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RIABILITAZIONE STRUTTURALE
parametri che governano la risposta strutturale sotto azioni sismiche. Nel capitolo 3, viene
esaminato il comportamento delle pareti alle azioni ortogonali analizzando le modalità di
verifica previste dalla varie normative sia nei confronti della presso flessione, con e senza
effetti del II ordine, che nei confronti del ribaltamento. Nel capitolo 4 si affronta il
comportamento delle pareti alle azioni nel piano valutando dapprima la resistenza degli
elementi costitutivi, ovvero dei maschi murari e delle fasce di piano, per poi esaminare
l’intera parete sia con modelli monodimensionali che con modelli bidimensionali. Nel
capitolo 5 si passa alla valutazione del comportamento dell’intero edificio considerando le
differenti tipologie di analisi previste dalle normative sismiche più avanzate con particolare
riferimento a quelle statiche lineari e non lineari. Infine, nel capitolo 6 vengono esaminati i
metodi di calcolo delle sollecitazioni degli elementi strutturali di impalcato rappresentati
dagli archi, le volte e le cupole.
La parte 2 è suddivisa in cinque capitoli numerati in prosecuzione a quelli della parte
1. Il capitolo 7 tratta l’analisi e diagnosi dei dissesti esaminando sia i dissesti statici dovuti a
cedimenti di fondazione, traslazioni e rotazioni, e a schiacciamento degli elementi murari,
sia i dissesti per azioni sismiche. Nel capitolo 8 vengono affrontate le problematiche
relative alle indagini distruttive e non distruttive sia sui materiali base costituenti la
muratura che sui pannelli murari in sito ed in laboratorio. Nel capitolo 9, a valle dell’analisi
del comportamento sismico degli edifici, sviluppata nella parte 1, e del rilievo dei dissesti e
delle indagini sperimentali sviluppate nei capitoli precedenti della parte 2, viene analizzata
la vulnerabilità sismica degli edifici in muratura con riferimento alla metodologia introdotta
dal Gruppo Nazionale Difesa dai Terremoti. Nel capitolo 10 vengono trattati gli interventi
di consolidamento. In particolare, dopo un inquadramento generale degli interventi,
vengono esaminate le tecniche di consolidamento, i criteri di progetto e le verifica con
riferimento alle fondazioni, alle strutture murarie verticali, agli orizzontamenti, alle
coperture, agli archi, alle volte ed alle cupole. Infine nel capitolo 11 viene presentata
un’applicazione su un caso studio rappresentatao da un edifico esistente simicamente
inadeguato. Vengono progettati ed esaminati diversi interventi di rinforzo sia sugli
impalcati, finalizzati alla realizzazione di un diaframma rigido capace di ripartire le azioni
sismiche tra i diversi maschi murari, sia interventi di rinforzo dei maschi murari con
tecniche tradizionali ed innovative.
Le analisi sviluppate nel presente volume sono state condotte nel rispetto delle
recenti “Norme tecniche per le Costruzioni” del 14 gennaio 2008 con la relativa circolare
esplicativa n. 617 del 26 febbraio 2009.
Al termine di questa premessa voglio ringraziare gli ingg. Immacolata Tolone,
Albano Squizzato, Massimo Latour, Riccardo Sabatino e Giuseppe Torello per la preziosa
collaborazione nella correzione delle bozze. In particolare il Capitolo 11 contiene sviluppi
numerici eseguiti dall’ing. Massimo Latour.
Gianvittorio Rizzano
Indice
CAPITOLO 7 – Analisi e diagnosi dei dissesti in edifici in muratura
7.1 Introduzione
Il quadro fessurativo e deformativo esibito da una struttura danneggiata è strettamente
legato ai dissesti che tale struttura ha subìto, così come ogni effetto è legato alla causa che
lo ha determinato. Il primo passo in un problema di diagnosi consiste dunque
nell’individuare le cause che hanno provocato i danni sulle strutture, vale a dire risalire
dalle lesioni ai dissesti che le hanno provocate. Individuati i dissesti, l’ulteriore passo
consiste nel ricercare le cause perturbatrici responsabili di questi ultimi e infine mettere in
atto una strategia di intervento allo scopo di far fronte a tali cause.
In definitiva il processo logico, in un problema di consolidamento, può essere
rappresentato secondo il seguente schema:
LESIONI ⇒DISSESTI⇒CAUSE DEI DISSESTI⇒CONSOLIDAMENTO
Il primo passo da compiere è dunque individuare i dissesti dall’osservazione dei
quadri fessurativi e deformativi. A tale scopo è utile studiare gli effetti che i vari tipi di
dissesti elementari producono sugli elementi murari, cioè assegnato il dissesto a cui può
essere soggetto un elemento costruttivo, individuare su questo, da un punto di vista
qualitativo, i possibili effetti in termini di deformazioni e fessurazioni. In tal modo, con un
procedimento inverso, si riuscirà agevolmente a risalire dalle lesioni ai dissesti che le hanno
provocate. Ciò è possibile in quanto esiste una corrispondenza biunivoca tra i dissesti e le
lesioni, cioè assegnato che sia uno di questi enti resta univocamente determinato l’altro.
Nel processo a ritroso di diagnosi, il dissesto considerato questa volta quale effetto,
non è la conseguenza di un’unica causa ma di un insieme di cause agenti o meno
contemporaneamente.
L’individuazione di tali cause costituisce la seconda fase di diagnosi che per essere
risolta necessita di uno studio accurato e approfondito, da coadiuvare con indagini, prove e
saggi spesso costose ma indispensabili per restringere il campo di ricerca e arrivare ad
individuare l’insieme di fattori che hanno provocato il dissesto.
Per illustrare questo processo può essere utile riportare un esempio: se si considera il
dissesto di traslazione verticale quale causa, esso presenta come effetto un ben definito
quadro fessurativo caratteristico di quel dissesto, ciò consente di formulare la diagnosi con
Pag. 2 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
sicura attendibilità. Se invece, con riferimento alla seconda fase di diagnosi, si considera
tale dissesto come effetto le cause che lo hanno determinato possono essere diverse:
eccessiva compressibilità del terreno; schiacciamento delle regioni murarie di base; lavori
di sterro nelle vicinanze; errori progettuali; ecc.
In conclusione ad ogni quadro fessurativo o deformativo elementare corrisponde un
determinato dissesto, ma ad ogni dissesto elementare non corrisponde un’unica causa ma
cause diverse che possono variamente interagire.
Nel seguito, in una prima fase, si analizzeranno brevemente gli effetti che i dissesti
più comuni determinano sugli elementi delle strutture murarie, fornendo in seguito le
possibili cause che li hanno determinati e i più comuni rimedi per fronteggiarli.
n
σn
tn
n A σ
C1 τnm
m
tn
C0
⎛ AC0i ⎞
s = min ⎜⎜ ⎟⎟ (7.1)
⎝ ACi ⎠
Pag. 4 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
τ
C01 C02 C03
C2
C1 C3
A σ
Pη Pξ Pζ
τ
C0
A σ
P η0 Pη Pξ0 Pξ
D0
Se si sceglie come polo Pη0 il parallelepipedo elementare deve essere orientato con
l’asse η // σ e l’asse ξ // τ
ξ//τ
Tracce dei
piani di crisi
η//σ
Le tracce dei piani di crisi sono determinate dalle parallele alle rette Pη0 C0 e Pη0 D0
che passano per il polo e per il punto di tangenza del cerchio di crisi con la curva intrinseca
(Fig. 7.3, 7.4 e 7.4) e possono essere determinate anche direttamente dai cerchi di esercizio
essendo Pη C // Pη0 C0.
Nei materiali fragili la curva intrinseca si presenta molto aperta essendo - σ"0 >> σ '0
ovvero la tensione di rottura per sollecitazioni monoassiali di compressione in valore
assoluto molto maggiore di quelle a trazione. Inoltre la tensione di crisi idrostatica coincide
con quella a trazione.
σx ≡ σξ > 0 e ση ≡ σζ = 0 (7.4)
y
τ
σξ σξ x
Traccia del
piano di crisi
σξ σ
Pζ=Pη P=Pξ
σξ σξ
Traccia dei
piani di crisi
τ
y C0
σx σx x
Pξ Pη=Pζ σ
D0 σξ σξ
Traccia dei
piani di crisi
Essendo:
τxy = τxz = τyz = 0 ⇒ x ≡ ξ
y ≡ η (7.5)
z ≡ ζ
Inoltre:
ση = 0 σζ = 0 ⇒ Pη ≡ Pζ ≡ 0 (7.6)
Si può ritenere con buona approssimazione che le direzioni dei piani di crisi sono
pressocchè orizzontali e coincidenti ed inoltre esse risultano perpendicolari alla tensione
principale algebricamente massima che nel caso in esame è quella agente in direzione y
ovvero ση = 0.
In definitiva si può affermare che i piani di crisi, anche quando siamo in presenza di
più tensioni principali diverse da zero risultano sempre ortogonali alla tensione
algebricamente maggiore (assumendo positive le trazioni). Pertanto, se due tensioni
principali o tutte e tre risultano coincidenti in valore, i piani di crisi risultano indeterminati.
È possibile rendersi conto di tale affermazione considerando il parallelepipedo
elementare soggetto a trazione e compressione. Si ha:
Pag. 8 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
σz
σx
1
εx = (σ x + ν ⋅ σ z ) (7.7)
E
1
εz = (-σ z + ν ⋅ σ x ) < 0 (7.8)
E
1
εy = (-σ x + σ z ) (7.9)
E
Di conseguenza si osserva che i piani di crisi, che sono ortogonali alla direzione
della massima dilatazione, risultano ortogonali alle εx > εy > εz (quest’ultima è una
contrazione).
Quando siamo in presenza di tensioni principali diverse da zero il controllo del
raggiungimento della resistenza del materiale viene effettuato in termini di tensioni ideali.
In tal caso infatti, definite le deformazioni:
εξ =
1
E
[
σ ξ − ν ⋅ (σ ζ + σ η ] (7.10)
εη =
1
E
[
ση − ν ⋅ (σξ + σ ζ ] (7.11)
εζ =
1
E
[
σζ − ν ⋅ ( σ ξ + σ η ] (7.12)
σ 2 = E ⋅ εη (7.14)
σ 3 = E ⋅ εζ (7.15)
y
τ0 τ
x ξ
τ0
τ0
τ0 P
Pη σ
Pξ Pζ
η
Traccia del
piano di crisi
τ0
τ0
τ0
τ0
Fig. 7.8: Tracce dei piani di crisi per sollecitazione di taglio puro.
Essendo:
τzx = τzy = 0 ⇒ z ≡ ζ (7.16)
e
σζ = 0 =σz (7.17)
Avendo scelto x // σ e quindi il polo è P e le tracce dei piani di crisi sono inclinate a
45°.
Pag. 10 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
σ1
A A1
σ1
f fm
σ1 f1
π
≠
2
t
π σ1
fm 2
σ1=1
σ1=2
σ1=3
σ1=4 σ1=5
σ1=7 σ1=8 σ1
σ1=6 σ1=9
Δf φ2 (imin)
φ1 (imax)
o
x
y
F D
1
2
3
4
5
6 P 7
f
1 2 3 4 5 6 6 5
A f1 4 3
f2 2
f3 1
B
f4
o
c E x
ψ σ1 φ1 (imax) φ2 (imin)
direttrice di
P2'
fessurazione
A1 P1' B1 φ2 (imin)
A’ A P B B’ φ1 (imax.)
P1
A1 B1
P2
o
x
M a ⋅ h ⋅ l2 6
σ= =γ ⋅ (7.19)
W 2 a ⋅ h2
mentre dal taglio si ha:
τ= =
( )
V ⋅ S' (γ ⋅ a ⋅ h ⋅ l ) ⋅ a ⋅ h 2 /8 3
= γ⋅l
a ⋅I (
a ⋅ a ⋅ h 3 /12 ) 2
(7.20)
> 3⋅ γ ⋅ l2 > 3
σ τ ovvero γ⋅l (7.21)
< h <2
ossia:
>h
l (7.22)
<2
Si intuisce subito che le tre situazioni corrispondenti a quadri fessurativi diversi,
come rappresentato in Fig. 7.14:
Capitolo 7: Analisi e diagnosi dei dissesti degli edifici in muratura Pag. 15
Essi corrispondono, infatti, alla prevalenza delle tensioni normali di trazione nella
parte alta della parete dovute al momento (cedimento lungo), oppure alla prevalenza delle
tensioni tangenziali massime sull’asse neutro e caratterizzate da lesioni a 45° (cedimento
corto) o, infine, all’instaurarsi di entrambe le lesioni nel caso di σ ≈ τ e quindi cedimento
medio.
Esaminiamo più in dettaglio il possibile quadro fessurativo costruendo le isostatiche
di minimo.
Fig. 7.15: Diagrammi delle Caratteristiche della sollecitazione per cediemnto terminale
Pag. 16 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
In seguito al cedimento nel tratto IH, il pannello si scarica completamente nel tratto
IH e tende a sollevarsi nel tratto GH. Per l’equilibrio il diagramma di reazione del terreno
che perde i contributi IHML e QPO subirà l’incremento rappresentato dall’area OMN.
A A’
B B’
C C’
h
a ⋅h⋅l2
M =γ
12
(7.23)
a ⋅h⋅l
T =γ
2
e quindi:
M a ⋅h⋅l2 6 γ ⋅l2
σ= =γ ⋅ =
W 12 a⋅h 2
2h
(7.24)
V ⋅ S' a⋅h⋅l a ⋅ h /8
2
3
τ= =γ ⋅ = γ⋅l
a⋅I 2 (
a ⋅ a ⋅ h /12
3
)
4
> γ ⋅ l2 > 3
σ τ ovvero γ⋅l (7.25)
< 2h < 4
ossia:
Pag. 18 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
>3
l h (7.26)
<2
Nei tre casi si hanno quindi i possibili tre sommari fenomeni fessurativi:
Nel caso dei cedimenti intermedi si può inoltre individuare il caso dei cedimenti
molto lunghi. In questo caso, se la tensione di trazione in mezzeria, che è la metà di quella
all’incastro, risulta superiore alla tensione tangenziale si ha la formazione di una eventuale
fessura in mezzeria al lembo inferiore prima della creazione di fessure a 45° a taglio.
1 γ ⋅ l2 3
σ1/2 = σ inc = > γ⋅l (7.27)
2 4h 4
ovvero se:
Capitolo 7: Analisi e diagnosi dei dissesti degli edifici in muratura Pag. 19
l > 3h (7.28)
Anche in questo caso è possibile studiare in maniera più completa i possibili
andamenti fessurativi tracciando il quadro completo delle isostatiche di minimo (Fig. 7.20).
In questo caso si individuano le seguenti regioni:
fα: regioni prive di cedimento;
fa: cedimenti lunghi;
fb: cedimenti medi;
fc: cedimenti corti;
d: cedimenti molto lunghi.
