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Olga Rozanova,
La scrivania,
particolare, 1916.
RIASSUMERE
© EDIZIONI il capitello
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Jim Hawkins è poco più che un ragazzo. La sua vita sembra già se-
gnata verso un monotono destino: mandare avanti la locanda di famiglia.
All’improvviso, però, si affaccia sulla porta la figura niente affatto rassi-
curante di un marinaio ubriacone e attaccabrighe. Sembrava un brutto
incontro, è invece l’inizio di una straordinaria avventura.
R. L. Stevenson, L’isola del tesoro, De Agostini ragazzi, Novara 1996
La quarta di copertina di
una delle tante edizioni
del romanzo di Stevenson,
L’isola del tesoro.
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r accogliamo le iDee
I tre testi appaiono subito diversi: molto più lun- LA QUARTA DI COPERTINA
go il primo, poche righe gli altri due. La diversità Le due quarte di copertina sono a loro vol-
vera però non sta nella lunghezza, ma nel fatto ta molto diverse tra loro. La prima presenta
che mentre il primo propone tutta la trama e il protagonista e riassume rapidamente l’ini-
tutti i personaggi fondamentali, gli altri ne dan- zio della trama, che prospetta ricca di colpi di
no solo alcuni cenni. scena (straordinaria avventura). La seconda,
pur essendo più breve, è più completa: mette a
fuoco gli elementi fondamentali del romanzo,
la mappa e il tesoro, e fa intuire il rapporto tra
Jim e Long John Silver, che è uno degli aspetti
più importanti del romanzo. Riproduce quindi,
attraverso un’accurata scelta lessicale, l’atmo-
sfera del romanzo, fatta di suspense (misterioso,
enigmatico) e di avventura (tesoro nascosto, la
più grande avventura, un errore molto, molto
grosso…).
Le quarte di copertina sono dei riassunti par-
ziali, che in poche parole devono dare un’idea
precisa e accattivante della storia narrata.
IL RIASSUNTO
Il riassunto inizia indicando l’epoca, il luogo
dove comincia l’azione e il protagonista (24 pa-
role); parla quindi del ritrovamento della mappa
(57 parole). Prosegue con la presentazione di Sil-
ver, che svolge un ruolo fondamentale nella sto-
ria, e con la narrazione delle avventure sull’isola
(108 parole). Particolarmente estesa è la conclu-
sione (72 parole), con la quale l’autore informa
sul destino dei due protagonisti.
Il riassunto dedica uno spazio più ampio alla
parte centrale del romanzo, cioè quella in cui si
narra come Jim e i suoi compagni riescano a im-
possessarsi del tesoro. È un riassunto completo,
simile a quello che viene richiesto allo studente,
nel quale sono date anche informazioni precise
sui personaggi e sui luoghi. La maggiore o mi-
nore ricchezza di informazioni in questo tipo di
riassunto, il cui scopo è informativo, dipende
dallo spazio a disposizione, ma importante è che
il lettore sia in grado di capire la storia anche N. C. Wyeth, Il capitano Billy Bones, 1911,
senza conoscere il romanzo. illustrazione per L’isola del tesoro di Stevenson.
In ato, antica mappa dell’isola del tesoro.
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come riassumere
Q uando si riassumono racconti, romanzi, ma anche film, occorre tenere presenti alcuni ele-
menti specifici del testo narrativo letterario, come la presenza di descrizioni e del discorso
diretto o la funzione che ha la voce del narratore, che a volte può coincidere con quella del prota-
gonista, o essere una voce esterna alla storia.
Come si è visto, lo scopo per cui si riassume un testo letterario determina in modo fondamentale
la scelta delle informazioni e il tono stesso del riassunto.
Per riassumere si può ricorrere a due diversi strumenti di lavoro:
A. la scaletta narrativa , che consiste nell’individuare i fatti fondamentali della storia; serve a rias-
sumere sia racconti brevi sia romanzi;
B. i nuclei narrativi consentono di individuare gli episodi più importanti di una storia, in base ai
quali viene costruito il riassunto; questo strumento serve soprattutto per riassumere racconti
brevi, costituiti da un numero limitato di nuclei, facilmente individuabili.
Incominciamo qui ad analizzare la scaletta narrativa.
a. la scaletta narrativa:
le fasi di lavoro
L e fasi di lavoro per riassumere un testo narrativo letterario utilizzando una scaletta narrativa
sono le seguenti:
1. lettura e comprensione
• leggere con attenzione il racconto o il romanzo
• individuare i protagonisti e i personaggi fondamentali
• individuare l’epoca e i luoghi in cui si svolge la storia
• comprendere la trama e il senso complessivo del racconto; se non sono chiari, non è possibile
individuare quali sono i fatti indispensabili a far proseguire la storia e quelli ai quali l’autore ha
attribuito un particolare significato.
tempo-luoghi fatti-personaggi
1
2
3
4
5
…
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5. controllo e correzione
• verificare che la lunghezza del riassunto corrisponda a quella richiesta. Per il conteggio delle
parole, nel computer è presente sotto la funzione Strumenti la voce Conteggio parole che, oltre
al numero delle parole, dà anche quello delle battute. Se si scrive a mano devono essere con-
tate tutte le parole, anche quelle costituite da una sola lettera; si contano come un’unica parola
quelle legate dall’apostrofo («l’acqua»: una parola; «Gionata e Davide»: tre parole; «sono andata
a Roma»: quattro parole)
g p. 43 • per controllare che non manchino informazioni, si può ricorrere alla regola delle cinque W, una rego-
la del giornalismo anglosassone, secondo la quale una buona cronaca dovrebbe sempre rispondere
alle cinque domande:
• verificare che il tempo verbale scelto per la narrazione rimanga costante nel testo e che a esso
siano riferiti gli altri tempi verbali; se ad esempio il tempo scelto per narrare è il passato remoto,
le azioni e i fatti che avvengono prima devono essere indicati con verbi al trapassato prossimo
o remoto.
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la sintesi lessicale
Per sintetizzare un testo, due sono le operazioni fondamentali: eliminare informazioni e operare
una sintesi lessicale. Questa non cancella informazioni, ma le formula con un minor numero di
parole lasciando inalterato il significato.
Le tecniche più comuni per fare una sintesi lessicale sono le seguenti:
19 parole 11 parole
Non siamo riusciti a finire il lavoro per- Non siamo riusciti a finire il lavoro per
ché ho sbagliato a portare i materiali w un mio errore.
che servivano per la riunione prelimi-
15 parole
nare.
