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Analisi di edifici
a pianta basilicale
soggetti ad azioni sismiche
Seconda Università
degli Studi di Napoli Giuseppe Brandonisio
Seconda Università degli Studi di Napoli
Dottorato di Ricerca
in
“Consolidamento e Adeguamento Strutturale”
XX Ciclo
2004-2007
Giuseppe Brandonisio
Vorrei inoltre ringraziare il Prof. Bruno Calderoni per aver chiarito tanti miei
dubbi … tranne uno: ma quanto vale il modulo di elasticità della muratura di
tufo?
INTRODUZIONE I
Premessa I
Articolazione dettagliata del lavoro di tesi II
CAPITOLO I
ANALISI SISMICA DEGLI EDIFICI DI CULTO I-1
1.1 Premessa I-1
1.2 Il modello di valutazione della sicurezza sismica proposto
dalle LL. GG. 2006 I-2
1.2.1 Livello di valutazione sismica LV1 I-3
1.2.2 Livelli di valutazione sismica LV2 e LV3 I-4
1.3 La procedura di analisi sismica “a due passi” I-7
1.4 Analisi statica lineare I-8
1.5 Analisi dinamica lineare I-9
1.6 Analisi statica non lineare I-10
1.7 Analisi cinematica lineare I-11
1.8 Analisi cinematica non lineare I-13
1.9 Conoscenza dell’edificio e identificazione dei livelli di
conoscenza e dei fattori di confidenza I-15
1.10 Azione sismica I-18
1.10.1 Categorie di terreno di fondazione I-18
1.10.2 Definizione dell’accelerazione orizzontale del
terreno I-19
1.10.3 Spettri di risposta I-20
1.10.4 Effetti di sito I-20
1.10.5 Livelli di protezione sismica I-21
1.10 Conclusioni I-22
Indice
CAPITOLO II
I MACROELEMENTI: DALL’OSSERVAZIONE DEL
DANNO ALL’INDIVIDUAZIONE DEI MECCANISMI DI
COLLASSO II-1
2.1 Premessa II-1
2.2 Tipi di danno, modi di danno e meccanismi II-3
2.3 Meccanismi di collasso per i macroelementi II-6
2.3.1 Facciata II-7
2.3.2 Macroelemento trasversale II-21
2.3.3 Parete laterale II-24
2.3.4 Arco trionfale II-30
2.3.5 Abside e cappelle laterali II-37
2.3.6 Campanile II-41
2.4 I fattori specifici che influenzano le modalità di danno II-46
2.4.1 Ruolo degli elementi di connessione e delle strutture
di copertura II-47
2.4.2 Modalità e condizioni costruttive iniziali II-49
2.4.3 Processi di trasformazione edilizia II-50
2.4.4 Degrado proprio dei materiali II-51
2.4.5 Dissesti pregressi, anche di origine sismica II-51
2.4.6 Effetto di precedenti restauri strutturali II-52
CAPITOLO III
I DIECI CASI DI STUDIO III-1
3.1 Premessa III-1
3.2 Descrizione delle dieci chiese III-2
3.3 Linearizzazione delle piante architettoniche ed
individuazione dei macroelementi III-6
3.4 Conclusioni III-13
CAPITOLO IV
PRIMO STEP DELLA PROCEDURA “A DUE PASSI”:
ANALISI LINEARE DEI DIECI CASI DI STUDIO IV-1
4.1 Premessa IV-1
4.2 Modellazione delle dieci chiese IV-2
4.2.1 Modellazione delle strutture IV-2
4.2.2 Modellazione delle azioni IV-8
4.3 Comportamento dinamico delle chiese IV-8
Indice
CAPITOLO V
SECONDO STEP DELLA PROCEDURA “A DUE PASSI”:
ANALISI NON LINEARE DEI MACROELEMENTI DEI
DIECI CASI DI STUDIO V-1
5.1 Premessa V-1
5.2 La modellazione con ABAQUS V-1
5.2.1 Il modello “concrete” V-1
5.2.2 Calibrazione del modello V-5
5.2.3 Modalità di applicazione delle azioni V-7
5.3 Facciata V-7
5.4 Arco trionfale V-18
5.5 Sezione trasversale sulla navata V-26
5.6 Arcate V-38
5.7 Prospetto longitudinale esterno V-49
5.8 Confronti fra richieste elastiche e capacità dei
macroelementi V-61
5.9 Conclusioni V-67
CAPITOLO VI
ANALISI SEMPLIFICATE VI-1
6.1 Premessa VI-1
6.2 Parametri globali VI-1
6.2.1 Valutazione approssimata del periodo di vibrazione
delle chiese VI-17
6.3 Parametri geometrici dei macroelementi VI-19
6.3.1 Ripartizione semplificata dell’azione sismica VI-25
6.4 Valutazione del moltiplicatore di collasso nel piano di
pannelli murari VI-37
6.4.1 Parete piena VI-37
6.4.2 Portale VI-42
6.4.3 Portale multicampata VI-43
6.4.4 Arco VI-44
Indice
CAPITOLO VII
CONFRONTI FRA L’APPROCCIO SEMPLIFICATO E LE
ANALISI ABAQUS VII-1
7.1 Premessa VII-1
7.2 Facciata VII-1
7.3 Arco trionfale VII-8
7.4 Sezione trasversale sulla navata VII-12
7.5 Arcate VII-18
7.6 Prospetto longitudinale esterno VII-24
7.7 Conclusioni VII-30
CAPITOLO VIII
I MECCANISMI DI COLLASSO FUORI PIANO VIII-1
8.1 Premessa VIII-1
8.2 Valutazione del moltiplicatore di collasso per ribaltamento
fuori del piano VIII-2
8.3 Descrizione dei meccanismi di collasso fuori piano della
facciata e valutazione dei relativi moltiplicatori di collasso VIII-5
8.3.1 Meccanismo 1.1: Ribaltamento globale della facciata VIII-9
8.3.2 Meccanismo 1.2: Ribaltamento globale della parete
sinistra VIII-11
8.3.3 Meccanismo 1.3: Ribaltamento globale della parete
centrale VIII-11
8.3.4 Meccanismo 1.4: Ribaltamento globale della parete
destra VIII-12
8.3.5 Meccanismo 1.5: Ribaltamento parziale della
facciata VIII-13
8.3.6 Meccanismo 1.6: Ribaltamento del timpano con
formazione di cerniera orizzontale VIII-14
8.3.7 Meccanismo 1.7: Ribaltamento del timpano con
formazione di cerniere oblique VIII-14
Indice
CAPITOLO IX
CONCLUSIONI IX-1
BIBLIOGRAFIA B-1
Indice
INTRODUZIONE
I. Premessa
Le chiese rappresentano una parte importantissima del nostro patrimonio
culturale: esse hanno spesso determinato la crescita e l’affermazione dei piccoli
borghi sorti attorno a loro, e lo sviluppo del territorio e delle comunità è stato
spesso legato alla loro presenza.
È evidente che per conservare tali testimonianze è necessaria un’attenta analisi
condotta non soltanto al restauro delle emergenze artistiche, ma anche
puntando alle cause che portano al declino del costruito, in primis con
riferimento agli eventi più deleteri per i manufatti: i terremoti.
Il sisma, infatti, rappresenta uno degli elementi di maggior rischio per le
chiese, in cui sono presenti grandi aule senza muri di spina, pareti snelle,
elementi spingenti di notevole luce (archi, volte, cupole) e mancano
orizzontamenti intermedi di collegamento.
Occorre evidenziare che pur essendo le chiese molto diffuse in Italia, e pur
presentando una elevata vulnerabilità nei confronti del terremoto, solo
recentemente sono stati sviluppati studi e ricerche finalizzati all’analisi del
comportamento sismico, alla definizione di metodologie per la valutazione
della sicurezza sismica ed alla individuazione di metodologie di
consolidamento ed adeguamento strutturale.
Su scala territoriale la vulnerabilità sismica delle chiese può valutarsi
utilizzando metodi semplificati basati su un numero limitato di parametri
geometrici e meccanici o che utilizzano strumenti qualitativi.
Secondo le Linee Guida 2006 per la valutazione e riduzione del rischio sismico
del patrimonio culturale (LL. GG. 2006), “ferma restando la possibilità di
definire modelli semplificati specifici, validi per il caso in esame o per gruppi
di manufatti” è possibile ricorrere ai parametri di una scheda di rilievo del
danno e della vulnerabilità.
A partire da un abaco di 28 meccanismi di collasso delle chiese, il modello
proposto dalle LL. GG. 2006 consente di calcolare un indice di vulnerabilità iv,
II Introduzione
cui sono legate le massime accelerazioni al suolo che può sopportare la chiesa
allo stato limite di danno e ultimo.
A tal riguardo le Linee Guida specificano di utilizzare tale modello con grande
attenzione, essendo stato tarato su base statistica, per cui non è in grado di
esaurire la grande diversificazione tipologica nella quale le chiese sono
articolate.
In ambito europeo, invece, per la vulnerabilità su vasta scala delle chiese,
Lorenço e Roque (2005) hanno proposto un approccio basato sulla definizione
di alcuni parametri geometrici globali indicativi del comportamento della
struttura nel suo complesso, sia sotto carichi verticali che in condizioni
sismiche.
Per la valutazione della vulnerabilità sismica della singola chiesa, invece, si
utilizzano approcci basati sull’analisi dei macroelementiI.1.
Le Linee Guida 2006, in particolare, suggeriscono di condurre sul singolo
macroelemento delle analisi cinematiche lineari o non. Mele e De Luca (1999),
invece, hanno definito e applicato a diversi casi di studio una procedura “a due
passi”, che consiste nell’effettuare analisi elastiche, sia statiche che dinamiche,
dell’intero complesso strutturale, per determinare le caratteristiche dinamiche e
le richieste di resistenza elastica su ciascun macroelemento, che viene
successivamente analizzato con analisi numeriche non lineari e/o con i metodi
dell’analisi limite, per valutarne la capacità sotto azioni orizzontali.
In questo contesto, nel presente lavoro di tesi, viene analizzato il
comportamento sismico di 10 chiese a pianta basilicale site in Campania
attraverso l’applicazione della procedura di analisi “a due passi”.
Viene quindi proposta ed applicata ai casi di studio una procedura semplificata,
che consente di valutare la vulnerabilità delle chiese attraverso l’analisi della
geometria dell’intero complesso strutturale e dei singoli macroelementi.
I risultati ottenuti dall’applicazione delle due metodologie (analisi “a due
passi” e approccio semplificato) vengono quindi confrontati.
I.1
“Per macroelemento s’intende una parte costruttivamente riconoscibile e compiuta del
manufatto che può coincidere, ma non necessariamente coincide, con una parte identificabile
anche sotto l’aspetto architettonico e funzionale (es. facciata, abside, cappelle); è di norma
estesa ad un’intera parete o ad un orizzontamento, ma solitamente è formata da più pareti ed
elementi orizzontali connessi tra loro a costituire una parete costruttivamente unitaria e, in
alcuni casi, volumetricamente definita, pur se in genere collegata e non indipendente dal
complesso della costruzione” (Doglioni et al. 1994).
Introduzione III
dall’OPCM 3431’05 e dalle LL. GG. 2006 per l’analisi degli edifici
monumentali in muratura, per la modellazione della struttura e per la
valutazione dell’azione sismica.
Nel Capitolo II, I macroelementi: dall’osservazione del danno
all’individuazione dei meccanismi di collasso, sono descritti i danni tipici da
sisma per ogni macroelemento e i fattori che influenzano la vulnerabilità degli
edifici ecclesiastici, quali le modalità di realizzazione, il ruolo delle coperture
esistenti, il degrado dei materiali, i danni legati a sismi precedenti.
Nel Capitolo III, I dieci casi di studio, sono descritte le basiliche a pianta
basilicale oggetto di analisi. L’esame delle piante architettoniche ha consentito
di ottenere le piante linearizzate dalle quali è stato possibile estrarre i
macroelementi, che sono stati raggruppati in otto classi caratterizzate da
uniformità morfologiche.
Dall’assemblaggio nello spazio dei vari macroelementi trasversali e
longitudinali si sono ottenuti i modelli tridimensionali delle dieci basiliche che
sono stati esaminati nel Capitolo IV, Primo step della procedura “a due
passi”: analisi lineare dei dieci casi di studio. Le analisi elastiche condotte
sulle dieci chiese hanno permesso di valutarne il comportamento dinamico e la
distribuzione delle richieste sismiche fra i vari macroelementi nei due casi
limite adottati per la modellazione delle coperture: assenza e presenza di
diaframmi rigidi.
Nel Capitolo V, Secondo step della procedura “a due passi”: analisi non
lineare dei macroelementi dei dieci casi di studio, si studia la capacità dei
singoli macroelementi di resistere alle azioni orizzontali, mediante analisi FEM
non lineari. Le analisi hanno consentito di valutare la capacità di ciascun
macroelemento e di conoscere il meccanismo di collasso che può,
presumibilmente, attivarsi sotto forze orizzontali. Dal confronto fra la capacità
portante del singolo macroelemento e la richiesta di resistenza elastica valutata
nel capitolo IV, si ricavano indicazioni circa la vulnerabilità dei macroelementi
e, per estensione, dell’intero complesso strutturale.
Nel Capitolo VI, Analisi semplificate, viene proposto ed applicato un
approccio semplificato che consente di valutare la vulnerabilità delle chiese
attraverso l’analisi della geometria del complesso strutturale e dei singoli
macroelementi. Più in dettaglio, vengono definiti dei parametri geometrici
(compattezza in pianta, snellezza minima e massima dell’edificio, rapporto fra
area delle murature e area totale in pianta) che forniscono indicazioni
qualitative sul comportamento strutturale per carichi verticali ed azioni
orizzontali. Sono quindi individuati ed analizzati alcuni parametri geometrici
dei singoli macroelementi (percentuale di foratura, snellezza, rapporto
altezza/larghezza) tramite i quali si può (i) ripartire il tagliante sismico e (ii)
stimare la capacità portante dei macroelementi.
IV Introduzione
1.1 Premessa
I manufatti storici in muratura, specie se a carattere monumentale, presentano
un sufficiente livello di sicurezza alle azioni ordinarie ed un’elevata durabilità
dei materiali. Il terremoto, invece, rappresenta uno dei fattori di maggior
rischio per il nostro patrimonio storico-architettonico ed in particolare per le
chiese, in cui sono presenti grandi aule senza muri di spina, pareti snelle,
elementi spingenti di notevole luce (archi, volte, cupole) e mancano
orizzontamenti intermedi di collegamento. A tutto ciò va aggiunta una
debolezza intrinseca del materiale di costruzione; infatti, non bisogna
dimenticare che la muratura è un materiale poco resistente a stati di trazione.
L’analisi sistematica dei danni subiti dalle chiese in occasione dei principali
eventi sismici italiani, a partire da quello del Friuli (1976) fino a quelli più
recenti (Lunigiana e Garfagnana, 1995; Reggio Emilia, 1996; Umbria e
Marche, 1997; Piemonte, 2000; Molise, 2002; Piemonte, 2003; Salò, 2004), ha
evidenziato come il comportamento sismico di questa tipologia di manufatti
possa essere interpretato attraverso la loro scomposizione in porzioni
architettoniche (denominate macroelementi), caratterizzate da una risposta
strutturale sostanzialmente autonoma rispetto alla chiesa nel suo complesso
(facciata, aula, abside, campanile, cupola, arco trionfale, ecc.).
Questo è infatti l’approccio impiegato negli ultimi anni da diversi ricercatori
(Doglioni et al. 1994; Siviero et al. 1997; Zingone et al. 1999; D’Ayala 2000,
per citarne solo alcuni). In particolare, in Mele e De Luca (1999) è stata
definita ed applicata a diversi casi di studio una procedura “a due passi”, che
consiste nel sottoporre ad analisi numeriche elastiche, sia statiche che
dinamiche, l’intero complesso strutturale al fine di studiarne il comportamento
globale, determinando le caratteristiche dinamiche, le sollecitazioni e le
richieste di resistenza elastica su ciascun macroelemento, che viene
successivamente analizzato con procedure numeriche non lineari e/o con
metodi approssimati basati sulle ipotesi classiche dell’analisi limite, che
I-2 Capitolo I
tra le stesse; secondo le LL. GG. 2006, tale ripartizione può essere operata
anche in modo approssimato, purché venga garantito l’equilibrio nei riguardi
della totalità delle azioni orizzontali. La valutazione può quindi essere eseguita
con gli stessi metodi utilizzati al livello LV2, ma sistematicamente su ciascun
elemento della costruzione.
Confrontando i valori ottenuti nei diversi macroelementi si può evidenziare
l’inutilità di alcuni interventi: a) se il margine di miglioramento è modesto
rispetto all’impatto dell’intervento sulla conservazione; b) per l’eccessiva
sicurezza fornita ad alcuni macroelementi rispetto agli altri.
Nel caso particolare delle chiese, per quanto detto in precedenza, risulta
scarsamente significativo assumere un comportamento unitario e
complessivo1.1; pertanto, in tale ottica, la necessità di operare un’analisi
complessiva LV3 (valutazione complessiva della risposta sismica del
manufatto) o locale LV2 (valutazione su singoli macroelementi dei meccanismi
locali di collasso), non determina una sostanziale differenza nell’approccio al
problema della modellazione.
Le linee guida, infine, specificano che, nel caso in cui l’intervento riguardi
un’area limitata (ad esempio in concomitanza con interventi di restauro su
apparati decorativi), la valutazione può limitarsi al livello LV2, risultando
superflua e problematica una valutazione complessiva della chiesa (questo
avviene in particolare per chiese di gradi dimensioni e complessità, in
concomitanza con interventi locali per i quali la disponibilità finanziaria è
limitata). L’analisi, pertanto, può essere effettuata a livello del singolo
macroelemento sul quale si interviene, con lo scopo di controllare l’efficacia
dell’intervento (confronto tra sicurezza prima e dopo) e la congruità rispetto
alla pericolosità del sito. In questi casi, essendo la valutazione della capacità
dell’intero organismo comunque richiesta, è possibile adottare un metodo
semplificato (LV1), quale ad esempio quello proposto dalle stesse linee guida.
1.1
Secondo le LL. GG. 2006, solo nel caso delle chiese a pianta centrale, dotate in genere di
uno o più assi di simmetria in pianta e di una omogeneità costruttiva e buona connessione tra
gli elementi, è significativo procedere attraverso un modello complessivo della costruzione
(lineare o non lineare), valutando ad esempio la curva di capacità attraverso un’analisi
incrementale a collasso. In ogni caso si dovranno verificare tutti gli effetti dovuti alle azioni
spingenti di archi, volte e coperture.
I-8 Capitolo I
forma modale principale, adottando, per i materiali, i valori dei moduli elastici
fessurati.
Il valore da assumersi per il fattore di struttura deve essere giustificato dalle
capacità di spostamento della struttura in campo fessurato, valutato sulla base
sia della tipologia di manufatto, sia della qualità costruttiva (materiali, dettagli
costruttivi, collegamenti).
Le linee guida consentono di trascurare gli effetti torsionali accidentali, a meno
che non si ritengano particolarmente significativi nel caso specifico.
È tuttavia opportuno segnalare che l’uso di un’analisi elastica lineare ad
elementi finiti ha in genere poco significato per una struttura complessa, in
quanto si ottengono valori puntuali dello stato tensionale nel materiale
muratura, da confrontarsi per la verifica con i valori caratteristici di resistenza
del materiale. Con questo tipo di analisi si riscontrano, generalmente, tensioni
di trazione, non accettabili nella muratura, o elevate tensioni di compressione,
molto influenzate dalla discretizzazione in elementi finiti (concentrazioni
tensionali negli spigoli). Le verifiche puntuali potrebbero quindi non essere
soddisfatte anche in condizioni che nella realtà sono sicure, a seguito di una
locale ridistribuzione tensionale nelle aree interessate.
reazione massima orizzontale pari al 20%; nel caso invece siano utilizzati un
legame elastico non lineare, quale è il modello di solido non resistente a
trazione, o legami di tipo elastico perfettamente plastico, l’analisi sarà portata
avanti fino a spostamenti significativi, senza la necessità di definire uno
spostamento limite ultimo. In entrambe le situazioni, al crescere dello
spostamento del nodo di controllo dovrà essere valutata la compatibilità a
livello locale in termini di fenomeni di crisi locale (sfilamento delle travi,
perdita di ingranamento tra i conci murari, ecc.).
La conversione del legame forza-spostamento generalizzato in sistema bi-
lineare equivalente e la corrispondente valutazione della risposta massima in
spostamento potranno essere effettuate con procedimento analogo a quanto
indicato nell’OPCM (punti 4.5.4, 8.1.5.4 e 8.1.6). Considerata la difficoltà di
definire lo spostamento allo stato limite ultimo, il rapporto tra la forza di
risposta elastica e la forza massima del sistema bi-lineare equivalente non può
superare un valore massimo ammissibile, definito in base alle caratteristiche di
duttilità e dinamiche proprie di ciascuna tipologia e comunque compreso tra 3 e
6.
n+m
λ ⋅ ∑ Pi
λ⋅g
a *o = i =1
*
= (1.4)
M e*
dove: g è l’accelerazione di gravità; e* è la frazione di massa
partecipante della struttura; n+m è il numero delle forze peso Pi
applicate le cui masse, per effetto dell’azione sismica, generano forze
orizzontali sugli elementi della catena cinematica; M* è la massa
partecipante al cinematismo, che può essere valutata considerando gli
spostamenti virtuali orizzontali δx,i dei punti di applicazione dei diversi
pesi Pi, associati al cinematismo, come una forma modale di vibrazione:
2
⎛ n +m ⎞
⎜ ∑ Pi ⋅ δ x ,i ⎟
M * = ⎝ i =1 n+m
⎠ (1.5)
g ⋅ ∑ Pi ⋅ δ 2
x ,i
i =1
La massa partecipante risulta inferiore alla massa totale del sistema e
tiene conto del fatto che, durante l’azione sismica, non tutta la massa
viene attivata.
Più in dettaglio, la verifica di sicurezza nei confronti dello stato limite
considerato è soddisfatta qualora l’accelerazione spettrale di attivazione del
meccanismo a*o sia superiore all’accelerazione dello spettro elastico, valutata
per T=0, opportunamente amplificato per considerare la quota della porzione di
edificio interessata dal cinematismo:
ag ⋅S ⎛ Z⎞
a *o ≥ a sisma = ⋅ ⎜ 1 + 1 .5 ⋅ ⎟ (1.6)
q ⎝ H⎠
A parere di chi scrive, pertanto, nell’applicazione dell’analisi cinematica
lineare, come definita nell’Allegato 11.C dell’OPCM 3431’05, non è
sufficiente limitarsi ad individuare il meccanismo di collasso cui corrisponde il
moltiplicatore orizzontale minimo λmin per poi effettuare la verifica mediante
l’Eq. (1.6). In tal caso, infatti, si terrebbe in conto solo della capacità del
macroelemento di resistere alle azioni orizzontali, senza considerare la
domanda del sisma asisma, che per lo stesso macroelemento varia, al variare del
cinematismo, con l’altezza Z.
Appare quindi più corretto effettuare la verifica nei riguardi dei meccanismi
locali di collasso, considerando, tra tutti i cinematismi possibili, quello cui
corrisponde, in luogo di λmin, il minimo valore Γmin del rapporto:
Capitolo I I-13
a *o λ
Γ= = (1.7)
a sisma * ag S ⎛ Z⎞
e ⋅ ⋅ ⋅ ⎜1 + 1.5 ⋅ ⎟
g q ⎝ H⎠
Tale rapporto è indicativo della vulnerabilità del macroelemento alle azioni
orizzontali.
