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RIABILITAZIONE STRUTTURALE
ISBN 978-88-97821-07-6
Copyright CUES ©2012
Cooperativa Universitaria Editrice Studi
via Ponte Don Melillo - Università di Salerno - Fisciano (SA)
Tel. 089964500 pbx - Fax 089964360
www.cues.it, E-mail: info@cues.it
Finito di stampare nel mese di marzo 2012 per conto delle Edizioni Cues
dalla tipografia «Braille Gamma S.r.l.» di Santa Rufina di Cittaducale (Ri)
PREFAZIONE
La riabilitazione strutturale rappresenta un tema di grande attualità sia per l’invecchiamento
del patrimonio edilizio esistente sia per l’evoluzione delle norme tecniche, ed in particolare
della normativa sismica, che va a regolamentare territori sempre più vasti sui quali gran
parte degli edifici esistenti sono stati progettati e realizzati, nel rispetto delle normative
dell’epoca, senza seguire criteri antisismici.
A tale problematica è dedicato il corso di “riabilitazione strutturale” della laurea
magistrale in ingegneria civile e della laurea a ciclo unico in ingegneria edile – architettura,
a cui il presente volume fa riferimento. L’obiettivo è quello di affrontare le diverse
problematiche che intervengono nelle successive fasi del processo di consolidamento ed
adeguamento sismico degli edifici in muratura. In particolare, a partire dall’analisi
dell’evoluzione storica della normativa italiana fino agli eurocodici, necessaria per una
adeguata conoscenza delle caratteristiche strutturali originarie dell’edificio e delle modalità
con le quali intervenire, si intende esaminare le varie tecniche di indagine e monitoraggio
delle strutture, le cause del dissesto ed il corrispondente quadro fessurativo, la modellazione
della struttura, l’analisi delle sollecitazioni e la progettazione degli interventi di
consolidamento o di adeguamento sismico.
Ognuno dei temi precedentemente introdotti potrebbe essere probabilmente oggetto
di un corso o di una trattazione specifica, per cui la difficoltà e nello stesso tempo
l’obiettivo prefissato nell’organizzazione del corso e del presente volume è stato quello di
coniugare da un lato l’esigenza di fornire un quadro, per quanto possibile completo, della
problematica e di tutti gli aspetti che intervengono nella progettazione ed esecuzione degli
interventi, dall’altro di trattare in modo sufficientemente accurato i vari argomenti. Si è
cercato quindi un giusto equilibrio tra un’analisi dettagliata di pochi aspetti ed un’analisi
sommaria di tutti gli aspetti, con la speranza di riuscire a fornire gli strumenti e le
conoscenze di base necessarie per affrontare la riabilitazione degli edifici esistenti, con
particolare riferimento agli edifici in muratura, e nello stesso tempo di fornire gli spunti e le
indicazioni sui possibili approfondimenti che possano stimolare un processo di continuo
aggiornamento e progressivo ampliamento delle conoscenze.
Il tema della riabilitazione strutturale degli edifici in muratura viene affrontato
suddividendolo in due parti: la parte 1, contenuta nel presente volume, è dedicata all’analisi
e verifica degli edifici in muratura ordinaria, la parte 2, oggetto del secondo volume, è
dedicata alla progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici esistenti in muratura
ordinaria.
Più in dettaglio, la parte 1, è suddivisa in sei capitoli. Nel capitolo 1, dopo aver
introdotto le normative di particolare interesse per gli edifici in muratura, vengono
esaminate le tipologie e tessiture dei pannelli murari, le proprietà dei materiali costituenti la
muratura e le proprietà meccaniche della muratura nel suo complesso. Nel capitolo 2, prima
di passare all’analisi delle sollecitazioni e verifiche dei vari elementi strutturali, viene
inquadrato il comportamento complessivo degli edifici in muratura individuando i
II Prefazione
parametri che governano la risposta strutturale sotto azioni sismiche. Nel capitolo 3, viene
esaminato il comportamento delle pareti alle azioni ortogonali analizzando le modalità di
verifica previste dalla varie normative sia nei confronti della pressoflessione, con e senza
effetti del II ordine, che nei confronti del ribaltamento. Nel capitolo 4 si affronta il
comportamento delle pareti alle azioni nel piano valutando dapprima il comportamento
degli elementi costitutivi, ovvero dei maschi murari e delle fasce di piano, per poi
esaminare l’intera parete sia con modelli monodimensionali che con modelli
bidimensionali. Nel capitolo 5 si passa alla valutazione del comportamento dell’intero
edificio considerando le differenti tipologie di analisi previste dalle normative sismiche più
avanzate con particolare riferimento a quelle statiche non lineari. Infine, nel capitolo 6
vengono esaminati i metodi di calcolo delle sollecitazioni degli elementi strutturali di
impalcato rappresentati dagli archi, le volte e le cupole.
La parte 2 è suddivisa in quattro capitoli numerati in prosecuzione a quelli della
parte 1. Il capitolo 7 tratta l’analisi e diagnosi dei dissesti esaminando sia i dissesti statici
dovuti a cedimenti di fondazione, traslazioni e rotazioni, e a schiacciamento degli elementi
murari, sia i dissesti per azioni sismiche. Nel capitolo 8 vengono affrontate le
problematiche relative alle indagini distruttive e non distruttive sia sui materiali base
costituenti la muratura che sui pannelli murari in sito ed in laboratorio. Nel capitolo 9, a
valle dell’analisi del comportamento sismico degli edifici, sviluppata nella parte 1, e del
rilievo dei dissesti e delle indagini sperimentali sviluppate nei capitoli precedenti della parte
2, viene analizzata la vulnerabilità sismica degli edifici in muratura con riferimento alla
metodologia introdotta dal Gruppo Nazionale Difesa dai Terremoti. Infine, nel capitolo 10
vengono trattati gli interventi di consolidamento. In particolare, dopo un inquadramento
generale degli interventi, vengono esaminate le tecniche di consolidamento, i criteri di
progetto e le verifica con riferimento alle fondazioni, alle strutture murarie verticali, agli
orizzontamenti, alle coperture, agli archi, alle volte ed alle cupole.
Nel presente volume, attesa la recente approvazione delle “Norme tecniche per le
Costruzioni” del 14 gennaio 2008 con la relativa circolare esplicativa n. 617 del 26 febbraio
2009, in relazione ai singoli aspetti della progettazione e verifica degli edifici in muratura
ordinaria, vengono evidenziate e commentate le modifiche introdotte dalle nuove norme
rispetto al quadro normativo precedente rappresentato sia dall’Ordinanza del Presidente del
Consiglio dei Ministri n. 3274/2003 e 3431/2005 che dal Decreto Ministeriale LL.PP. del
16 gennaio 1996.
Al termine di questa premessa voglio ringraziare l’amico prof. Vincenzo Piluso,
compagno di viaggio da sempre nella mia esperienza universitaria e costante occasione di
confronto ed approfondimento, il dott. Massimo Latour per la preziosa collaborazione nella
stesura delle applicazioni numeriche, i dott. Riccardo Sabatino e Giuseppe Torello con i
quali ho condiviso l’implementazione del codice di calcolo FREMA, oggetto di analisi ed
applicazione nel capitolo 4, la dott.ssa Immacolata Tolone, collaboratrice di numerose
attività di ricerca, e l’ing. Albano Squizzato per l’aiuto nella correzione delle prime bozze
delle dispense del corso di Riabilitazione Strutturale, da cui il presente volume trae origine.
4.1 Introduzione...............................................................................................................119
4.2 Analisi dei pannelli murari soggetti ad azioni normali e taglianti .............................120
4.2.1 Modelli monodimensionali con traversi infinitamente rigidi.......................120
4.2.2 Rigidezza dei maschi murari per azioni taglianti.........................................121
4.2.3 Resistenza dei pannelli murari soggetti ad azioni taglianti..........................123
4.2.3.1 Rottura per fessurazione diagonale .......................................................124
4.2.3.2 Rottura per taglio-scorrimento ..............................................................127
4.2.3.3 Rottura per pressoflessione....................................................................130
4.2.3.4 Resistenza dei maschi murari.................................................................132
4.2.4 Duttilità dei maschi murari ..........................................................................133
4.3 Analisi dei pannelli murari soggetti a sole azioni taglianti (fasce di piano) ..............134
4.4 Modellazione delle pareti soggette ad azioni nel piano ............................................138
4.4.1 Modelli monodimensionali con traversi infinitamente rigidi.......................138
4.4.1.1 Curva Pushover del singolo piano e metodo POR.................................138
4.4.1.2 Curva Pushover della parete multipiano ...............................................143
4.4.1.3 Metodo Porflex.......................................................................................145
4.4.1.4 Metodo delle fasce di piano ...................................................................152
4.4.2 Modelli monodimensionali con traversi di rigidezza flessionale
nulla .............................................................................................................156
4.4.2.1 Modelli con maschi indipendenti ...........................................................156
4.4.2.2 Modelli con maschi accoppiati da pendoli ............................................157
4.4.3 Modelli monodimensionali a telaio equivalente ..........................................161
4.4.3.1 Modello FREMA.....................................................................................162
4.4.3.1.1 L’elemento maschio murario ..............................................................164
4.4.3.1.2 L’elemento fascia muraria ..................................................................169
4.4.3.2 Modello SAM .........................................................................................172
4.4.3.3 Modello 3MURI .....................................................................................173
4.4.4 Modelli monodimensionali a puntoni ..........................................................175
4.4.5 Modelli bidimensionali con macroelementi finiti........................................176
4.4.5.1 Modello SISV .........................................................................................176
4.4.5.2 Modello MAS3d .....................................................................................180
4.4.6 Modelli bidimensionali con elementi finiti..................................................183
V
4.4.6.1
Discretizzazione in elementi finiti ..........................................................184
4.4.6.2
Condizioni di convergenza.....................................................................185
4.4.6.3
Problematiche relative all’analisi non lineare ......................................186
4.4.6.4
Leggi costitutive per la muratura...........................................................187
4.4.6.5
Calibrazione dei parametri meccanici nella modellazione agli
elementi finiti .........................................................................................193
4.4.7 Confronto tra i vari modelli .........................................................................197
4.5 Applicazione numerica: Verifica di una parete per azioni nel piano .........................203
Bibliografia ........................................................................................................................311
Capitolo 1
merito alle caratteristiche meccaniche della muratura, alle norme di calcolo con le relative
verifiche sia con riferimento ad edifici in muratura con elementi artificiali che a quelli con
elementi resistenti naturali. Tale norma disciplinava in maniera dettagliata la realizzazione
di nuove costruzioni in muratura ed inoltre forniva le indicazioni per il consolidamento
degli edifici esistenti. In particolare, escludendo il caso degli edifici soggetti ad azioni di
natura sismica che veniva regolamentato da una specifica normativa, il D.M.87 definiva
l’intervento di consolidamento come “l’esecuzione di un complesso di opere che risultino
necessarie per rendere l’edificio atto a resistere alle azioni verticali ed orizzontali previste
in progetto”. Inoltre, prescriveva l’obbligo di procedere al consolidamento nei casi in cui si
volesse:
a) sopraelevare o ampliare l’edificio;
b) apportare variazioni di destinazione che comportano incrementi dei carichi
originari superiori al 20%;
c) effettuare interventi strutturali che traformano l’edificio in un organismo edilizio
diverso dal precedente;
d) esecuzioni di interventi strutturali, anche su parti strutturali dell’edificio, che
alterano il comportamento globale dell’edificio;
e) effettuare interventi strutturali consistenti in un insieme sistematico di opere.
La norma prescriveva inoltre che anche quando non si procedeva al consolidamento
occorreva redigere un progetto basato sulle seguenti operazioni:
1) rilievo finalizzato all’individuazione dello schema strutturale nello stato di fatto;
2) valutazione del livello di sicurezza attuale portando in conto l’eventuale degrado
dei materiali;
3) scelta degli interventi;
4) verifica di sicurezza del nuovo organismo strutturale.
Pertanto, se l’edificio in muratura era ubicato in zona non sismica, prima
dell’emanazione delle NTC2008, occorreva far riferimento esclusivamente al D.M.87 ed
alla sua circolare esplicativa, procedendo con un intervento di migliormaneto statico o di
consolidamento sulla base delle precedenti considerazioni ed effettuando le verifiche con il
metodo delle tensioni ammissibili oppure con il metodo semiprobabilistico agli stati limite.
In tale contesto, le azioni da considerare ovvero i carichi permanenti, i sovraccarichi
variabili per gli edifici, la neve, il vento e le variazioni termiche venivano dettagliatamente
descritti in uno specifico Decreto Ministeriale la cui versione più recente è costituita dal
D.M.LL.PP. 16/01/96 “Norme tecniche relative ai criteri generali per la verifica di
sicurezza delle costruzioni e dei carichi e sovraccarichi” [4] con la Circolare esplicativa del
04/07/96 n.156 AA.GG. “Istruzioni per l’applicazione delle norme tecniche relative ai
criteri generali per la verifica di sicurezza delle costruzioni e dei carichi e sovraccarichi”[5].
Quando l’edificio in muratura ricadeva in zona sismica, oltre al D.M.87 occorreva
far riferimento alla specifica normativa sismica.
La prima normativa tecnica in senso moderno, nel settore sismico, è nata a seguito
del terremoto del 28 dicembre 1908. In tale normativa, emanata con Regio Decreto del 18
Aprile 1909, sono ben presenti i requisiti di “buone regole del costruire in zona sismica”, in
particolare quello dell’altezza, che non può di regola superare i 10 metri, prescrizioni per
Capitolo 1: Tipologie e proprietà meccaniche delle murature Pag. 3
normative specifiche e documenti di indirizzo redatti per questa tipologia di edifici che
sono rappresentate dapprima dalla Circolare Min. Beni Cult. 18 Luglio 1986 n°1032
(Interventi sul patrimonio monumentale a tipologia specialistica in zone sismiche:
raccomandazioni) e dalle “Direttive per la redazione ed esecuzione di progetti di restauro
comprendenti interventi di miglioramento antisismico e manutenzione, nei complessi
architettonici di valore storico-artistico in zona sismica” redatto dal Comitato nazionale per
la prevenzione del patrimonio culturale dal rischio sismico del 14/07/89. Più recentemente
sono state emanate le Linee Guida per la valutazione e riduzione del rischio sismico del
patrimonio culturale allineate alle nuove Norme tecniche per le costruzioni che rappresenta
un testo di riferimento allegato al parere n. 92 dell’Assemblea Generale del Consiglio
Superiore dei LL.PP. reso nella seduta del 23 luglio 2010.
In Tab. 1.1 è riportato un quadro sintetico delle norme più significative relative agli
edifici in muratura.
Dalla breve disamina degli interventi previsti nelle norme attuali e quelle precedenti
emerge che gli interventi possono essere definiti e contraddistinti esclusivamente in base a
quanto predisposto dalle norme ovvero distinguendo gli interventi di consolidamento
statico, di miglioramento sismico, di adeguamento sismico ed interventi locali o di
riparazione. A tali definizioni va aggiunta anche quella di interventi di restauro intesi come
gli interventi operati sui beni monumentali. Essi si distinguono dagli altri interventi
essenzialmente per l’oggetto di cui si interessano e conseguentemente per il fine degli
interventi stessi. Infatti mentre il "restauro" è volto alla conservazione delle antiche
testimonianze gli altri interventi sono dettati da ragioni economiche e d'uso essendo
finalizzati al riuso di una particolare struttura e solo come conseguenza alla sua
conservazione. Nel caso del "restauro", invece, il riuso può eventualmente rappresentare
solo un mezzo particolarmente efficace per garantire la conservazione del monumento
stesso.
Nel rispetto, quindi, delle normative citate, nel seguito saranno pertanto trattate le
tematiche necessarie ad un intervento esaustivo sugli edifici esistenti affrontando le
seguenti problematiche:
a) rilievo dello stato di fatto con particolare riferimento al rilievo del quadro
fessurativo ed alle indagini preliminari finalizzate all’accertamento delle proprietà
meccaniche dei materiali costituenti l’edificio;
b) impostazione di un adeguato modello strutturale mediante il quale accertare il
livello di sicurezza nello stato di fatto posseduto dalla struttura;
c) analisi del dissesto ed individuazione delle cause del dissesto stesso;
d) progettazione degli interventi strutturali;
e) modellazione della struttura a valle degli interventi e valutazione del livello di
sicurezza raggiunto;
f) indagini sperimentali per l’accertamento dell’efficacia degli interventi realizzati e
loro eventuale monitoraggio nel tempo.
Nell’affrontare tali tematiche, saranno evidenziate le disposizioni previste sia nel
D.M. Min. LL.PP. 16 Gennaio 1996 (Norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche)
Pag. 6 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
che nelle norme “O.P.C.M. 3274/2003 e 3431/2005” e nelle definitive “Norme Tecniche
per le Costruzioni D.M. 14/01/2008”.
Consolidamento
Zona Edifici
Adeguamento
Migliramento
Riparazione
non danneg Edifici Edifici
sismica giati dal in zona monu-
sisma sismica mentali
del
1980
D.M.16/01/96
Carichi e
sovracc.
e
x x x x
C.M.LL.PP.
Quadro normativo precedente
4/7/97
Muratura in
ambito non
D.M.20/11/87
sismico
e x x x x x
C.M.04/01/89
Legge 64/74 x x x
ambito sismico
Muratura in
D.M.02/07/81 x x
x
C.M.n.21745
D.M.16/01/96 x x
x x
C.M.10/04/97
Comit.Naz.Prevenz.
x x
patrimonio culturale dal
monumentali
rischio sismico
edifici
C.M.BB.CC. 18/7/86
x x
n.1032
Linee Guida C.M.LL.PP.
x x
21/7/2006
Capitolo 1: Tipologie e proprietà meccaniche delle murature Pag. 7
s×b l
5.5×12.0 25.0
6.0×11.0 22.5 b
6.0×13.5 27.5
l s
I sottomultipli, ottenuti per taglio oppure forniti dal produttore, hanno dimensioni
variabili corrispondenti a frazioni del mattone standard, destinate a risolvere alcuni
particolari costruttivi.
I mattoni pieni possono essere di tipo massiccio, del tutto privi di fori, ovvero
presentare una modesta quantità di fori, parallelamente al lato minore degli elementi (la cui
superficie complessiva non supera in genere i 45÷50 cm2). Il numero di fori va da un
minimo di tre a un massimo di circa 20÷24; l’area della sezione normale di un foro varia
generalmente da un minimo di circa 1.8 cm2 (fori circolari con diametro pari a 1.5 cm per
ragioni produttive) al massimo di 9 cm2. I fori possono avere la stessa dimensione o essere
diversificati, sia per forma che per superficie, in base alle caratteristiche di produzione. Le
forme assunte dai fori sono sia di tipo curvilineo (circolari, ovoidali, ecc..) che rettilineo
(quadrati, rettangolari, ecc..). I mattoni pieni sono generalmente posti in opera sulla faccia
di dimensioni maggiori, secondo le giaciture tradizionali ‘di fascia’ o ‘di testa’,
consentendo di realizzare murature portanti di spessore variabile in funzione della
disposizione degli elementi in uno o più filari, una o più teste. La possibilità di posa in
opera dei mattoni con la dimensione minima come spessore (di piatto orizzontale o
verticale), per la realizzazione di murature cosiddette ‘in foglio’, particolarmente snelle,
viene consigliata unicamente per le pareti divisorie, non portanti.
Le pareti costruite in laterizio possono essere di tipo monolitico o a doppia parete.
Quelle monolitiche sono murature piene articolate in spessori variabili da 1 a più teste.
Quelle a doppia parete sono caratterizzate dalla presenza di due setti murari disposti
parallelamente a distanza ravvicinata (4÷6 cm) fra i quali viene lasciata un’intercapedine e
collegati trasversalmente da grappe metalliche o laterizi stessi. L’intercapedine può essere
lasciata libera, per consentire l’areazione interna del muro (da cui la denominazione di
’parete ventilata’) o può alloggiare materiali sciolti atti a incrementarne le caratteristiche di
coibentazione termica.
Le giaciture ed i concatenamenti (questi ultimi indicati, secondo una nomenclatura
tradizionale, anche con il termine “apparecchi”) rappresentano i vari tipi di disposizione
possibili dei mattoni nella formazione di una parete o di un muro secondo un prefissato
modello. I mattoni, normalmente si posizionano di fascia, cioè poggiati sul letto di malta
con la faccia più ampia, in modo che le teste risultino parallele o perpendicolari alla fronte
del muro; ma non sono da escludere altri tipi di posa.
Quando le facce dei mattoni sono parallele o perpendicolari alla sezione
longitudinale del muro possono aversi sei tipi diversi di giaciture (Fig. 1.3):
• di fascia (o anche per lungo o in grossezza), quando la lunghezza maggiore del
mattone è parallela al fronte del muro e il piano di posa è costituito dal “piatto” del
mattone;
• in chiave (o anche di testa), quando la lunghezza maggiore del mattone è
perpendicolare al fronte del muro e il piano di posa è costituito sempre dal
“piatto”;
• di costa, quando la faccia maggiore del mattone è perpendicolare al fronte del
muro e il piano di posa è costituito dalla “costa”, ovvero dal lato lungo del
mattone;
Pag. 10 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
Blocco
l’edilizia nell’assetto conferitole negli ultimi secoli. Ad esempio, come nel caso del centro
storico di Salerno, gli edifici sei e settecenteschi spesso inglobavano al loro interno
costruzioni precedenti. Evidente è il caso delle fondazioni, alla quota delle quali è facile
trovare resti di murature anche di epoca romana e quello delle murature dei primi piani, in
special modo quelle dei piani terra, che appartengono a edifici di epoca longobarda o
normanna.
In relazione alla tessitura, la tipologia muraria più diffusa nei centri storici dei
comuni del salernitano è rappresentata da una muratura di pietrame di varia pezzatura con
malta (Fig.1.5, Fig.1.6). Questo tipo di muratura, che può definirsi di pietrame caotico,
costituisce in genere un paramento a sezione piena omogenea nello spessore le cui
caratteristiche meccaniche sono regolate in massima parte dalla malta; nel caso in cui
questa era abbastanza buona, e tale risulta mediamente quella dell’area salernitana, il
materiale presentava una buona resistenza meccanica ed un buon grado di omogeneità nello
spessore. Un’altra tipologia muraria comunque presente negli edifici storici della Campania
Fig. 1.5: Muratura caotica: tufo grigio e Fig. 1.6: Muratura caotica di pietrame.
pietrame.
Capitolo 1: Tipologie e proprietà meccaniche delle murature Pag. 15
è rappresentata dalla muratura a sacco, realizzata con due paramenti esterni di pietra
squadrata, a volte alternata a mattoni pieni ed un riempimento di materiale vario derivante
anche dalla lavorazione di cantiere. Questa tecnica, comunque laboriosa, conduceva a
spessori dei muri intorno ai 60-80 centimetri.
Fig. 1.7: Tufo giallo estratto da murature nel centro storico di Salerno.
Fig. 1.8: Elementi di tufo grigi prelevati dalle murature nel centro storico di Salerno.
Tale materiale, come il tufo giallo, appartiene alla famiglia delle rocce piroclastiche
e viene geologicamente denominato ignimbrite campana. Il notevole utilizzo di questo
materiale come pietra da taglio nelle epoche storiche, prelevato nella piana dell’Agro, ha
fatto si che ancora oggi si usi l’appellativo di “tufo di Nocera”. Sono, infatti, frequenti le
individuazioni di tale materiale nelle fabbriche medioevali che caratterizzano il centro
storico dei comuni campani.
1.3.3 Il travertino
Il travertino è uno dei materiali di più antico impiego nell’area salernitana, ne sono
un esempio le realizzazioni dei templi di Paestum. Risalente all’epoca quaternaria esso è
classificabile tra le rocce sedimentarie di origine chimica la cui formazione è legata a
sorgenti di acqua ed alla loro naturale azione incrostante.
La grande diffusione di manufatti in travertino nella città di Salerno è dovuta sia alle
buone caratteristiche meccaniche e di lavorabilità, sia alle valenze dell’aspetto e alla
abbondante presenza di tale materiale nell’area di Pontecagnano. Di fatto è comunemente
individuato come “Pietra di Faiano”. La massima diffusione dell’uso di questa roccia, che
durante il periodo medioevale si sostituisce gradatamente al tufo grigio di Nocera, si ebbe
nel corso dell’epoca normanna.
Capitolo 1: Tipologie e proprietà meccaniche delle murature Pag. 19
1.4 Le malte
Per la realizzazione delle murature è necessaria la presenza della malta (un impasto
di consistenza plastica capace di far presa ed indurirsi fino al punto da dar vita ad una
connessione rigida) che avvolgendo gli elementi della muratura li renda solidali in una
struttura unitaria e compatta, ripartendo i carichi su tutta la superficie degli elementi
costituenti i vari corsi. I principali requisiti che si richiedono ad una malta, affinché il suo
impiego in una determinata opera muraria sia ottimale, risultano essere:
• buona lavorabilità (tale da ridurre i tempi di posa in opera ottenendo, al contempo,
una buona esecuzione dei giunti);
• indurimento relativamente rapido (per accelerare i tempi di realizzazione);
• resistenza adeguata al tipo di struttura di progetto;
• buona aderenza agli elementi che costituiscono la muratura (tale da non consentire
alcun passaggio di acqua attraverso le giunzioni);
• buona durata nel tempo senza procurare inconvenienti e danneggiamenti agli altri
materiali.
La lavorabilità dipende dalla quantità e qualità del legante usato (in genere
aumentando le quantità si ottiene una migliore lavorabilità); lo stesso vale per l’acqua
dell’impasto.
Pag. 20 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
Tempo di indurimento. Tale processo è dovuto alla perdita dell’acqua di impasto per
cause diverse (assorbimento da parte dei mattoni e dei leganti idraulici, evaporazione). Il
tipo di bagnatura praticata ai mattoni influenza notevolmente il fenomeno della sottrazione
di acqua, con conseguenze dirette sui tempi di indurimento della malta e sulle prestazioni
finali del manufatto.
Resistenza meccanica. La resistenza di una malta deve variare a seconda del tipo di
opera muraria. I diversi leganti disponibili (calce aerea, calce idraulica, cemento)
consentono di ottenere resistenze congruenti con i vari tipi di strutture da eseguire.
Aderenza. Una buona aderenza si ottiene utilizzando mattoni puliti, privi di polvere
e opportunamente bagnati, unitamente a malte a lenta presa che trattengono bene l’umidità
durante il processo di indurimento.
Durata. La buona conservazione della malta dipende molto dalle condizioni
meteoriche e di esposizione, sia durante le fasi di costruzione che di esercizio; gli agenti più
nocivi sono il gelo e la presenza di sali solubili.
La malta è un composto che si ottiene miscelando la sabbia con acqua e con un
legante.
Per quanto concerne la sabbia, esso è un materiale costituito da piccolissimi
frammenti litoidi derivanti dalla frantumazione di pietre più grandi, sia per fenomeni
naturali, sia per azioni artificiali di lavorazione prodotte dall’uomo. La distinzione dei vari
tipi di sabbia (di fiume, di mare, di cava) dipende dalla provenienza: a sabbie diverse
corrispondono caratteristiche e prerogative di comportamento differenziate nel momento in
cui vengono utilizzate nella formazione delle malte.
La composizione granulometrica - ovvero la classificazione delle sabbie in base alle
dimensioni dei diversi granuli costituenti – individua, in genere, tre famiglie tipologiche:
• sabbie fini (con diametri dei granuli inferiori a 0.5 mm);
• sabbie medie (con diametri dei granuli compresi fra 0.5÷2 mm);
• sabbie grosse (con diametri dei granuli compresi fra 2÷5 mm).
In genere la sabbia impiegata nella malta rappresenta il 60÷70% della massa
complessiva. Essa, in qualità di materiale inerte formante l’ossatura minerale delle malte,
svolge un triplice ruolo: riduce il costo del legante, impedisce la formazione di screpolature
e fessurazioni derivanti dal “ritiro” tipico dei leganti utilizzati allo stato puro, agevola il
passaggio dell’anidride carbonica all’interno dell’impasto, necessario per lo svolgimento
del processo di presa ed indurimento della malta stessa.
Come già evidenziato, le caratteristiche qualitative delle malte dipendono molto
dalla composizione granulometrica della sabbia ma anche dalla stessa qualità ed integrità di
quest’ultima; innanzitutto deve risultare pulita e ruvida al tatto e poi deve essere esente da
sostanze dannose quali componenti organici o di natura chimica (cloruri, solfati, ecc..).
L’acqua di impasto deve risultare pulita e limpida, priva di sostanze organiche o
grassi; inoltre non deve essere aggressiva, né contenere solfati o cloruri in percentuali
dannose.
I leganti sono rappresentati da quelle materie che, attraverso processi di reazione
chimica, producono, trasformazioni fisiche le quali dalla plasticità della materia conducono
Capitolo 1: Tipologie e proprietà meccaniche delle murature Pag. 21
da una più facile conservazione e preparazione. La calce idrata non è che calce spenta
mediante l’utilizzazione di tecnologie meccanizzate di lavorazione (con spegnimento a
vapore) che prevedono, nelle loro fasi finali, la macinazione e la conservazione del prodotto
asciutto in sacchi da 30 kg.
Rispetto alla calce tradizionale, ottenuta artigianalmente mediante la tecnica
descritta precedentemente, quella moderna prodotta industrialmente presenta caratteristiche
inferiori, sia sotto il profilo della resistenza meccanica che sotto quello della plasticità, e
conseguentemente, della lavorabilità e posa in opera.
La causa di ciò è attribuibile alle modalità di spegnimento a vapore della calce (nella
tecnologia di produzione moderna) che conduce la calce ad assumere una configurazione
finale di polvere microcristallina, differentemente dallo spegnimento in fossa usato
tradizionalmente che permetteva la crescita di “grandi” cristalli a lamine esagonali.
Questa struttura in forma di lamelle consentiva la formazione di malte molto
plastiche anche con aggiunte limitate di acqua per la facilità dello scorrimento, fra loro,
delle lamelle; le malte confezionate con calce in polvere richiedono, invece, a pari
plasticità, una quantità maggiore di acqua che finisce per conferire loro caratteristiche
meccaniche inferiori.
La quantità di calce da usare nella preparazione della malta affinché possa richiudere
tutti i vuoti presenti tra i granuli della sabbia che rappresentano circa il 30÷40% dell’intero
volume, è dell’ordine di 1 volume di grassello ogni 2÷3 volumi di sabbia e, nel caso delle
calci in polvere, di 15 kg per 100 kg di sabbia.
Le calci aeree non hanno capacità di indurimento nell’acqua, come pure in luoghi
ricchi di umidità o privi di aria (qual’è, ad esempio, il caso di murature con grossi spessori
in cui la malta delle zone più interne a volte non riesce ad indurire neanche a distanza di
secoli poiché priva di qualsiasi contatto con l’atmosfera esterna). In genere il processo di
indurimento, che avviene per trasformazione dell’idrato di calcio in carbonato di calcio, ha
uno sviluppo che procede dall’esterno verso l’interno.
In definitiva, volendo sintetizzare le caratteristiche delle malte aeree si può
osservare:
• notevole resa della calce viva (ovvero il favorevole rapporto tra volume finale
ottenuto dall’impasto e la somma dei volumi dei singoli componenti);
• elevata plasticità e lavorabilità;
• resistenze meccaniche basse che implicano una utilizzazione in murature
scarsamente sollecitate;
• indurimento lento;
• deteriorabilità in atmosfere aggressive o in presenza di gelo.
Sin dall’antichità fu scoperto che era possibile trasformare una malta di calce aerea
in una malta di calce idraulica con l’aggiunta o la sostituzione parziale o totale della sabbia
con pozzolana. La pozzolana, roccia clastica appartenente ai tufi vulcanici alterati, è un
prodotto naturale formato prevalentemente da silicati idrati di allumina e silice (per un
70%) e da altri elementi, quali ossidi di ferro, calcio, potassio, sodio, ecc.., per la restante
parte. Di colore rossastro, la pozzolana si trova, in genere, sotto forma di sabbia incoerente,
tranne quella proveniente dalle cave laziali che risulta compatta sotto forma di tufi, i quali
vanno frantumati e vagliati prima di essere impiegati nella formazione delle malte.
La pozzolana, quando è ridotta a grana fine e risulta priva di sostanze eterogenee,
viene impastata con calce ed acqua dando vita a malte prevalentemente idrauliche con
prestazioni di elevata qualità che conferiscono all’impasto capacità di far presa anche
sott’acqua e caratteristiche di resistenza decisamente migliori di quelle delle malte aeree.
In genere per ottenere una buona malta idraulica si mescola una parte di calce con
tre o quattro di pozzolana.
La produzione di malte di calce idrauliche, invece, è stata ottenuta solamente agli
inizi del XIX secolo, mediante cottura di miscele accuratamente preparate.
Per la preparazione di una calce idraulica occorre impiegare un calcare impuro,
contenente sostanze argillose. Se la cottura di questi calcari avviene ad una temperatura
maggiore rispetto a quella di un forno per calce aerea, intorno ai 1000÷1200°C, il prodotto
della cottura non è costituito solo da ossido di calcio ma anche dai prodotti di reazione di
questo con i costituenti dell’argilla (silice, allumina). Vengono, quindi, a formarsi silicati ed
alluminati di calcio che possiedono le proprietà idrauliche. L’idraulicità di una malta è,
quindi, commisurata alla presenza di detti costituenti. Si definisce, infatti, indice di
idraulicità I il rapporto tra la quantità di argilla e l’ossido di calcio presenti:
Argilla
I= (1.4)
CaO
Sulla base dell’indice di idraulicità si distinguono le calci da debolmente idrauliche,
caratterizzate da I= 0.10÷0.16 e da un tempo di presa di 15÷30 giorni, a preminentemente
idrauliche con I= 0.42÷0.50 e tempo di presa di 4 giorni.
Le malte idrauliche, impiegate specialmente nella formazione di murature realizzate
in ambienti umidi o aventi grossi spessori, presentano in genere caratteristiche di resistenza
meccaniche superiori a quelle delle malte aeree ma sempre inferiori a quelle di cemento (da
½ a ¼) tali da renderle idonee all’uso in muri moderatamente sollecitati.
Altre caratteristiche delle malte idrauliche consistono in un’alta coesione e plasticità
degli impasti, che facilitano la lavorabilità e la posa in opera, insieme ad una struttura
finemente porosa.
Tab. 1.4: Tipologie delle malte a composizione prescitta ( NTC2008 e D.M. 20/11/87).
Classe Classe Tipo di Composizione Resistenza
meccanica a
NTC DM malta Cemento Calce Calce Sabbia Pozzolana compressione
2008 20/11/87 aerea idraulica [N/mm2]
M2.5 M4 Idraulica - - 1 3 -
M2.5 M4 Bastarda 1 - 2 9 -
M5 M3 Bastarda 1 - 1 5 - 5
M8 M2 Cementizia 2 - 1 8 - 8
M12 M1 Cementizia 1 - - 3 - 12
σ z
y
ttbb/2
σ bx
x
tm
z σ by σ m x
tbt/2
b
σ m y
b
σ z
ε bx =
1
Eb
[ (
σ bx + ν b ⋅ σ z − σ by )] (1.5)
ε by =
1
Eb
[
σ by + ν b ⋅ (σ z − σ bx ) ] (1.6)
ε mx =
1
Em
[ (
- σ mx + ν m ⋅ σ z + σ my )] (1.7)
ε my =
1
Em
[
- σ my + ν m ⋅ (σ z + σ mx ) ] (1.8)
dove Eb ed Em sono i moduli di elasticità rispettivamente dei conci e della malta, mentre νb
e νm i corrispondenti coefficienti di Poisson.
Imponendo l’uguaglianza delle deformazioni trasversali del concio e del legante, si
ha:
ε bx = ε mx ⇒
1
Eb
[ (
σ bx + ν b ⋅ σ z − σ by )] =
1
Em
[ (
- σ mx + ν m ⋅ σ z + σ my )] (1.9)
con β=Em/Eb.