Non siamo riusciti a finire il lavoro per-
ché ho sbagliato a portare i materiali
necessari.
u usare un’informazione più generale al posto di una serie di informazioni più dettagliate
25 parole
Nicola non era venuto con noi in mon- 9 parole
tagna perché i suoi anziani genitori sta- w Nicola non era venuto con noi per pro-
vano cambiando casa e pertanto aveva blemi familiari.
dovuto aiutarli a organizzare il trasloco.
u usare iperonimi, sostantivi cioè che indicano una categoria di oggetti o significati
16 parole
Era un giardino fatto di palme, agavi, 6 parole
gelsomini notturni, bromelie e persino w Era un giardino di piante tropicali.
un albero del pane.
u diminuire il numero degli aggettivi, lasciando solo quelli necessari al senso del discorso
9 parole
Nel giardino c’erano fiori rossi, gialli, 5 parole
azzurri, arancioni, bianchi. w Nel giardino c’erano fiori multicolori.
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Fare una sintesi lessicale non significa copiare dal testo delle parole o delle frasi qua e là : è que-
sta un’operazione che porta sempre a errori di rielaborazione, in quanto ogni informazione, ogni
parola hanno un senso nel contesto specifico nel quale sono inseriti. Una buona sintesi lessicale
nasce piuttosto da una buona comprensione del testo, che consente di ricorrere ad altre parole per
esprimere i medesimi significati.
Nell’esempio seguente è stata fatta una sintesi lessicale delle prime righe del racconto Oggi a me, do-
mani a te di Maria Messina, che puoi leggere a p. 132.
Il nuovo testo è circa un terzo rispetto all’originale. Sono evidenziate le informazioni principali che co-
stituiscono la base per la sintesi.
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M. Messina, Oggi a me, domani a te, in Piccoli gorghi, Sellerio, Palermo 1988
M. Messina, Oggi a me, domani a te, in Piccoli gorghi, Sellerio, Palermo 1988
u Articoli di giornale
iniziale nome + cognome autore, titolo articolo in corsivo, nome giornale/rivista tra virgolette,
data giornale
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Fra il quartiere dei neri della nostra fattoria e il vecchio pozzo correva-
no due solchi profondi lunghi circa mezzo miglio1, uno dei quali sotto i
piedi nudi degli indigeni si era trasformato con il tempo in un viottolo dal
fondo morbido e compatto. Il quartiere dei neri, fitto di capanne, era sorto
su quella collinetta circa vent’anni prima e la distesa d’erba alta e bionda
che lo separava dal pozzo denunciava una ventennale incuria2 .
Le donne indigene usavano sostare su quel viottolo con i loro bambini,
e le loro risate stridule e il loro cicaleccio davano a chi passava nei dintorni
l’impressione d’essere capitato in mezzo a uno stuolo di vivaci e pettegole
10 cocorite3. Sembrava che per loro andare ad attingere l’acqua fosse un im-
pegno mondano invece che una pesante incombenza4 . Una volta giunte al
pozzo si attardavano per ore intere a chiacchierare, divise in tanti piccoli
gruppi. Alcune tenevano le braccia sollevate e con rapide mosse piene di
grazia cercavano di mantenere in equilibrio i bidoni di benzina, lucenti o
arrugginiti, che reggevano sul capo sopra un cercine5 d’erba intrecciata.
Altre, in ginocchio, sbattevano i loro panni variopinti contro delle lastre
di pietra emerse milioni d’anni prima dalle viscere della terra. Là le indi-
gene lavavano e cullavano e redarguivano i loro bambini. Là sciacquavano
il loro vasellame. Là si lavavano e si pettinavano i capelli.
20 Chi fosse arrivato da quelle parti all’improvviso avrebbe udito degli
strilli acuti e intravisto fra i cespugli delle spalle e delle cosce morbide e
brune, e sarebbe stato guardato dalle donne come un intruso. Quello era
il loro pozzo. E quando quelle donne dalle gonne drappeggiate, i bracciali
scintillanti, i pettini di metallo, sostavano indolenti6 sull’erba fra i loro
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12. negro: la parola, allora, non aveva la conno- così da tenerli appaiati quando tirano
tazione negativa che oggi ne fa un insulto. l’aratro.
13. aggiogare: mettere il giogo, attrezzo in 14. bossboy: capo dei domestici indigeni nel-
legno che viene messo sul collo dei buoi le case coloniali.
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sul retro. Indossava dei pantaloni cachi15, sempre gli stessi, che gli scivo-
lavano lungo i fianchi snelli e ossuti; la pelle nera e lucente del suo torso
nudo mandava bagliori rossastri e la sua figura allampanata16 e gestico-
lante si stagliava17 contro le vampe degli ultimi raggi del sole. Quando
110 aveva finito di esporre i propri guai assumeva di colpo un’aria rassegnata
e falsamente contrita18.
«Quell’uomo è un gran commediante» diceva mio padre ridendo fino
alle lacrime. «Avrebbe potuto fare del teatro se fosse nato di un altro co-
lore».
Tuttavia non era un buffone. Assecondava il gusto di mio padre per la
farsa19 ma, a differenza di molti indigeni, non avrebbe mai fatto il pagliac-
cio per divertirci. E non era certo considerato un personaggio ridicolo dai
suoi compagni. Tutti invece temevano il caustico umorismo e la lingua
affilata che gli derivavano da uno spirito critico costantemente vigile, an-
120 che nei propri confronti. Quanto alle donne, lo trovavano affascinante.
Una volta lo vidi avanzare lungo una strada in mezzo ai campi con il suo
passo dinoccolato, la frusta che strisciava dietro di lui nella polvere, i pan-
taloni troppo larghi che gli si afflosciavano sulle caviglie, lo sguardo fisso
pensosamente davanti a sé, e salutare un gruppetto di donne, fra le quali
c’erano forse anche le sue mogli, con un breve e distratto cenno del capo.
Ma fu come se le avesse colpite con una frustata. Le donne infatti, offese
dalla sua indifferenza, si misero a strillare e a chiamarlo, con una nota di
reale furore nella voce, per costringerlo ad accorgersi di loro. Ma il Lungo
non si degnò neppure di voltare il capo.