È bene osservare che l’applicazione dell’analisi cinematica lineare al caso di
edifici storici può risultare problematica per la difficoltà di definire appropriati
fattori di struttura. L’OPCM 3431’05, in particolare, suggerisce un valore del
coefficiente di struttura q uguale a 2 per la verifica allo stato limite ultimo
(SLU) e pari a 1.5 per lo stato limite di danno (SLD)1.2.
Dal confronto fra i valori Γmin calcolati per i diversi macroelementi di una
costruzione, è possibile individuare il macroelemento maggiormente
vulnerabile; il corrispondente valore dell’accelerazione spettrale di attivazione
può essere interpretato come rappresentativo della vulnerabilità globale
dell’edificio.
1.2
Secondo l’Ordinanza, la verifica di sicurezza nei riguardi dello SLD è auspicabile, ma non
obbligatoria, in quanto l’insorgere di fessurazioni non gravi che corrisponde a questo stato
limite non interessa l’intera struttura e quindi può essere ritenuta ammissibile.
I-14 Capitolo I
ao* (a)
a'o* (b)
La verifica di sicurezza per lo stato limite ultimo consiste nel confronto tra il
valore du* ottenuto per la capacità e il valore di riferimento per la domanda.
Quest’ultimo è valutato attraverso uno spettro analogo a quello utilizzato per la
verifica degli elementi non strutturali (Punto 4.9 dell’OPCM 3431’05), in
corrispondenza di un periodo secante. L’utilizzo di un periodo secante per la
definizione della domanda di spostamento deriva da considerazioni di carattere
dinamico, che non emergono dal metodo dell’analisi limite dell’equilibrio.
Infatti, in meccanismi di danno in cui il fenomeno di ribaltamento sia
prevalente, la struttura mostra un comportamento dinamico quasi elastico non
lineare, con bassa dissipazione isteretica e degrado limitato. Questo
comportamento fa sì che il modo generale di valutazione del performance point
non colga appropriatamente alcuni parametri della risposta dinamica,
soprattutto in un determinato intervallo di spostamenti. Per una ben
Capitolo I I-15
Nel primo caso il fattore di confidenza si applica alle proprietà dei materiali,
riducendo sia i moduli elastici sia le resistenze. I valori di partenza delle
caratteristiche meccaniche a cui applicare il fattore di confidenza, vanno
definiti negli intervalli usuali della pratica costruttiva dell’epoca, sulla base
delle risultanze del rilievo materico e dei dettagli costruttivi (per la muratura si
può far riferimento agli intervalli riportati nella Tabella 11.D.1 integrata dalla
Tabella 11.D.2 dell’Ordinanza).
Nel secondo caso, ossia di modelli di corpo rigido, nei quali la resistenza del
materiale non viene tenuta in conto, il fattore di confidenza si applica
direttamente alla capacità della struttura, ovvero riducendo l’accelerazione
corrispondente ai diversi stati limite. Qualora siano effettuate indagini sulle
proprietà meccaniche della muratura, per il fattore parziale di confidenza FC3
può essere assunto un valore più basso di 0.12 solo se la resistenza a
compressione della muratura è considerata nel modello di valutazione.
In entrambi i casi, la definizione del fattore di confidenza va riferita al
materiale/tipologia che maggiormente penalizza lo specifico meccanismo di
danno/collasso in esame.
Tabella 1.1: Definizione dei livelli di approfondimento delle indagini sui diversi
aspetti della conoscenza e relativi fattori parziali di confidenza (LL. GG. 2006).
4
Fc = 1 + ∑ FCk (1.8)
k =1
Il rilievo geometrico deve, in ogni caso, essere sviluppato ad un livello di
dettaglio coerente con le esigenze del modello geometrico adottato nelle
valutazioni analitiche e/o delle necessarie considerazioni di tipo qualitativo.
Il rilievo materico (tipologia e tessitura delle murature, tipologia ed orditura dei
solai, struttura e riempimento delle volte, etc.) e dei dettagli costruttivi
(ammorsamenti murari, eventuali indebolimenti, entità e tipologia di appoggio
degli orizzontamenti, dispositivi di contenimento delle spinte, degrado dei
materiali etc.) deve tendere, compatibilmente con le esigenze di tutela del bene,
ad accertare le diverse tipologie costruttive presenti, la loro localizzazione e
ripetitività, con particolare attenzione a tutti gli aspetti che possono influenzare
l’innesco di meccanismi di collasso locale.
Nel caso di presenza di diversi materiali strutturali, il livello di
approfondimento ed il conseguente fattore di confidenza FC3 possono essere
riferiti al materiale o ai materiali maggiormente influenti sulla determinazione
dell’indice di sicurezza. Nel caso in cui l’analisi sismica sia basata sulla
valutazione distinta di diversi meccanismi locali, possono essere utilizzati
livelli di conoscenza e fattori parziali di confidenza relativi a ciascuna porzione
modellata.
Nel caso di valutazioni a carattere locale, quando le informazioni sul terreno e
le fondazioni non hanno alcuna relazione sullo specifico meccanismo di
collasso, il fattore di confidenza parziale FC4 può essere assunto pari a 0. Negli
altri casi, per quanto concerne la conoscenza del terreno e delle fondazioni, si
distinguono gli aspetti legati alla definizione della categoria di suolo, coinvolta
nella definizione dell’input sismico, da quelli concernenti la trasmissione delle
azioni dalla struttura al suolo (geometria delle fondazioni e parametri
geotecnici del terreno).
360 m/s e 800 m/s (ovvero resistenza penetrometrica NSPT > 50, o coesione non
drenata cu>250 kPa);
C - Depositi di sabbie e ghiaie mediamente addensate, o di argille di media
consistenza, con spessori variabili da diverse decine fino a centinaia di metri,
caratterizzati da valori di Vs30 compresi tra 180 e 360 m/s (15 < NSPT < 50,
70<cu<250 kPa);
D - Depositi di terreni granulari da sciolti a poco addensati oppure coesivi da
poco a mediamente consistenti , caratterizzati da valori di Vs30 < 180 m/s
(NSPT< 15, cu <70 kPa);
E - Profili di terreno costituiti da strati superficiali alluvionali, con valori di
Vs30 simili a quelli dei tipi C o D e spessore compreso tra 5 e 20 m, giacenti su
di un substrato di materiale più rigido con Vs30 > 800 m/s;
dove Vs30 è la velocità media di propagazione entro 30 m di profondità delle
onde di taglio e viene calcolata con la seguente espressione:
30
Vs 30 = N (1.9)
hi
∑
i =1 Vi
Fattore di
Categoria Edifici
importanza
Edifici la cui funzionalità durante il terremoto ha
importanza fondamentale per la protezione civile
I 1.4
(ad esempio ospedali, municipi, caserme dei
vigili del fuoco)
Edifici importanti in relazione alle conseguenze
II di un eventuale collasso (ad esempio scuole, 1.2
teatri)
Edifici ordinari, non compresi nelle categorie
III 1.0
precedenti
Tabella 1.2: Fattori di importanza definiti dall’OPCM 3431’05.
rilevanza” (limitata, media, elevata), che possono essere definite sulla base
della conoscenza del manufatto ottenuta con la metodologia sviluppata dal
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, attraverso un procedimento
interdisciplinare, e tre diverse “categorie d’uso” (saltuario o non utilizzato,
frequente, molto frequente.
Categoria di rilevanza
Categoria d’uso Limitata Media Elevata
γI γI γI
Saltuario 0.50 0.65 0.80
Frequente 0.65 0.80 1.00
Molto frequente 0.80 1.00 1.20
Tabella 1.3: Fattori di importanza γI per la verifica allo SLU e allo SLD dei beni
culturali tutelati (LL. GG. 2006).
1.11 Conclusioni
Per i manufatti architettonici di interesse storico e culturale è ben noto che non
sempre si possono applicare le prescrizioni di modellazione e verifica indicate
per gli edifici ordinari; è tuttavia necessario procedere ad una valutazione del
comportamento sismico complessivo del manufatto, con i modelli ritenuti più
opportuni.
Su scala territoriale ciò può farsi con metodi semplificati basati su un numero
limitato di parametri geometrici e meccanici o che utilizzano strumenti
qualitativi (interrogazione visiva, lettura dei criteri costruttivi, rilievo critico).
Sul singolo edificio, tale valutazione può farsi considerando la chiesa nella sua
interezza (modello globale) o limitando l’esame alle parti che lo costituiscono
(modello locale). Nello studio del comportamento sismico delle chiese, il
ricorso a modelli locali appare non solo la via più semplice, ma anche la più
corretta. Da qui nasce la necessità di operare per macroelementi, ovvero di
dividere la chiesa in porzioni caratterizzate da una risposta sismica
sostanzialmente autonoma (Figura 1.2), ed analizzare ciascuno di essi mediante
modelli locali.
A sua volta, lo studio del comportamento del singolo macroelemento sotto
forze orizzontali, può effettuarsi, essenzialmente, secondo due diversi livelli:
- eseguendo analisi FEM, in campo lineare e/o non lineare; tale
approccio, concettualmente più immediato, presuppone
un’approfondita conoscenza della struttura e dei materiali che la
compongono;
- utilizzando gli strumenti dell’analisi limite, in particolare nella
forma del teorema cinematico; l’analisi dei cinematismi, nel caso in
Capitolo I I-23
2.1 Premessa
Le chiese hanno sempre presentato una elevata vulnerabilità alle azioni
sismiche come ci è testimoniato dai pesanti danni che si sono spesso verificati
a seguito di eventi storici (Figura 2.1).
Lo studio della risposta alle azioni sismiche delle strutture in muratura non può
prescindere dall’interpretazione dei quadri fessurativi riportati dai fabbricati
colpiti dai sismi del passato. Gli scenari di danno relativi a costruzioni in
muratura, denotano come il sisma non disintegri in modo disordinato gli
edifici, ma selezioni le parti strutturali e le soluzioni tecnologiche più deboli,
attivando meccanismi in molti casi facilmente prevedibili e catalogabili. I più
evidenti sono quelli dovuti ad un’insufficiente collegamento tra gli elementi
della struttura; in particolare, se le pareti non sono tra loro ben collegate nei
Capitolo II II-3
2.3.1 Facciata
Il macroelemento facciata è costituito dal pannello murario di facciata ed ha
come zone di sovrapposizione una parte delle pareti laterali, in caso di chiese
ad aula unica, ed anche parte delle pareti della navata centrale in caso di chiese
a tre navate.
L’elemento di facciata varia notevolmente da una chiesa all’altra, vuoi per la
forma, vuoi per gli elementi adiacenti, la distribuzione delle aperture,
discontinuità presenti nella muratura, variazioni di altezza all’innesto con le
navate laterali per le chiese a tre navate, presenza del campanile.
La presenza di questi elementi distintivi tra i vari tipi di facciata influenza, è
ovvio, anche i meccanismi di danno e la distribuzione delle lesioni all’interno
del macroelemento.
In generale, è possibile effettuare la divisione in classi tipologiche
dell’elemento facciata riportata in Figura 2.5.
Chiese ad aula unica:
A) facciata con assenza di fori oltre il portale di ingresso;
B) facciata con fori allineati lungo l’asse di simmetria principale;
C) facciata con presenza di volta strutturale nel corpo dell’aula;
D) facciata con presenza di volta strutturale all’interno dell’aula.
Chiese a tre navate:
E) facciata con fori allineati lungo l’asse di simmetria principale;
F) facciata con fori in asse e fori a quota inferiore.
Chiese con campanile adiacente alla facciata:
G) facciata addossata al campanile con continuità (complanare);
H) facciata e campanile addossati in piani sfalsati;
I) facciata con campanile realizzato su muri d’ambito.
Un’altra classificazione della facciata può farsi in base alla forma del prospetto,
per la quale sono state individuate le seguenti tipologie (Cocina et al. 1999):
1) a capanna;
2) a salienti;
3) rettangolare;
4) rettangolare con timpano.
La Figura 2.6 presenta alcuni esempi di tipologie di facciate in base al
prospetto.
II-8 Capitolo II
2.1
Per ammorsamento si intende il grado di mutuo ingranamento tra la facciata e le pareti di
navata della chiesa.
Capitolo II II-11
Nel caso del ribaltamento globale o parziale della facciata, gli indicatori di
vulnerabilità sono (Cifani et al. 2005):
- la scarsa resistenza a flessione della muratura;
- l’assenza di catene longitudinali;
II-14 Capitolo II
Figura 2.13: Ribaltamento del timpano con cerniera orizzontale in corrispondenza del
colmo.
La presenza delle aperture devia il percorso della lesione per cui è possibile
avere altri meccanismi di collasso. In particolare, è possibile avere il
meccanismo con lesione centrale, caratterizzato dalla formazione di una lesione
verticale al centro, dove si localizza una zona di debolezza, mentre i pannelli ai
Capitolo II II-17
(a) (b)
Figura 2.19: (a) Meccanismo con lesione centrale e (b) meccanismo con lesione
trasversale su tutta la facciata nel caso di buon ammorsamento nei cantonali.
L’aula presenta, nei riguardi di un’azione sismica trasversale al suo asse, due
elementi piuttosto rigidi alle estremità: la facciata, sollecitata a taglio nel
proprio piano; l’arco trionfale, spesso irrigidito dal transetto o da corpi di
fabbrica aggiunti (sacrestia, canonica); la parte centrale è invece certamente più
deformabile, per la snellezza delle pareti laterali. Se l’aula è sufficientemente
allungata, è ragionevole assumere che la campata centrale non risenta degli
effetti di bordo e quindi possa essere analizzata autonomamente; inoltre, la
frequente presenza di aperture nelle pareti laterali contribuisce a rendere
indipendenti tra loro le campate (Figura 2.23).
Per quanto riguarda i meccanismi di collasso sismico, essi sono ovviamente
diversi a seconda della tipologia.
Nel caso di presenza della sola capriata (Figura 2.24), occorre distinguere se
questa è semplicemente appoggiata o è collegata alle pareti, attraverso bolzoni
II-22 Capitolo II
metallici, barre iniettate nella muratura o cordolo. Nel primo caso sono
possibili due distinti meccanismi: a) parete che ribalta verso l’esterno, per
l’azione inerziale conseguente al proprio peso ed a quello dall’intera porzione
di copertura, che anche se non collegata trova contrasto nella parete stessa; b)
parete che ribalta verso l’interno, solo per la propria azione inerziale.
Nel caso sia presente, oltre alla capriata, una volta in muratura, si possono
verificare diversi meccanismi, ottenuti come combinazione della tecnologia in
Capitolo II II-23
Infine, la terza tipologia considerata (Figura 2.22d) coincide sia nella geometria
che nei carichi all’arco trionfale (§2.3.4) (Lagomarsino et al. 1999a).
Gli indicatori di vulnerabilità del macroelemento trasversale sono:
- la presenza pareti di elevata snellezza, che può essere calcolata
come il rapporto tra la quota di colmo e lo spessore della facciata;
- la presenza di volte ed archi.
Tra i presidi antisismici si possono considerare:
- la presenza di paraste o contrafforti esterni, che totalmente o
parzialmente impediscono la rotazione fuori dal piano delle pareti
longitudinali;
- la presenza di corpi annessi adiacenti, che totalmente o parzialmente
impediscono la rotazione fuori dal piano delle pareti longitudinale;
- la presenza di catene trasversali.
II-24 Capitolo II
meno evidente, di minore apertura e confinata nella parte alta del pannello,
perché le azioni fuori dal suo piano sono contrastate da entrambi i lati. Gli
spostamenti fuori dal piano delle pareti laterali e i contatti con campanili e
corpi annessi possono inoltre modificare sensibilmente il comportamento al
collasso di tale elemento. Per quanto attiene alla definizione delle tipologie
strutturali, piuttosto che ricorrere ad una classificazione in base alla forma
propria dell’arco, è più significativo ricorrere a rapporti geometrici fra alcune
grandezze caratteristiche dell’arco stesso: altezza in chiave, altezza e larghezza
delle spalle in rapporto al raggio dell’arco (Figura 2.33).
X altezza chiave
Kx = = (3.2)
R raggio arco
H altezza spalla
Kh = = (3.3)
R raggio arco
Questa scelta deriva dalla considerazione che, poiché l’arco è una struttura
spingente, l’insorgere di un meccanismo è condizionato dall’eccentricità della
risultante dei carichi alla base della spalla, già in condizioni statiche, e che
quest’ultima dipende in prima approssimazione da tali rapporti.
Un altro elemento di differenziazione è la percentuale di foratura del pannello,
che consente di attribuire una tipologia con relativa semplicità, tenendo conto
anche dei rapporti dimensionali di cui sopra.
II-32 Capitolo II
2.3.4.4 Taglio
Lesioni da taglio che interessano il pannello dell’arco, localizzate non solo
nelle spalle, con andamento non simmetrico.
Si tratta di un meccanismo analogo a quello osservabile nelle pareti interessate
da azioni orizzontali nel piano (Figura 2.38).
(a) (b)
(c) (d)
Figura 2.40: Tipologie di absidi.
dal piano con innesco di lesioni oblique nelle pareti laterali dell’abside, con la
differenza che la parete in fondo, essendo in genere priva di fori e di ridotte
dimensioni, è meno soggetta a subire danneggiamenti di grave entità.
Per gli absidi appartenenti alla tipologia B si nota una forte presenza del
meccanismo di tipo 2, facilitato oltre che dalla spinta dei puntoni di copertura,
che si manifesta in genere in corrispondenza delle angolate provocando la
trazione nei pannelli, anche dalla presenza di eventuali volte e dalla presenza di
fori nei pannelli, che determinano linee di rottura preferenziali.
Nel caso in cui tali spinte sono contrastate dalla presenza di cordoli o
cerchiature metalliche, il meccanismo di rottura diventa simile a quello di tipo
3, con formazione di lesioni oblique, con i pannelli dell’abside che assumono il
comportamento tipico di pareti a taglio.
Come indicatori di vulnerabilità dell’abside, si segnalano:
- la presenza di un forte indebolimento causato dalle aperture nelle
pareti;
- la presenza di volte spingenti in grado di determinare un’azione
fuori del piano già in condizioni statiche;
- presenza di cordoli in c.a. molto rigidi, di una copertura pesante, di
puntoni di falda in c.a..
Presidi antisismici possibili sono:
- presenza di cerchiatura (per absidi semicircolari e poligonali) o
catene (per absidi rettangolari);
- presenza di efficaci elementi di contrasto (contrafforti, corpi
addossati, altri edifici, che totalmente o parzialmente impediscono
la rotazione fuori piano dell’abside);
- presenza di copertura controventata che può limitare o impedire
totalmente la spinta fuori del piano.
2.3.6 Campanile
È possibile individuare due tipologie di campanili:
- campanili, ad esempio del tipo a vela, costruiti in continuità con la
facciata;
- torri campanarie in senso stretto, collocate in posizioni diverse
rispetto al complesso ecclesiastico (isolate, accostate, accorpate).
In quest’ultimo caso, è possibile effettuare una scomposizione in due
macroelementi: la torre appunto e la cella campanaria. Tale suddivisione è
chiaramente influenzata dalla presenza o meno di una zona di discontinuità fra
le due parti.
E così, qualora si volesse considerare la torre e la cella come macroelementi
diversi, bisognerà ricordarsi di individuare la zona di sovrapposizione, che sarà
II-42 Capitolo II
pari all’intera altezza della cella per il macroelemento torre, mentre per la cella
essa avrà una estensione pari alla larghezza della cella stessa.
Spesso le torri presentano al loro interno delle volte: questi elementi strutturali
costituiscono di solito il primo e l’ultimo diaframma della cavità della torre
stessa: a botte o a crociera, sono localizzate alla base e in sommità (dove
costituiscono il piano della cella). A volte sono sostituite da impalcati lignei,
inseriti anche a livelli intermedi.
Le tipologie fondamentali possono essere individuate in base alla relazione con
gli altri corpi di fabbrica (Figura 2.45):
I. torre campanaria isolata che non presenta alcun contatto con
altri corpi di fabbrica;
A1 torre campanaria addossata con zona di contatto limitata ad un
solo lato del macroelemento;
A2. torre campanaria addossata con zone di contatto estese a due lati
del macroelemento;
Ac3. torre campanaria accorpata in altro edificio che presenta zone di
contatto estese a tre lati del macroelemento;
Ac4. torre campanaria accorpata in altro edificio che presenta zone di
contatto estese a tutti i lati del macroelemento.
della torre, due sono sollecitati prevalentemente da azioni fuori dal piano e due
da azioni nel piano (Figura 2.47).
piano, allora il loro contributo può accelerare o innescare un certo tipo di danno
o addirittura il crollo totale o parziale degli elementi sollecitati fuori dal loro
piano.
Gli edifici ecclesiastici storici presentano tetti con caratteristiche omogenee,
assai poco variabili nel tempo, differenziandosi solo nei dettagli di appoggio.
Il tetto dell’aula presenta in genere una struttura con capriate lignee appoggiate
sui muri laterali e con terzere e colmo poggianti agli estremi sul timpano della
facciata e sulla muratura dell’arco trionfale.
L’impalcato può essere in pianelle di cotto, poggianti sulle terzere, o un
tavolato continuo poggiante sulle terzere, che sorregge i coppi. Il tetto può
essere dotato o meno di controsoffitto.
Un dettaglio costruttivo importantissimo ai fini della interazione tra tetto e
murature laterali è costituito dalla presenza o meno della bandella chiodata
metallica lateralmente alla catena della capriata, che collega quest’ultima alle
murature laterali.
La presenza di questo elemento, che salda la catena alle murature, trasforma la
catena lignea in un tirante, che deve assorbire non solo le azioni orizzontali che
rappresentano gli scarichi della capriata, ma anche impedire l’allontanamento
reciproco delle due pareti opposte cui è fissata. Essa svolge altresì la funzione
opposta, cioè, si comporta anche come un puntone, che si oppone ai possibili
avvicinamenti reciproci delle pareti.
Le terzere ed il colmo, invece, in quanto semplicemente appoggiati sul timpano
della facciata e sull’arco trionfale, non svolgono alcuna apprezzabile azione di
ritegno, anzi esse possono trasferire a questi elementi spinte dovute
all’instabilità delle capriate, provocandone il crollo.
Lo stesso si può dire per il tavolato, che ha una limitata rigidità propria ed il
manto di coppi, che è molto instabile. Dunque l’azione del tetto dell’aula è
molto diversa a seconda del fatto che esso sia o meno ammorsato nelle pareti
laterali e comunque essa non si sviluppa in modo omogeneo in tutta l’aula.
Il tetto dell’abside, qualora esso sia una struttura a parte non in continuazione
del tetto dell’aula, presenta generalmente una copertura a due o più falde, che
determina una configurazione del tetto come un insieme di travi inclinate che
sostengono la copertura e che sono spesso prive di catena e che si comportano
da puntoni.
Questo fatto fa sì che il tetto si comporti come una struttura spingente, che
agevola il lesionamento delle pareti, in seguito all’innesco di un meccanismo di
spostamenti fuori dal piano.
Le stesse considerazioni si possono poi ripetere per i tetti delle navate laterali,
che possono essere coperti oltre che da capriate spingenti, anche da volte, che
causano lo stesso tipo di problemi di possibile crisi fuori dal piano delle pareti,
anche perché spesso in questo tipo di strutture sono assenti o di sezione
Capitolo II II-49
3.1 Premessa
Le chiese oggetto di studio sono state selezionate in base al loro valore storico,
culturale e simbolico, oltre che alla reperibilità di materiale descrittivo, grafico
e fotografico, e all’accessibilità dei luoghi.
In particolare, le chiese analizzate sono: S. Giovanni Maggiore (SGM), S.