Capitolo 1: Tipologie e proprietà meccaniche delle murature Pag. 29
σbx
σzu
σbx σbx
L’equazione (1.11) fornisce il valore della tensione trasversale che si genera sul
concio lapideo in funzione della tensione normale. Tale tensione trasversale di trazione
rappresenta chiaramente un’azione sfavorevole che riduce il valore dello sforzo normale
che il concio lapideo è in grado di sopportare.
Infatti, assumendo in maniera semplificata per il blocco lapideo un dominio di
resitenza lineare in regime di compressione longitudinale-trazione trasversale (Fig. 1.10) e
ponendo λ=fbt/fbc si ha:
σ bx
σz u = − + f bc (1.12)
λ
dove σzu rappresenta quindi la resistenza della normativa fwc.
Tenendo conto della (1.11), si ha:
1 ⎛ α ⋅ (ν − βν ) ⎞
σ zu = − ⋅⎜ m b
σ zu ⎟⎟ + f bc (1.13)
λ ⎜⎝ αβ + 1 − αβν b − ν m ⎠
e quindi:
f bc
σ zu =
1 ⎛ α ⋅ (ν − βν ) ⎞ (1.14)
1+ ⋅⎜ m b
⎟
λ ⎜⎝ αβ + 1 − αβν b − ν m ⎟⎠
Pag. 30 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
ovvero:
f wc 1
=
f bc ⎡ α(ν m − βν b ) ⎤ (1.15)
⎢1 + ⎥
⎣ λ (1 + αβ − ν m − αβν b ) ⎦
In [14] è stata applicata la (1.14) al caso di due murature sottoposte a
sperimentazioni da Hendry [13] e caratterizzate da due differenti tipi di legante:
• legante di buona qualità: β=1/3, νb=0.15, νm=0.25, λ=1/15;
• legante di scarsa qualità: β=1/10, νb=0.15, νm=0.35, λ=1/15.
I risultati sono stati dapprima confrontati con quelli delle prove sperimentali.
Con riferimento all’influenza del rapporto spessore giunto/altezza del pietrame sulla
resistenza della muratura, si osserva che per un certo spessore dei conci di muratura, la
resistenza a compressione della stessa diminuisce fortemente all’aumentare dello spessore
del giunto (Fig. 1.11).
Con riferimento invece all’influenza dei materiali costituenti sulla resistenza a
compressione della muratura in Fig. 1.12 è mostrata l’applicazione della (1.15) assumendo
α·β≈0.
Buona qualità
0.6
fwc/fbc
0.4
0.2
Scarsa qualità
0
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8
α=tm/tb
Fig. 1.11: Influenza del rapporto spessore del giunto/altezza del pietrame sulla resistenza
a compressione della muratura [14]
Capitolo 1: Tipologie e proprietà meccaniche delle murature Pag. 31
50
wc [MPa]
40
Applicazione numerica
30
Hendry 1981
fmc 21 MPa
20
0
0 10 20 30 40 50 60 70
fbc [MPa]
Fig. 1.12: Influenza della resistenza dei materiali costituenti sulla resistenza della
muratura [14]
Dall’analisi della Fig. 1.12 emerge che:
1. la resistenza della muratura cresce all’aumentare della resistenza dei conci; tale
incremento è più rapido quando si adopera un legante di buona qualità;
2. l’aumento della resistenza della muratura, all’aumentare della resistenza del
legante, non è di tipo lineare; per raddoppiare la resistenza della muratura occorre
quadruplicare la resistenza della malta.
L’applicazione numerica mostrata ha evidenziato già su un ideale sub-assemblaggio
l’influenza dei principali parametri meccanici e geometrici. Nelle murature reali
intervengono, come già sottolineato, ulteriori fattori che difficilmente possono essere colti
con un modello analitico, come la regolarità della superficie di contatto malta-materiale
lapideo, la presenza di cavità o vuoti, etc.
Pertanto, in bibliografia [12,13,14,15] sono presenti diverse formulazioni desunte
direttamente dai risultati sperimentali e che possono essere distinte sulla base della qualità
dei materiali costituenti come segue:
Pag. 32 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
f bc f bc ⋅ f mc f mc
f wc = + − + 1.4 [MPa] (1.17)
6 4 20
⎧⎪ (1 − 0.8 ⋅ 3 α ) ⋅ f bc f bc < f mc
f wc = ⎨ (1.18)
⎪⎩(1 − 0.8 ⋅ 3 α )[f mc + 0.4(f bc − f mc )] f bc > f mc
spessore giunto
dove : α= (1.19)
spessore blocco
(4 + 0.1f mc )
f wc = f bc +2 (MPa)
hw (1.20)
12 + 5
bw
⎛2 ⎞
f wc = ⎜ f bc − f 0 ⎟ + δ ⋅ f mc (MPa)
⎝3 ⎠
dove:
f0 = 0 per blocchi di mattoni
f0 =0.5 MPa per blocchi di pietrame
f0 =2.5 MPa per pietrame non squadrato
e
δ = 0.5 per pietrame
δ = 0.1 per mattoni
della malta e della resistenza caratteristica a compressione del concio fbk come mostrato in
Tab. 1.6.
I valori forniti dalla Tab. 1.6 sono utilizzabili solo per murature caratterizzate da
giunti orizzontali e verticali riempiti di malta e di spessore compreso tra 5 e 15 mm.
La resistenza caratteristica dei conci è fornita nel caso di elementi resistenti
artificiali da:
f bk = f bm ⋅ (1 − 1,64δ ) (1.22)
con δ coefficiente di variazione pari a S/fbm, S scarto quadratico medio e fbm valore medio,
valutati con cadenza annuale su un numero minimo di 30 elementi dalle case produttrici.
Nel caso di elementi resistenti naturali la resistenza caratteristica fbk sarà determinata
mediante la seguente relazione:
f bk = 0.75 ⋅ f bm (1.23)
con fbm resistenza media calcolata in base al regio decreto 16/11/39.
Nel caso dei tufi la resistenza fbm va valutata con cadenza annuale su almeno 30
elementi da prove nella direzione di lavoro a cura della casa produttrice.
Non sono ammessi tufi la cui resistenza media sia inferiore a 20 kg/cm2.
f k = k ⋅ f b0.85 (1.26)
valide rispettivamente per murature con correnti di malta di dimensioni medie e per
murature con correnti di malta di dimensioni costanti, minori o uguali a 3 mm.
Tab. 1.7: Indicazione delle caratteristiche meccaniche della muratura fornite dalla
Circolare Ministeriale n°21745/81.
fvk0 =τk σk
TIPO DI MURATURA
[N/mm2] [N/mm2]
1. MURATURE NON CONSOLIDATE NON LESIONATE
Mattoni pieni
0,12 3,00
Malta bastarda
Blocco modulare (con caratteristiche rispondenti alle prescrizioni
del D.M.03/03/75): 29x19; 19cm 0,08 2,50
Malta bastarda
Blocco in argilla espansa o calcestruzzo
0,18 3,00
Malta bastarda
Muratura in pietra (in presenza di ricorsi di mattoni estesi a tutto
lo spessore del muro, il valore rappresentativo di τk può essere
incrementato del 30%
a) pietrame in cattive condizioni 0,02 0,50
b) pietrame grossolanamente squadrato e bene organizzato 0,07 2,00
c) a sacco in buone condizioni 0,04 1,50
Blocchi di tufo di buona qualità 0,10 2,50
2. MURATURE NUOVE
Mattoni “pieni” con fori circolari
Malta cementizia 0,20 5,00
Rm ≥1450 t/m2
Mattoni forati doppio UNI rapp. vuoto/pieno = 40%
Malta cementizia 0,24 5,00
Rm ≥1450 t/m2
3. MURATURE CONSOLIDATE
Mattoni pieni, pietrame squadrato, consolidate con 2 lastre in
0,18 5,00
calcestruzzo armato da cm 3 (minimo)
Pietrame iniettato
Murature in pietra a sacco consolidate con due lastre in cls 0,11 3,00
armato da cm 3 (minimo)
Pag. 36 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
Ew = k ⋅ Eb (1.27)
con εu =2.5÷3.5%o.
Per quanto concerne il modulo di elasticità secante per σ=fwc egli propone:
E w = 0.75 ⋅ E w0 ≅ (400 ÷ 1000) ⋅ f wc (1.29)
Kalender propone invece il seguente valore:
E w0 = (500 ÷ 800) ⋅ f wc (1.30)
Per quanto concerne invece le indicazioni normative, ovvero le NTC2008, in
accordo sia con l’OPCM 3274 ed il D.M. 20/11/87, suggerisce i seguenti valori dei moduli
di elasticità longitudinale e tangenziale secanti:
E w = 1000 ⋅ f wk (1.31)
G = 0.4 ⋅ E (1.32)
dove fwk è la resistenza caratteristica a compressione della muratura.
Sempre nell’ambito delle norme italiane, la Circolare Ministeriale 21745 forniva
invece le seguenti espressioni:
Ew = 6⋅G (1.34)
con τk resistenza a taglio riportata in Tab. 1.7.
Per quanto concerne l’EC6, esso fornisce le stesse espressioni suggerite dal D.M.
20/11/87 ovvero le equazioni (1.31) e (1.32).
σ/fwc
1.0
0.6
Nell’Eurocodice 6 viene adottato il legame σ-ε parabola rettangolo descritto in Fig. 1.14.
σ
Diagramma ideale
fk
Diagramma di progetto
Fd=fk/γm
2‰ ε
Fig. 1.14: Legame tensioni deformazioni adottato dall’EC6 [7]
Tab. 1.14: Valori di fvk0 per murature pietra naturale squadrata (DM 20/11/87)
Resistenza caratteristica a
Tipo di malta fvk0
compressione fbk dell’elemento
N/mm2 kg/cm2 N/mm 2
kg/cm2
fbk ≤ 3 fbk ≤ 30 M1-M2-M3 0.10 1.0
M4 0.10 1.0
fbk > 3 fbk > 30 M1-M2-M3 0.20 2.0
M4 0.10 1.0
Infine, per quanto concerne l’EC6, nel caso di murature con correnti di malta di
spessore medio o sottile (tm ≤3mm) vengono suggerite, rispettivamente, le seguenti due
formulazioni:
f vk = f vk0 + 0.4 ⋅ σ d (1.38)
INSUCCESSO SUCCESSO
0 Z=R-S
Area = Probabilità di
insuccesso
Z=R-S (2.1)
dove R ed S rappresentano rispettivamente le variabili aleatorie resistenza e sollecitazione
dipendenti dalle summenzionate fonti di aleatorietà.
Dallo studio della statistica di Z=R-S può essere valutata la probabilità
corrispondente alla condizione R<S che rappresenta la probabilità di insuccesso.
Un approccio probabilistico completo consente, peraltro, di valutare la probabilità di
insuccesso o fragilità corrispondente a differenti valori del rapporto tra lo stato di
sollecitazione e le caratteristiche di resistenza.
Infatti, atteso che per S intendiamo l’effetto delle azioni (ovvero tensioni,
caratteristiche della sollecitazione, deformazioni, spostamenti, etc.) e con R la risposta della
struttura (cioè a seconda dei casi i valori massimi o minimi che le grandezze precedenti
possono raggiungere compatibilmente con le caratteristiche dei materiali), è possibile
costruire le “curve di fragilità” qualitativamente indicate in Fig. 2.2.
Pr
100%
95%
ità
ional
gravi
i funz
i
i liev
i
Croll
sti
d
Dann
Disse
ione
Riduz
5%
0%
S/R
Riduzione di
funzionalità
Elevata
Danni Probabilità
Entità del Bassa lievi
danno Probabilità
Costo del Dissesti
gravi Crollo
ripristino
La Fig. 2.2 mostra che all’aumentare del rapporto S/R tra sollecitazione e resistenza
aumenta la probabilità di insuccesso e quindi di avere danni nella struttura e nello stesso
tempo l’entità del danno stesso. Da tale considerazione appare quindi che risulta possibile
richiedere una differente probabilità di insuccesso a seconda della condizione di dissesto
attesa. E’ evidente che la probabilità di raggiungere una condizione di perdita di
funzionalità può essere accettata per un’entità (e quindi per un valore della probabilità di
insuccesso) senz’altro superiore a quella corrispondente al collasso della struttura che può
comportare la perdita di vite umane. In altre parole è possibile distinguere differenti livelli
prestazionali della struttura a cui associare probabilità di insuccesso differenti. Siamo nello
spirito del “Performance Based Design”.
Tuttavia, l’analisi probabilistica completa non è uno strumento di indagine
correntemente utilizzabile e proponibile nella pratica professionale per l’eccessivo onere
computazionale che essa richiede. Significativa è la ricerca scientifica su tale tema che ha
avuto un notevole impulso negli ultimi anni finalizzata alla messa a punto di procedure che,
introducendo alcune modeste ipotesi semplificative, sono in grado di fornire la probabilità
di insuccesso con un numero più contenuto di analisi.
Rinunciando ad un’analisi probabilistica si ricorre pertanto ai metodi deterministici.
In tale contesto si inseriscono il metodo delle tensioni ammissibili ed il metodo
semiprobabilistico agli stati limite. Se da un lato con tali metodi si abbandona l’analisi
probabilistica, tuttavia, la natura aleatoria dei principali fattori che governano la verifica
strutturale ovvero le azioni e le resistenze dei materiali, viene comunque tenuta in conto
impiegando nella definizione dei due metodi opportuni frattili della distribuzione dei carichi
e delle resistenze dei materiali. Senz’altro il metodo semiprobabilistico agli stati limite tiene
conto in misura maggiore dell’aleatorietà dei parametri in gioco rispetto al metodo delle
tensioni ammissibili tanto è che generalmente tale metodo viene inquadrato come un’analisi
probabilistica di livello I ovvero di livello più basso rispetto all’analisi probabilistica
completa detta di III livello.
La differenza sostanziale tra il metodo delle tensioni ammissibili ed il metodo
semiprobabilistico agli stati limite consiste nel fatto che mentre il primo effettua una
verifica della struttura essenzialmente sotto carichi di sevizio, il secondo definisce differenti
stati limite imponendo la verifica nei confronti sia degli stati limite corrispondenti alla
perdita di funzionalità, indicati come stati limite di esercizio, sia degli stati limite ultimi
corrispondenti al collasso della struttura.
Tra i più consueti stati limite di esercizio si ricordano lo stato limite di eccessive
deformazioni, vibrazioni, danneggiamenti locali quali fessurazioni del calcestruzzo, danni
per fatica, corrosione.
Tra gli stati limite ultimi più consueti si ricordano la perdita di equilibrio della
struttura o di una sua parte, il raggiungimento della capacità di resistenza di parte della
struttura o collegamenti, o della struttura nel suo insieme, rottura di membrature per fatica o
per fenomeni viscosi, instabilità locale di elementi strutturali o globale dell’intera struttura,
raggiungimento delle capacità portanti del terreno.
La probabilità di insuccesso che si accetta in condizioni di esercizio è dell’ordine di
10-2-10-3. Pertanto, nel metodo delle tensioni ammissibili per i carichi si adottano i valori
Pag. 46 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
caratteristici frattile 95%, mentre per i materiali si parte dai valori caratteristici frattile 5% e
per tener conto di tutti i fattori trascurati quali la differenza tra il materiale in opera e quello
delle prove sperimentali, le approssimazioni nel modello di calcolo, durata e applicazioni
dei carichi, si definiscono valori ammissibili delle tensioni nei materiali ridotte. La verifica
di tipo puntuale consiste nel controllare che in ogni fibra della struttura la tensione non
supera il valore ammissibile.
Poiché vengono esaminate le condizioni di esercizio della struttura, il metodo fa
propria l’ipotesi di elasticità lineare (materiale impegnato a tensioni basse) e piccoli
spostamenti ovvero le ipotesi di validità del principio di sovrapposizione degli effetti.
Chiaramente, nel metodo delle tensioni ammissibili si fa l’ipotesi che il margine di
sicurezza nei confronti della rottura assunto coincidente con il rapporto tra tensione
ammissibile e resistenza del materiale sia idoneo a garantire un livello di sicurezza pari a
10-5÷10-6 nei confronti delle condizioni di collasso.
Proprio in relazione a tale considerazione il metodo semiprobabilistico agli stati
limite fornisce un notevole miglioramento rispetto al metodo delle tensioni ammissibili.
Infatti, poiché esso considera separatamente la verifica agli stati limite di esercizio ed agli
stati limite ultimi consente di definire diversamente carichi e resistenze dei materiali nelle
due differenti condizioni pervenendo a livelli di sicurezza diversi nei due casi e adeguati
alle richieste normative. Pertanto, mentre nei confronti dello stato limite di esercizio si fa
riferimento per i carichi al frattile 95% e per le resistenze dei materiali al frattile 5%, nei
confronti degli stati limite ultimi vengono introdotti i coefficienti parziali di sicurezza
amplificando i carichi secondo un coefficiente γf e riducendo le resistenze secondo un
coefficiente γm. In tal modo, è possibile differenziare il livello di sicurezza richiesto dalle
verifiche nei confronti degli stati limite di esercizio, assunto generalmente dell’ordine di
10-3÷10-4, da quello richiesto nei confronti degli stati limite ultimi, pari a 10-6÷10-7.
Pertanto, la sicurezza, nell’ambito del metodo semiprobabilistico agli stati limite, viene
quindi garantita dal seguente controllo:
⎛R ⎞
S (γ f ⋅ Fk ) ≤ R ⎜⎜ mk ⎟⎟ (2.2)
⎝ γm ⎠
Con riferimento alle costruzioni in muratura, il D.M. 20/11/87 consentiva di
effettuare la verifica sia con il metodo delle tensioni ammissibili che con il metodo
semiprobabilistico agli stati limite. Quando si adottava il metodo semiprobabilistico agli
stati limite il D.M. 20/11/87 al punto 2.4.2 precisava che le verifiche agli stati limite di
esercizio potessero essere omesse in quanto l’elevata rigidezza dell’insieme conduce a
deformazioni molto piccole.
Per gli edifici in zona sismica, il D.M. 16/01/96 consentiva ancora la possibilità di
effettuare la verifica sismica sia secondo il metodo delle tensioni ammissibili che secondo il
metodo agli stati limite. Tuttavia, con riferimento agli interventi sugli edifici esistenti ed in
particolare agli interventi di adeguamento delle costruzioni in muratura ordinaria precisava
che la verifica andasse eseguita allo stato limite ultimo corrispondente alla rottura delle
murature. Tale approccio veniva seguito anche dal D.M. 02/07/81 “Normativa per la
Capitolo 2: Le azioni statiche e sismiche Pag. 47
riparazione ed il rafforzamento degli edifici danneggiati dal sisma nelle regioni Basilicata,
Campania e Puglia” che nella sua circolare esplicativa n.21745 del 30/07/81 precisava che
la verifica delle murature andava effettuata allo stato limite ultimo.
Si osserva quindi che, per le strutture in muratura esistenti, già da molti anni è in uso
la verifica agli stati limite sotto azioni sismiche, a differenza di quanto avviene per le
strutture in c.a. sia nuove che esistenti, per le quali fino al settembre 2009 il metodo delle
tensioni ammissibili è stato largamente impiegato.
Le norme più recenti, a partire dall’O.P.C.M. 3274 e 3431, conducono, in linea con
gli Eurocodici, all’abbanono delle verifiche alle tensioni ammissibili e all’impiego quindi
unicamente della verifica agli stati limite anche per le strutture in c.a.
Tali ordinanze sono state espressamente richiamate e in parte fatte proprie da una
prima versione delle Norme Tecniche per le costruzioni (D.M. 14 settembre 2005), la quale
lasciava ancora la possibilità di effettuare una verifica alle tensioni ammissibili nel caso
degli edifici di Classe 1, caratterizzati da una vita utile di 50 anni, soggetti a normale
affollamento senza particolari funzioni pubbliche e strategiche, costituiti da materiale con
modesto comportamento plastico e soggetti ad azioni linearmente crescenti. Nel D.M.
14/1/2008, tale tipologia di verifica è consentita solo per le costruzioni di tipo 1 e 2 e Classe
d’uso I e II, limitatamente a siti ricadenti in Zona 4.
2.2 Le azioni
γ G1 G1,K + γ G 2 G2,K + γ P PK + γ Q1 QK 1 + ψ 0i ∑γ i Qi
QKi (2.3)
dove:
γG1 coefficiente parziale di sicurezza dei carichi permanenti strutturali;
γG2 coefficiente parziale di sicurezza dei carichi permanenti non strutturali;
γQi coefficienti parziali di sicurezza relativi ai carichi accidentali;
γP coefficiente parziale di sicurezza della precompressione pari a 1;
Pag. 48 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
dove E è l’azione sismica per lo stato limite in esame e ψ2i sono i coefficienti di
combinazione che forniscono i valori quasi permanenti delle azioni variabili Qi (Tab. 2.2).
Le azioni sismiche (E) vengono valutate determinando, per la struttura in esame, un periodo
di riferimento VR, funzione della Vita nominale dell’opera VN e del coefficiente d’uso CU,
fornito dalla seguente relazione:
V R = V N ⋅ CU (2.5)
dove la vita nominale VN è indicata, in funzione della tipologia dell’opera, in Tab. 2.3
mentre il coefficiente d’uso CU, funzione della classe d’uso, è dato in Tab. 2.4. Le classi
d’uso degli edifici vengono così distinte dalle NTC2008:
- Classe I: Costruzioni con presenza occasionale di persone; edifici agricoli;
- Classe II: Costruzioni soggette a normali affollamenti; industrie non pericolose
per l’ambiente, ponti e opere infrastrutturali non strategiche e la cui
interruzione non provochi situazioni di emergenza;
- Classe III: Costruzioni soggette ad affollamenti significativi; industrie con attività
pericolose, reti extraurbane non strategiche e ponti e reti ferroviarie la
cui interruzioni crei situazioni di emergenza;
- Classe IV: Costruzioni con funzioni pubbliche o strategiche importanti; reti viarie
principali di collegamento tra i capoluoghi; ponti e reti ferroviarie di
importanza critica per il mantenimento delle vie di comunicazione dopo
un vento sismico.
Il periodo di riferimento non può essere assunto inferiore a 35 anni.
Le NTC2008 utilizzano come parametro caratterizzante la pericolosità sismica il
periodo di ritorno dell’azione sismica TR, espresso in anni. Fissata la vita di riferimento VR,
TR è immediatamente esprimibile in funzione di PVR mediante l’espressione:
VR
TR = (2.6)
ln( 1 − PVR )
dove PVR è la probabilità di superamento dell’azione sismica al variare dello stato limite
considerato (10% per SLV, 5% per SLC).
In funzione di TR la norma fornisce per ogni nodo di un reticolo geografico di
riferimento tracciato sul territorio nazionale i valori dei seguenti parametri necessari per la
definizione dell’azione sismica:
- ag: accelerazione orizzontale massima al sito;
- F0: valore massimo del fattore di amplificazione dello spettro in accelerazione
orizzontale;
- TC*: periodo di inizio del tratto a velocità costante dello spettro in accelerazione.
In Tab. 2.5, a scopo esemplificativo, viene riportato uno stralcio di tali tabelle.
Sulla base dei valori dei parametri ag,, F0 e TC* si valuta il seguente spettro di progetto della
componente orizzontale dell’accelerazione sismica, formalmente coincidente con quello
definito dall’OPCM 3274/03 e 3431/05, da cui si differenzia per una più dettagliata
definizione della pericolosità sismica locale:
0 ≤ T < TB ag ⋅ S ⎡T q ⎛ T ⎞⎤
Sd ( T ) = ⋅ F0 ⋅ ⎢ + ⋅ ⎜ 1 − ⎟ ⎥
q ⎣ TB F0 ⎝ TB ⎠ ⎦
F
TB ≤ T < TC Sd (T ) = ag ⋅ S ⋅ 0
q
F0 ⎛ TC ⎞
TC ≤ T < TD S d (T ) = a g ⋅ S ⋅ ⎜⎜ ⋅ ⎟⎟
q ⎝T ⎠
F0 ⎛T T ⎞
TD ≤ T S d (T ) = a g ⋅ S ⋅ ⋅ ⎜⎜ C 2 D ⎟⎟
q ⎝ T ⎠
dove S è il coefficiente che tiene conto della categoria di sottosuolo e delle condizioni
topografiche ed è fornito dalla seguente espressione:
Tab. 2.5: Stralcio delle tabelle riportate nell’allegato A delle NTC2008 relative ai
parametri di pericolosità dei punti del reticolo di riferimento
Capitolo 2: Le azioni statiche e sismiche Pag. 51
S = S S ⋅ ST (2.7)
con SS, coefficiente di amplificazione stratigrafica, dato in Tab. 2.6 in funzione della
categoria di suolo e ST, coefficiente di amplificazione topografica, dato in Tab. 2.7 in
funzione della categoria topografica e dell’ubicazione dell’opera. Per quanto concerne le
categorie di suolo, esse coincidono sostanzialmente con quelle definite dall’OPCM 3274/03
e 3431/05 e sono le seguenti:
A - Formazioni litoidi o suoli omogenei molto rigidi caratterizzati da valori di Vs30
superiori a 800 m/s, comprendenti eventuali strati di alterazione superficiale di
spessore massimo pari a 5 m.
B - Depositi di sabbie o ghiaie molto addensate o argille molto consistenti, con
spessori di diverse decine di metri, caratterizzati da un graduale miglioramento
delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di Vs30 compresi tra 360
m/s e 800 m/s (ovvero resistenza penetrometrica NSPT > 50, o coesione non
drenata cu>250 kPa).
C - Depositi di sabbie e ghiaie mediamente addensate, o di argille di media
consistenza, con spessori variabili da diverse decine fino a centinaia di metri,
caratterizzati da valori di Vs30 compresi tra 180 e 360 m/s (15 < NSPT < 50, 70
<cu<250 kPa).
D - Depositi di terreni granulari da sciolti a poco addensati oppure coesivi da poco
a mediamente consistenti, caratterizzati da valori di Vs30 < 180 m/s (NSPT < 15,
cu<70 kPa).
E - Profili di terreno costituiti da strati superficiali alluvionali, con valori di Vs30
simili a quelli dei tipi C o D e spessore compreso tra 5 e 20 m, giacenti su di un
substrato di materiale più rigido con Vs30 > 800 m/s.
Tab. 2.6: Valori dei coefficienti SS e CC (NTC2008)
Categoria di suolo SS CC
A 1.00 1.00
ag
B 1.00 ≤ 1.40 − 0.40 ⋅ F0 ⋅
g
≤ 1.20 ( )
1.10 ⋅ TC*
−0.20
ag
C 1.00 ≤ 1.70 − 0.60 ⋅ F0 ⋅
g
≤ 1.50 ( )
1.05 ⋅ TC*
−0.33
ag
D 0.90 ≤ 2.40 − 1.50 ⋅ F0 ⋅
g
≤ 1.80 ( )
1.25 ⋅ TC*
−0.50
ag
E 1.00 ≤ 2.00 − 1.10 ⋅ F0 ⋅
g
≤ 1.60 ( )
1.15 ⋅ TC*
−0.40
Pag. 52 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
dove hi e Vi indicano lo spessore (in m) e la velocità delle onde di taglio (per deformazioni
di taglio γ < 10-6) dello strato i-esimo, per un totale di N strati presenti nei 30 m superiori.
I periodi TB, TC e TD, che individuano i differenti rami dello spettro, vengono definiti
dalle NTC2008 in funzione del periodo TC* mediante le seguenti espressioni:
- TC = C C ⋅ TC* ;
- T B = TC / 3 ;
- T D = 4.0 ⋅ a g / g + 1.6
Infine, per quanto riguarda il fattore di struttura q, le NTC2008 confermano i valori
e le espressioni introdotte dall’OPCM 3274/03 e 3431/05, pari a:
• Edifici in muratura ordinaria regolari in elevazione q = 2.0 αu/α1
• Edifici in muratura ordinaria non regolari in elevazione q = 1.5 αu/α1
• Edifici in muratura armata regolari in elevazione q = 2.5 αu/α1
• Edifici in muratura armata non regolari in elevazione q = 2.0 αu/α1
• Edifici in muratura armata progettati secondo i
principi di gerarchia delle resistenze q = 3.0 αu/α1
dove i coefficienti α1 e αu sono definiti come segue:
Capitolo 2: Le azioni statiche e sismiche Pag. 53
Per la valutazione del primo periodo di vibrazione, piuttosto che eseguire un’analisi
modale, è possibile ricorrere alla formulazione proposta dalla normativa:
T1 =C1H3 4 (2.9)
γ I E + G K + PK + ∑i (ψ Ei QKi ) (2.11)
dove:
γI fattore di importanza (pari ad 1 per edifici ordinari, 1.2 per edifici importanti in
relazione alle conseguenze di un eventuale collasso quali scuole, teatri, etc, e pari
Capitolo 2: Le azioni statiche e sismiche Pag. 55
ad 1.4 per edifici necessari alla protezione civile in occasione di eventi sismici
quali ospedali, municipi, caserme dei vigigli del fuoco, etc.);
E azione sismica per lo stato limite in esame;
GK carichi permanenti al loro valore caratteristico;
PK valore caratteristico dell’azione di precompressione, a cadute di tensione avvenute;
ψEi coefficiente di combinazione che fornisce il valore quasi-permanente della azione
variabile Qi;
QKi valore caratteristico della azione variabile Qi.
I valori dei coefficienti ψ 2i sono riportati in Tab. 2.8.
Per quanto concerne gli effetti dell’azione sismica, secondo l’OPCM 3274, il modello di
progetto allo stato limite ultimo per la descrizione del moto sismico in un punto della
superficie del suolo era costituito dal seguente spettro di progetto allo stato limite ultimo:
⎡ T ⎛ 2,5 ⎞⎤
0 ≤ T < TB Sd (T) = a g ⋅ S ⋅ ⎢1 + ⋅ ⎜⎜ − 1⎟⎟⎥
⎢⎣ TB ⎝ q ⎠⎥⎦
2,5
TB ≤ T < TC S d (T ) = a g ⋅ S ⋅
q
2,5 ⎛ TC ⎞
TC ≤ T < TD Sd (T ) = a g ⋅ S ⋅ ⎜ ⋅⎟
q ⎝ T ⎠
2,5 ⎛ TC TD ⎞
TD ≤ T Sd (T ) = a g ⋅ S ⋅ ⋅⎜ ⎟
q ⎝ T2 ⎠
nelle quali:
ag accelerazione orizzontale massima su suolo molto rigido (categoria A come di
seguito definite) forniti in Tab.2.9 in funzione della zona sismica;
S fattore che tiene conto del profilo stratigrafico del suolo di fondazione fornito in
Tab.2.10, in relazione alle seguenti categorie di suolo.
Destinazione d'uso ψ 2i
Abitazioni, Uffici 0,30
Uffici aperti al pubblico, Scuole, Negozi, Autorimesse 0,60
Tetti e coperture con neve 0,20
Magazzini, Archivi, Scale 0,80
Vento, variazione termica 0,00
Per quanto concerne la valutazione del fattore di struttura l’OPCM 3274 e 3431
prevedeva le stesse formulazioni contenute nelle NTC2008 ed indicate nel paragrafo
Pag. 56 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
precedente con la differenza che il valore di αu/α1 in alternativa alla valutazione a mezzo di
un analisi statica non lineare poteva essere assunto pari ad uno dei seguenti valori:
• edifici in muratura ordinaria ad un piano αu /α1 = 1,4
• edifici in muratura ordinaria a due o più piani αu /α1 = 1,8
• edifici in muratura armata ad un piano αu /α1 = 1,3
• edifici in muratura armata a due o più piani αu /α1 = 1,5
• edifici in muratura armata progettati con la gerarchia
delle resistenze αu /α1 = 1,3
Per quanto concerne lo spettro di progetto da adottare per la limitazione dei danni (SLD)
esso poteva essere ottenuto riducendo con un fattore pari a 2,5 il seguente spettro elastico:
⎛ T ⎞
0 ≤ T < TB S e (T) = a g ⋅ S ⋅ ⎜⎜1 + ⋅ (η ⋅ 2,5 − 1)⎟⎟
⎝ TB ⎠
TB ≤ T < TC S e (T) = a g ⋅ S ⋅ η ⋅ 2,5
⎛T ⎞
TC ≤ T < TD S e (T ) = a g ⋅ S ⋅ η ⋅ 2,5 ⎜ C ⋅ ⎟
⎝ T ⎠
⎛T T ⎞
TD ≤ T S e (T ) = a g ⋅ S ⋅η ⋅ 2,5 ⋅ ⎜⎜ C 2D ⎟⎟
⎝ T ⎠
dove η è il fattore che tiene conto di un coefficiente di smorzamento viscoso equivalente ξ
diverso da 5 (η=1 per ξ=5), fornito dalla seguente relazione con ξ espresso in
percentuale: η = 10 /(5 + ξ) ≥ 0,55 .
Per la definizione del sistema di forze da impiegare nelle analisi di tipo statico, la
distribuzione lungo l’altezza veniva definita mediante la stessa Eq.(2.10) dove il peso
complessivo della costruzione W veniva fornito dai seguenti carichi gravitazionali:
Tab. 2.9: Valori dell’accelerazione orizzontale massima
Zona Valore di ag
1 0,35g
2 0,25g
3 0,15g
4 0,05g
Tab. 2.10: Valori dei parametri dello spettro di risposta elastico (componenti orizzontali)
Categoria suolo S TB TC TD
A 1,0 0,15 0,40 2,0
B, C, E 1,25 0,15 0,50 2,0
D 1,35 0,20 0,80 2,0
Capitolo 2: Le azioni statiche e sismiche Pag. 57
Carichi ai piani ϕ
Copertura 1,0
Archivi 1,0
Carichi correlate 0,8
Carichi indipendenti 0,5
G K + ∑i(ψ Ei Q Ki ) (2.12)
dove ψΕι coefficiente di combinazione dell’azione variabile Qi, che tiene conto della
probabilità che tutti i carichi ψΕiQKi siano presenti sull’intera struttura in occasione del
sisma, e si ottiene moltiplicando ψ 2i (fornito in Tab. 2.8) per ϕ (fornito in Tab. 2.11).
dove γE veniva fissato pari ad 1 per le murature dalla Circolare 10/04/97 n.65, α
rappresentavano le sollecitazioni indotte dal sisma mentre α’p le sollecitazioni indotte dalla
seguente combinazione di azioni:
⎡ n
⎤
γ g G k + γ p Pk + γ q ⋅ ⎢Q jk + ∑ (ψ 0i Q ki )⎥ ⇒ α'p (2.18)
⎣ i=2 ⎦
dove:
• Gk = valore caratteristico delle azioni permanenti;
• Pk = valore caratteristico delle forze di precompressione;
• Qjk = valore caratteristico del sovraccarico variabile di base;
• Qki = valori caratteristici delle azioni variabili tra loro indipendenti;
• γg = 1.4 - 1.0
• γp = 1.2 - 0.9
• γq = 1.5 – 09
• ψ = 0.7 (0 per il vento).