130 Quando però il Lungo cominciò ad avere dei guai seri mio padre si
stancò presto di ascoltarlo. Ormai non lo divertiva più e del resto mio
padre non voleva essere coinvolto nelle beghe20 dei suoi dipendenti. Il
Lungo veniva tutte le sere, non più di tanto in tanto come aveva fatto fino
allora. Ed era molto preoccupato e amareggiato. Voleva che mio padre
convincesse la moglie più vecchia, la Strabica, a ritornarsene a casa dai
suoi. Quella donna lo stava facendo impazzire. Avere in casa una moglie
petulante21 e brontolona era come avere addosso una pulce; puoi grattarti
finché vuoi, ma la pulce ti morderà da un’altra parte e non ti darà pace
finché non l’avrai uccisa.
140 «Ma non puoi rimandarla indietro solo perché sei stufo di lei!».
Il Lungo replicò che non ne poteva più di quella vita. La vecchia non
faceva che lamentarsi, era sempre di malumore, e il cibo era diventato
immangiabile.
«Be’, fattelo cucinare dalle tue altre due mogli».
15. cachi: beige chiaro, color sabbia. 19. Assecondava … farsa: soddisfaceva il gu-
16. allampanata: molto magra. sto di mio padre per il comico; farsa è un
17. si stagliava: si delineava in modo eviden- tipo di commedia comica, molto vivace.
te contro il cielo del tramonto, rosso come 20. beghe: litigi, battibecchi.
vampe di fuoco. 21. petulante: noiosa e insistente.
18. contrita: pentita, dispiaciuta.
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Ma a quanto pareva la faccenda non era così semplice. Le due mogli più
giovani, che si detestavano, erano però d’accordo su una cosa: la vecchia
doveva rimanere con loro. Come avrebbero fatto senza di lei? Era lei che
accudiva i bambini, che zappava l’orto, che andava a raccogliere le erbe
150 aromatiche nel veld. E poi, brutta e goffa com’era, la sua sola vista le mette-
va di buon umore. Povera donna, la natura matrigna 22 l’aveva condannata
a essere l’eterno zimbello23 del prossimo, di tutti quelli più fortunati di lei.
a questo punto mio padre consultò un manualetto sugli usi e costumi
locali, dove trovò scritto chiaramente che la moglie più anziana aveva il
diritto di farsi servire da quelle più giovani, forse come compenso per es-
sere stata costretta a rinunciare ai favori del proprio marito e padrone. Ma
il Lungo e il suo ménage24 si rifiutarono di adeguarsi a questa benevola
usanza. E mio padre, non riuscendo a trovare la ricetta giusta (come chi
cerca invano il rimedio per i suoi malanni in un libro di medicina) comin-
160 ciò a seccarsi. dopo aver ascoltato per qualche settimana i suoi lamenti e
le sue recriminazioni25 disse al Lungo di piantarla e di arrangiarsi. Quella
sera il Lungo se ne andò infuriato, borbottando fra sé e masticando con
rabbia un filo d’erba, e lo vedemmo dirigersi a grandi passi verso la sua
capanna, dove lo attendevano le due giovani mogli vispe e garrule26 e la
vecchia brutta e bisbetica che gli aveva partorito un paio di figli, gli man-
dava avanti la casa e gli avvelenava la vita.
Qualche settimana più tardi mio padre chiese distrattamente al Lun-
go: «A proposito, Lungo, come ti vanno le cose? Tutto bene?».
«Sì, baas27» rispose tranquillo il Lungo. «La vecchia se n’è andata».
170 «Cosa vuol dire, se n’è andata?».
Il Lungo si strinse nelle spalle. Se n’era andata e basta. Era partita
all’improvviso, senza dir nulla a nessuno.
Ora, la donna proveniva dal Nyasaland28, che distava giorni e giorni
di duro cammino. Di certo non era andata via da sola. Era forse venuto a
prenderla un fratello, uno zio? Si era forse aggregata a qualche gruppo di
africani in transito, diretti al suo villaggio natale?
Mio padre meditò un po’ su questa strana faccenda, poi non ci pensò
più. Non erano affari suoi. Era semmai contento che il suo mandriano più
in gamba potesse finalmente lavorare con la mente sgombra da ogni pre-
180 occupazione. Ed era soprattutto soddisfatto che la faccenda si fosse risolta
prima delle annuali difficoltà per il rifornimento dell’acqua.
Devo spiegare a questo punto che i pozzi erano due. Quello nuovo, che
usavamo noi, forniva un’acqua limpida e fresca, gra gradevole
devole al palato, ma
ogni anno, in giugno, restava in secca. L’acqua del vecchio pozzo era gial-
lastra e sapeva vagamente di muffa, però ce n’era sempre in abbondanza.
22. natura matrigna: la natura non si era com- 24. ménage: andamento, organizzazione fami-
portata come una madre che vuole solo il liare.
bene per i propri figli, quanto piuttosto come 25. recriminazioni: lamentele.
una matrigna cattiva. 26. garrule: chiacchierone, allegre.
23. zimbello: oggetto di scherzo; lo zimbello è 27. baas: padrone; è una deformazione dell’in-
propriamente un uccello da richiamo usato glese boss.
dai cacciatori. 28. Nyasaland: territorio corrispondente all’odier-
no Malawi.
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Perciò per tre o quattro mesi all’anno, a seconda delle piogge, noi ci rifor-
nivamo al vecchio pozzo, come gli indigeni.
Ma il Lungo detestava dover trasportare l’acqua per tre miglia, sull’ap-
posito carretto, quattro volte la settimana. E alle donne non garbava29 af-
190 fatto di dover limitare le loro visite al pozzo per non essere d’intralcio ai
portatori. Perciò ogni volta c’erano proteste e lamentele.
Quell’anno però prima ancora che noi cominciassimo a ser vircene gli
indigeni vennero a lamentarsi perché l’acqua del vecchio pozzo aveva un
saporaccio. Il grande baas doveva farlo pulire.
Mio padre rispose che non c’era nessuna fretta e che lo avrebbe pulito
appena ne avesse trovato il tempo.
l’indomani le donne inviarono alla fattoria una loro delegazione. Una
mezza dozzina di indigene si raccolsero davanti alla porta sul retro e af af-
fermarono che se il pozzo non veniva pulito subito i loro bambini si sareb-
200 bero presi qualche malattia.