Fig. 7.20: Diagramma di reazione del terreno per muro soggetto a cedimento intermedio
m1 m2
x
x
ω'x ω'x
ω'
ω'
O1 O2
ω'z
ω'z z
Pertanto, nel caso in esame di cedimenti d’angolo, dal momento che i muri m1 e m2
si vincolano flessionalmente a vicenda, la fessurazione sul paramento esterno della
muratura sarà generalmente del tipo a taglio, ovvero conforme a quella dei pannelli di
lunghezza media o corta, e l’andamento dei piani di frattura nello spessore della muratura
non sarà ortogonale al paramento murario come nel caso dei cedimenti terminali dei muri
isolati ma sarà divergente per effetto della torsione .
Pag. 22 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
A D
O F
B C
Nelle zone non terminali dei piani terra coperti con volte che scaricano su muri
ortogonali a quelli di facciata, può verificarsi il cedimento delle murature per eccessivo
Pag. 28 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
una depressione della chiave e con innalzamento delle reni. Le fratture in genere seguono le
generatrici: in chiave si presentano divaricate verso l’intradosso, alle reni divaricate verso
l’estradosso (Fig. 7.32)
Negli archi e nelle volte a sesto acuto, specie se costruite con intradosso di materiale
leggero, la massa di riempimento in genere presente sulle reni ne può provocare la
depressione con conseguente impennamento della chiave (Fig. 7.33).
Fig. 7.32. Rottura in chiave e alle reni a) in un arco policentrico, b) in un arco a tutto sesto
Nelle volte a crociera le fratture si riscontrano sempre in chiave e alle reni, iniziano
all’intersezione fra le unghie e quindi nei costoloni se presenti e si propagano lungo la
superficie delle falde (Fig. 7.34).
Pag. 30 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
Fig. 7.34: Rottura in chiave e alle reni dei costoloni di una volta a crociera.
Fig. 7.36: Terminologia nelle relazioni tra elementi strutturali e azione sismica.
all’esterno e si fessura nella parte centrale lungo un asse verticale. Se tale spessore è
notevole le spinte di equilibrio riescono a raggiungere valori sufficienti ad evitare il
collasso, nel caso invece di pareti sottili questo effetto non basta a garantire la stabilità della
parete (Fig. 7.38).
In Fig. 7.39 è schematizzato tale meccanismo di collasso con la formazione di
cerniere nell’arco resistente, lo sviluppo del cinematismo dipende dalle caratteristiche
dell’interasse dei muri di controvento, dal tipo di muratura e dalla capacità di contrasto dei
muri laterali, nel caso di una parete con aperture gli archi resistenti si dispongono in genere
nella fascia sopra gli architravi (Fig. 7.40).
Le murature a sacco o a doppia cortina, sono particolarmente sensibili nei confronti
di questo tipo di collasso, infatti, mancando il collegamento tra i paramenti che
costituiscono la muratura, la zona esterna viene espulsa senza che l’effetto arco possa
interessare l’intero spessore della parete (Fig. 7.40)
Nel caso invece di parete monolitica l’arco di scarico può svilupparsi sull’intero
spessore, e il collasso innesca un meccanismo che interessa tutto lo spessore del muro.
Sempre nel caso di pareti ben ammorsate il meccanismo di collasso può subire anche
un’evoluzione diversa: la parete investita da forze ortogonali al suo piano ribalta attorno
alla base trascinando con sé porzioni delle pareti di controvento. (Fig. 7.41 caso B) Questa
modalità di collasso, negli edifici storici nel caso che i muri siano ben collegati, è più
frequente di quella a “flessione” vista in precedenza.
Fig. 7.39: Collasso di una muratura a sacco riconducibile al funzionamento ad arco che si
innesca nello spessore del paramento per azioni sismiche ortogonali (tratta da [1]).
Fig. 7.40: Meccanismi di collasso fuori dal piano, formazione delle cerniere verticali.
Pag. 36 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
Fig. 7.41: Meccanismi di danno fuori dal piano in presenza di murature ortogonali
collegate tra loro.
Fig. 7.42: Paramento esterno di una muratura a sacco parzialmente crollato (tratta da [1]).
Capitolo 7: Analisi e diagnosi dei dissesti degli edifici in muratura Pag. 37
7.6.4 Rottura a taglio delle murature per azioni nel piano della parete
I meccanismi di collasso che coinvolgono pareti sollecitate da azioni nel loro piano
vengono definiti di primo modo. Uno dei sistemi fessurativi più ricorrenti è quello di rottura
per taglio, (vedi figure seguenti) tuttavia come già detto, questa non è la causa principale di
crollo, i maschi murari anche se danneggiati per taglio non esauriscono la loro capacità
portante. Le lesioni associate al meccanismo di collasso per taglio sotto azioni cicliche
hanno forma a X e possono manifestarsi nei maschi murari nel caso di edifici bassi e con
fasce di piano efficienti ovvero nelle fasce di piano nel caso di edifici alti o con fasce di
piano meno resistenti (come nel caso di riduzione degli spessori sotto le finestre per
l’alloggiamento dei radiatori). La parete trasmette al suolo le azioni orizzontali attraverso la
formazione di bielle compresse sino a che non viene a determinarsi un cinematismo che
evolve verso il collasso, tuttavia il moltiplicatore associato è in genere maggiore rispetto al
caso dei meccanismi di primo modo.
Fig. 7.43: Parete con apertura sollecitata da azioni longitudinali: innesco dei meccanismi
resistenti e dei cinematismi di collasso.
Pag. 38 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
Fig. 7.44: Dissesti sismici di un edificio con portico al piano terra (tratta da [7]).
Fig. 7.45: Fratture caratteristiche a “croce di S. Andrea” causate dalla rottura per taglio
delle fasce di piano. (tratta da [7]).
Capitolo 7: Analisi e diagnosi dei dissesti degli edifici in muratura Pag. 39
Fig. 7.46: Abbassamento dei conci di chiave nelle aperture ad arco. (tratta da [7]).
Fig. 7.47: Forze in una direzione: distacco della facciata a e formazione delle fratture c.
Forze nella direzione opposta: distacco della parete b e fratture di taglio c’ (tratta da [7]).
Pag. 40 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
Fig. 7.48: Distacco di una parte di facciata a causa del punzonamento delle capriate. Le
zone d’angolo possono resistere se i muri ortogonali sono ben collegati fra loro. (tratta da
[7]).
Nelle figure seguenti sono riportati i danni per taglio subiti dai setti di alcuni edifici
in occasione del terremoto dell’Umbria nel Settembre 1997.
Capitolo 7: Analisi e diagnosi dei dissesti degli edifici in muratura Pag. 41
7.6.5 Insufficiente rigidezza dei solai nel proprio piano e loro cattivo
collegamento con le pareti
Come già osservato, la funzione di diaframma rigido che esercita il solaio nel
proprio piano, impone una condizione di congruenza agli spostamenti orizzontali delle
murature, garantendo così un comportamento d’assieme semplice e nel contempo
affidabile, con una notevole razionalizzazione dei percorsi di trasmissione degli sforzi fra
gli elementi resistenti e da questi alle fondazioni.
Le azioni sismiche orizzontali prodotte dalle masse del solaio devono poter migrare
sulle murature parallele alle azioni stesse, senza che nascano deformazioni apprezzabili del
solaio che produrrebbero sollecitazioni flessionali nelle murature ortogonali. E’ così
evidente che il requisito di rigidezza del solaio nel proprio piano, pur essendo necessario,
non è sufficiente se non è garantita la trasmissione delle azioni tra il solaio e le murature.
Le azioni di inerzia che sollecitano le murature ortogonali alle forze sismiche, quelle
cioè impegnate con un comportamento a piastra, devono poter migrare nelle murature
parallele che hanno comportamento a lastra, ciò avviene in modo diretto sui bordi verticali
di collegamento ed in modo indiretto sui bordi orizzontali collegati dal solaio. Pertanto
l’efficacia del collegamento del solaio deve essere verificata non solo sulle due murature di
sostegno dei travetti, ma anche sulle altre.
Pag. 44 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
Fig. 7.54: a) lesioni d’angolo causate dai puntoni diagonali in un edificio con muro di
spina; b) dalle forze di inerzia proprie del muro e dai puntoni trasversali del tetto; c) dalle
alterne azioni taglianti. (tratta da [7]]).
Capitolo 7: Analisi e diagnosi dei dissesti degli edifici in muratura Pag. 45
Fig. 7.55: Distacco del cantonale dovuta alla spinta dei puntoni della copertura (tratta da
[1])
Fig. 7.56: Crollo della zona d’angolo di un edificio con solaio ligneo, senza cordolo(tratta
da [14]).
Pag. 46 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
Fig. 7.59: Volte della navata Fig. 7.60: Volte del presbiterio o
centrale (meccanismo 6). dell’abside (meccanismo 12).
Per quanto riguarda invece i meccanismi di ribaltamento, rappresentati dagli
indicatori 1, 11, e 10 della scheda, la distribuzione dei danni è sostanzialmente uniforme sui
primi tre livelli, evidenziando come si tratti di uno dei meccanismi di danno e di collasso
potenzialmente più pericolosi per le chiese, ma anche facilmente contrastabile con semplici
accorgimenti costruttivi (buon ammorsamento a incatenamento).
La Fig. 7.67, chiesa di San Salvatore a Foligno, evidenzia come anche le volte
strutturalmente non ammorsate nella facciata possano originare fenomeni di martellamento,
con danneggiamento di entrambi gli elementi strutturali.
Con riferimento, invece, alla facciata i meccanismi di taglio nel piano si sono
manifestati solo in presenza di indebolimenti dovuti alle aperture, come evidenziato nella
chiesa di Nocera Scalo (Fig. 7.68) e di Ponte Santa Lucia, frazione di Foligno (Fig. 7.69).
In quest’ultimo esempio la lesione a taglio interessa anche i due maschi murari laterali
indeboliti dalla presenza di aperture secondarie.
Altri meccanismi di danno legati al macroelemento cupola sono quelli nel tamburo,
nella cornice e negli arconi di sostegno e nella lanterna.
Per ciò che attiene ai meccanismi nelle pareti dell’abside e del presbiterio
(meccanismo n°11), questi, quando si manifestano con dei meccanismi di ribaltamento
presentano delle lesioni passanti come evidenziato nella Fig. 7.73. In questo caso, come in
molti altri, il danno rilevato costituisce un aggravamento di preesistenti lesioni dovute,
probabilmente, ad un altro evento sismico.
Pag. 62 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
(a) (b)
Fig. 7.73: (a) Abside, esterno – (b) Abside, interno - S. Francesco, Bevagna.
Capitolo 7: Analisi e diagnosi dei dissesti degli edifici in muratura Pag. 63
Per ciò che attiene al lesionamento delle volte dell’abside rappresentato nella Fig.
7.75 (meccanismo n°12), questo, in genere è correlato alle lesioni nelle pareti dell’abside:
specie se sono presenti aperture, la volta tende a separarsi in spicchi.
7.8 BIBLIOGRAFIA
[1] Regione dell’Umbria: Manuale per la riabilitazione e la ricostruzione postsismica
degli edifici; Tipografia del Genio Civile, Roma 1999.
[2] Sisto Mastrodicasa: Dissesti statici delle strutture edilizie, Hoepli Milano 1993.
[3] Sacchi, Landriani, Riccioni, (a cura di): Comportamento statico e sismico delle
strutture murarie. Ed CLUP, Milano. 1983.
[4] Giorgio Croci: Progettazione strutturale e consolidamento delle costruzioni; Hoepli
1981.
[5] Michele Pagano: Teoria degli edifici, edifici in muratura;.vol.1 Liguore editore,
Napoli 1968.
[6] Alberto Defez: Il consolidamento degli edifici Liguore editore, terza ediz., Napoli
1998.
Pag. 66 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
METODI DI INDAGINE
Le prove sulla muratura sono finalizzate da una parte alla conoscenza delle
caratteristiche geometriche, di tessitura, di imperfezione e degrado della muratura, dall’altra
alla valutazione delle proprietà meccaniche del pannello murario. Per quanto concerne il
primo aspetto, si può far ricorso a carotaggi meccanici con prelievo di campioni dalle
strutture murarie mediante i quali è possibile riconoscere la composizione della muratura
(riconoscendo ad esempio una muratura a sacco, la tessitura, la qualità dei correnti interni
di malta) nonché indagini diagnostiche entro i fori di sondaggio che possono essere
sviluppate mediante l’impiego di sonda televisiva, prove dilatometriche o indagini
geofisiche. Inoltre, mediante l’impiego di magnetometria è possibile individuare la
presenza di catene o tiranti nella muratura, nonché cavità per la presenza di tubazioni
impiantistiche e per mezzo di rilievi termografici è possibile ottenere informazioni relative
alla morfologia delle strutture nascoste dall’intonaco (archi, travi, etc.) e di mettere in luci
eventuali anomalie costruttive quali aperture tamponate o vani modificati. Per quanto
concerne invece la valutazione delle proprietà meccaniche della muratura, si può procedere
ancora una volta mediante prove distruttive o prove non distruttive. Le prove distruttive si
basano sul prelievo di opportuni campioni di muratura di grosse dimensioni da sottoporre a
prove di compressione monoassiale per la determinazione del modulo di deformabilità
trasversale e longitudinale e della resistenza a compressione. Le prove non distruttive
possono essere eseguite in maniera efficace, mediante l’impiego della tecnica dei martinetti
piatti o mediante indagini soniche. La prova con martinetti piatti consente di determinare lo
stato di sollecitazione della muratura, le caratteristiche di deformabilità e di resistenza. Le
indagini soniche, trovano la loro pratica applicazione nella caratterizzazione elastica della
muratura e nella rilevazione di eventuali discontinuità dei materiali costituenti la muratura.
Vanno infine evidenziate le problematiche relative al monitoraggio del
comportamento statico e dinamico delle opere monumentali in muratura. Relativamente al
comportamento statico, il monitoraggio può essere effettuato mediante l’impiego di
estensimetri meccanici, fessurimetri (eventualmente provvisti di trasduttori elettrici) per la
misura delle lesioni nelle murature, clinometri elettrici per la valutazione della rotazione
delle strutture. Per quanto riguarda il comportamento dinamico è possibile effettuare prove
di caratterizzazione dinamica mediante la registrazione della risposta in termini di
spostamento, velocità ed accelerazione della struttura sottoposta ad eccitazione. Le prove
dinamiche, ripetute nel tempo, consentono di mettere in luce l’eventuale insorgenza o
aggravarsi del degrado strutturale.
L’intero sistema di prove sperimentali sulle murature viene sinteticamente
rappresentato nel diagramma di Fig. 8.1.
Lasciando a corsi specifici i dettagli delle varie tipologie di indagine, nel seguito
vengono trattate in maniera più accurata le indagini non distruttive sia sui materiali che
compongono la muratura che sui pannelli murari per l’importanza che si ritiene possano
rivestire tali tipologie di indagine nella diagnostica degli edifici in muratura.