Giovanni a Mare (SGMR), S. Paolo Maggiore (SPM), S. Ippolisto Martire (SI),
S. Maria Vertecoeli (SMV), Sant’Agostino alla Zecca (SAZ), S. Bernardo e S.
Margherita a Fonseca (SBM), S. Gennaro all’Olmo e S. Biagio Maggiore
(SGO), S. Maria in Donnaromita (SMD) e S. Maria in Monteverginella
(SMM). Tutti gli edifici di culto, realizzati interamente in muratura di tufo,
sono siti nel centro storico di Napoli, ad eccezione di S. Ippolisto Martire che si
trova ad Atripalda (AV).
In generale tutte le chiese, ed in modo particolare anche quelle oggetto di
studio, sono caratterizzate da una notevole eterogeneità dei materiali, da una
relativa complessità delle geometrie e da un’importanza dei singoli particolari
costruttivi che ne fanno comunque delle opere “uniche”. Inoltre, le destinazioni
d’uso passate e quelle future, soggette a modificazioni in seguito a
adeguamenti funzionali che ne hanno variato l’utilizzo, concorrono a definire,
contestualmente all’ubicazione, la quale stabilisce la potenziale vulnerabilità
sismica del manufatto, i carichi da utilizzare sia nelle verifiche sia nel
successivo restauro dell’edificio stesso. La stessa ricostruzione della storia del
manufatto diventa un elemento cruciale dell’analisi, sia al fine di valutare il
ruolo delle modificazioni che la fabbrica ha subito nel corso dei secoli per
intervento dell’uomo, sia per riconoscere le cicatrici lasciate da eventi
traumatici che hanno colpito la struttura. Dal punto di vista dell’ubicazione
geografica, si evidenzia che la costruzione degli edifici di culto in Campania,
adotta generalmente materiali locali che vanno dal tufo giallo, spesso adoperato
a vista sia all’interno sia all’esterno, al tufo grigio più resistente a
compressione, alla pietrarsa ed al piperno usati per definire gli archi o i
III-2 Capitolo III
3.1
Per pianta basilicale si intende una pianta rettangolare suddivisa nel senso della lunghezza
da file di colonne che formano tre o cinque navate, in fondo alle quali si trova un vano
semicircolare detto abside. Gli edifici a pianta basilicale sono tipici dell’architettura romana
(con funzione di tribunale e di centro commerciale) e cristiana (con funzione di culto).
Capitolo III III-3
70 SGM SGMR
[m]
SPM SI
60 SMV SAZ
SBM SGO
50 SMD SMM
40
30
20
10
0
H L B
Figura 3.2: Dimensioni globali.
I pesi complessivi degli edifici (Wtot), distinti nelle due aliquote degli
orizzontamenti (Wcop) e delle murature (Wmuri), sono riportati nell’istogramma
di Figura 3.3.
L’analisi dei due grafici riportati in Figura 3.2 e Figura 3.3, consente di
classificare le dieci chiese come segue:
a) chiese di piccole dimensioni (SGMR, SMV, SBM, SMD e SGO),
caratterizzate da altezze di circa 15m, lunghezze prossime ai 30m e
larghezze intorno ai 20m. Il peso complessivo non supera i
50000KN;
b) chiese di medie dimensioni (SI e SMM), con altezze di circa 20m e
piante con lati L ≅ 45m e B ≅ 25m. Il peso globale è dell’ordine dei
100000KN;
c) chiese di grandi dimensioni (SGM, SPM e SAZ), aventi altezze
maggiori di 25m, lunghezze L e larghezze B prossime
rispettivamente a 65m e 40m. Il peso totale supera i 150000KN.
III-6 Capitolo III
350000
(KN)
300000 Wcop
21%
250000 Wmuri
200000
11% 10%
150000
100000 18%
19%
19%
50000 14%
22% 22%
21%
0
SGM SGMR SPM SI SMV SAZ SBM SGO SMD SMM
Con riferimento alla simbologia indicata in Figura 3.6, nelle tabelle che
seguono si riportano le dimensioni geometriche principali che caratterizzano i
macroelementi dei dieci casi di studio.
Classe Macroelemento h=hmax [m] h1 [m] h2 [m] h3 [m] b [m] b1 [m] b2 [m] b3[m] s1 [m] s2 [m] s3 [m]
2 T1 21.4 20.3 21.4 20.3 37 9 19 9 1.8 0 1.8
3 T2 21.4 20.3 21.4 20.3 37 9 19 9 1.8 0 1.8
4 T3 21.4 14.3 21.4 14.3 37 9 19 9 0.9 0 0.9
4 T4 21.4 14.3 21.4 14.3 37 9 19 9 0.9 0 0.9
4 T5 21.4 14.3 21.4 14.3 37 9 19 9 0.9 0 0.9
4 T6 21.4 14.3 21.4 14.3 37 9 19 9 0.9 0 0.9
4 T7 14.3 14.3 14.3 14.3 37 9 19 9 0.6 0 0.6
5 T8 25.83 17 25.83 17 37 9 19 9 0.8 0.6 0.8
6 L1 20.3 14.3 9.5 20.3 50.5 6 31.3 13.2 0.9 0.7 0.7
7 L2 20.3 14.3 20.3 0 44.5 31.3 13.2 0 1 1 0
8 L3 21.4 21.4 20.3 0 56.86 50.5 6.36 0 1.4 1.2 0
8 L4 21.4 21.4 20.3 0 56.86 50.5 6.36 0 1.4 1.2 0
7 L5 20.3 14.3 20.3 0 44.5 31.3 13.2 0 1 1 0
6 L6 20.3 14.3 9.5 20.3 50.5 6 31.3 13.2 0.9 0.7 1.2
Classe Macroelemento h=hmax [m] h1 [m] h2 [m] h3 [m] b [m] b1 [m] b2 [m] b3[m] s1 [m] s2 [m] s3 [m]
1 T1 11.6 8 11.6 8 18.7 6.98 5.62 6.1 0.8 0.8 0.8
2 T2 13.3 13.3 0 0 18.7 18.7 0 0 0.8 0 0
3 T3 13.3 13.3 0 0 18.7 18.7 0 0 0.8 0 0
4 T4 10 10 0 0 18.7 18.7 0 0 0.8 0 0
4 T5 10 7 10 7 18.7 7.05 5.55 6.1 0.8 0.8 0.8
5 T6 10 7 10 7 18.7 7.6 5 6.1 0.8 0.8 0.8
6 L1 13.46 7 13.46 8 37.35 16 16 5.35 0.8 0.8 0.8
7 L2 10 7 10 0 22.5 16 6.5 0 0.8 0.8 0
8 L3 13.3 10 13.3 11.6 37.35 22.5 9.5 5.35 0.8 0.8 0.8
8 L4 13.3 10 13.3 11.6 37.35 22.5 9.5 5.35 0.8 0.8 0.8
7 L5 10 7 10 0 22.5 16 6.5 0 0.8 0.8 0
6 L6 13.46 7 13.46 8 37.35 16 16 5.35 0.8 0.8 0.8
Classe Macroelemento h=hmax [m] h1 [m] h2 [m] h3 [m] b [m] b1 [m] b2 [m] b3[m] s1 [m] s2 [m] s3 [m]
- T1 18 18 0 18 29 8.45 12.1 8.45 1.1 0 1.1
2 T2 27.4 19 27.4 19 50.4 10.54 29.15 10.7 2 1.7 2
- T3 18 18 18 18 50.4 10.7 29 10.7 0.8 0 0.8
3 T4 27.4 19 27.4 19 50.4 10.54 29.16 10.7 2 1.7 2
4 T5 17 17 17 17 37 10.6 15.8 10.6 0.75 0 0.75
4 T6 17 17 17 17 37 10.6 15.8 10.6 0.75 0 0.75
4 T7 17 17 17 17 37 10.6 15.8 10.6 0.75 0 0.75
4 T8 17 17 17 17 37 10.6 15.8 10.6 0.75 0 0.75
4 T9 17 17 17 17 37 10.6 15.8 10.6 0.75 0 0.75
4 T10 17 17 17 17 37 10.6 15.8 10.6 0.75 0 0.75
5 T11 33.48 19.7 33.48 19.7 37 10.6 15.8 10.6 1.5 1 1.5
6 L1 18 18 0 0 37.95 37.95 0 0 0.8 0 0
7 L2 27.4 17 27.4 18 57.95 37.95 14 6 0.9 1 1
8 L3 27.4 27.4 0 0 37.95 37.95 0 0 1.9 0 0
8 L4 27.4 27.4 0 0 37.95 37.95 0 0 1.9 0 0
7 L5 27.4 17 27.4 18 57.95 37.95 14 6 0.9 1 1
6 L6 18 18 0 0 37.95 37.95 0 0 0.8 0 0
Classe Macroelemento h=hmax [m] h1 [m] h2 [m] h3 [m] b [m] b1 [m] b2 [m] b3[m] s1 [m] s2 [m] s3 [m]
1 T1 14.7 14.7 0 0 8.25 8.25 0 0 1.2 0 0
2 T2 16.64 16.64 0 0 21.65 21.65 0 0 1.2 0 0
3 T3 16.64 16.64 0 0 21.65 21.65 0 0 1.2 0 0
4 T4 14.7 9.1 14.7 9.1 21.65 6.1 9.45 6.1 1.2 1.2 1.2
4 T5 14.7 9.1 14.7 9.1 21.65 6.1 9.45 6.1 1.2 1.2 1.2
4 T6 14.7 9.1 14.7 9.1 21.65 6.1 9.45 6.1 1.2 1.2 1.2
4 T7 14.7 9.1 14.7 9.1 21.65 6.1 9.45 6.1 1.2 1.2 1.2
5 T8 17.85 10.34 14.7 10.34 21.65 5.6 10.45 5.6 1.2 1.2 1.2
6 L1 14.7 14.7 9.1 0 35.97 8 27.97 0 1.2 1.2 0
7 L2 17.56 17.56 14.86 0 44.97 17 27.97 0 1.2 1.2 0
7 L3 17.56 17.56 14.86 0 44.97 17 27.97 0 1.2 1.2 0
6 L4 14.7 14.7 9.1 0 35.97 8 27.97 0 1.2 1.2 0
Classe Macroelemento h=hmax [m] h1 [m] h2 [m] h3 [m] b [m] b1 [m] b2 [m] b3[m] s1 [m] s2 [m] s3 [m]
1 T1 9.8 9.8 0 0 16.42 16.42 0 0 0.75 0 0
2 T2 15.1 15.1 0 0 9.65 9.65 0 0 0.85 0 0
- T3 15.1 8.33 15.1 8.33 16.78 2.72 10.8 3.26 1.15 0 1.15
4 T4 15.1 8.33 15.1 8.33 16.78 2.72 10.8 3.26 1.25 0 1.25
4 T5 15.1 8.33 15.1 8.33 16.78 2.72 10.8 3.26 1.05 0 1.05
4 T6 15.1 8.33 15.1 8.33 16.78 2.72 10.8 3.26 0.99 0 0.99
5 T7 15.1 9.8 15.1 9.8 16.78 3.3 9.65 3.83 0.75 0.75 0.75
6 L1 9.8 9.8 0 0 25.58 25.58 0 0 0.6 0 0
7 L2 15.1 15.1 9.8 0 25.58 23.62 1.96 0 1.15 1.15 0
7 L3 15.1 15.1 9.8 0 25.58 23.62 1.96 0 1.15 1.15 0
6 L4 10.5 10.5 9.8 0 26.88 14.93 11.95 0 1.12 1.12 0
Classe Macroelemento h=hmax [m] h1 [m] h2 [m] h3 [m] b [m] b1 [m] b2 [m] b3[m] s1 [m] s2 [m] s3 [m]
1 A 18.5 18.5 0 18.5 42.82 3.84 35.16 3.84 1 1 1
2 T2 31.65 18.5 31.65 18.5 42.82 9.96 22.9 9.96 1.8 0 1.8
4 T3 30.6 30.3 13.35 0 42.82 9.96 22.9 9.96 1.8 0 1.8
4 T4 30.6 30.3 13.35 0 42.82 9.96 22.9 9.96 1.8 0 1.8
4 T5 30.6 30.3 13.35 0 42.82 9.96 22.9 9.96 1.8 0 1.8
4 T6 30.6 30.3 13.35 0 42.82 9.96 22.9 9.96 1.8 0 1.8
5 T7 36.59 18.5 36.59 18.53 42.82 11.11 20.6 11.11 1.5 1.5 1.5
6 L1 18.5 18.5 0 0 48.23 48.23 0 0 1 0 0
8 L2-L5 18.5 18.5 0 0 54.64 54.64 0 0 2.3 2.3 0
7 L3-L4 30.6 18.5 30.6 0 54.48 11.73 42.75 0 1.2 1.2 0
6 L6 16.95 18.5 0 0 42.83 48.25 0 0 1 0 0
Classe Macroelemento h=hmax [m] h1 [m] h2 [m] h3 [m] b [m] b1 [m] b2 [m] b3[m] s1 [m] s2 [m] s3 [m]
1 T1 14 11.46 14 0 15.81 12.5 3.31 0 0.8 0.8 0
- T2 14 11.62 14 0 12.38 2.56 9.82 0 0.8 1.8 0
- T3 14 14 11.46 0 19.11 15.8 3.31 0 0.75 0.75 0
4 T4 14 14 11.46 0 19.11 15.8 3.31 0 0.5 1.5 0
4 T5 14 11.46 14 11.46 19.13 2.56 10.69 5.88 1.75 0 1.75
4 T6 14 11.46 14 11.46 19.13 2.56 10.69 5.88 1.75 0 1.75
- T7 14 11.46 14 0 12.38 2.56 9.82 0 1.75 0.8 0
5 T8 10 4.35 10 0 12.38 4.66 7.72 0 0.7 0.7 0
6 L1 11.46 11.46 0 0 25.55 25.55 0 0 1.3 0 0
7 L2 14 11.46 14 0 25.55 11.36 14.19 0 0.74 0.74 0
8 L3 14 10.16 14 0 38.32 6.71 31.61 0 1.75 1.75 0
- L4 10 10 0 0 7.1 7.1 0 0 1 0 0
8 L5 14 14 0 0 31.22 31.22 0 0 1.5 0 0
6 L6 14 4.35 11.46 14 32.91 7.1 16.54 9.27 0.6 0.6 1.3
Classe Macroelemento h=hmax [m] h1 [m] h2 [m] h3 [m] b [m] b1 [m] b2 [m] b3[m] s1 [m] s2 [m] s3 [m]
1 T1 11.33 7.9 11.33 7.9 12.98 3.26 6.44 3.28 0.6 0.6 0.6
- T2 7.9 7.9 0 7.9 13.23 3.56 5.84 3.83 0.95 0 0.95
4 T3 11.33 7.9 11.33 7.9 13.23 3.96 5.04 4.23 1.3 1.3 1.3
4 T4 11.33 7.9 11.33 7.9 17.79 3.96 5.04 8.79 0.95 0.95 1.05
4 T5 11.33 7.9 11.33 7.9 17.79 3.96 5.04 8.79 0.95 0.95 0.95
- T6 13.7 13.7 7.9 0 12.98 9.18 3.8 0 0.6 0.6 0
5 T7 13.7 13.7 7.9 0 12.98 5.14 7.84 0 0.64 0.6 0
6 L1 13.7 7.9 13.7 0 28.12 23.38 4.74 0 0.55 0.55 0
7 L2 13.7 13.7 11.33 0 23.68 9.05 14.63 0 0.6 0.8 0
7 L5 13.7 13.7 11.33 0 23.68 9.05 14.63 0 0.6 0.81 0
6 L6 7.9 7.9 0 0 28.12 28.12 0 0 0.5 0 0
Classe Macroelemento h=hmax [m] h1 [m] h2 [m] h3 [m] b [m] b1 [m] b2 [m] b3[m] s1 [m] s2 [m] s3 [m]
1 T1 12.02 12.02 0 0 8.36 8.36 0 0 0.7 0 0
3 T2 12.02 12.02 0 0 16.2 16.2 0 0 0.7 0 0
4 T3 18.2 9.5 18.2 9.5 18.86 4.18 10.42 4.26 1.1 0 1.1
4 T4 18.2 9.5 18.2 9.5 18.86 4.18 10.42 4.26 1.1 0 1.1
4 T5 18.2 9.5 18.2 9.5 18.86 4.25 10.26 4.35 0.5 0 0.5
4 T6 18.2 9.5 18.2 9.5 19.13 4.25 10.53 4.35 0.5 0 0.5
5 T7 21.19 9.5 18.2 9.5 19.13 4.25 10.53 4.35 0.9 0 1.3
6 L1 9.5 9.5 0 0 22.8 22.8 0 0 0.5 0 0
7 L2 18.2 18.2 18.2 0 36.51 22.11 14.4 0 0.8 0.8 0
7 L3 18.2 18.2 18.2 0 36.51 22.11 14.4 0 0.8 0.8 0
6 L4 9.5 9.5 0 0 22.8 22.8 0 0 0.5 0.5 0
Classe Macroelemento h=hmax [m] h1 [m] h2 [m] h3 [m] b [m] b1 [m] b2 [m] b3[m] s1 [m] s2 [m] s3 [m]
1 T1 17.5 17.5 0 0 16.57 16.57 0 0 1.1 0 0
2 T2 17.5 17.5 17.5 17.5 22.12 7.3 7.38 7.44 1.1 0 2.4
3 T3 17.5 17.5 17.5 17.5 22.12 7.3 7.38 7.44 1.1 0 1.1
4 T4 17.5 17.5 17.5 17.5 22.12 5.57 11 5.55 0.8 0 0.8
4 T5 17.5 17.5 17.5 17.5 22.12 5.57 11 5.55 0.8 0 0.8
4 T6 17.5 17.5 17.5 17.5 22.12 5.57 11 5.55 0.8 0 0.8
4 T7 17.5 17.5 17.5 17.5 22.12 5.57 11 5.55 0.8 0 0.8
5 T8 21.86 19 21.86 17.5 22.12 5.11 12.72 4.29 1.2 1.2 1.2
6 L1 19 19 17.65 0 45.02 24.18 20.84 0 0.7 0.9 0
7 L2 17.5 17.5 0 0 45.02 24.99 20.03 0 1.1 1.1 0
7 L3 17.5 17.5 17.5 0 45.02 24.99 20.03 0 1.1 2.7 0
6 L4 19 19 17.5 0 33.8 24.18 9.62 0 0.7 0.7 0
3.4 Conclusioni
In questo capitolo sono state presentate le dieci chiese a pianta basilicale che
costituiscono i casi di studio. In particolare, sono stati esaminati i parametri
globali (H, L e B) e i pesi Wmuri, Wcop e Wtot che hanno consentito di
classificare gli edifici in chiese di piccole, medie o grandi dimensioni.
III-14 Capitolo III
4.1 Premessa
In questo capitolo viene studiato il comportamento sismico degli edifici
ecclesiastici a pianta basilicale illustrati nel capitolo precedente, con lo scopo
di comprenderne i fattori governanti e di fornire un’interpretazione dello stato
di danneggiamento verificatosi a seguito di eventi sismici così come
evidenziato nel capitolo II.
Le analisi sono state finalizzate sia allo studio del comportamento globale che
all’individuazione delle zone di maggiore vulnerabilità della struttura.
Come già anticipato, lo studio delle chiese in muratura presenta oggettive
difficoltà legate, da un lato, alle caratteristiche geometriche e morfologiche,
dall’altro, al comportamento non lineare del materiale (Giordano et al. 2002).
Per questo motivo l’approccio metodologico proposto in Mele e De Luca
(1999) consiste in una procedura “a due passi”, secondo la quale, in un primo
momento si sottopone ad analisi numeriche elastiche l’intero complesso
strutturale al fine di studiarne il comportamento globale, determinando le
caratteristiche dinamiche, la distribuzione delle sollecitazioni e delle richieste
di resistenza tra i diversi macroelementi; nel secondo passo, il singolo
macroelemento viene poi analizzato con procedure numeriche non lineari che
permettono di valutarne la capacità di resistenza e la tipologia del meccanismo
di collasso.
In questo capitolo sono riportati i risultati dell’applicazione del primo step
dell’analisi “a due passi” illustrata nel capitolo I.
In particolare, vengono mostrati i risultati delle analisi lineari delle dieci chiese
oggetto di studio, con l’obiettivo di effettuare una valutazione comparativa del
comportamento globale degli edifici e delle richieste di resistenza che il sisma
impone ad essi.
Nel capitolo successivo, invece, i singoli macroelementi verranno analizzati
con analisi statiche non lineari.
IV-2 Capitolo IV
SGM (SIR)
Direzione trasversale Direzione longitudinale
MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%] MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%]
3 0.51 21.00 21.00 1 0.57 2.32 2.32
4 0.46 1.51 22.51 2 0.52 46.00 48.32
5 0.45 33.00 55.51 7 0.42 0.72 49.03
8 0.40 1.38 56.88 9 0.36 12.00 61.03
10 0.35 0.32 57.21 11 0.33 0.23 61.26
12 0.33 0.19 57.40 25 0.30 0.16 61.42
31 0.27 5.74 63.14 26 0.29 0.12 61.54
32 0.27 5.74 68.88 27 0.28 0.80 62.34
33 0.26 1.65 70.53 28 0.28 0.22 62.57
35 0.25 0.99 71.52 29 0.28 9.16 71.73
37 0.24 0.72 72.24 30 0.27 0.15 71.88
38 0.24 2.18 74.42 33 0.26 0.59 72.47
54 0.20 1.23 75.65 37 0.24 0.34 72.82
65 0.18 1.10 76.74 38 0.24 0.18 72.99
Tabella 4.2: Fattori di partecipazione di SGM (SIR).
IV-10 Capitolo IV
SGMR (SIR)
Direzione trasversale Direzione longitudinale
MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%] MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%]
2 0.45 33.00 33.00 1 0.47 41.00 41.00
3 0.38 9.69 42.69 4 0.37 0.13 41.13
4 0.37 3.46 46.15 6 0.30 5.22 46.35
5 0.35 12.00 58.15 15 0.20 0.42 46.77
7 0.26 1.88 60.03 17 0.19 0.20 46.97
9 0.25 0.38 60.41 18 0.19 7.87 54.84
11 0.22 2.64 63.06 19 0.18 0.63 55.47
12 0.22 1.69 64.74 20 0.18 1.03 56.49
13 0.21 0.20 64.94 21 0.17 0.22 56.72
14 0.20 3.04 67.98 22 0.17 2.48 59.20
15 0.20 0.66 68.64 24 0.16 0.73 59.93
16 0.20 1.42 70.06 25 0.16 10.00 69.93
18 0.19 0.24 70.30 27 0.15 0.28 70.20
20 0.18 0.83 71.13 29 0.14 0.13 70.34
21 0.17 0.17 71.30 33 0.13 0.10 70.44
23 0.16 0.70 72.00 37 0.13 0.20 70.64
32 0.14 0.94 72.95 38 0.13 0.85 71.49
35 0.13 0.97 73.91 39 0.12 0.68 72.16
42 0.12 1.21 75.13 43 0.12 0.23 72.39
43 0.12 2.55 77.67 46 0.11 0.10 72.49
Tabella 4.3: Fattori di partecipazione di SGMR (SIR).
Capitolo IV IV-11
SPM (SIR)
Direzione trasversale Direzione longitudinale
MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%] MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%]
2 0.71 17.00 17.00 3 0.70 15.00 15.00
5 0.53 7.18 24.18 4 0.56 22.00 37.00
6 0.52 1.65 25.83 6 0.52 2.24 39.24
7 0.51 1.35 27.17 9 0.45 1.09 40.34
10 0.41 4.78 31.95 11 0.38 2.79 43.12
11 0.38 10.00 41.95 12 0.38 15.00 58.12
16 0.33 9.44 51.39 15 0.33 4.44 62.56
18 0.31 3.22 54.61 19 0.29 3.24 65.80
21 0.28 3.82 58.42 45 0.19 1.70 67.50
22 0.27 1.94 60.36 58 0.17 1.38 68.88
Tabella 4.4: Fattori di partecipazione di SPM (SIR).