«Lo farò pulire la settimana prossima» rispose loro mio padre con ma-
lagrazia.
il mattino seguente il Lungo ci portò la prima scorta d’acqua attinta
al vecchio pozzo e appena svitammo i tappi delle botti la casa fu invasa
da un orribile fetore30. Quanto a berla, quell’acqua, non c’era neanche da
pensarci.
«Perché non rimettete mai il coperchio sul pozzo?», chiese mio padre
alle donne che erano tornate a protestare inviperite davanti alla porta sul
retro. Era davvero infuriato. «L’ultima volta che abbiamo pulito quel poz-
210 zo c’erano dentro quattordici topi morti e un serpente. Nel nostro non c’è
mai niente, perché ci ricordiamo di mettergli il coperchio».
Ma a quanto pareva le donne erano convinte che togliere e rimettere il
coperchio al pozzo spettasse semmai alla prov videnza31, e comunque non
certo a loro.
L’annuale pulizia del vecchio pozzo era diventata con il tempo una specie
di rito al quale non mancavamo mai di assistere. Come la sgranatura del
mais, o le prime piogge, segnava una svolta nel corso dell’anno. La fattoria
sembrava una città assediata che tema di restare senza provviste. Gli alberi
e l’erba parevano ormai privi di linfa; il sole, altissimo e sempre più lontano,
220 era nascosto da un velo di nebbia e di polvere; l’aria, divenuta tutt’a un trat-
to pesante, faceva avvizzire le foglie e il calore le disseccava. Vuotare quel
pozzo era un atto di fede e insieme una sfida. Per un intero pomeriggio
tutta la tenuta sarebbe rimasta senz’acqua. L’altro pozzo era completamente
asciutto. E questo veniva alimentato dal flusso incostante di un misterioso
fiume sotterraneo. Cosa sarebbe successo se quel fiume ci avesse traditi?
Ogni anno trascorrevamo la serata in ansia; e al mattino, quando il Lungo
si affacciava alla porta sul retro e annunciava raggiante che il secchio era
risalito colmo di buona acqua fresca, facevamo gran festa.
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Danzatori africani su un
batik, tessuto tinto con
una tecnica particolare.
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un eSempio Di riaSSunto
Il racconto è piuttosto lungo, 2847 parole, ma vita sociale delle donne, queste non ne avreb-
ha una trama molto semplice. La storia vera bero richiesto a gran voce la pulitura; così, se la
e propria viene narrata nella seconda parte, vecchia moglie non avesse avuto delle difficoltà
quando il protagonista inizia a lamentarsi con nell’attingere l’acqua, il Lungo non avrebbe po-
il suo datore di lavoro e chiede il suo aiuto. La tuto così facilmente fare l’ipotesi che fosse sci-
prima parte costituisce una lunga introduzio- volata e quindi caduta accidentalmente.
ne, in cui la descrizione delle abitudini delle
donne e dei due protagonisti serve a far com- Nella scaletta narrativa sono inseriti i fatti della
prendere l’andamento dei fatti. Se ad esempio il storia, e non sono state tralasciate alcune informa-
pozzo non avesse avuto tanta importanza nella zioni utili a comprendere ambiente e personaggi.
tempo-luoghi fatti-personaggi
1 una fattoria in Africa, prima il Lungo è il miglior mandriano della fattoria dove vive il narratore,
metà del Novecento è stimato da tutti, amato dalle donne
2 tutte le sere si lamenta con il padre del narratore delle liti fra le sue tre mogli
ed è convinto che le cose andrebbero meglio se la moglie più vecchia
se ne andasse
3 dopo diverse settimane il padrone cerca di dirimere la questione affidandosi alle convenzioni
locali, ma la sua soluzione non viene accettata
4 qualche settimana più tardi alla domanda su come vadano le cose il Lungo risponde
che la vecchia moglie non c’è più, se ne è andata
5 prima di giugno il secondo pozzo della fattoria risulta inservibile per la puzza
6 l’indomani le donne chiedono che il pozzo, dove sono solite incontrarsi,
venga pulito
7 il mattino seguente anche il narratore e la sua famiglia si accorgono che l’acqua
non può essere utilizzata
8 quel pomeriggio il pozzo viene pulito e viene rinvenuto un corpo umano
in decomposizione
9 lo stesso pomeriggio il Lungo riconosce nei resti la moglie ed esprime l’ipotesi
che la donna sia caduta accidentalmente
10 qualche tempo dopo il padre del narratore esprime i suoi dubbi sull’accaduto,
che rimane misterioso
La scaletta narrativa ricostruisce la trama come Il tempo verbale scelto è il passato remoto, sul
in uno schema di appunti; le informazioni nel- quale sono regolati gli altri tempi.
la fase di scrittura possono essere integrate con
ulteriori osservazioni relative ai personaggi, e Il riassunto che segue, proposto come esempio,
possono essere elaborate in modo più discorsivo. riduce il testo a 260 parole.
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Riassunto di
Doris Lessing, Una moglie scomoda, in Racconti africani
Il narratore interno rievoca un episodio della sua infanzia in Africa. Il Lungo era il capo mandriano di
colore nella tenuta dove viveva la famiglia del narratore. Era un uomo abile, stimato nel suo lavoro e
nella comunità in cui viveva. Il suo problema erano le tre mogli: le due più giovani detestavano la prima,
vecchia, brontolona e dal corpo sgraziato, la cui presenza era però per loro molto utile, perché la donna
faceva i lavori pesanti, come zappare l’orto e andare a prendere l’acqua al pozzo, anche se non adatti alla
sua età. In famiglia alla fine c’era sempre tensione e il Lungo avrebbe preferito che la vecchia moglie se ne
andasse, ma lei si rifiutava. L’uomo cercò allora l’aiuto del suo datore di lavoro per risolvere il problema,
ma non accettò la soluzione proposta, basata sulle leggi locali. Finché un giorno la donna sparì e il marito
disse che era tornata al suo villaggio. Tempo dopo le donne indigene si lamentarono che l’acqua del pozzo,
dove erano solite incontrarsi per lavarsi e a chiacchierare, era diventata sporca e maleodorante. Il pozzo, la
cui acqua era necessaria agli abitanti della fattoria, venne pulito, e, assieme ai resti putrefatti di topi e altre
bestie, vennero portati fuori pezzi di un corpo umano, che si rivelò essere quello della moglie scomoda. Il
Lungo ipotizzò che fosse caduta nel pozzo, perdendo l’equilibrio mentre prendeva l’acqua. La fine della
donna sembrò sospetta al proprietario della fattoria, che preferì non indagare oltre: il Lungo era un man-
driano troppo bravo e il suo lavoro era indispensabile.