Capitolo 8: Metodi di indagine Pag. 73
• analisi mineralogiche e
petrografiche
Caratterizzazione
• analisi chimiche
chimico - fisica
• analisi fisiche
• analisi caratteristiche cromatiche
• prove distruttive:
di compressione monoassiale
Caratterizzazione
• prove non distruttive:
meccanica
martinetti piatti;
indagini soniche.
Monitoraggio
Fig. 8.1: Schema delle più usuali tecniche di indagine sulle murature
Pag. 74 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
riceve, amplifica, filtra e visualizza i segnali che ritornano alla sonda dopo la propagazione
(indagine finalizzata a valutare i singoli difetti) o del segnale pervenuto alla sonda ricevente
dopo aver attraversato l’intero campione (indagine finalizzata alla valutazione della qualità
complessiva del materiale).
Nell indagini basate sull’eco, poiché il materiale da esaminare possiede sempre un
confine, cioè una parete di fondo sulla quale il fascio in ingresso si riflette comunque, è
possibile ricavare informazioni sulla posizione del difetto presente nella massa, attraverso il
rapporto dei tempi di ritorno dell'eco del segnale e dell'eco di fondo, questo è possibile
perché la propagazione delle onde ultrasonore avviene sempre a velocità costante in un
mezzo omogeneo, per di più è possibile rivelare la presenza di un difetto interno anche nel
caso che questo non generi la riflessione, ma soltanto l'assorbimento del fascio incidente.
Infatti lo strumento visualizza il fondo sia come distanza (tempo per la ricezione
dell'eco di fondo), che per assorbimento (attenuazione dell'intensità del segnale di fondo
riflesso, per assorbimento da parte della materia attraversata). Se l'intensità del fascio
riflesso dalla parete di fondo diminuisce bruscamente in una certa posizione significa che
qualche ostacolo o discontinuità lo ha parzialmente assorbito e non è possibile individuare
la posizione del difetto, ma solamente valutarne la presenza ed il potere assorbente.
Disponendo di un generatore d'adeguata potenza è possibile individuare difetti distanti
anche parecchi metri dal trasduttore, questo permette il controllo dell'integrità trasversale di
elementi anche molto spessi; ed è possibile anche valutare approssimativamente la
dimensione della discontinuità incontrata dal fascio d'ultrasuoni, confrontando l'intensità
dell'eco ricevuto con quello di difetti standard, o con grafici appositamente costruiti, che si
possono anche applicare sul monitor dell'oscilloscopio (scale AVG).
L'attuale tecnica ha prodotto una vasta gamma di sonde (trasduttori e ricevitori) i cui
fasci d'onde ultrasonore si propagano in linea retta rispetto all'asse della sonda stessa,
oppure obliquamente (assai usate sono le sonde con propagazione a 30, 45, 60 e 70°), e
perfino in direzione ortogonale, cioè con onde perfettamente tangenti alla superficie.
I trasduttori ed i ricevitori possono esser incorporati nella stessa sonda od esser separati
per ottimizzare alcuni rilevamenti. Ogni sonda possiede caratteristiche specifiche che ne
ottimizzano l'uso per ogni morfologia e giacitura del difetto da evidenziare, nonché per ogni
tipo di materiale da esaminare (calcestruzzo, tufo, acciaio, ghisa, alluminio, ecc.).
Ogni sonda opera o tollera una data frequenza che può esser o meno ottimale per lo
scopo specifico dell'esame UT, dunque esiste una vastissima gamma di sonde, (trasduttori e
rivelatori) e di accessori, tali da consentire enormi possibilità e versatilità d'impiego, dal più
elementare esame, alla più sofisticata ricerca.
Più d'ogni altra indagine non distruttiva l'esame con ultrasuoni richiede un operatore di
grande esperienza, capace d'interpretare correttamente ogni segnale che compaia sul
monitor e di sfruttare appieno le possibilità che questa tecnica offre. Non è rara l'errata
interpretazione di segnali, già considerati difetti, che scompaiono ripetendo l'esame con una
sonda di più adatta frequenza, o con angolo di propagazione diverso.
Capitolo 8: Metodi di indagine Pag. 85
Ed 1 −ν d
Vp = ⋅ (8.1)
ρ (1 +ν d ) ⋅ (1 − 2ν d )
dove:
Ed= modulo di Young dinamico [Mpa];
νd= rapporto di Poisson dinamico;
ρ [kg/m3]=massa per unità di volume del mezzo;
- Onde trasversali (dette anche “onde di taglio o “onde S”): al loro passaggio le
particelle del mezzo oscillano in direzione ortogonale a quella di propagazione.
Sono più lente delle onde P; secondo il rapporto di Poisson νd, il rapporto Vs / Vp varia
tra 0.53 e 0.63; sono chiamate “onde Seconde” o “onde S” perché arrivano in un
secondo momento in un processo che interessi sia onde P che onde S.
Si propagano solo in mezzi che trasmettono sforzi di taglio (mezzi solidi):
Pag. 86 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
Ed 1 G (8.2)
Vs = ⋅ =
ρ 2 ⋅ (1 + ν d ) ρ
0.87 + 1.12 Ed 1
Vsf = ⋅ ⋅ (8.3)
1 −ν d ρ 2 ⋅ (1 + ν d )
Durante la propagazione delle vibrazioni nel mezzo, le tensioni prodotte sono di livello
molto basso e di brevissima durata. Ciò rende trascurabili sia comportamenti non lineari del
mezzo che fenomeni viscosi.
Le costanti elastiche, in un processo di vibrazione, si riferiscono pertanto a determinazioni
effettuate in tali condizioni e quindi vengono definite dinamiche per distinguerle dai valori
determinati in condizioni statiche o quasi statiche alla pressa, dove invece comportamenti
non lineari e fenomeni viscosi possono avere una notevole influenza. Il modulo di Young
dinamico Ed va pertanto interpretato come la tangente alla curva tensione - deformazione
nel punto che ne identifica la situazione statica (e quindi nell’origine nel caso particolare di
tensione statica nulla nel mezzo).
Parametri caratteristici delle onde
Nel moto delle onde è importante definire i seguenti parametri (Fig. 8.11):
• Periodo T [s]: tempo impiegato per un ciclo completo di espansione e contrazione
della sorgente, o di pressione e depressione nel mezzo;
• Frequenza f [hertz-Hz]: numero di cicli, ossia di oscillazioni complete, per secondo;
• Lunghezza d’onda λ [m]: distanza fra due successivi fronti d’onda nella direzione di
propagazione della vibrazione;
• Velocità di propagazione V [m/s]: velocità con cui un fronte d’onda di vibrazione si
propaga nel mezzo nella direzione di propagazione;
• Intensità di vibrazione I: quantità di energia che transita in un secondo attraverso l’area
unitaria. Poiché nelle misure di vibrazione, in genere non si eseguono misure assolute,
ma misure relative, ossia si considerano i rapporti fra le ampiezze A di vibrazione, o
fra intensità I, tali rapporti si esprimono in decibel (dB).
• Pressione acustica [Pa]: pressione istantanea (depurata della componente statica)
presente in un dato punto del mezzo percorso da onde di vibrazione;
• Impedenza acustica Z: proprietà locale del mezzo che caratterizza il comportamento
acustico per i vari tipi di onde; essa è fornita dal prodotto della massa volumica ρ per
la velocità locale V di propagazione.
• Rilevatori di vibrazioni: dispositivi che a contatto con il mezzo danno un segnale
elettrico più o meno proporzionale al valore istantaneo di pressione (trasduttori
piezoelettrici).
Riflessione e rifrazione all’interfaccia.
Un’onda di vibrazione che viaggiando in un mezzo, incide sulla superficie di separazione
con un altro mezzo di diversa velocità di propagazione rispetto al primo, subisce su tale
interfaccia (Fig. 8.12):
• fenomeni di riflessione e (per angoli di incidenza non nulli) di rifrazione ed anche di
conversione del tipo d’onda;
• variazioni di intensità, infatti, a causa dei fenomeni di riflessione, rifrazione, ecc.,
l’onda di vibrazione prosegue nel 2° mezzo solo con una frazione, eventualmente
anche nulla, dell’intensità di incidenza; la restante frazione è riflessa nel 1° mezzo.
Pag. 88 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
Nei test ad ultrasuoni che utilizzano un volume di onde a compressione, l’equazione (8.3)
risulta:
Z = ρ ⋅ v0 = ρ ⋅ E ⋅
(1 −ν )
(8.5)
(1 + ν ) ⋅ (1 − 2ν )
La frazione di energia che viene dissipata per riflessione all’interfaccia di due mezzi di
diversa impedenza acustica specifica (Z1, Z2) si può calcolare mediante la seguente
equazione:
4 ⋅ Z1 ⋅ Z 2
ΔI = 1 − (8.6)
(Z1 + Z 2 )2
Se Z1 e Z2 sono uguali dalla (8.6) si ricava che non viene dissipata energia
all’interfaccia dei due mezzi.
Chiaramente la frazione di energia trasmessa è data da:
Capitolo 8: Metodi di indagine Pag. 89
4 ⋅ Z1 ⋅ Z 2
It = (8.7)
(Z1 + Z 2 )2
Tab. 8.5: Valori di massa volumica, velocità di propagazione e costanti elastiche rilevate
su alcuni campioni di materiali lapidei comuni confrontati con altri tipi di materiali.
Massa Velocità di propagazione Coeff.te di Modulo di
volumic [m/s] Poisson elasrticità
Materiale
a dinamico dinamico Ed
Longitudinale Trasversale
[g/cm3] νd [Mpa]
Ardesia ⎥⎥ 2.74 6500 3600 0.28 91000
Ardesia ⊥ 2.74 5900 2800 0.36 58000
Basalto 2.72 5930 3140 0.30 70000
Arenaria 1.60 2400 1200 0.33 6000
Arenaria 1.80 2800 1500 0.30 10000
Calcare
2.66 6150 3260 0.30 74000
metamorfico
Gneiss 2.70 5300 2800÷3300 0.30÷0.27 55000÷75000
Capitolo 8: Metodi di indagine Pag. 91
Calcestruzzo
2.30 4100 2600 0.17 36000
medio
Porcellana 2.41 5340 3120 0.24 58000
Ghiaccio 0.90 3980 1990 0.33 10000
Acqua 1.00 1500 - - -
Plexiglass 1.18 2670 1120 0.40 400
Direzionalità di una sorgente di vibrazione
La scelta della frequenza delle vibrazioni si esegue in funzione del tipo di analisi da
effettuare, (si passa da qualche decina di Hz o anche meno, fino a qualche decina di MHz),
infatti, le indagini sono condizionate da:
• precisione nelle misure;
• trasparenza alle onde di vibrazione del mezzo da analizzare; è necessario fare in modo
che le onde possano percorrere, secondo le direzioni e nei modi voluti, l’elemento da
indagare, e siano distinguibili e rilevabili nei punti opportuni;
• risoluzione, intesa come capacità (nei limiti concessi dalla trasparenza e dalle
dimensioni del mezzo in esame), di rilevare anomalie fino ad un certo limite inferiore.
Dovendo effettuare misure affidabili e significative della velocità locale di propagazione (e
quindi di tempi di transito) lungo determinate traiettorie ed eventualmente l’analisi
dell’intero segnale nel dominio delle frequenze, è evidente che un ruolo essenziale nelle
analisi è svolto dalla precisione con cui si effettuano le misure dei tempi di percorrenza. Ciò
significa che l’incertezza temporale con cui si determinano, per una data vibrazione, gli
istanti di partenza dall’emettitore, di transito per determinati punti e di arrivo in altri, deve
essere convenientemente piccola rispetto ai tempi in gioco. Poiché ai fini delle misure, le
vibrazioni sono trasformate dai trasduttori in segnali elettrici, si tratta di cogliere con
opportuna precisione il generarsi in determinati istanti degli attesi segnali elettrici.
La precisione con cui si possono eseguire misure sui tempi di propagazione, è fortemente
influenzata dalla scelta della frequenza propria delle vibrazioni utilizzate per le indagini,
che deve essere la più alta possibile al fine di massimizzare la precisione. Inoltre, la
frequenza propria influenza altri due importanti aspetti delle indagini ultrasoniche:
• direzionalità nelle caratteristiche di emissione delle sorgenti;
• “potere pertubativo” o “visibilità” delle anomalie nel mezzo analizzato.
Una sorgente è un corpo che a comando dell’operatore, genera vibrazioni del tipo
voluto (P – S) e di opportuna ampiezza, frequenza, durata, ecc.. Se la sorgente è posta in
intimo contatto con un mezzo elastico, queste vibrazioni penetrano nel mezzo e vi si
propagano.
Se si ipotizza che la sorgente abbia una superficie di contatto S, che in prima istanza
si può considerare semplicemente piana circolare di raggio a e che il mezzo elastico a
contatto con la sonda sia seminfinito (Fig. 8.13), applicando il principio di Huygens -
Fresnel, si ha che al variare del rapporto fra diametro 2a della superficie emittente e
lunghezza d’onda λ delle vibrazioni, queste vengono emesse interessando un cono di
emissione più o meno ampio avente il vertice nella sonda ed un angolo d’apertura γ
variabile appunto con il variare del rapporto fra dimensione a della sonda e lunghezza
Pag. 92 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
d’onda λ. Il cono di emissione diventa tanto più stretto (riduzione dell’angolo d’emissione
γ) quanto minore è la lunghezza d’onda rispetto al diametro della superficie emittente.
2a
Angolo γ di
Divergenza del
Cono di emissione
Della sorgente
di direzioni complesse in tale cono. Sia il fascio riflesso che quello (simmetrico)
d’ombra diventano sfumati, non ben definiti.
3. 2a << λ: le dimensioni dell’ostacolo sono molto minori della lunghezza d’onda
incidente. In tal caso l’ostacolo si comporta come una sorgente di Huygens-Fresnel,
che emette in tutto il semispazio e diventa assolutamente invisibile.
In conclusione, se si vuole rilevare un’anomalia di dimensioni geometriche 2a,
bisogna che la vibrazione immessa per l’analisi abbia una lunghezza d’onda tale da rendere
il più possibile reale la disuguaglianza 2a >> λ;
Se si ha che fare con un mezzo intrinsecamente ricco di disomogeneità, e si vuole
che esse non generino eccessive riflessioni, bisogna utilizzare lunghezze d’onda abbastanza
maggiori delle dimensioni di tali disomogeneità. Se le dimensioni sono dell’ordine di 2 ÷ 3
cm è necessario che la lunghezza d’onda sia almeno di 8 ÷ 10 cm, quindi non si deve
utilizzare una frequenza che superi i 50 KHz, o inferiore se si devono ulteriormente ridurre
i processi di riflessione da parte dell’inerte ed altre disomogeneità interne, oppure se queste
sono di dimensioni naturali ancora maggiori dei valori sopra indicati.
E’ altresì evidente che, se la vibrazione immessa non “vede l’inerte” e altre
disomogeneità intrinseche naturali, non vede neanche altre anomalie indesiderate dello
stesso ordine di grandezza.
In maniera sintetica, per la scelta della frequenza si può far riferimento, nel caso di
materiale omogeneo, a quanto riportato in Tab. 8.6.