IV-12 Capitolo IV
SI (SIR)
Direzione trasversale Direzione longitudinale
MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%] MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%]
1 0.39 47.69 47.69 2 0.35 8.32 8.32
2 0.35 6.13 53.82 3 0.34 45.69 54.01
3 0.34 1.05 54.87 6 0.25 5.66 59.67
4 0.31 6.71 61.58 7 0.24 0.14 59.81
5 0.27 4.09 65.67 14 0.19 1.00 60.81
10 0.21 0.71 66.38 18 0.16 1.10 61.91
15 0.17 3.45 69.83 23 0.15 3.45 65.36
16 0.17 1.57 71.40 33 0.12 1.33 66.69
28 0.14 2.41 73.81 34 0.12 1.58 68.27
29 0.14 3.10 76.91 38 0.11 1.87 70.14
Tabella 4.5: Fattori di partecipazione di SI (SIR).
Capitolo IV IV-13
SMV (SIR)
Direzione trasversale Direzione longitudinale
MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%] MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%]
1 0.73 2.40 2.40 6 0.33 0.99 0.99
2 0.62 22.30 24.70 7 0.31 0.92 1.91
5 0.35 2.10 26.80 9 0.27 36.90 38.81
11 0.26 2.50 29.30 10 0.27 0.91 39.72
12 0.25 12.50 41.80 13 0.25 7.90 47.62
15 0.24 1.00 42.80 14 0.24 2.00 49.62
18 0.22 8.60 51.40 19 0.22 4.10 53.72
20 0.21 7.10 58.50 22 0.20 1.50 55.22
24 0.18 5.10 63.60 29 0.16 1.70 56.92
28 0.16 2.40 66.00 37 0.14 1.00 57.92
31 0.15 1.00 67.00 38 0.14 5.70 63.62
36 0.14 1.30 68.30 45 0.12 1.20 64.82
50 0.11 1.10 69.40 47 0.12 7.60 72.42
58 0.10 2.00 71.40 63 0.10 2.10 74.52
Tabella 4.6: Fattori di partecipazione di SMV (SIR).
IV-14 Capitolo IV
SAZ (SIR)
Direzione trasversale Direzione longitudinale
MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%] MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%]
1 0.79 40.60 40.60 2 0.66 1.80 1.80
3 0.66 1.60 42.20 5 0.56 31.10 32.90
6 0.51 13.10 55.30 7 0.49 5.20 38.10
8 0.48 2.90 58.20 12 0.45 0.14 38.24
12 0.45 2.00 60.20 13 0.45 0.79 39.03
15 0.41 5.60 65.80 14 0.43 21.90 60.93
18 0.37 2.00 67.80 16 0.40 0.21 61.14
19 0.35 5.80 73.60 17 0.38 4.90 66.04
22 0.33 2.30 75.90 20 0.33 0.33 66.37
24 0.30 0.76 76.66 21 0.33 0.70 67.07
26 0.29 1.00 77.66 23 0.31 0.15 67.22
27 0.27 0.20 77.86 25 0.29 0.47 67.69
32 0.25 0.54 78.40 29 0.27 0.37 68.06
38 0.22 3.10 81.50 33 0.24 8.00 76.06
39 0.22 0.18 81.69 34 0.24 0.92 76.99
43 0.20 1.10 82.79 39 0.22 4.10 81.09
SBM (SIR)
Direzione trasversale Direzione longitudinale
MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%] MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%]
3 0.25 1.50 1.50 1 0.37 51.30 51.30
4 0.22 5.40 6.90 2 0.27 3.40 54.70
5 0.21 53.40 60.30 3 0.25 0.76 55.46
6 0.20 1.30 61.60 4 0.22 6.10 61.56
7 0.20 1.90 63.50 5 0.21 0.47 62.03
8 0.18 5.20 68.70 6 0.20 0.25 62.28
10 0.17 3.70 72.40 7 0.20 1.50 63.78
20 0.14 0.67 73.07 8 0.18 0.71 64.49
23 0.13 0.63 73.70 9 0.18 2.50 66.99
24 0.13 0.71 74.42 12 0.16 3.90 70.89
25 0.13 0.75 75.17 19 0.14 3.20 74.09
26 0.12 0.33 75.50 36 0.10 1.20 75.29
27 0.12 0.49 75.99 38 0.10 2.30 77.59
SGO (SIR)
Direzione trasversale Direzione longitudinale
MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%] MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%]
1 0.71 7.40 7.40 12 0.29 2.70 2.70
2 0.70 30.10 37.50 13 0.27 3.40 6.10
3 0.59 1.70 39.20 14 0.26 24.20 30.30
11 0.30 4.00 43.20 15 0.26 1.36 31.66
Tabella 4.9: Fattori di partecipazione di SGO (SIR).
Capitolo IV IV-17
SMD (SIR)
Direzione trasversale Direzione longitudinale
MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%] MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%]
1 0.89 11.70 11.70 3 0.58 0.20 0.20
2 0.89 0.40 12.10 4 0.58 3.00 3.20
3 0.58 12.40 24.50 7 0.42 0.45 3.65
6 0.55 12.10 36.60 8 0.40 4.80 8.45
7 0.42 0.87 37.47 9 0.39 49.60 58.05
8 0.40 3.20 40.67 15 0.30 0.75 58.81
17 0.28 2.70 43.37 17 0.28 0.33 59.13
19 0.26 3.50 46.87 18 0.27 3.70 62.83
20 0.24 1.80 48.67 19 0.26 1.20 64.03
21 0.22 0.61 49.28 21 0.22 0.45 64.48
22 0.21 11.10 60.38 26 0.18 0.55 65.03
24 0.21 6.30 66.68 27 0.18 1.90 66.93
34 0.16 1.00 67.68 28 0.18 1.40 68.33
41 0.14 3.50 71.18 42 0.13 0.99 69.32
42 0.13 0.26 71.43 43 0.13 0.71 70.03
45 0.13 0.14 71.58 45 0.13 0.92 70.95
49 0.12 0.67 72.25 47 0.12 0.44 71.39
50 0.12 1.10 73.35 49 0.12 0.22 71.61
52 0.12 1.20 74.55 55 0.11 1.50 73.11
54 0.11 0.70 75.25 56 0.11 0.11 73.22
56 0.11 0.36 75.61 57 0.11 0.79 74.02
57 0.11 0.18 75.80 61 0.11 0.93 74.94
62 0.11 0.35 76.15 62 0.11 0.85 75.80
Tabella 4.10: Fattori di partecipazione di SMD (SIR).
IV-18 Capitolo IV
SMM (SIR)
Direzione trasversale Direzione longitudinale
MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%] MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%]
5 0.47 6.50 6.50 4 0.49 24.50 24.50
6 0.43 13.60 20.10 5 0.47 1.00 25.50
7 0.40 12.70 32.80 9 0.39 7.80 33.30
11 0.38 12.70 45.50 10 0.39 1.70 35.00
12 0.37 5.90 51.40 11 0.38 2.00 37.00
13 0.35 1.10 52.50 12 0.37 2.50 39.50
14 0.34 1.30 53.80 14 0.34 1.40 40.90
16 0.33 1.20 55.00 15 0.34 5.10 46.00
24 0.26 6.20 61.20 19 0.30 1.80 47.80
26 0.23 1.30 62.50 20 0.30 1.30 49.10
30 0.22 1.10 63.60 22 0.28 3.00 52.10
31 0.21 1.50 65.10 34 0.20 1.60 53.70
SGM (IR)
Direzione trasversale Direzione longitudinale
MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%] MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%]
2 0.40 9.99 9.99 10 0.30 62.00 62.00
3 0.33 69.00 78.99 11 0.30 12.00 74.00
17 0.24 2.89 81.88 16 0.26 8.89 82.89
35 0.18 0.62 82.50 29 0.21 0.32 83.21
36 0.16 0.60 83.11 30 0.20 0.69 83.89
60 0.12 1.16 84.27 39 0.15 0.82 84.71
Tabella 4.12: Fattori di partecipazione di SGM (IR).
Capitolo IV IV-21
SGMR (IR)
Direzione trasversale Direzione longitudinale
MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%] MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%]
1 0.22 80.00 80.00 2 0.17 5.08 5.08
4 0.16 4.85 84.85 3 0.17 80.00 85.08
Tabella 4.13: Fattori di partecipazione di SGMR (IR).
IV-22 Capitolo IV
SPM (IR)
Direzione trasversale Direzione longitudinale
MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%] MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%]
2 0.43 44.00 44.00 1 0.66 4.17 4.17
3 0.43 3.36 47.36 2 0.43 4.61 8.78
4 0.41 0.72 48.08 3 0.43 50.00 58.78
5 0.35 2.56 50.64 6 0.35 2.51 61.29
7 0.33 17.00 67.64 8 0.32 3.81 65.10
15 0.23 0.98 68.62 12 0.27 1.04 66.14
17 0.22 2.09 70.71 14 0.25 8.60 74.75
Tabella 4.14: Fattori di partecipazione di SPM (IR).
Capitolo IV IV-23
SI (IR)
Direzione trasversale Direzione longitudinale
MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%] MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%]
1 0.27 77.58 77.58 2 0.23 18.98 18.98
9 0.14 3.53 81.11 3 0.19 23.93 42.91
13 0.12 1.56 82.67 4 0.17 37.44 80.35
Tabella 4.15: Fattori di partecipazione di SI (IR).
IV-24 Capitolo IV
SMV (IR)
Direzione trasversale Direzione longitudinale
MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%] MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%]
1 0.30 8.70 8.70 3 0.26 25.74 25.74
2 0.27 51.80 60.50 4 0.23 23.24 48.98
12 0.16 8.80 69.30 6 0.21 20.93 69.91
15 0.14 0.90 70.20 7 0.19 19.19 89.10
17 0.14 6.00 76.20 8 0.19 19.10 108.20
19 0.13 3.00 79.20 10 0.17 16.67 124.87
20 0.13 1.00 80.20 11 0.16 16.39 141.26
Tabella 4.16: Fattori di partecipazione di SMV (IR).
Capitolo IV IV-25
SAZ (IR)
Direzione trasversale Direzione longitudinale
MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%] MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%]
1 0.54 63.70 63.70 2 0.47 9.30 9.30
7 0.34 19.10 82.80 6 0.38 50.30 59.60
9 0.30 1.70 84.50 8 0.34 23.00 82.60
SBM (IR)
Direzione trasversale Direzione longitudinale
MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%] MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%]
2 0.20 1.60 1.60 1 0.29 68.50 68.50
3 0.20 45.60 47.20 5 0.16 1.80 70.30
4 0.17 27.00 74.20 14 0.12 1.60 71.90
6 0.15 2.50 76.70 17 0.11 1.50 73.40
29 0.08 1.10 77.80 19 0.10 2.50 75.90
SGO (IR)
Direzione trasversale Direzione longitudinale
MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%] MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%]
1 0.29 53.90 53.90 8 0.19 11.70 11.70
4 0.23 19.40 73.30 9 0.18 30.40 42.10
14 0.15 2.70 76.00 11 0.17 7.50 49.60
Tabella 4.19: Fattori di partecipazione di SGO (IR).
IV-28 Capitolo IV
SMD (IR)
Direzione trasversale Direzione longitudinale
MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%] MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%]
1 0.39 52.10 52.10 1 0.39 0.12 0.12
3 0.27 0.26 52.36 2 0.31 29.30 29.42
4 0.23 2.40 54.76 3 0.27 42.70 72.12
6 0.16 22.60 77.36 4 0.23 1.70 73.82
7 0.14 0.11 77.47 5 0.17 0.49 74.32
10 0.13 1.40 78.87 12 0.12 5.80 80.12
13 0.12 0.12 78.99 13 0.12 3.00 83.12
15 0.11 1.40 80.39 14 0.12 1.30 84.42
Tabella 4.20: Fattori di partecipazione di SMD (IR).
Capitolo IV IV-29
SMM (IR)
Direzione trasversale Direzione longitudinale
MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%] MODO T [s] Mi/Mtot [%] ΣMi/Mtot [%]
1 0.39 52.10 52.10 1 0.39 0.12 0.12
3 0.27 0.26 52.36 2 0.31 29.30 29.42
4 0.23 2.40 54.76 3 0.27 42.70 72.12
6 0.16 22.60 77.36 4 0.23 1.70 73.82
7 0.14 0.11 77.47 5 0.17 0.49 74.32
10 0.13 1.40 78.87 12 0.12 5.80 80.12
13 0.12 0.12 78.99 13 0.12 3.00 83.12
15 0.11 1.40 80.39 14 0.12 1.30 84.42
0.6
0.5
SMM
0.4
SIR
0.3
SGMR
SGM
SBM
SMV
0.2
SI - SMD
0.1
SPM
SGO
SAZ
0 T [s]
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3
(a)
0.7 γI F/Wtot=γI Sd(T)λ /g
0.6
0.5
SBM- SGO
SMM
0.4
IR
0.3
SGMR
SMD SGM
0.2
SI - SMV
0.1
SPM
SAZ
0 T [s]
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3
(b)
Figura 4.31: Azione sismica sulle chiese (a) senza impalcati rigidi (SIR) e (b) con
impalcati rigidi (IR).
Capitolo IV IV-31
Nell’istogramma di Figura 4.32, invece, sono riportati due gruppi di barre relativi ai
due modelli analizzati (senza impalcato (SIR) e con impalcato rigido (IR)). Sull’asse
delle ordinate è riportato il taglio alla base totale γIF adimensionalizzato rispetto al
peso totale Wtot. Allo stesso modo, in Figura 4.33 sono riportati i valori assunti dal
tagliante alla base delle basiliche. I valori numerici sono riportati nella Tabella 4.22.
Chiesa Wtot [kN] TSIR [s] γIF/Wtot γIF [kN] TIR [s] γIF/Wtot γIF [kN]
SGM 164728 0.52 0.319 52591 0.33 0.332 54695
SGMR 35973 0.47 0.332 11944 0.22 0.332 11944
SPM 221164 0.56 0.296 65565 0.43 0.332 73433
SI 53788 0.39 0.332 17859 0.27 0.332 17859
SMV 42830 0.62 0.268 11469 0.27 0.332 14221
SAZ 290808 0.79 0.210 61112 0.54 0.307 89405
SBM 56123 0.34 0.332 18635 0.29 0.332 18635
SGO 21808 0.7 0.237 5172 0.29 0.332 7241
SMD 54455 0.39 0.332 18081 0.39 0.332 18081
SMM 101612 0.49 0.332 33738 0.40 0.332 33738
Tabella 4.22: Taglio sismico alla base delle dieci chiese in esame.
γIF/Wtot SIR IR
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
SGM SGMR SPM SI SMV SAZ SBM SGO SMD SMM
Figura 4.32: Tagli totali alla base delle chiese (γIF) adimensionalizzati rispetto al peso
totale (Wtot).
IV-32 Capitolo IV
80000
70000
60000
50000
40000
30000
20000
10000
0
SGM SGMR SPM SI SMV SAZ SBM SGO SMD SMM
Per quanto concerne la ripartizione di tali azioni orizzontali, nelle figure che
seguono sono riportate le distribuzioni delle sollecitazioni taglianti tra i diversi
macroelementi che compongono le chiese in esame in assenza (SIR) ed in
presenza (IR) di diaframmi rigidi.
In particolare, i diagrammi hanno sull’asse delle ascisse le sigle identificative
degli elementi strutturali (si vedano le Figure 3.4 e 3.5) e sull’asse delle
ordinate il taglio Fi assorbito dai singoli elementi adimensionalizzato rispetto al
taglio totale γIF, con azione sismica che investe la struttura in direzione
trasversale (x) e longitudinale (y).
Per ogni chiesa, negli istogrammi sono riportati due barre per ciascun elemento
strutturale, relative rispettivamente all’analisi statica degli edifici senza (SIR) e
con (IR) impalcato rigido.
L’analisi dei risultati riportati nelle figure permette di derivare informazioni
sulla distribuzione delle sollecitazione tra gli elementi strutturali delle chiese
nelle due ipotesi di modellazione.
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 T8 L1 L2 L3 L4 L5 L6
(a)
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 T8 L1 L2 L3 L4 L5 L6
(b)
Figura 4.34: Tagli dei singoli elementi della chiesa SGM adimensionalizzati rispetto al
taglio totale lungo la direzione (a) trasversale e (b) longitudinale.
Capitolo IV IV-35
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 L1 L2 L3 L4 L5 L6
(a)
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 L1 L2 L3 L4 L5 L6
(b)
Figura 4.35: Tagli dei singoli elementi della chiesa SGMR adimensionalizzati rispetto
al taglio totale lungo la direzione (a) trasversale e (b) longitudinale.
IV-36 Capitolo IV
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 T8 T9 T10 T11 L1 L2 L3 L4 L5 L6
(a)
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 T8 T9 T10 T11 L1 L2 L3 L4 L5 L6
(b)
Figura 4.36: Tagli dei singoli elementi della chiesa SPM adimensionalizzati rispetto al
taglio totale lungo la direzione (a) trasversale e (b) longitudinale.
Capitolo IV IV-37
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 T8 L1 L2 L3 L4
(a)
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 T8 L1 L2 L3 L4
(b)
Figura 4.37: Tagli dei singoli elementi della chiesa SI adimensionalizzati rispetto al
taglio totale lungo la direzione (a) trasversale e (b) longitudinale.
IV-38 Capitolo IV
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 L1 L2 L3 L4
(a)
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 L1 L2 L3 L4
(b)
Figura 4.38: Tagli dei singoli elementi della chiesa SMV adimensionalizzati rispetto al
taglio totale lungo la direzione (a) trasversale e (b) longitudinale.
Capitolo IV IV-39
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 L1 L2 L3 L4 L5 L6
(a)
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 L1 L2 L3 L4 L5 L6
(b)
Figura 4.39: Tagli dei singoli elementi della chiesa SAZ adimensionalizzati rispetto al
taglio totale lungo la direzione (a) trasversale e (b) longitudinale.
IV-40 Capitolo IV
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 T8 L1 L2 L3 L4 L5 L6
(a)
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 T8 L1 L2 L3 L4 L5 L6
(b)
Figura 4.40: Tagli dei singoli elementi della chiesa SBM adimensionalizzati rispetto al
taglio totale lungo la direzione (a) trasversale e (b) longitudinale.
Capitolo IV IV-41
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 L1 L2 L3 L4 L5 L6
(a)
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 L1 L2 L3 L4 L5 L6
(b)
Figura 4.41: Tagli dei singoli elementi della chiesa SGO adimensionalizzati rispetto al
taglio totale lungo la direzione (a) trasversale e (b) longitudinale.
IV-42 Capitolo IV
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 L1 L2 L3 L4
(a)
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 L1 L2 L3 L4
(b)
Figura 4.42: Tagli dei singoli elementi della chiesa SMD adimensionalizzati rispetto al
taglio totale lungo la direzione (a) trasversale e (b) longitudinale.
Capitolo IV IV-43
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 T8 L1 L2 L3 L4
(a)
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 T8 L1 L2 L3 L4
(b)
Figura 4.43: Tagli dei singoli elementi della chiesa SMM adimensionalizzati rispetto
al taglio totale lungo la direzione (a) trasversale e (b) longitudinale.
IV-44 Capitolo IV
40%
30%
20%
10%
0%
SGM SGMR SPM SI SMV SAZ SBM SGO SMD SMM
(a)
40%
30%
20%
10%
0%
SGM SGMR SPM SI SMV SAZ SBM SGO SMD SMM
(b)
Figura 4.44: Aliquote del taglio sismico alla base assorbito dai macroelementi
ortogonali all’azione sismica.
Capitolo IV IV-45
4.5 Conclusioni
In questo capitolo è stato esaminato il comportamento sismico dei dieci edifici
ecclesiastici oggetto di studio. In particolare, si sono mostrati i risultati delle
analisi statiche e modali sugli schemi di edifici con (IR) e senza (SIR)
l’inserimento di impalcati rigidi alla quota delle coperture.
Le analisi sugli schemi nell’ipotesi di assenza del diaframma rigido (SIR),
hanno messo in evidenza la complessità del comportamento dinamico di questa
tipologia edilizia e la particolare vulnerabilità alle azioni sismiche. La
distribuzione delle forme modali per tutti gli edifici analizzati, inoltre, ha
mostrato basse rigidezze torsionali e trasversali dell’edificio e significative
deformazioni degli elementi fuori dal piano.
Questi problemi sono attenuati nella risposta di edifici con i diaframmi rigidi
(IR), caratterizzati da una rigidezza globale maggiore, specialmente di tipo
torsionale, e un comportamento più monolitico. L’introduzione di impalcati
rigidi porta ad un miglioramento globale degli edifici anche se tale effetto non
è completamente benefico: essendo le quote in cui sono allocati i piani rigidi
differenti (la navate principali hanno un’altezza generalmente maggiore delle
navate secondarie) è possibile rilevare alcune discontinuità nei modi di
deformazione; è stato inoltre rilevata una concentrazione di sollecitazioni negli
elementi più rigidi degli edifici (elementi di facciata e zona del transetto) i
quali assorbono un’aliquota maggiore del taglio totale esterno rispetto allo
schema senza impalcati rigidi. In direzione longitudinale gli elementi
perimetrali, più rigidi di quelli centrali, sono sollecitati in misura sensibilmente
IV-46 Capitolo IV
5.1 Premessa
Concluso il primo step della procedura “a due passi”, che ha fornito importanti
indicazioni circa la ripartizione dell’azione sismica, in questo capitolo si passa
alla seconda fase della procedura che, come anticipato nel primo capitolo,
consiste nel sottoporre ciascuno dei macroelementi che costituiscono
l’organismo strutturale delle chiese, ad analisi non lineari agli elementi finiti.
Le analisi FEM sugli elementi bidimensionali sono state condotte utilizzando il
codice di calcolo ABAQUS (HKS 2004) con il modello di materiale “a
fessurazione diffusa”.
Lo scopo di queste analisi è quello di ricavare per ciascun macroelemento una
previsione del comportamento fino alla condizione di rottura, ovvero, di
valutare il moltiplicatore λ delle forze orizzontali che porta al collasso
dell’elemento stesso.
(a) (b)
Figura 5.1: (a) Comportamento monoassiale assunto dal modello; (b) superficie di
rottura in stato piano di tensione.
Capitolo V V-3
4.0 σ [MPa]
3.5
3.0
2.5
2.0
1.5
1.0
0.5
ε [%]
0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
Figura 5.2: Legame costitutivo adottato per la muratura.
Come fatto in Marseglia (2006), per fissare la dimensione media della mesh da
adottare, sono state condotte delle analisi di sensibilità alla mesh, facendo
variare la dimensione media dell’elemento finito, ovvero l’infittimento della
discretizzazione. I risultati di tali analisi di sensibilità hanno evidenziato
l’opportunità di adottare elementi shell aventi lati con dimensioni medie pari al
2% della lunghezza del macroelemento.
5.3 Facciata
Nelle figure che seguono si riportano, per le facciate delle dieci chiese in
esame, le curve di pushover e le configurazioni deformate con
rappresentazione vettoriale del tensore di tensione in corrispondenza
dell’ultimo incremento di carico.
Dall’esame delle curve carico-spostamento, si evince un comportamento
sensibilmente lineare fin quasi al raggiungimento della resistenza massima.
La rappresentazione vettoriale delle tensioni mostra chiaramente la tendenza
alla formazione di puntoni nelle zone di fascia sovrastante l’apertura centrale e
nel maschio sottovento.