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Maria Messina
OGGI A ME, DOMANI A TE
Piccoli gorghi, 1911
Il racconto di Maria Messina, una scrittrice del primo Novecento, ripropone un argo-
mento e un’ambientazione comuni: un uomo che viene abbandonato dalla fidanzata
per un altro più ricco, e un paese chiuso nei suoi pettegolezzi e nella sua piccola vita
quotidiana. Ma il comportamento di Ciano, il protagonista, ribalta ogni convenzione e
lascia stupiti i suoi compaesani e il lettore.
Il racconto è costruito in buona parte dai dialoghi che riprendono il chiacchiericcio del
paese e accompagnano la storia di Ciano.
Ciano aveva commesso1 le vesti a Catania e stabilito persino il giorno á Vengono introdotti
dello sposalizio quando una sera, mentre riponeva bischetto2 e lesine, si i personaggi: Ciano,
il protagonista; donna
vide venir la Leprina che, dopo un giro di parole e dopo tanti «bisogna Liboria ’Nciòcola,
considerare» e «solo il Papa non falla3», gli disse chiaro e tondo che la la promessa sposa;
’Nciòcola lo mandava a licenziare4 perché un forestiero ricco l’aveva ri- la Leprina, la donna
che ha fatto da
chiesta Santo e santissimo…! La Leprina, per fortuna sua, s’era tenuta intermediaria tra i due.
vicino l’uscio socchiuso, e, vedendo Ciano diventar paonazzo come un
tacchino, se la batté dicendo:
– Vossìa5 mi scusa!... Ma io c’entro come Ponzio Pilato nel credo! ...
10 Buon per lei che seppe svignarsela. Ciano, così infuriato, non avrebbe
certo tenuto le mani in tasca; le avrebbe lasciato il segno, a quella ruffia- á Il narratore riporta
na6 che aveva prima combinato il matrimonio e poi lo aveva scombinato i pensieri di Ciano
con il discorso indiretto
come si disfà una calza. Rimasto solo si sfogò a bestemmiare peggio d’un libero.
turco – fra i denti però, per non farsi dar del matto dai vicini ingiuriando
i nomi della Leprina e della ’Nciòcola le quali si eran servite di lui come di
uno zimbello7; fino a che si persuase che doveva pure andare a coricarsi.
Ma anche a letto non trovò pace e si dimenò tutta la notte, come avesse
avuto il mal di denti, rimuginando crudeli vendette, figurandosi con sel-
vaggia voluttà8 di andare a ammazzare, a squartare, quella femmina vena-
20 le9, di fare almeno uno scandalo… e chi sa quante altre cose s’immaginò
di dover fare in quella nottata che non finiva mai!
Invece, povero Ciano, si levò più presto del consueto mettendosi a lavo-
rare coll’uscio serrato; e lo tenne serrato tre giorni di seguito per la rabbia
e lo scorno10; e la prima mattina che uscì se n’andò a Cicè a veder la vigna, á Tutta la storia si svolge
nelle campagne attorno
a Catania.
1. aveva commesso: aveva commissionato, no, non c’entra niente con la preghiera che
ordinato. inizia con «Credo in Dio padre onnipoten-
2. bischetto: il tavolo da lavoro dei calzolai; la te…».
lesina è un attrezzo di ferro che serve per 6. ruffiana: la donna che faceva da interme-
bucare e cucire la pelle. diaria per combinare un matrimonio; il
3. non falla: non sbaglia. termine ha una connotazione negativa.
4. lo mandava a licenziare: lo congedava; gli 7. zimbello: oggetto di scherno, di derisione.
diceva che il loro matrimonio era sfumato. 8. voluttà: grande piacere.
5. Vossìa: vossignoria; la donna dice che lei 9. venale: che agisce mossa solo dal desiderio
non c’entra nulla con la decisione della di ricchezza.
’Nciòcola così come Ponzio Pilato, paga- 10. scorno: vergogna.
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per non imbattersi con gli amici. Già, al casino della «Società Operaia»11
si doveva risapere certamente ogni cosa, dopo tre giorni, e chi sa che risate
alle sue spalle! Poi andò a consegnare un par di stivali a don Pino, tutto
accigliato12 per non farsi domandare, ma non gli dissero niente, e mise
coraggio; tanto che la sera tornò al casino coi suoi passi piccini piccini,
30 il petto alto, e il berretto di sghembo per avere un’aria che paresse un po’
maffiosa13. Soltanto l’ebanista14 gli disse con un risolino malizioso:
– E donna Liboriedda… con un forestiero, eh?
– Eh! – rispose Ciano stringendosi nelle spalle, – son donne… Quando
vedon quattrini perdon la testa!
E nient’altro. Ma tese gli orecchi per tutta la serata, ché ci voleva poco
a diventar, Dio liberi, la favola del casino. Bastava tenersi una parola sola,
bastava far vedere che avesse paura delle beffe! E, per mostrar che non ne
aveva dav vero, tornò a bazzicare15 come prima il casino, e, per non farsi
sopraffare dall’ebanista che aveva fama d’essere spiritoso, av viava cenette,
40 contava barzellette e, davanti la porta, affilava la lingua burlando e spar-
lando tutti quelli che passavano. Così al casino stavan tutti allegri come
fosse Carnovale; ma lui rincasava con la bocca amara.
Quando la ’Nciòcola si maritò, egli scappò di nuovo a veder la vigna e
portò la prima moscadella16 al casino. E finalmente, a poco a poco, ogni
cosa tornò come prima, come se fra Ciano e donna Liboria non ci fosse
mai stato niente.
Una sera, mentre eran seduti a prendere il fresco sul marciapiede, si
sentì sonare una campana a morto, poi se ne sentì un’altra, poi un’altra
ancora. Per sonar tutte, era segno che se n’era andato un ricco. Il dorato-
50 re17, calcandosi il berretto sugli orecchi, s’alzò per andare a domandarne
al sacrestano della Matrice.
– È – disse tornando, con aria di mistero – quel forestiero di donna
Liboria ’Nciòcola.
Tutti guardaron Ciano.
– Ben le sta – disse l’ebanista.
– Meglio che non l’hai accoppata – disse il caffettiere strizzando l’oc-
chio a Ciano – chi sa che bei quattrini le avrà lasciato!
