gli occhi, chiese: «Lei si chiama Mandy o Amanda Price?».
«Mandy, signorina Étienne». In circostanze diverse, Mandy le avrebbe
fatto osservare che se si fosse chiamata Amanda sarebbe stato scritto nel
curriculum.
«Ha avuto altre esperienze di lavoro in una casa editrice?».
80 «Solo tre negli ultimi due anni. Ho elencato i nomi delle aziende per cui
ho lavorato a pagina tre del mio curriculum».
La signorina Étienne lesse l’elenco, poi alzò gli occhi, brillanti, luminosi
sotto le sopracciglia arcuate e osservò Mandy con un interesse assai mag-
giore di quello mostrato in precedenza.
«A quanto pare lei era molto brava a scuola, – aggiunse, – ma da allora
ha collezionato una quantità di impieghi diversi, nessuno dei quali è du-
rato più di qualche settimana».
In tre anni di lavoro a giornata Mandy aveva imparato a riconoscere
e aggirare la maggior parte delle macchinazioni maschili9, ma si sentiva
90 meno sicura quando veniva chiamata in causa direttamente la sua con-
dotta. L’istinto, puntuto come lo strumento di un dentista, le disse che la
signorina Étienne andava trattata con riguardo. Pensò, allora tu non sai
neanche cos’è il lavoro a giornata, vecchia scema: oggi qua, domani là. Ma
ciò che disse fu: «Ho scelto di lavorare a giornata, per brevi periodi, allo
scopo di raccogliere il maggior numero di esperienze possibile prima di
cercare un impiego fisso. A quel punto non mi muoverò più e cercherò di
fare una buona carriera».
Mandy era stata tutt’altro che sincera. Non aveva la minima intenzione
di cercare un impiego fisso. Il lavoro a giornata, libero dai contratti e dai
100 regolamenti, vario, senza vincoli, così che anche nel peggiore dei casi si
poteva pensare che tutto sarebbe finito entro il venerdì successivo, era
proprio adatto a lei. I suoi progetti per l’avvenire, però, erano altri. Stava
già risparmiando per il giorno in cui, con la sua amica Naomi, si sarebbe
presa la soddisfazione di aprire un negozietto di successo in Portobello
Road10. Naomi avrebbe creato i suoi gioielli, lei avrebbe disegnato e cucito

7. nappine: ciuffetti di fili di lana o seta; sono 9. macchinazioni maschili: tentativi da parte
usate come decorazioni. degli uomini di conquistarla o di raggirarla.
8. scriminatura: divisione nei capelli fatta con il 10. Portobello Road: famosa via di Londra, dove
pettine; riga. si trovano negozi di antiquariato e di moda.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 145 17/02/11 10:27