In zona sismica, dal momento che l’azione sismica per gli edifici in muratura è più severa
dell’azione del vento, risultava sufficiente considerare almeno le seguenti condizioni di
carico:
a) Condizioni sismiche:
Capitolo 2: Le azioni statiche e sismiche Pag. 59
⎡ n ⎤
1) α' p ±α con α'p ⇐ 1.4G k + 1.2Pk + 1.5 ⋅ ⎢Q jk + ∑ ( 0.7Q ki ) ⎥ (2.19)
⎣ i=2 ⎦
b) Carichi verticali:
3) (
α p ⇐ 1.5G k + 1.5 ⋅ ψQ jk + 0.75Wk ) (2.21)
qk x 1.5
Fs2 gk x 1.4 Fs2 gk
qk x 1.5
Fs1 gk x 1.4 Fs1 gk
Condizione 1 Condizione 2
Fig. 2.3: Schema delle condizioni di carico sismiche
Pag. 60 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
essendo:
qa =3 fattore di struttura dell’elemento;
Wa peso dell’elemento;
Sa coefficiente sismico fornito dalla seguente espressione:
Capitolo 2: Le azioni statiche e sismiche Pag. 61
⎡ ⎤
⎢ 3 ⎛⎜1 + z ⎞⎟ ⎥
ag ⎢ ⎝ H ⎠ ⎥
Sa = S ⎢ 2
− 0.5⎥ (2.25)
g ⎢ ⎛ T ⎞ ⎥
a
⎢1 + ⎜ 1 − T ⎟ ⎥
⎣ ⎝ 1 ⎠ ⎦
con:
z altezza del baricentro dell’elemento rispetto alla fondazione;
H altezza della struttura;
g accelerazione di gravità
Ta primo periodo di vibrazione dell’elemento non strutturale nella direzione
considerata, valutato anche in modo approssimato;
T1 primo periodo di vibrazione della struttura nella direzione considerata:
Il periodo fondamentale di vibrazione della struttura T1, nella direzione considerata,
può essere valutato secondo l’Eq.(2.9), mentre il periodo di vibrazione dell’elemento in
esame dipende dal grado di vincolo, esplicato dalle pareti ortogonali e dagli orizzontamenti,
su cui il pannello stesso può fare affidamento.
Nel caso in cui il pannello può essere considerato incernierato solo in testa e al piede
in corrispondenza degli impalcati, per la presenza di un cattivo ammorsamento con le pareti
ortogonali, il periodo di vibrazione del pannello può essere espresso mediante la seguente
formulazione:
2π 2π 2H a2
Ta = = =
ωa π2 EI ⎛ N ⎞ EI ⎛ N ⎞ (2.26)
⎜1 − ⎟ π ⎜1 − ⎟
H a2 m ⎝ N cri ⎠ m ⎝ N cri ⎠
in cui m è la massa del pannello per unità di altezza, H a è la sua altezza, N è lo sforzo
normale in esso agente ed N cri = π 2 EI / H a2 è il suo carico critico.
Invece, se le pareti ortogonali sono ben ammorsate nella parete in esame, il pannello
risulta incernierato su tutti e quattro i lati. In tal caso, il periodo di vibrazione è definito
dalla seguente espressione:
2π 2
Ta = =
ωa ⎛ 1 1⎞ g E t3 (2.27)
π ⎜⎜ 2
+ 2⎟
⎟ 2
⎝ H a l ⎠ 12γ m t (1 −ν )
essendo t lo spessore del pannello, l la sua lunghezza e γ m il peso specifico.
In modo semplificato, estendendo la formula approssimata per la stima del periodo
di oscillazione della struttura (2.9) anche al periodo di vibrazione della parete, si può
assumere:
Pag. 62 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
34
Ta Ca H a3 4 ⎛ H a ⎞
= =⎜ ⎟ (2.28)
T1 C1 H 3 4 ⎝ H ⎠
dove Ca e C1 hanno lo stesso significato specificato nella (2.9) e assumono valore di 0.05.
In definitiva, l’azione sismica fuori piano, risulta pari a:
⎡ ⎤
⎢ ⎥
⎢ ⎛ z ⎞ ⎥
3⎜1 + ⎟
ag ⎢ ⎝ H ⎠
⎥W
Fa = S ⎢ − 0 .5 ⎥ a (2.29)
g ⎢ ⎛ 3
⎞
2
⎥ qa
⎢ ⎜ ⎛ Ha ⎞4 ⎟ ⎥
⎢1 + ⎜1 − ⎜⎜ ⎟⎟ ⎟ ⎥
⎢ ⎜ ⎝ H1 ⎠ ⎟ ⎥
⎣ ⎝ ⎠ ⎦
Procedendo secondo l’OPCM 3274 e 3431, a differenza delle NTC2008 che tengono
conto direttamente in ag dell’importanza della costruzione ai fini della protezione civile, le
azioni fuori piano fornite dall’Eq. 2.34 devono essere amplificate del coefficiente γI (fattore
di importanza) pari a 1.0 per edifici ordinari; 1.2 per edifici importanti per le conseguenze
di un eventuale collasso: scuole, teatri, ecc.; 1.4 per edifici importanti per la protezione
civile: ospedali, municipi, caserme, ecc..
fk f vk
σm = ; τm = (2.30)
5 5
Nell’ambito invece del metodo semiprobabilistico agli stati limite venivano definiti i
seguenti valori della resistenza a compressione di calcolo fd e della resistenza a taglio di
calcolo fvd:
fk f vk
fd = ; f vd = (2.31)
γm γm
con γm =3.
Capitolo 2: Le azioni statiche e sismiche Pag. 63
Per quanto concerne gli interventi sugli edifici esistenti la Circolare esplicativa del
D.M. 20/11/87 (Circ. Min. LL. PP. del 04/01/89) affermava che trattandosi di opere già
realizzate da tempo con tecnologie e materiali tra le più disparate, non possono avere valore
cogente le prescrizioni valide per le nuove costruzioni: esse pertanto potevano costituire
solo un utile riferimento.
Così in relazione all’analisi dei materiali, il D.M. 20/11/87 affermava in modo
generico che la resistenza della muratura andava determinata in relazione al tipo, qualità ed
allo stato di conservazione del sistema murario.
E’ importante osservare che nella verifica degli edifici esistenti veniva adottato un
valore γm =1. Appare, pertanto, come evidenziato dalla Circolare esplicativa del D.M.
16/01/96, che il livello di sicurezza richiesto per gli edifici di nuova costruzione soggetti a
verifica era del 50% superiore a quello richiesto per gli edifici esistenti. Infatti, mentre per
le nuove costruzioni occorreva adottare β =2 (incremento azioni) e γm=3 (riduzione
resistenza), per le costruzioni esistenti occorreva impiegare β=4 (incremento azioni) e γm=1
(riduzione resistenza). Ipotizzando per semplicità un rapporto lineare tra le azioni e gli
effetti dalle stesse provocati e tra resistenza del materiale base e quella degli elementi, si
ottiene:
• edifici nuovi:
R ⎛R⎞
2S ≤ ⇒ ⎜ ⎟ =6 (2.32)
3 ⎝ S ⎠N
• edifici esistenti:
⎛R⎞ (2.33)
4S ≤ R ⇒ ⎜ ⎟ = 4
⎝ S ⎠E
e quindi:
(R/S)N 3
= (2.34)
(R/S)E 2
Nell’OPCM 3274/03 e nelle NTC2008, ai fini delle verifiche di sicurezza, si precisa che è
in ogni caso obbligatorio l’utilizzo del “metodo semiprobabilistico agli stati limite”. Per
quanto concerne il valore del coefficiente parziale di sicurezza, l’OPCM 3274/03 indica γm
= 2. Più articolata è invece la definizione del γm nelle NTC2008 che risulta variabile tra 2.0
e 3.0 in funzione della classe di esecuzione e delle caratteristiche degli elementi resistenti e
della malta come riportato in Tab. 2.12. Per quanto concerne la classe di esecuzione,
vengono distinte due classi: classe di esecuzione 2 quando la realizzazione della muratura
avviene sotto la guida di un capocantiere e di un direttore dei lavori, classe di esecuzione 1
quando oltre alla presenza delle due precedenti figure professionali vengono effettuati
controlli e valutazioni in loco delle proprietà della malta che deve essere dosata a volume
con l’impiego di contenitori graduati. In relazione alla categoria degli elementi resistenti
che viene richiamata in Tab. 2.12, si precisa che le NTC2008 definiscono gli elementi
Pag. 64 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
esistenti. Nel caso invece di edifici non regolari in elevazione, la verifica secondo le
NTC2008 risulta più severa di quella prevista dal D.M. 16/1/96 per gli edifici esistenti. Si
osserva inoltre, sempre dalla Figura 2.4, come il D.M.16/1/96 richiedeva per gli edifici
nuovi una verifica più severa di quella relativa agli edifici esistenti con un valore del
parametro γm ⋅ Fh/W pari a circa 1.5 volte quello corrispondente agli edifici esistenti.
(a) (b)
Fig. 2.6: Comportamento statico di pareti ben ammorsate e ben collegate agli impalcati
Dall’analisi sviluppata emerge quindi che tre sono i parametri che condizionano il
comportamento degli edifici in muratura e conseguentemente la corrispondente
modellazione (Fig. 2.8):
1. presenza o meno di un impalcato “inifinitamente” rigido nel suo piano e ben
collegato ai maschi murari;
2. rigidezza e resistenza delle fasce di piano;
3. efficienza o meno dell’ammorsamento tra pareti ortogonali.
I primi due parametri influenzano essenzialmente il comportamento dei maschi nel
piano, il terzo il comportamento fuori piano.
In particolare, il primo parametro determina la complessità del modello da
esaminare in quanto in presenza di impalcato “infinitamente” rigido nel suo piano e ben
collegato ai maschi, dovrà essere esaminata la struttura nella sua spazialità in quanto le
azioni nel piano, indotte dal sisma sulle singole pareti, derivano da una ripartizione delle
azioni di piano in funzione della rigidezza delle pareti stesse. Invece, in assenza di un
Pag. 68 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
(e) (f)
(h)
e mal collegato
(g)
Fig. 2.8: Comportamento delle pareti per azioni nel piano e fuori piano
Capitolo 3
3.1 Premessa
I meccanismi di collasso delle pareti alle azioni ortogonali possono essere di due tipi:
• collasso per ribaltamento di un’intera parete o di una sua parte per rotazione
rigida;
• collasso per pressoflessione del pannello murario fuori dal piano;
Entrambi i meccanismi di collasso sono significativamente influenzati dall’efficacia
dell’impalcato di costituire un vincolo nei confronti degli spostamenti orizzontali a livello
di piano. Tale efficacia dipende essenzialmente dalle seguenti caratteristiche:
a) infinita rigidezza dell’impalcato nel suo piano che impone a tutti i punti da esso
efficacemente collegati di spostarsi nel rispetto dello spostamento del baricentro
dell’impalcato e della rotazione rigida subita dall’impalcato intorno al baricentro
delle rigidezze;
b) efficace collegamento dell’impalcato lungo tutti i suoi lati alle pareti orientate in
entrambe le direzioni.
Un impalcato che soddisfi questi requisiti produce un duplice effetto sul
comportamento della parete. Il primo effetto, come già accennato, è rappresentato dalla
condizione di vincolo esercitato nei confronti dello spostamento a livello di impalcato.
Infatti, se l’impalcato è infinitamente rigido e ben collegato alle pareti, la parete sollecitata
da azioni ad essa ortogonali (quali ad esempio il vento che la investe, il sisma relativamente
alla massa della parete stessa) a livello di impalcato può subire uno spostamento
compatibile con quello delle pareti ad essa ortogonali le quali non solo non risultano
caricate ma presentano un’elevata rigidezza che rende del tutto trascurabile lo spostamento
alle estremità delle pareti sollecitate da forze ortogonali rispetto a quello della mezzeria
della parete stessa. Ne scaturisce pertanto uno schema di parete vincolata con cerniere in
corrispondenza degli impalcati soggetta ad azioni orizzontali distribuite dovute o al vento o
al sisma.
Il secondo effetto consiste nell’azione sismica indotta dalla massa dell’impalcato
che, nell’ipotesi di impalcato rigido, va ad interessare esclusivamente i setti orientati nella
direzione del sisma non gravando come azione ortogonale alla parete.
Nel seguito, si esamina dapprima la verifica a ribaltamento e poi quella a
pressoflessione.
Pag. 70 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
⎛ h ⎞ h
M rib = λP2 ⋅ ⎜ h1 + 2 ⎟ + λS2 ⋅ (h1 + h 2 ) + λP1 ⋅ 1 + λS1 ⋅ h1 (3.6)
⎝ 2 ⎠ 2
dove d1 rappresenta la distanza dal bordo esterno del muro della risultante degli sforzi
verticali trasmessi dal solaio del primo impalcato. Considerando una distribuzione
triangolare di tali sforzi, ed una profondità di penetrazione del solaio nella muratura pari a
b, la distanza d1 risulta pari a t1 − b / 3 .
Analogamente al punto A, deve risultare verificata anche rispetto al punto B la relazione
(3.4).
Nelle espressioni riportate è stata implicitamente fatta l’ipotesi di materiale
infinitamente resistente; infatti, assumere la rotazione intorno allo spigolo significa
assumere tensione infinita in quel punto.
In letteratura sono presenti diversi criteri per stabilire la posizione del punto di
rotazione. Un possibile criterio consiste nell’assumere una distribuzione di tensioni di tipo
triangolare con tensione massima pari alla fwc. Conseguentemente, il punto di rotazione può
essere scelto o coincidente con il punto di nullo del diagramma di tensioni oppure con il
punto di applicazione della risultante in modo tale da annullarne il contributo nella verifica
al ribaltamento.
Altro criterio è quello di assumere un diagramma delle tensioni rettangolare,
corrispondente all’intera zona plasticizzata. In ogni caso, più il centro di rotazione si sposta
all’interno del muro, più la verifica diventa severa. E’ opportuno osservare che la verifica a
ribaltamento, quando il collegamento tra i maschi murari non è efficiente e quando
l’impalcato non può essere considerato infinitamente rigido o è mal collegato, è così
Pag. 72 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
⎣ ⎝ 1 ⎠ ⎦
P 1=17kN/mc
1 ⎡ 3(1 + 0.5) ⎤
λ P1 = ⋅ 1 ⋅ 0.2 ⋅ ⎢ − 0.5⎥ = 0.27
⎣1 + (1 − 1)
2
3 ⎦
λP1 = 0.27 ⋅ 17.85 ≅ 5 kN/m
A
A'
t1 1
30 λS1 = ⋅ 1 ⋅ 0.2 ⋅ (6 − 0.5) = 0.30
3
λ S1 = 0.3 ⋅ Ws1 = 3.75 kN/m
t=30 cm
a) IPOTESI 1: ∞ resistenza della parete (verifica rispetto al lembo esterno A)
a.1) caso in cui il solaio scarichi sulla parete ortogonale a quella in esame:
t
M s = P1 ⋅ = 2.6775 kNm
2
H
M R = λ ⋅ P1 ⋅ = 8.750 kNm
2
Capitolo 3: Analisi delle pareti murarie per azioni fuori piano Pag. 73
M S 2.6775
= = 0.306
MR 8.750
Pertanto nei due casi di parete gravata o non gravata dal solaio risulta:
a.1) caso in cui il solaio scarichi sulla parete ortogonale a quella in esame:
t
M s = P1 ⋅ = 10.71 kNm
2
H
M R = λ ⋅ P1 ⋅ = 17.49 kNm
2
MS
= 0.612
MR
Pertanto:
30 0.24 0.31
h
e
l
t
Per poter esaminare il comportamento della parete caratterizzata da una certa snellezza
λ = h/t tenendo conto degli effetti del II ordine, occorre esaminare preliminarmente il
comportamento dell’elemento tozzo, per il quale possono essere trascurati gli effetti del
secondo ordine.
Nu
e ponendo σ 0 = si ottiene:
t l
Capitolo 3: Analisi delle pareti murarie per azioni fuori piano Pag. 77
σ0 1
= (3.10)
f wc 1 + 6 ⋅ ε
1 M M
= = (3.13)
r E I E l t 3 /12
• Grande eccentricità
t e 1
e> ⇒ =ε> (3.14)
6 t 6
In tal caso la sezione è parzializzata per cui risulta:
1 ⎛t ⎞
N= σ wc ⋅ l 3⎜ − e ⎟ (3.15)
2 ⎜ 2 ⎟
⎝ ⎠
In condizione di collasso si ha:
3 ⎛1 e⎞ Nu 3⎛1 ⎞
Nu = f wc ⋅ l ⋅ t ⎜ − ⎟ ⇒ = ⎜ − ε⎟ (3.16)
2 ⎝ 2 t ⎠ f wc ⋅ l t 2 ⎝ 2 ⎠
σ0 3⎛1 ⎞
= ⎜ − ε⎟ (3.17)
f wc 2 ⎝ 2 ⎠
Nel caso di grande eccentricità, indicando con M n il momento rispetto all’asse neutro e I n
il momento d’inerzia della sezione reagente rispetto all’asse neutro, esprimibili come segue:
Pag. 78 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
⎡ ⎛ t ⎞⎤ ⎛t ⎞
M n =N ⎢ 2 ⎜ -e ⎟ ⎥ =2N ⎜ -e ⎟
⎣ ⎝ 2 ⎠⎦ ⎝2 ⎠
3 3
(3.18)
l ⎡ ⎛ t ⎞⎤ ⎛t ⎞
I n = ⎢3 ⎜ -e ⎟ ⎥ =9 ⋅ l ⎜ -e ⎟
3 ⎣ ⎝ 2 ⎠⎦ ⎝2 ⎠
la curvatura può essere valuatata mediante la seguente espressione:
1 Mn N
= = 2
r EI n 9 ⎛ t ⎞ (3.19)
E ⎜ − e⎟ l
2 ⎝2 ⎠
M ext = N ⋅ (e + u m ) (3.20)
dove e rappresenta l’eccentricità dello sforzo normale applicato all’estremità del pannello
con riferimento alla sezione di estremità (ovvero e rappresenta il rapporto tra il momento
del primo ordine e lo sforzo normale).
Se si rappresenta in un diagramma Mext-um la relazione lineare fornisce il grafico di Fig.
3.6.
Assegnata l’eccentricità e, dalla (3.20) ci si accorge che N rappresenta il coefficiente
angolare del legame Mext-um , mentre l’intercetta con l’asse delle ordinate vale N⋅e, ovvero
è pari a MI. Al crescere di N cresce la pendenza della curva Mext-um.
1 h2 ⎛ M int ⎞
ε< : um = ⋅⎜ 3
⎟ (3.22)
6 10 ⎝ E ⋅ l ⋅ t / 12 ⎠
da cui si evince che il legame Mint-um è di tipo lineare fino a ε<1/6 ovvero fino a Mint=Mcr.
Per ε>1/6, considerando l’Eq.(3.19), il legame Mint-um risulta di tipo non lineare:
1 h2 N h2 N
ε> : um = ⋅ 2
= ⋅ 2
6 10 9 ⎛t ⎞ 10 9 ⎛t M ⎞ (3.23)
E ⋅ l ⋅ ⎜ − e⎟ E ⋅ l ⋅ ⎜ − int ⎟
2 ⎝2 ⎠ 2 ⎝2 N ⎠
L’equazione (3.23) mostra che il legame Mint-um, per ε>1/6 risulta non lineare. Pertanto,
dalle (3.22) e (3.23) si ottiene la Fig. 3.7.
Il massimo sforzo normale applicabile al pannello murario sarà fornito quindi dalla
condizione di uguaglianza del momento esterno e di quello interno, da esplicitare
distintamente con riferimento al caso di piccola eccentricità e al caso di grande eccentricità.
• Piccola eccentricità
Nell’ipotesi di piccola eccentricità, occorre trovare il valore Nu tale che la retta
rappresentativa di Mext sia tangente al diagramma Mint-um.
M int
Eq. (3.27)
M cr
Eq. (3.26)
um
Mcr
Nu
e umu um
Dall’osservazione della Fig. 3.8, emerge che ciò avviene in corrispondenza del gomito della
curva Mint-um, ovvero in corrispondenza di Mcr. Pertanto, per ε<1/6 si ha:
N u ⋅ (e + u mu ) = M cr (3.24)
che, tenendo conto che per bassi valori di ε il modulo elastico iniziale può essere espresso
come:
k ⋅ f wc
E= (3.28)
(1 + ϕ )
in cui (1+ϕ) tiene conto dell’effetto viscoso dei carichi permanenti, si ha:
Pag. 82 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
Nu h2 t ⎛1 e⎞
⋅ 0.20 = − e = t ⋅ ⎜ − ⎟ (3.29)
k ⋅ f wc 2 6 ⎝6 t ⎠
l t
(1 + ϕ )
da cui:
⎛1 ⎞
⎜ − ε⎟ ⋅ k
Nu ⎝6 ⎠ (3.30)
=
f wc t ⋅ l 0.20 ⋅ (1 + ϕ ) ⋅ λ
2
ovvero:
σ0 k ⎛1 ⎞
= ⋅⎜ − ε⎟ (3.31)
f wc 0.20 ⋅ (1 + ϕ ) ⋅ λ 2 ⎝ 6 ⎠
La relazione (3.31) esprime la riduzione della capacità portante ultima della parete rispetto
alla resistenza a compressione della muratura al variare dell’eccentricità ε e della snellezza
λ per valori di piccola eccentricità (ε<1/6).
• Grande eccentricità
Nell’ipotesi di grande eccentricità si ha:
N u ⋅ (e + u mu ) = M int.u (3.32)
In questo caso occorre esplicitare umu ed Mint.u.
Per Mint.u si ha (3.16):
3 ⎛1 e⎞
M int.u = ( N ⋅ e )u = f wc l t ⋅ ⎜ − ⎟ ⋅ e (3.33)
2 ⎝2 t⎠
Per quanto concerne umu si ha:
3 ⎛1 e⎞
f l t⋅ −
h2 ⎛ 1 ⎞ h2 Nu h 2 2 wc ⎜⎝ 2 t ⎟⎠
u mu = ⋅⎜ ⎟ = ⋅ 2
= ⋅ 2 (3.34)
10 ⎝ r ⎠ u 10 9 ⎛t ⎞ 10 9 ⎛ t ⎞
E ⎜ − e⎟ ⋅l E ⎜ − e⎟ ⋅l
2 ⎝2 ⎠ 2 ⎝2 ⎠
h2 1 f wc
u mu = ⋅ ⋅
10 3 ⎛t ⎞ (3.35)
E ⎜ − e⎟
⎝2 ⎠
Capitolo 3: Analisi delle pareti murarie per azioni fuori piano Pag. 83
Tenendo conto che in condizioni ultime per elevati valori di σwc, si può assumere un
modulo di elasticità secante approssimativamente pari a:
k ⋅ f wc
E = (3.36)
2 ⋅ (1 + ϕ )
si ha:
h2 1 f wc h2 1+ ϕ h2 1+ ϕ
u mu = ⋅ ⋅ = ⋅ = ⋅
10 3 k ⋅ f wc ⎛ t ⎞ 15 ⎛ t ⎞ 15 ⎛1 e⎞ (3.37)
⋅⎜ − e⎟ k ⋅⎜ − e⎟ k ⋅ t ⋅⎜ − ⎟
2 ⋅ (1 + ϕ ) ⎝ 2 ⎠ ⎝2 ⎠ ⎝2 t⎠
Pertanto, dall’equazione (3.32) si ottiene:
3 ⎛1 e⎞
f wc l t e ⋅ ⎜ − ⎟
2 ⎝2 t⎠
Nu = 2
h 1+ ϕ (3.38)
e+ ⋅
15 ⎛1 e⎞
k ⋅ t ⋅⎜ − ⎟
⎝2 t⎠
3 ⎛1 e⎞
e⋅⎜ − ⎟
Nu 2 ⎝2 t⎠
=
f wc l t h2 1+ϕ (3.39)
e+ ⋅
15 ⎛1 e⎞
k ⋅ t ⋅⎜ − ⎟
⎝2 t⎠
3 ⎛1 ⎞
⋅⎜ − ε⎟⋅ε
σ0 2 ⎝2 ⎠
= 2
f wc λ 1+ ϕ (3.40)
ε+ ⋅
15 ⎛1 ⎞
k ⋅⎜ − ε ⎟
⎝2 ⎠
L’equazione (3.40) per ε>1/6 e (3.31) per ε≤1/6 diagrammate conducono al grafico di Fig.
3.9.
Si osserva quindi come all’aumentare della snellezza λ e dell’eccentricità ε si ha
una riduzione della capacità portante rispetto alla resistenza della muratura sempre più
grande.
A tal riguardo le normative forniscono formulazioni e procedimenti semplificati per
la verifica a pressoflessione dei pannelli murari fuori piano.
Pag. 84 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
1.0
(σ0/fwc)u
ε=0
. 00
0.8
ε=0
ε=0.15
.1 0
0.6
ε=0.167
0.4
ε=0.333
0.2
0
0 5 10 15 20 25
λ
e s2 =
∑ N2 ⋅ d2 (3.8)
N1 + ∑ N 2
dove N1 è il carico trasmesso dal muro sovrastante supposto centrato rispetto al muro
stesso, N2 reazione di appoggio dei solai sovrastanti il muro da verificare, d1 e d2
eccentricità di N1 e N2 rispetto al piano medio del muro da verificare.
Le norme introducono inoltre l’eccentricità per tolleranza di esecuzione:
h
ea = (3.46)
200
con h pari all’altezza interna di piano.
Per quanto concerne il vento o qualsiasi altra azione orizzontale escluso il sisma,
l’eccentricità ad esso dovuta in direzione normale al piano della muratura si valuta come
segue:
Mv
ev = (3.47)
N
Pag. 86 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
N d ≤ Φ ⋅ f wd ⋅ A (3.50)
1,00 ε
0
0,90
0.084
0,80 0.166
0,70 0.250
0.333
0,60
Φ
0,50
0,40
0,30
0,20
0,10
0,00
0 5 10 15 20 25
λ
t N u2
M u = Nu − (3.52)
2 2 ⋅ 0.85 ⋅ f wd
Tale dominio viene rappresentato, esemplificativamente, in Fig. 3.13 per una sezione
50x100cm e resistenza caratteristica pari a 1 e 2,5Mpa.
0.85 fd
Fig. 3.12: Diagramma delle tensioni ultime
Pag. 88 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
In Fig. 3.14 sono stati messi a confronto i risultati ottenuti eseguendo la verifica a
pressoflessione fuori piano sia impiegando le curve di stabilità fornite dal D.M. 20/11/87
(con le azioni sismiche desunte dal D.M. 9/1/96) sia utilizzando il dominio resistente
fornito dall’OPCM 3274 e dalle NTC2008 per un edificio di tre piani, con altezza di
interpiano pari a 3.5 m, spessore delle pareti pari a 30, 50, 70 cm, resistenza di progetto
della muratura pari a 1000kN/m2, carico trasmesso dai solai pari a 12.50 kN/m e peso
specifico della muratura pari a 17 kN/m3.
0.50 111.9 2.38 3.64 0.06 7.0 0.73 363 3.24 0.50 111.9 3.10 0.88 1.36 0.07 20.61 15.20 4.68
0.70 141.6 3.33 5.10 0.05 5.0 0.81 567 4.00 0.70 141.6 4.34 1.24 1.90 0.08 37.77 19.90 4.97
Si osserva che per effetto delle azioni sismiche legate alla massa della parete stessa, la
verifica a pressoflessione risulta sempre soddisfatta sia con riferimento al D.M. 20/11/87
che con riferimento alla OPCM 3274 e NTC2008. Tuttavia, si rileva come per effetto delle
modalità di calcolo delle azioni sismiche le normative più recenti (OPCM 3274 e
NTC2008) risultano più restrittive dei D.M. 20/11/87 e D.M. 09/01/96 ai piani alti e meno
severe di tali decreti ai piani bassi.
Applicando tale ultima espressione ad un edificio ordinario a 3 piani con uguale altezza di
interpiano pari a 3m e facendo riferimento alle varie tipologie di suolo, si ottengono, nel
Pag. 90 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
caso si assuma il rapporto Ta/T1 uguale a zero ed uguale a 0.2, i valori minimi per lo
spessore della muratura riportati in Tab. 3.3.
Si osserva che, nel caso di pareti non caricate dai solai, per gli ultimi piani al fine di
soddisfare la verifica limite di equilibrio tra momento interno e momento esterno possono
essere richiesti spessori della muratura più grandi dei valori minimi indicati dalla norma
stessa (NTC2008) che sono pari a: 500 mm per muratura di pietra non squadrata, 400 mm
per muratura di pietra listata, 240 mm per muratura di pietra squadrata o in elementi
resistenti artificiali forati, 200 mm per muratura in elementi resistenti artificiali semipieni,
150mm per muratura in elementi resistenti artificiali pieni.
Ta / T1 = 0 Ta / T 1 = 0,2
ag/g Piano Z/H S t (m) t (m)
1,00 0,39 0,5
0.35 3 5/6 1,25 0,49 0,62
1,35 0,53 0,67
1,00 0,28 0,36
0.25 3 5/6 1,25 0,35 0,45
1,35 0,38 0,48
1,00 0,17 0,21
0.15 3 5/6 1,25 0,21 0,27
1,35 0,23 0,29
1.00
2.20
1.00
2.20
2 1 2.8 0.8 5.15 0.8 2.8 1 2
A
1.00
2.20
0.80
1.50
0.80
1.50
1.00
2.20
0.90 0.90
RIP 2.20 LAVANDERIA 2.20
3.6
0.90
2.20
0.90
2.20
5.4
H=3.00
1.20 1.20
1.2
2.20
2.20
1.40
2.20
1.8
0.4
7.05
0.63 1.4
B 2.50 2.50 B
2.5
2.20 2.20
3.6
INGRESSO
0.7
2.50
2.20
2.50
2.20
1.20
3.00
2.50
2.20
2.50
2.20
1.1
0.8 2.5 1.25 2.5 1.5 1.25 1.5 2.5 1.25 2.5 0.8
18.35
1.00
2.20
1.00
2.20
1.00
2.20
CAMERA CAMERA
3.8
5.5
0.90
2.20
0.90
2.20
0.90
2.20
0.90
2.20
0.80 0.80
0.8
1.50 1.50
0.90 0.90
BAGNO 2.20 0.90 0.90 2.20
2.20 2.20
1.20
2.20
1.20
2.20
2.65
B 1.20 1.20
B
0.80
2.20
1.2
2.20 2.20
SOGGIORNO CUCINA
0.5 BAGNO
1.75
1.20
1.50
1.20
1.50
1.20
1.50
1.20
1.50
A
Tab. 3.4: Estratto dalla CM LL.PP. 26/2/2009 esplicativa delle NTC2008 (Tabella C8A1.1)
Livello di Dettagli Proprietà dei Metodi
Geometria FC
conoscenza strutturali materiali di analisi
Limitate verifiche Limitate
LC1 Tutti 1.35
in-situ indagini in-situ
Rilievo Estese indagini
LC2 Estese ed Tutti 1.2
strutturale in-situ
esaustive
Esaustive
LC3 verifiche in-situ Tutti 1
indagini in-situ
Qd = E + Gk 1 + Gk 2 + ∑ψ 2i QKi
i
in cui, E è il valore dell’azione sismica di progetto, Gk1 è il valore caratteristico dei carichi
permanenti strutturali, Gk2 è il valore caratteristico dei carichi permanenti non strutturali,
Qki è il valore caratteristico dell’i-esimo carico variabile considerato (neve, vento, calpestio
etc.), ψ2i è il coefficiente di riduzione dell’i-esimo carico variabile in combinazione quasi
permanente definito nelle NTC 2008 in Tab 2.5.I. al variare della categoria di azione.
Come si vedrà in seguito, le azioni sismiche, per quel che riguarda le verifiche fuori
dal piano della parete, secondo quanto prescritto dalla NTC 2008 al par.7.8.1.5.2, devono
essere valutate con riferimento alla formula per elementi non strutturali (par.7.2.3 NTC
2008) adottando un fattore di struttura qa=3 ed, in via semplificata, un periodo proprio di
vibrazione del pannello murario nullo (Ta=0).
Si procede con la valutazione dei carichi agenti per la fascia di un metro di parete:
Muratura
W1° piano = 0,4 ⋅ 3,30 ⋅1900 = 2508 daN m
W2° piano = 0,3 ⋅ 3,30 ⋅1900 = 1881 daN m
W3° piano = 0.3 ⋅ 0,50 ⋅ 1900 = 285 daN m
Pag. 94 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
0.2
V
p=25% H
0.50
W3 W3 h3
C
0.3
F2 F2 S
a2=0.15 a2/3
0.3 W2
3
W2 h2
a1=0.25
B
F1 F1 S
a1/3
0.07
0.03
0.2
W1 h1
3
W1
0.4
Travicelli14x5 cm
Muratura
Si suppone che l’edificio non sia intonacato, per questo motivo i carichi permanenti non
strutturali legati alle murature possono essere assunti pari a zero.
Impalcato di copertura
Con riferimento alla geometria riportata in Fig. 3.18, si riconosce come unico carico
permanente non strutturale quello dovuto alla pannellatura di copertura, quindi si ottiene:
Con riferimento alla schema di Fig. 3.19 si ottiene, con riferimento alla fascia di 90 cm:
Impalcato di copertura
Per la copertura si considera come carico variabile principale quello dovuto alla neve. In
ottemperanza alle NTC 2008 il carico da neve risulta definito dai seguenti parametri:
q s = μ i q sk C E C t
in cui q sk rappresenta il carico da neve al suolo per un periodo di ritorno fissato in 50 anni.
Supponendo di essere in zona III ad una quota di 1200 m, la relazione che fornisce il carico
da neve caratteristico è la seguente:
Capitolo 3: Analisi delle pareti murarie per azioni fuori piano Pag. 97
⎡ ⎛ as ⎞ 2 ⎤
qsk = 0,51 ⎢1 + ⎜ ⎟ ⎥ = 3.68kN / m
2
⎣⎢ ⎝ 481 ⎠ ⎦⎥
CE è il coefficiente di esposizione che per condizioni normali, quali aree per cui non sia
prevista una significativa rimozione della neve, vale 1.
Ct invece è il coefficiente termico e tiene conto della riduzione del carico nei casi in cui ci
siano condizioni particolari tali per cui lo scioglimento della neve sia rilevante;
normalmente si pone pari ad 1.
Infine μi è il coefficiente di forma, funzione dell’inclinazione della copertura, che
per coperture con inclinazioni comprese fra 0° e 30° vale 0,8.
Il carico da neve risulta quindi pari a:
Impalcato tipo
L’edificio si suppone sia destinato alla civile abitazione, per cui i carichi varibili sono
determinati in ottemperanza alle NTC 2008 con riferimento alla Tab.3.1.II:
Qk = 200daN / m 2
Impalcato di copertura
q n= carico da neve
g k = sovraccarichi
permanenti
57
α l = 5. p = 25%
α = arctan(0.25) = 14°04'
l = l0/cosα = 5.57
l 0= 5.40
q = q n+ g'k =
= carico equivalente
Rb Rb Rbcosα
A α
H
V Rbsenα
Fig. 3.20: Schema statico della struttura di copertura con carico equivalente
Lo schema statico di riferimento è quello riportato in Fig. 3.19, in cui è possibile
notare come il peso proprio della copertura sia distribuito sulla dimensione l, mentre
l’azione variabile della neve è distribuita sulla proiezione in pianta della copertura l0.
Per semplificare ulteriormente le equazioni di equilibrio è possibile considerare un
unico carico verticale equivalente, uniformemente distribuito, come rappresentato in Fig.
3.20, dato dalla somma del carico proprio, riportato anch’esso sulla proiezione orizzontale
della copertura, e del carico da neve moltiplicato per il fattore di combinazione ψ2i .