Al calzolaio venne un’idea tra quel sonare a morto che saliva come un
pianto su per l’aria tepida, un’idea che lo fece sorridere sotto i radi baffetti
60 biondastri; e la maturò tutta la notte e tutto il giorno appresso, curvo sul
bischetto, picchiando allegramente su uno stivale. Dopo una settimana
sola, che gli parve un secolo, cominciò a passeggiar di sera, a fin di lavoro,
11. casino della «Società Operaia»: circolo dove vorazione dell’ebano, un legno particolar-
gli uomini del paese si ritrovavano per chiac- mente pregiato.
chierare, fumare e giocare; le Società Opera- 15. bazzicare: frequentare.
ie erano, nei primi anni del Novecento, asso- 16. moscadella: uva moscatella, molto profu-
ciazioni di operai, per la tutela del lavoro. mata.
12. accigliato: serio, scuro in volto. 17. doratore: artigiano che applica un sottilis-
13. maffiosa: mafiosa, spavalda; la forma con simo strato d’oro su mobili o altri manu-
due effe non è più usata. fatti; la chiesa della Matrice è la cattedrale;
14. ebanista: falegname specializzato nella la- matrice in siciliano significa «madre».
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18. mosca cavallina: mosca parassita dei ca- 22. minchione: sciocco, ingenuo.
valli, caratterizzata dal volo molto rapido 23. ciarle: chiacchiere inutili.
e scattante. 24. scattati e vuciddati: dolci siciliani; gli
19. sottili: acuti, intelligenti. scattati sono dolci morbidi a base di man-
20. biascicava: balbettava, recitava in modo dorle, mentre i vuciddati sono dolcetti
incomprensibile. con un ripieno a base di fichi, cioccolato e
21. toscani: sigari prodotti in Italia. mandorle.
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Analizzare e comprendere
1. Dove si svolge la storia?
2. Chi sono i protagonisti?
• A quale classe sociale appartiene ciascuno?
• Definisci con due/tre aggettivi il carattere di ciascuno.
3. Perché donna Liboria non sposa più Ciano?
• Perché una volta vedova si decide a sposarlo?
• Perché Ciano la vuole sposare quando lei è diventata vedova?
4. Quale ruolo svolge nella storia la Leprina?
5. Individua i fatti principali della storia e costruisci una scaletta narrativa, inserendo le informazioni richieste.
tempo-luoghi fatti-personaggi
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Riflettere
6. Quali sono e come si evolvono i sentimenti di Ciano per donna Liboria?
• Quali sono e come si evolvono i sentimenti di donna Liboria per Ciano?
7. Quale rapporto c’è tra Ciano e gli uomini che frequentano il casino della «Società Operaia»?
8. Qual è il significato del titolo del racconto?
• Se potessi cambiare titolo, quale proporresti?
9. Che cosa pensi del comportamento di donna Liboria?
• Secondo te donna Liboria si è comportata correttamente con Ciano?
• Secondo te Ciano si è comportato correttamente con donna Liboria?
Scrivere
10. Rivedi la scaletta narrativa, tenendo eventualmente presenti le risposte alle domande 1, 2, 3, 6, 8;
riassumi il racconto in circa 25 righe (250/300 parole).
11. Scrivi un riassunto di circa 5/6 righe per una quarta di copertina.
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Individuare i nuclei narrativi aiuta a ricostruire il modo in cui lo scrittore ha elaborato l’intreccio, a
capire quali temi ha voluto sottolineare e a quali fatti e personaggi ha voluto dare maggiore rilievo.
I diversi tipi di sequenza possono intrecciarsi tra loro, e sono funzionali l’uno all’altro; ad esempio
in una sequenza narrativa può essere inserita una sequenza descrittiva, che fa vedere al lettore
dove si svolge la scena, o una sequenza riflessiva, che fa conoscere subito l’opinione del personag-
gio o del narratore su quanto sta avvenendo.
La modalità di successione delle sequenze contribuisce a creare il ritmo della narrazione.
La presenza di molte o di lunghe sequenze descrittive o riflessive rallenta il ritmo, in quanto esse
interrompono e fermano la successione delle azioni.
Le sequenze dialogiche danno invece la sensazione che la storia si stia svolgendo man mano
sotto gli occhi del lettore, e, se si tratta di un dialogo costituito da battute brevi, costruiscono un
ritmo più veloce.
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un teSto Spiegato
Alessandro Manzoni
IL DOTTOR AzzECCAGARBUGLI
I promessi sposi, 1840
Il brano seguente è l’inizio del terzo capitolo dei Promessi sposi. Quando tutto è pronto
per il matrimonio di Renzo e Lucia, il curato don Abbondio rivela a Renzo che don Rodri-
go, il signorotto locale, gli ha vietato di celebrarlo. Lucia è allora costretta a raccontare
alla madre Agnese e a Renzo del casuale incontro con don Rodrigo e dello sfacciato
comportamento di quest’ultimo. Di fronte alle prevaricazioni e all’arroganza di un uomo
potente, consapevoli della loro posizione di inferiorità, i tre pensano di chiedere consiglio
a un uomo di legge, sperando che tuteli i loro diritti.
Nel brano si alternano diversi tipi di sequenze, che determinano anche il ritmo della
narrazione.
1° nucleo narrativo
Lucia entrò nella stanza terrena, mentre Renzo stava angosciosamente
informando Agnese, la quale angosciosamente lo ascoltava. Tutt’e due si
volsero a chi ne sapeva più di loro, e da cui aspettavano uno schiarimento,
il quale non poteva essere che doloroso: tutt’e due, lasciando travedere1, in
mezzo al dolore, e con l’amore diverso che ognun d’essi portava a Lucia,
un cruccio pur diverso perché avesse taciuto loro qualche cosa, e una tal
cosa. Agnese, benché ansiosa di sentir parlare la figlia, non poté tenersi di
non farle un rimprovero – A tua madre non dir niente d’una cosa simile!
– Ora vi dirò tutto, – rispose Lucia, asciugandosi gli occhi col grem-
10 biule.
– Parla, parla! – Parlate, parlate! – gridarono a un tratto la madre e lo
sposo.