146

i suoi cappellini e tutt’e due sarebbero diventate in breve tempo ricche e


famose.
La signorina Étienne diede ancora un’occhiata al curriculum, poi disse,
con voce asciutta: «Se lei aspira a trovare un impiego fisso e a fare una
110 buona carriera, bisogna dire che, per la sua generazione, rappresenta un
caso unico». Restituì a Mandy il curriculum con un gesto rapido, impa-
ziente, si alzò e disse: «Bene, farà un test e vedremo se è davvero così brava.
La signorina Blackett ha un altro computer, a pianterreno. Lei lavorerà in
quell’ufficio, quindi tanto vale che faccia lì anche il test. Il signor Daunt-
sey, il nostro redattore11 per la poesia, ha una cassetta da trascrivere. È
nell’archivio piccolo. Andiamo a prenderla insieme, – aggiunse, – così lei
si farà un’idea della pianta del palazzo».
«Si tratta di poesia?» chiese Mandy. Poteva essere molto complicato tra-
scrivere dei versi da una cassetta, perché, lo sapeva per esperienza, nella
120 poesia moderna i versi spesso non si capisce dove cominciano e dove fi-
niscono.
«No, non si tratta di poesia. Il signor Dauntsey sta stendendo una rela-
zione in base a un esame dell’archivio, specificando quali schedari vanno
tenuti e quali distrutti. La Peverell Press ha iniziato la sua attività di casa á Le informazioni sulla
editrice nel 1792. C’è del materiale interessante nei vecchi schedari che casa editrice sono date
attraverso le parole
dovrebbe essere catalogato correttamente». dei personaggi.
Mandy scese con la signorina étienne l’ampia curva della scala, attra-
versò l’atrio e tornò nella sala d’aspetto. A quanto pareva dovevano usare
l’ascensore, che partiva solo dal pianterreno. Non era proprio, pensò, il
130 modo migliore per farsi un’idea della pianta del palazzo, ma la proposta
era stata comunque positiva perché significava che le avrebbero dato il
lavoro, se lo voleva. E dopo quel primo sguardo sul Tamigi, Mandy sapeva á Prima di entrare nel
di volerlo. palazzo, Mandy si era
soffermata a osservare
L’ascensore era piccolo, un quadrato di poco più che un metro e mezzo il Tamigi che lambiva
di lato e mentre salivano, in un gemito di corde, Mandy era acutamente i gradini.
consapevole della vicinanza di quella figura alta e silenziosa il cui braccio
quasi sfiorava il suo. Teneva gli occhi fissi davanti a sé, ma sentiva che la si-
gnorina Étienne si era profumata con una essenza vagamente esotica, così
leggera che forse si trattava solo di una raffinata e costosa saponetta. Tutto
140 sulla sua persona pareva a Mandy raffinato e costoso, l’opaco splendore
della camicetta che non poteva essere altro che di seta, la collana d’oro a
due giri, gli orecchini d’oro a bottoncino, il cardigan12 che le cadeva dalle
spalle con la leggera morbidezza del cachemire. Ma quella vicinanza fisica
e la propria sensibilità acuita, stimolata dalla novità e dall’emozione che
Innocent House aveva suscitato in lei, le dicevano, in più, che la signori-
na Étienne non era a suo agio. Era lei, Mandy, che avrebbe dovuto essere

11. redattore: in una casa editrice, chi si occupa il cachemire è una lana morbida e pregia-
delle varie fasi della lavorazione di un libro. ta, ottenuta da una varietà di capre del
12. cardigan: giacca morbida di maglia di lana; Kashmir, una regione nel Nord dell’India.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 146 17/02/11 10:27


147

nervosa. Invece aveva la sensazione che in quell’ascensore da claustrofo-


bia13 che saliva a strattoni con lentezza esasperante, l’aria avesse fremiti di
inquietudine.
150 Si fermarono con un sobbalzo e la signorina Étienne aprì, facendolo
scorrere, lo sportello a doppia griglia. Mandy si trovò in un piccolo corri-
doio con una porta di fronte e una di lato. La porta di fronte era aperta su
una grande stanza ingombra, dal pavimento al soffitto, di ripiani di ferro
dov’erano pressati raccoglitori e fasci di fogli. Le scaffalature occupavano
tutto lo spazio disponibile dalle finestre alla porta e lasciavano a stento la
possibilità di passarvi in mezzo. Nell’aria c’era un odore di vecchi fogli,
di muffa e di chiuso. Mandy s’infilò dietro la signorina Étienne tra la fine
degli scaffali e la parete di fondo dove c’era un’altra porta più piccola, sta-
volta chiusa.
160 La signorina Étienne si fermò un momento. «È qui che il signor Daunt-
sey lavora all’archivio14 . Di solito chiamiamo questa stanza l’archivio pic-
colo. Mi ha detto che avrebbe lasciato la cassetta sul tavolo».
A Mandy parve che quella spiegazione fosse inutile e anche un po’ stra-
na e che la signorina avesse esitato per un attimo, con la mano sul pomolo
della porta, per spalancarla poi con forza, bruscamente, come se si fosse
aspettata di incontrare un ostacolo.
Il fetore15 rotolò fuori e le investì come una colonna di vapori infausti16,
un riconoscibile puzzo di vomito, non forte ma così inatteso che Man-
dy arretrò di colpo. Al disopra della spalla della signorina Étienne il suo á La descrizione della
sguardo colse in un lampo la visione di una stanzetta con un pavimento stanza viene fatta
170
attraverso gli occhi
nudo, un tavolo quadrato a destra della porta e una finestra alta e stretta a di Mandy.
saliscendi17. Sotto la finestra c’era un divano letto sul quale stava sdraiata,
in una posizione strana, una donna.
Non c’era bisogno di un odore particolare per avvertire Mandy che
davanti ai suoi occhi c’era la morte. Non gridò; non aveva mai gridato
per uno spavento o per una forte emozione, ma una gigantesca morsa di
ghiaccio le afferrò e le strinse il cuore e lo stomaco facendola rabbrividire
violentemente, come un bambino estratto da un mare gelato. Non dissero
niente, né lei né la signorina Étienne, ma lei le si mise dietro, vicinissima,
180 e a piccoli passi quasi impercettibili si avvicinarono al divano.
La donna era distesa su una coperta scozzese ma ne aveva tolto di
sotto il cuscino per appoggiarvi la testa come se avesse avuto bisogno di
stare un po’ più comoda negli ultimi istanti di vita. Vicino al divano, su
una sedia, c’era una bottiglia di vino vuota, un bicchiere sporco e un gros-
so flacone con il tappo a vite. Ai piedi del divano letto, un paio di scar-
pe marroni con le stringhe, messe ordinatamente una accanto all’altra.