Gk 1l 28.2 ⋅ 5,57
Gk' 1 = = = 29.1daN / m 2
l0 5,4
Capitolo 3: Analisi delle pareti murarie per azioni fuori piano Pag. 99
Gk 2 l 20 ⋅ 5,57
Gk' 2 = = = 20.63daN / m 2
l0 5,4
Ritornando allo schema statico del solaio di copertura, dagli equilibri alla traslazione
verticale ed orizzontale e alla rotazione intorno al punto A, è possibile determinare le azioni
H e V che la copertura trasferisce alla parete; in particolare, esse valgono:
ql o2
H = senα ⇒ azione spingente della copertura ⎧ H = 68.8 daN m
2l ⎪
⇒ ⎨
ql o2
V = ql o − cos α ⎪V = 310.6 daN m
2l ⎩
Impalcato tipo
Qd l 332,7 ⋅ 5,8
F1 = F2 = = = 965 daN m
2 2
Secondo la NTC 2008 l’azione del vento può essere modellata attraverso un carico statico
equivalente pari a:
Qw = qb ce c p cd
1 2
qb = ρvb = 0.5 ⋅ 1.25 ⋅ 412 = 105kg / m 2
2
Il coefficiente di esposizione ce dipende dall’altezza z sul suolo del punto considerato, dalla
topografia del terreno e dalla categoria di esposizione del sito ove sorge la costruzione. In
assenza di analisi specifiche che tengano conto della direzione di provenienza del vento,
dell’effettiva scabrezza e topografia del terreno che circonda la costruzione e per altezze sul
suolo non maggiori di 200 m vale, per z>zmin e supponendo di essere in categoria di
esposizione III, si ha:
⎛ z ⎞⎡ ⎛ z ⎞⎤ ⎛ 7.1 ⎞ ⎡ ⎛ 7.1 ⎞⎤
ce (7.1) = k r2 ct ln⎜⎜ ⎟⎟ ⎢7 + ct ln⎜⎜ ⎟⎟⎥ = 0.20 2 ⋅ 1 ⋅ ln⎜ ⎟ ⎢7 + 1 ⋅ ln⎜ ⎟⎥ = 1.92
⎝ zo ⎠ ⎣ ⎝ z 0 ⎠⎦ ⎝ 0.1 ⎠ ⎣ ⎝ 0.1 ⎠⎦
⎡ 3(1 + z H ) ⎤
Sa = α ⋅ S ⋅ ⎢ − 0.5⎥
⎣1 + (1 − Ta T1 )
2
⎦
Capitolo 3: Analisi delle pareti murarie per azioni fuori piano Pag. 101
⎡ ⎛ z⎞ ⎤ ⎡ ⎛ z ⎞ ⎤
⎢ 3⎜1 + H ⎟ ⎥ W ⎢ 3⎜1 + 7.1 ⎟ ⎥
Fa = S ⋅ α ⋅ ⎢ ⎝ ⎠ − 0.5⎥ ⋅ a = 1.166 ⋅ 0.244 ⋅ ⎢ ⎝ ⎠ − 0.5⎥ ⋅ Wa
⎢ 2 ⎥ qa ⎢ 2 ⎥ 3
⎢⎣ ⎥⎦ ⎢⎣ ⎥⎦
Applicando tale espressione ai tre piani della struttura, in ipotesi di zona sismica di
seconda categoria e di suolo di tipo B si ottengono le azioni riportate in Tab.3.7.
Analogamente, per quanto riguarda le azioni sismiche dovute agli scarichi del solaio,
in Tab. 3.8 vengono riportate le corrispondenti forze orizzontali concentrate. Per quanto
riguarda la copertura è stata considerata l’azione V, che rappresenta la componente verticale
della reazione dell’appoggio, in precedenza determinata.
Wi Sa FaWi
Livello z [m]
[daN/m] qa [daN/m]
Copertura 6,85 285 0,232 66
Piano 2 4,8 1881 0,191 359
Piano 1 1,5 2508 0,125 314
Pag. 102 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
Tab. 3.8: Azioni sismiche dovute allo scarico dei solai intermedi
Wi Sa FaF
Livello z [m]
[daN/m] qa [daN/m]
Copertura 7,1 311 0,237 74
Piano 2 6,3 965 0,221 213
Piano 1 3 965 0,155 150
VERIFICA A RIBALTAMENTO
1° 2° 3°
V
Fav+H
Faw3
50
W3
A
x
30
Essendo:
Mstab>Mrib
la verifica è soddisfatta; pertanto, non è necessario intervenire a questo livello.
V
F V +H F c3
a2=15
FW3 W3
F2 50
F F2
30
F2
FW2
300
W2
B
x
30
Fig. 3.23: Schema di verifica a ribaltamento della parete del 2° piano + sottotetto
V + W3 + W2 + F2 x
f wcd x ⋅ 100 = V + W3 + W2 + F2 ⇒ x = = 2,36cm ⇒ ≅0
f wcd ⋅ 100 2
h2
M Rib,B = M Rib, A + ( H + FaV ) ⋅ (s + h2 ) + FaW3 (s + h2 ) + FaF2 h2 + FaW2
2
t2 ⎛ a ⎞
M Stab ,B = M Stab , A + W2 + F2 ⎜ t2 − 2 ⎟
2 ⎝ 3⎠
da cui si ottiene:
Capitolo 3: Analisi delle pareti murarie per azioni fuori piano Pag. 105
3
M Rib , B = 87.9 + (68.8 + 74 + 66.1) ⋅ (0.3 + 3) + 213 ⋅ 3 + 359 ⋅ = 1867daNm
2
0.3 ⎛ 0.15 ⎞
M Stab , B = 89.4 + 1881 ⋅ + 965 ⋅ ⎜ 0.3 − ⎟ = 612.8 daNm
2 ⎝ 3 ⎠
Essendo:
Mrib>Mstab
4N 4 ⋅1875
d min = = = 0.95cm → 9.5mm ⇒ φ14
πf yd π ⋅ 2619
Si pone a questo punto il problema di ancorare la catena in modo che essa possa
esplicare l’azione per la quale è stata progettata. A tale scopo si inserisce una piastra con
Pag. 106 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
costole di irrigidimento. Queste ultime consentono di trasferire gli sforzi alla muratura in
maniera uniforme (Fig. 3.24).
La piastra di ancoraggio deve essere dimensionata opportunamente per consentire il
trasferimento degli sforzi della catena alla muratura. A tale scopo risulta necessario
definirne la geometria in modo da evitare i seguenti meccanismi di collasso:
1. scorrimento locale della muratura;
2. compressione locale sulla muratura.
Per quanto concerne la verifica a scorrimento, come si vede dalla figura precedente,
è necessario controllare che l’azione esplicata dalla catena tramite la piastra non ecceda la
forza resistente della muratura. In particolare, considerando il distacco di un cuneo
prismatico, la massima forza resistente è pari all’integrale delle tensioni tangenziali agenti
sulla superficie di rottura. Sulle facce verticali, non essendo presente una tensione normale,
questa è pari a fvd0, mentre sulle facce orizzontali è pari a fvd=fvd0+0,4σn, dove σn è la
tensione media verticale agente al livello della catena:
N 1875
FRd = 2ltf vd + 2ltf vd 0 = N ⇒ lmin, scorr = = = 33.3cm
2t ( f vd + f vd 0 ) 2 ⋅ 30(0,573 + 0,365)
A
σn fvd
fvd
fwd,h
fvd
N
σn
A fvd0
⎛N ⎞ l2 N 1⋅ s 2
M max = ⎜⎜ 2 ⎟⎟ = ⇒ M max = M pl , piatto = f yd
⎝l ⎠8 8 4
N 1875
smin = = = 0,77cm ⇒ s = 10mm
2 f yd 2619 ⋅ 2
V + W3 + W2 + F2 + W1 + F1 x
f wcd x ⋅100 = V + W3 + W2 + F2 + W1 + F1 ⇒ x = = 4,74 ⇒ ≅ 0
f wcd ⋅100 2
Essendo: h 2 = h1 , si ha:
h1
M Rib,C = M Rib,B + ( H + FaV + FaW3 + FaF 2 + FaW 2 ) ⋅ ( s + h1 ) + FaW 1 + FaF 1h1 =
2
3
= 1867 + (68.8 + 74 + 66.1 + 213 + 359) ⋅ (0,3 + 3) + 314 ⋅ + 150 ⋅ 3 = 5364daNm
2
t1 ⎛ a1 ⎞
M Stab ,C = M Stab ,B + W1 + F1 ⎜ t1 − ⎟ + FC 2 ( s + h1 + h2 ) =
2 ⎝ 3⎠
0,4 ⎛ 0,25 ⎞
= 612.8 + 2508 ⋅ + 965 ⋅ ⎜ 0,4 − ⎟ + 418 ⋅ (0,3 + 3 + 3) = 4054 daNm
2 ⎝ 3 ⎠
V
F V +H F c3
FW3 W3
50
F2
F F2 F c2
30
FW2
300
W2
a1=25
F1
F F1
30
FW1
300
W1
C
x
40
N 1090
FRd = 2ltf vd + 2ltf vd 0 = N ⇒ lmin, scorr = = = 11.63cm
2t ( f vd + f vd 0 ) 2 ⋅ 40(0,806 + 0,365)
2 ⋅ 1090
lmin, comp = = 12.2cm
14,6
N 1090
smin = = = 0,46cm ⇒ s = 10mm
2 f yd 2619 ⋅ 2
azioni simiche dovute alla massa della parete stessa e all’eventuale eccentricità legata alla
rastremazione dei muri verso l’alto, possono nascere significative sollecitazioni di
pressoflessione nella parete. Tale stato tensionale può portare alla rottura per
schiacciamento della parete.
Si consideri la Fig.3.27. Ai fini della verifica a pressoflessione si considera la
sezione di mezzeria del pannello e le azioni ivi agenti.
Poiché la verifica va effettuata per le pareti di interpiano ai vari livelli, bisogna, nel caso in
esame, valutare lo sforzo normale per i 2 livelli. In particolare risulta:
W2 1881
N d(2 ) = + V + F2 + W3 = + 310.6 + 965 + 314 = 2530daN
2 2
W W 1881 2508
N d(1) = N d(2 ) + 2 + 1 + F1 = 2530 + + + 965 = 5689 daN
2 2 2 2
Il momento flettente è dovuto sia alle azioni sismiche che a quelle non sismiche. Per quanto
riguarda le azioni simiche si deve far riferimento all’espressione che viene utilizzata per gli
elementi non strutturali, vista in precedenza. Dalle azioni ottenute, è possibile valutare il
corrispondente carico uniformemente distribuito e quindi il momento flettente (Tab.3.9):
q
300
q(h + s )
2
F
q= a ⇒ Ms =
h+s 8
dove s rappresenta lo spessore dei solai.
Pertanto, note le sollecitazioni agenti, è possibile effettuare la verifica a
pressoflessione retta, considerando, in accordo con le norme tecniche del 2008, un
diagramma delle tensioni sulla muratura reagente costante, con valore ridotto della
resistenza di progetto, come riportato in Fig. 3.28.
Ponendo lo sforzo normale ultimo uguale a quello di progetto, dalla scrittura
dell’equilibrio alla traslazione si ricava la posizione dell’asse neutro, mentre dalla scrittura
dell’equilibrio alla rotazione intorno al baricentro geometrico si ricava il momento ultimo
della sezione, che va confrontato con quello sollecitante (è evidente che il solo materiale
reagente è la muratura a compressione):
⎧ Nu
⎪0,85by c f wcd = N u ⇒ y c = 0,85bf
⎪ wcd
⎨
⎪M ⎛h y ⎞
= 0,85by c f wcd ⎜ − c ⎟
⎪⎩ Rd ,G ⎝2 2 ⎠
Tab. 3.9: Azioni sismiche dovute allo scarico dei solai intermedi
Fa Ms
Livello [daN] [daNcm]
Piano 2 359 14808
Piano 1 314 12952
b = 100
t Gg
e 0,85 f wcd
N yc
⎧ N d( 2 ) = 2530daN ⇒ yc = 2,04cm
⎪
⎨ ( 2) ⎛ h yc ⎞ ⎛ 30 2,04 ⎞
⎪M Rd ,G = 0,85byc f wcd ⎜ 2 − 2 ⎟ = 2530 ⋅ ⎜ 2 − 2 ⎟ = 35369daNcm > M Sd
⎩ ⎝ ⎠ ⎝ ⎠
Le norme tecniche per le costruzioni del 2008 richiedono, nei casi in cui si considerino
combinazioni a carichi verticali, che la parete sia verificata fuori dal piano tenendo conto
degli effetti del II ordine legati alla snellezza dei pannelli murari.
In particolare, vengono definite le eccentricità es relative ai carichi verticali, le eccentricità
ea dovute alle tolleranze di esecuzione, le eccentricità ev dovute alle azioni orizzontali al
piano della della muratura (vento, spinte). Per quel che riguarda le eccentricità legate ai
carichi verticali, si distinguono quelle dovute ai carichi trasmessi dai muri dei piani
superiori a quello considerato (es1) e quelle dovute alle reazioni di appoggio dei solai
soprastanti la sezione di verifica (es2) (Fig. 3.31). In tal modo si procede a sostituire alle
azioni agenti un sistema equivalente che abbia stesso risultante e momento risultante.
Imponendo tale condizione, la norma fornisce le seguenti equazioni per il calcolo delle
eccentricità:
N1d1
e s1 =
N1 + N 2
N 2d 2
es 2 =
N1 + N 2
N = N1 + N 2
e s = e s1 + e s 2
h
ea = , essendo “h” l’altezza interna di piano
200
A tale eccentricità bisogna poi aggiungere quella del vento, data dal rapporto tra il
momento flettente nella sezione generica del pannello murario dovuto alle azioni ortogonali
al pannello e lo sforzo normale corrispondente. Al fine di valutare le suddette eccentricità è
quindi preliminarmente necessario valutare i carichi verticali in combinazione
fondamentale così come definito dalla Norma Tecnica del 2008.
Pareti
Impalcato di copertura
Qd ,cop = 1.3Gk' 1 + 1.5Gk' 2 + 1.5Qk ,snow = 1.3 ⋅ 29.1 + 1.5 ⋅ 20.63 + 1.5 ⋅ 294.4 =
= 510.4kg / m 2
Qd ,cop lo2
V = Qd ,cop lo − cos α = 1447kg / m
2l
Capitolo 3: Analisi delle pareti murarie per azioni fuori piano Pag. 115
Impalcato tipo
Vento
Nel caso in esame si considererà come più gravoso ai fini della verifica a pressoflessione il
caso in cui la parete sia sottovento. In tale situazione, la norma italiana prevede che il
coefficiente di forma da utilizzare nei calcoli sia assunto pari a 0.4. A questo effetto deve
essere inoltre sommato quello dovuto alla pressione interna dell’edificio, scegliendo di
volta in volta la condizione più sfavorevole. Per costruzioni che hanno una parete con
aperture di superficie minore di 1/3 del totale va assunto come coefficiente di
pressione/depressione interna cpi=0.2. Si ottiene quindi:
F2
W3
N1 = W2 + W3 + V + F2
a2 /3
t2 N2 = F1 N = N1+ N2
F1
W2
es
d1
a1/3
d2
W1
t1
e1 = es + ea eccentricità ai bordi
e1
e2 = + evento eccentricità in mezzeria
2
Bisogna quindi valutare, con riferimento alle pareti superiori e inferiori, sia i valori delle
azioni N1 e N2, che le eccentricità rispettive d1 e d2.
Parete 1° livello
N1d1
es1 = = 0.038m
N1 + N 2
N2d2
es 2 = = −0.028m
N1 + N 2
h + s 3,3
ea = = = 0.0165 , essendo h l’altezza interna di piano.
200 200
Infine, per quanto riguarda l’eccentricità nella sezione di mezzeria dovuta al vento, è facile
comprendere che bisogna utilizzare la seguente espressione:
Qw (h + s ) 2 110 ⋅ (3.3) 2
evento = = = 0,015m
8( N1 + W1 2 + N 2 ) 8(6293 + 3260 2 + 2030)
es = es1 + es 2 = 0.01m
e1
e2 = + evento = 0.0133 + 0.015 = 0.0283 m eccentricità in mezzeria
2
e1 0.0265 e2 0.0283
= = 0.066 < 0.33 = = 0.071 < 0.33
t 0.4 t 0.4
h + s 3.3
= = 0.44 < 0.5 → ρ = 1
a 7.45
Parete 2° livello
Con riferimento alla parete superiore, non essendoci rastremazioni delle pareti ed essendo
solo F2 lo scarico del solaio, si ha:
Pag. 118 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
4.1 Introduzione
Nella risposta sismica globale degli edifici in muratura le pareti soggette ad azioni nel loro
piano giocano un ruolo determinante. Infatti, se l’edificio è dotato di implacati rigidi e ben
collegati alle murature, le pareti orientate nella direzione del sisma assorbiranno gran parte
dell’azione sismica che verrà ripartita tra le stesse in funzione della loro rigidezza. Invece,
nel caso in cui l’edifico non è caratterizzato da impalcati rigidi e ben collegati, le singole
pareti orientate nella direzione del sisma saranno soggette alle azioni orizzontali derivanti
dalle masse che ad esse competono. Appare pertanto fondamentale per l’analisi sismica
degli edifici la conoscenza del comportamento di una parete soggetta ad azioni orizzontali
agenti nel piano della parete stessa.
Il comportamento di una parete è governato, a sua volta, dal comportamento
flessionale e tagliante degli elementi che la compongono. Per elementi si intendono le zone
delle pareti dotate di una specifica deformabilità e resistenza. In particolare, è possibile
individuare in una generica parete due elementi fondamentali: l’elemento “maschio
murario” e l’elemento “fascia di piano”. Il maschio murario è rappresentato dal pannello di
muratura posto lateralmente ad un’apertura o compreso tra due aperture (finestre e/o
balconi). Per fascia muraria si intende invece la parte di muratura sovrastante un’apertura.
Per comprendere quindi il comportamento complessivo di una parete soggetta ad azioni
orizzontali è necessario conoscere preliminarmente il comportamento di un maschio
murario soggetto ad azioni taglianti parallele ai giunti di malta e ad azioni normali derivanti
dai carichi verticali, ed il comportamento di una fascia di piano soggetta essenzialmente ad
azioni taglianti ortogonali ai giunti di malta. Pertanto, nel presente volume, al fine di
esaminare il comportamento complessivo degli edifici multipiano in muratura si procederà
seguendo le fasi di seguito elencate e schematicamente rappresentate in Fig.4.1:
1. Analisi del comportamento dei maschi murari per azioni nel piano;
2. Analisi del comportamento delle fasce di piano soggette ad azioni taglianti;
3. Analisi del comportamento di una parete monopiano composta da più maschi
murari e fasce di piano;
4. Analisi del comportamento di una parete multipiano;
5. Analisi del comportamento degli edifici monopiano;
6. Analisi del comportamento degli edifici multipiano.
Pag. 120 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
Vu=0,9Vmax
K0
δ
δe δu
Fig. 4.2: Legame Forza-spostamento di un singolo setto
1 1 1 h3 χh
= + = + (4.1)
K o K M K T 12EI GA
Pag. 122 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
⎛ ⎞
GA ⎜ 1 ⎟
K0 = ⎜ ⎟ (4.2)
1.2 ⋅ h ⎜ 1 + 1 G λ 2 ⎟
⎝ 1.2 E ⎠
dove λ è la snellezza geometrica nel piano della parete data dal rapporto tra l’altezza del
pannello h e la larghezza l.
Nel caso limite di pannello libero in testa, la deformabilità complessiva del
maschio murario risulta pari a:
1 1 1 h3 χh
= + = + (4.3)
K o K M K T 3 EI GA
Pertanto, in tal caso, si ottiene la seguente espressione della rigidezza K0:
⎛ ⎞
GA ⎜⎜ 1 ⎟
⎟
Ko = (4.4)
1.2 ⋅ h ⎜ 4 G 2 ⎟
⎜1+ λ ⎟
⎝ 1.2 E ⎠
N
V V N
~τ = Vu
(4.5)
u l⋅t ⋅f
vk0
dove t è lo spessore del pannello. Tale valore rappresenta il rapporto tra l’azione tagliante
ultima di un pannello in presenza di sforzo normale e caratterizzato da una certa snellezza
ed il corrispondente valore di un pannello tozzo in assenza di sforzo normale.
In maniera simile viene introdotta la seguente espressione della tensione normale
adimensionalizzata dividendo la tensione media per la resistenza caratteristica a
compressione della muratura fwk:
~= N
σ (4.6)
l ⋅ t ⋅ f wk
Nello sviluppo delle analisi che seguiranno, saranno impiegati inoltre le seguenti
espressioni della tensione tangenziale media e della tensione normale media:
V N
τ = e σ = (4.7)
l⋅t l⋅t
Pag. 124 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
V V V
h
h
l l l
a) rottura per fessurazione diagonale b) rottura per taglio-scorrimento c) rottura per pressoflessione
y τ
σo σo
σo τ
V P (σ x ,−τ xy)
τ
δ τ x
τ
σξ τ
σo
σ
h
τ
ση
σξ ση
2 2
σ ⎛σ ⎞ σ ⎛σ ⎞
− ⎜ ⎟ + (1.5τ ) e σ ξ,max = + ⎜ ⎟ + (1.5τ )
2 2
σ η,max = (4.11)
2 ⎝2⎠ 2 ⎝2⎠
Supponendo nulla la tensione normale σ trasmessa al setto dai piani superiori, si ottiene:
σ η,max = −1.5 ⋅ τ (4.12)
Mentre a rottura, indicata con fwt la resistenza a trazione della muratura, si avrà:
σ
V τ
τmax
y
h t
e quindi, risulta:
f wt
f vk0 = τ u σ =− (4.15)
0 =0
1.5
La condizione di rottura, nell'ipotesi che σ ≠ 0 , risulta:
2
σ ⎛σ ⎞
− ⎜ ⎟ + (1.5 ⋅ τ u ) = f wt = −1.5 f vk0 ⇒
2
2 2
⎝ ⎠
(4.16)
2
( ) ( ) = (1.5 τ )
2
⎛σ ⎞ ⎛σ⎞
⎜ + 1.5 f vk0 ⎟ = ⎜⎜ ⎟⎟ + (1.5 ⋅ τ u )
2 2 2
⇒ σ ⋅ 1.5 f vk0 + 1.5 f vk0 u
⎝2 ⎠ ⎝2⎠
Posto allora:
τ u = τ u σ ≠0 (4.17)
il valore della tensione tangenziale (media) ultima quando le tensioni verticali σ sono
diverse da zero, risulta:
σ
τ u = f vk0 ⋅ 1 + (4.18)
1.5 ⋅ f vko
~τ = 1 + σ f wc
u (4.19)
f wc 1.5 ⋅ f vk0
ovvero:
~τ = 1 + K~
σ (4.20)
u
in cui:
f wk
K= (4.21)
1.5f vk0
τu
f vk0
2
4.5 σ
f vk0
~τ = 1 + μ σ = 1 + μ f wc σ
u (4.24)
f vk0 f vk0 f wc
ovvero:
~τ = 1 + 1.5 ⋅ K ⋅ μ ⋅ ~
σ
u (4.25)
b) Sezione parzializzata
Nel caso di sezione di base parzializzata (Fig.4.8), si considera una sezione reagente Ar
costituita dalla sola parte compressa definita nell’ipotesi di legame tensioni - deformazioni
di tipo lineare.
Il criterio di rottura per scorrimento diventa:
τ ′ = f vk0 + μσ ′ (4.26)
in cui:
V V l τ ⋅l N N l l
τ′= = ⋅ = e σ′= = ⋅ =σ (4.27)
3ut l t 3u 3u 3ut l t 3u 3u
sono rispettivamente la tensione tangenziale media e la tensione normale media sulla parte
di sezione reagente di area 3u ⋅ t .
u
t
3u
σmax
l
3u
τu = f vk0 + μσ (4.28)
l
Ricordando che:
l
u= −e (4.29)
2
e che:
M V⋅h
e= = (4.30)
N 2N
la (4.29) diventa:
u 1 e 1 1 h V lt 1 ⎛ τ ⎞
= − = − ⋅ ⋅ ⋅ = ⋅ ⎜1 − λ ⋅ ⎟ (4.31)
l 2 l 2 2 l N lt 2 ⎝ σ⎠
mentre la relazione (4.28) può porsi nella forma:
⎡1 ⎛ τ u ⎞⎤
τ u = 3f vk0 ⎢ ⎜1 − λ ⎟ + μσ (4.32)
⎣2 ⎝ σ ⎠⎥⎦
τu
Isolando si ha:
f vk0
σ
1.5 + μ
τu f vk0
= (4.33)
f vk0 f vk0
1 + 1.5λ
σ
f wc
Infine, adimensionalizzando σ rispetto a f wc e ponendo nuovamente K = e
1.5τ k
h
= λ , si ottiene la seguente espressione del tagliante ultimo adimensionale nel caso di
l
rottura per scorrimento su sezione parzializzata:
~τ = 1.5K~ (1 + μK~σ )
σ⋅ ~
u (4.34)
Kσ + λ
Pag. 130 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
~ σ
σ= ≥ 0.5 (4.36)
f wk
Dall’equilibrio della sezione di base si ricava la tensione massima di compressione:
M V⋅h 6 V h
σ max = σ + =σ + ⋅ =σ +3 ⋅ (4.37)
W 2 t l2 tl l
la quale si può porre nella forma:
σ max = σ + 3λτ (4.38)
f wk − σ
τu = (4.39)
3λ
in forma adimensionale diventa:
~
~τ = K 1 − σ (4.40)
u
2λ
b) sezione parzializzata
La sezione è parzializzata se:
~ σ
σ= < 0.5 (4.41)
f wk
Dall’equilibrio della sezione alla traslazione verticale si ottiene:
Capitolo 4: Analisi delle pareti murarie per azioni nel piano Pag. 131
σ max ⋅ 3 ⋅ u ⋅ t
−σ ⋅l⋅ t = 0 (4.42)
2
Dividendo per l ⋅ t e sostituendo l’espressione di u/l dell’eq. (4.31) nella (4.42), si
ottiene:
3 ⎛ 1 τλ ⎞
σ max ⎜ − ⎟ −σ = 0 (4.43)
2 ⎝ 2 2σ ⎠
dalla quale si ricava:
σ ⎛ 4 σ ⎞
τ = ⎜1 − ⎟ (4.44)
⎜
λ ⎝ 3 σ max ⎟
⎠
σ⎛ 4 σ ⎞
τu = ⎜⎜1 − ⎟⎟ (4.45)
λ ⎝ 3 f wk ⎠
e quindi si perviene al seguente valore del taglio ultimo adimensionale:
1,5Kσ~ ⎛ 4 ~ ⎞
τ~u = ⎜1 − σ ⎟ (4.46)
λ ⎝ 3 ⎠
L’esame delle varie formulazioni evidenzia la dipendenza della resistenza ultima da
tre parametri adimensionali:
• ~= σ ,
il livello di tensione σ
f wk
h
• il rapporto di snellezza λ = del pannello,
l
f wk
• il rapporto K = .
1.5f vk0
Si osserva che le formulazioni della resistenza per fessurazione diagonale e per
taglio scorrimento con sezione interamente reagente sono indipendenti dal parametro λ,
mentre le formulazioni della resistenza per taglio scorrimento con sezione parzializzata e
pressoflessione presentano valori della resistenza tagliante decrescenti al crescere di λ. Tale
fenomeno è dovuto da un lato alla riduzione della sezione reagente per effetto della trazione
indotta dalle sollecitazioni flettenti, dall’altro alla condizione limite per schiacciamento
delle zone compresse.
Pag. 132 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
V V V
h
l l l
a) rottura per fessurazione diagonale c) rottura per taglio-scorrimento c) rottura per pressoflessione
~
~τ = 1 + K~ e≤l/6 ~τ = 1 + 1.5 ⋅ K ⋅ μ ⋅ ~
σ e≤l/6 ~τ = K 1 − σ
u σ u u
2λ
e>l/6 ~τu = 1.5K~
(1 + μKσ~ )
σ⋅ ~ e>l/6 τ~u =
1 ,5 K ~⎛ 4 ⎞
σ
⎜1 − σ~ ⎟
Kσ + λ λ ⎝ 3 ⎠
Fig. 4.9: Possibili meccanismi di collasso
Capitolo 4: Analisi delle pareti murarie per azioni nel piano Pag. 133
PRESSOFLESSIONE
0,8 K=15
0,7 K=10
0,6
0,5
0,4
FESSURAZIONE
0,3 DIAGONALE
0,2
0,1
0 SCORRIMENTO
Fig. 4.10: Influenza dei parametri λ, σ~ sulle modalità di collasso per K=10, 15, 20
μ = δ u /δ e (4.47)
La Circolare Ministeriale n.21745/81 fissa tale valore della duttilità pari a:
• 1.5 per murature esistenti non consolidate in buone condizioni;
• 2.0 per murature esistenti consolidate.
Invece le NTC 2008 fissano non il valore della duttilità μ ma direttamente il valore dello
spostamento ultimo δu in percentuale dell’altezza del maschio murario al variare del tipo di
rottura. In particolare, al punto 7.8.2.2, relativo agli edifici nuovi, vengono fissati i seguenti
valori:
Pag. 134 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
A
Sez. A-A
σc
Md Td τmax
hf
tf σt
elemento resistente al lembo teso, richiede per la verifica di resistenza di far affidamento
alla sola capacità di resistenza a trazione della muratura alla stessa stregua di una fascia non
armata. Si comprende anche, che in questi casi non è possibile valutare una resitenza
flessionale della fascia se non si fa affidamento alla resistenza a trazione della muratura.
-Verifica a flessione
Ai fini della verifica a flessione, si valuta il momento resistente di progetto imponendo che
la tensione di trazione nel bordo maggiormente teso della muratura “σt” eguagli la
resistenza a trazione di progetto del materiale, che, come evidenziato nel pargarafo 4.2.3.1,
risulta pari ad 1.5 volte la resistenza a taglio in assenza di sforzo normale. Imponendo tale
condizione, è possibile valutare il momento resistente della sezione stessa:
6M f vdo ,h t f h 2f
σt = ≤ f td ,h = 1.5 f vdo,h ⇒ M Rd =
t f h 2f 4 (4.28)
Verifica : M d ≤ M Rd
-Verifica a taglio:
Per la valutazione del taglio resistente di progetto, considerando che la fascia non è soggetta
ad azioni assiali, occorre imporre che la tensione tangenziale media sia uguale alla
resistenza a taglio in assenza di sforzo normale. Pertanto, risulta:
T
τ= ≤ f vdo, h ⇒ TRd = f vdo, h t f h f
t f hf (4.49)
Verifica : Td ≤ TRd
Nel caso in cui tali verifiche non siano soddisfatte, al fine di evitare la rottura delle fasce di
piano, si può osservare che:
• per aumentare la resistenza a flessione, si può far affidamento alla presenza di
cordoli di piano e di piattabande;
• per aumentare la resistenza a taglio, si potrebbero inserire elementi orizzontali
precompressi oppure paretine armate.
Occorre comunque precisare che le NTC2008, con riferimento al comportamento delle
fasce, precisa al punto 7.8.1.5.2 che le fasce di piano in muratura ordinaria possono
svolgere la funzione di accoppiamento fra pareti diverse solo se sorrette da un cordolo di
piano o da un architrave resistente a flessione efficacemente ammorsato alle estremità.
⎣ ( )
M u = H p h f / 2 ⋅ ⎡1 − H p / 0.85 f wd , h h f t f ⎤
⎦
(4.50)
A
Sez. A-A
Md Td Hp
hf
tf 0.85 fwd,h
Fig. 4.12: Sollecitazioni nel caso di fascia di piano con cordolo baricentrico
Capitolo 4: Analisi delle pareti murarie per azioni nel piano Pag. 137
Sez. A-A
Hp
Md Td
hf
y Hp
tf 0.85 fwd,h
Fig. 4.13: Sollecitazioni nel caso di fascia di piano con piattabande e cordoli(balcone)
A
Sez. A-A
Hp
Md Td
hf
y Hp
tf 0.85 fwd,h
Fig. 4.14: Sollecitazioni nel caso di fascia di piano con piattabande e cordoli(finestra)
Pag. 138 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
non occorre effettuare un’analisi globale dell’edificio finalizzata alla ripartizione delle
azioni sismiche, ma è sufficiente studiare il comportamento delle singole pareti, formate da
uno o più setti, sotto l’azione delle relative forze sismiche.
Uno dei metodi semplificati per analizzare il comportamento di una parete per azioni
nel piano è il Metodo POR. Le ipotesi che sono alla base di tale metodo sono le seguenti:
1) Infinita resistenza e rigidezza delle fasce di piano;
2) Crisi del maschio per fessurazione diagonale;
3) Trascurabilità degli incrementi di sforzo normale nei maschi per effetto delle
azioni orizzontali.
La prima ipotesi consente, nell’imporre una infinita rigidezza delle fasce, di
modellare il pannello come vincolato in testa da un doppio pendolo (Fig. 4.3a) e nello
stesso tempo di non effettuare verifiche di resistenza sulle fasce.
La seconda ipotesi, esclude il controllo dei meccanismi di collasso per taglio-
scorrimento e per pressoflessione. Si comprende subito che tale ipotesi, può comportare una
sovrastima della resistenza nel caso di pannelli snelli o di pannelli soggetti a modesti sforzi
normali. In ogni caso si osserva che l’introduzione di tale ipotesi non comporta una
significativa semplificazione dell’analisi strutturale la quale avrebbe potuto portare in conto
le altre modalità di collasso modificando la soglia di resistenza del legame bilineare e il
valore dello spostamento ultimo in funzione dei meccanismi di collasso.
La terza ipotesi è razionale per edifici non molto alti e dunque, per tale motivo, il
D.M.16/01/1996, prescriveva come campo di applicabilità del metodo POR un edificio con
un numero di piani al massimo pari a 3. L’OPCM 3431 e le NTC2008 riducono a 2 piani
tale limite. In particolare, le NTC2008 precisano che nel caso di aggregati edilizi,
situazione ricorrente nei centri storici di molti comuni campani, per l’analisi globale di una
singola unità abitativa, che assume spesso un significato convenzionale, in presenza di solai
sufficientemente rigidi, può essere condotta con metodologie semplificate estendendo
anche al caso di edifici con più di due piani, la possibilità di effettuare analisi statiche non
lineari analizzando e verificando separatamente ciascun interpiano dell'edificio e
trascurando la variazione degli sforzi normali dovuta all’effetto dell’azione sismica.
Sulla base delle ipotesi formulate, la principale semplificazione che nè scaturisce
consiste nella possibilità di analizzare una parete multipiano esaminando separatamente
ciascun piano, così come si procede generealmente nel caso dei telai shear-type.
Lo sviluppo dell’analisi richiede, dapprima, di esaminare la risposta di un singolo
setto al crescere delle azioni orizzontali ad esso applicate e poi studiare il comportamento
complessivo della parete monopiano.
La modellazione del singolo pannello murario viene effettuata impiegando il
modello bilineare descritto in Fig.4.2.
In particolare, la rigidezza k0 viene valutata mediante l’Eq.(4.2) valida per pannelli
vincolati in testa con doppio pendolo.
Per la valutazione della resistenza, dall’Eq.(4.20) si ottiene il seguente valore del
taglio ultimo:
Pag. 140 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
σ
Vu = f vk0 ⋅ t ⋅ l ⋅ 1 + (4.3)
1.5 ⋅ f vk0
Il valore dello spostamento ultimo viene invece valutato sulla base delle indicazioni
fornite nel paragrafo 4.4.4.
Si consideri ora il generico piano che può essere considerato come una parete
monopiano costituita, per esempio, da tre setti aventi diversa rigidezza. Sia V la spinta
orizzontale indotta dal sisma, coincidente al generico piano con il tagliante di piano, e sia δ
lo spostamento laterale relativo di piano, che per congruenza è uguale per tutti i setti (Fig.
4.15).
La curva taglio-spostamento relativa alla parete monopiano, che possiamo definire
curva push-over di piano, si costruisce partendo da quelle note di ciascun setto.