Le facciate, quindi, evidenziano il classico comportamento di parete tozza. Fa
eccezione la chiesa di SGO (Figura 5.11), che, per sisma diretto da destra verso
sinistra, mostra una tendenza allo scollamento della parte sinistra della parete; a
differenza delle altre facciate, per SGO, la curva di pushover mostra un
comportamento non fragile, con un ramo plastico caratterizzato da aumenti di
deformazioni sotto carico sensibilmente costante.
In Figura 5.14 è riportato un confronto fra i moltiplicatori di collasso; è
possibile osservare che la portanza alle azioni orizzontali varia nell’intervallo
50÷80%, ad eccezione di SGMR (λ=139%) che, presentando solo una piccola
apertura in sommità, si comporta come un pannello pieno (Figura 5.5).
V-8 Capitolo V
150%
λ
125%
100%
75%
50%
25%
δ [mm]
0%
0 5 10 15 20 25
(a)
(b)
Figura 5.4: Curva pushover (a) e deformata con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento di facciata della chiesa di SGM (b).
Capitolo V V-9
150%
λ
125%
100%
75%
50%
25%
δ [mm]
0%
0 5 10 15 20 25
(a)
(b)
Figura 5.5: Curva pushover (a) e deformata con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento di facciata della chiesa di SGMR (b).
V-10 Capitolo V
150%
λ
125%
100%
75%
50%
25%
δ [mm]
0%
0 5 10 15 20 25
(a)
(b)
Figura 5.6: Curva pushover (a) e deformata con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento di facciata della chiesa di SPM (b).
Capitolo V V-11
150%
λ
125%
100%
75%
50%
25%
δ [mm]
0%
0 5 10 15 20 25
(a)
(b)
Figura 5.7: Curva pushover (a) e deformata con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento di facciata della chiesa di SI (b).
V-12 Capitolo V
150%
λ
125%
100%
75%
50%
25%
δ [mm]
0%
0 5 10 15 20 25
(a)
(b)
Figura 5.8: Curva pushover (a) e deformata con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento di facciata della chiesa di SMV (b).
Capitolo V V-13
150%
λ
125%
100%
75%
50%
25%
δ [mm]
0%
0 5 10 15 20 25
(a)
(b)
Figura 5.9: Curva pushover (a) e deformata con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento di facciata della chiesa di SAZ (b).
V-14 Capitolo V
150%
λ
125%
100%
SX
75%
DX
50%
25%
δ [mm]
0%
0 5 10 15 20 25
(a)
(b) (c)
Figura 5.10: Curve pushover (a) e deformate con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento di facciata della chiesa di SBM per forze
orizzontali agenti da sinistra (b) e da destra (c).
Capitolo V V-15
150%
λ
125%
SX
100%
75%
DX
50%
25%
δ [mm]
0%
0 5 10 15 20 25
(a)
(b) (c)
Figura 5.11: Curve pushover (a) e deformate con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento di facciata della chiesa di SGO per forze
orizzontali agenti da sinistra (b) e da destra (c).
V-16 Capitolo V
150%
λ
125%
100%
75% SX
50% DX
25%
δ [mm]
0%
0 5 10 15 20 25
(a)
(b) (c)
Figura 5.12: Curve pushover (a) e deformate con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento di facciata della chiesa di SMD per forze
orizzontali agenti da sinistra (b) e da destra (c).
Capitolo V V-17
150%
λ
125%
100%
75%
SX
DX
50%
25%
δ [mm]
0%
0 5 10 15 20 25
(a)
(b) (c)
Figura 5.13: Curve pushover (a) e deformate con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento di facciata della chiesa di SMM per forze
orizzontali agenti da sinistra (b) e da destra (c).
V-18 Capitolo V
150%
λABAQUS
125%
100%
75%
50%
25%
0%
SGM SGMR SPM SI SMV SAZ SBM SGO SMD SMM
Figura 5.14: Confronto fra i moltiplicatori di collasso delle facciate dei dieci casi di
studio.
60%
λ
50%
40%
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
(a)
(b)
Figura 5.15: Curva pushover (a) e deformata con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento arco trionfale della chiesa di SGM (b).
V-20 Capitolo V
60%
λ
50%
40%
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
(a)
(b)
Figura 5.16: Curva pushover (a) e deformata con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento arco trionfale della chiesa di SGMR (b).
Capitolo V V-21
60%
λ
50%
40%
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
(a)
(b)
Figura 5.17: Curva pushover (a) e deformata con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento arco trionfale della chiesa di SPM (b).
V-22 Capitolo V
60%
λ
50%
40%
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
(a)
(b)
Figura 5.18: Curva pushover (a) e deformata con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento arco trionfale della chiesa di SI (b).
Capitolo V V-23
60%
λ
50%
40%
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
(a)
(b)
Figura 5.19: Curva pushover (a) e deformata con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento arco trionfale della chiesa di SMV (b).
V-24 Capitolo V
60%
λ
50%
40%
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
(a)
(b)
Figura 5.20: Curva pushover (a) e deformata con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento arco trionfale della chiesa di SAZ (b).
Capitolo V V-25
60%
λ
50%
40%
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
(a)
(b)
Figura 5.21: Curva pushover (a) e deformata con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento arco trionfale della chiesa di SMM (b).
V-26 Capitolo V
60%
λABAQUS
50%
40%
30%
20%
10%
0%
SGM SGMR SPM SI SMV SAZ SBM SGO SMD SMM
Figura 5.22: Confronto fra i moltiplicatori di collasso degli archi trionfali dei dieci
casi di studio.
50%
λ
40%
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50 60
(a)
(b)
Figura 5.23: Curva pushover (a) e deformata con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento sezione trasversale sulla navata della
chiesa di SGM (b).
Capitolo V V-29
50%
λ
40%
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50 60
(a)
(b)
Figura 5.24: Curva pushover (a) e deformata con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento sezione trasversale sulla navata della
chiesa di SGMR (b).
V-30 Capitolo V
50%
λ
40%
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50 60
(a)
(b)
Figura 5.25: Curva pushover (a) e deformata con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento sezione trasversale sulla navata della
chiesa di SPM (b).
Capitolo V V-31
50%
λ
40%
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50 60
(a)
(b)
Figura 5.26: Curva pushover (a) e deformata con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento sezione trasversale sulla navata della
chiesa di SI (b).
V-32 Capitolo V
50%
λ
40%
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50 60
(a)
(b)
Figura 5.27: Curva pushover (a) e deformata con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento sezione trasversale sulla navata della
chiesa di SMV (b).
Capitolo V V-33
50%
λ
40%
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50 60
(a)
(b)
Figura 5.28: Curva pushover (a) edeformata con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento sezione trasversale sulla navata della
chiesa di SAZ (b).
V-34 Capitolo V
50%
λ
40% SX
30%
DX
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50 60
(a)
(b) (c)
Figura 5.29: Curve pushover (a) e deformate con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento sezione trasversale sulla navata della
chiesa di SBM per forze orizzontali agenti da sinistra (b) e da destra (c).
Capitolo V V-35
50%
λ
40%
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50 60
(a)
(b)
Figura 5.30: Curva pushover (a) e deformata con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento sezione trasversale sulla navata della
chiesa di SGO (b).
V-36 Capitolo V
50%
λ
40%
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50 60
(a)
(b)
Figura 5.31: Curva pushover (a) e deformata con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento sezione trasversale sulla navata della
chiesa di SMD (b).
Capitolo V V-37
50%
λ
40%
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50 60
(a)
(b)
Figura 5.32: Curva pushover (a) e deformata con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento sezione trasversale sulla navata della
chiesa di SMM (b).
V-38 Capitolo V
50%
λABAQUS
40%
30%
20%
10%
0%
SGM SGMR SPM SI SMV SAZ SBM SGO SMD SMM
Figura 5.33: Confronto fra i moltiplicatori di collasso delle sezioni trasversali dei
dieci casi di studio.
5.6 Arcate
Nelle figure che seguono si riportano, per i macroelementi arcata longitudinale
interna delle dieci chiese in esame, le curve di pushover e le configurazioni
deformate con rappresentazione vettoriale del tensore di tensione in
corrispondenza dell’ultimo incremento di carico.
Per tale tipologia di macroelemento, è evidente un comportamento molto
prossimo a quello che si può definire “tipo a telaio”, caratterizzato cioè dalla
presenza di un traverso e di tre o più piedritti.
Dalle curve convenzionali carico-spostamento, riportate per le due direzioni di
applicazione del carico, si evince un comportamento non perfettamente
simmetrico nelle due direzioni, non tanto in termini di rigidezza quanto in
termini di resistenza. Sempre da suddette curve si osserva un comportamento
sensibilmente lineare fin quasi al raggiungimento della resistenza massima,
dopodichè le analisi si arrestano per l’apertura delle lesioni.
Per le varie chiese, il moltiplicatore di collasso del macroelemento arcate varia
tra il 20 ed il 40% (Figura 5.44), ad eccezione di SGM (λ=14%), che presenta
colonne più snelle rispetto agli altri macroelementi, e di SGMR, che ha una
capacità maggiore (λ=54%), perché il macroelemento è caratterizzato da
percentuali di foratura contenute.
Capitolo V V-39
70%
λ
60%
50%
40%
30%
20% DX
SX
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40
(a)
(b)
(c)
Figura 5.34: Curve pushover (a) e deformate con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento arcate della chiesa di SGM per forze
orizzontali agenti da sinistra (b) e da destra (c).
V-40 Capitolo V
70%
λ
60%
DX
50%
40%
SX
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40
(a)
(b)
(c)
Figura 5.35: Curve pushover (a) e deformate con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento arcate della chiesa di SGMR per forze
orizzontali agenti da sinistra (b) e da destra (c).
Capitolo V V-41
70%
λ
60%
50%
40%
30%
SX DX
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40
(a)
(b)
(c)
Figura 5.36: Curve pushover (a) e deformate con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento arcate della chiesa di SPM per forze
orizzontali agenti da sinistra (b) e da destra (c).
V-42 Capitolo V
70%
λ
60%
50%
40%
SX
30%
DX
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40
(a)
(b)
(c)
Figura 5.37: Curve pushover (a) e deformate con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento arcate della chiesa di SI per forze
orizzontali agenti da sinistra (b) e da destra (c).
Capitolo V V-43
70%
λ SX
60%
DX
50%
40%
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40
(a)
(b)
(c)
Figura 5.38: Curve pushover (a) e deformate con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento arcate della chiesa di SMV per forze
orizzontali agenti da sinistra (b) e da destra (c).
V-44 Capitolo V
70%
λ
60%
50%
40%
30%
SX DX
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40
(a)
(b)
(c)
Figura 5.39: Curve pushover (a) e deformate con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento arcate della chiesa di SAZ per forze
orizzontali agenti da sinistra (b) e da destra (c).
Capitolo V V-45
70%
λ
60%
50% SX
DX
40%
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40
(a)
(b)
(c)
Figura 5.40: Curve pushover (a) e deformate con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento arcate della chiesa di SBM per forze
orizzontali agenti da sinistra (b) e da destra (c).
V-46 Capitolo V
70%
λ
60%
50% SX
40%
DX
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40
(a)
(b)
(c)
Figura 5.41: Curve pushover (a) e deformate con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento arcate della chiesa di SGO per forze
orizzontali agenti da sinistra (b) e da destra (c).
Capitolo V V-47
70%
λ
60%
50% SX
DX
40%
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40
(a)
(b)
(c)
Figura 5.42: Curve pushover (a) e deformate con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento arcate della chiesa di SMD per forze
orizzontali agenti da sinistra (b) e da destra (c).
V-48 Capitolo V
70%
λ
60%
50%
40%
30%
SX
DX
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40
(a)
(b)
(c)
Figura 5.43: Curve pushover (a) e deformate con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento arcate della chiesa di SMM per forze
orizzontali agenti da sinistra (b) e da destra (c).
Capitolo V V-49
70%
λABAQUS
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
SGM SGMR SPM SI SMV SAZ SBM SGO SMD SMM
Figura 5.44: Confronto fra i moltiplicatori di collasso delle arcate dei dieci casi di
studio.
175%
λ
150%
125%
100%
75%
SX DX
50%
25%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
(a)
(b)
(c)
Figura 5.45: Curve pushover (a) e deformate con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento prospetto longitudinale della chiesa di
SGM per forze orizzontali agenti da sinistra (b) e da destra (c).
V-52 Capitolo V
175%
λ
150%
SX
125%
DX
100%
75%
50%
25%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
(a)
(b)
(c)
Figura 5.46: Curve pushover (a) e deformate con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento prospetto longitudinale della chiesa di
SGMR per forze orizzontali agenti da sinistra (b) e da destra (c).
Capitolo V V-53
175%
λ
150%
125%
100%
75%
SX
50%
DX
25%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
(a)
(b)
(c)
Figura 5.47: Curve pushover (a) e deformate con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento prospetto longitudinale della chiesa di
SPM per forze orizzontali agenti da sinistra (b) e da destra (c).
V-54 Capitolo V
175%
λ
150%
125%
100%
75%
50% DX
SX
25%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
(a)
(b)
(c)
Figura 5.48: Curve pushover (a) e deformate con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento prospetto longitudinale della chiesa di SI
per forze orizzontali agenti da sinistra (b) e da destra (c).
Capitolo V V-55
175%
λ
150%
125%
100%
75%
50%
25%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
(a)
(b)
Figura 5.49: Curva pushover (a) e deformata con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento prospetto longitudinale della chiesa di
SMV (b).
V-56 Capitolo V
175%
λ
150%
125%
100%
75%
50%
25%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
(a)
(b)
Figura 5.50: Curva pushover (a) e deformata con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento prospetto longitudinale della chiesa di
SAZ (b).
Capitolo V V-57
175%
λ
150%
125%
SX DX
100%
75%
50%
25%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
(a)
(b)
(c)
Figura 5.51: Curve pushover (a) e deformate con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento prospetto longitudinale della chiesa di
SBM per forze orizzontali agenti da sinistra (b) e da destra (c).
V-58 Capitolo V
175%
λ
150%
125%
SX
100%
75%
DX
50%
25%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
(a)
(b)
(c)
Figura 5.52: Curve pushover (a) e deformate con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento prospetto longitudinale della chiesa di
SGO per forze orizzontali agenti da sinistra (b) e da destra (c).
Capitolo V V-59
175%
λ
150%
125%
100%
75%
50%
25%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
(a)
(b)
Figura 5.53: Curva pushover (a) e deformata con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento prospetto longitudinale della chiesa di
SMD (b).
V-60 Capitolo V
175%
λ
150%
125%
100%
75%
50%
25%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
(a)
(b)
Figura 5.54: Curva pushover (a) e deformata con rappresentazione vettoriale del
tensore di deformazione del macroelemento prospetto longitudinale della chiesa di
SMM (b).
Capitolo V V-61
175%
λABAQUS
150%
125%
100%
75%
50%
25%
0%
SGM SGMR SPM SI SMV SAZ SBM SGO SMD SMM
5.9 Conclusioni
In questo capitolo è stato applicato alle dieci basiliche oggetto di studio, il
secondo step della procedura di analisi “a due passi”. In particolare, tutti i
macroelementi costituenti le basiliche sono stati sottoposti ad analisi non
lineari agli elementi finiti utilizzando il codice di calcolo ABAQUS con un
modello “a fessurazione diffusa”, in cui si considera la geometria fissa e il
processo fessurativo è interamente introdotto attraverso leggi costitutive.
Le analisi hanno consentito di valutare la capacità di ciascun macroelemento e
di conoscere il meccanismo di collasso che può, presumibilmente, attivarsi
sotto forze orizzontali.
Una valutazione approssimata della vulnerabilità sismica della chiesa potrebbe
essere effettuata assumendo che il moltiplicatore di collasso sia il più piccolo di
quelli dei singoli macroelementi che compongono la struttura. Una simile
assunzione, però, trascurerebbe l’aliquota di taglio assorbita dagli elementi
fuori dal piano che, come mostrato nel capitolo precedente, può non essere
trascurabile, anche se soggetta alla non facilmente valutabile incertezza
derivante dalla difficoltà di modellare correttamente le connessioni tra i
macroelementi. Queste possono essere buone, nel caso di murature realizzate
con sufficiente ammorsamento tra le pietre, o scadenti; ma, in ogni caso, in
quanto facenti parti di un fenomeno locale, il loro effetto non è
immediatamente gestibile in un modello che è inteso sostanzialmente per
cogliere degli aspetti globali della risposta.
Ancora più importante in questo contesto è poi la questione riguardante il
rapporto tra le richieste elastiche derivanti dall’analisi 3D e le capacità dei
macroelementi. Infatti, la presenza di un elemento “debole”, intendendo per
tale un macroelemento con basso moltiplicatore di collasso, non
necessariamente pregiudica la sicurezza della struttura, in considerazione del
fatto che su di esso le richieste di resistenze potrebbero essere ancora inferiori.
In ogni caso, dal confronto tra dette capacità e le richieste elastiche ricavate
dalle analisi lineari riportate nel precedente capitolo, si è visto che gran parte
dei macroelementi non sono in grado di resistere all’azione del terremoto.
Occorre però osservare che in campo dinamico, per la presenza delle forze di
inerzia, è possibile l’equilibrio anche con forze che superano le resistenze
ultime.
V-68 Capitolo V
CAPITOLO VI
Analisi semplificate
6.1 Premessa
In questo capitolo viene proposto ed applicato ai casi di studio un approccio
semplificato e più speditivo, che consente di valutare la vulnerabilità delle
chiese attraverso l’analisi della geometria del complesso strutturale e dei
singoli macroelementi. Tale approccio può essere utilizzato per una analisi di
vulnerabilità della chiesa su larga scala, ovvero per una valutazione di massima
della sicurezza sismica della singola chiesa, o come strumento di controllo dei
risultati delle analisi FEM.
Più in dettaglio, vengono definiti e valutati dei parametri geometrici
(compattezza in pianta, snellezza minima e massima dell’edificio, rapporto fra
area delle murature e area totale in pianta, sia globalmente che in ciascuna delle
due direzioni in pianta), che forniscono indicazioni qualitative sul
comportamento strutturale per carichi verticali ed azioni orizzontali.
Sono quindi individuati ed analizzati alcuni parametri geometrici dei singoli
macroelementi (percentuale di foratura, snellezza, rapporto altezza/larghezza)
tramite i quali si può prevedere la classe di meccanismo di collasso atteso.
L’uso di formulazioni semplificate consente, infine, di stimare la capacità
portante dei macroelementi e per estensione dell’intera struttura.
Per la valutazione di detta capacità portante, si è utilizzato l’approccio basato
sui meccanismi locali di collasso. In particolare, sulla base dei meccanismi
descritti in numerosi studi precedenti (Como et al. 1983; Giuffrè 1993; Gurrieri
1999; Avorio et al. 2002; De Luca et al. 2006; Giordano et al. 2006a e b, per
citarne solo alcuni) si sono valutati i moltiplicatore di collasso di alcune classi
di macroelementi, in funzione della geometria e dei carichi agenti.
1.20
SGM SGMR
1.00 SPM SI
SMV SAZ
0.80 SBM SGO
SMD SMM
0.60
0.40
0.20
0.00
B/L H/B H/L
Il rapporto B/L è sempre prossimo a 0.5, solo per le chiese di SMV e SAZ si
registra una maggiore compattezza, con un valore pari a 0.7 circa. La snellezza
Capitolo VI VI-3
massima (H/B), varia nel range 0.7 (SGM, SGMR ed SBM) e 1.05 (SMD).
Infine, il rapporto H/L varia tra un minimo di 0.4 (SGMR ed SBM) ed un
massimo di 0.6 (SMV ed SMD).
Sono stati inoltre identificati alcuni parametri geometrici che potessero fornire,
in via semplificata, una valutazione del comportamento di ciascuna chiesa per
effetto sia dei carichi verticali sia delle azioni orizzontali. Come parametro
indicativo del comportamento sotto carichi verticali è stato valutato il rapporto
tra l’area totale di base delle murature (Anetta) e l’area totale in pianta (Atot).
30% Anetta/Atot
25%
20%
15%
10%
5%
0%
SGM SGMR SPM SI SMV SAZ SBM SGO SMD SMM
1.4
σ [MPa]
1.2 Media
Massima
1.0
Minima
0.8
0.6
0.4
0.2
0.0
SGM SGMR SPM SI SMV SAZ SBM SGO SMD SMM
Nelle figure che seguono si riportano le distribuzioni delle tensioni alla base
dei dieci casi di studio. È possibile osservare che, generalmente, i valori delle
tensioni massime si hanno in corrispondenza delle colonne, mentre quelli
minimi in corrispondenza dei prospetti laterali. Sulle colonne, che presentano
sezioni ridotte, grava, infatti, un’elevata percentuale di carico verticale dovuto
Capitolo VI VI-5
Figura 6.5: Tensioni da carichi verticali alla base della chiesa di SGM.
VI-6 Capitolo VI
Figura 6.6: Tensioni da carichi verticali alla base della chiesa di SGMR.
Capitolo VI VI-7
Figura 6.7: Tensioni da carichi verticali alla base della chiesa di SPM.
VI-8 Capitolo VI
Figura 6.8: Tensioni da carichi verticali alla base della chiesa di SI.
Capitolo VI VI-9
Figura 6.9: Tensioni da carichi verticali alla base della chiesa di SMV.
VI-10 Capitolo VI
Figura 6.10: Tensioni da carichi verticali alla base della chiesa di SAZ.
Capitolo VI VI-11
Figura 6.11: Tensioni da carichi verticali alla base della chiesa di SBM.
VI-12 Capitolo VI
Figura 6.12: Tensioni da carichi verticali alla base della chiesa di SGO.
Capitolo VI VI-13
Figura 6.13: Tensioni da carichi verticali alla base della chiesa di SMD.
VI-14 Capitolo VI
Figura 6.14: Tensioni da carichi verticali alla base della chiesa di SMM.
Capitolo VI VI-15
25%
Aw,trasv./Atot
20%
Aw,long./Atot
15%
10%
5%
0%
SGM SGMR SPM SI SMV SAZ SBM SGO SMD SMM
Per gli edifici “semplici” in muratura non armata, l’EC8’03 raccomanda che, in
ogni direzione, Aw/Atot non sia inferiore al 2÷5%, a seconda del numero dei
piani e della massima accelerazione sismica prevista. L’OPCM 3431’05,
invece, prescrive una percentuale di area resistente in ogni direzione non
minore al 3.5÷7% dell’area totale dell’impalcato; tale variabilità dipende, come
per l’EC8, dal numero di piani e dalla accelerazione massima del terreno. Per
edifici storici siti in zona ad alta sismicità, in Lourenço et al. (2005) è suggerito
un valore di Aw/Atot maggiore o uguale al 10%. Tale condizione è soddisfatta
nelle due direzioni solo per le chiese di SPM, SMV, SAZ, SBM, SMB e SMM.
Le altre quattro chiese (SGM, SGMR, SI e SGO), invece, mostrano percentuali
di aree resistenti in direzione trasversale inferiori al 10%, il che può essere
VI-16 Capitolo VI
3.0
[m2/MN] Aw,trasv./Wtot
2.5 Aw,long./Wtot
2.0
1.5
1.0
0.5
0.0
SGM SGMR SPM SI SMV SAZ SBM SGO SMD SMM
della capacità resistente alle azioni orizzontali della chiesa solo nei casi in cui
gli elementi strutturali siano caratterizzati da meccanismi di collasso a taglio.