13. claustrofobia: paura degli spazi chiusi. 16. infausti: legati a un evento triste, doloro-
14. archivio: luogo in cui vengono ordinati e so.
tenuti documenti e materiali che devono 17. a saliscendi: tipo di finestra molto usa-
essere conservati di un’azienda, un uffi- to in Inghilterra, che si apre e si chiude
cio, un museo, ecc. facendo scorrere i due battenti uno sopra
15. fetore: odore forte e ripugnante. l’altro dal basso in alto e viceversa.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 147 17/02/11 10:27


148

Forse, pensò Mandy, la donna se le era tolte per non sporcare la coperta.
Ma la coperta si era sporcata lo stesso e anche il cuscino. C’era una traccia
di vomito come la bava di una enorme lumaca che stava incollata alla sua
190 guancia sinistra e in parte era scesa a formare una crosta sul cuscino. Gli
occhi erano socchiusi, con le iridi rivolte verso l’alto, i capelli grigi, con la
frangia, erano appena scomposti. Indossava una maglia marrone a collo
alto e una gonna di tweed18 dalla quale sbucavano le gambe ossute, stra-
namente sbilenche e rigide. Il braccio sinistro sporgeva dal divano letto
fin quasi a toccare la sedia, quello destro le stava ripiegato sul petto. Si
sarebbe detto che la mano destra, prima della morte, avesse tormentato la
lana sottile della maglia e l’avesse sollevata fino a rivelare pochi centimetri
di una sottoveste bianca. Vicino al flacone delle pillole, vuoto, c’era una
busta quadrata con un indirizzo scritto a mano in inchiostro nero.
200 Mandy, in un rispettoso bisbiglio, come se fosse in chiesa, domandò:
«Chi è?». La voce della signorina Étienne era calma. «Sonia Clements. Una
delle nostre redattrici, era con noi da molto tempo». «Dovevo lavorare con
lei?».
Mandy si rese conto, appena l’ebbe pronunciata, di quanto fosse inop-
portuna la sua domanda, ma la signorina Étienne le rispose: «All’inizio,
ma non per molto. Doveva andarsene alla fine del mese».
Prese la lettera e parve soppesarla19 tra le mani. Vuole aprirla, pensò
Mandy, ma non davanti a me. Dopo pochi secondi la signorina Étienne
disse: «È indirizzata al coroner20. Anche senza la lettera si può capire che
210 cos’è successo qui. Mi dispiace che lei abbia avuto questa brutta esperien-
za, signorina Price. È stato un gesto compiuto senza riguardo per gli altri.
Chi si suicida dovrebbe farlo a casa propria».
Mandy pensò alla sua casetta a schiera di Stratford East, con la cucina á La casa di Mandy
e il bagno in comune, alla sua piccola stanza sul retro in uno spazio dove viene presentata
in una sequenza
sarebbe stato impossibile isolarsi a inghiottire una manciata di pillole, per riflessiva.
non parlare di morire dopo averle prese. Si costrinse a guardare di nuovo
il viso della donna. Sentì un bisogno improvviso di chiuderle gli occhi,
di accostarle le labbra leggermente aperte. Era così la morte, o piuttosto
era così prima che intervenissero quelli delle pompe funebri21. Mandy
220 aveva visto solo un’altra persona morta, sua nonna. Era bene avvolta nel
sudario22 , con una trina al collo, sistemata nella bara come una bambola
in una scatola da regalo, stranamente rimpicciolita e con un’espressione
più serena di quanto non avesse mai avuto in vita; gli occhi, prima bril-
lanti e irrequieti, chiusi, le mani, sempre affaccendate, finalmente calme,