Definito infatti, per il generico setto i, il legame elastico-perfettamente plastico tra la
forza tagliante (V) e lo spostamento (δ) mediante le:
⎧⎪V (i ) = K 0,i δ (i ) per 0 ≤ δ (i ) ≤ δ e(i )
⎨ (i ) (4.54)
⎪⎩V = Vu(i ) per δ (ui ) ≤ δ (i ) ≤ δ (ei )
V δ
1 2 3
- Tratto 0-I
Dall'ipotesi d’uguaglianza degli spostamenti laterali delle estremità dei setti, fin quando non
è raggiunto lo spostamento al limite elastico della parete δ emin , la capacità portante della
parete sarà pari alla somma delle capacità portanti di ciascuno di essi:
3 3
per 0 ≤ δ < δ emin ⇒ V = δ(K 0,1 + K 0,2 + K 0,3 ) = δ ⋅ ∑ K 0,i = ∑ V( ) i
(4.55)
i =1 i =1
- Tratto I-II
Definendo:
i =1,..,3
{
δ emin ′′ = min δ (ei ) − δ emin1 } ≡ min δ (ei )
i = 2,..,3
{ } (4.57)
si può scrivere:
⎧⎪δ min ≡ δ (e1) < δ < δemin ′′ ≡ δ (e3) 3
per ⎨ e ⇒ V = Vu(1) + δ(K 0,2 + K 0,3 ) = δ (e1)K 0,1 + δ ⋅ K 0,i ∑ (4.58)
⎪⎩ δ < δ min
u i=2
- Tratto II-III
Definendo:
i =1,..,3
{
δ emin′′′ = min δ (ei ) − δ emin − δ emin′′ } ≡ δ (e3) (4.60)
Pag. 142 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
si ottiene:
• per ⎧⎪⎨δ e
min ′′
≡ δ (3)
e < δ < δe
min ′′′
≡ δ (e2 ) :
min
⎪⎩ δ < δu
(4.61)
V = Vu(1) + Vu(2 ) + δ K 0,3 = δ(e1)K 0,1 + δ(e1)K 0,2 + δ K 0,3
- Tratto III-IV
Per δ emin ′′′ ≡ δ e(3) < δ ≤ δ minu ≡ δ (u1) tutti e tre i setti sono in campo plastico, dunque si
è raggiunta la massima capacità portante per ciascun setto ed il tratto III-IV risulta essere
orizzontale. La crisi della parete coinciderà col raggiungimento dello spostamento ultimo
della stessa, ossia δ minu ≡ δ (u1) .
Tracciata la curva V-δ per l'intera parete, nelle norme DT2 n.2 1977 [29], veniva
richiesto il soddisfacimento delle seguenti disuguaglianze:
( )
Ve ≡ VI = V δ = δ emin = Capacità portante della parete al limite elastico
(
Vf ≡ VII δ = 1.20δ emin ) = Capacità portante al limite di fessurazione
Vu ≡ VIII = V δ = δ min
u ( ) = Capacità portante al limite di rottura
Capitolo 4: Analisi delle pareti murarie per azioni nel piano Pag. 143
V
V III
III IV
V II
II
V I
I
(3 )
V u
(2 )
V u
(1)
V u
(1) δ
δ
(3 ) (2 )
δ
(1) m in (3 )
δ δ δ δ δ
0 (2 )
=
e e e u u u u
Fig. 4.16: Curva push-over di un piano costituito da 3 maschi murari con δ min
u < δ emax
Nella Circolare Ministeriale 21745 e nel D.M. 16/01/96, non viene indicato di
considerare più stati limite per cui la verifica veniva condotta controllando che la resistenza
ultima della parete fosse maggiore della corrispondente azione tagliante di progetto.
Le NTC2008 indicano modalità di verifica differenti a seconda che si effettua
un’analisi lineare o non lineare. Nel primo caso, la verifica è ancora in termini di resistenza
ma richiederebbe di limitare la resistenza della parete all’ingresso in campo plastico del
primo maschio murario senza considerare il comportamento plastico dei maschi. Tale
verifica risulta particolarmente gravosa per cui, come sarà meglio chiarito nel successivo
capitolo 5, l’analisi corrente per gli edifici in muratura viene condotta impiegando
un’analisi statica non lineare ed effettuando una verifica in termini di spostamenti con
riferimento allo stato limite di danno ed allo stato limite ultimo. In particolare, nell’ambito
di tale modalità di verifica occorrerà costruire una curva “push-over” dell’intera parete, la
quale curva correla il tagliante alla base con lo spostamento di un punto di riferimento,
generalmente assunto coincidente con il baricentro della sezione di sommità dell’intera
parete. Si comprende quindi che l’analisi per singoli piani, che restituisce una curva “push-
over” nella quale il tagliante di piano viene correlato allo spostamento relativo dello stesso
piano, richiede un’opportuna modifica per poter ricavare dalle curve push-over di piano
quella dell’intera parete.
termini di spostamenti, occorre considerare che, una volta assegnata la distribuzione delle
azioni orizzontali di piano (la norma fissa ad esempio l’obbligo di considerare almeno due
distribuzioni: una triangolare e una proporzionale alle masse), per ogni generico valore del
tagliante di piano risultano univocamente determinati i valori di tutte le forze di piano.
Pertanto, una volta costruite le curve push-over dei singoli piani come descritto
precedentemente (Fig.4.16), ciascuna di tali curve può essere scalata nelle ordinate in modo
da correlare lo spostamento relativo di piano non al valore del tagliante di piano ma al
corrispondente valore del tagliante alla base. Ad esempio, nell’ipotesi di una distribuzione
delle azioni orizzontali proporzionale alle masse, il fattore di scala di ciascun piano sarà
dato dal rapporto tra la somma delle masse dei piani sovrastanti quello considerato e la
somma di tutte le masse di piano. Riportando, quindi, in un grafico Tagliante alla base-
Spostamento relativo di piano tutte le curve push-over dei piani che compongono la parete,
opportunamente scalate moltiplicando le ordinate per i corrispondenti fattori di scala dei
vari piani, è possibile ottenere la curva Tagliante alla base-Spostamento totale in sommità
della parete associando ad ogni valore del Tagliante alla base lo spostamento ottenuto dalla
somma di tutti gli spostamenti di piano come descritto in Fig.4.17. Tale procedura è
riportata in maniera dettagliata nell’applicazione numerica del paragrafo 4.5.
Come sottolineato nella premessa del metodo POR, le fasce di piano sono
considerate infinitamente rigide e resistenti. Nel caso in cui tale condizione non corrisponde
al comportamento reale il collasso della parete nel piano non è governato più dai maschi
murari, bensì dalle fasce di piano con una conseguente variazione del modello strutturale
della parete che si comporta come composta da mensole accoppiate.
V
p ian o 1 p ia n o 2
I II IV
IV
Vu I II
II
II
I
Ve I
Glob a le pa r et e
m ult ipia n o
0
δe δu δ
Fig. 4.17: Curva push-over globale di una parete di due piani
Capitolo 4: Analisi delle pareti murarie per azioni nel piano Pag. 145
Al fine di verificare la resistenza delle fasce di piano sia nei confronti del taglio che
della flessione, è necessario valutare le sollecitazioni che agiscono nella trave rigida del
telaio shear-type precedentemente analizzato nell’applicazione del metodo POR. A tale
scopo si può valutare il taglio che nasce nella fascia di piano rimuovendo l’ipotesi di
appoggi rigidi per il traverso e modellando i maschi come cedevoli considerando la
deformabilità assiale degli stessi (vedi §4.4.1.4). Imponendo la condizione di equilibrio alla
traslazione verticale ed alla rotazione del traverso rigido è possibile determinare gli sforzi
normali nei maschi e conseguentemente il taglio nei vari tratti di trave, il quale a sua volta
consente di valutare, attraverso equazioni di equilibrio alla rotazione del traverso, il
momento flettente nelle fasce di piano.
Noti i valori delle sollecitazioni agenti in corrispondenza delle fasce, è possibile
effettuare le verifiche a taglio e flessione nella sezione della fascia di piano maggiormente
sollecitata, ovvero quella dove il momento flettente ed il taglio assumono il valore
massimo. Tale sezione, nel caso di pareti soggette ad azioni orizzontali, coincide con la
sezione di attacco della fascia con i maschi (Fig.4.11).
Fig. 4.17: Definizione degli elementi resistenti nello schema POR e nello schema PorFlex
ci (b) (c) c
Vi V
Mi 2r i Mi+1 Vc 2r i Vc
2 2 2 2
Vi+1 V
li
F
A B Mi Mi+1 M= Fh
Si Si+1 2
ri rn
di+ri (d) h (e)
ci Si Si+1
di dn Mi Mi+1
Mi+1
Mi A 2 B Mi+1
2 2
Mi
Mi 2 Mi+1
Si S i+1 (a) (f)
in cui:
⎧1/ 2 per ogni maschio murario intermedio
αi = ⎨ (4.69)
⎩1 per i maschi murari di bordo (primo e ultimo)
Tramite la (4.68) si valutano le forze di taglio nelle fasce a partire dalle
sollecitazioni nei corrispondenti maschi e la verifica di taglio della fascia porge:
Vi ≤ VRd = Ai ⋅ f vd 0 = 2 ⋅ ri ⋅ t f ⋅ f vd 0 (4.70)
con tf spessore della fascia.
σ
F F
σk
Fu Fu (σtr)
δ δ0 μδ0 δ ε
(a) (b) (c)
Fig. 4.19: Leggi costitutive degli elementi resistenti nel PorFlex
Pag. 148 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
Per quanto riguarda la verifica a flessione della fascia, essa si inflette con tensione
normale di trazione uguale a quella di compressione, pertanto la verifica si conduce per la
resistenza minore, cioè quella a trazione σtr:
2
M ≤ M Rd = Wi ⋅ f wtd = s ⋅ ri2 ⋅ f wtd (4.71)
3
dove il momento nella fascia vale:
V ⋅c
M = (4.72)
2
Altra caratteristica del presente metodo, è la possibilità di valutare la variazione di
sforzo normale nei maschi, indotta dalla differenza di taglio tra due fasce adiacenti:
ΔNi = Vi − Vi −1 (4.73)
La precedente relazione è valida solo in corrispondenza dei maschi intermedi,
mentre per i maschi di bordo uno dei due addendi è inesistente e l’espressione perde di
significato.
Inoltre, al generico passo della procedura, lo sforzo normale nel maschio è pari al
valore statico dei carichi (verticali) più la variazione espressa dalla (4.67). Non appena una
delle due fasce sovrastanti il maschio collassa, essa non è più in grado di trasmettere uno
sforzo e quindi il valore di N torna a quello originario, perdendosi il contributo della (4.67).
In aggiunta alla precedente osservazione c’è da dire che fasce adiacenti sono
soggette a tagli simili, quindi la variazione dello sforzo normale nei maschi è piccola.
In virtù delle precedenti due considerazioni, è possibile procedere, per edifici con un
numero di piano inferiori o uguale a due, trascurando la variazione dello sforzo normale
dovuta al taglio nelle fasce.
Per quanto riguarda i maschi murari, invece, le verifiche consistono nelle già note
espressione di resistenza a taglio e pressoflessione.
Per la rigidezza dei maschi, il metodo PorFlex tiene conto della parzializzazione
delle sezioni eliminando le parti in trazione dei maschi stessi. In particolare, si consideri, un
maschio murario soggetto ad uno sforzo normale N, ad una azione tagliante T e vincolato
all’estremità superiore con un incastro scorrevole, cioè sovrastato da una fascia non ancora
collassata (Fig.4.20).
Come si vede, il momento è lineare, assume valori massimi (uguali) alle estremità e
valore nullo a metà altezza; procedendo dalle sezioni di estremità verso la mezzeria,
l’eccentricità diminuisce linearmente essendo costante lo sforzo normale (e=M/N);
pertanto, la parte reagente aumenta in maniera lineare.
La schematizzazione adottata è valida fintanto che la fascia sovrastante è in grado di
sostenere le azioni che le competono, cioè, fino a quando può rappresentare un vincolo di
incastro per il maschio.
Quando la fascia cede per raggiunti limiti di resistenza, il vincolo in sommità si
trasforma in una cerniera e il maschio viene modellato come una mensola (Fig.4.21).
Capitolo 4: Analisi delle pareti murarie per azioni nel piano Pag. 149
eN N
T δ
zona di variabilità T
della sez. da z·s a b·s z
a
y
δ/2
h
δ/2
y
a
zona di variabilità
della sez. da z·s a b·s
z
T M
Ne
Fig. 4.20: Maschio murario con vincolo di incastro
N
N
T
T
δ
y
a=h
zona di variabilità x
della sez. da z·s a b·s z
T M
N e
M T ⋅a
e= = (4.4)
N N
e vale qualunque sia il vincolo in sommità, a patto di attribuire ad a il valore indicato nelle
rispettive figure:
⎧h / 2 maschio incastrato superiormente
a=⎨ (4.5)
⎩h maschio incernierato superiormente
Si assume una coordinata x con origine nel baricentro della sezione alla base del
maschio, per entrambi gli schemi, e verso positivo orientato in direzione della mezzeria.
Il momento lungo la coordinata x vale:
M ( x) = T ⋅ a − T ⋅ x (4.76)
Il valore x che corrisponde alla sezione trasversale interamente reagente, può essere
valutato imponendo che il centro di pressione sia sul bordo del nocciolo centrale d’inerzia
della sezione di base, ovvero che l’eccentricità e sia pari a:
b M T (a − x) b
e= ⇒ = = (4.77)
6 N N 6
da cui ricavare il valore di x .
Con riferimento alla Fig.4.18e, si riconosce che lo spostamento indotto da una forza
unitaria vale:
h3 (2ai )3 2ai 3
δi = = = (4.78)
12 EI 12 EI 3EI
nel caso di incastro scorrevole, e:
h3 a 3
δm = = m (4.79)
3EI 3EI
nel caso di mensola. Dalle (4.78) e (4.79) emerge che si può fare riferimento ad un unico
schema a mensola che rappresenta, nel caso di incastro, metà maschio e, nel caso di
mensola, l’intero sviluppo; quindi si può procedere a definire la rigidezza mediante la
seguente posizione:
1
K= (4.80)
ψδ
con:
Capitolo 4: Analisi delle pareti murarie per azioni nel piano Pag. 151
s
I ( x) = I x per 0 ≤ x ≤ a (4.84)
12
A( x) = Ax ⋅ s per 0 ≤ x ≤ a (4.85)
con:
3
⎡⎛ b − z ⎞ ⎤ ⎛ b−z ⎞
I x = ⎢⎜ ⎟ x + z⎥ Ax = ⎜ ⎟x+ z per 0 ≤ x ≤ a − y
⎣⎝ a − y ⎠ ⎦ ⎝a− y⎠
I x = b3 Ax = b , per a − y ≤ x ≤ a
1 ⎡2 ⎛ y ⎞ ⎛ y L ⎞⎤
3
L
δ= ⎢ ⎜ ⎟ + 2 3 + f (a) − f ( y ) + χ ⎜ + ⎟ ⎥ (4.6)
Gs ⎢⎣ 3 ⎝ b ⎠ D ⎝ b D ⎠ ⎥⎦
dove:
⎧ 1 a⎛ 1⎞
⎪y = ⎜ 1 + ⎟ se σ tr >0
⎪ 6 η ⎝ β ⎠
⎨
⎪y = 1 a
se σ tr =0
⎪⎩ 6η
⎧ β − β 2 + 3β ( 2η − 1) se σ tr > 0
z ⎪
ζ = = ⎨3
b ⎪ (1 − 2η ) se σ tr = 0
⎩2
Pag. 152 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
z −b ba − zy C ( 3C + 4 Dx )
L = ln ζ D= C= f (a) − f ( y ) = .
a− y a− y 2 D3 ( C + Dx )
2
1 ⎛ Gsh3 h⎞
δ= ⎜⎜ + χ ⎟⎟ (4.87)
Gs ⎝ 12 EI b⎠
Infatti, la (4.87) si ottiene con un passaggio al limite direttamente dalla (4.86). Facendo
tendere z a b, y ad a risulta che L tende a zero, f ( a ) − f (y) tende a zero e D tende ad una
costante. Nel precedente sviluppo si è assunto, per semplicità, E = 6 G.
In definitiva, mediante la (4.86) e (4.87) è possibile calcolare la rigidezza dei maschi
sia in presenza che in assenza di parzializzazione della sezione.
⎧ ni i nj j nc
⎪∑ N r − ∑ N r − ∑ qk lk = 0
j
⎪ r =1 r =1 k =1
⎨ ni nj ni nj nc
(4.88)
⎪
⎪∑ N r xr − ∑ N r xr − ∑ M r − ∑ M r − ∑ qk lk xqk = 0
i i j j i j j
⎩ r =1 r =1 r =1 r =1 k =1
dove ni, nj e nc sono rispettivamente il numero di maschi del piano inferiore, il numero di
maschi del piano superiore ed il numero di campate individuate dagli assi dei maschi del
piano superiore. Gli sforzi normali N rj ed i momenti M rj derivanti dai maschi del piano
superiore, sono già noti, nell’analisi del generico piano intermedio, se la procedura che si
sta illustrando parte considerando l’ultimo piano e poi procede verso i piani inferiori.
Lo sforzo normale nei maschi inferiori alla fascia che si sta analizzando può essere
espresso in funzione della rigidezza assiale come segue:
(
N ri = ker δ r = ker w1 + ϕ xri )
essendo δ r l’accorciamento del maschio r.
j j j j
l1 l2 lk ln
j m 1j m 2j m rj m sj
i
i m 1i m i2 m ir m is
k e1 k e2 k er k es
i i i i
l 1 l 2 l k l n
j j j j
N1 N2 Nr Ns
j j j j
M1 M2 Mr Ms
q1 q2 qk qn
Fs i
m 1i m i2 m ir m is
i i i i
M1 M2 Mr Ms
i i i i
N1 N2 Nr Ns
i i
M r = Vr h /2
Fig. 4.22: Modello del traverso intermedio
Pag. 154 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
⎪ r =1
( i
r =1
)
⎪∑ ker w1 + ϕ xr = ∑ N r + ∑ qk lk
j
k =1
j
⎨ ni nj ni nj nc
(4.89)
⎪
⎪ ∑
⎩ r =1
k er w1 (
+ ϕ xr
i
xr
i
= ∑)
r =1
N r
j j
xr + ∑
r =1
M i
r + ∑
r =1
M r
j
+ ∑
k =1
qk lkj xqk
Si osserva che nelle (4.89) i termini incogniti sono gli sforzi normali dell’interpiano
inferiore e i corrispondenti momenti, mentre tutte le altre grandezze, poiché relative
all’interpiano superiore, sono già note. D’altra parte, il momento flettente nei maschi
dell’interpiano inferiore, poiché lo schema è di tipo shear-type, può ricavarsi dalla
corrispondente sollecitazione di taglio:
Vri hi
M ri = (4.90)
2
ed essendo:
EBr tr
ker = (4.93)
hr
si ottiene:
N ri
N ri = ker δ r =
EBr tr
hr
(w1 + ϕ xri ) ⇒ σj =
Br tr
(4.94)
in cui gli N ri portano con sè il segno (se positivi sono diretti verso l’alto come ipotizzato
inizialmente).
Una volta ottenuti gli sforzi normali è possibile valutare i tagli ed i momenti nei
traversi. Considerando un tratto generico (Fig.4.24), si ha:
⎧
⎪Trs = Tsr − qsr lsr
⎪ 2 j i
(
⎨ M rs = Tsr lsr + M sr − qsr lsr / 2 ⇒ M rt = M r + M r + M rs ) (4.95)
⎪
(
⎪Trt = Trs + N ri − N rj
⎩ )
In definitiva, dal momento che i legami costitutivi dei singoli maschi dipendono
dall’entità dello sforzo normale, la costruzione della curva F-δ complessiva dei maschi di
un singolo piano richiede una procedura al passo incrementando progressivamente δ. Il
valore del taglio resistente corrispondente al generico valore δ si ottiene mediante una
Pag. 156 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
procedura iterativa nella quale, a partire dai tagli sui maschi ottenuti dai legami costitutivi
degli stessi corrispondenti a valori iniziali dello sforzo normale, mediante la procedura vista
in precedenza, si valutano i momenti ed i tagli sui traversi ed i nuovi sforzi normali con i
quali correggere i legami costitutivi dei maschi e valutare i nuovi tagli sui maschi fino a
convergenza.
Una volta ottenuti gli sforzi normali definitivi sui maschi dell’ultimo piano, si passa
al piano sottostante procedendo in maniera del tutto analoga con l’unica differenza che
sullo schema del traverso di Fig.4.22 e Fig.4.23 agiranno anche le azioni dei maschi
superiori derivanti dall’analisi effettuata per il piano superiore.
Il procedimento, continuando progressivamente per i piani inferiori, consente di
portare in conto in maniera adeguata la variazione degli sforzi normali nei maschi murari a
tutti i piani ricordando comunque che l’approssimazione insita nel metodo stesso resta
nell’assunzione di un modello shear-type per l’intera parete.
j
Nr
q sr j q tr
Mr
Tsr M sr M rt M tr
r Ttr
s r r t
Trs Trt
l sr i l rt
Mr
i
Nr
Fig. 4.3: Caratteristiche della sollecitazione sul generico traverso
Fig. 4.25: Modello della parete con traversi di rigidezza flessionale nulla e priva di cordoli
che la verifica a taglio sia condotta ai vari livelli per effetto del tagliante di piano.
Generalmente, attesi gli elevati valori della snellezza dei maschi, risulta determinante in
questo caso la verifica a presso flessione.
Fig. 4.4: Modello della parete con traversi di rigidezza flessionale nulla e con cordoli di
piano efficienti
dove con {δ } è stato indicato il vettore degli spostamenti globali di piano coincidente con
quelli relativi alle singole mensole per la presenza dei pendoli.
Pertanto, ricavando dalla (4.97) il vettore degli spostamenti di piano:
{δ} = ( ∑ [ K i ]) {F}
−1
(4.98)
piano 2
piano 2
1 piano 2
l2
h2
piano 1 1 piano 1 piano 1
l1 h1
dove con [Di ] è stata indicata la matrice di deformabilità. In forma esplicita, nel caso della
parete di due piani, l’Eq.(4.99) si scrive:
⎧δ 1 ⎫ ⎡ D11 D12 ⎤ ⎧ F1 ⎫
⎨ ⎬=⎢ ⋅⎨ ⎬ (4.100)
⎩δ 2 ⎭ ⎣ D 21 D 22 ⎥⎦ ⎩ F2 ⎭
ovvero:
δ 1 = D11 F1 + D12 F2
(4.101)
δ 2 = D 21 F1 + D 22 F2
La costruzione della matrice di deformabilità può essere agevolmente effettuata
considerando dapprima la mensola di Fig. 4.5b, caricata da una forza unitaria al primo
impalcato e poi il caso della mensola caricata da una forza unitaria al secondo impalcato
(Fig.4.27c). Nel primo caso, essendo F2=0, dall’Eq.(4.101), si ottiene:
ovvero gli spostamenti al primo ed al secondo piano, valutati per la forza unitaria al primo
impalcato, forniscono la prima colonna della matrice di deformabilità. Nel caso in esame,
tenendo conto sia della deformabilità flessionale che tagliante, si ottiene:
Pag. 160 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
l13 χl
δ 1(1) = + 1 = D11
3EI 1 GA1
(4.103)
l2
δ 2(1) = δ 1(1) + 1 l 2 = D 21
2 EI 1
piano i
hi
piano j
lK interpiano K
hK
(spesso nell’ordine delle ore), alla dipendenza dalla mesh adottata per la modellazione. Tali
metodi richiedono, in alcuni casi, la definizione di legami costitutivi anche molto complessi
e la cui “manipolazione” (definizione dei parametri che ne regolano l’evoluzione e loro
successiva calibrazione) può portare ad errori molto più gravi dell’adozione di modelli
meno sofisticati.
D’altra parte, i modelli semplificati, quali ad esempio i modelli a telaio equivalente,
se opportunamente realizzati possono rappresentare ottimi strumenti ai fini della
modellazione, benché le forti semplificazioni introdotte debbano esser opportunamente
monitorate per evitare risultati grossonolamente errati.
I modelli a telaio equivalente hanno trovato applicabilità nella norma italiana sin
dalla OPCM 3274/2003, e successivamente nelle NTC 2008. D’altra parte questo tipo di
idealizzazione è tutt’altro che nuova nel panorama dei metodi di analisi di edifici in
muratura, nonostante si ritenga che non si siano finora pienamente approfondite tutte le
possibilità di tale approccio nel campo non lineare. Il metodo inoltre nasce da una
elaborazione ed uno sviluppo di alcuni concetti presenti nei metodi basati sul “meccanismo
di piano” (POR e derivati), e quindi da tempo familiari a molti progettisti.
elemento fascia
α F2
off-set rigido
α F1
elemento maschio
Fig. 4.29: Schematizzazione a telaio equivalente di una parete caricata nel piano
differenti, e questo è imputabile in primis al diverso stato di sforzo assiale a cui sono
sottoposti (praticamente trascurabile nelle fasce). In particolare, a fianco al diffuso
approccio bilineare alla modellazione del comportamento flessionale dei maschi (presente
nel §7.8.1.5.4 delle NTC 2008), il FREMA propone un legame momento-curvatura
accurato, ottenuto dall’integrazione sulla sezione resistente dell’elemento della legge
costitutiva σ-ε parabolica (1.35) proposta da Hendry nel 1981 per le murature in mattoni
[13], che porta in conto sia il comportamento degradante postpicco del materiale (ramo di
softening), sia l’assenza di resistenza per sollecitazioni di trazione (no-tension).
I legami bilineari sono, invece, utilizzati per la modellazione del taglio. La soglia di
resistenza è scelta come le minima ottenibile da un criterio di rottura per taglio con
fessurazione diagonale (Turnšek e Čačovič [82] o Mann e Müller [83]) e un criterio di
rottura per taglio-scorrimento lungo un giunto di malta secondo Mohr-Coulomb.
Per le fasce, insieme alla possibilità di modellarne il comportamento flessionale
come fossero maschi ruotati di 90° (§7.8.2.2.4 delle NTC 2008), che equivale ad assumerle
molto deboli per l’assenza di sforzo normale, è stato introdotto un legame valido per le
murature di mattoni ancora bilineare ma in cui il calcolo del momento ultimo viene
eseguito considerando una resistenza “equivalente” a trazione propria dell’elemento fascia
e non del materiale muratura [14, 84, 85], ottenendo così un livello minimo di resistenza
flessionale anche in assenza di compressione. L’evidente vantaggio consiste nell’avere una
risposta della parete che non sia totalmente falsata dalla presenza di fasce pendolari.
Il comportamento a taglio è invece modellato con una legge elasto-plastica o elasto-
fragile con soglia residua di resistenza, in cui il taglio ultimo è ricavato come prodotto tra
l’area della sezione e la resistenza di calcolo a taglio della muratura in assenza di sforzo
normale (§7.8.2.2.4 delle NTC 2008).
Pag. 164 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
qy
qx Mb
x0 x1 x2 x3 x4 xk-1 xk xNc-2 xNc-1 xNc
Na Nb
1 2 3 4 k Nc-1 Nc
Ma
Va Vb
1 N c ( l − xk −1 ) − ( l − x k )
3 3
1 N c x − x k −1
α a ,b = 2 ⋅∑ + 2 ⋅∑ k (4.8)
3l k =1 RM , k l k =1 RV , k
1 Nc xk3 − xk3−1 1 Nc xk − xk −1
αb, a = ⋅∑ + 2 ⋅∑ (4.9)
3l 2 k =1 RM ,k l k =1 RV ,k
3 3
(
1 N c 2 xk − xk −1 − 3l xk − xk −1
2 2
) (
1 N c x − xk −1 )
2 ∑
β a ,b = ⋅ + 2 ⋅∑ k (4.10)
6l k =1 RM ,k l k =1 RV ,k
1 Nc M 0,k ⎣( l − xk ) − ( l − xk −1 ) ⎦ 1 Nc V0, k ( xk − xk −1 )
⎡ 2 2
⎤
γ a ,b = ⋅∑ + ⋅∑ (4.11)
2l k =1 RM , k l k =1 RV ,k
γ b ,a = ⋅∑
2
+ ⋅∑
(
1 Nc M 0,k xk − xk −1 1 Nc V0,k ( xk − xk −1 )
2
) (4.12)
2l k =1 RM ,k l k =1 RV ,k
υ = k1 ⋅ ⎡ξ 2 − (ξ − 1) ⎤ + k2 ⋅ ⎡ξ 3 − (ξ − 1) ⎤
2 3
(4.13)
⎣ ⎦ ⎣ ⎦
k1 ⎡ 2 k
⋅ ξ + (ξ − 1) ⎤ + 1 ⋅ ⎡(ξ − 1) − ξ 3 ⎤ +
2 3
μ=
2 ⎣ ⎦ 3 ⎣ ⎦
k k (4.14)
+ 2 ⋅ ⎡ξ 3 + (ξ − 1) ⎤ + 2 ⋅ ⎡(ξ − 1) − ξ 4 ⎤
3 4
2 ⎣ ⎦ 4 ⎣ ⎦
υ = k1 ⋅ ξ 2 + k 2 ⋅ ξ 3 (4.15)
k1 2 k1 3 k2 3 k2 4
μ= ⋅ξ − ⋅ξ + ⋅ξ − ⋅ξ (4.16)
2 3 2 4
avendo indicato con ν=N/(D t σu) lo sforzo normale adimensionale, con μ=M/(D2 t σu) il
momento flettente adimensionale, con ξ=yc/D la profondità adimensionalizzata dell’asse
neutro dal bordo maggiormente compresso della sezione e con k1=χD/εu e k2=-1/3·(χD/εu)2
due costanti che dipendono dalla curvatura χ agente e dalla deformazione ultima εu del
materiale.
Rottura per taglio con fessurazione diagonale. Per la modellazione del comportamento a
taglio, relativamente alla rottura con formazione di fessure diagonali, nel FREMA è
possibile scegliere tra il criterio di resistenza di Turnšek e Čačovič (4.115), in cui la
muratura è assimilata ad un materiale isotropo equivalente (schematizzazione più adatta a
murature con tessitura caotica e irregolare, Fig.4.33), e il criterio di resistenza di Mann e
Müller (4.116):
Capitolo 4: Analisi delle pareti murarie per azioni nel piano Pag. 167
N N
M M
l l
D D
G G
t
yc yc
χ χ
ε ε
σ (ε) σ (ε)
lt σ
Vd = 1.5 f vk 0 1 + (4.17)
b 1.5 f vk 0
lt ⎧⎪ f σ ⎫⎪
Vd = min⎨ bt 1 + ; c ′ + μ ′σ ⎬ (4.18)
b 2.3 f bt
⎩⎪ ⎪⎭
dove fbt rappresenta la resistenza a trazione dei blocchi, b è un coefficiente riduttivo legato
alle caratteristiche dimensionali del pannello [86] che, nel caso di h/l=1.5 vale prorpio 1.5,
o anche al grado di vincolo agli estremi per il tramite del fattore di taglio M/(l V) [34]; σ è
la tensione media di compressione agente sulla sezione in muratura
Nella (4.116) i componenti costitutivi della muratura sono considerati
separatamente, con possibilità di sviluppo della frattura diagonale attraverso i giunti di
malta (per la tensione a taglio media che supera la tensione massima ricavabile secondo la
legge di Mohr-Coulomb, opportunamente modificata considerando una coesione della
malta c’=c/(1+μϕ) e un coefficiente di attrito μ’=μ/(1+μϕ) ridotti per descrivere una
modalità di rottura complessa che coinvolge contemporaneamente i giunti di malta verticali
e orizzontali) o attraverso i blocchi lapidei (per la tensione principale minima che supera la
resistenza a trazione dei blocchi). In tale criterio assume un ruolo significativo il parametro
di interconnessione ϕ=2Δy/Δx, legato al rapporto tra l’altezza media Δy dei blocchi e la
larghezza media Δx degli stessi.
Il modello di comportamento elasto-plastico con limite in deformazione
praticamente coincide con le ipotesi adottate nei metodi di tipo POR. Il modello bilineare
tende a riprodurre in modo approssimato l’inviluppo che si ottiene da prove sperimentali
cicliche, e lo spostamento ultimo viene associato al raggiungimento di un opportuno
degrado della resistenza dei pannelli reali. Tale limite è comunemente espresso in termini di
duttilità ultima.
Pag. 168 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
Vs =
lt
b
(c+ μσ ) (4.19)
Ai fini della definizione della soglia ultima di resistenza a taglio del maschio si
considera il valore minore del taglio resistente ottenibile dai due meccanismi considerati.
I criteri di rottura sono formulati in modo tale per cui all’annullarsi della
compressione verticale si annulla sia la resistenza a flessione, sia la resistenza allo
scorrimento. In aggiunta a ciò, si suppone anche che la rigidezza assiale del maschio si
annulli in caso di deformazione di trazione, per cui l’azione assiale può assumere solo
valori positivi (assumendo positiva la compressione) o nulli. Il maschio con azione assiale
nulla risulterà quindi completamente scarico da ogni tipo di sollecitazione.
§7.8.2.2.4 delle NTC 2008 per la valutazione della resistenza a flessione delle fasce, in
sostanziale accordo con quanto presente in letteratura, sono le seguenti:
h 2f t f σ ⎛ σ ⎞
Mu = ⎜1 - ⎟ (4.118)
2 ⎜⎝ 0.85 f wd ⎟
⎠
H p hf ⎛ Hp ⎞
Mu = ⎜1 - ⎟ (4.119)
2 ⎜⎝ 0.85 f wd ,h h f t f ⎟⎠
L’Eq.(4.118) è valida per fascia non armata in presenza di azione assiale mentre
l’Eq.(4.119) è valida per fascia dotata di un elemento resistente a trazione di resistenza Hp
pari al minimo tra la resistenza a trazione dell’elemento teso ed il valore 0.4 fwd,h hf tf. Si
comprende quindi che in assenza di sforzo normale nella fascia, le NTC 2008 conducono ad
una sottostima eccessiva della resistenza dell’elemento e alla ovvia predominanza della
rottura per flessione su quella per fessurazione diagonale, diversamente da quanto
osservabile da danni sismici su edifici reali.
Stando a quanto detto, è ragionevole assumere un minimo di resistenza delle fasce
nei confronti della flessione, diversamente da quanto si farebbe per i maschi, anche in
assenza di compressione, se non altro perché in questi le azioni da sisma inducono una
sollecitazione di trazione normale ai giunti di malta orizzontali, mentre nelle fasce la
trazione è normale a quelli verticali. La risposta conseguente deve essere necessariamente
diversa, riconoscendo che la muratura è un materiale anisotropo.
Nel FREMA la resistenza flessionale dell’elemento è assunta differente a seconda
della tipologia di muratura. Per murature caotiche, valutato con il modello a telaio
equivalente lo stato di sforzo assiale presente nelle fasce, si considera una soglia di
resistenza massima per flessione in accordo con quanto proposto dalle NTC 2008, ovvero
trattando la fascia come un maschio ruotato di 90° (§7.8.2.2.4). Tale resistenza è quindi
calcolata mediante l’Eq.(4.118).
Per le murature a tessitura regolare e ben organizzate, con conci ben ammorsati, è
proposto un criterio di resistenza che non considera più il comportamento no-tension del
materiale. La soglia di resistenza a trazione è calcolata sulla base della teoria di Kasten e
Schubert [84] per i maschi, e riproposta da Cattari e Lagomarsino per le fasce [85]. Questo
criterio si basa sul presupposto che la risposta a “puntone equivalente” delle fasce in questo
tipo di murature, può sempre attivarsi in virtù dei fenomeni di interconnessione
all’interfaccia tra le sezioni terminali e le zone contigue della muratura: di conseguenza può
definirsi una resistenza a trazione “equivalente” ftu, che caratterizza la fascia e non la
muratura. La formulazione assume come ipotesi principali che la distribuzione delle
tensioni di trazione (ortogonali ai giunti di malta verticali) e la distribuzione delle tensioni
di taglio (lungo i giunti di malta orizzontali) siano uniformi e che si possano trascurare le
proprietà meccaniche dei giunti di malta verticali. Pertanto, con riferimento al volume di
muratura nelle sezioni terminali di interfaccia della fascia, tale soglia di resistenza è la
minore tra quelle ottenibili da due differenti meccanismi di rottura:
Capitolo 4: Analisi delle pareti murarie per azioni nel piano Pag. 171
(
f tu , 2 = c + μ σ ′ ) 2(ΔΔ + g )
x
(4.121)
y
essendo fbt la resistenza a trazione dei blocchi e g lo spessore del giunto di malta, mentre
σ ’ può assumersi pari al 65% della tensione media di compressione agente al piede del
maschio adiacente alla sezione terminale della fascia [85]. Introducendo il parametro η
come il rapporto tra la resistenza a compressione della muratura fwd e la resistenza
equivalente a trazione ftu, la rimozione dell’ipotesi no-tension del materiale comporta
l’ampliamento del dominio di resistenza proposto dalla normativa come rappresentato
esemplificativamente in Fig.4.37 con riferimento al caso η=0.1.