Dal momento che la velocità degli impulsi può essere sensibilmente influenzata
dalle dimensioni trasversali del campione o dell’elemento strutturale in esame, rispetto alla
direzione di propagazione, sempre in Tab. 8.6 vengono riportate le dimensioni trasversali
minime richieste al campione in funzione della frequenza delle sonde.
Tab. 8.6: Scelta della frequenza di vibrazione delle sonde
Lunghezza della Frequenza naturale dei Dimensione trasversale
Traiettoria Trasduttori Minima
[mm] [kHz] [mm]
100 a 200 ≥ 60 70
200 a 1500 ≥ 40 150
> 1500 ≥ 20 300
Metodi di misura
La strumentazione tipo per le indagini ultrasoniche è caratterizzata da un’apparecchiatura
elettronica portatile in grado di generare impulsi ultrasonici e di misurare il tempo
necessario, a questi impulsi, per attraversare il materiale in esame.
Per determinare la velocità di trasmissione dell’onda ultrasonora ci si avvale di due
sonde piezoelettriche: una trasmittente ed una ricevente.
Il tempo impiegato dall’onda per raggiungere la sonda ricevente è visualizzato sul
display ed è misurato in micro – secondi (10-6 s).
Pag. 94 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
T = sonda emittente
Trasmissione diretta R = sonda ricevente
Trasmissione semidiretta R
T=sonda emittente
R=sonda ricevente
Fig. 8.16: Metodo per trasmissione semidiretta
T = sonda emittente
Trasmissione indiretta
S = sonda ricevente
In tal caso affinché il processo di propagazione delle onde e quindi le misure delle
velocità, diventi riproducibile e costante (anche ad ulteriori incrementi del valore di
pressione adottato), si debbono ottimizzare le seguenti operazioni:
- preparazione della superficie di contatto fra sonde e materiali
- pressione sulle sonde
In conseguenza di tutto ciò la superficie del campione in prova, nei punti d’applicazione
delle sonde, deve essere:
- pulita;
- levigata mediante smerigliature, qualora risulti eccessivamente rugosa;
- sufficientemente piana da permettere un contatto uniforme con le sonde.
Temperature ambiente comprese fra 5° C e 30° C non alterano significativamente le misure
delle velocità degli ultrasuoni. Mentre a temperature comprese fra i 30° C e 60° C si
verifica una riduzione del 5 % della velocità di vibrazione, sia per le minime variazioni, in
questo campo di temperature del comportamento fisico – chimico del materiale, sia perché
in tale intervallo è normalmente compreso il campo di lavoro delle strumentazioni di
misura.
In questo intervallo di temperature, una umidità relativa ambientale variabile dal
60% al 90% ha una influenza minima nei rilievi su campioni in condizioni di equilibrio con
l’ambiente esterno.
Quando le determinazioni sperimentali vengono eseguite al di fuori degli intervalli
di temperature e di umidità suggeriti, si deve provvedere ad una opportuna correzione,
attraverso prove condotte su una serie di tre campioni prelevati in sito, eseguiti in
condizioni normalizzate (per esempio: temperatura 20° C; umidità relativa 90%), facendone
menzione nel verbale di rilievo.
Le indagini ultrasoniche non sono limitate dalle dimensioni e dalla forma del
campione ma bensì dalla potenza meccanica disponibile nella sonda trasmittente e dalla
sensibilità dell’apparato ricevente. Tuttavia l’intervallo di percorso è limitato:
- inferiormente dall’influenza che le condizioni di rugosità superficiali e le
caratteristiche fisiche del materiale (ad esempio la porosità) possono avere sulle
misure;
- superiormente, dalla variazione subita dal segnale in ampiezza e in frequenza.
Percorsi più lunghi possono essere indagati facendo uso di trasduttori con frequenze
naturali di vibrazione basse (10 a 20 kHz), per minimizzare l’assorbimento del segnale
nel campione. L’uso di onde con frequenze più elevate (≥ 50 kHz) permette, su
percorsi brevi, di ottenere misure di tempo più accurate.
Determinazione del modulo di elasticità
Dalla misura della velocità degli ultrasuoni si può ricavare direttamente il modulo elastico;
infatti, nel caso di un mezzo infinito, omogeneo, isotropicamente elastico, il modulo di
elasticità dinamico Ed e dato dalla relazione:
Ed =
(1 +ν )⋅ (1 − 2 ⋅ν )⋅ γ ⋅V 2 (8.9)
(1 −ν )⋅ g
dove:
Pag. 98 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
ν = coefficiente di Poisson;
γ = peso specifico del materiale [kg/m3 ];
V = velocità degli ultrasuoni [m/s];
g = accelerazione di gravità [m/s2 ].
I valori sperimentali della resistenza a compressione dei campioni sono riportati sempre in
Tab. 8.8. In Tab. 8.9 sono riportati i valori del coefficiente di correlazione tra la
resistenza a compressione e la velocità del segnale ultrasonico. Si osserva
complessivamente una correlazione modesta tra i due parametri sia con riferimento
all’intero gruppo di campioni che nell’ambito del singolo gruppo.
Per tale motivo, è stato acquisito l’intero segnale con lo scopo di valutare ulteriori
parametri eventualmente meglio correlati con le proprietà del materiale che governano la
resistenza a compressione.
In particolare, tenendo conto che la resistenza a compressione può essere
significativamente influenzata dalle imperfezioni interne del materiale, quali cavità e
intrusioni di scorie e pomici, sono stati considerati quali ulteriori parametri l’attenuazione
del segnale e la concentrazione spettrale del segnale ricevuto in un opportuno intervallo
nell’intorno della frequenza delle sonde impiegate.
L’attenuazione del segnale è stata valutata mediante il rapporto tra la massima
ampiezza del segnale ricevuto e la massima ampiezza del segnale emesso.
La concentrazione spettrale vicino alla frequenza propria delle sonde è stata ottenuta
dall’analisi del segnale nel dominio delle frequenze [6]. Dal momento che il segnale è
rappresentato per mezzo di un numero N discreto di punti, è stata applicata la seguente
trasformazione di Fourier:
Capitolo 8: Metodi di indagine Pag. 101
H ( fn ) = ∑h k ⋅ e2π i f n tk
⋅Δ (8.11)
∑H
f = 0.95 fd
2
(f)
p= f max (8.12)
∑H
f = f min
2
(f)
Tenendo conto che il peso delle frequenze differenti da quella propria delle sonde
aumenta all’aumentare delle imperfezioni interne dei provini, l’indice di concentrazione
spettrale p fornisce una misura del grado di imperfezione del materiale.
L’accuratezza e la ripetibilità delle misure dell’attenuazione e dell’indice di
concentrazione spettrale sono state valutate ripetendo cinque volte le misurazioni. In
accordo con [5], è stato possibile riscontrare che cinque letture sono sufficienti a
stabilizzare tali parametri.
Per quanto riguarda l’attenuazione del segnale, in accordo con [5,11], è stata
riscontrata una bassissima correlazione.
In Tab. 8.7, sono riportati i valori dell’indice di concentrazione spettrale ed in
σr vm
Provino pm
(N/mm2) (m/s)
F3GIA3 3.538 1398.0 31.5700
F3GIA6 3.141 1327.0 23.5600
F3GIA9 4.963 1458.0 45.5500
F3GIA10 3.728 1269.0 25.8500
F3GIA12 3.630 1264.0 36.7900
F4GIA1 3.330 1346.6 28.4000
F4GIA2 3.580 1546.3 29.3000
M2GIA6 3.528 1673.9 16.6741
M2GIA7 3.651 1495.8 22.9027
M2GIA8 4.074 1706.0 29.6737
M2GIA9 4.432 1480.1 28.1489
M2GIA10 4.499 1519.6 29.8612
M2GIA11 3.5849 1453.5 18.7489
ATZGIA01 3.419 1579,3 10.0536
ATZGIA03 3.737 1614.2 15.3751
ATZGIA06 3.899 1578.5 16.5049
ATZGIA09 3.820 1608.9 9.2255
ATZGIA10 4.195 1564.7 18.6005
ATZGIA11 3.786 1558.2 12.8192
ATZGIA12 3.941 1561.0 14.9622
AV1 1.730 1711.6 11.5223
AV2 2.040 1274.4 20.7157
AV3 1.651 1679.6 11.9417
AV4 2.305 1198.2 13.6562
AV5 2.951 1338.2 22.7741
AV6 2.031 1324.3 17.6010
AV7 2.396 1507.5 16.3458
AV8 2.552 1559.1 13.5652
Dalla Fig. 8.19 emerge sia la buona correlazione tra i due parametri, come
testimoniato dal coefficiente di correlazione, sia che le rette di regressione per tutti i gruppi
di tufo giallo sono caratterizzate da una pendenza quasi costante, ma termine noto
differente. Il valore medio di tali pendenze risulta pari a 0.62.
Allo scopo, quindi, di fornire una metodologia completa per la previsione della
resistenza è necessario poter individuare il termine noto delle singole rette di regressione
correlandolo ad altri parametri delle indagini ultrasoniche. A tale scopo, atteso il grado di
correlazione comunque presente tra la velocità ultrasonica e la resistenza a compressione, è
stato considerato tale parametro, considerando che la velocità è un parametro meno
sensibile alle variazioni modeste del materiale appartenente alla stessa cava, ma variabile
Pag. 104 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
tra i materiali provenienti da cave diverse, per cui potrebbe concorrere nell’individuazione
della retta descrittiva del materiale di una stessa cava.
6.00
1.00
0.00
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 P%
Applicando un’analisi di regressione lineare tra il valore medio delle velocità dei
singoli gruppi e il termine noto b delle rette p-σr individuate per i quattro gruppi, è stata
ricavata la seguente correlazione:
b = 0.0076 ⋅ vm − 9.198 (8.17)
caratterizzata da un coefficiente di correlazione pari a 0.71 (Fig. 8.20).
Capitolo 8: Metodi di indagine Pag. 105
Relazione b-vm
4
y = 0.0076x - 9.198
3 R2 = 0.713
2
b
1
0
1350 1400 1450 1500 1550 1600
vm
A valle delle analisi eseguite, appare pertanto che, con riferimento a tufi gialli
caratterizzati da una velocità compresa nel campo investigato ovvero tra circa 1250 m/s e
1750 m/s, si può effettuare una previsione sufficientemente accurata della resistenza a
compressione utilizzando sia la velocità ultrasonica che l’indice di concentrazione spettrale
individuando con il primo parametro il termine noto della rette di correlazione e con il
secondo la pendenza ottenendo in definitiva la seguente espressione di correlazione tra i
parametri ultrasonici e la resistenza a compressione:
σ r = −9.198 + 0.0076 ⋅ vm + 0.062 ⋅ p (8.18)
Fig. 8.21: Prova sclerometrica per la determinazione della durezza superficiale [2].
8.5.2 Magnetometria
La magnetometria permette di localizzare elementi metallici inglobati all’interno di
strutture costitute da materiali inerti, di caratteristiche magnetiche trascurabili.
La prova consiste nel far scorrere una sonda sulla superficie della muratura; i
materiali ferrosi sono segnalati dalla rilevazione di anomalie nel campo magnetico dello
strumento.
La tecnica è stata messa a punto per il rilievo di armature in strutture in
conglomerato; trasposta nel campo delle analisi di edifici in pietra o laterizi, viene utilizzata
Capitolo 8: Metodi di indagine Pag. 109
8.5.3 La Termografia
La termografia è una tecnica per la visualizzazione delle radiazioni infrarosse
impiegata in vari settori scientifici e industriali; nella diagnostica edilizia essa rappresenta
certamente una delle tecniche di indagine non distruttive per eccellenza. Le indagini di tipo
non distruttivo necessitano dell’applicazione di tecniche ausiliarie per la definizione
quantitativa di quanto rilevato.
Uno dei metodi più adatti a questa integrazione è, in alcuni casi, l’endoscopia che
prevede la visione diretta dell’oggetto di indagine.
L’endoscopia è principalmente basata sull’abilità dell’operatore, mentre la
termografia consente l’uso del computer per elaborare le immagini originali.
L’energia radiante di un corpo è funzione della sua temperatura superficiale; questa
è a sua volta condizionata dalla conducibilità termica e dal calore specifico che traducono
in termini quantitativi, rispettivamente, l’attitudine del materiale a trasmettere calore e a
riternerlo.
L’apparecchiatura termografica consente di rilevare la radiazione infrarossa (I.R.)
emessa dalle varie zone della superficie radiante, permettendone la registrazione e visione
in tempo reale.
Le immagini termiche (termogrammi) sono ottenute tramite la conversione, attuata
da un trasduttore, del segnale I.R. in segnale elettrico che, opportunamente elaborato, forma
sullo schermo del monitor un punto la cui luminosità è proporzionale all’intensità di
irraggiamento in corrispondenza di ogni punto del corpo radiante [2].
La strumentazione di base è costituita da una telecamera con rivelatore fotovoltaico
per la ricezione delle radiazioni I.R. e da una centralina di elaborazione e visualizzazione
delle immagini in bianco e nero sullo schermo di un monitor.
Le immagini possono essere rielaborate e restituite in falso colore. L’apparato nel
suo insieme è alimentato da batterie, trasportabile e di facile manovrabilità.
Per ottenere una immagine di buona qualità, priva di disturbi e con un’ottima
risoluzione termica è necessario che i rivelatori fotovoltaici siano raffreddati alla
temperatura più bassa possibile, stabile ed indipendente dalla temperatura ambiente.
La tecnica termografica si dimostra molto utile e flessibile nel campo della
diagnostica permettendo di rilevare:
- Tamponamenti di aperture nelle murature.
- Differenti materiali costituenti una muratura e ricoperti da uno strato di intonaco
come corsi di malta e mattoni, ciottoli, inserimenti di architravi e colonne in
pietra, inserti in legno, ferro.
- Orditura di elementi strutturali di sostegno in solai piani.
- Centinature di coperture voltate.
- Canalizzazioni di impianti idrico - sanitari e termici in funzione.
Pag. 110 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
Fig. 8.24: risultati di un rilievo termografico sulla zona dell’apertura indicata nella foto
Capitolo 8: Metodi di indagine Pag. 111
dalla muratura lungo i lati verticali mediante l’esecuzione di tagli di uno-due centimetri di
spessore (Fig. 8.26b).
dove P rappresenta il carico applicato in N e An l’area netta del provino fornita dal
prodotto dello spessore del provino per il valore medio delle altre due dimensioni
del campione (portando così in conto gli eventuali piccoli scarti tra i due lati del
provino) e moltiplicato ancora per un coefficiente pari alla percentuale di materiale
lapideo nella composizione della sezione;
- scorrimento γ:
Pag. 114 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
ΔV + ΔH
γ= (8.20)
g
struttura. Questo porta spesso alla necessità di prelevare campioni di grandi dimensioni e
ciò non è sempre possibile; ad esempio, nel caso di edifici di interesse storico -
monumentale è impossibile prelevare campioni anche di dimensioni limitate. Occorre
inoltre tener presente che nel caso di vecchie murature con scadenti caratteristiche della
malta è di solito impossibile, a meno che non si adottino tecniche di prelievo
particolarmente sofisticate ed onerose, il prelievo di campioni indisturbati.