– Santissima Vergine! – esclamò Lucia: – chi avrebbe creduto che le
cose potessero arrivare a questo segno! – E, con voce rotta dal pianto,
raccontò come, pochi giorni prima, mentre tornava dalla filanda 2 , ed era
rimasta indietro dalle sue compagne, le era passato innanzi don Rodrigo,
in compagnia d’un altro signore3; che il primo aveva cercato di trattenerla
con chiacchiere, com’ella diceva, non punto4 belle; ma essa, senza dargli
retta, aveva affrettato il passo, e raggiunte le compagne; e intanto aveva
20 sentito quell’altro signore rider forte, e don Rodrigo dire: scommettiamo.
Il giorno dopo, coloro s’eran trovati ancora sulla strada; ma Lucia era nel
mezzo delle compagne, con gli occhi bassi; e l’altro signore sghignazzava,
e don Rodrigo diceva: vedremo, vedremo. – Per grazia del cielo, – conti
conti-
nuò Lucia, – quel giorno era l’ultimo della filanda. Io raccontai subito…
1. travedere: intravedere; Agnese e Renzo non 2. filanda: fabbrica in cui veniva lavorata la seta.
sanno spiegarsi perché Lucia non abbia parlato 3. signore: il conte Attilio, cugino di don Rodrigo.
subito con loro di quanto accaduto. 4. non punto: per niente.
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2° nucleo narrativo
Così, attraversando i campi o, come dicon colà, i luoghi, se n’andò per viot-
tole, fremendo, ripensando alla sua disgrazia, e ruminando il discorso da fare
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3° nucleo narrativo
All’entrare, si sentì preso da quella suggezione19 che i poverelli illetterati
provano in vicinanza d’un signore e d’un dotto, e dimenticò tutti i discorsi
che aveva preparati; ma diede un’occhiata ai capponi, e si rincorò.
Entrato in cucina, domandò alla serva se si poteva parlare al signor dot-
tore. Adocchiò essa le bestie, e, come avvezza20 a somiglianti doni, mise
120 loro le mani addosso, quantunque Renzo andasse tirando indietro, perché
voleva che il dottore vedesse e sapesse ch’egli portava qualche cosa. Capitò
appunto mentre la donna diceva: – date qui, e andate innanzi –. Renzo
fece un grande inchino: il dottore l’accolse umanamente, con un – venite,
figliuolo, – e lo fece entrar con sé nello studio. Era questo uno stanzone, su
tre pareti del quale eran distribuiti i ritratti de’ dodici Cesari21; la quarta,
coperta da un grande scaffale di libri vecchi e polverosi: nel mezzo, una ta-
vola gremita d’allegazioni, di suppliche, di libelli, di gride22, con tre o quat-
tro seggiole all’intorno, e da una parte un seggiolone a braccioli, con una
spalliera alta e quadrata, terminata agli angoli da due ornamenti di legno,
130 che s’alzavano a foggia di corna, coperta di vacchetta, con grosse borchie,
alcune delle quali, cadute da gran tempo, lasciavano in libertà gli angoli
della copertura, che s’accartocciava qua e là. Il dottore era in veste da came-
ra, cioè coperto d’una toga ormai consunta, che gli aveva servito, molt’anni
addietro, per perorare23, ne’ giorni d’apparato24, quando andava a Milano,
per qualche causa d’importanza. Chiuse l’uscio, e fece animo al giovine,
con queste parole: – figliuolo, ditemi il vostro caso.
A. Manzoni, I promessi sposi, Edizioni il capitello, Torino 2003
17. di fiere scosse: dava loro degli (di) scossoni, 21. dodici Cesari: i primi imperatori romani
li sbatacchiava; scosse è complemento og- da Cesare a Domiziano.
getto di «dava». 22. gremita … gride: piena di fogli con le prove
18. s’ingegnavano: cercavano, facevano di tut- della difesa (allegazioni), domande di gra-
to. zia (suppliche), citazioni giudiziarie (libelli),
19. suggezione: soggezione, senso di timore e bandi pubblici (gride).
di inferiorità. 23. perorare: fare un discorso a favore di qual-
20. avvezza: abituata; sia la serva sia Renzo cuno o di qualcosa.
sanno che sono proprio i capponi il mezzo 24. giorni d’apparato: giorni in cui c’erano
per essere ricevuti subito dal dottore. udienze o cause importanti, ed era quindi
necessario vestirsi in modo adeguato.
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r accogliamo le iDee
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P. D. James
COLLOQUIO DI LAVORO
Morte sul fiume, 1994 Lingua originale inglese
Phyllis Dorothy James White – conosciuta come P. D. James – è una famosa scrittrice
inglese di romanzi gialli.
Il romanzo Morte sul fiume è ambientato a Innocent House, un palazzo in stile veneziano
sulle rive del Tamigi, sede della Peverell Press, una prestigiosa casa editrice. Quando
Mandy Price si presenta per un lavoro come dattilografa, la sua attenzione è attratta
dalla straordinaria architettura e dalla raffinatezza dell’ambiente. Ancora non sa che
sarà proprio quello lo scenario di una serie di morti misteriose.
L’episodio, che si svolge tutto all’interno del palazzo, si può suddividere in diversi nuclei
narrativi, nei quali sono presenti tutti i tipi di sequenze.
1. color seppia: colore di tonalità grigio-bruna 2. cappello: Mandy ama vestirsi in modo ec-
che caratterizza le vecchie fotografie; è una centrico e crea da sé i cappelli che indossa;
sfumatura che può anche essere ottenuta ar- arrivata in motorino si era tolta il casco e
tificialmente. aveva messo una delle sue creazioni.
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3. amministratore delegato: un componente del relative agli studi compiuti, ai posti di lavoro
consiglio di amministrazione di una società. occupati, alle mansioni svolte; viene richiesto
4. palese: evidente. dal datore di lavoro per conoscere e valutare
5. curriculum vitae: espressione latina che si- una persona prima di assumerla.
gnifica letteralmente «carriera della vita»; in 6. signora Crealey: la proprietaria dell’agenzia di
italiano può essere anche definito «curricolo». collocamento che procura a Mandy lavori tem-
Indica una serie di informazioni dettagliate poranei come dattilografa.
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7. nappine: ciuffetti di fili di lana o seta; sono 9. macchinazioni maschili: tentativi da parte
usate come decorazioni. degli uomini di conquistarla o di raggirarla.
8. scriminatura: divisione nei capelli fatta con il 10. Portobello Road: famosa via di Londra, dove
pettine; riga. si trovano negozi di antiquariato e di moda.