Rottura per taglio. La resistenza a taglio della fascia viene espressa con criteri simili a
quelli utilizzati per l’elemento maschio, tenendo conto però della diversa giacitura dei letti
di malta rispetto alla linea d’asse dell’elemento e considerando che la compressione
normale ai letti di malta al di sotto delle aperture è praticamente nulla.
Nell’implementazione corrente la resistenza a taglio è definita da Vu = h f t f f vk 0 ovvero dal
prodotto della resistenza a taglio della muratura in assenza di sforzo normale per l’area
della sezione della fascia. Accanto ad un comportamento simile a quello dei maschi (elasto-
plastico, Fig. 4.38a), si può assumere per le fasce un comportamento elasto-fragile
(Fig.4.38b), in cui al raggiungimento di Vu segue immediatamente un abbattimento della
resistenza fino al valore di 0.25·Vu. Tale soglia residua di resistenza viene poi mantenuta
per valori indefiniti dello scorrimento.
Fig. 4.36: Meccanismi di rottura delle fasce per la definizione della resistenza a trazione:
a) rottura per trazione dei blocchi; b) rottura per taglio dei giunti di malta orizzontali.
Pag. 172 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
Fig. 4.37: Dominio di resistenza per la fascia di piano: contronto tra la proposta della NTC
2008 e il modello di Cattari e Lagomarsino (η = ftu/fwc, Nlim = fwc·h·t, Mlim = fwc·h2·t/4).
iterativa. Il metodo SAM si è dimostrato strumento valido ed affidabile per l’analisi statica
non lineare (pushover) di pareti e di sistemi tridimensionali [18].
Attualmente il codice denominato SAM II è il risolutore alla base del software
ANDILWall, implementato presso l’EUCENTRE e l’università degli Studi di Pavia
(Fig.4.39).
Fig. 4.40: Modello a macroelementi della parete; elementi di colore: rosso = maschi;
viola = fasce di piano; grigio = blocchi rigidi; elementi verdi = aste.
Pag. 174 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
Questi ultimi sono schematizzati in tre parti (Fig.4.42): nelle basi del macroelemento
viene concentrata la deformabilità elastica del maschio (o della fascia) con l’ulteriore
ipotesi di contatto monolaterale, cioè efficace solo a compressione; alla parte centrale viene
attribuita la deformabilità a taglio.
Di conseguenza la rottura per flessione (rotazione del pannello murario) e la
corrispondente componente di deformazione anelastica si realizzano alle estremità, mentre
la rottura a taglio e la deformazione angolare interessano il solo modulo centrale del
macroelemento. Le condizioni di rottura a taglio sono riferite a grandezze medie che
descrivono lo stato di tensione-deformazione dell’intero pannello murario, e quindi non
rappresentano condizioni locali sulla singola superficie di discontinuità.
Tale formulazione è stata derivata direttamente dall’osservazione dei danni da sisma
sulle strutture esistenti (Fig. 4.43).
H
φ
R
B
Fig. 4.46: Setto a sezione variabile
Pag. 178 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
Rnl Rnm
Rtl Rtm
(a)
Rtk Rtj
Rnk Rnj
Rnl Rnm
Rtl Rtm
Rtk Rtj
dvn
(a) (b)
dvn
don
F2
armature e/o
eventuali
limitazioni sul
campo di
spostamenti
F1
spostamenti convergono al loro valore esatto per valori inferiori ad essi; in altre parole, la
soluzione agli elementi finiti rappresenta un limite superiore (upper bound). Questa
caratteristica trova conferma immediata ed intuitiva se si fa riferimento alla definizione di
intorno di un punto: la soluzione del FEM tende alla soluzione “esatta” fornita dalle
equazioni sul continuo, se le dimensioni dell’elemento finito tendono a quello di intorno
elementare.
Chiaramente, il giusto grado di suddivisione si ottiene come compromesso tra una
soluzione “piuttosto” corretta (errori inferiori al 5%) e tempi di calcolo ragionevoli.
Un secondo problema che si presenta nella formazione di una maglia è la scelta del
tipo di elemento, semplice (ovvero con pochi nodi) o complesso (ovvero con molti nodi).
A parità di soluzione, occorrono più elementi semplici che complessi, per cui
sembrerebbe che l’utilizzo di questi ultimi sia più logico. D’altra parte, tali elementi
comportano, a causa di un numero maggiore di nodi, un rapido aumento delle dimensioni
della matrice di rigidezza e, conseguentemente, dei tempi di calcolo.
Ulteriore considerazione riguarda i tempi di calcolo, difatti, se consideriamo una
struttura modellata con m2 elementi quadrilateri a 4 nodi (caso a) ed n2 elementi quadrilateri
a 8 nodi (caso b), si può stabilire un punto di “convenienza” in termini di tempo,
considerando che la velocità di esecuzione è proporzionale al numero di operazioni da
eseguire, e queste sono pari al semiprodotto tra il numero di equazioni N ed il quadrato
della semibanda B2. Essendo N=K m2 e B=K m, con K pari al numero di gradi di libertà
considerati per ogni nodo, si ottiene, per il caso considerato:
(CPU ) a = K 3 m 4 m 4
⇒ (CPU ) a = (CPU )b → = 27 ≈ 2.3
(CPU )b = 27 K 3 n 4 n
prestano viceversa per materiali fragili quali il calcestruzzo, le murature, le rocce, i terreni
etc. che manifestano un comportamento sensibilmente influenzato dalla componente di
tensione idrostatica. Per questi materiali si propongono modelli ad attrito interno dei quali il
più classico è quello di Mohr-Coulomb, la cui superficie limite nello spazio delle tensioni è
illustrata in Fig.4.54 e in Fig.4.55 per stati di sollecitazione biassiali e monoassiali. La
condizione di plasticizzazione, in questo modello, risulta:
τ = c − σ tan ϕ μ (4.124)
F = J 2′ + α I1 − K = 0 (4.125)
con I1 primo invariante degli sforzi, J 2′ secondo invariante del deviatore degli sforzi, α e
K parametri del materiale legati, rispettivamente, all’apertura del cono e alla posizione del
vertice (Fig.4.56).
2sin φ 6c cos φ
sforzo assiale > sforzo radiale ⇒ α= e K=
3(3 + sin φ ) 3(3 + sin φ )
Nel primo caso, il cono di Drucker-Prager risulta tangente alla piramide di Mohr-
Coulomb in corrispondenza dei vertici più esterni (circonferenza d in Fig.4.57). Nel
secondo caso, il cono di Drucker-Prager risulta tangente alla piramide di Mohr-Coulomb in
corrispondenza dei vertici più interni (circonferenza a in Fig.4.57).
La curva c si riferisce ad un modello di Drucker-Prager modificato introducendo la
dipendenza anche dall’invariante terzo degli sforzi. Questa modifica consente di
rappresentare in modo più efficace il comportamento del materiale per percorsi di carico
complessi e non viene qui illustrata in dettaglio.
Per problemi piani nelle deformazioni, è necessario definire le costanti α e K in
base alle seguenti formule:
tan ϕ μ 3c
α= K= (4.126)
9 + 12 tan 2 ϕ μ 9 + 12 tan 2 ϕ μ
Regola di incrudimento
Tale dipendenza (incrudimento) si traduce nel fatto che, nel corso della deformazione
plastica, la superficie cambia di forma e di dimensioni (Fig.4.58). Se il luogo di
snervamento si espande senza cambiare di forma si parla di incrudimento isotropo
(Fig.5.58a), se si ha solo traslazione si parla di incrudimento cinematico (Fig.4.58b), mentre
se la condizione di plasticizzazione è indipendente dalla deformazione plastica si parla di
plasticità perfetta (Fig.4.58c); in quest’ultimo caso la (4.123) sarà funzione del solo stato
tensionale.
1 1 1
σ3 σ2 σ3 σ2 σ3 σ2
(a) (b) (c)
Fig. 4.7: (a) Incrudimento isotropo; (b) incrudimento cinematico; (c) plasticità perfetta
in cui la non linearità del problema è evidenziata dalla dipendenza della matrice K dalle
incognite V o dalle loro derivate.
%
Pag. 192 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
c DP ϕ DP
αc = = 0.75 αϕ = = 1.41 (4.129)
c MC ϕ MC
essendo αc e αφ i coefficienti che consentono di determinare la coesione e l’angolo di attrito
da utilizzare con il criterio di DP a partire dai corrispondenti valori di MC. I precedenti
valori trovano riscontro anche in [59].
Passando a pannelli murari più complessi, l’affidabilità del modello “accurato”
malta-mattone basato sulla modellazione della malta con un legame elasto-plastico basato
sul criterio di DP con i parametri calibrati secondo le equazioni (4.129), è stata effettuata in
[63] considerando le prove sperimentali eseguite da Anthoine ed altri [62].
In Fig.4.60 viene rappresentato il confronto tra l’intera curva taglio-spostamento
fornita dalla simulazione e quella sperimentale. Tale confronto conferma l’idoneità del
modello nella previsione della resistenza massima.
Pag. 194 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
λ = H/B = 1,35 - σ = 0,6MPa - c = 0,75*0,4 = 0,3MPa - φ = 1,41*17° = 24° λ = H/B = 2,0 - σ = 0,6MPa - c = 0,75*0,4 = 0,3MPa - φ = 1,41*17° = 55°
90 80
80
70
70
60
60
50
Taglio [kN]
Taglio [kN]
50
40
40
30
30
20
20
Numerica
Numerica
10
10 Sperim.
Sperim.
0 0
0 2 4 6 8 0 2 4 6 8 10 12
Spostamento [mm] Spostamento [mm]
Fig. 4.60: Confronto tra simulazione numerica e risultati sperimentali su pannelli murari
La previsione del comportamento post-critico nel caso di elementi molto tozzi
caratterizzati da una curva di comportamento con un significativo degrado di resistenza non
viene invece adeguatamente restituita dal modello agli elementi finiti basato sull’adozione
di un legame costitutivo semplificato elasto-plastico.
EM ,O = η m Em + ηb Eb (4.134)
−1
⎡η η ηη E E ⎛ νb νm ⎞ ⎤
2
EM ,V =⎢ b + m − b m b m ⎜ − ⎟ ⎥ (4.135)
⎢ Eb Em EM 1 ⎝ Eb Em ⎠ ⎥⎦
⎣
dove Eb ed Em sono rispettivamente il modulo elastico dell’elemento lapideo e della malta,
mentre ν b e ν m i rispettivi coefficienti di Poisson.
L’affidabilità della modellazione mediante elementi finiti omogenei, nel caso di
complesse pareti murarie, è stata verificata in [63] facendo riferimento al caso di una parete
di 5 piani riportata in Fig.4.61a soggetta a sperimentazione numerica [58] ed una parete di
due piani (Fig.4.61b) appartenente ad un edificio in scala reale sottoposto a prova
sperimentale [64].
150
75 135
120
60
105
Taglio [kN]
Taglio [kN]
90
45
75
60
30
45
Simul.Straus
Simul.Straus
15 30
Inv.Max.Sper.
Inv.Max.Sper.
15
0 0
0 1 2 3 4 5 6 7 8 0 2 4 6 8 10 12 14 16
Spostamento [mm] Spostamento [mm]
Fig. 4.64: Schema dei metodi di calcolo delle pareti nel piano
200
Calderini et al. TREMURI
175
FREMA
150
Total base shear [kN]
125 Experimental
100
SAM
75
50
Italian Building Code
25
0
0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00 1,20 1,40 1,60 1,80 2,00
top displacement [cm]
Il confronto tra il FREMA e i risultati dei vari R.G. sono riportati in Fig. 4.69. Si
osserva un accordo molto soddisfacente del codice proposto con il codice SAM mentre con
riferimento ai risultati del R.G. di Genova si riscontrano differenze più significative tra i
modelli a telaio equivalente e quello agli elementi finiti. Solo con riferimento alla parete in
muratura senza cordoli si osserva un buon accordo in termini di rigidezza e di resistenza
residua.
Nello stesso “Progetto Catania”, sono stati analizzati altre tre pareti con differenti
caratteristiche geometriche (pareti “A”, “B”, “C” in Via Verdi). Per le pareti “A” e “D”
sono disponibili analisi pushover (SPO1 e SPO2) eseguite da Pasticier et al. [92] tramite un
modello a telaio equivalente implementato in SAP2000® V.10.
I confronti riportati in Fig. 4.70 mostrano un sostanziale accordo tra i modelli a
telaio equivalente (SAM, SAP2000, FREMA), mentre l’andamento generale del R.G. di
Genova è caratterizzato da valori più alti di resistenza e rigidezza.
Questo si può spiegare facilmente considerando che le resistenze degli elementi
calcolate nei modelli a telaio equivalente sono sempre ottenute portando in conto la
parzializzazione della sezione, per la mancanza di una resistenza a trazione. Il modello agli
1200 1400
1000 1200
1000
800
Total base shear [kN]
Total base shear [kN]
800
600
600
400
SAM
400
Genoa R.G. SAM
200
Genoa R.G.
FREMA 200
FREMA
0
0
0 10 20 30 40 50 60 70 80
0 5 10 15 20 25 30 35 40
top displacement [mm]
top displacement [mm]
a) b)
1600
1400
1200
Total base shear [kN]
1000
800
600
400 SAM
Genoa R.G.
200 FREMA
0
0 5 10 15 20 25 30 35
top displacement [mm]
c)
Fig. 4.69: Parete in via Martoglio: a) modello 1; b) modello 2 (Ec=4000 MPa); c) modello
3 (Ec=20000 MPa)
Capitolo 4: Analisi delle pareti murarie per azioni nel piano Pag. 201
2000 250
1750
200
1500
Total base shear [kN]
1250
Total base shear [kN]
150
1000
100
750 Basilicata R.G.
Basilicata R.G.
Genoa R.G.
500 SAM
SAM 50
FREMA
Pasticier ‐ SPO2
250
FREMA
0 0
0.00 0.50 1.00 1.50 2.00 2.50 0.00 0.50 1.00 1.50 2.00 2.50 3.00 3.50 4.00 4.50 5.00
top displacement [cm] top displacement [cm]
a) b)
700
600
500
Total base shear [kN]
400
300
Basilicata R.G.
200
Genoa R.G.
SAM
100 Pasticier ‐ SPO1
FREMA
0
0.00 0.50 1.00 1.50 2.00 2.50 3.00
top displacement [cm]
c)
Fig. 4.70: Pareti in via Verdi: a) Parete A; b) Parete B; c) Parete C
elementi finiti, al contrario, considera una piccola resistenza a trazione dei giunti di malta
che, sebbene trascurabile, può incidere significativamente sulla resistenza degli elementi,
soprattutto se la sollecitazione assiale su di essi è molto bassa.
In Fig. 4.71 sono messi a confronto i risultati delle analisi effettuate su di una parete
in muratura di due piani e sette campate caricata nel piano. La parete è stata analizzata in
[93] con un modello a telaio equivalente commerciale (SAP2000®) e con un modello agli
elementi finiti (CAST3M®) e in [87] con il modello FREMA. Sono state condotte due
analisi pushover, applicando sia una distribuzione di forze laterali proporzionali ai pesi
sismici (caso di carico ACC; vettore delle forze laterali F={1.00, 0.59}), sia una
distribuzione triangolare inversa (caso di carico LOAD; F={1.00, 1.19}). I confronti
mostrano un accordo soddisfacente tra il modello FREMA e i risultati del SAP e di
CAST3M in termini di rigidezza e di soglia di resistenza. Un aspetto importante da
sottolineare è che, mentre il SAP non sembra risentire della distribuzione di carichi laterali,
nel FREMA tale influenza è chiaramente riscontrabile. In particolare, il caso ACC presenta
una maggiore rigidezza della parete se confrontato col caso LOAD perché, mentre i maschi
del primo piano sono soggetti agli stessi carichi laterali, i maschi al secondo piano sono
soggetti a tagli molto più bassi nel caso ACC, risultando uno spostamento inferiore del no-
Pag. 202 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
1000 1000
800 800
Total Base Shear [kN]
Total Base Shear [kN]
600 600
400 400
Salonikios et al. ‐ Eq. Frame
Salonikios et al. ‐ Eq. Frame
200 200 Salonikios et al. ‐ Discrete FEM
Salonikios et al. ‐ Discrete FEM
FREMA
FREMA
0 0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 0 2 4 6 8 10 12 14 16
top displacement [mm] top displacement [mm]
a) b)
Fig. 4.71: Salonikios et al.: a) caso di carico ACC; b) caso di carico LOAD
do di controllo. A differenza del modello commerciale, il codice FREMA riesce
efficacemente a cogliere questo aspetto, in linea con i risultati forniti dal modello agli
elementi finiti.
Mallardo et al. hanno analizzato in [94] il comportamento sismico del Palazzo
Renata di Francia in Ferrara di epoca rinascimentale. Di interesse sono i risultati delle
analisi numeriche della parete di facciata di due piani e quattordici campate, eseguite con
tre differenti approcci: modelli a telaio equivalente (Pro_SAP® e PC.M®), modello FEM
(ADINA®) e analisi limite. Le analisi sono state condotte assumendo una distribuzione di
forze laterali triangolare inversa. I risultati dei diversi modelli sono riassunti in Fig. 4.72.
Il confronto mostra un buon accordo tra i risultati del modello FEM e quelli ottenuti
con il codice FREMA, sia in termini di rigidezza che di resistenza ultima della parete.
Notevole è, invece, il divario con i risultati degli altri modelli commerciali a telaio
equivalente in cui sono implementate le prescrizioni dell’OPCM 3431, del tutto simili a
quelle delle NTC 2008. Ciò conferma non soltanto la bontà delle previsioni del codice
FREMA, ma soprattutto che un’efficace definizione del comportamento delle fasce di piano
gioca un ruolo fondamentale nella valutazione del comportamento sismico delle strutture in
muratura.
6000
5000
Total Base Shear [kN]
4000
3000
2000 Analisi Lim.
ADINA
PC.M
1000
Pro_SAP
FREMA
0
0 10 20 30 40 50
top displacement [mm]
L L L L
q q
0.66ql 0.66ql 0.66ql 0.5ql ql 0.5ql
K K K K K
q q
Secondo Piano
F2
maschio 6 maschio 11
200x30x265h 200x30x265h
Primo Piano
F1 + F2
maschio 3
maschio 2 maschio 4
515x40x150h
280x40x185h 280x40x185h
2.78
maschio 1 maschio 5
200x40x278h 200x40x278h
Qd = G k 1 + G k 2 + ψ 2 i Qk
Massa Pareti
Al fine di calcolare i pesi propri delle pareti, in maniera convenzionale, con riferimento a
“Wm2” si considera la metà parete superiore, mentre con riferimento a “Wm1” si considera
metà parete superiore e metà parete inferiore tenendo conto in entrambi i casi delle aperture
presenti (Fig. 4.76):
Wm 2 = 1900 ⋅ 0,3 ⋅ (1,5 − 0,8 + 0,3 + 0,5 ) ⋅18,35 + 1900 ⋅ 0,3 ⋅ 0,8 ⋅ ( 2 ⋅ 2, 0 + 2 ⋅ 2,8 + 4, 75 )
Wm1 = 1900 ⋅ 0, 4 ⋅ ⎡⎣( 0,8 + 0,15 ) ⋅18,35 + ( 2 ⋅ 2, 0 + 2 ⋅ 2,8 + 5,15 ) ⋅ 0, 7 ⎤⎦ +
+ 1900 ⋅ 0,3 ⋅ ⎡⎣( 0,8 + 0,15 ) ⋅18,35 + ( 2 ⋅ 2,0 + 2 ⋅ 2,8 + 4,75 ) ⋅ 0,7 − 0,8 ⋅1,2 ⎤⎦
da cui si ottiene:
⎧Wm1 = 36211 daN
⎨
⎩Wm 2 = 22233 daN
Pag. 206 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
0.50
0.30
Wm2
1.50
0.8
0.7
1.50
Wm1
1.50
Impalcati e Copertura
Con riferimento alle azioni trasmesse dalla copertura, i valori coincidono con quelli già
valutati in precedenza per la verifica a ribaltamento; pertanto, considerato che essi sono
relativi alla fascia di un metro e che la copertura grava su tutta la parete (L = 18,35m ) , si
ottiene:
V = 310.6 ⋅18,35 = 5700 daN → peso dovuto alla copertura
Gli scarichi dei due impalcati sono stati già determinati per il calcolo delle azioni sismiche
per valutare il momento ribaltante. Dai valori ottenuti precentemente, riferiti alla fascia di
un metro, moltiplicati per la lunghezza della parete si ottiene:
F2 = 965 ⋅ 18,35 = 17707 daN → peso dovuto al sec ondo impalcato
F1 = 965 ⋅ 18,35 = 17707 daN → peso dovuto al primo impalcato
0.5 punto di
F2 applicazione
0.3
di Fs2
W2 1.50
1.50 Z2=6.60
W1
punto di
F1 0.3 applicazione
di Fs1
1.50
Z1=3.30
−1
⎡⎛ h 3 ⎞ ⎛ χh ⎞⎤
k oi = ⎢⎜⎜ ⎟⎟ + ⎜ ⎟⎥
⎣⎝ 12 EI ⎠ ⎝ GA ⎠⎦
Pag. 208 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
Spettro Elastico di Progetto
0,8
0,7
0,6
0,5
Spa [g]
0,4
0,3
0,2
0,1
0,0
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5 4,0
T [sec]
Vi d
V
δ yi δ ui d
ti
Bi
In aggiunta la NTC 2008 consiglia, per l’analisi sismica, di adottare valori delle rigidezze
fessurate applicando un fattore di riduzione pari al 50% ai moduli di elasticità tangenziale e
flessionale. Considerando i parametri meccanici indicati nel capitolo precedente si ottiene:
⎧⎪G = 1926 daN cm 2
⎨
⎪⎩ E = 10750 daN cm 2
Bi tiσ i ⎛ σi ⎞
Vui PF = ⎜1 − ⎟ - Pressoflessione
λ i ⎝ 0.85 ⋅ f d ⎠
⎛ ⎞
⎜ 1,5 f + 0, 4σ ⎟
VuiTS = Bi ti ⎜ vdo i
⎟ - Taglio-Scorrimento
⎜ 1+ 3 λ f
i vdo ⎟
⎜ 2σ ⎟
⎝ i ⎠
Bi ti f vdo σi
Vui FD = 1+ con 1 ≤ λi ≤ 1.5 - Fessurazione Diagonale
λi 1,5 f vdo
Dalle precedenti relazioni è possibile evincere la dipendenza fra taglio ultimo dell’i-
esimo maschio murario e tensione verticale. Questa relazione fra taglio ultimo e sforzo
normale fornisce una fonte di non linearità che, in generale, non potrebbe essere trascurata.
L’assunzione di invariabilità dello sforzo normale nei maschi rappresenta un’ipotesi
abbastanza forte, ma decisamente semplificativa. Infatti, definendo a priori l’entità della
tensione agente nel generico pannello murario è possibile determinare subito il taglio
resistente dei maschi.
In particolare, la tensione normale può essere assunta costante per tutti i maschi
appartenenti allo stesso piano e pari al rapporto tra lo sforzo normale complessivo nella
sezione di mezzeria dei pannelli e l’area complessiva dei maschi murari a quel livello.
Pertanto, nel caso analizzato si ha:
In ottemperanza alla NTC 2008, la duttilità dei maschi murari dipende dall’altezza
dei pannelli e dal meccanismo di collasso. In particolare si definisce:
• δ ui = μ ⋅ h in cui μ è pari allo 0,4% nel caso in cui il meccanismo di collasso
ipotizzato sia per fessurazione diagonale;
• δ ui = μ ⋅ h in cui μ è pari allo 0,6% nel caso in cui il meccanismo di collasso
ipotizzato sia per fessurazione diagonale e si tratti di edifici esistenti. Nel caso
di edifici nuovi la norma prescrive un valore pari allo 0,8%.
per meccanismi duttili, ai valori medi delle resistenze senza applicare coefficienti di
sicurezza sui materiali. Considerate le precedenti espressioni, si ottengono per i maschi
murari che compongono la parete in esame i valori riportati in Tab.4.2 e Tab.4.3.
Nelle Fig.4.80 e Fig.4.81 sono stati rappresentati i legami Taglio-Spostamento per i
maschi del primo e secondo piano.
Tab. 4.2: Legami costutivi dei maschi del secondo piano
Secondo piano
Maschio B t h ξ Vu PF Vu TS Vu FD Vu K ξy ξu
2
[cm] [cm] [cm] [daN/cm ] [daN] [daN] [daN] [daN] [daN/cm] [cm] [cm]
6 200 30 265 0.99 4304 3628 4561 3628 28793 0.126 1.060
7 280 30 150 0.99 14904 7864 8462 7864 86187 0.091 0.600
8 178 30 139 0.99 6500 4272 5379 4272 56514 0.076 0.556
9 178 30 139 0.99 6500 4272 5379 4272 56514 0.076 0.556
10 280 30 150 0.99 14904 7864 8462 7864 86187 0.091 0.600
11 200 30 265 0.99 4304 3628 4561 3628 28793 0.126 1.060
8000
7000
6000
5000
V2 [daN]
4000
3000
2000
Maschi 6-11
1000 Maschi 7-10
Maschi 8-9
0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2
δ2 [cm]
20000
15000
V1 [daN]
10000
5000
Maschi 1-5
Maschi 2-4
Maschio 3
0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2
δ1 [cm]
Procedendo in tal modo, sono state ottenute le curve ritratte in Fig.4.82 e Fig.4.83.
Pag. 212 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
30000
25000
Maschi 6-11
Maschi 7-10
20000
Maschi 8-9
V2 [daN]
2° Piano
15000
10000
5000
0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2
δ r2 [cm]
60000
50000
Maschi 1-5
Maschi 2-4
40000
Maschio 3
V1 [daN]
1° Piano
30000
20000
10000
0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2
δ1 [cm]
Per passare dai legami in termini di tagliante-spostamento relativo dei singoli piani,
ai legami tagliante alla base-spostamento relativo dei singoli piani con i quali costruire la
curva di pushover globale della parete, è necessario fare alcune considerazioni. In
Capitolo 4: Analisi delle pareti murarie per azioni nel piano Pag. 213
particolare, è necessario ricordare che, per analisi statiche non lineari la normativa richiede
di considerare le seguenti due distribuzioni delle forze di piano (fig.4.84):
1. distribuzione proporzionale alle forze statiche, applicabile solo se il modo di
vibrare fondamentale nella direzione considerata ha una partecipazione di massa
non inferiore al 75% (Forma dei carichi affine al primo modo di vibrare della
struttura);
2. distribuzione uniforme di forze, da intendersi come derivata da una distribuzione
uniforme di accelerazioni lungo l’altezza della costruzione (Forma dei carichi
affine alle masse).
Al fine di ottenere la curva di pushover della parete complessiva è necessario quindi
trasformare il legame della parete al generico piano in termini di taglio alla base-
spostamento relativo in sommità. A tale scopo, si può introdurre il coefficiente φ pari al
rapporto tra il tagliante al generico piano ed il tagliante al piano terra. Con riferimento alla
prima distribuzione delle forze di piano, essendo la generica forza da applicare a ciascun
piano, pari a:
⎡ ⎤
⎢ ⎥
λW
Fi = ⎢ S d (T ) np ⎥ z i Wi
⎢ ⎥
⎢ g ∑ (Wj z j ) ⎥
⎣ j=1 ⎦
con W la massa totale, ed essendo il termine tra le parentesi quadre costante per l’intera
parete, il rapporto tra il tagliante all’i-esimo piano e quello al piano terra risulta:
np
V
∑ (W
j=i
j zj)
φi = i = np
V1
∑ (W
j=1
j zj)
Nel caso della distribuzione di forze affine alle masse, si ottiene la seguente espressione per
il coefficiente φι:
np
V
∑W
j=i
j
φi = i = np
V1
∑W
j=1
j
Pag. 214 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
dc
α 1F α 2F Fb
Fu
Fy
Fb
dc
Fig. 4.84: Forma delle azioni orizzontali da considerare per le analisi Pushover
Una volta valutato il coefficiente φι, il valore del tagliante alla base corrispondente al
generico valore del tagliante all’i-esimo piano si ottiene dividendo il tagliante Vi per il
coefficiente φι.
Quindi per esprimere il diagramma definito in Fig.4.82, relativo al secondo piano
della struttura, in termini di tagliante alla base è necessario dividere le ordinate dei punti
della curva V2- δr2 per un fattore pari a ϕ2.
Dopo aver definito, per ognuna delle due combinazioni di carico da considerare, i
legami di ogni piano in termini di tagliante alla base, per definire la curva di pushover
globale della parete sarà necessario semplicemente fare la somma in serie dei legami dei
singoli piani. Nel seguito si costruisce la curva di pushover per entrambe le condizioni di
carico previste dalla NTC 2008.
W2
φ2 = = 0.458
W1 + W2
A questo punto, sommando in serie il legame del secondo piano e del primo piano si
ottiene la curva pushover di Fig.4.86.
Come si può notare la forma dei carichi influenza il legame tagliante-spostamento
complessivo della parete e può influenzare la crisi del primo o del secondo piano, variando
eventualmente anche la duttilità globale.
Pushover - 1° modo
70000
60000
50000
40000
V1 [daN]
1° Piano
2° piano
30000
Pushover 1° modo
20000
10000
0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2
δ [cm]
Fig. 4.12: Curva di Pushover della parete per la distribuzione affine al 1° modo
Pushover - Masse
80000
70000
60000
50000
V1 [daN]
1° Piano
40000
2° piano
Pushover masse
30000
20000
10000
0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2
δ [cm]
Fig. 4.13: Curva di Pushover della parete per la distribuzione affine alle masse
Pag. 216 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
50000
40000
V [daN]
20000
10000
0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2
d [cm]
Fig. 4.88: Confronti tra i modelli per la distribuzione di forze affine al 1° modo
Capitolo 4: Analisi delle pareti murarie per azioni nel piano Pag. 217
Pushover masse
70000
40000
V [daN]
30000
20000
10000
0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2
d [cm]
Fig. 4.89: Confronti tra i modelli per la distribuzione di forze affine alla distribuzione delle
masse
Nonostante le differenze intrinseche nelle due procedure di analisi, le curve
pushover ricavate per le due distribuzioni di carico (Fig. 4.88 e Fig. 4.89) mostrano un buon
accordo in termini di resistenza, rigidezza e duttilità globale, se nel modello a telaio
equivalente le fasce vengono assunte elastoplastiche rispetto al comportamento a taglio.
Tale ipotesi, assieme all’elevata altezza delle fasce, fa sì che nell’esempio riportato
il loro comportamento sia effettivamente assimilabile a quello di fasce rigide e resistenti.
Se, invece, si fa l’ipotesi di fasce elastofragili, che potrebbe derivare dall’assenza di un
cordolo di piano, si nota un decremento improvviso della resistenza globale della parete,
che di contro risulta più deformabile, con un guadagno netto in termini di duttilità.
l ij
Tij
a a'
i Tji
j xa
x a'
Mij M ji
l ij
xa
x a'
Fig. 4.90: Individuazione delle sezioni per la verifica delle fasce di piano
Tab. 4.4: Tagli e momenti nei maschi per la distribuzione affine al 1° modo
Primo Piano Secondo Piano
maschio h V max M max maschio h V max M max
[cm] [daN] [daNcm]
[cm] [daN] [daNcm]
6 265 3628 480767
1 278 3923 545346
7 150 7864 589834
2 185 9984 923532 8 139 4272 296909
3 150 23372 1752900 9 139 4272 296909
4 185 9984 923532 10 150 7864 589834
5 278 3923 545346 11 265 3628 480767
Capitolo 4: Analisi delle pareti murarie per azioni nel piano Pag. 219
Risolvendo per i valori dei momenti in Tab.4.4 lo schema di Fig.4.91 del secondo
piano, in cui il carico qmedio = 20.63 daN/cm, e le rigidezze estensionali sono quelle in Tab.
4.5, si ottiene uno spostamento del baricentro delle rigidezze w = 0.015 cm e una rotazione
del trasverso ϕ = 4.43e-6 rad a cui corrispondono gli sforzi normali nei ritti riportati ancora
in Tab.4.5.
Da semplici considerazioni di equilibrio alla traslazione e alla rotazione si ricavano
le sollecitazioni delle fasce riportate in Tab.4.6 assieme ai risultati delle verifiche.
Le verifiche sono effettuate ipotizzando la presenza di una catena (φ18, acciaio
B450C), che, disposta come presidio al ribaltamento fuori piano delle pareti ortogonali a
quella in esame, funge anche da elemento resisistente a trazione disposto nella mezzeria
delle fasce. In accordo con le NTC 2008, HP è il minore tra la resistenza a trazione della
catena e il valore 0.4fhdht, avendo assunto fhd=0.5fwcd, mentre la resistenza a taglio è
calcolata considerando la tensione media fvd0 agente sull’intera sezione della fascia.
2° PIANO
x
N6 N7 N8 N9 N10 N11
M6 M7 M8 M9 M10 M11
Fig. 4.91: Schema per la valutazione degli sforzi normali nei maschi del secondo piano
Tab. 4.5: Rigidezze e sforzi normali nei maschi del secondo piano derivanti dalla
distribuzione affine al 1° modo
Secondo Piano
maschio B t h K est x K est x K est x 2 δest N
[cm] [cm] [cm] [daN/cm] [cm] [daN] [daNcm] [cm] [daN]
6 200 30 265 243396 -818 -1.990E+08 1.627E+11 0.011 2781
7 280 30 150 602000 -478 -2.875E+08 1.373E+11 0.013 7784
8 178 30 139 412986 -149 -6.133E+07 9.107E+09 0.014 5941
9 178 30 139 412986 149 6.133E+07 9.107E+09 0.016 6484
10 280 30 150 602000 478 2.875E+08 1.373E+11 0.017 10328
11 200 30 265 243396 818 1.990E+08 1.627E+11 0.019 4542
Pag. 220 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
Per quanto riguarda il primo piano, gli sforzi normali trasferiti dal secondo piano
sono ovviamente uguali a quelli calcolati precedentemente più l’aliquota derivante dal peso
proprio dei maschi (Tab. 4.7), mentre i momenti sono quelli già indicati in Tab. 4.4.