Tali problematiche possono essere evitate se si adottano tecniche di prova alternative
di tipo non distruttivo. In tale ambito, particolarmente interessante è una metodologia di
prova, messa a punto negli anni ’70, basata sull’uso di speciali martinetti piatti inseriti nella
muratura. La tecnica fu applicata per la prima volta nel 1979 per lo studio delle strutture
murarie del Palazzo della Ragione di Milano; da allora ha subìto continui miglioramenti
sino a diventare il mezzo di indagine più affidabile per la determinazione in sito delle
caratteristiche meccaniche di ogni tipo di muratura.
I martinetti piatti utilizzati hanno forme e dimensioni diverse per potersi adattare ad
ogni tipo di muratura, come rappresentato in (Fig. 8.28).
L’uso dei martinetti piatti per lo studio delle caratteristiche meccaniche delle
murature, permette di determinare i seguenti parametri:
a) stato di sollecitazione esistente nel punto di prova;
b) caratteristiche di deformabilità;
c) caratteristiche di resistenza a compressione;
d) caratteristiche di resistenza a taglio.
a) Misura dello stato di sollecitazione
La prova per la determinazione dello stato di sollecitazione è basata sul rilascio tensionale
che avviene a seguito dell’esecuzione di un taglio piano orizzontale e ortogonale alla
superficie del muro.
Il rilascio tensionale determina la parziale chiusura del taglio che può essere valutata
attraverso la misura, prima e dopo il taglio, della distanza tra punti opportunamente scelti.
Si inserisce uno speciale martinetto all’interno del taglio e viene aumentata la pressione
sino ad annullare la deformazione misurata dopo il taglio. Il valore, opportunamente
corretto, della pressione all’interno del martinetto in queste condizioni è pari allo stato di
sollecitazione presente nella muratura in corrispondenza del taglio.
Il taglio per l’introduzione del martinetto piatto, se la muratura è costituita da
laterizio, deve essere eseguito in corrispondenza di un corso di malta realizzando una serie
di fori di diametro 10mm, paralleli e perpendicolari alla superficie, mediante trapano a
percussione completando con utensili manuali allo scopo di arrecare il minor disturbo
possibile alla muratura. Di norma in tali casi si utilizzano martinetti di tipo (c). Nel caso di
murature in pietra squadrata con corsi di malta molto sottili, il taglio è eseguito mediante
disco diamantato di diametro 350mm; si usano in tal caso martinetti di tipo (d).
In caso di muratura con tessitura irregolare o disomogenea è opportuno incrementare
la profondità del taglio e utilizzare martinetti di tipo (e). Se la prova deve essere eseguita su
elementi strutturali di dimensioni ridotte, come ad esempio pilastri, si usano martinetti di
tipo (b).
Pag. 116 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
L’apparecchiatura per l’applicazione del carico è composta da: una pompa idraulica
manuale, due manometri (uno da 50bar e uno da 100bar), tubi flessibili per alte pressioni,
martinetto piatto. Le misure delle deformazioni sono eseguite mediante deformometro
meccanico millesimale di tipo rimovibile con una serie di basi di misura costituite da
piastrine metalliche incollate sulla superficie della muratura.
σ = Km ⋅ Ka ⋅ p (8.22)
Km= costante che tiene conto delle caratteristiche geometriche del martinetto e della
rigidezza della saldatura di bordo; questa costante deve essere determinata mediante
prova di taratura in laboratorio;
Ka=Aj/Ac, rapporto tra l’area del martinetto e quella del taglio;
p= valore della pressione dell’olio all’interno del martinetto che ripristina le
condizioni originarie della muratura.
b) Determinazione dello stato di sollecitazione su muratura con carico eccentrico
La tecnica di prova con martinetto piatto è particolarmente adatta per valutare
eventuali eccentricità di carico in muri o pilastri. A tale scopo è sufficiente eseguire la
prova sulle due facce opposte della parete. È stata eseguita una prova di taratura in
laboratorio, utilizzando un martinetto piatto di dimensioni 40x20cm, per verificarne
l’affidabilità. In Fig. 8.30a è riportato il diagramma di sollecitazione applicato alla
muratura, mentre in Fig. 8.30b sono riportati i risultati ottenuti mediante la prova con
martinetto piatto. È stata eseguita una prima prova su una faccia del campione per
determinare lo stato di sollecitazione, il valore misurato è stato riportato al centro del
martinetto. Successivamente il taglio è stato chiuso, mediante malta espansiva, e dopo
qualche giorno è stata eseguita un’altra prova sulla faccia opposta determinando il secondo
valore di sollecitazione. Si può notare come il diagramma di sollecitazione ottenuto dalle
prove è lineare ed i valori di sollecitazione sono molto prossimi a quelli derivanti
dall’applicazione dei carichi.
Fig. 8.29: Schema ottimale di disposizione delle basi estensimetriche per la misura delle
sollecitazioni.
Pag. 118 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
Fig. 8.30: Schema ottimale di disposizione delle basi estensimetriche per la misura delle
sollecitazioni.
c) Determinazione delle caratteristiche di deformabilità
La determinazione delle caratteristiche di deformabilità è eseguita mediante due martinetti
piatti inseriti in due tagli paralleli realizzati ad una distanza pari a circa la lunghezza del
martinetto. I due martinetti delimitano in tal modo un campione di muratura di dimensioni
apprezzabili sul quale applicano una sollecitazione di compressione monoassiale. Per
mezzo di basi di misura poste sulla superficie del campione si valutano le deformazioni
assiali e trasversali, ottenendo un quadro completo del comportamento deformativo del
campione. Nella Fig. 8.31 è riportato lo schema ottimale per la disposizione delle basi
estensimetriche per la misura delle deformazioni assiali trasversali.
Per l’esecuzione della prova di deformabilità è consigliabile utilizzare i martinetti di
dimensioni maggiori. Sulle murature in laterizio è opportuno l’impiego di martinetti di tipo
(c) di dimensioni 40x20cm, mentre per le murature in pietra è consigliabile usare martinetti
a forma semicircolare, (e) e (f).
L’attrezzatura per eseguire la prova è analoga a quella descritta in precedenza per la
determinazione dello stato tensionale. I due martinetti devono essere connessi in parallelo
alla pompa di pressione.
Capitolo 8: Metodi di indagine Pag. 119
Fig. 8.31: Disposizione ottimale delle basi estensimetriche per la misura delle deformazioni
assiali trasversali.
Le fasi della prova per la determinazione delle caratteristiche di deformabilità sono
le seguenti:
1. Scelti i corsi di malta dove eseguire il taglio, si procede all’incollaggio delle
piastrine metalliche che realizzano le basi di misura delle deformazioni assiali e
trasversali.
2. Si eseguono alcuni cicli di carico, incrementando gradualmente la pressione nei
martinetti, con livelli di sollecitazione gradualmente crescenti. I valori massimi di
sollecitazione sono scelti in base al tipo di muratura in esame, comunque non
superiori al 50% della resistenza a compressione monoassiale. Per ogni livello di
sollecitazione devono essere eseguiti almeno due cicli di carico e scarico, inoltre a
carico costante devono essere esaminate le deformazioni di tipo viscoso (creep).
Indicando con δ il generico intervallo di sollecitazione, il modulo di deformabilità
può essere ottenuto dalla relazione:
δ
E= (8.23)
ε
dove ε è la deformazione dovuta a δ misurata in corrispondenza della base centrale.
d) Determinazione delle caratteristiche di resistenza a compressione
La prova con doppio martinetto appena descritta può essere utilizzata anche per valutare la
resistenza a compressione delle murature. A tal fine il carico applicato dai martinetti viene
gradualmente incrementato fino a quando compaiono le prime lesioni nei mattoni; il valore
della resistenza a compressione può essere stimato con buona approssimazione mediante
estrapolazione della curva sforzi deformazioni. Occorre rilevare che quando il campione si
Pag. 120 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
trova in condizioni prossime alla rottura, appaiono solo fessure locali nei mattoni e pertanto
il danno apportato alla muratura può ritenersi trascurabile; il ripristino delle condizioni
originarie della muratura risulta molto agevole.
Un diagramma tipico sforzi - deformazioni ottenuto con questa prova è riportato in
(Fig. 8.32); nella stessa figura è riportata anche la curva ottenuta tramite la prova
convenzionale di compressione uniassiale eseguita su un provino avente le stesse
dimensioni di quello individuato dai due martinetti. Tale confronto mostra che la prova con
martinetti piatti tende a sovrastimare il valore della resistenza a compressione rispetto a
quello fornito dalla prova convenzionale. Dall’esame dei risultati di una serie di prove
eseguite su diversi campioni si è osservato che questa sovrastima è compresa tra il 10% e
15%.
Fig. 8.32: Curva tipo sforzi – deformazioni ottenuta mediante prova con doppio martinetto
spinta fino a rottura del campione.
e) Determinazione della resistenza a taglio lungo i corsi di malta mediante martinetti
piatti.
La resistenza a taglio lungo i corsi di malta è un parametro di fondamentale importanza per
nelle verifiche di edifici in muratura. Con i martinetti piatti e l’ausilio di un martinetto
idraulico è possibile pervenire alla determinazione di questo parametro mediante tecnica di
tipo non distruttivo. L’esecuzione della prova consiste nelle seguenti fasi:
1. Si procede all’estrazione di un mattone che viene sostituito da un martinetto
idraulico Fig. 8.33a. Questo applica una sollecitazione di taglio al mattone
adiacente,
2. Si isola il mattone adiacente mediante la tecnica illustrata in Fig. 8.33b.
Capitolo 8: Metodi di indagine Pag. 121
3. Si dispongono due martinetti piatti sopra e sotto il mattone isolato, mediante i quali
viene applicata la componente di sollecitazione normale ai corsi di malta.
Con una serie di trasduttori elettrici si misurano gli scorrimenti relativi del mattone
sottoposto a prova rispetto ai corsi dei mattoni adiacenti nonché le deformazioni normali ai
corsi di malta. Lo schema delle basi di misura è illustrato in Fig. 8.34.
Tale tecnica permette di determinare i valori di resistenza a taglio di picco e residua
dei corsi di malta. Eseguendo alcune prove con diversi valori di sollecitazione normale è
possibile determinare il valore dell’angolo di attrito interno e quello della coesione della
malta, nella Fig. 8.35 sono riportati i risultati di una serie di prove eseguite su una muratura
esistente per determinare i parametri di resistenza a taglio.
Fig. 8.34: Basi di misura per l’esecuzione della prova di taglio lungo i corsi di malta.
Pag. 122 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
Fig. 8.35: Valori della resistenza di picco e residui ottenuti su una muratura esistente.
La tecnica dei martinetti piatti rientra nelle prove di tipo non distruttivo, poiché dopo
l’esecuzione della prova, la muratura può essere facilmente riportata alle condizioni
originarie. I risultati forniti sono di sicura affidabilità in quanto il campione può ritenersi
certamente indisturbato e di dimensioni tali da risultare rappresentativo del comportamento
medio globale della struttura. Le attrezzature di carico e la strumentazione di misura sono
molto semplici e di rapida installazione, permettendo di eseguire una prova completa in 7-8
ore. Questo tipo di prova risulta quindi meno onerosa di una prova di tipo distruttivo
eseguita su un campione delle stesse dimensioni, infatti, quest’ultima richiede un tempo
non inferiore a 25-30 ore.
Un altro non trascurabile vantaggio consiste nella possibilità di lasciare i martinetti
all’interno della muratura durante gli interventi di restauro, in modo da usarli come celle di
pressione. È possibile così rilevare tempestivamente eventuali improvvisi sovraccarichi
indotti sulle strutture murarie dagli interventi di restauro.
Per tutti i tipi di prove sono state eseguiti test di taratura in laboratorio su campioni
di muratura appositamente realizzati.
Le prove di taratura per la determinazione dello stato di sollecitazione sono state
eseguite applicando al campione di muratura uno stato di sollecitazione noto e
confrontando questo valore con quello determinato mediante la prova con martinetto. La
correlazione tra i valori di sollecitazione misurati e quelli applicati è risultata molto buona,
la retta di interpolazione dei risultati sperimentali è praticamente coincidente con la retta
teorica (Fig. 8.36). Le differenze medie tra i valori applicati e quelli misurati non sono
superiori al 5%.
Capitolo 8: Metodi di indagine Pag. 123
Fig. 8.36: Risultati delle prove di taratura con martinetti rettangolari 40x20 cm (tipo c).
Fig. 8.37: Confronti fra i moduli di deformabilità ottenuti mediante martinetti piatti (Em) e
quelli ottenuti con prove di compressione monoassiale di tipo convenzionale (Ec).
Capitolo 8: Metodi di indagine Pag. 125
E’ apparso quindi evidente da tale analisi sui sottoassemblaggi di muratura che l’entità della
discontinuità del corrente di malta è attendibilmente rilevabile tramite indagini soniche. Se
inoltre si tiene conto che una discontinuità della malta comporta anche una riduzione della
resistenza della muratura per effetto della concentrazione degli sforzi, è da attendersi una
correlazione tra la riduzione di velocità sonica della muratura degradata rispetto a quella
teorico-analitica di muratura perfetta con la resistenza della muratura stessa. Allo scopo di
esplicitare il legame tra velocità sonica, livello di degrado e resistenza della muratura, è
stato pianificato un programma sperimentale su edifici del centro storico di Salerno.
L’intero programma sperimentale è sinteticamente riportato in Tab. 8.10. Nel seguito
vengono esaminati i risultati sulle murature M2MU1, M2MU2, CA2MU1, realizzate con
tufo giallo, M2MU3, realizzata con calcari e tufo giallo, CA3MU3, realizzata con calcari,
tufo giallo e travertino e CA2MU2 e TL2MU1, realizzate solo con calcari. I risultati
dell’intero programma sperimentale sviluppato sono contenuti in [5]. Allo scopo di
investigare il livello globale di degrado di un pannello murario, sono state effettuate
indagini soniche in diversi punti del pannello stesso. Inoltre, in ciascun punto di indagine, le
misure sono state ripetute più volte. In Figura 8.24, ad esempio, vengono ritratti il pannello
murario M2MU2 e la mesh con nove punti di lettura adottata per le misurazioni soniche.
Nella Tab. 8.11 sono riportati i valori della velocità sonica registrati nei diversi punti. Si
può osservare la grande variabilità di detti valori della velocità nei diversi punti di lettura.