Tale modalità di crisi è ipotizzabile nel caso di pareti piene e tozze, mentre,
molto spesso, i macroelementi delle chiese sono caratterizzati da grandi
aperture, arcate e presenza di colonne, il che suggerisce meccanismi di collasso
del tipo a telaio.
Sembra allora importante esaminare la geometria dei singoli macroelementi e,
in particolare, valutare per ciascuno di essi la percentuale di foratura
(f=(Afori/Atot)macro) e il fattore di forma (h/b), dato dal rapporto fra l’altezza h e
la larghezza b della parete. Il primo parametro indica se può innescarsi un
meccanismo di rottura a telaio, il secondo, invece, se la parete è caratterizzata
da un meccanismo di collasso a ribaltamento o a taglio.
Un altro parametro geometrico che fornisce utili indicazioni sul
comportamento sotto forze orizzontali dei macroelementi è la snellezza
geometrica h/s. Infatti, come si vedrà nel capitolo VIII, tale grandezza consente
di stimare la portanza dell’elemento murario per i meccanismi di collasso fuori
piano (Eq. (8.6)).
DM’96:
H
T 0 = 0.1 ⋅ [s] (6.1)
B
T1 = C1 ⋅ H 3 / 4 [s] (6.2)
0.5
0.4 y = 0.0154x
2
R = 0.5935
0.3
0.2
0.1
H [m]
0
5 10 15 20 25 30 35 40
(Afori/Atot)macro=3.46% (Afori/Atot)macro=25.45%
(a) (b)
(Afori/Atot)macro=34.06% (Afori/Atot)macro=13.16%
(c) (d)
Figura 6.19: Meccanismi di collasso a taglio (a), a telaio-portale (b), a telaio
multicampata (c) e misto (d).
Capitolo VI VI-21
Figura 6.21: Fattore di forma della parte 1 (Figura 3.6) delle otto classi di
macroelementi.
Capitolo VI VI-23
Figura 6.22: Fattore di forma della parte 2 (Figura 3.6) delle otto classi di
macroelementi.
Figura 6.23: Fattore di forma della parte 3 (Figura 3.6) delle otto classi di
macroelementi.
VI-24 Capitolo VI
25
20
15
10
0
1 2 3 4 5 6 7 8
Classe Macroelemento
Figura 6.24: Snellezza della parte 1 (Figura 3.6) delle otto classi di macroelementi.
25
20
15
10
0
1 2 3 4 5 6 7 8
Classe Macroelemento
Figura 6.25: Snellezza della parte 2 (Figura 3.6) delle otto classi di macroelementi.
Capitolo VI VI-25
25
20
15
10
0
1 2 3 4 5 6 7 8
Classe Macroelemento
Figura 6.26: Snellezza della parte 3 (Figura 3.6) delle otto classi di macroelementi.
Nel §5.3.3 delle LL. GG. 2006, viene specificato che la verifica complessiva
della risposta sismica del manufatto non richiede necessariamente il ricorso ad
un modello globale della costruzione, essendo possibile procedere alla
scomposizione della struttura in parti (macroelementi), a condizione che venga
valutata la ripartizione delle azioni sismiche tra i diversi sistemi strutturali, in
ragione delle diverse rigidezze e dei collegamenti tra le stesse. Le LL. GG.
2006, aggiungono che tale ripartizione può essere operata anche in modo
approssimato, purché venga garantito l’equilibrio nei riguardi della totalità
delle azioni orizzontali.
Per una ripartizione approssimata, si propone la seguente relazione:
Fi A macro,i ⋅ d i
= (6.3)
γ I ⋅ F ∑i A macro,i ⋅ d i
dove Amacro,i è l’area dell’i-esimo macroelemento, mentre di è un parametro
geometrico che si assume pari a:
di = 2 ⋅ si (6.4)
se il macroelemento è disposto ortogonalmente all’azione sismica, mentre
risulta pari a:
d i = δi ⋅ b i (6.5)
VI-26 Capitolo VI
Nelle figure che seguono si riporta il confronto fra i tagli ottenuti con
l’applicazione della formula approssimata (6.3) e i risultati delle analisi al SAP
riportati nel capitolo IV. Si osserva che per il sisma agente in direzione
trasversale, si ha una buona stima del taglio, mentre, per il sisma agente in
direzione longitudinale, si osservano alcuni macroelementi in cui l’Eq. (6.3)
tende a sovrastimare il taglio (si vedano ad esempio i macroelementi L1, L2,
L5 e L6 di SPM (Figura 6.30b)).
In ogni caso, il confronto evidenzia una buona attendibilità della Eq. (6.3) nel
ripartire in maniera approssimata il tagliante di piano. Risultano comunque
necessari approfondimenti teorici e sopratutto ulteriori applicazioni ad un
campione di chiese maggiormente significativo per poter validare la formula
approssimata proposta.
Capitolo VI VI-27
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 T8 L1 L2 L3 L4 L5 L6
(a)
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 T8 L1 L2 L3 L4 L5 L6
(b)
Figura 6.28: Ripartizione del taglio sismico fra i macroelementi di SGM; confronto fra
i risultati delle analisi FEM (§4.4) e della formula approssimata (6.3): (a) sisma in
direzione trasversale; (b) sisma in direzione longitudinale.
VI-28 Capitolo VI
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 L1 L2 L3 L4 L5 L6
(a)
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 L1 L2 L3 L4 L5 L6
(b)
Figura 6.29: Ripartizione del taglio sismico fra i macroelementi di SGMR; confronto
fra i risultati delle analisi FEM (§4.4) e della formula approssimata (6.3): (a) sisma in
direzione trasversale; (b) sisma in direzione longitudinale.
Capitolo VI VI-29
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 T8 T9 T10 T11 L1 L2 L3 L4 L5 L6
(a)
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 T8 T9 T10 T11 L1 L2 L3 L4 L5 L6
(b)
Figura 6.30: Ripartizione del taglio sismico fra i macroelementi di SPM; confronto fra
i risultati delle analisi FEM (§4.4) e della formula approssimata (6.3): (a) sisma in
direzione trasversale; (b) sisma in direzione longitudinale.
VI-30 Capitolo VI
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 T8 L1 L2 L3 L4
(a)
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 T8 L1 L2 L3 L4
(b)
Figura 6.31: Ripartizione del taglio sismico fra i macroelementi di SI; confronto fra i
risultati delle analisi FEM (§4.4) e della formula approssimata (6.3): (a) sisma in
direzione trasversale; (b) sisma in direzione longitudinale.
Capitolo VI VI-31
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 L1 L2 L3 L4
(a)
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 L1 L2 L3 L4
(b)
Figura 6.32: Ripartizione del taglio sismico fra i macroelementi di SMV; confronto fra
i risultati delle analisi FEM (§4.4) e della formula approssimata (6.3): (a) sisma in
direzione trasversale; (b) sisma in direzione longitudinale.
VI-32 Capitolo VI
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 L1 L2 L3 L4 L5 L6
(a)
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 L1 L2 L3 L4 L5 L6
(b)
Figura 6.33: Ripartizione del taglio sismico fra i macroelementi di SAZ; confronto fra
i risultati delle analisi FEM (§4.4) e della formula approssimata (6.3): (a) sisma in
direzione trasversale; (b) sisma in direzione longitudinale.
Capitolo VI VI-33
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 T8 L1 L2 L3 L4 L5 L6
(a)
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 T8 L1 L2 L3 L4 L5 L6
(b)
Figura 6.34: Ripartizione del taglio sismico fra i macroelementi di SBM; confronto fra
i risultati delle analisi FEM (§4.4) e della formula approssimata (6.3): (a) sisma in
direzione trasversale; (b) sisma in direzione longitudinale.
VI-34 Capitolo VI
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 L1 L2 L3 L4 L5 L6
(a)
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 L1 L2 L3 L4 L5 L6
(b)
Figura 6.35: Ripartizione del taglio sismico fra i macroelementi di SGO; confronto fra
i risultati delle analisi FEM (§4.4) e della formula approssimata (6.3): (a) sisma in
direzione trasversale; (b) sisma in direzione longitudinale.
Capitolo VI VI-35
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 L1 L2 L3 L4
(a)
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 L1 L2 L3 L4
(b)
Figura 6.36: Ripartizione del taglio sismico fra i macroelementi di SMD; confronto fra
i risultati delle analisi FEM (§4.4) e della formula approssimata (6.3): (a) sisma in
direzione trasversale; (b) sisma in direzione longitudinale.
VI-36 Capitolo VI
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 T8 L1 L2 L3 L4
(a)
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 T8 L1 L2 L3 L4
(b)
Figura 6.37: Ripartizione del taglio sismico fra i macroelementi di SMM; confronto
fra i risultati delle analisi FEM (§4.4) e della formula approssimata (6.3): (a) sisma in
direzione trasversale; (b) sisma in direzione longitudinale.
Capitolo VI VI-37
Wcop
F
b
F
hF h
h
hF Wtot
Wmuro
b
A
s
a b' 0.85f d
e
a
N=Wtot
(a) (b)
2) presso-flessione;
3) taglio da scorrimento;
4) taglio per trazione.
Nei sottoparagrafi che seguono si analizzano in dettaglio le singole modalità di
crisi su elencate. Per la valutazione delle resistenze, si fa riferimento alle
indicazioni contenute nell’OPCM 3431’05 per gli edifici in muratura. A tal
riguardo si fa notare che per la resistenza a taglio, l’Ordinanza fa riferimento
alla rottura per taglio da scorrimento nel caso di edifici nuovi e alla rottura da
taglio per trazione per gli edifici esistenti.
essendo:
W
- σ o = tot la tensione normale media, riferita all’area totale della
b⋅s
sezione;
f
- f d = k la resistenza a compressione di calcolo della muratura. Nel
γm
caso di analisi statica non lineare, l’OPCM 3431’05 consente di
assumere f d = f med .
Posto (Figura 6.38b):
N = Wtot = 0.85 ⋅ f d ⋅ b'⋅s (6.12)
si ha:
Capitolo VI VI-39
N Wtot
b' = = (6.13)
0.85 ⋅ f d ⋅ s 0.85 ⋅ f d ⋅ s
b b' b 1 Wtot
e= − = − ⋅ (6.14)
2 2 2 2 0.85 ⋅ f d ⋅ s
Pertanto, dalla condizione di equilibrio alla rotazione intorno al punto A di
Figura 6.38b:
l⎛ Wtot ⎞ l⎛ σo ⎞
F ⋅ h F = Wtot ⋅ e = Wtot ⋅ ⎜⎜1 − ⎟⎟ = Wtot ⋅ ⎜⎜1 − ⎟ (6.15)
2 ⎝ 0.85 ⋅ f d ⋅ b ⋅ s ⎠ 2 ⎝ 0.85 ⋅ f d ⎟⎠
è possibile ricavare la resistenza ultima per rottura da presso-flessione:
F b ⎛ σo ⎞ l 1 ⎛ σo ⎞ 1
λ= = ⋅ ⎜⎜1 − ⎟⎟ = ⋅ ⋅ ⎜⎜1 − ⎟⎟ = ⋅ χ (6.16)
Wtot 2 ⋅ h F ⎝ 0.85 ⋅ f d ⎠ 2 ⋅ α h / b ⎝ 0.85 ⋅ f d ⎠ h / b
l ⎛ σo ⎞
χ= ⋅ ⎜⎜1 − ⎟ (6.17)
2 ⋅ α ⎝ 0.85 ⋅ f d ⎟⎠
Dal confronto fra la condizione (6.9) (ribaltamento del blocco rigido) e la
(6.16) (presso-flessione), si può notare come l’espressione della portanza
λ=F/Wtot differisce solo per il termine:
λ Pr esso−flessione ⎛ σo ⎞ ⎛ (1 + β) ⋅ γ ⋅ h ⎞
= ⎜⎜1 − ⎟⎟ = ⎜⎜1 − ⎟ (6.18)
λ Ribaltamento ⎝ 0.85 ⋅ f d ⎠ ⎝ 0.85 ⋅ f d ⎟⎠
che, per h=3m; γ=16kN/m3; fd=3.3MPa; β=0÷1.5, può variare fra 0.95 e 0.98
(si può arrivare a valori di 0.9 per b=6m e β=1.5).
Ne consegue che il meccanismo per ribaltamento del blocco rigido fornisce
moltiplicatori di collasso più alti del 2÷10% rispetto al meccanismo di rottura
per presso-flessione.
150%
λ=F/Wtot
125%
100% Taglio-Scorrimento
Taglio-Trazione
75%
50% Ribaltamento
Presso-flessione
25%
h/b
0%
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3
Figura 6.39: Confronto fra i moltiplicatori di collasso per una parete piena.
120%
λ=F/W
tot
100%
80%
60%
40%
20%
0%
0 0.5 (h/b)lim 1 1.5 2 2.5 h/b 3
Figura 6.40: Rottura per taglio e rottura per presso-flessione una parete piena.
6.4.2 Portale
Per valutare la capacità portante sotto forze orizzontali di portali in muratura,
De Luca et al. (2006) hanno proposto la seguente formula semplificata (Figura
6.41):
b ⎛ W ⎞ ⎛ b ⎞
λ = c ⋅ ⎜⎜1 + trave ⎟⎟ ⋅ ⎜ 0.5 + c ⎟ (6.24)
2⋅ ho ⎝ Wtot ⎠ ⎝ b⎠
⎛ 1⎞
1 − 0.5 ⋅ f ⋅ ⎜⎜1 + ⎟⎟ + β
χ=
(1 − ξ) ⋅ (2 − ξ) ⋅ ξ
⋅ ⎝ ξ⎠ (6.26)
4⋅f 1− f + β
Wcop Wcop
β= = (6.27)
Wmuro γ ⋅ s ⋅ h ⋅ b
b ⋅h
f = (A fori / A tot ) macro = o o (6.28)
b⋅h
b
ξ= o (6.29)
b
bo
ξ= (6.33)
b
diviene:
1
λ = F / Wtot = ⋅χ (6.34)
h/b
con:
⎡ ⎛ 1 ⎞ ⎤
⎢1 − 0.5 ⋅ f ⋅ ⎜⎜1 + ⎟⎟ + β⎥
(n − 1) ⋅ [1 − (n − 1) ⋅ ξ] ⋅ ξ ⎣ ⎝ (n − 1) ⋅ ξ ⎠ ⎦
χ= ⋅ (6.35)
n ⋅f 1− f + β
6.4.4 Arco
Le Eqq. (6.25) e (6.34) possono estendersi anche agli archi, per i quali, in
Giordano et al. (2006b), è proposta la seguente espressione approssimata delle
risorse ultime sotto forze orizzontali (Figura 6.43):
bc ⎛ W ⎞ ⎛ b ⎞
λ= ⋅ ⎜⎜1 + arco ⎟⎟ ⋅ ⎜ 0.1 + c ⎟ (6.36)
2 ⋅ (h o + R ) ⎝ Wtot ⎠ ⎝ R⎠
La (6.36), infatti, può scriversi nella forma:
1
λ = F / Wtot = ⋅χ (6.37)
h/b
con:
Capitolo VI VI-45
⎡ ⎤
⎢ ⎥
⎢ π ⎥
⎢ ⎛ h⎞ ⎥
⋅βt ⋅ ⎜ ξ + βt ⋅ ⎟
1− ξ ⎢ 2 ⎝ b⎠ ⎥ ⎛ 1− ξ ⎞
χ= ⋅ ⎢1 + ⋅ ⎜⎜ 0.1 + ⎟ (6.38)
4(1 − β t ) ⎛ ⎞ ⎥
⎝ ξ ⎟⎠
⎢ ⎜ ⎟ ⎥
⎢ (1 − ξ) ⋅ ⎜1 − ξ ⎟ + π ⋅ β t ⋅ ⎛⎜ ξ + β t ⋅ h ⎞⎟ ⎥
⎢ ⎜ 2⋅ h ⎟ 2 ⎝ b ⎠⎥
⎢⎣ ⎜ ⎟ ⎥⎦
⎝ b⎠
b
ξ= o (6.39)
b
t
βt = (6.40)
h
6.5.1 Facciata
Per il macroelemento di facciata, si sono considerati tre meccanismi di
collasso.
VI-46 Capitolo VI
Il primo è dato dalla rottura per taglio da scorrimento (Figura 6.44a), per la
quale, in analogia a quanto riportato per la parete piena nel §6.4.1.3 (Eq.
(6.20)), il moltiplicatore di collasso assume la seguente espressione:
f vmo ⋅ (1 − Ξ)
λ = 0.4 + (6.41)
(1 + β) ⋅ (1 − f ) ⋅ γ ⋅ h med
in cui, oltre alle grandezze già introdotte in precedenza, si assume (Figura
6.44b):
b + ba3 + ba6
Ξ = a1 (6.42)
b
A
h med = tot ,facciata (6.43)
b
(a) (b)
Figura 6.44: Rottura per taglio (a) e caratteristiche geometriche della facciata (b).
hf b
βf = ; ωf = f (6.48)
h b
in cui hm, bm, bc, hf e bf sono le distanze dei punti di applicazione di W=Wmuro,
Wcop e Wf dal punto intorno al quale avviene il ribaltamento.
(a) (b)
Figura 6.45: Collasso per ribaltamento (a) e caratteristiche geometriche della facciata
(b).
bo/2
(a) (b)
Figura 6.46: Collasso per ribaltamento con lesione centrale (a) e caratteristiche
geometriche della facciata (b).
1.2
λmin
1.0
0.8
0.6
0.4
0.2
0.0
SGM SGMR SPM SI SMV SAZ SBM SGO SMD SMM
0.8
λ
0.7
0.6
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0.0
SGM SGMR SPM SI SMV SAZ SBM SGO SMD SMM
Figura 6.49: Moltiplicatori di collasso degli archi trionfali dei casi di studio.
hm b
βm = ; ωm = m (6.58)
H b
h b
β f = f ; ωf = f (6.59)
H b
Nelle precedenti relazioni, con i simboli hm, bm, bc, hf e bf, si sono indicate le
distanze verticali ed orizzontali dei punti di applicazione di Wmuro,Wcop e Wf
dal punto intorno al quale avviene il ribaltamento (Figura 6.52b).
b c ,sx ⎧⎪⎡ ⎛ b ⎞ ⎤ h ⎫⎪
+ β ⋅ A tot ⋅ ⋅ ⎨⎢(1 − β t ) ⋅ ⎜⎜1 + o ⎟ − 1⎥ − ⎬
⎟ (6.69)
b o ⎪⎣⎢ ⎝ b c ,sx ⎠ ⎦⎥ h ⎪⎭
⎩
Capitolo VI VI-55
tWcop b
β= ; βt =
; ξ = o ; A tot = b ⋅ h + s ⋅ h (6.70)
Wmuro h b
Analogamente, per il meccanismo 6, il moltiplicatore di collasso vale (Figura
6.52a):
1
λ= ⋅χ (6.71)
h / b c ,dx
con:
χ
χ = 0.5 ⋅ 1 (6.72)
χ2
2
⎛ b c ,dx ⎞
⎜⎜1 + ⎟
b o2 ⎝ b o ⎟⎠
χ1 = b c ,sx ⋅ h + h ⋅ s + 2 ⋅ β ⋅ A tot + ⋅t⋅ +
b c ,dx ⎡ ⎛ b ⎞ ⎤
⎢(1 − β t ) ⋅ ⎜⎜1 + o ⎟ − 1⎥
⎟
⎢⎣ ⎝ b c,dx ⎠ ⎥⎦
bo ⋅ h o
+ (6.73)
⎡ ⎛ b ⎞ ⎤
⎢(1 − β t ) ⋅ ⎜⎜1 + o ⎟⎟ − 1⎥
⎣⎢ ⎝ b c,dx ⎠ ⎦⎥
H−h/2 H
χ 2 = b c ,sx ⋅ h + h ⋅ s ⋅ + β ⋅ A tot ⋅ + t ⋅ (b o + b c ,dx ) ⋅
h h
⎡ ⎛ bo ⎞ β ⎤ bo
⎢(1 − β t ) ⋅ ⎜⎜1 + ⎟ −1+ t ⎥
⎟
⎢ ⎝ b c ,dx ⎠ 2 ⎦⎥ b c ,dx ⋅ h o
2
b c ,dx
⋅⎣ + ⋅ (6.74)
⎡ ⎛ bo ⎞ ⎤ 2⋅h ⎡ ⎛ bo ⎞ ⎤
⎢(1 − β t ) ⋅ ⎜⎜1 + ⎟ − 1⎥
⎟ ⎢ (1 − β t ) ⋅ ⎜
⎜ 1 + ⎟ − 1⎥
⎟
⎣⎢ ⎝ b c , dx ⎠ ⎦⎥ ⎣⎢ ⎝ b c , dx ⎠ ⎦⎥
Wcop t b
β= ; βt = ; ξ = o ; A tot = b ⋅ h + s ⋅ h (6.75)
Wmuro h b
Per i meccanismi di collasso 7 e 8 (Figura 6.51), poiché il coefficiente χi
nell’Eq. (6.54) assume espressioni ancora più complesse rispetto a quelle viste
per i cinematismi 5 e 6 (Eqq. (6.67)÷(6.69) e (6.72)÷(6.73), rispettivamente), si
preferisce fornire l’espressione del moltiplicatore di collasso direttamente
dall’applicazione del principio dei lavori virtuali (PLV).
In particolare, per il meccanismo 7, il moltiplicatore λ vale (Figura 6.54):
A A1 ⋅ v G , A1 + A A 2 ⋅ v G , A 2 + A B ⋅ v G , B + A C ⋅ v G ,C + β ⋅ A tot ⋅ v cop
λ= (6.76)
A A1 ⋅ u G , A1 + A A 2 ⋅ u G , A 2 + A B ⋅ u G , B + A C ⋅ u G ,C + β ⋅ A tot ⋅ u cop
essendo:
VI-56 Capitolo VI
b c ,sx ⎡ b c ,sx + b o ⎤
ΨA = 1; ΨB = ΨA ⋅ ; ΨC = ΨA ⋅ ⎢1 + ⎥ (6.85)
bo ⎣⎢ b o ⋅ β t ⋅ (1 − β t ) − b c ,sx ⎦⎥
h b
u A1 = ΨA ⋅ ; v A1 = ΨA ⋅ c ,sx (6.86)
2 2
⎛ h⎞ s
u A 2 = ΨA ⋅ ⎜⎜ h + ⎟⎟; v A 2 = ΨA ⋅ (6.87)
⎝ 2⎠ 2
⎛ h ⋅b t⎞ b
u B = ΨB ⋅ ⎜⎜ o o − ⎟⎟; v B = ΨB ⋅ o (6.88)
⎝ b c ,sx 2⎠ 2
h b
u C = ΨC ⋅ ; v C = ΨC ⋅ c ,dx (6.89)
2 2
u cop = ΨA ⋅ H; v cop = ΨA ⋅ b c (6.90)
0.4
λmin
0.3
0.2
0.1
0.0
SGM SGMR SPM SI SMV SAZ SBM SGO SMD SMM
6.5.4 Arcate
Per valutare il moltiplicato di collasso delle arcate (Figura 6.57), si è utilizzata
la formula approssimata del portale multicampata (Eq. (6.34) e (6.35)), che ha
dato luogo ai valori di λ riportati nell’istogramma di Figura 6.58.
Si osserva che il range di variabilità del moltiplicatore di collasso è più ampio
rispetto alle altre classi di macroelementi esaminate in precedenza
(λ =0.14÷0.57); ciò è dovuto alla maggiore disomogeneità geometrica di questa
tipologia di macroelementi.