Tab. 4.6: Sollecitazioni e verifiche di resistenza delle fasce del secondo piano per la
distribuzione affine al 1° modo
Secondo piano
fascia h t V sx V dx V Rd CS M sx M dx HP M Rd CS
[cm] [cm] [daN] [daN] [daN] [daNcm] [daNcm] [daN] [daNcm]
18 140 30 -1345 -3409 3066 0.90 346217 108505 9952 563640 1.63
19 140 30 -1402 -3465 3066 0.88 24867 -218473 9952 563640 2.58
20 290 30 -1196 -3672 6351 1.73 -336421 -628530 9952 1310064 2.08
21 140 30 -840 -2903 3066 1.06 -727714 -914882 9952 563640 0.62
22 140 30 1648 -416 3066 1.86 -500827 -439216 9952 563640 1.13
1° PIANO
M6 M7 M8 M9 M10 M11
x
N6 N7 N8 N9 N10 N11
M6 M7 M8 M9 M10 M11
N6 N7 N8 x N9 N10 N11
qmedio
N1 N2 N3 N4 N5
M1 M2 M3 M4 M5
Fig. 4.92: Schema per la valutazione degli sforzi normali nei maschi del primo piano
Capitolo 4: Analisi delle pareti murarie per azioni nel piano Pag. 221
Tab. 4.8: Rigidezze e sforzi normali nei maschi del primo piano derivanti dalla
distribuzione affine al 1° modo
Primo piano
maschio B t h K est x K est x K est x 2 ∗est N
[cm] [cm] [cm] [daN/cm] [cm] [daN] [daNcm] [cm] [daN]
1 200 40 278 309353 -818 -2.529E+08 2.067E+11 0.016 5086
2 280 40 185 650811 -478 -3.108E+08 1.484E+11 0.021 13866
3 515 40 150 1476333 0 0.000E+00 0.000E+00 0.028 41540
4 280 40 185 650811 478 3.108E+08 1.484E+11 0.035 22758
5 200 40 278 309353 818 2.529E+08 2.067E+11 0.040 12322
Tab. 4.9: Sollecitazioni e verifiche di resistenza delle fasce del primo piano per la
distribuzione affine al 1° modo
Primo Piano
fascia h t V sx V dx V Rd CS M sx M dx HP M Rd CS
[cm] [cm] [daN] [daN] [daN] [daNcm] [daNcm] [daN] [daNcm]
12 190 40 -5518 -7919 5548 0.70 474332 -197505 9952 845704 1.78
13 190 40 -10954 -13115 5548 0.42 -1326339 -2409437 9952 845704 0.35
16 190 40 1293 -868 5548 4.29 -2907904 -2888767 9952 845704 0.29
17 190 40 2444 43 5548 2.27 -1154672 -1030296 9952 845704 0.73
Tab. 4.10: Tagli e momenti nei maschi per la distribuzione affine alle masse
Secondo Piano
maschio h V max M max
[cm] [daN] [daNcm]
6 265 2491 330107
7 150 7458 559321
8 139 4272 296909
9 139 4272 296909
10 150 7458 559321
11 265 2491 330107
Primo Piano
maschio h V max M max
[cm] [daN] [daNcm]
1 278 6530 907650
2 185 12707 1175407
3 150 23372 1752900
4 185 12707 1175407
5 278 6530 907650
Tab. 4.11: Rigidezze e sforzi normali nei maschi del secondo piano derivanti dalla
distribuzione affine alle masse
Secondo Piano
maschio B t h K est x K est x K est x 2 δest N
[cm] [cm] [cm] [daN/cm] [cm] [daN] [daNcm] [cm] [daN]
6 200 30 265 243396 -818 -1.990E+08 1.627E+11 0.012 2898
7 280 30 150 602000 -478 -2.875E+08 1.373E+11 0.013 7953
8 178 30 139 412986 -149 -6.133E+07 9.107E+09 0.014 5977
9 178 30 139 412986 149 6.133E+07 9.107E+09 0.016 6448
10 280 30 150 602000 478 2.875E+08 1.373E+11 0.017 10160
11 200 30 265 243396 818 1.990E+08 1.627E+11 0.018 4425
Tab. 4.12: Sollecitazioni e verifiche di resistenza delle fasce del secondo piano per la
distribuzione affine alle masse
Secondo piano
fascia h t V sx V dx V Rd CS M sx M dx HP M Rd CS
[cm] [cm] [daN] [daN] [daN] [daNcm] [daNcm] [daN] [daNcm]
18 140 30 -1229 -3292 3066 0.93 207222 -18825 9952 563640 2.72
19 140 30 -1117 -3180 3066 0.96 -76720 -291541 9952 563640 1.93
20 290 30 -875 -3351 6351 1.90 -355528 -609102 9952 1310064 2.15
21 140 30 -555 -2618 3066 1.17 -654645 -813296 9952 563640 0.69
22 140 30 1764 -299 3066 1.74 -373498 -300221 9952 563640 1.51
Capitolo 4: Analisi delle pareti murarie per azioni nel piano Pag. 223
Tab. 4.13: Sforzi normali e momenti trasferiti al primo piano per la distribuzione affine alle
masse
maschio N M
[daN] [daNcm]
6 5919 330107
7 10347 559321
8 7388 296909
9 7858 296909
10 12554 559321
11 7446 330107
Tab. 4.14: Rigidezze e sforzi normali nei maschi del primo piano derivanti dalla
distribuzione affine alle masse
Primo piano
maschio B t h K est x K est x K est x 2 δest N
[cm] [cm] [cm] [daN/cm] [cm] [daN] [daNcm] [cm] [daN]
1 200 40 278 309353 -818 -2.529E+08 2.067E+11 0.016 4907
2 280 40 185 650811 -478 -3.108E+08 1.484E+11 0.021 13646
3 515 40 150 1476333 0 0.000E+00 0.000E+00 0.028 41540
4 280 40 185 650811 478 3.108E+08 1.484E+11 0.035 22978
5 200 40 278 309353 818 2.529E+08 2.067E+11 0.040 12501
Tab. 4.15: Sollecitazioni e verifiche di resistenza delle fasce del primo piano per la
distribuzione affine alle masse
Primo Piano
fascia h t V sx V dx V Rd CS M sx M dx HP M Rd CS
[cm] [cm] [daN] [daN] [daN] [daNcm] [daNcm] [daN] [daNcm]
12 190 40 -5814 -8215 5548 0.68 656377 -45059 9952 845704 1.29
13 190 40 -11639 -13800 5548 0.40 -1089852 -2234589 9952 845704 0.38
16 190 40 608 -1553 5548 3.57 -3082766 -3125269 9952 845704 0.27
17 190 40 2148 -253 5548 2.58 -1307136 -1212360 9952 845704 0.65
m,K
H
u(t) Tn
u(0)
u(0)
c c
ζ = = (5.5)
2mω n c cr
Quindi, il grado di smorzamento rappresenta il rapporto fra lo smorzamento del sistema
reale e quello critico, quest’ultimo definito come il valore dello smorzamento per cui la
struttura a seguito di una perturbazione ritorna allo stato di quiete senza compiere alcuna
oscillazione. In base allo smorzamento è possibile distinguere i sistemi sottosmorzati
(ζ < 1) dai sistemi con smorzamento critico (ζ = 1) e dai sistemi sovrasmorzati (ζ > 1) .
Questi ultimi sono quei sistemi per i quali lo smorzamento avviene ancora senza
oscillazioni, ma più lentamente del caso critico. Si osserva che, per le strutture civili,
solitamente ci si riferisce a sistemi di tipo sottosmorzato. Per tali sistemi, l’andamento degli
spostamenti nel tempo, imponendo condizioni iniziali analoghe a quelle del sistema non
smorzato, risulta rappresentato da una sinusoide smorzata esponenzialmente (Fig. 5.3).
⎡ u& ( 0 )ζω n u ( 0 ) ⎤
u ( t ) = e − ζω n t ⎢ u ( 0 ) cos ω D t + sen ω D t ⎥ (5.6)
⎣ ωD ⎦
Il periodo di vibrazione di questi sistemi, eseguendo alcuni passaggi aritmetici, risulta
essere pari a:
Tn
TD = (5.7)
1−ζ 2
u(t) Td
u(0)
u(0)
Casi reali
0.8
Tn/Td
0.6
0.4
0.2
0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1
Rapporto di smorzamento ζ
u(t)
m,k
H
V(t)
M(t)
Fig. 5.5 Nomenclatura per un SDOF smorzato sottoposto ad azione sismica
Per le ipotesi fatte precedentemente la condizione in cui la struttura è maggiormente
sollecitata è quella in cui lo spostamento è massimo, difatti:
V ( t ) = ku ( t ) ⇒ V max = ku max (5.9)
Risulta elementare la condizione di annullamento della derivata prima dello
spostamento in corrispondenza del massimo, per cui la velocità in corrispondenza di u max
risulta essere nulla. Questo vuol dire che l’equazione (5.8) in corrispondenza della risposta
di picco può essere riscritta nel seguente modo:
⎧⎪ u ( t * ) = u max
⎨ ⇒ ku max = m ( u&&g + u&&) * (5.10)
⎪⎩ u& ( t * ) = 0 t =t
ζ=1%
ζ=2%
ζ=5%
ζ=10%
ζ=20%
S__
pa
q
rigidezze sarà diagonale ma non quella delle masse e viceversa nel caso in cui ci si riferisca
a spostamenti assoluti).
Allo scopo di pervenire ad un approccio più semplice, il secondo importante
passaggio nell’analisi sismica, dopo l’introduzione degli spettri di pseudo-accelerazione,
risiede nel cambiamento di base, passando dallo spazio vettoriale degli spostamenti a quello
delle forme modali, che, come già anticipato, consente di disaccoppiare le equazioni (5.12).
Per effettuare il cambiamento di base è necessario ridefinire le funzioni di spostamento u(t)
componendole nel prodotto di una funzione armonica che varia con il tempo q n (t ) e di un
~
vettore di forma che non varia con il tempo φ n , ovvero:
~ ~
u~ ( t ) = q n ( t )φ n = ( A n cos ω n t + B n sen ω n t )φ n (5.13)
[− ω 2
n
~ ~
] ~
[ M ]φ n + [ K ]φ n q n ( t ) = 0 (5.14)
Si osserva come per tale struttura le forme modali superiori alla prima presentino un
numero di nodi (ovvero di incroci della forma) crescente e come la prima forma modale
abbia un andamento del tutto simile a quello che si otterrebbe con una distribuzione lineare
di sollecitazioni sismiche.
Risolto il problema agli autovalori ed autovettori l’equazione del moto scritta con
riferimento agli spostamenti, la quale rappresenta un sistema accoppiato di n equazioni in n
incognite u(t) può essere trasformata, facendo riferimento alle forme modali invece che agli
spostamenti, in un sistema lineare di n equazioni disaccoppiate in n incognite qn(t).
Il problema delle forme modali, definito per le oscillazioni libere di sistemi MDOF
(Multi degree of freedom system) lineari senza smorzamento può essere utilizzato anche
per sistemi smorzati sottoposti a forzanti esterne generiche quali il sisma. Di fatto l’analisi
modale classica, con spettro di progetto assegnato (Response Spectrum Analysis, RSA)
consiste in alcuni semplici step:
• risoluzione del problema modale agli autovalori ed autovettori;
• passaggio da un sistema MDOF ad n sistemi SDOF tramite i fattori di
partecipazione modale Γ;
• determinazione delle pseudo-accelerazioni spettrali corrispondenti al
periodo di ogni modo di vibrare;
• determinazione delle risposte statiche di n strutture sollecitate da n sistemi
di forze derivanti dai modi di vibrare della struttura ottenute moltiplicando
l’accelerazione spettrale per la massa di piano e per il coefficiente di
partecipazione modale;
• combinazione delle risposte statiche tramite opportune regole di
combinazione.
L’obbligo di combinare i risultati delle forme modali non linearmente, ma tramite
una regola di combinazione discende dal fatto che in generale le forme modali non
raggiungono la sollecitazione di picco nello stesso istante, per cui è usuale utilizzare le
regole SRSS (square-root-of-sum-of-squares) o CQC (complete-quadratic-combination).
Infine bisogna evidenziare che ogni forma modale da un contributo differente alla
risposta complessiva della struttura definito dal coefficiente di partecipazione modale. Nel
caso di strutture regolari in elevazione, la prima forma modale assume la forma mostrata in
Fig. 5.8 con un coefficiente di partecipazione elevato, al punto tale da rendere le forme
modali successive alla prima quasi del tutto inessenziali nella descrizione della risposta
complessiva.
In tal caso, le normative consentono di far ricorso all’analisi statica equivalente
considerando una distribuzione di forze statiche affini a quelle relative al primo modo di
vibrare della struttura. Nel capitolo 2, sono state riportate le modalità di calcolo delle forze
sismiche da applicare alla struttura in un’analisi statica indicate sia dalla normativa sismica
D.M. 16/1/96 che dalle NTC 2008.
Nel seguito, vengono affrontate con maggiore dettaglio, le problematiche relative
all’analisi statica lineare e non lineare.
Capitolo 5: Analisi sismica degli edifici in muratura Pag. 235
δ δ δ
Fig. 5.9: Spostamento dei setti nell’ipotesi di simmetria dell’impalcato rispetto ad un asse
parallelo all’azione sismica
Pag. 236 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
Indicata con ki la rigidezza traslante del i-esimo maschio, con Fi la relativa azione
tagliante e con δi il corrispondente spostamento, per il generico maschio i si può scrivere la
seguente relazione:
Fi = k i δ i (5.16)
Per l’equilibrio deve risultare:
F= ∑ Fi = ∑ k i δi = δ∑ k i (5.18)
per cui:
F
δ= (5.19)
∑ ki
e quindi:
ki
Fi = F (5.20)
∑ ki
yR =
∑ Fxi ⋅ y i = ∑ k xi δ i ⋅ yi = ∑ k xi ⋅ yi (5.21)
∑ Fxi ∑ k xi δ i ∑ k xi
Capitolo 5: Analisi sismica degli edifici in muratura Pag. 237
y Fyi
yi
Fxi
yR R
O
xR xi x
Fig. 5.10: Sistema di riferimento nel caso di un edificio dissimetrico
xR =
∑ Fyi ⋅ x i = ∑ k yiδ i ⋅ x i = ∑ k yi ⋅ x i (5.22)
∑ Fyi ∑ k yiδi ∑ k yi
Per la determinazione del baricentro delle masse, dal momento che le masse della
muratura sono significative rispetto a quelle di impalcato, è opportuno far riferimento alla
tensione σ0 dei singoli maschi. Si ottengono pertanto, le seguenti espressioni delle
coordinate del baricentro delle masse:
yG =
∑ σ 0i A i ⋅ yi (5.23)
∑ σ 0i A i
xG =
∑ σ 0i A i ⋅ x i (5.24)
∑ σ 0i A i
Se l’impalcato subisce gli spostamenti δx , δy e la rotazione ϕ (positiva se antioraria),
gli spostamenti del generico maschio i risultano (Fig.5.11):
δ xi = δ x − ϕ ⋅ y i (5.25)
δ yi = δ y + ϕ ⋅ x i (5.26)
Pag. 238 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
avendo sfruttato la similitudine tra i triangoli STU e RSV che fornisce le seguenti
espressioni delle aliquote di spostamento dovute alla rotazione ϕ:
δϕxi ϕ ⋅ di
= ⇒ δϕxi = ϕ ⋅ y i (5.27)
yi di
δ ϕyi ϕ ⋅di
= ⇒ δ ϕyi = ϕ ⋅ x i (5.28)
xi di
(
Fyi = k yi δ yi = k yi δ y + ϕ ⋅ x i ) (5.30)
Per gli equilibri alla traslazione lungo x e lungo y ed alla rotazione intorno
all’origine O si ha:
Fx = δ x ⋅ ∑ k xi − ϕ ⋅ ∑ k xi y i (5.31)
Fy = δ y ⋅ ∑ k yi + ϕ ⋅ ∑ k yi x i (5.32)
y y
δxi
ϕd
T U
i
δyi
yi
S
ϕ
V
R xi x
x
O
Fig. 5.11: Spostamenti del generico maschio
Capitolo 5: Analisi sismica degli edifici in muratura Pag. 239
∑ k xi y i = Sx = 0 (5.34)
∑ k yi x i = S y = 0 (5.35)
Pertanto:
Fx
Fx = δ x ⋅ ∑ k xi ⇒ δx = (5.36)
∑ k xi
Fy
Fy = δ y ⋅ ∑ k yi ⇒ δy = (5.37)
∑ k yi
M =ϕ⋅ (∑ k 2
yi x i + ∑ k xi y i2 ) (5.38)
Di conseguenza:
k xi k xi ⋅ y i
Fxi = Fx − M (5.39)
∑ k xi ∑ k yi x i2 +∑ k xi y i2
k yi k yi ⋅ x i
Fyi = Fy + M (5.40)
∑k yi ∑k xi yi2 + ∑k yi x i2
F
δ yi = ρ yi ⇒ δ yi = v Ri ⋅ ρ yi (5.44)
∑ k yi
F
δ xk = ρ xk ⇒ δ xk = u Rk ⋅ ρ xk (5.45)
∑ k yi
dove v Ri e u Rk rappresentano gli spostamenti del baricentro delle rigidezze
rispettivamente quando l’i-esimo maschio in direzione y raggiunge lo spostamento δ yi e
quando il k-esimo maschio in direzione x raggiunge lo spostamento δ xk . In particolare, per
ogni maschio in direzione y si può determinare il valore di vRi corrispondente al
raggiungimento del limite elastico δ0yi e per ogni maschio in direzione x si può determinare
il valore uRk corrispondente al raggiungimento del limite elastico δ0xk. Si ha:
δ 0yi
δ 0yi = v Ri ⋅ ρ yi ⇒ v Ri = (5.46)
ρ yi
δ0xk
δ 0xk = u Rk ⋅ ρ xk ⇒ u Rk = (5.47)
ρ xk
Capitolo 5: Analisi sismica degli edifici in muratura Pag. 241
Il minimo tra tutti i vRi e gli uRk determina il limite elastico per l’intera struttura ovvero lo
spostamento del baricentro delle rigidezze in direzione y quando il primo maschio
raggiunge il proprio limite elastico. Pertanto, risulta:
⎛ δ 0yi δ ⎞
v R = u R = min⎜ (y) ; 0xk ⎟ (5.48)
⎜ ρ yi ρ (y) ⎟
⎝ xk ⎠
Trovato vR, la forza reattiva al limite elastico in direzione y dell’intera struttura Fres, si
ottiene sommando i contributi di tutti i maschi in direzione y come segue:
δ yi = v R ⋅ ρ yi (5.49)
Fyi = k yi ⋅ δ yi (5.50)
Per l’effetto torcente nascono forze taglianti anche nei maschi in direzione x di entità pari a:
δ xk = u R ⋅ ρ xk (5.52)
Fxk = k xk ⋅ δ xk (5.53)
In modo del tutto analogo si procede per forza sismica in direzione x applicata con
eccentricità e y rispetto all’asse x.
Nell’ambito quindi dell’analisi statica lineare, la verifica allo stato limite ultimo consiste
nell’accertare che, piano per piano, la forza resistente più piccola tra la direzione x e la
direzione y sia maggiore del tagliante sismico di piano.
Per quanto concerne la verifica allo Stato limite di danno secondo le NTC2008, occorre
controllare che a ciascun piano gli spostamenti di interpiano, valutati per effetto delle azioni
orizzontali ottenute dallo spettro elastico corrispondente alla probabilità di superamento
PVR=63%, rispettino il limite:
d r <0,003h (5.54)
L’azione orizzontale, allo stato limite di danno, risulta:
W
Fh = Se (T) ⋅ λ ⋅ (5.55)
g
A partire da Fh e M h = Fh ⋅ e si valutano, per ogni piano e per ogni maschio gli spostamenti
δ xi e δ yi tramite l’Eq. (5.25) e (5.26) nelle quali δ x δ y e ϕ sono forniti dalle equazioni
(5.36), (5.37) e (5.38). La verifica allo stato limite di danno sarà soddisfatta se tutti i valori
di δ xi e δ yi soddisfano la relazione (5.54).
spostamento d’interpiano pari a 0.003 h prevedendo che l’azione sismica non provoca danni
se gli spostamenti massimi d’interpiano risultanti dall’analisi risultino minori di tale valore.
Con riferimento, invece allo stato limite ultimo, la domanda in termini di spostamento viene
definita per ogni singolo edificio, applicando il seguente procedimento:
a) a partire dalla curva pushover dell’edificio in esame, determinare le caratteristiche
di un sistema ad un grado di libertà a comportamento bi-lineare equivalente (Fig.
5.12); ciò richiede i seguenti ulteriori passaggi:
1. si valuta per prima cosa, per la struttura in esame con le masse applicate, il
vettore Ф rappresentativo del primo modo di vibrare che viene determinato
analizzando le oscillazioni libere della struttura, ovvero in assenza di
smorzamento e di forzanti;
2. si valuta il coefficiente di partecipazione modale mediante la seguente
relazione:
Γ=
∑ mi Φ i (5.56)
∑ mi Φ i2
3. si valuta la curva di capacità del sistema SDOF equivalente dividendo la curva
di pushover per il fattore di partecipazione modale del primo modo Γ1 ;
4. si valuta la rigidezza k*del sistema bi-lineare tracciando la secante alla curva
nel punto corrispondente al 60% del taglio massimo;
5. si valuta lo spostamento ultimo del sistema bilineare equivalente come quello
ottenuto in fase degradante in corrispondenza di almeno l’80% di Fu;
6. note rigidezza iniziale elastica e spostamento ultimo in base all’uguaglianza
delle aree si ottiene la curva bilineare equivalente;
7. si valuta infine il periodo di vibrazione del sistema bilineare equivalente come
segue:
m*
T = 2π
*
(5.57)
k*
con m * = ∑ (mi ⋅ Φ i ) [massa partecipante al primo modo];
b) determinare la risposta massima in spostamento del sistema bi-lineare equivalente
mediante l’impiego dello spettro elastico di progetto; ciò richiede la seguente
analisi:
1. sulla base del periodo T* precedentemente determinato, si valuta SDe(T*)
dallo spettro elastico in termini di spostamento;
2. si calcola lo spostamento del sistema anelastico mediante le seguenti relazioni:
per T * ≥ Tc *
d max = d e*, max = S De (T * ) (5.58)
Pag. 244 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
d e*,max ⎡
per T * < Tc *
d max = *
( *
)
Tc ⎤ *
⎢1 + q − 1 * ⎥ ≥ d e,max (5.59)
q ⎣ T ⎦
dove q* rappresenta il rapporto tra la forza di risposta elastica e la forza di
snervamento del sistema equivalente, ed è pari a:
q* =
( )
S e T * ⋅ m*
(5.60)
F y*
H ui ⎫
k yi sec = ⎪
δ yi ⎪⎪
⎬ se in campo plastico
H uk ⎪
k xk sec = ⎪
δ xk
⎭⎪
Step 2.4. Dalle rigidezze calcolo il nuovo baricentro delle rigidezze
Step 2.5. Conseguentemente valuto ρyi e ρxk ;
Step 2.6. Determino i valori di δ’yi e δ’xk ;
Step 2.7. Valuto l’errore confrontando i δyi/δxk e i δ’yi/δ’xk e correggo ϕ fino a
convergenza.
Step 3. Noto ϕ e quindi δyi e δxk si valutano per ogni setto i corrispondenti valori
delle azioni taglianti resistenti:
Fyi = k yi ⋅ v R ⋅ ρ yi
Pag. 246 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
Fxk = k xk ⋅ v R ⋅ ρ xk
Step 4. Si determina il valore della resistenza corrispondente a vR mediante la
somma delle Fyi.
Nel caso dell’edificio, a differenza della singola parete, non è significativa la
rappresentazione Fi-δi relativi ai singoli maschi in quanto l’effetto della rotazione
dell’impalcato fa dipendere il legame Fi-δi dal valore della rotazione stessa. Pertanto, è
conveniente rappresentare il legame tra lo spostamento del baricentro delle rigidezze e la
forza reattiva così come valutati nell’algoritmo precedente (Fig.5.13).
Si osserva che non sempre il raggiungimento dello spostamento ultimo in un pimo
setto corrisponde alla determinazione della resistenza ultima dell’edificio in quanto in taluni
casi, dopo il collasso di un maschio, sebbene si registri una riduzione di resistenza
complessiva dell’edificio, i residui maschi murari potrebbero essere sufficientemente
lontani dalla condizione di collasso da permettere un ulteriore incremento della resistenza
complessiva sfruttando le risorse di resistenza dei maschi ancora in campo elastico.
Con l’algoritmo descritto è possibile costruire una curva tagliante di piano-
spostamento di piano. Allo scopo di effettuare la verifica statica non lineare semplificata
dell’edificio nel rispetto delle NTC2008, occorre valutare una curva di comportamento
globale dell’edificio che correli il tagliante alla base con lo spostamento di un punto di
riferimento dell’impalcato di copertura.
Considerando quale punto di riferimento il baricentro delle rigidezze dell’impalcato
di copertura e assumendo quale ipotesi semplificativa che i baricentri delle rigidezze dei
diversi impalcati siano allineati in verticale, è possibile estendere anche agli edifici il
metodo semplificato introdotto nel paragrafo 4.4.1.1 per la valutazione della curva
pushover dell’intera parete.
In particolare, una volta costruite le curve pushover dei singoli piani come descritto
precedentemente, alla stessa stregua dell’analisi della singola parete, occorre scalare
ciascuna curva di piano in modo da correlare lo spostamento relativo di piano non al valore
Forza
reattiva
del tagliante di piano ma al corrispondente valore del tagliante alla base. Riportando,
quindi, in un grafico Tagliante alla base-Spostamento relativo di piano tutte le curve
pushover dei piani che compongono la parete, opportunamente scalate dividendo le
ordinate per i corrispondenti fattori di scala dei vari piani, è possibile ottenere la curva
Tagliante alla base-Spostamento totale del baricentro delle rigidezze dell’impalcato di
copertura associando ad ogni valore del Tagliante alla base lo spostamento ottenuto dalla
somma degli spostamenti relativi di tutti i piani.
5.4.1 Introduzione
Nel seguito, viene presentata l’analisi statica non lineare dell’edificio in muratura già
oggetto di applicazioni numeriche nei capitoli 3 e 4. In particolare, verrà esaminato sia il
caso di impalcati deformabili sia il caso di impalcati infinitamente rigidi. Nel primo caso, la
verifica complessiva dell’edificio consiste nella verifica delle singole pareti ciascuna
soggetta ai carichi verticali ed alle masse che le competono. Tale verifica, nel seguito, verrà
effettuata applicando il modello semplificato di analisi per singoli piani. Nel secondo caso,
invece, l’infinita rigidezza dell’impalcato consente di ripartire le azioni orizzontali tra i vari
maschi sulla base delle loro rigidezze iniziali, se sono in campo elastico, o delle loro
rigidezze secanti se sono in campo plastico per cui per la verifica è necessario procedere
all’analisi globale dell’edificio. Si adotterà nel seguito per tale verifica, un modello più
accurato a telaio equivalente.
Analisi modale
Bisogna dapprima determinare le frequenze proprie e i modi di vibrare della struttura a
partire dalla risoluzione del seguente determinante, soluzione del problema di autovalori
rappresentativo del comportamento nel caso di sistema non smorzato in oscillazione libera:
Pag. 248 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
det( K − Mω n ) = 0
2
dove K e M sono la matrice delle rigidezze e delle masse della struttura e ωn sono le n
frequenze proprie di vibrazione della struttura esaminata. Le matrici K e M assumono
nel caso esaminato la seguente forma (la matrice delle rigidezze è espressa per congruenza
con le unità di misura di masse e frequenze in N/m):
2π
ω1 = 58.52rad / s ⇒ T1 = = 0.107 sec
ω1
2π
ω2 = 138.57rad / s ⇒ T2 = = 0.045sec
ω2
La risoluzione del sistema omogeneo abbinato al problema di autovalori ed
autovettori precedentemente definito fornisce le forme modali corrispondenti alle frequenze
proprie di vibrazione fissando un parametro:
ϕ T 1 = [ 0.54 , 1]
ϕ T 2 = [ −1.56 , 1]
Sulla base dei risultati ottenuti è possibile valutare il fattore di partecipazione e la
massa partecipante della prima forma modale, necessari a trasformare la curva di pushover
trovata nel sistema SDOF equivalente modellato dalla normativa:
Γ1 = ∑ m Φ = 70442 = 1.217
i i
∑ m Φ 57049
i i
2
m1* = ∑ ( m ⋅Φ ) = 74988kg
i i
q =
*
Se T * ⋅ m* ( ) =
0.542 ⋅ 74988
= 0.975 < 1 ⇒ d max
*
= de*,max
*
F y 41701
Pushover - 1° modo
60000
50000
40000
V1 [daN]
Pushover 1° modo
30000
SDOF Equivalente
20000
10000
0
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7
δ2 [cm]
Fig. 5.14: Curva di capacità della parete e del sistema SDOF equivalente
Pag. 250 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
q* =
( )
Se T * ⋅ m*
=
0.542 ⋅ 74988
= 0.975 < 1 ⇒ d max
*
= de*,max
Fy* 41701
*
d max = de*,max =
( ) = 0.542 ⋅ g = 0.155cm
Se T *
ω12 58.522
d max = Γ 1 ⋅ d max
*
= 1.217 ⋅ 0.155 = 0.189cm
La verifica in termini di spostamenti, come riportato in Fig. 5.15, risulta ampiamente
soddisfatta.
50000
40000
V1 [daN]
30000
Pushover 1° modo
20000
Domanda di spostamento
10000
0
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7
δ2 [cm]
T * = 0.101sec ⇒ Se T * = 0,525 g ( )
d e*,max ⎡ T ⎤
T * < Tc ⇒ d max
*
= * ⎢1 + ( q* − 1) c* ⎥
q ⎣ T ⎦
q =
*
Se T * ⋅ m* ( ) =
0.525 ⋅ 74988
= 0.780 < 1 ⇒ d max
*
= d e*,max
*
F y 50505
Pushover - Masse
70000
60000
50000
40000
V1 [daN]
Pushover masse
SDOF Equivalente
30000
20000
10000
0
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8
δ2 [cm]
Fig. 5.16: Curva di capacità della parete e del sistema SDOF equivalente
Pag. 252 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
d *
=d *
=
( ) = 0.525 ⋅ g = 0.150cm
Se T *
max e ,max
ω12 58.522
d max = Γ 1 ⋅ d max
*
= 1.217 ⋅ 0.150 = 0.183cm
La verifica in termini di spostamenti, come si evince dalla Fig. 5.17, anche in questo caso è
soddisfatta.
Pushover Masse - Verifica
70000
60000
50000
40000
V1 [daN]
30000
Pushover masse
Domanda di spostamento
20000
10000
0
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8
δ2 [cm]
Fig. 5.17: Verifica in termini di spostamento
PIANO TERRA
1y 2y 3y 4y
2 1 2.8 0.8 5.15 0.8 2.8 1 2
A
11X 12X 13X 14X 15X 3x
5Y 7Y
10Y
3.6
3Y
1.2
2Y 9Y
10
7X 8X 9X 10X 2x
1.8
2.5
4Y 6Y
y 1Y
1X 3X 5X 6X 8Y
2X 4X
1.1
1x
0 x
A
0.8 2.5 1.25 2.5 1.5 1.25 1.5 2.5 1.25 2.5 0.8
18.35
6Y' 9Y'
0.8
2Y' 11Y'
6X' 7X' 8X' 9X' 2x'
2.65
1.2
4Y' 7Y'
y' 1Y'
1.75
0 x'
A
Nel caso degli edifici in muratura, l’incidenza delle pareti murarie nel calcolo delle
masse è significativa. Il primo passo nell’analisi sismica, dopo aver rilevato la geometria e
l’ubicazione dei setti murari, consiste nella definizione dei pesi sismici relativi ai vari
impalcati. A tal fine, con riferimento ai maschi indicati nella Fig.518 e Fig.5.19, si procede
al calcolo dei pesi che competono ai vari impalcati, come di seguito riportato.
• Aliquota dei maschi sottostanti per il calcolo di W1:
Si va a moltiplicare l’area dei maschi murari per il peso specifico (γ = 1900m3) e per
l’altezza in esame (h = 1,65m) come riportato in Tab.5.1.
3.00 2.14
W3
0.75 0.75
0.4
W2
1.65
Z3=8.5
1.65
W1
Z2=6.6
1.65
Z1=3.3
1.65
• Aliquota dei maschi sovrastanti per il calcolo di W1 e dei maschi sottostanti per W2.
Analogamente, in Tab.5.2 sono riportati i pesi dei maschi per il caloclo di W1 e W2.
Tab. 5.2: Pesi dei maschi del primo piano
Maschio Area [mq] Peso [daN]
1x e 5x 2*0,24 2*752
2x e45x 2*1,16 2*3621
3x 1,27 3997
6x e 9x 2*1,02 2*3198
7x e 8x 2*1,16 2*3649
10x e 15x 2*0,60 2*1881
11x e 14x 2*0,84 2*2633
12x e 13x 2*0,53 2*1674
1y e 10y 2*0,43 2*1364
2y e 11y 2*0,71 2*2210
3y e 12y 2*1,05 2*3292
4y e 7y 2*0,93 2*2916
6y e 9y 2*1,32 2*4138
W1b=W2aÎ Σ=66653
• Aliquota dei maschi sovrastanti per il calcolo di W2:
Occorre per questa aliquota distinguere i maschi murari paralleli alla falda della copertura
inclinata, per i quali bisogna tener conto del loro profilo trapezoidale da quelli ortogonali
alla falda inclinata che invece sono caratterizzati da un un profilo rettangolare. Il peso del
generico maschio murario inclinato lungo la falda risulta:
⎛ 2,95 ⋅ 0, 75 2,11 ⋅ 0, 75 ⎞
Wmaschio = 1900 ⋅ 0,30 ⋅ ⎜ 0, 4 ⋅10, 2 + + + 0, 75 ⋅ 5,14 ⎟ = 5604 daN
⎝ 2 2 ⎠
mentre il peso del generico maschio in direzione ortogonale alla falda di copertura è pari a:
Wmaschio,centrale = 1900 ⋅ 0,95 (18,35 ⋅ 0,30 ) = 9936daN
Wmaschio,laterale = 1900 ⋅ 0, 4 (18,35 ⋅ 0,30 ) = 4184daN
In questo caso, bisogna considerare la parte superiore dei maschi murari paralleli alla falda
inclinata del tetto di copertura e, per quanto concerne i maschi in direzione ortogonale,
Pag. 256 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
occorre considerare esclusivamente il contributo del muro di spina. Il peso del generico
maschio murario inclinato lungo la falda risulta:
⎛ 5,14 ⋅ 0, 75 ⎞
Wmaschio = 1900 ⋅ 0,30 ⎜ ⎟ = 1099daN
⎝ 2 ⎠
mentre il peso del generico maschio centrale in direzione ortogonale alla falda di copertura
è pari a:
Wmaschio = 1900 ⋅ 0,95 (18,35 ⋅ 0,30 ) = 9936daN
Considerando gli ulteriori carichi permanenti derivanti dai solai e quelli accidentali
di impalcato e combinandoli come di seguito indicato, sono stati ottenuti i valori dei pesi
sismici riportati in Tab.5.3.
(E)
W1 = Gk1 + 0,3 ⋅ 0,5 Qk1
Gk1 = Pimpalcato1 + W1a + W1b
(E)
W2 = Gk 2 + 0,3 ⋅ 0,5 Qk 2
Gk 2 = Pimpalcato 2 + W2 a + W2b
(E)
W3 = Gk 3 + 1 ⋅ 0, 2 Qk1
Gk 3 = Pimpalcato 3 + W3
Una volta valutati i pesi sismici Wi, è possibile calcolare anche le azioni orizzontali
equivalenti di impalcato ottenendo i valori delle azioni orizzontali riportate in Tab.5.4 ed un
tagliante sismico alla base pari a:
2,5 ⋅1, 25 ⎛ (E) ⎞
3
Fh = 0, 25
⎜
1,5 ⎝ i =1 ∑
⎜ Wi ⎟ = 211618daN
⎟
⎠
Tab. 5.3: Pesi sismici
Fig. 5.22: Curva pushover relativa all’analisi: sisma –Y, distrib. 1° modo, ecc=0.0.
Fig. 5.23: Combinazione sisma –Y, distrib. 1° modo, ecc=0.0 all’ultimo step
Capitolo 5: Analisi sismica degli edifici in muratura Pag. 261
In direzione X, invece, l’edificio soddisfa tutte le verifiche anche allo SLU. Con
riferimento alla combinazione di carico più gravosa in tale direzione (sisma –X, distrib.
affine alle masse, ecc=0.0), in Fig. 5.24 viene riportata la curva pushover con l’indicazione
sia della domanda che della capacità della struttura in termini di spostamento. Per tale
combinazione di carico si ha un fattore di sicurezza pari a 1.048.