Tab. 8.10: Intero programma sperimentale su murature in pietra naturale
Ubicazione Piano Sigla Tipologia Tipologia Spessore Analisi soniche Carotaggi Analisi Martinett
edificio muratura muratura materiale endoscopiche i piatti
lapideo [cm] Numero di Numero di Numero di .
punti di misura prove tests
3 F3MU1 Caotica Tufo giallo e 2 2 -
Fiore grigio 40 11
3 F3MU2 Caotica Travertino 50 9 2 2 -
2 M2MU1 Blocchi Tufo giallo 54 (p) 12 - - -
San squadrati
Michele 2 M2MU2 Blocchi Tufo giallo 53 (p) 9 2 2 1
squadrati
2 M2MU3 Caotica Calcare e 51 (p) 9 2 2 1
tufo giallo
2 CA2MU1 Blocchi Tufo giallo 47 12 3 3 1
squadrati
Ex carcere 2 CA2MU2 Caotica Calcare 100 12 1 1 1
Calcare, tufo 3 3
3 CA3MU3 Caotica giallo e 52 9 1
travertino
3 CA3MU4 Caotica Calcare 80 9 1 1 -
GEMU1 Caotica Calcare, tufo - - -
Genovese giallo e 70 9
grigio
Torre 1 TL2MU1 Caotica Calcare 70 9 - - 1
Dei ladri 2 TL1MU2 Caotica Calcare 70 12 - - -
3 TL5MU3 Blocchi Tufo grigio 35 9
squadrati
(p) muratura con intonaco
Capitolo 8: Metodi di indagine Pag. 127
Tab. 8.11: Valori della velocità sonica sulle murature M2MU1, M2MU2, M2MU3 e
CA2MU1
Punto di lettura
Muratura Misure 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12
1 770 1250 1410 1160 140 820 1580 1160 370 890 1450 1120
M2MU1 2 830 1130 1240 1090 470 690 1380 850 400 800 1180 1070
3 800 990 1050 990 140 630 1140 860 430 740 1220 1010
Media 800 1123 1233 1080 250 713 1367 957 400 810 1283 1067
1 770 520 550 1170 640 920 590 400 1100 - - -
M2MU2 2 840 410 570 1230 560 910 580 400 1010 - - -
3 720 490 530 1060 500 900 570 420 940 - - -
Media 777 473 550 1153 567 910 580 407 1017 - - -
1 860 1140 630 600 810 860 500 710 680 - - -
2 900 990 620 600 710 890 500 660 610 - - -
3 790 960 680 590 700 880 490 680 610 - - -
4 870 910 650 590 610 910 440 720 680 - - -
M2MU3 5 760 930 590 550 640 840 440 730 610 - - -
6 730 990 660 650 680 840 510 580 610 - - -
7 740 900 590 610 630 760 490 560 630 - - -
8 840 940 630 560 660 780 410 640 630 - - -
9 920 940 560 570 580 740 440 - - - - -
10 800 1010 570 580 570 760 460 - - - - -
Media 821 971 618 590 659 826 468 660 633 - - -
1 341 440 620 220 560 450 650 560 790 650 490 500
2 349 460 680 200 510 460 720 480 630 590 440 490
3 303 530 470 220 440 410 430 540 640 560 410 460
4 330 470 400 230 480 420 450 510 620 510 480 330
CA2MU1 5 330 - 350 220 370 320 500 530 510 550 390 450
6 310 - 370 - 390 - 520 530 650 450 400 380
7 290 - - - - - 540 550 540 520 420 360
8 280 - - - - - 550 460 600 470 340 400
9 320 - - - - - 470 500 610 500 - 380
10 - - - - - - 430 480 590 460 - -
Media 317 475 482 218 458 412 526 514 618 526 421 417
Pag. 128 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
7 8 9
50
4 5 6
50
1 2 3
50 50
Allo scopo di evidenziare l’influenza delle imperfezioni interne in murature reali sul valore
della velocità sonica, sono state preliminarmente effettuate indagini endoscopiche in
corrispondenza di alcune sezioni di muratura investigate con indagini soniche. Ad esempio,
per la muratura M2MU2, sono stati investigati con indagine endoscopica i punti 4 e 8
caratterizzati rispettivamente dalla velocità sonica più alta e più bassa. L’analisi
endoscopica ha mostrato in corrispondenza del punto 8 la presenza di un significativo
distacco tra malta e materiale lapideo (Fig. 8.40) mentre un miglior contatto malta-
materiale lapideo è stato riscontrato in corrispondenza del punto 4 (Fig. 8.41). Tale risultato
è stato poi confermato dalle analisi soniche ed endoscpiche condotte sulle murature
M2MU3, CA2MU1, CA2MU2 e CA2MU3 [5].
Allo scopo di quantificare il livello di degrado della muratura commisurato al
maggiore o minore distacco tra malta e materiale lapideo, si è proceduto alla valutazione
della scarto tra il valore della velocità sonica Vexp misurato in sito direttamente sulla
muratura ed il valore analitico Van determinato a partire dalla velocità ultrasonica dei
materiali costituenti la muratura. Sempre con riferimento al pannello murario M2MU2, per
il tufo giallo l’analisi condotta sul materiale estratto dallo stesso edificio ha fornito un
valore medio della velocità ultrasonica pari a 1592 m/s mentre per la malta, l’indagine
ultrasonica condotta sempre su campioni estratti dalla muratura, ha fornito un valore della
velocità ultrasonica di 1575 m/s quindi molto prossimo a quello del tufo giallo [5].
Pertanto, tenendo conto che la sezione trasversale della muratura è caratterizzata
dalla presenza di tre conci lapidei, due correnti di malta e due strati di intonaco, ed
assumendo per semplicità, per l’intonaco la stessa velocità della malta, si ottiene il seguente
valore analitico del tempo di attraversamento dell’onda sonica:
0.12 0.41
tan = + = 333.73 ⋅ 10− 6 s (8.24)
1575 1592
Capitolo 8: Metodi di indagine Pag. 129
Invece, con riferimento al punto di lettura 4, si ottiene un valore ridotto del livello di
degrado pari a DV=27.39% in accordo a quanto osservato mediante endoscopio.
Partendo dalla valutazione del livello di degrado in ciascun punto di lettura, è
possibile stimare il livello di degrado complessivo della muratura DVM. A tale scopo,
relativamente alle murature M2MU2 e M2MU1, caratterizzate da velocità soniche del
materiale lapideo e della malta tra di loro prossime, tutte le possibili sezioni attraversate
dall’onda sonica sono caratterizzate dalla stessa valore analitico della velocità.
(Fig. 6.14-b)
0 cm 1 cm 0 cm 1 cm
Fig. 8.40: Distacco tra malta e materiale Fig. 8.41: Contato tra malta e materiale
lapideo (Punto 8) lapideo (punto 4)
Pertanto, nel caso della muratura M2MU2, assumendo per tutte le sezioni
attraversate dall’onda come valore analitico della velocità sonica quello del materiale
lapideo (Van=1592 m/s), il degrado complessivo della muratura, ottenuto come valore
medio fornito dalle letture in tutti i punti, risulta pari a DVM=55%. Un’analisi similare è
stata condotta per la muratura M2MU1 i cui valori sperimentali della velocità sonica sono
riportati in Tabella 8.10. Per tale muratura è risultato un valore medio della velocità sonica
pari a 924 m/s con un livello di degrado della muratura pari al 42.6%.
Pag. 130 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
∑N i ⋅ DVi
DVM = i =1
ng (8.26)
∑ Ni
i =1
Tab. 8.13: Confronto tra valori sperimentali e valori stimati della resistenza a compressione
della muratura
Valore
sperimentale Valore della resistenza
della resistenza Valore analitico della resistenza in compressione in compressione con
in degrado (Eq. 6)
Muratura compressione
fwc,exp
2
fbc
2
fmc
2
Formula fwc,an
2
f wc ,an f wc , D
[N/mm ] [N/mm ] [N/mm ] adottata [N/mm ] DVM fwc,D
f wc ,exp (%) [N/mm ]
2 f wc ,exp
M2MU1 2.30 2.75 5.0 Eq. 4 3.835 1.67 42.6 2.20 0.95
M2MU3 1.661 2.75 5.0 Eq. 4 3.835 2.31 68.0 1.23 0.74
CA2MU1 1.278 3.865 2.5 Eq. 4 3.33 2.60 60.0 1.33 1.05
CA2MU2 3.195 8.31 2.5 Eq. 5 8.66 2.71 69.0 2.69 0.84
CA3MU3 1.278 3.865 2.5 Eq. 4 3.33 2.60 75.3 0.83 0.65
TL2MU1 2.308 8.81 2.5 Eq. 5 8.66 3.75 73.0 2.34 1.01
Media 2.61 0.87
Approccio semplificato
La metodologia precedentemente illustrata può essere resa più speditiva mediante
l’impiego di opportuni abachi. In Fig. 8.42 viene mostrato, in maniera esemplificativa,
l’abaco predisposto per la muratura CA2MU1. Esso è riferito ai valori della resistenza del
tufo giallo e della malta riscontrati per l’edificio in esame.
Tale abaco consente contemporaneamente di individuare il livello di degrado della
muratura e di prevedere la resistenza della muratura. In particolare, la parte sinistra
dell’abaco permette di valutare il livello di degrado sulle ordinate a partire dalle velocità
soniche rilevate sulla muratura e sul materiale base riportate, in termini di rapporto, sulle
ascisse. In pratica, tale parte sinistra dell’abaco contiene le curve di correlazione tra il
livello di degrado ed il rapporto tra velocità reale e velocità attesa al variare della sezione
attraversata, quest’ultima espressa in termini di rapporto tra lo spessore complessivo della
malta e lo spessore complessivo del materiale lapideo. La parte destra dell’abaco contiene
invece le curve di correlazione tra la resistenza della muratura e quelle dei materiali base,
malta e concio lapideo, portando in conto il livello di degrado secondo la relazione (8.29).
Ai fini dell’applicazione di tale abaco si può procedere in maniera più accurata portando
in conto la suddivisione in gruppi delle letture soniche mediante l’impiego della cluster
analysis oppure, in maniera più spedita ma chiaramente più approssimata, trascurando la
suddivisione in gruppi delle misure e facendo riferimento direttamente al valore medio
delle letture effettuate sulla parete.
Facendo ricorso alla procedura semplificata, nel caso della muratura CA2MU1 (Fig.
8.42), si calcola il valore medio complessivo delle velocità soniche misurate sulla parete e
riportate in Tab. 8.11. Tale valore medio risulta pari a 526 m/s circa. Per quanto concerne il
rapporto tm/tb, nel metodo semplificato può farsi riferimento a quello corrispondente alle
Pag. 134 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
sezioni trasversali più diffuse che, nel caso della muratura in esame, sono caratterizzate
dalla presenza di uno o due correnti trasversali di malta. Si ottiene quindi, un valore medio
del rapporto tm/tb pari a 0.10. Per quanto concerne il tufo giallo, dalle prove effettuate in sito
è emersa una velocità di 1596 m/s, mentre per la resistenza è stato assunto il valore medio
ottenuto dall’analisi complessiva sul tufo giallo pari a 38.65 kg/cm2. Pertanto, il rapporto
v/vb assume il valore di 0.33. Sulla base di tali valori, si ottiene la costruzione riportata in
Fig. 8.42. Da essa emerge un livello di degrado pari al 64% ed una previsione conservativa
della resistenza della muratura pari a 11 kg/cm2 a fronte di un valore della resistenza fornito
dalla prova con martinetti piatti di 12.8 kg/cm2.
Fig. 8.42: Determinazione della resistenza della muratura CA2MU1 tramite abachi
Capitolo 8: Metodi di indagine Pag. 135
8.7 Monitoraggio
Il monitoraggio strutturale è finalizzato alla conoscenza del comportamento di un’opera sia
nella fase diagnostica, per stabilire se il degrado presenta aspetti evolutivi che possono
incidere negativamente sulla sicurezza delle strutture, sia in fase di consolidamento e a
lavori ultimati per la verifica degli interventi realizzati.
In fase diagnostica il monitoraggio consiste nella messa in opera di strumentazione
sia di tipo fisso che mobile, per la seconda fase si usa strumentazione di tipo elettrico,
analogica o digitale, interfacciabile con sistemi di acquisizione dati.
Nel seguito si dà una rapida descrizione degli strumenti e sistemi utilizzati per
monitorare il comportamento statico e dinamico delle costruzioni.
Nei casi in cui è richiesta una maggiore precisione delle misure si fa uso di diversi
strumenti dotati di trasduttori elettrici in modo da consentire la lettura remota, oppure
fessurimetri elettronici per misure di tipo removibile dotati di display a cristalli liquidi (Fig.
8.44).
Per la misura di spostamenti relativi tra punti relativamente distanti si usano i
deformometri a filo: un filo di acciaio INVAR tra il riscontro e la carcassa dello strumento
trasmette le variazioni al trasduttore di spostamento.
8.8.2 Geometria
La conoscenza della geometria strutturale di edifici esistenti in muratura deriva di regola da
operazioni di rilievo.
Tale operazione comprende il rilievo, piano per piano, di tutti gli elementi in muratura e
di eventuali nicchie, cavità, canne fumarie, il rilievo delle volte (spessore e profilo), dei
solai e della copertura (tipologia e orditura), delle scale (tipologia strutturale), la
individuazione dei carichi gravanti su ogni elemento di parete e la tipologia delle
fondazioni. La rappresentazione dei risultati del rilevo verrà effettuata attraverso piante,
prospetti e sezioni.
Dovrà inoltre essere rilevato e rappresentato lÊeventuale quadro fessurativo,
classificando ciascuna lesione secondo la tipologia (distacco, rotazione, scorrimento,
spostamenti fuori del piano, ...), e deformativo (evidenti fuori piombo, rigonfiamenti,
depressioni nelle volte, ...). La finalità è di consentire, nella successiva fase diagnostica,
lÊindividuazione dellÊorigine e delle possibili evoluzioni delle problematiche strutturali
dellÊedificio.
Sono basate su esami visivi della superficie muraria. Tali esami visivi saranno condotti
dopo la rimozione di una zona di intonaco di almeno 1m x 1m, al fine di individuare forma
e dimensione dei blocchi di cui è costituita, eseguita preferibilmente in corrispondenza
degli angoli, al fine di verificare anche le ammorsature tra le pareti murarie.
Dovrà essere valutata, anche in maniera approssimata, la compattezza della malta.
Dovrà essere valutata la capacità degli elementi murari ad assumere un comportamento
monolitico in presenza delle azioni sismiche, valutandone la qualità della connessione
interna e trasversale attraverso saggi localizzati, che interessino lo spessore murario.
Indagini in-situ estese: le indagini di cui al punto precedente devono essere effettuate in
maniera estesa e sistematica, con saggi superficiali ed interni per ogni tipo di muratura
presente. Prove con martinetto piatto doppio e prove di caratterizzazione della malta (tipo
di legante, tipo di aggregato, rapporto legante/aggregato...), e eventualmente di pietre e/o
mattoni (caratteristiche fisiche e meccaniche) sono richieste per verificare la
corrispondenza della muratura alle tipologie definite nella Tabella C8A.2.1. E' richiesta una
prova per ogni tipo di muratura presente. Metodi di prova non distruttivi (prove soniche,
prove sclerometriche, penetrometriche per la malta, ...) possono essere impiegati a
complemento delle prove richieste. Qualora esista una chiara, comprovata corrispondenza
tipologica per materiali, pezzatura dei conci, dettagli costruttivi, in sostituzione delle prove
sull'edificio oggetto di studio possono essere utilizzate prove eseguite su altri edifici
presenti nella zona dell'edificio. Le Regioni potranno, tenendo conto delle specificità
costruttive del proprio territorio, definire zone omogenee a cui riferirsi a tal fine.