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11. redattore: in una casa editrice, chi si occupa il cachemire è una lana morbida e pregia-
delle varie fasi della lavorazione di un libro. ta, ottenuta da una varietà di capre del
12. cardigan: giacca morbida di maglia di lana; Kashmir, una regione nel Nord dell’India.
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13. claustrofobia: paura degli spazi chiusi. 16. infausti: legati a un evento triste, doloro-
14. archivio: luogo in cui vengono ordinati e so.
tenuti documenti e materiali che devono 17. a saliscendi: tipo di finestra molto usa-
essere conservati di un’azienda, un uffi- to in Inghilterra, che si apre e si chiude
cio, un museo, ecc. facendo scorrere i due battenti uno sopra
15. fetore: odore forte e ripugnante. l’altro dal basso in alto e viceversa.
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Forse, pensò Mandy, la donna se le era tolte per non sporcare la coperta.
Ma la coperta si era sporcata lo stesso e anche il cuscino. C’era una traccia
di vomito come la bava di una enorme lumaca che stava incollata alla sua
190 guancia sinistra e in parte era scesa a formare una crosta sul cuscino. Gli
occhi erano socchiusi, con le iridi rivolte verso l’alto, i capelli grigi, con la
frangia, erano appena scomposti. Indossava una maglia marrone a collo
alto e una gonna di tweed18 dalla quale sbucavano le gambe ossute, stra-
namente sbilenche e rigide. Il braccio sinistro sporgeva dal divano letto
fin quasi a toccare la sedia, quello destro le stava ripiegato sul petto. Si
sarebbe detto che la mano destra, prima della morte, avesse tormentato la
lana sottile della maglia e l’avesse sollevata fino a rivelare pochi centimetri
di una sottoveste bianca. Vicino al flacone delle pillole, vuoto, c’era una
busta quadrata con un indirizzo scritto a mano in inchiostro nero.
200 Mandy, in un rispettoso bisbiglio, come se fosse in chiesa, domandò:
«Chi è?». La voce della signorina Étienne era calma. «Sonia Clements. Una
delle nostre redattrici, era con noi da molto tempo». «Dovevo lavorare con
lei?».
Mandy si rese conto, appena l’ebbe pronunciata, di quanto fosse inop-
portuna la sua domanda, ma la signorina Étienne le rispose: «All’inizio,
ma non per molto. Doveva andarsene alla fine del mese».
Prese la lettera e parve soppesarla19 tra le mani. Vuole aprirla, pensò
Mandy, ma non davanti a me. Dopo pochi secondi la signorina Étienne
disse: «È indirizzata al coroner20. Anche senza la lettera si può capire che
210 cos’è successo qui. Mi dispiace che lei abbia avuto questa brutta esperien-
za, signorina Price. È stato un gesto compiuto senza riguardo per gli altri.
Chi si suicida dovrebbe farlo a casa propria».
Mandy pensò alla sua casetta a schiera di Stratford East, con la cucina á La casa di Mandy
e il bagno in comune, alla sua piccola stanza sul retro in uno spazio dove viene presentata
in una sequenza
sarebbe stato impossibile isolarsi a inghiottire una manciata di pillole, per riflessiva.
non parlare di morire dopo averle prese. Si costrinse a guardare di nuovo
il viso della donna. Sentì un bisogno improvviso di chiuderle gli occhi,
di accostarle le labbra leggermente aperte. Era così la morte, o piuttosto
era così prima che intervenissero quelli delle pompe funebri21. Mandy
220 aveva visto solo un’altra persona morta, sua nonna. Era bene avvolta nel
sudario22 , con una trina al collo, sistemata nella bara come una bambola
in una scatola da regalo, stranamente rimpicciolita e con un’espressione
più serena di quanto non avesse mai avuto in vita; gli occhi, prima bril-
lanti e irrequieti, chiusi, le mani, sempre affaccendate, finalmente calme,
18. tweed: tessuto di lana piuttosto pesante, accertare l’identità della vittima e le circo-
lavorato a due colori. stanze della morte.
19. soppesarla: tenerla in mano valutando- 21. pompe funebri: imprese che si occupano
ne il peso; in questo caso non si tratta del di organizzare i funerali.
peso materiale, ma del valore che potreb- 22. sudario: panno di lino bianco con cui vie-
bero avere le parole scritte dalla donna. ne coperto o avvolto il corpo del defunto;
20. coroner: in Gran Bretagna ufficiale giudi- nell’antica Roma copriva solo il volto. La
ziario, in genere un avvocato o un medico, trina è un merletto.
che indaga sui casi di morte violenta, per
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23. dittafono: registratore usato negli uffici per 24. icona: immagine sacra, tipica dell’arte bi-
dettare la corrispondenza, che poi una se- zantina.
gretaria deve trascrivere.
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Analizzare e comprendere
1. Completa la seguente scaletta narrativa indicando dove e quando si svolgono i fatti; quali personaggi
compaiono e quali sono le loro azioni nel corso dell’episodio.
2. Individua quali sono i nuclei narrativi in cui è suddivisibile il brano e costruisci una tabella. Tieni
presenti i luoghi in cui si svolge l’azione e i personaggi che compaiono.
3. Individua quali tipi di sequenze sono utilizzate in ciascun nucleo narrativo.
4. La scrittrice fa un uso molto frequente delle descrizioni. Sono descrizioni oggettive o soggettive?
• Quale funzione hanno?
5. Nell’episodio emergono i personaggi di Mandy e della signorina étienne. Individua per ciascuna i
tratti che ne costituiscono il carattere.
Riflettere
6. In quale epoca si svolge la storia?
• Da quali elementi del testo puoi dedurlo?
7. Innocent House e i dipendenti della Peverell Press sono descritti attraverso gli occhi e i pensieri di
Mandy. Quale immagine del suo futuro posto di lavoro costruisce man mano Mandy nella propria
mente?
8. Tutto l’episodio è un lento avvicinamento, nel tempo e nello spazio, alla conferma dell’assunzione di
Mandy e alla scoperta del cadavere. In che modo l’autrice costruisce questo ritmo lento?
9. Sia l’assunzione di Mandy che la scoperta del cadavere costituiscono per motivi differenti un colpo
di scena nell’andamento della narrazione. Sai spiegare perché?
Scrivere
10. Come avrebbe raccontato Mandy la sua prima mattina alla Peverell Press? Scrivi una pagina del suo
diario.
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