Capitolo VI VI-59
0.6
λ
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0.0
SGM SGMR SPM SI SMV SAZ SBM SGO SMD SMM
Ξ= i
∑ bai (6.92)
b
A
h med = tot ,macro (6.93)
b
Per il moltiplicatore di collasso del secondo meccanismo considerato (Figura
6.60c), invece, si assume (Figura 6.60a):
1
λ= ⋅χ (6.94)
h 2 / b2
con:
h1
1 + β + τk ⋅
γ ⋅ h 2b2
χ= (6.95)
1+ 2 ⋅β
W Wcop
β = cop = (6.96)
Wmuro γ ⋅ s 2 ⋅ b 2 ⋅ h 2
Il secondo addendo che compare nel coefficiente χ (Eq. 6.95), tiene conto dei
contributi stabilizzanti all’equilibrio della risultante della distribuzione delle
tensioni tangenziali lungo la lesione verticale. Tale distribuzione di τ si è
assunta triangolare.
Per il terzo cinematismo ipotizzato (Figura 6.60d), infine, la risorsa ultima vale
(Figura 6.60a):
1
λ= ⋅χ (6.97)
( h 2 − h1 ) / b 2
con:
1+ β
χ= (6.98)
1+ 2 ⋅β
W Wcop
β = cop = (6.99)
Wmuro γ ⋅ s 2 ⋅ b 2 ⋅ (h 2 − h1 )
In Figura 6.61 sono riportati i valori minimi di λ valutati per i macroelementi
indicati in Figura 6.59. È possibile osservare che nelle chiese di SGM, SI e
SGO, che manifestano un meccanismo di collasso del tipo 2 (ribaltamento
verso l’esterno del pannello alto), il moltiplicatore di collasso varia tra 0.6 e
0.75. Nelle rimanenti basiliche, invece, si nota la tendenza ad una rottura per
taglio, con valori di λ compresi tra 0.65 e 0.9.
VI-62 Capitolo VI
1.0
λmin
0.9
0.8
0.7
0.6
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0.0
SGM SGMR SPM SI SMV SAZ SBM SGO SMD SMM
Figura 6.61: Moltiplicatori di collasso dei prospetti longitudinali esterni dei casi di
studio.
6.6 Conclusioni
In questo capitolo è stato presentato un approccio semplificato che consente di
stimare in modo abbastanza rapido, con pochi calcoli e senza ricorrere a
laboriose analisi agli elementi finiti, il comportamento della chiesa sotto carichi
verticali e sotto azioni orizzontali.
In particolare, il rapporto Anetta/Atot ha consentito di individuare le chiese che
hanno mostrato elevate tensioni da carichi verticali (superiori a 1MPa), mentre
gli indici Aw/Atot e Aw/Wtot permettono di avere indicazioni di massima sulla
vulnerabilità sismica delle basiliche.
L’analisi geometrica dei macroelementi, ed in particolare del fattore di forma
h/b e della percentuale di foratura f, permette, inoltre, di definire le classi di
meccanismi di collasso su cui indagare, anche tramite schematizzazioni
semplificate, come nel caso degli archi trionfali o delle arcate longitudinali,
schematizzabili, rispettivamente, con portali semplici e portali multicampata.
Si è anche visto che, attraverso la geometria dei singoli macroelementi, è
possibile sia ripartire il tagliante sismico di piano fra le diverse parti della
fabbrica, sia valutare il relativo moltiplicatore di collasso.
L’approccio semplificato, quindi, consente di applicare a “mano” la
metodologia di analisi sismica “a due passi”. Infatti, dalla geometria globale
della chiesa è possibile “stimarne” il periodo di vibrazione (Eqq. (6.1) e (6.2)),
che consente di calcolare il tagliante sismico da ripartire, con l’Eq. (6.3), fra i
vari macroelementi. Il taglio agente su ciascun macroelemento può, quindi,
Capitolo VI VI-63
7.1 Premessa
A valle dell’applicazione ai casi di studio dell’analisi sismica “a due
passi”(capitoli IV e V) e della procedura semplificata (capitolo VI), vengono
ora confrontati i risultati ottenuti.
In particolare, il riscontro si farà sia in termini di capacità portante che in
termini di cinematismo attivato.
7.2 Facciata
In Figura 7.1 è riportato il confronto fra i moltiplicatori di collasso valutati per
le facciate delle chiese oggetto di studio con i due diversi approcci.
Il diagramma, in particolare, riporta: in ordinata, il valore della portanza
λABAQUS ottenuta dalle analisi non lineari condotte con ABAQUS (capitolo V);
in ascissa, il valore della portanza λApprossimato calcolata con le formule
semplificate proposte nel capitolo VI.
Le previsioni fatte con l’approccio semplificato sono tanto più aderenti ai
risultati dell’analisi FEM, quanto più i punti rappresentativi dei macroelementi
tendono alla bisettrice del quadrante. Con le linee tratteggiate, inoltre, si sono
riportate le rette corrispondenti a scarti fra λABAQUS e λApprossimato pari,
rispettivamente, a ±10% e ±20%.
Dal grafico scaturisce che la dispersione di punti è compresa, per quasi tutte le
chiese, nel fuso del piano delimitato dalle rette associate a scarti di ±20%. Solo
nel caso di SGO si osserva una differenza maggiore tra i risultati ottenuti
applicando i due approcci (punto P di Figura 7.1). Il motivo sta nel fatto che in
ABAQUS si è osservata una modalità di collasso non considerata tra i
meccanismi di crisi esaminati per la facciata (Figura 5.11). Se si considera per
la facciata di SGO, un meccanismo di collasso del tipo di Figura 6.60c,
caratterizzato dal ribaltamento della parte sinistra della parete, il moltiplicatore
VII-2 Capitolo VII
-20% -10%
160%
λABAQUS
+10% SGM
+20% SGMR
120%
SPM
SI
80% SMV
SAZ
Q P SBM
40% SGO
SMD
λApprossimato SMM
0%
0% 40% 80% 120% 160%
Figura 7.1: Confronto fra i moltiplicatori di collasso ABAQUS e quelli approssimati
per i macroelementi di facciata delle chiese in esame.
150%
λ
125%
100%
75% λApprossimato
λABAQUS
50%
25%
δ [mm]
0%
0 5 10 15 20 25
Figura 7.2: Confronto fra la curva di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento di facciata della chiesa di SGM.
150%
λ
λABAQUS
125%
λApprossimato
100%
75%
50%
25%
δ [mm]
0%
0 5 10 15 20 25
Figura 7.3: Confronto fra la curva di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento di facciata della chiesa di SGMR.
VII-4 Capitolo VII
150%
λ
125%
100%
75% λApprossimato
50%
λABAQUS
25%
δ [mm]
0%
0 5 10 15 20 25
Figura 7.4: Confronto fra la curva di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento di facciata della chiesa di SPM.
150%
λ
125%
100%
λABAQUS λApprossimato
75%
50%
25%
δ [mm]
0%
0 5 10 15 20 25
Figura 7.5: Confronto fra la curva di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento di facciata della chiesa di SI.
Capitolo VII VII-5
150%
λ
125%
100%
75% λApprossimato
λABAQUS
50%
25%
δ [mm]
0%
0 5 10 15 20 25
Figura 7.6: Confronto fra la curva di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento di facciata della chiesa di SMV.
150%
λ
125%
100%
75% λABAQUS
λApprossimato
50%
25%
δ [mm]
0%
0 5 10 15 20 25
Figura 7.7: Confronto fra la curva di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento di facciata della chiesa di SAZ.
VII-6 Capitolo VII
150%
λ
125%
100%
λABAQUS, SX
λApprossimato
75%
λABAQUS, DX
50%
25%
δ [mm]
0%
0 5 10 15 20 25
Figura 7.8: Confronto fra le curve di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento di facciata della chiesa di SBM.
150%
λ
125%
λABAQUS, SX
100%
λApprossimato (taglio)
75% λApprossimato (Ribaltamento parte sinistra)
50% λABAQUS, DX
25%
δ [mm]
0%
0 5 10 15 20 25
Figura 7.9: Confronto fra le curve di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento di facciata della chiesa di SGO.
Capitolo VII VII-7
150%
λ
125%
100%
λABAQUS, SX
75% λApprossimato
50% λABAQUS, DX
25%
δ [mm]
0%
0 5 10 15 20 25
Figura 7.10: Confronto fra le curve di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento di facciata della chiesa di SMD.
150%
λ
125%
100%
75% λApprossimato
λABAQUS, SX
50% λABAQUS, DX
25%
δ [mm]
0%
0 5 10 15 20 25
Figura 7.11: Confronto fra le curve di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento di facciata della chiesa di SMM.
VII-8 Capitolo VII
-20% -10%
60%
λABAQUS
+10%
50%
+20%
40% SGM
SGMR
30% SPM
SI
20% SMV
SAZ
10%
λApprossimato
0%
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60%
Figura 7.12: Confronto fra i moltiplicatori di collasso ABAQUS e quelli approssimati
per i macroelementi archi trionfali delle chiese in esame.
60%
λ
50% λApprossimato
λABAQUS
40%
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
Figura 7.13: Confronto fra la curva di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento arco trionfale della chiesa di SGM.
60%
λ
50%
40%
λABAQUS
30%
λApprossimato
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
Figura 7.14: Confronto fra la curva di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento arco trionfale della chiesa di SGMR.
VII-10 Capitolo VII
50%
λABAQUS
40%
30%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
Figura 7.15: Confronto fra la curva di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento arco trionfale della chiesa di SPM.
60%
λ
50%
40%
λApprossimato
30%
λABAQUS
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
Figura 7.16: Confronto fra la curva di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento arco trionfale della chiesa di SI.
Capitolo VII VII-11
60%
λ
50%
40%
λABAQUS
30% λApprossimato
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
Figura 7.17: Confronto fra la curva di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore
di collasso per il macroelemento arco trionfale della chiesa di SMV.
60%
λ
50%
40%
30%
λABAQUS
λApprossimato
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
Figura 7.18: Confronto fra la curva di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento arco trionfale della chiesa di SAZ.
VII-12 Capitolo VII
60%
λ
50%
40%
λABAQUS
λApprossimato
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
Figura 7.19: Confronto fra la curva di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento arco trionfale della chiesa di SMM.
-20% -10%
60%
λABAQUS
+10% SGM
50%
+20% SGMR
40% SPM
SI
30% SMV
SAZ
20% SBM
SGO
10% SMD
λApprossimato SMM
0%
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60%
Figura 7.20: Confronto fra i moltiplicatori di collasso ABAQUS e quelli approssimati
per i macroelementi sezione trasversale sulla navata delle chiese in esame.
50%
λ
40%
30%
20%
λApprossimato
10%
λABAQUS
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50 60
50%
λ
λABAQUS
40%
λApprossimato
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50 60
Figura 7.22: Confronto fra la curva di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento sezione trasversale sulla navata della chiesa di SGMR.
50%
λ
40%
30%
20%
λABAQUS λApprossimato
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50 60
Figura 7.23: Confronto fra la curva di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento sezione trasversale sulla navata della chiesa di SPM.
Capitolo VII VII-15
50%
λ
40%
30%
20%
λABAQUS λApprossimato
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50 60
Figura 7.24: Confronto fra la curva di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento sezione trasversale sulla navata della chiesa di SI.
50%
λ
40%
30%
20% λApprossimato
λABAQUS
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50 60
Figura 7.25: Confronto fra la curva di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore
di collasso per il macroelemento sezione trasversale sulla navata della chiesa
di SMV.
VII-16 Capitolo VII
50%
λ
40%
30%
λABAQUS
λApprossimato
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50 60
Figura 7.26: Confronto fra la curva di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento sezione trasversale sulla navata della chiesa di SAZ.
50%
λ
40% λABAQUS, SX
30%
λABAQUS, DX
λApprossimato
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50 60
Figura 7.27: Confronto fra le curve di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento sezione trasversale sulla navata della chiesa di SBM.
Capitolo VII VII-17
50%
λ
40%
30%
20%
10% λApprossimato
λABAQUS δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50 60
Figura 7.28: Confronto fra la curva di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento sezione trasversale sulla navata della chiesa di SGO.
50%
λ
40%
30%
20%
λABAQUS
λApprossimato
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50 60
Figura 7.29: Confronto fra la curva di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento sezione trasversale sulla navata della chiesa di SMD.
VII-18 Capitolo VII
50%
λ
40%
λApprossimato
30% λABAQUS
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50 60
Figura 7.30: Confronto fra la curva di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento sezione trasversale sulla navata della chiesa di SMM.
7.5 Arcate
Per la tipologia di macroelemento arcata, l’analisi del diagramma di Figura
7.31 evidenzia una maggiore differenza fra i risultati delle due procedure.
Infatti, si osserva che, ad eccezione di SGMR, SMV, SGO e SMD, in tutte le
chiese si hanno scarti maggiori al 20%. Ciò è dovuto alla eccessiva
approssimazione che si è fatto nel ricondurre le arcate ai portali multicampata
equivalenti di Figura 6.57.
In Figura 7.32÷7.41 sono confrontate le curve di capacità, per sisma diretto
verso sinistra e verso destra, con le rette dell’analisi cinematica dei
macroelementi arcate.
Capitolo VII VII-19
-20% -10%
60%
λABAQUS
+10% SGM
50%
+20% SGMR
40% SPM
SI
30% SMV
SAZ
20% SBM
SGO
10% SMD
λApprossimato SMM
0%
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60%
Figura 7.31: Confronto fra i moltiplicatori di collasso ABAQUS e quelli approssimati
per i macroelementi arcate delle chiese in esame.
70%
λ
60%
50%
40%
30%
λApprossimato
20%
λABAQUS, DX
10% λABAQUS, SX
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40
70%
λ
60%
λABAQUS, DX
50%
40%
λABAQUS, SX λApprossimato
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40
Figura 7.33: Confronto fra le curve di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento arcata della chiesa di SGMR.
70%
λ
60%
50%
40%
30%
λABAQUS, SX λABAQUS, DX
20% λApprossimato
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40
Figura 7.34: Confronto fra le curve di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento arcata della chiesa di SPM.
Capitolo VII VII-21
70%
λ
60%
50%
40%
λABAQUS, SX λApprossimato
30%
λABAQUS, DX
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40
Figura 7.35: Confronto fra le curve di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento arcata della chiesa di SI.
70%
λ λABAQUS, SX
60% λApprossimato
λABAQUS, DX
50%
40%
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40
Figura 7.36: Confronto fra le curve di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore
di collasso per il macroelemento arcata della chiesa di SMV.
VII-22 Capitolo VII
70%
λ
60%
50%
λApprossimato
40%
30%
λABAQUS, SX λABAQUS, DX
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40
Figura 7.37: Confronto fra le curve di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento arcata della chiesa di SAZ.
70%
λ
60%
50% λABAQUS, SX
λABAQUS, DX
40%
λApprossimato
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40
Figura 7.38: Confronto fra le curve di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento arcata della chiesa di SBM.
Capitolo VII VII-23
70%
λ
60%
50%
λABAQUS, SX
λApprossimato
40%
λABAQUS, DX
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40
Figura 7.39: Confronto fra le curve di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento arcata della chiesa di SGO.
70%
λ
60%
λABAQUS, SX λApprossimato
50%
λABAQUS, DX
40%
30%
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40
Figura 7.40: Confronto fra le curve di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento arcata della chiesa di SMD.
VII-24 Capitolo VII
70%
λ
60%
50%
40% λApprossimato
30% λABAQUS, DX
λABAQUS, SX
20%
10%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40
Figura 7.41: Confronto fra le curve di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento arcata della chiesa di SMM.
-20% -10%
160%
λABAQUS
+10% SGM
+20% SGMR
120%
SPM
SI
80% SMV
SAZ
SBM
40% SGO
SMD
λApprossimato SMM
0%
0% 40% 80% 120% 160%
Figura 7.42: Confronto fra i moltiplicatori di collasso ABAQUS e quelli approssimati
per i macroelementi prospetti longitudinali esterni delle chiese in esame.
175%
λ
150%
125%
100%
λApprossimato
75%
λABAQUS, SX λABAQUS, DX
50%
25%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
Figura 7.43: Confronto fra le curve di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento prospetto longitudinale esterno della chiesa di SGM.
VII-26 Capitolo VII
175%
λ
150%
λABAQUS, SX
125%
λABAQUS, DX λApprossimato
100%
75%
50%
25%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
Figura 7.44: Confronto fra le curve di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento prospetto longitudinale esterno della chiesa di SGMR.
175%
λ
150%
125%
100%
λApprossimato
75%
λABAQUS, SX
50% λABAQUS, DX
25%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
Figura 7.45: Confronto fra le curve di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento prospetto longitudinale esterno della chiesa di SPM.
Capitolo VII VII-27
175%
λ
150%
125%
100% λApprossimato
75%
50% λABAQUS, DX
λABAQUS, SX
25%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
Figura 7.46: Confronto fra le curve di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento prospetto longitudinale esterno della chiesa di SI.
175%
λ
150%
λABAQUS
125%
100%
λApprossimato
75%
50%
25%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
Figura 7.47: Confronto fra la curva di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore
di collasso per il macroelemento prospetto longitudinale esterno della chiesa
di SMV.
VII-28 Capitolo VII
175%
λ
150%
125%
λABAQUS
100%
75% λApprossimato
50%
25%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
Figura 7.48: Confronto fra la curva di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento prospetto longitudinale esterno della chiesa di SAZ.
175%
λ
150%
125% λABAQUS, SX
λABAQUS, DX
100% λApprossimato
75%
50%
25%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
Figura 7.49: Confronto fra le curve di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento prospetto longitudinale esterno della chiesa di SBM.
Capitolo VII VII-29
175%
λ
150%
125%
λABAQUS, SX
100%
75% λApprossimato
50%
λABAQUS, DX
25%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
Figura 7.50: Confronto fra le curve di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento prospetto longitudinale esterno della chiesa di SGO.
175%
λ λABAQUS
150%
125%
100% λApprossimato
75%
50%
25%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
Figura 7.51: Confronto fra la curva di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento prospetto longitudinale esterno della chiesa di SMD.
VII-30 Capitolo VII
175%
λ
150%
125%
100%
λABAQUS
75% λApprossimato
50%
25%
δ [mm]
0%
0 10 20 30 40 50
Figura 7.52: Confronto fra la curva di pushover ABAQUS ed il moltiplicatore di
collasso per il macroelemento prospetto longitudinale esterno della chiesa di SMM.
7.7 Conclusioni
In questo capitolo è stato presentato il confronto fra i risultati delle analisi non
lineari e quelli delle analisi limite condotte sulle varie tipologie di
macroelementi presenti nelle chiese in esame.
Tale confronto, effettuato in termini di moltiplicatore di collasso e di
cinematismo di collasso, ha evidenziato che le analisi semplificate, benché
approssimate, sono in grado di fornire una stima alquanto attendibile delle
capacità dei macroelementi di resistere alle azioni orizzontali.
Molti problemi sono ancora aperti nell’applicazione dell’analisi semplificata,
come, ad esempio, l’individuazione di meccanismi di crollo capaci di cogliere
meglio il comportamento osservato con le analisi FEM (si pensi ad esempio ai
collassi locali individuati nei prospetti longitudinali di SPM e di SI).
In ogni caso, vista la relativa semplicità di tale approccio, e considerato che
esso non richiede l’adozione di parametri di difficile valutazione, come il
modulo di elasticità o la resistenza a trazione della muratura, appare ovvio che
l’analisi limite dell’equilibrio diviene un utile strumento di valutazione della
sicurezza sismica degli edifici in muratura e/o di controllo dei risultati delle
“più rigorose”, ma complicate, analisi non lineari agli elementi finiti.
CAPITOLO VIII
8.1 Premessa
Le analisi condotte nei precedenti capitoli hanno focalizzato l’attenzione solo
sul comportamento nel piano dei macroelementi. Ma, in presenza di un sisma,
“si osserva che il meccanismo più frequente è il ribaltamento verso l’esterno
delle pareti esposte. Ciò avviene con diverse modalità in ragione delle
caratteristiche geometriche delle pareti, della composizione muraria e delle
caratteristiche tecnologiche dell’insieme della casa. Ogni parete muraria è
vincolata, generalmente in modo monolaterale, alle murature limitrofe e agli
orizzontamenti, le caratteristiche dei vincoli monolateri fanno sì che un muro o
un orizzontamento in genere è in grado solo in parte, per effetto degli attriti
che si esercitano negli appoggi, di trattenere una parete esposta alla rotazione
verso l’esterno. Diverso è il comportamento se le pareti esposte sono trattenute
o da efficaci cantonali o da speciali accorgimenti posti in opera quali gli
incatenamenti.” “Se le facciate non sono connesse con tiranti alle pareti
trasversali si verifica quello che può essere definito primo modo di danno: un
meccanismo di ribaltamento. Viceversa, se le pareti hanno connessioni efficaci
non possono ribaltare: attraverso tali connessioni vengono coinvolte le pareti
ad esse ortogonali che risultano sollecitate nel proprio piano. Se l’intensità è
elevata le pareti sollecitate nel piano possono subire danni: è questo il
secondo modo di danno, che generalmente si manifesta con lesioni più o meno
pronunciate ma solo in casi estremi con il collasso della parete.” (Giuffrè
1993).
È chiaro, quindi, che nella valutazione della vulnerabilità delle chiese occorre
considerare anche i meccanismi di collasso fuori del piano (o meccanismi di
primo modo). Secondo l’OPCM 3431’05, le verifiche con riferimento ai
meccanismi locali di danno e collasso (nel piano e fuori piano) possono essere
svolti tramite l’analisi limite dell’equilibrio, secondo l’approccio cinematico,
che si basa sulla scelta del meccanismo di collasso e la valutazione dell’azione
orizzontale che attiva tale cinematismo (§§1.7 e 1.8).
VIII-2 Capitolo VIII
In tale ottica, in questo capitolo viene analizzato il problema dei collassi fuori
del piano che possono interessare un elemento murario. In particolare, con
riferimento ai possibili meccanismi di crisi fuori piano che si possono attivare
nel macroelemento di facciata, vengono valutati i moltiplicatori di collasso λ
nei seguenti tre casi:
- ipotesi 1: facciata con cattivo ammorsamento con le pareti
longitudinali;
- ipotesi 2: facciata con buon ammorsamento con le pareti longitudinali;
- ipotesi 3: facciata con presidi antisismici costituiti da catene ortogonali
alla facciata e da telai antiribaltamento del timpano.
Per il calcolo delle risorse ultime, si farà riferimento ad un approccio simile a
quello usato nel piano, ovvero si espliciterà λ in funzione della snellezza h/s
della porzione di facciata interessata dal cinematismo e di un coefficiente χ che
dipende dalle caratteristiche geometriche e meccaniche del macroelemento.
8.1
Per una simulazione più realistica del comportamento, è anche possibile considerare, in
forma approssimata: a) gli scorrimenti tra i blocchi, considerando la presenza dell’attrito; b) le
connessioni, anche di resistenza limitata, tra le pareti murarie; c) la presenza di catene
metalliche; d) la limitata resistenza a compressione della muratura, considerando le cerniere
adeguatamente arretrate rispetto allo spigolo della sezione; e) la presenza di pareti a paramenti
scollegati.
Capitolo VIII VIII-3
T1
Wcop
Hcop
dc
T2
h=hc λWcop Wfori
ht1 λWfori
λWmuro
a ht2
Wmuro hf
hm
s
b
a
Figura 8.1: Parete forata con indicazioni delle grandezze geometriche e delle azioni
agenti.