Indagini in-situ esaustive: servono per ottenere informazioni quantitative sulla
resistenza del materiale. Si richiede, in aggiunta alle verifiche visive,ai saggi interni ed alle
prove di cui ai punti precedenti, di effettuare una ulteriore serie di prove sperimentali che,
per numero e qualità, siano tali da consentire di valutare le caratteristiche meccaniche della
muratura.
La misura delle caratteristiche meccaniche della muratura si ottiene mediante
esecuzione di prove, in situ o in laboratorio (su elementi non disturbati prelevati dalle
strutture dellÊedificio).
Le prove possono in generale comprendere prove di compressione diagonale su pannelli
o prove combinate di compressione verticale e taglio. Metodi di prova non distruttivi
possono essere impiegati in combinazione, ma non in sostituzione di quelli sopra descritti.
Qualora esista una chiara, comprovata corrispondenza tipologica per materiali,
pezzatura dei conci, dettagli costruttivi, in sostituzione delle prove sull'edificio oggetto di
studio possono essere utilizzate prove eseguite su altri edifici presenti nella zona
dell'edificio. Le Regioni potranno, tenendo conto delle specificità costruttive del proprio
territorio, definire zone omogenee a cui riferirsi a tal fine.
I risultati delle prove devono essere esaminati e considerati nellÊambito di un quadro di
riferimento tipologico generale che tenga conto dei risultati delle prove sperimentali
disponibili in letteratura sino a quel momento per le tipologie murarie in oggetto, e che
consenta di valutare, anche in termini statistici, la effettiva rappresentatività dei valori
trovati.
Pag. 144 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
Per i diversi livelli di conoscenza, per ogni tipologia muraria, i valori medi dei parametri
meccanici verranno definiti come segue:
LC1 - resistenze: i minimi degli intervalli riportati in Tabella C8A.2.1 per la tipologia
muraria in considerazione; moduli elastici: i valori medi degli intervalli riportati
nella tabella suddetta;
LC2 - resistenze: medie degli intervalli riportati in Tabella C8A.2.1 per la tipologia muraria
in considerazione; moduli elastici: valori medi degli intervalli riportati nella tabella
suddetta;
LC3 - caso a) Nel caso siano disponibili tre valori sperimentali di resistenza. Resistenze:
media dei risultati delle prove; moduli elastici: media delle prove o valori medi degli
intervalli riportati nella Tabella C8A.2.1 per la tipologia muraria in considerazione.
caso b) Nel caso siano disponibili due valori sperimentali di resistenza. Se il valore
di resistenza è compreso nell'intervallo riportato nella Tabella C8A.2.1 per la
tipologia muraria in considerazione, si assumerà come resistenza il valore medio
dell'intervallo, se è maggiore dellÊestremo superiore dellÊintervallo si assumerà
questÊultimo come resistenza, se è inferiore al minimo dell'intervallo, si utilizzerà
come valore medio il valore medio sperimentale. Per i moduli elastici vale quanto
indicato per il caso LC3 – caso a.
Capitolo 8: Metodi di indagine Pag. 145
8.9 Bibliografia
[1] R. Riccioni, P. P. Rossi: Restauro edilizio e monumentale, diagnosi e consolidamento.
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Conference, Proceedings of the British Masonry Society, No. 9, Londra, November
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seminario sul tema: sperimentazione su strutture, attualità ed affidabilità delle
metodologie di indagine. Venezia 12 –13 Febbraio 1993.
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[21] F. Cianfrone: Indagini microsismiche ed ultrasoniche. Atti del seminario
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[22] P. Da Ponte:“Rilevamento e controllo del danno in materiali strutturali mediante
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[23] A. Zanetti: Tomografia sonica. Atti del seminario sul tema: sperimentazione su
strutture, attualità ed affidabilità delle metodologie di indagine. Venezia 12 –13
Febbraio 1993.
[24] A. Castoldi: Programmazione dei diversi tipi di prova per le diverse problematiche.
Atti del seminario sul tema: sperimentazione su strutture, attualità ed affidabilità delle
metodologie di indagine. Venezia 12 –13 Febbraio 1993.
[25] Regione dell’Umbria: Manuale per la riabilitazione e la ricostruzione postsismica degli
edifici; Tipografia del Genio Civile, Roma 1999.
[26] G. Deprisco: Individuazione delle caratteristiche tipologiche di elementi murari
mediante l’impiego di ultrasuoni, Tesi di Diploma in Ingegneria delle Infrastrutture,
relatore prof. Ciro Faella, correlatore ing. Gianvittorio Rizzano, Facoltà di Ingeneria,
Università degli Studi di Salerno, A. A. 1997/98.
[27] F Lupinacci, Analisi nel dominio del tempo e della frequenza su segnali ad ultrasuoni
provenienti da provini in calcestruzzo, Tesi di Laurea, facoltà di Ingegneria,
Università della Calabria, A.a. 1987/1988
[28] Rapporto prove dipartimento ingegneria civile università degli studi di Salerno
Capitolo 9
4) nel quarto gruppo vi sono i terreni a debole coesione interessati da falde acquifere
superficiali, o zone carsiche interessate da gallerie e cavità.
• La scala MCS
Tale scala è basata solo su effetti indiretti e danni stimati qualitativamente e non
sull’analisi quantitativa dei danni provocati.
La quasi totalità dei terremoti passati è stata classificata in base a questa scala;
pertanto, resta uno strumento insostituibile (almeno per i prossimi secoli) per i dati di
pericolosità. Si riportano di seguito le caratteristiche essenziali di questa scala.
• La scala MSK
Con il passare degli anni si è cercato di migliorare la scala MCS, in quanto risultava
più interessante classificare un terremoto sulla base di uno scenario di danno anziché sugli
effetti sintomatici come le crepe sulle strade o la caduta di oggetti dai mobili.
La scala MSK è del 1964 e si articola su 12 gradi. Solo dal V grado in su sono
associati danni alle strutture. Il danno è stimato per tre categorie tipologiche; sono definite
di tipo A le costruzioni in pietrame, di tipo B quelle in mattoni e di tipo C quelle armate.
I o − I = k ⋅ log 1 + D 2 / h 2 (9.3)
in cui T è il tempo medio di attesa affinché un valore d’intensità I, superi una soglia Io. Tale
valore si ricava da leggi di ricorrenza del tipo:
Log ( N ) = a − b ⋅ I o (9.5)
in cui N è il numero medio annuo di eventi d’intensità I>Io e T=1/N.
Dalla formula di Poisson possiamo quindi calcolare la probabilità di eccedenza di un
evento sismico Io, in un tempo t arbitrario, dopo aver calcolato N e quindi T(I>Io) dalla
legge di ricorrenza. Per comprendere meglio l’importanza della legge di intercorrenza,
possiamo fare il seguente esempio: in base alla sola legge di ricorrenza potremo giungere
all’errata conclusione che un evento con T(I>Io)=100 anni, in un intervallo di tempo t=100
anni, abbia una probabilità p(I>Io)=1, il che ovviamente non è vero: infatti tale risultato si
verifica solo se l’intervallo temporale tende all’infinito. La relazione poissoniana ci dice
invece che se T=100 e t=100, l’evento ha una probabilità di verificarsi: p(I>Io)=63%. Si
chiarisce a questo punto anche la differenza tra probabilità di eccedenza p(I>Io) e la
frequenza annua di ricorrenza (N) di un evento sismico: quest’ultima, infatti, si ricava
direttamente dalle leggi di ricorrenza e può essere usata nelle stime di rischio, poiché in
questo caso si considera un arco temporale infinito. Poiché le leggi di ricorrenza
solitamente sono proposte in termini di frequenze cumulate, si dovranno eventualmente
effettuare solo delle opportune conversioni se siamo interessati alle frequenze relative
annue. La probabilità di eccedenza invece, oltre ad essere per definizione una frequenza
cumulata, esprime la probabilità che un evento sia superato in un intervallo temporale
limitato.
La stima della pericolosità è stata effettuata suddividendo il territorio italiano i
maglie geografiche di circa 8x10 km e ricavando (per tentativi, dalla formula di Poisson) in
ciascuna maglia il valore d’intensità MCS che ha una probabilità di eccedenza del 10% in
tempi di 10, 50 o 100 anni. Tali tempi di osservazione con una p(I, t)=10% corrispondono a
periodi di ritorno di circa 95, 475, 1000 anni (congruenti sia coi tempi di vita media delle
costruzioni, che con la copertura temporale del catalogo). Le carte di pericolosità sono state
ottenute tracciando le curve
Capitolo 9: Definizione della vulnerabilità sismica per edifici in muratura Pag. 153
A partire dagli studi successivi al terremoto del 1980, la conoscenza della mappa di
scuotibilità sismica disponibile per un territorio, consente di procedere alla classificazione
sismica del territorio stesso, ossia alla suddivisione di quest’ultimo in zone omogenee dal
punto di vista del pericolo sismico, contraddistinte da un grado di sismicità a partire dal
quale si possono definire le azioni sismiche di progetto delle costruzioni.
In realtà è molto difficile calibrare tale protezione a quella che si accetta nei
confronti di altri rischi connessi alle principali attività umane. In ultima analisi la
definizione di un coefficiente di sismicità è una scelta politica che deriva dal giusto
compromesso tra maggiore sicurezza e maggiore costo sociale. Ne consegue che la
classificazione sismica è la sintesi della valutazione di un rischio che si ritiene accettabile.
Pertanto essa dovrebbe essere valutata non solo tenendo conto della pericolosità della zona
ma esaminare il livello di esposizione e la vulnerabilità al danneggiamento.
Bisogna poi considerare che in generale, il costo dell’adeguamento sismico ricade
interamente sui cittadini che abitano in tali zone, poiché solo sotto la spinta emotiva a
seguito di eventi drammatici si mobilita la solidarietà nazionale, e questo implica un
aggravio economico che i comuni più depressi non possono sostenere e per i quali risulta
più conveniente assumere un livello di rischio più alto. Va tenuto anche presente, che i
maggiori costi da affrontare per le nuove costruzioni, sono poca cosa rispetto agli interventi
di adeguamento che dovrebbero eventualmente essere predisposti per migliorare la
situazione esistente.
Purtroppo però, la classificazione sismica italiana, ha seguito sino al 1980 il criterio
empirico di includere i comuni nelle zone sismiche, soltanto dopo il verificarsi in questo
secolo di un terremoto distruttivo nell’area; per cui spesso i terremoti dei secoli precedenti,
non sono stati tenuti in considerazione.
Le norme sismiche italiane (a partire dal D.M. 3/3/75 fino all’attuale D.M. 16/1/96)
prevedono tre gradi di sismicità: 1a categoria con S=12, 2a categoria con S=9 e 3a categoria
con S=6. Una volta fissato il valore del coefficiente sismico da utilizzare in una certa zona,
la legge richiede che l’edificio resista a quel determinato livello di forze orizzontali.
9.2.2 Esposizione
L’esposizione sismica indica la qualità e le quantità di beni materiali e risorse umane
componenti la realtà territoriale ed urbana il cui stato, comportamento e sviluppo può essere
alterato da un evento sismico. Per i danni edilizi, l’esposizione al rischio può essere
quantificata alla misura dei volumi totali, raggruppati per classi tipologiche, presenti in una
zona a rischio sismico. Moltiplicando i costi unitari (al metro cubo o al metro quadro di
superficie) da sostenere per riparazioni o ricostruzioni (in un certo intervallo di tempo), per
le quantità complessive danneggiabili (prevedibili in base ad un’analisi accoppiata di
pericolosità e vulnerabilità), si può ottenere una stima del danno economico totale atteso.
Per i danni umani invece l’esposizione è rappresentata dal numero di persone
coinvolte in vario modo dall’evento, per le quali sono attesi danni in termini di morti, feriti
e senzatetto.
Pag. 154 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
Per la determinazione della perdita economica diretta, è necessario stimare, per ogni
comune, i volumi o le superfici degli edifici, ed i costi medi unitari di riparazione per
differenti livelli di danno.
Per considerare gli effetti diretti sulla popolazione, bisogna distinguere due
categorie:
• “Persone potenzialmente coinvolte da crolli”: pari alla somma di morti più feriti.
• “senzatetto”: pari al prodotto delle abitazioni inagibili per il numero medio di
abitanti per abitazione.
Per quantificare il numero di decessi e più in generale per analizzare il problema
dell’esposizione umana, occorre considerare l’ora dell’evento, la destinazione d’uso
prevalente dell’area (industriale, agricola, abitativa) e altre variabili sulle percentuali di
sopravvivenza. Una formula di stima del numero di decessi in funzione di questi parametri
è la seguente (proposta da Coburn, 1992):
Ks = D5 x [M1xM2xM3x(M4+M5)] (9.6)
dove:
• Ks = numero dei decessi attesi.
• D5 = numero di abitazioni crollate.
• M1 = numero di abitanti per abitazione.
• M2 = percentuale di occupanti nelle varie ore del giorno, funzione del tipo di
società.
• M3 = percentuale di occupanti intrappolati a causa del crollo, in funzione della
tipologia costruttiva.
• M4 = percentuale di occupanti che muoiono subito (circa il 30% di M3).
• M5 = percentuale di occupanti che muoiono dopo essere stati estratti dalle macerie
(circa il 60% di M3-M4).
Statisticamente l’ordine di grandezza dei decessi, rilevato dagli ultimi forti terremoti
in Italia dovrebbe essere compreso fra il 17% ed il 23% delle persone coinvolte nei crolli,
mentre il rapporto tra i morti e feriti varia tra 1:3 ed 1:5. Inoltre per descrivere
compiutamente l’insieme degli elementi che concorrono a definire le caratteristiche
dell’esposizione sociale, è necessario considerare anche la distribuzione, la struttura e le
condizioni socioeconomiche della popolazione insediata; le funzioni pubbliche e produttive
presenti; il sistema delle infrastrutture e le relazioni economiche fra l’area esaminata con
quelle circostanti.
La disponibilità dei dati sui danni indotti e la possibilità di quantificare l’esposizione
urbana indiretta potrebbe portare in un prossimo futuro alla stima del danno sociale totale,
ma per ora questa procedura è incompatibile con le risorse ed i tempi disponibili per questo
studio: pertanto al fine di definire criteri di priorità per interventi futuri, sono state elaborate
delle procedure (Ferrini 1988), che tengono conto do questi aspetti in modo indiretto: ossia
moltiplicando i valori dei danni attesi (dalle analisi indirette) per opportuni fattori correttivi
Capitolo 9: Definizione della vulnerabilità sismica per edifici in muratura Pag. 155
ricavati in base a considerazioni qualitative sulle funzioni sociali esercitate, sulla densità di
utenti impiegati nelle stesse e sul periodo di utilizzazione di un servizio.