18. tweed: tessuto di lana piuttosto pesante, accertare l’identità della vittima e le circo-
lavorato a due colori. stanze della morte.
19. soppesarla: tenerla in mano valutando- 21. pompe funebri: imprese che si occupano
ne il peso; in questo caso non si tratta del di organizzare i funerali.
peso materiale, ma del valore che potreb- 22. sudario: panno di lino bianco con cui vie-
bero avere le parole scritte dalla donna. ne coperto o avvolto il corpo del defunto;
20. coroner: in Gran Bretagna ufficiale giudi- nell’antica Roma copriva solo il volto. La
ziario, in genere un avvocato o un medico, trina è un merletto.
che indaga sui casi di morte violenta, per

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 148 17/02/11 10:27


149

intrecciate. A un tratto il dolore la travolse in un torrente di pietà, forse


era l’emozione violenta che si liberava in ritardo, forse il ricordo improv-
visamente vivo della nonna che aveva amato. Sentì le lacrime bruciarle
gli occhi e non capì se erano per la nonna o per quella sconosciuta distesa
là in una posa tanto indifesa e sgraziata. Mandy piangeva di rado, ma
230 quando piangeva non riusciva più a fermarsi. Terrorizzata al pensiero di
potersi screditare davanti alla signorina Étienne, si sforzò di controllarsi
e, mentre si guardava attorno, gli occhi le si posarono su un oggetto noto,
innocuo, con il quale poteva misurarsi e che le dava la certezza che, fuori
da quella cella della morte, la vita di tutti i giorni continuava. Sul tavolo
c’era un piccolo dittafono23.
Mandy si avvicinò e lo chiuse tra le mani come se fosse un’icona24 . «È
qui la cassetta? – chiese. – È un elenco? Lo devo anche stampare?».
La signorina Étienne la guardò per un attimo in silenzio, poi disse: «Sì,
ne faccia due copie. Può usare il computer che è nell’ufficio della signorina
240 Blackett».
In quel momento Mandy capì di avere ottenuto l’impiego.
P. D. James, Morte sul fiume, trad. L. Crepax, Mondadori, Milano 1997

23. dittafono: registratore usato negli uffici per 24. icona: immagine sacra, tipica dell’arte bi-
dettare la corrispondenza, che poi una se- zantina.
gretaria deve trascrivere.

Samuel Burton, Veduta di Westminster, 2009.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 149 17/02/11 10:27


150

l aVor are Sul teSto

Analizzare e comprendere
1. Completa la seguente scaletta narrativa indicando dove e quando si svolgono i fatti; quali personaggi
compaiono e quali sono le loro azioni nel corso dell’episodio.

tempo luoghi personaggi fatti


1 Circa le 10 sala d’aspetto Mandy osserva il luogo in cui si trova
un impiegato
2 le scale Mandy
la signorina Blackett

2. Individua quali sono i nuclei narrativi in cui è suddivisibile il brano e costruisci una tabella. Tieni
presenti i luoghi in cui si svolge l’azione e i personaggi che compaiono.
3. Individua quali tipi di sequenze sono utilizzate in ciascun nucleo narrativo.
4. La scrittrice fa un uso molto frequente delle descrizioni. Sono descrizioni oggettive o soggettive?
• Quale funzione hanno?
5. Nell’episodio emergono i personaggi di Mandy e della signorina étienne. Individua per ciascuna i
tratti che ne costituiscono il carattere.

Riflettere
6. In quale epoca si svolge la storia?
• Da quali elementi del testo puoi dedurlo?
7. Innocent House e i dipendenti della Peverell Press sono descritti attraverso gli occhi e i pensieri di
Mandy. Quale immagine del suo futuro posto di lavoro costruisce man mano Mandy nella propria
mente?
8. Tutto l’episodio è un lento avvicinamento, nel tempo e nello spazio, alla conferma dell’assunzione di
Mandy e alla scoperta del cadavere. In che modo l’autrice costruisce questo ritmo lento?
9. Sia l’assunzione di Mandy che la scoperta del cadavere costituiscono per motivi differenti un colpo
di scena nell’andamento della narrazione. Sai spiegare perché?

Scrivere
10. Come avrebbe raccontato Mandy la sua prima mattina alla Peverell Press? Scrivi una pagina del suo
diario.

© EDIZIONI il capitello

NARRATIVA sez2 4bozza p.88-185.indd 150 17/02/11 10:27

Potrebbero piacerti anche