- hm è l’altezza del baricentro della parete in assenza dei fori (in Figura
8.1 risulta hm=h/2);
- Wfori = γ ⋅ A fori ⋅ s è il peso (negativo) della aperture;
- Afori è l’area dei fori;
- hf è l’altezza del baricentro dei fori;
- Wcop è il peso della copertura agente sulla parete;
- Hcop rappresenta la spinta statica trasmessa dalla copertura;
- hc è la quota di applicazione di Wcop e Hcop;
- dc è la distanza orizzontale del punto di applicazione di Wcop rispetto
alla faccia esterna della parete;
- Ti (i=1; 2) è il valore massimo dell’azione di un eventuale tirante;
- hti (i=1; 2) rappresenta la quota di applicazione di un eventuale tirante.
Nel caso di ribaltamento del pannello murario, il principio dei lavori virtuali
equivale alla scrittura dell’equazione di equilibrio alla rotazione intorno alla
linea a-a di Figura 8.1:
⎡ s ⎤
⎢( Wmuro − Wfori ) ⋅ 2 + Wcop ⋅ d c − H cop ⋅ h c + ∑i Ti ⋅ h ti ⎥ +
⎣ ⎦
− λ ⋅ [ Wmuro ⋅ h m − Wfori ⋅ h f + Wcop ⋅ h c ] = 0 (8.1)
per cui, il moltiplicatore di collasso λ vale:
s
( Wmuro − Wfori ) ⋅ + Wcop ⋅ d c − H cop ⋅ h c + ∑i Ti ⋅ h ti
λ= 2 (8.2)
Wmuro ⋅ h m − Wfori ⋅ h f + Wcop ⋅ h c
che può porsi nella forma:
⎡ ⎛ Wfori W d H h T h ⎞⎤
⎢ ⎜⎜1 − + cop ⋅ c − cop ⋅ c + ∑i i ⋅ ti ⎟⎟ ⎥
1 ⎢ 1 ⎝ Wmuro Wmuro s / 2 Wmuro s / 2 Wmuro s / 2 ⎠ ⎥
λ= ⋅ ⋅ (8.3)
h / s ⎢2 ⎛ h m Wfori h f Wcop ⎞ ⎥
⎢ ⎜⎜ − ⋅ + ⎟⎟ ⎥
⎢⎣ ⎝ h Wmuro h Wmuro ⎠ ⎥⎦
Posto:
W A
- f = fori = fori (percentuale di foratura della parte);
Wmuro A tot
Wcop
- β= ;
Wmuro
h
- βm = m ;
h
hf
- βf = ;
h
l’Eq. (8.3) diviene:
Capitolo VIII VIII-5
⎡ ⎛ dc H h T h ⎞⎤
⎢ ⎜⎜1 − f + β ⋅ − cop ⋅ c + ∑i i ⋅ ti ⎟⎟ ⎥
1 ⎢1 ⎝ s / 2 Wmuro s / 2 Wmuro s / 2 ⎠ ⎥
λ= ⋅ ⋅ (8.4)
h /s ⎢2 (β m − f ⋅ βf + β) ⎥
⎢ ⎥
⎣⎢ ⎦⎥
In assenza di tiranti (Ti=0) e delle spinte della copertura (Hc=0), ed ipotizzando
dc=s/2, il moltiplicatore di collasso diviene:
1 ⎡1 1− f + β ⎤
λ= ⋅⎢ ⋅ ⎥ (8.5)
h / s ⎣ 2 β m − f ⋅ βf + β ⎦
In entrambi i casi (Eqq. (8.4) e (8.5)), è possibile scrivere:
1
λ= ⋅χ (8.6)
h /s
che evidenzia come il moltiplicatore di collasso λ risulti inversamente
proporzionale alla snellezza geometrica h/s della parete per mezzo del fattore
χ, che dipende dalla geometria del pannello e dall’entità e posizione delle forze
in gioco.
Si fa inoltre osservare che, nella valutazione di λ, è possibile considerare la non
infinita resistenza a compressione della muratura arretrando verso l’interno, la
posizione della cerniera cilindrica attorno alla quale si ha il ribaltamento, di
una quantità che dipende dai pesi agenti e dalla resistenza a compressione della
muratura.
Nei paragrafi che seguono si riportano, per ognuno dei meccanismi considerati,
le espressioni del moltiplicatore delle azioni orizzontali λ che provoca la
perdita di equilibrio della facciata, o di una sua parte, e quindi il collasso della
struttura.
Capitolo VIII VIII-7
Figura 8.3: Abaco dei meccanismi di collasso nell’ipotesi 1 (facciata con cattivo
ammorsamento con le pareti longitudinali).
VIII-8 Capitolo VIII
Figura 8.4: Abaco dei meccanismi di collasso nell’ipotesi 2 (facciata con buon
ammorsamento con le pareti longitudinali).
Capitolo VIII VIII-9
Figura 8.5: Abaco dei meccanismi di collasso nell’ipotesi 3 (facciata con presidi
antisismici costituiti da catene ortogonali alla facciata e da telai antiribaltamento del
timpano).
H cop hc
1− f + β − ⋅
Wmuro s/2
h / s = h max / s; χ = 0.5 ⋅ (8.7)
β m − f ⋅ βf + β
essendo:
7
- A fori = ∑ A fi ;
i =1
7
∑A fi ⋅ h fi
- hf = i =1
;
A fori
hf
- βf = ;
h max
1
- A tot = b ⋅ h1 + b 2 ⋅ (h 2 − h1 ) + ⋅ b 2 ⋅ h * ;
2
A fori
- f = ;
A tot
1
b ⋅ h12 / 2 + b 2 ⋅ (h 2 − h1 ) ⋅ (h1 + h 2 / 2) + ⋅ b 2 ⋅ h * ⋅ (h max − 2 / 3 ⋅ h * )
- hm = 2 ;
A tot
h
- βm = m ;
h max
W
- β = cop ;
Wmuro
- Wmuro = γ ⋅ A tot ⋅ s .
Per quanto concerne lo spessore s, è necessario definire uno spessore
equivalente della muratura, che tenga anche in conto della eventuale presenza
di paraste, colonne o semicolonne. Anche se il significato di equivalente è
vago, poiché implica alcune relazioni non note tra aree e moduli di resistenza
della sezione reale e di quella equivalente, si può, in analogia a metodologia
adottata per valutare lo spessore effettivo delle pareti nervate ai fini della
valutazione della snellezza equivalente, stabilire uno spessore costante della
sezione equivalente con le indicazioni fornite da Hendry et al. (1997), che
richiama esplicitamente le prescrizioni date dalla norma inglese per le strutture
in muratura BS5628-1 (1992).
Capitolo VIII VIII-11
∑A fi ⋅ h fi
- hf = i =1
;
A fori
hf
- βf = ;
h1
- A tot = b1' ⋅ h1 ;
A fori
- f = ;
A tot
W
- β = cop ;
Wmuro
- Wmuro = γ ⋅ A tot ⋅ s1 .
in cui:
5
- A fori = ∑ A fi ;
i =3
5
∑A fi ⋅ h fi
- hf = i =3
;
A fori
hf
- βf = ;
h max
1
- A tot = b 2 ⋅ h 2 + ⋅ b 2 ⋅ h * ;
2
A fori
- f = ;
A tot
1
b 2 ⋅ h 22 / 2 + ⋅ b 2 ⋅ h * ⋅ (h max − 2 / 3 ⋅ h * )
- hm = 2 ;
A tot
h
- βm = m ;
h max
W
- β = cop ;
Wmuro
- Wmuro = γ ⋅ A tot ⋅ s .
∑A fi ⋅ h fi
- hf = i =6
;
A fori
Capitolo VIII VIII-13
hf
- βf = ;
h1
- A tot = b 3' ⋅ h 3 ;
A fori
- f = ;
A tot
W
- β = cop ;
Wmuro
- Wmuro = γ ⋅ A tot ⋅ s 3 .
∑A fi ⋅ (h fi − h 2 )
- hf = i=4
;
A fori
hf
- βf = ;
h
1
- A tot = b 2 ⋅ ( h − h * ) + ⋅ b 2 ⋅ h * ;
2
A fori
- f = ;
A tot
1
b 2 ⋅ (h − h * ) 2 / 2 + ⋅ b 2 ⋅ h * ⋅ (h − 2 / 3 ⋅ h * )
- hm = 2 ;
A tot
VIII-14 Capitolo VIII
hm
- βm = ;
h
Wcop
- β= ;
Wmuro
- Wmuro = γ ⋅ A tot ⋅ s 2 .
in fase sismica, trasmette una elevata spinta Hcop alla parete determinando
l’instaurarsi delle condizioni di instabilità.
Per definire la geometria dei corpi coinvolti nel cinematismo è necessario
fissare l’angolo di inclinazione α delle cerniere oblique rispetto all’orizzontale
(Figura 8.2). Si osserva a tale riguardo, che più l’angolo α risulta ridotto, tanto
più il meccanismo di sfondamento della parete del timpano può essere
assimilato ad un meccanismo 1.6.
Per ottenere il moltiplicatore di collasso occorre, in tal caso, sostituire nell’Eq.
(8.6) le seguenti quantità (Figura 8.2):
H h
1 − f + β − cop ⋅
Wmuro s timpano / 2
h / s = h / s timpano ; χ = 0.75 ⋅ (8.13)
0.5 − f ⋅ βf + β
in cui:
h ⋅b
- f= a a ;
h ⋅b
h
- βf = a ;
h
W
- β = cop ;
Wmuro
⎡ s timpano ⋅ h * ⋅ b 2 (b − b a ) ⎤
- Wmuro = γ⋅⎢ + s 2 ⋅ (h − h * ) ⋅ 2 ⎥.
⎣⎢ 2 2 ⎦⎥
Wcop
h2=h/x hf2
Af2
λWmuro
h Wmuro h
h1=h· x-1
x
hf2
Af1
s hf1
b
(a) (b) (c)
Figura 8.6: Parete vincolata in testa: schema di calcolo (a), cinematismo (b) e
disposizione di eventuali aperture (c).
presenza delle aperture nella facciata esercita una ridotta influenza nel calcolo,
ed in particolare nella determinazione della posizione della sezione di frattura
della parete. Si aggiunga anche il fatto che l’effetto arco verticale che si attiva
per l’applicazione delle azioni fuori piano, interessa prevalentemente le fasce
piene di muratura. Tuttavia, il modello proposto permette di valutare il
coefficiente λ anche quando è nota la geometria dei macroelementi coinvolti
nel cinematismo e di considerare, in tal caso, anche la presenza di aperture o
superfici irregolari e la conseguente variazione nella distribuzione dei carichi.
L’analisi consiste nell’individuare la posizione h1 (ovvero h2) della cerniera che
corrisponde al minimo valore del moltiplicatore di collasso λ delle forze
orizzontali che determina l’attivazione del cinematismo.
L’applicazione del Principio dei Lavori Virtuali alla parete di Figura 8.6a
consente di ricavare il moltiplicatore λ (Giuffrè, 1993):
1
λ= ⋅χ (8.34)
h /s
2 ⋅ x + β ⋅ x ⋅ ( x + 1)
χ= (8.35)
x −1
W
in cui β = cop , mentre il parametro x definisce la posizione della cerniera
Wmuro
cilindrica orizzontale.
Imponendo che sia nulla dχ/dx si ricava x e cioè l’altezza della sezione di
frattura cui corrisponde il minimo valore di λ:
dχ ⎛1+ β ⎞
= β ⋅ ( x 2 − 2 ⋅ x − 1) = 0 ⇒ x = 1 + 2 ⋅ ⎜⎜ ⎟⎟ (8.36)
dx ⎝ β ⎠
Se si tiene conto della presenza delle aperture Af1 e Af2 di Figura 8.6c, il
coefficiente χ che lega il moltiplicatore di collasso λ alla snellezza h/s della
parete (Eq. (8.34)), assume la seguente espressione:
2 − (f1 + f 2 ) − f 2 ⋅ x + β ⋅ ( x + 1)
χ= 2
(8.37)
⎛ x −1⎞ x −1
⎜ ⎟ − 2 ⋅ f1 ⋅ β f 1 + 2 − 4 ⋅ f 2 ⋅ (1 − β f 2 ) ⋅ ( x − 1)
⎝ x ⎠ x
con (Figura 8.6c):
A
- f i = fi (i=1; 2); A tot = b ⋅ h ;
A tot
hf1 h h − hf 2 h
- βf 1 = ; βf 2 = f 2 = = 1− f 2 .
h h h h
Anche in questo caso il valore del parametro x che rende minimo il
moltiplicatore λ è calcolabile, in generale, imponendo che sia nulla la derivata
di χ rispetto a x. Così facendo, però, si perviene ad espressioni complesse; è
VIII-22 Capitolo VIII
(h f 4 − h t 2 )
- βf = .
(h t 5 − h t 2 )
Anche in questo caso il valore di x associato al minimo valori di λ può
calcolarsi per tentativo.
8.4 Vulnerabilità delle facciate dei dieci casi di studio nei confronti del
collasso fuori del piano
Le relazioni riportate nei paragrafi precedenti sono state applicate per la
valutazione della vulnerabilità delle facciate dei casi di studio.
In Figura 8.7 sono riportati i valori minimi del moltiplicatore λ nell’ipotesi 1
(facciata con cattivo ammorsamento con le pareti longitudinali).
Nell’istogramma sono anche schematizzati i cinematismi associati a λmin. Si
osserva che ad eccezione di SGM, che mostra una tendenza all’attivazione del
meccanismo 1.2-1.4, in tutte le facciate, il ribaltamento globale della parete
centrale (meccanismo 1.3) è quello che dà luogo al minimo valore di λ. Si nota
anche che i moltiplicatori di collasso in presenza di cattivo ammorsamento
della facciata con i muri di controvento sono molto bassi, con valori compresi
fra il 3.5% di SAZ ed il 6.6% di SGMR.
La verifica sismica dei meccanismi locali ai sensi dell’OPCM 3431’05, può
farsi valutando, per le facciate in esame, il coefficiente Γ definito dall’Eq.(1.7):
a* λ
Γ= o = (1.7)
a sisma * ag S ⎛ Z⎞
e ⋅ ⋅ ⋅ ⎜1 + 1.5 ⋅ ⎟
g q ⎝ H⎠
Infatti, come descritto nel § 1.7 (Analisi cinematica lineare), secondo
l’Ordinanza, la verifica è soddisfatta se vale la condizione a *o ≥ a sisma , che
equivale alla condizione Γ ≥ 1 .
Nel caso in esame, dall’istogramma di Figura 8.8 si osserva che, nell’ipotesi 1,
risultando Γ=0.096÷0.188<1, la verifica non è mai soddisfatta.
Nel caso di facciate con buon ammorsamento con le pareti trasversali, (ipotesi
2), invece, si osserva che i valori minimi del moltiplicatore di collasso variano
tra il 7.8% di SGM ed il 26% di SBM (Figura 8.9). In merito ai cinematismi
associati ai moltiplicatori minimi λmin, si osserva che per le facciate di SGM,
SI, SAZ, e SMM il meccanismo più debole è il 2.7 (ribaltamento del timpano
con formazione di cerniere oblique). Per SGMR, SPM, SMV, SBM e SGO,
invece, si nota una tendenza al ribaltamento della parete sinistra e/o destra
(meccanismi 2.2 e/o 2.4). Per SMD, infine, il moltiplicatore minimo è associato
al meccanismo 2.1 (ribaltamento globale composto della facciata).
Osservando l’istogramma di Figura 8.10, si nota che anche nell’ipotesi 2, la
verifica allo SLU della facciata non è mai soddisfatta.
Capitolo VIII VIII-25
Dal confronto fra i diagrammi di Figura 8.9 e 8.10, inoltre, emerge che per
SPM, SMV, SBM e SMD, i meccanismi associati a Γmin cambiano rispetto a
quelli corrispondenti a λmin. Ciò conferma quanto evidenziato nel §1.7, ovvero
che, nell’applicazione dell’analisi cinematica lineare, come definita
nell’Allegato 11.C dell’OPCM 3431’05, non è sufficiente limitarsi ad
individuare il meccanismo di collasso cui corrisponde il moltiplicatore
orizzontale minimo λmin per poi effettuare la verifica mediante l’Eq. (1.6), ma è
indispensabile verificare l’Eq. (1.6) per tutti i meccanismi, il che equivale a
valutare il coefficiente Γ per tutte le possibili modalità di danneggiamento.
Nel caso di facciate con presidi antisismici costituiti da catene longitudinali e
telaio antiribaltamento del timpano (ipotesi 3), si osserva che, se si esclude
SGM (λmin=16.3%), il valore minimo dei moltiplicatori varia tra 0.2 e 0.33
(Figura 8.11). In termini di Γmin (Figura 8.12), invece, si osserva che solo per la
facciata di SMV risulta Γmin≅1, mentre per le rimanenti chiese, le verifiche
risultano ancora non soddisfatte. Anche per l’ipotesi 3 è valida l’osservazione
fatta in precedenza in merito alle differenti modalità di collasso individuabili a
seconda che si considera, per la verifica sismica, λmin o Γmin.
Nelle Figure 8.13 e 8.14 sono confrontati, rispettivamente, i valori minimi
valutati per λ e Γ nelle solite tre ipotesi. Il confronto risulta estremamente
valido per valutare l’efficacia dei presidi antisismici (ipotesi 3) rispetto allo
stato di fatto (ipotesi 1 o 2). Infatti, osservando entrambi gli istogrammi, si nota
che l’intervento di consolidamento previsto permette alle facciate in esame di
conseguire un maggior grado di sicurezza rispetto alle azioni sismiche, con un
livello di protezione sismica comunque inferiore a quello previsto per le
strutture ordinarie. Proporre ulteriori interventi per aumentare la sicurezza
sismica può portare, invece, a soluzioni contrarie ai criteri di conservazione del
patrimonio culturale. Ciò evidenzia la necessità di accettare per le costruzioni
storico-monumentali un livello di rischio sismico più elevato rispetto a quello
delle strutture ordinarie.
In Figura 8.15 è riproposto lo stesso istogramma di Figura 8.14; nel grafico,
però, sono riportate anche due rette orizzontali che dividono il quadrante in tre
parti caratterizzate, rispettivamente, da una vulnerabilità alta (se Γ ≤ 0.64 ),
media (se 0.64 < Γ ≤ 1.28 ) e bassa (se Γ > 1.28 ).
Tale suddivisione è stata fatta in base alle indicazioni fornite nel §5.3 delle LL.
GG. 2006, che prevedono la possibilità di esprimere una valutazione della
vulnerabilità in forma linguistica attraverso un livello di vulnerabilità basso,
medio o alto. Le LL. GG. 2006, infatti, associano tali livelli qualitativi di
vulnerabilità ai seguenti intervalli di valori di accelerazione al suolo allo SLU:
- vulnerabilità alta: aSLU da 0.1 a 0.2g;
- vulnerabilità media: aSLU da 0.2 a 0.3g;
- vulnerabilità bassa: aSLU da 0.3 a 0.4g.
VIII-26 Capitolo VIII
0.4
λmin
0.3
0.2
0.1
0.0
M
Z
R
SI
M
M
D
SA
M
SG
SM
SM
SP
SM
SG
SB
SG
Figura 8.7: Ipotesi 1 (cattivo ammorsamento): moltiplicatori minimi λmin per i collassi
fuori dal piano delle facciate dei casi di studio.
1.50
Γmin
1.25
Verifica soddisfatta
1.00
Verifica non soddisfatta
0.75
0.50
0.25
0.00
M
Z
R
SI
M
M
D
SA
M
SG
SM
SM
SP
SM
SG
SB
SG
Figura 8.8: Ipotesi 1 (cattivo ammorsamento delle facciate): verifica dei collassi fuori
piano ai sensi dell’OPCM 3431’05.
Capitolo VIII VIII-27
0.4
λmin
0.3
0.2
0.1
0.0
M
Z
R
SI
M
M
D
SA
M
SG
SM
SM
SP
SM
SG
SB
SG
Figura 8.9: Ipotesi 2 (buon ammorsamento): moltiplicatori minimi λmin per i collassi
fuori dal piano delle facciate dei casi di studio.
1.50
Γmin
1.25
Verifica soddisfatta
1.00
Verifica non soddisfatta
0.75
0.50
0.25
0.00
M
Z
R
SI
M
M
D
SA
M
SG
SM
SM
SP
SM
SG
SB
SG
Figura 8.10: Ipotesi 2 (buon ammorsamento delle facciate): verifica dei collassi fuori
piano ai sensi dell’OPCM 3431’05.
VIII-28 Capitolo VIII
0.4
λmin
0.3
0.2
0.1
0.0
M
Z
R
SI
M
M
D
SA
M
SG
SM
SM
SP
SM
SG
SB
SG
Figura 8.11: Ipotesi 3 (presenza di presidi antisismici): moltiplicatori minimi λmin per i
collassi fuori dal piano delle facciate dei casi di studio.
1.50
Γmin
1.25
Verifica soddisfatta
1.00
Verifica non soddisfatta
0.75
0.50
0.25
0.00
M
Z
R
SI
M
M
D
SA
M
SG
SM
SM
SP
SM
SG
SB
SG
Figura 8.12: Ipotesi 3 (facciate con presidi antisismici): verifica dei collassi fuori
piano ai sensi dell’OPCM 3431’05.
Capitolo VIII VIII-29
0.3
0.2
0.1
0.0
M
Z
R
SI
M
M
D
SA
M
SG
SM
SM
SP
SM
SG
SB
SG
Figura 8.13: Confronto fra i moltiplicatori minimi λmin per i collassi fuori dal piano
delle facciate dei casi di studio.
0.75
0.50
0.25
0.00
M
Z
R
SI
M
M
D
SA
M
SG
SM
SM
SP
SM
SG
SB
SG
Figura 8.14: Confronto fra i Γmin per i collassi fuori dal piano delle facciate dei casi di
studio.
VIII-30 Capitolo VIII
Vuln.
1.50 Ipotesi 1 Ipotesi 2 Ipotesi 3 Bassa
Γmin
1.25
1.00 Vuln.
Media
0.75
0.50
Vuln.
Alta
0.25
0.00
M
Z
R
SI
M
M
D
SA
M
SG
SM
SM
SP
SM
SG
SB
SG
Figura 8.15: Vulnerabilità delle facciate dei casi di studio per i collassi fuori dal
piano.
8.5 Conclusioni
Nella valutazione della vulnerabilità sismica delle chiese in muratura, risulta
fondamentale lo studio dei meccanismi di collasso fuori del piano che,
generalmente, si attivano per valori dell’accelerazione sismica più bassi
rispetto a quelli che si attivano nel piano.
Nel capitolo si è focalizzata l’attenzione sul macroelemento di facciata delle
chiese. In particolare, sono stati individuati diversi meccanismi che possono
attivarsi in presenza di cattivo (ipotesi 1) o di buon ammorsamento (ipotesi 2)
della facciata ai muri trasversali. Si è anche considerato un terzo caso che
prevede la presenza di catene e telai antiribaltamento del timpano (ipotesi 3).
Per tutti i cinematismi considerati sono state proposte delle formulazioni che
Capitolo VIII VIII-31
Conclusioni
Cattari S., Curti E., Falasco A., Resemini S. (2005): Analisi lineare e
non lineare degli edifici in muratura. Sistemi Editoriali, Napoli.
Giordano A., De Luca A., Cuomo G., Mele E., Romano A. (2006a):
Limit analysis of multiple span masonry portal frames. Proc. V
International Conference on Structural Analysis of Historical
Constructions - SAHC-06. New Delhi, India, November, 6-8.
Lagomarsino S., Brun S., Giovinazzi S., Idri C., Penna A., Podestà S.,
Risemini S., Rossi B. (1999a): Modelli di calcolo per il
miglioramento sismico delle chiese. Atti del IX Convegno
Nazionale in L’ingegneria Sismica in Italia, Torino, 20-23
settembre 1999.
LL. GG. 2006: Linee Guida per la valutazione e riduzione del rischio
sismico del patrimonio culturale con riferimento alle norme
tecniche per le costruzioni.