Esaminando in particolare la parete nord in direzione X, già oggetto di verifica
nell’ipotesi di impalcato deformabile, l’analisi a telaio equivalente ha fornito la condizione
di sollecitazione di maschi e fasce rappresentata in Fig. 5.25. Si nota il forte impegno
plastico delle fasce di piano che porta in qualche caso anche alla rottura.
In definitiva la verifica preintervento effettuata con il 3Muri ha mostrato
un’insufficienza dell’edificio evidenziando l’opportunità di intervenire mediante il rinforzo
delle fasce di piano ed il rinforzo a taglio dei maschi murari.
Fig. 5.24: Curva pushover relativa all’analisi: sisma –X, distrib. masse, ecc=0.0.
Fig. 5.25: Combinazione sisma –X, distrib. masse, ecc=0.0 all’ultimo step
Pag. 262 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
Capitolo 6
6.1 L’arco
6.1.1 Introduzione
“Tra la linea verticale che sulla scena dell’architettura è rappresentata dal pilastro e la sua
contrapposta, l’orizzontale, interpretata dalla trave, c’è qualcosa di intermedio che, senza
l’assolutezza delle linee rette, cerca di conciliare i due opposti e di condurre dolcemente il
carico a terra lungo una curva. Questo qualcosa di intermedio è l’arco; quello
semplicemente compresso, inteso come linea delle successive risultanti dei carichi verticali
deviati progressivamente per arrivare a terra” (Carbonara, 1997).
L’arco è una struttura delimitata superiormente ed inferiormente da due superfici
curve, dette rispettivamente estradosso ed intradosso, e lateralmente da due piani, detti piani
frontali (Fig.6.1). Poggia, tramite le superfici d’imposta, su due pilastri o colonne, detti
piedritti.
In funzione del rapporto tra la freccia, detta anche monta, (f) e la semicorda (l/2
chiamata sesto), si può avere l’arco a tutto sesto, se tale rapporto è pari ad uno, e l’arco a
sesto ribassato o quello a sesto acuto a seconda che il rapporto sia minore o maggiore di
uno (Fig. 6.2).
Nella Fig.6.1 è schematizzato un arco con i suoi elementi costitutivi e la
terminologia comunemente adottata per individuarne le varie parti.
• Asse: linea mediana dell’arco.
• Altezza: l’altezza dell’arco è la dimensione perpendicolare alla tangente all’asse
dell’arco.
• Chiave: punto più alto dell’arco.
• Estradosso: linea che delimita esternamente i punti dell’arco.
• Intradosso: linea che delimita interiormente i punti dell’arco. Linea intersezione
del soffitto con il piano che contiene l’asse dell’arco.
• Imposta: sezione in cui l’arco si appoggia alla spalla.
• Linea di appoggio: per archi di piccola luce è la linea dove il soffitto interseca la
sezione di imposta. Per archi di luce maggiore è l’intersezione dell’imposta con
l’asse dell’arco.
• Luce: dimensione orizzontale tra le due spalle. Per archi di piccola luce si utilizza
la luce netta dell’apertura (S), per archi di grande luce (parabolici) la distanza tra i
due punti intersezione dell’asse con la sezione d’imposta (L).
f
f 1 f >1
l/2
= <1
l/2 l/2 f
f f
l l l
(a) (b) (c)
Fig. 6.2: Arco a tutto sesto (a); Arco a sesto ribassato (b); Arco a sesto acuto (c)
Fig. 6.3: Arco a tutto sesto (a); Arco a sesto ribassato (b)
Capitolo 6: Archi, volte e cupole Pag. 265
• Monta: per archi di piccola luce la massima altezza del soffitto rispetto alla linea
di appoggio. Per archi di luce maggiore la massima altezza dell’asse rispetto alla
linea di appoggio.
• Concio: unità di muratura a forma di cuneo che genera l’anello dell’arco.
Fra i numerosissimi tipi di archi, si riportano nelle Fig. 6.3, Fig.6.4 e Fig.6.5 quelli
di maggiore diffusione.
Fig. 6.5: Arco a sesto ellittico (e); Arco rampante (f); Arco zoppo (g)
Pag. 266 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
Yext
Yint
⎛ ⎞
⎜ x ⎟
⎛ t⎞
yext = ⎜ a − ⎟ ⋅ cosh ⎜ ⎟ (6.3)
⎝ 2⎠ ⎜a− t ⎟
⎜ ⎟
⎝ 2⎠
L’equazione della generica linea delle pressioni è invece:
⎛ x ⎞
y Lin.Press = (a + s ) ⋅ cosh ⎜ ⎟ (6.4)
⎝a+s⎠
dove “s” deve essere tale che la spinta cada internamente a ciascuna sezione d’imposta, per
cui deve essere :
t t
− <s< (6.5)
2 2
Il metodo della catenaria può essere usato in prima approssimazione anche per
forme generiche di arco: infatti se la catenaria, di lunghezza pari alla lunghezza della linea
mediana dell’arco, può essere contenuta entro il profilo della muratura, allora la
distribuzione del peso non si discosterà molto da quella del cavo sospeso, per cui la linea
delle pressioni potrà essere assimilata alla catenaria e si ricadrà nel caso precedente
dell’arco ideale.
Occorre fare alcune precisazioni sulla geometria dell’arco. Si assume quale giunto
d’imposta quello che forma un angolo di 30° con l’orizzontale, considerando che la parte
sottostante tale giunto sia parte del piedritto in quanto, per un angolo d’attrito delle
murature (φ≅30°), tale parte si autosostiene.
E ciò tenendo presente che la costruzione dell’arco è avvenuta formando le parti
curve, immediatamente superiori al piano d’imposta orizzontale disponendo i conci senza
l’ausilio di centine, in quanto questi si mantengono in equilibrio per effetto dell’attrito.
I piani obliqui, che delimitano la posizione al di là della quale è richiesta la centina
per proseguire la costruzione dell’arco, costituiscono i piani d’imposta effettivi (Fig. 6.9)
dell’arco e vengono anche detti “Reni dell’arco”.
La stabilità degli archi, come per le altre strutture, richiede prima la risoluzione
dell’equilibrio esterno per la determinazione delle reazioni vincolari, poi quella
dell’equilibrio interno per la determinazione delle sollecitazioni nelle varie sezioni.
Tuttavia, poiché generalmente l’arco non è una struttura isostatica, la risoluzione del suo
equilibrio esterno richiede l’introduzione di alcune semplificazioni per poter essere
condotta in modo agevole e facilmente applicabile. Per far ciò è possibile seguire due vie:
una di tipo grafica e l’altra di tipo analitica.
Pag. 270 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
Imposta
effettiva
La curva così trovata non corrisponde alla situazione reale, ma, se è interamente
contenuta nel terzo medio, garantisce l’esistenza di almeno uno stato di sforzo staticamente
ammissibile in grado di far fronte ai carichi dati. L’esistenza di tale regime di sforzi
rappresenta una possibilità che la struttura potrà sempre sfruttare qualora non trovi un altro
regime di sforzi, che comporti un minore dispendio di energia.
Si considera l’arco allo stato limite e che l’insorgere delle lesioni abbia creato delle
cerniere e che la curva delle pressioni passi per il terzo medio: allo scopo di massimizzare
la freccia, si considera che la curva delle pressioni passi in chiave per il punto di nocciolo
superiore “Co”, e alle reni, individuate dai piani inclinati di 30°, per quello di nocciolo
inferiore “Ci”.
Si esegue il disegno della sezione di mezzo arco e della relativa struttura sovrastante,
si divide il tratto di arco limitato dalla sezione di chiave e dalla sezione alle reni in un
numero “n” di conci ideali e si innalzano le verticali per i punti di divisione
dell’estradosso.
Calcolati i pesi Pi' di ogni tronco e i pesi Pi'' del relativo solido omogeneo
sovrastante, applicati ai rispettivi baricentri, se ne determinano le singole risultanti Pi le cui
linee di azioni pi possono ottenersi graficamente.
Tracciando il poligono 0,1,2,3,4,5 di dette forze Pi si costruisce un poligono
funicolare ausiliario relativo ad un polo H arbitrariamente scelto e si determina, nella
intersezione del primo ed ultimo suo lato, il punto di applicazione del peso totale R del
mezzo arco e relativa struttura sovrastante.
Dall’estremo superiore “Co” del terzo medio della sezione in chiave si traccia una
retta “q” orizzontale, retta di applicazione della spinta “Q”; essa interseca la retta “r” di
applicazione del peso totale “R” nel punto “G”; congiungendo il punto “G” con l’estremo
inferiore di “Ci” del terzo medio della sezione alle reni, si ottiene la retta “s” di
applicazione della risultante “S”. Dal punto “0” del poligono delle forze si traccia una retta
parallela alla spinta “Q”, che è intersecata dalla parallela alla risultante “S” condotta per il
punto “5”, estremo del poligono delle forze, in un punto “H” . Esso determina nel
segmento OH l’intensità della spinta “Q” del semiarco di destra sul semiarco di sinistra e
nel segmento 5 − H l’intensità della risultante “S”.
Il poligono funicolare relativo al polo “H” rappresenta il poligono delle successive
risultanti; ciascuna di queste interseca il relativo giunto nel centro di pressione. Il luogo dei
centri di pressione costituisce la curva delle pressioni che deve risultare tutta compresa tra
le linee di nocciolo delle sezioni verticali del semiarco, in modo che nell’arco non
insorgano sforzi di trazione.
Dopo aver costruito il poligono funicolare, determinate le reazioni in chiave e alle
reni, ed accertato che la curva sia tutta contenuta nel terzo medio della sezione, occorre
Capitolo 6: Archi, volte e cupole Pag. 273
verificare che le tensioni nelle due sezioni di chiave e alle reni anzidette non superino i
valori limite.
Il calcolo del valore della tensione normale agente sulle due sezioni, trattandosi di
sezioni pressoinflesse con risultante sul nocciolo, è pari a:
2N
σ max = ≤ f wk (6.6)
A
dove N coincide con Q in chiave e con la componente di S normale al piano delle reni.
Inoltre, alle reni occorre effettuare anche la verifica nei confronti delle tensioni tangenziali
che nascono per effetto della componente di S parallela al piano delle reni; ovvero:
T
τ= ≤ f vk (6.7)
A
relazione fondamentale per l’arco che lega fra loro il peso e la spinta, attraverso le
caratteristiche geometriche, dell’arco stesso, mostrando che:
• più piccola è la freccia f e più grande sarà la spinta, a parità carico;
Pag. 274 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
• più piccola è la distanza della risultante dalla verticale passante per le reni, d,
ovvero più la risultante dei pesi si avvicina alle reni, e più piccola sarà la spinta, a
parità di carico.
Determinata la spinta H occorre valutare le caratteristiche della sollecitazione M,N,T
nelle varie sezioni.
È proprio la distribuzione delle caratteristiche della sollecitazione lungo l’arco che
giustifica l’origine di tale tipologia strutturale. In generale, infatti, occorre considerare che
la capacità di una qualsiasi struttura di sopportare i carichi ad essa applicati si esplica
essenzialmente con l’insorgere al suo interno di uno stato di sollecitazione in grado di
fronteggiare le caratteristiche della sollecitazione (M, T, N) derivanti dai carichi esterni.
Tale stato di sollecitazione, a parità di ogni altra condizione, dipende per ciascuna struttura
dalla sua geometria e dalla tipologia dei vincoli con cui essa è collegata al suolo o ad altre
strutture.
Si consideri una trave semplicemente appoggiata agli estremi e soggetta ad un
sistema di forze Fi. È noto che il regime di sollecitazione in una struttura siffatta è di tipo
flessionale, e pertanto l’equilibrio elastico è caratterizzato dall’insorgere sulle sezioni rette
della trave di uno stato tensionale che ammette come risultante un momento resistente
interno che equilibra quello esterno Mt (il pedice t indica che ci si riferisce alla trave)
prodotto dai carichi applicati e dalle reazioni vincolari.
d
A Q
f
R
Sy=V S
Sx=H
F1 F2 F3
H A s B
F2
VA F3 VB
F1
H l B
A
VA VB
Si consideri, pertanto, sulla stessa luce l della trave già esaminata una trave ad asse
curvilineo. Ipotizziamo in un primo momento che tale trave abbia gli stessi vincoli e gli
stessi carichi esterni della trave rettilinea.
Dalla Fig.6.13 si vede chiaramente che, con riferimento alla generica sezione s, il
momento flettente Ma (il pedice a indica che ci si riferisce all’arco) coincide, in assenza di
ogni altro vincolo supplementare, con il momento Mt che si ha nella trave rettilinea
semplicemente appoggiata. Da ciò consegue che l’avere operato su uno solo dei fattori che
condizionano la risposta strutturale, modificando cioè la sola curva d’asse, non ha prodotto
alcun giovamento anzi la curvatura dell’asse della trave ha comportato l’insorgere di una
ulteriore caratteristica della sollecitazione, quella di sforzo normale, accanto a quella di
flessione e taglio. Pensiamo allora di applicare in corrispondenza del carrello di sinistra A
una forza orizzontale H; tale forza può pensarsi come componente orizzontale (spinta)
prodotta da un vincolo che impedisca gli spostamenti orizzontali della sezione d’imposta A
dell’arco. In sostanza si è sostituito al carrello A un vincolo tipo cerniera. Si è così agito
anche sull’altro fattore che determina il comportamento statico della generica struttura ossia
sul sistema di vincoli.
In tal caso, con riferimento alla Fig.6.13 il momento Ma sarà dato da:
Ma = Mt − H ⋅ y (6.12)
dalla quale si deduce che M a < M t ossia il momento flettente nell’arco risulta, a parità di
luce e di carichi, minore di quello che si ha nella trave rettilinea corrispondente.
La relazione precedente può porsi nella seguente forma:
Mt = Ma + H ⋅ y (6.13)
che ci fa capire che il momento di trave viene fronteggiato in parte come momento flettente
interno Ma ed in parte come momento di una coppia H ⋅ y , dipendente dal valore di H della
spinta e dal suo braccio y, funzione della geometria della curva d’asse e non più
condizionato dall’altezza della sezione resistente.
Il regime statico totale dell’arco è caratterizzato in definitiva da un momento
flettente M (≡ Ma), che, per quanto si è detto risulta inferiore a quello della trave rettilinea
corrispondente, da uno sforzo di taglio T e da uno sforzo normale N, caratteristica
quest’ultima che è sempre assente nella trave rettilinea corrispondente.
A questo punto si può pensare, mantenendo la freccia f invariata, in modo da
conservare costante la spinta H, di variare opportunamente la curva d’asse y in modo da
rendere minimo il momento flettente Ma dell’arco.
In particolare si può porre:
Ma = Mt − H ⋅ y = 0 (6.14)
da cui si deduce che per un assegnato sistema di carichi applicati è possibile scegliere la
curva d’asse y in modo da annullare il momento Ma dell’arco. Ciò si verifica quando è
Capitolo 6: Archi, volte e cupole Pag. 277
y = M t / H ossia la curva d’asse è affine al diagramma dei momenti di trave nel rapporto
H.
Un arco così sagomato si dice arco funicolare dei carichi, in quanto la sua curva
d’asse coincide con la funicolare dei carichi, ossia con il poligono delle successive
risultanti. In questo caso essendo M t = H ⋅ y il momento di trave viene equilibrato
soltanto dalla coppia H ⋅ y senza che intervenga alcun momento interno Ma.
a b
A A' ΔH
Δl
l
Fig. 6.14: Arco deformabile
Pag. 278 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
ζ λds
(a) S N (d)
α η
ds
z T
(e)
y M T
ds γds
S N
Fz M
M N (f)
Fy M
T
(b) (c)
M = Mt − H ⋅ y
N = −Tt senα − Hcosα (6.15)
T = Tt cos α − Hsenα
⎛M ⎞ ⎛ Tt senα ⎞ ⎛ χ T cosα ⎞
∫ y ⎜⎝ EIt − μ ⎟⎠ dS − ∫ cos α ⎜⎝ EA
+ λ ⎟ dS + ∫ senα ⎜ t
⎠ ⎝ GA
− γ ⎟ dS
⎠
S S S
H= (6.18)
y2 cos 2 α χ sen 2α
∫ EI dS + ∫ EA dS + ∫ GA dS
S S S
Fi Fi
F1 S M S
Fn H Fn
Tt = VA-F1
y α
α
B B
A Tt senα
H H Tt
α
Hsenα Tt cosα α
VB Hcosα VB
VA
(a) (b)
Ma = Mt − H ∗ ⋅ y = 0 ⇒ Mt = H ∗ ⋅ y (6.19)
y2 sen 2α χ sen 2α
H∗∫ dS − H ∗ ∫ dS + H ∗ ∫ dS
S
EI S
EA S
GA
H= =
y2 cos 2 α χ sen 2α
∫ EI dS + ∫ EA dS + ∫ GA dS
S S S
(6.21)
⎡ y2 cos 2α χ sen 2α ⎤ dS
∗
H ⎢∫ dS + ∫ dS + ∫ dS ⎥ − H ∗ ∫
⎣⎢ S EI S
EA S
GA ⎥⎦ S
EA
= 2 2 2
y cos α χ sen α
∫ EI dS + ∫ EA dS + ∫ GA dS
S S S
dz
dy
S
y y+dy
α
B
A
H* z z+dz z
y
Fig. 6.17: Condizione di funicolarità
Capitolo 6: Archi, volte e cupole Pag. 281
avendo sfruttato la relazione sen 2α = 1 − cos 2 α nel secondo termine del numeratore.
A questo punto, adottando la seguente posizione:
y2 cos 2 α χ sen 2α
Iz = ∫ dS + ∫ dS + ∫ dS (6.22)
S
EI S
EA S
GA
H∗ dS
ΔH = H ∗ − H = ∫ EA (6.24)
Iz S
è detta caduta di spinta. A causa della sua presenza, il momento nell’arco è diverso da zero
anche quando l’arco è sagomato come funicolare dei carichi verticali. Pertanto, lo stato di
sollecitazione si discosta da quello corrispondente alle condizioni di funicolarità a causa
della deformabilità estensionale.
6.2 Le volte
6.2.1 Introduzione
Uscendo dal piano e passando a considerare lo spazio tratteremo le copertura non piane,
cioè le volte, le quali dal punto di vista della tipologia strutturale, si possono ritenere per la
gran parte estensione dell’arco.
Le volte possono suddividersi in due categorie:
• volte semplici, quelle costituite da superfici appartenenti ad un unico solido
• volte composte, quelle costituite da superfici appartenenti a corpi solidi diversi.
Fra le semplici, la più comune è la volta a botte o cilindrica, che dal punto di vista
geometrico, è una porzione della superficie laterale di un cilindro.
Il perimetro della figura piana che costituisce la base di questo cilindro rappresenta
la direttrice della volta a botte, mentre le rette che formano questa superficie laterale rigata
ne rappresentano le generatrici (Fig. 6.18).
Si definisce rigata quella superficie determinata semplicemente da infinite rette o, in
modo più immediato, quando la tangenza tra la superficie rigata con un qualsiasi piano
produce una retta generatrice.
La figura piana che costituisce la base del cilindro può essere un cerchio, un’ellisse,
una policentrica o altro; di conseguenza la volta a botte potrà essere a tutto sesto, ribassata,
ogivale (sesto acuto) o altro ancora (Fig. 6.19).
Se le generatrici sono ortogonali al piano della curva direttrice la volta a botte si dice
retta, se invece risultano inclinate, la volta si dice obliqua.
Le volte composte, formate da superfici curve intersecantisi, possono essere di
svariate tipologie; le più comuni sono:
• la volta a crociera;
• la volta a padiglione;
che derivano tutte e due dall’intersezione di due volte cilindriche o a botte.
Nel primo caso, i singoli anelli vengono a configurarsi ciascuno come un arco
singolo mentre nel secondo caso la struttura ha un comportamento bidirezionale che sarà
Si suddivide ogni lunetta in strisce e per ciascuna di queste si effettua una analisi dei
carichi che vi gravitano, per poter operare una verifica grafica con il metodo di Mery o con
il metodo analitico precedentemente illustrato a proposito dell’arco, pervenendo alla
determinazione della spinta obliqua che ogni elemento esercita sull’arco diagonale. Si
prende quindi in esame l’arco diagonale, che sarà sottoposto alle spinte trasmesse dagli
archi contigui appartenenti ai due quadranti contigui che vi convergono.
Per maggiore semplicità consideriamo il caso della volta a pianta quadrata e
indichiamo la componente orizzontale della spinta che ogni elemento dell’arco trasmette,
con Sx, e la componente verticale con Sy; in tal modo nel punto di convergenza dei due
elementi contigui si avranno due carichi Sy (Fig. 6.25) che si sommano algebricamente in
R=2 Sy e due spinte orizzontali Sy che si sommano vettorialmente dando luogo ad una
risultante S y ⋅ 2 , giacente nel piano dell’arco diagonale (Fig. 6.27).
Capitolo 6: Archi, volte e cupole Pag. 287
Si procede, quindi, con il metodo di Mery o con quello analitico, alla verifica
costruendo la curva delle pressioni e determinando la spinta alle imposte la quale potrà
essere scomposta in una spinta orizzontale H ed una verticale P.
Nel caso di uno spazio coperto da una serie di volte a crociera contigue nelle due
direzioni, le spinte risultano equilibrate a due a due in corrispondenza dei vertici interni,
mentre lungo il contorno ritroviamo le spinte orizzontali.
Come si può vedere in Fig. 6.27, nei sei incroci intermedi le forze orizzontali H si
elidono a vicenda, per cui i sostegni verticali risultano sottoposti a forze assiali somma delle
quattro componenti verticali P trasmesse dai quattro archi diagonali che vi convergono.
Negli incroci lungo il contorno si ha che le forze orizzontali H danno luogo ad una
risultante H ⋅ 2 non equilibrata e diretta normalmente al contorno, mentre ai vertici si
hanno delle forze orizzontali H dirette lungo la diagonale.
Fig. 6.28: Azioni verticali e orizzontali nei sistemi di volte a crociera, (tratta da [10])
Ogni fuso è costituito da una superficie cilindrica la cui proiezione sul piano
orizzontale è un triangolo; esso è delimitato verso l’esterno dalla generatrice che sta sulla
linea orizzontale d’imposta e, verso l’interno dai due semiarchi diagonali le cui corde sono
le diagonali del quadrilatero di base. La volta a padiglione può essere adoperata per coprire
forme poligonali diverse, meglio se regolari, con qualunque numero di lati; si ottiene
accostando tra loro tanti fusi cilindrici quanti sono i lati del poligono di base.
I fusi oltre che cilindrici, possono avere anche forme diverse, più spesso ogivale e
rialzate che non ellittiche e ribassate. La copertura dell’ottagono di Santa Maria del Fiore a
Firenze e la Mole antonelliana a Torino, seppure in genere siano chiamate cupole,
geometricamente sono volte a padiglione: la prima su pianta ottagonale e la seconda su
pianta quadrata.
All’aumentare del numero dei lati in pianta, la volta a padiglione tende quindi verso
la cupola di forma sferica o comunque fornita di doppia curvatura, con meridiani e paralleli.
Pertanto, come avviene per le cupole, trattate nel successivo paragrafo, un concio
elementare del fuso della volta a padiglione sta in equilibrio per effetto di quattro forze: due
sul piano del meridiano, ovvero sul semiarco ideale del fuso, che derivano da un
comportamento ad arco, e due sul piano del parallelo, cioè sulla generatrice che raccoglie e
trasmette le spinte orizzontali in chiave dei due semiarchi opposti.
6.3 Le cupole
6.3.1 Introduzione
Le cupole sono una delle più importanti tipologie strutturali che si incontrano nella
composizione degli antichi edifici per coprire vasti spazi liberi. Esempi molto noti che
dimostrano l’ingegno e il notevole grado di conoscenza ingegneristiche dell’arte del
costruire è il Pantheon di Roma (ricostruito nel 120-24 d.c.), monumento circolare con un
diametro di 43.5 m pari alla sua altezza con una cupola semisferica (Fig.6.31).
Altre notevoli costruzioni sono il Tempio di Minerva Medica (260 d.c.) con una
cupola di 24 m di diametro e, passando ad epoche diverse, la cupola si Santa Sofia a
Costantinopoli (360 d.c. e ricostruita nel 532-37 d.c.) con una cupola di diametro di 32 m e
la celebre cupola di San Pietro, con un diametro di m 41,5.
con q il peso per unità di superficie ed R il raggio della sfera. Dall’equazione (6.30) si
ottiene:
SM = q ⋅ R ⋅
(1 − cosϑ )
(6.28)
sen 2ϑ
Per esprimere tale equilibrio possiamo scrivere:
(SM ⋅ senϑ )⋅ (2π ⋅ RP ⋅ senϑ ) = Q (6.29)
dove Q è il peso totale della calotta considerata che, se la calotta è sferica, risulta pari a:
Q = q ⋅ 2π ⋅ R 2 ⋅ (1 − cosϑ ) (6.30)
con q il peso per unità di superficie ed R il raggio della sfera. Dall’equazione (6.30) si
ottiene:
SM = q ⋅ R ⋅
(1 − cosϑ )
(6.31)
sen 2ϑ
che rappresenta lo sforzo di meridiano, il quale, come del resto è intuitivo, aumenta
all’aumentare di θ e quindi nel passare dalla chiave all’imposta.
Si consideri ora l’equilibrio alla traslazione, secondo la normale z, di un elementino della
superficie della cupola (Fig. 6.34).
La risultante delle forze Sp agenti in un piano normale all’asse aa′ vale S P ⋅ ds2 ⋅ dφ .
Infatti, essendo le due forze che si compongono di uguale intensità, risulta il poligono di
composizione un rombo e quindi le diagonali OE e BC sono tra loro normali e si bisecano
z
θ r
SM
(Fig.6.35). Dal fatto che sono normali consegue che OBC ˆ = d φ / 2 ; dal fatto che si
bisecano, consegue che la risultante, delle due forze vale:
dφ dφ dφ
OE = 2 ⋅ OD = 2 ⋅ OBsen = 2 ⋅ S P ⋅ ds2 ⋅ sen ≅ 2 ⋅ S P ⋅ ds2 ⋅ = S P ⋅ ds2 ⋅ dφ (6.32)
2 2 2
avendo confuso il seno con l’angolo.
a
SM
r
dφ
SP
SP dθ
ds2
ds1
SM a'
SP ds2
π/2
B
E
dφ/2 O dφ/2
D dφ
SP
C
π/2
SP ds2
z a
(z)
SP
θ π/2
SP
a'
Fig. 6.36: Proiezione lungo z della risultante degli sforzi nei paralleli
La risultante trovata, che come detto giace su un piano normale all’asse aa′ ed in
particolare sulla bisettrice dell’angolo dφ , proiettata su z fornisce (Fig. 6.36):
S P( z ) = S P ⋅ RM ⋅ dθ ⋅ dφ ⋅ senθ (6.34)
Analogamente la risultante delle S M ⋅ ds1 (che è già diretta secondo z), trascurando
gli infinitesimi di ordine superiore vale (Fig. 6.37):
S P( z ) + S M( z ) = Z (6.37)
si ha quindi:
Capitolo 6: Archi, volte e cupole Pag. 297
SM
t′ θ
z dθ r
RP
O2
RM dθ
O1
SM
a′
Fig. 6.39: Diagramma degli sforzi nei meridiani e nei paralleli [11].
Capitolo 6: Archi, volte e cupole Pag. 299
f wc = 25 daN cm 2
f vko = 1 daN cm 2
Per ottenere le resistenze di progetto, bisogna dividere tali quantità per i coefficienti
parziali di sicurezza. Facendo riferimento all’OPCM 3274 si ha:
⎧ f wc 2
⎪ f wcd = γ = 12,5 daN cm
⎪ m
⎨ ⇒ γm = 2
⎪f = 1 1
⎪⎩ vd γ m vko
( f + 0, 4σ ) = (1 + 0, 4σ ) ⎣ daN cm ⎦
⎡ 2⎤
2
Nel seguito si esegue la verifica della volta considerando, in modo semplificato, la volta
come composta da tanti archi interi, come quello descritto nella sezione A-A di Fig. 6.41,
nella zona centrale del lato lungo, e da tanti semiarchi lungo le intersezioni diagonali.
Poiché quanto più ci si avvicina alle estremità, più i semiarchi presentano luci minori e
carichi complessivamente gravanti su di essi minori, si comprende che gli archi
maggiormente sollecitati sono quelli interi rappresentati in Fig. 6.41. Avvicinandosi
progressivamente agli spigoli, si riducono infatti le sollecitazioni sugli archi nonché le
spinte che questi esercitano sui muri di imposta (Fig. 6.42).
Pag. 300 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
massetto di sottopavimentazione
materiale di alleggerimento (lapillo)
pavimento 14
4
A A 95 fc=88
1000
lc=344
s=25 tufo giallo napoletano
-Sezione in chiave:
peso proprio ⇒ 1940 ⋅ 0, 25 ⋅1, 00 = 485 daN m
G1,k = 485 daN m
massetto ⇒ 1500 ⋅ 0, 04 ⋅1, 00 = 60 daN m
pavimento ⇒ 40 ⋅1, 00 = 40 daN m
alleggerimento ⇒ 800 ⋅ 0,14 ⋅1, 00 = 112 daN m
G2, k = 212 daN m
-Sezione all’imposta:
peso proprio ⇒ 1940 ⋅ 0, 25 ⋅1, 00 = 485 daN m
G1,k = 485 daN m
massetto ⇒ 1500 ⋅ 0, 04 ⋅1, 00 = 60 daN m
pavimento ⇒ 40 ⋅1, 00 = 40 daN m
alleggerimento ⇒ 800 ⋅ 0,95 ⋅1, 00 = 760 daN m
G2, k = 860 daN m
y
Spinta
semiarchi
100
Smax x
Smax
q2
q1
Q
fc=88
H
V
lc=344
⎡ l2 l2 ⎤ 1
Q = ⎢ q2 c + ( q1 − q2 ) c ⎥ = 10576 daN
⎢⎣ 2 6 ⎥⎦ f c
H = Q = 10576 daN
lc
V = q2lc + ( q1 − q2 ) = 5968 daN
2
È possibile quindi effettuare la verifica delle sezioni in chiave e all’imposta.
-Sezione in chiave:
Poiché lo sforzo normale “Q” è applicato proprio sul raggio di nocciolo della sezione, si ha
il seguente valore della tensione massima:
Q Qs 6 Q 10576
σ max = + ⇒ σ max = 2 = 2 = 8, 46 daN cm 2
bs 6 bs 2
bs 100 ⋅ 25
essendo σ max < f wcd , la verifica risulta soddisfatta.
-Sezione all’imposta:
Bisogna innanzitutto valutare le componenti delle 2 azioni lungo la normale e la tangente
alla sezione d’imposta.
Con riferimento alla Fig. 6.44, si ottengono i seguenti valori di taglio e sforzo
normale eccentrico lungo la sezione d’imposta:
⎧ Sn = H senα + V cos α = 12042 daN
⎨ essendo : α = 68°
⎩ St = − H cos α + V senα = 1564 daN
Contributo di V Contributo di H
Sn
(v)
H
(H) α
α
St Sn
(H)
(v)
St V
α α
3 2 1
5 4
6 P2' P'
P3' 1
G 7 P4'
8 P' P3 P2 P1
9 P6' 5
P5
P4
10 P7' P6
P8' P7
P9' P8
P' P9
10 P10
R10
Quindi, considerando il carico del massetto e del pavimento per unità di lunghezza
pari a 100 daN/m, si ha:
100 ⋅ 3,5
Pmass + pav,d = 1,5 = 49daN
10
Procedendo per il carico accidentale in modo analogo si ha:
200 ⋅ 3,5 ⋅1, 00
qacc ,d = 1,5 = 105daN
10
Per quanto riguarda il materiale di alleggerimento, invece, bisogna valutare il
volume di materiale agente sui singoli conci per ottenerne il peso, e sommare quindi i valori
così ottenuti a quelli costanti della pavimentazione ed ai carichi accidentali, come di seguito
descritto:
Pall ,i = ( γ all Ai ⋅1, 00 ) ⋅1,5
Pid' = Pall ,i + qacc, d + Pmasspav , d
e tale che il momento della risultante intorno ad un punto qualsiasi, ad esempio, per
comodità intorno al punto di applicazione di Pi′ , deve essere uguale a quello dovuto a Pi :
⎧⎪ Ri = Pi + Pi'
⎨
i i = Rxi
⎪⎩ Pl
Il precedente sistema consente di ottenere sia l’intensità delle azioni risultanti, che la
loro distanza dall’azione Pi′ , come di seguito riportato:
⎧ Ri = Pi + Pi'
⎪
⎨ Pi li
⎪ xi = R
⎩ i
B
3 2 1
6 5 4
7
8
9 R2 R 1
10
R 5
R4 R3
R6
R7
R8
R9 1'
R10 A 4' 3' 2'
5'
6'
7'
8'
9'
10'
11'
Fig. 6.46: Determinazione della risultante delle azioni verticali
Pag. 308 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
Q = 10017daN
S = 10440daN
Si osserva che gli scarti tra i valori ottenuti con il metodo grafico e quello analitico sono
molto contenuti.
In Fig. 6.46 è stata poi riportata anche l’intera funicolare dei carichi applicati. Si
osserva che essa rientra completamente all’interno della fascia delimitata dai raggi di
nocciolo delle sezioni, per cui è possibile affermare che effettivamente l’arco è in grado di
avere un regime di sforzi staticamente ammissibili di sola compressione. Bisogna infine
verificare che il materiale sia idoneo a resistere alle tensioni tangenziali e normali provocate
dalle sollecitazioni agenti su ogni concio. La verifica viene effettuata per i conci interni
(1,2…,8,9) dal momento che quelli esterni sono stati già verificati col metodo analitico.
POLIGONO FUNICOLARE
1' O' 1 O
2' 2
R1 3
3'
4' 4
R2
5' 5
R3 6
6' 7' 7
R4
8
8'
R5 9
9'
10
R6
10' 11
R7
11'
R9
R10
(n) (t)
Si Si
βi
Si αi+ βi
ei G
αi
Fig. 6.48: Azioni normali e tangenziali sui conci
Capitolo 6: Archi, volte e cupole Pag. 309
Leggendo sul poligono funicolare effettivo il valore delle azioni agenti lungo i conci
interni (rette 2’,3’…,8’,9’ Fig. 6.47), si determinano le componenti normali e tangenziali di
tali azioni, e si effettuano la verifica a presso flessione per lo sforzo normale eccentrico
(eccentricità da leggersi sulla funicolare dei carichi rispetto al baricentro della sezione) e
quella a scorrimento per l’azione tagliante agente (Fig.6.48).
Si ottengono così i risultati riportati in Tab. 6.3. Essendo soddisfatta la verifica per
tale arco, allora lo sarà anche per tutta la volta a padiglione.
Tab. 6.3: Risultati della verifica
Concio αi βi Si Si,n Si,t ei σmax [daN/cm2] τ Verifica
2 87 3 9027 9027 / 3,73 4,51 / SI
3 85 5 9058 9058 / 3,62 6,77 / SI
4 82 8 9110 9110 / 3,42 6,63 / SI
5 80 11 9188 9187 160 3,09 6,40 0,06 SI
6 77 14 9295 9294 162 2,58 6,02 0,06 SI
7 74 17 9435 9434 165 1,83 5,43 0,07 SI
8 72 20 9614 9608 335 0,79 4,57 0,13 SI
9 69 24 9837 9823 515 0,60 4,50 0,21 SI
Pag. 310 Analisi e verifica degli edifici in muratura ordinaria
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