Infine bisogna osservare che le analisi di esposizione a livello regionale possono
fornire utili indicazioni sia nel pesare le valutazioni di rischio effettuate su singole aree, che
nel rapportare le ipotesi d’intervento per la riduzione del rischio con le politiche generali di
assetto del territorio: infatti nell’ottica della determinazione del danno edilizio atteso, la
valutazione dell’esposizione serve per classificare e quantificare il patrimonio costruito,
attribuendo pesi diversi agli indici di danno determinabili per ciascuna tipologia dei
manufatti esistenti.
9.3 Vulnerabilità
La vulnerabilità esprime la correlazione non lineare esistente tra l’intensità di un
evento stressore (causa) ed il danno atteso (effetto); per ogni sistema possiamo costruire
perciò una specifica curva di vulnerabilità che lega la variabile indipendente terremoto alla
variabile dipendente grado di danno. La suddetta relazione pur se non lineare è comunque
diretta: infatti a parità d’intensità il danneggiamento aumenta col crescere della
vulnerabilità, che per tale motivo può essere anche definita come la propensione di un
sistema a subire danni per effetto di una determinata azione.
A posteriori la valutazione della vulnerabilità di una costruzione corrisponde al
rilevamento diretto del danno prodotto dal sisma, mentre è di grande importanza per la
prevenzione, la valutazione a priori della vulnerabilità.
L’analisi della vulnerabilità può riferirsi ad un insediamento urbano nel suo insieme
(vulnerabilità urbana) oppure ad un sistema puntuale, come un singolo edificio
(vulnerabilità edilizia).
indagini non molto specialistiche, ed è per questo che si prestano ad essere utilizzate, per
raccogliere informazioni su vaste aree.
Le tecniche dirette meccaniche sono basate su esperimenti virtuali numerici e
sostituiscono all’edificio un suo modello teorico di simulazione del comportamento
sismico. Gli esperimenti numerici sono effettuati specificatamente, per ciascuna costruzione
oppure, per categorie di costruzioni; l’applicazione di tali modelli richiede una
catalogazione delle costruzioni, che includa le loro caratteristiche meccaniche (drift,
duttilità, etc.). I valori, che tali parametri possono assumere, sono associati a matrici di
probabilità di danno ed il risultato consiste nel definire un livello di danno, per una singola
costruzione o una singola categoria.
Le tecniche convenzionali sono basate su esperimenti virtuali di esperti. Esse hanno
come risultato un punteggio convenzionale, (indice di vulnerabilità), per una singola
costruzione o categoria, che non dà alcuna previsione di danno. Sono utili in sostanza per
raffrontare edifici diversi, ubicati in un’area di uguale sismicità.
Le tecniche indirette fanno uso sia di esperimenti reali di terremoti, che di
esperimenti virtuali di esperti. Dal punto di vista concettuale tali tecniche si articolano in
due fasi. Nella prima si determina un opportuno indice di vulnerabilità V, sulla base di un
insieme di fattori ritenuti importanti nella definizione del comportamento sismico. Nella
seconda si determina una correlazione tra terremoti e danni, in funzione dell’indice V. In
pratica le tecniche indirette possono essere pensate come un’evoluzione delle tecniche
convenzionali, poiché, partendo dai risultati delle tecniche convenzionali, arrivano alla
previsione del danno, attraverso elaborazioni statistiche di dati di esperimenti di terremoti.
Tali tecniche richiedono indagini molto più complesse e costose di quelle dirette e si
prestano a cogliere informazioni specifiche sul singolo edificio.
Sezione Descrizione
1 Dati relativi alla scheda
2 Localizzazione edificio
3 Dati metrici
4 Uso
5 Età della costruzione - interventi
6 Stato delle finiture ed impianti
7 Tipologia strutturale
8 Estensione e livello del danno
Tabella 9.2: Descrizione della scheda di I livello del GNDT.
Significativa è la sezione 8, nella quale il livello del danno (suddiviso in sei livelli da
A -nessun danno- ad F -danno totale-), deve essere indicato ai vari piani e separatamente
per:
a) Strutture verticali;
b) Strutture orizzontali e coperture;
c) Scale;
d) Tamponature in edifici in c.a. e tramezzi in edifici in c.a. ed in muratura.
Vanno inoltre indicati l’estensione del danno più frequente e il danno massimo
riscontrato.
La scheda di primo livello non si presta ai rilevamenti inerenti le costruzioni a
carattere monumentale e comunque al di fuori dei canoni della edilizia abitativa.
Pag. 160 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
• Elementi di valutazione:
da rilevare se richiesti;
• Schemi - richiami:
promemoria di quanto riportato nel manuale di compilazione.
Appare importante, nell’effettuare la descrizione dei parametri, evidenziare i criteri
adottati per la definizione dei diversi pesi attribuiti ai vari elementi. Tale aspetto é molto
importante, dal momento che da tali pesi dipende il valore dell’indice di vulnerabilità VI e
la correlazione tra lo stesso ed il valore di danno atteso.
Classe
Parametro Peso
A B C D
1) Tipo ed organizzazione del
1
sistema resistente
2) Qualità del sistema resistente 0 5 25 45 0.25
Tabella 9.3: Parametri previsti dalla scheda di secondo livello del GNDT per la
determinazione della vulnerabilità sismica
1) Tipo ed organizzazione del sistema resistente.
L’attribuzione di un edificio ad una delle quattro classe viene effettuata, esaminando
come elemento significativo la presenza e l’efficacia dei collegamenti fra pareti ortogonali,
tali da assicurare l’efficienza del comportamento scatolare della struttura.
Pag. 162 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
Ai fini della resistenza sismica questo parametro è sicuramente uno dei più
significativi. Da qui l’attribuzione di un peso uguale ad 1 per tale elemento.
3) Resistenza convenzionale.
La valutazione della resistenza di un edificio in muratura alle azioni sismiche, segue
un procedimento semplificato che richiede il rilevamento dei seguenti dati, relativi al piano
di verifica:
• N: numero di piani a partire da quello di verifica (incluso)
• At: area coperta media al disopra del piano di verifica
• Ax, Ay: area totale degli elementi resistenti in due direzioni ortogonali. La
lunghezza degli elementi resistenti è misurata tra gli interassi dei muri ortogonali
di intersezione.
L’area degli elementi inclinati di un angolo α, rispetto alla direzione considerata, va
moltiplicata per cos2 α, dove α rappresenta il più piccolo degli angoli di inclinazione
dell’elemento, rispetto alla direzione di riferimento .
Indicando con:
• A: valore minimo fra Ax e Ay
• B: valore massimo fra Ax e Ay
• a 0 = A / At
• γ=B/A
si dimostra che C, rapporto fra il taglio ultimo a livello del piano di verifica ed il peso P
della parte di edificio al disopra, è dato con buona approssimazione da:
Capitolo 9: Definizione della vulnerabilità sismica per edifici in muratura Pag. 163
a0 ⋅ τ K q⋅N
C= ⋅ 1+ (9.8)
q⋅N 1.5 ⋅ a0 ⋅ τ K (1 + γ )
dove:
• τK = valore di riferimento della resistenza tangenziale, caratteristica del tipo di
muratura;
• q = peso medio per unità di area coperta di un livello dell’edificio (somma del
peso di un solaio e di una quota di interpiano di muratura riferita all’unità di area).
Il valore della resistenza τK, in assenza di informazioni sperimentali, può essere
desunta dai valori di riferimento riportati nel manuale di compilazione, relativo alla scheda
di II livello. Tali valori, si ispirano a quelli suggeriti dal D.M. del 2/7/1981.
Il peso medio per unità di area coperta, può essere valutato in funzione del peso
specifico medio della muratura PM, del peso medio per unità di superficie del solaio PS
(relativo ai soli carichi permanenti) e della altezza media di un interpiano h, mediante la
seguente relazione:
( A + B ) ⋅ h ⋅P
q= M ⋅PS (9.9)
AT
L’altezza media di interpiano è stata valutata facendo la media delle singole altezze
di piano, già riportata nella scheda di primo livello.
Il peso specifico medio delle murature PM è stato ricavato, in base ai valori riportati
nel manuale (estratti dalla circolare del ministero dei lavori pubblici del 1982); in
particolare è stato scelto il valore relativo alla muratura di tufo.
Il peso medio per unità di superficie del solaio PS, è stato stimato con una certa
approssimazione, tenuto conto che nella valutazione di q, tale operazione non comporta
errori significativi, essendo il valore di PS, nettamente inferiore rispetto al primo addendo,
che troviamo nella formula di q.
Confrontando infine il valore di C con quello suggerito dalla normativa C* = 0.4,
mediante il rapporto α = C / C* si procede alla determinazione della classe dell’edificio.
Con questo parametro viene in pratica effettuata una valutazione della resistenza
ultima degli elementi verticali in modo convenzionale, nel senso che si procede ad un
calcolo semplificato. L’entità degli elementi resistenti è il fattore di primaria importanza ai
fini della resistenza sismica di un edificio: ciò si traduce nell’assegnare a questo parametro
un peso pari a 1.5.
5) Orizzontamenti
La qualità degli orizzontamenti è molto importante, come già detto in precedenza,
nella determinazione della vulnerabilità. I requisiti, che bisogna verificare per l’attribuzione
dell’edificio ad una delle quattro classi, sono i seguenti:
a) Funzionamento a lastra ad elevata rigidezza per deformazioni nel suo piano (es.
presenza di una solettina di calcestruzzo eventualmente armata).
b) Efficace collegamento agli elementi verticali (es. presenza di getti in c.a. di
collegamento).
In questo caso il peso da utilizzare nella combinazione dei punteggi relativi ai vari
elementi non è costante, dipendendo dal numero di orizzontamenti rigidi e ben collegati. Il
peso è ricavato dalla seguente relazione:
k = 0.5 / a0 (9.10)
dove a0 è il rapporto fra il numero di orizzontamenti che competerebbe alla classe A o B ed
il numero totale di orizzontamenti. Se k risultasse maggiore di uno, si assumerà k = 1.
Questo parametro, dunque, rientra senza dubbio negli elementi importanti ai fini
della resistenza sismica; la qualità degli orizzontamenti, infatti ha una notevole importanza
nel garantire un buon funzionamento degli elementi resistenti, essendo d’altra parte non
raro il caso di edifici, nei quali si è verificato il collasso degli orizzontamenti con
conseguenze notevoli in termini di danni e vittime.
6) Configurazione planimetrica.
L’assegnazione di un edificio alle varie classi, per questo parametro, avviene sulla
base della condizione più sfavorevole, relativamente al piano di verifica, definita dai
parametri Β1 e Β2.
Il parametro Β1 è significativo nel caso di edifici rettangolari (valuta il rapporto tra i
due lati (rapporto che se è elevato, è indice di buona resistenza sismica).
Il parametro Β2 è significativo nel caso di edifici, che si discostano dalla forma
rettangolare. I parametri suddetti vengono così definiti:
Capitolo 9: Definizione della vulnerabilità sismica per edifici in muratura Pag. 165
a b
Β1 = Β2 = (9.11)
l l
La regolarità della pianta di un edificio è, in genere un elemento importante ai fini
della distribuzione delle azioni sismiche fra i vari elementi resistenti: nel caso di edifici in
muratura, però l’importanza di questo elemento è in parte limitata dalla presenza di
strutture resistenti distribuite abbastanza uniformemente; pertanto a tale parametro è stato
assegnato un peso pari a 0.5.
7) Configurazione in elevazione.
Una distribuzione regolare della resistenza e della rigidezza lungo l’altezza
dell’edificio costituisce, insieme alla regolarità delle piante, un fattore significativo ai fini
di un buon funzionamento sismico delle strutture.
La mancanza di regolarità in elevazione d’altra parte, può modificare in modo
significativo il comportamento dinamico dell’edificio dando luogo, di conseguenza ad un
aggravio delle sollecitazioni sismiche; per tenere conto di ciò si attribuisce peso 1 a questo
elemento. Se l’irregolarità dell’edificio è dovuta solamente alla presenza di porticati al
piano terra, il peso viene ridotto a 0.5: ciò si giustifica, considerando che di tale situazione
si tiene già conto, analizzando l’entità degli elementi resistenti.
9) Copertura.
Gli elementi di valutazione per questo parametro sono i seguenti:
a) Tipo di copertura peggiore presente: spingente, poco spingente, non spingente.
b) La presenza o assenza di cordoli di sottotetto.
c) La presenza o assenza di catene.
d) Il carico permanente della copertura
e) Il perimetro l della copertura
f) La lunghezza lA di appoggio della copertura data dalla differenza tra il perimetro e gli
spazi tra i vari muri.
I parametri a, b, c, sono quelli che, servono a determinare la classe di appartenenza
di un edificio.
Per quanto concerne il peso di questo parametro esso viene definito come segue:
Pag. 166 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
k = 0.5 + a1 + a2 (9.12)
dove:
• a1 = 0.25 per copertura in latero - cemento o comunque di peso maggiore o uguale
a 200 Kg/m2, e pari a 0 negli altri casi;
• a2 = 0.25 se il rapporto tra il perimetro della copertura e la lunghezza complessiva
delle zone di appoggio è maggiore o uguale a 2, a2 = 0 negli altri casi.
dove:
• ci è l’incidenza in termini di costo per l’elemento i-esimo inteso come rapporto fra
costo medio degli elementi di tipo i (strutture verticali, orizzontali, scale,
tamponature e tramezzi) e costo totale dell’edificio.
• Kj = è il peso del piano j-esimo (rapporto fra i volumi del piano considerato e
quello totale per le strutture verticali e per le tamponature ed i tramezzi, oppure tra
la superficie del piano j-esimo e quella totale per le strutture orizzontali e le scale).
• dij = indice di danno per l’elemento i-esimo fra i 4 previsti (strutture verticali,
orizzontali, scale, tamponature e tramezzi) e per il piano j-esimo, definito dalla
seguente relazione:
dij = e de + ( 1- e ) dm /3 (9.14)
Con:
de : indice di danno più frequente per l’elemento i-esimo e per il piano j-
esimo;
dm: indice di danno massimo per l’elemento i-esimo e per il piano j-esimo.
Punteggio
Punteggio
Parametro Classe della Peso
parziale (VI)
classe
1) Tipo ed organizzazione del
A 0 1 0
sistema resistente
2) Qualità del sistema resistente C 25 0.25 6.25
7) Configurazione in elevazione A 0 1 0
8) Distanza massima tra le
A 0 0.25 0
murature
9) Copertura B 15 0.5 7.5
L’indice di vulnerabilità totale VI, che si ricava dalla somma dei punteggi parziali,
risulta essere pari a 77.5, valore che normalizzato nell’intervallo 0-100, risulta essere 20.26.
In tale scala il GNDT definisce bassa una vulnerabilità che ha indice ≤ 20, media una
vulnerabilità con indice 50 e alta una vulnerabilità con indice ≥ 80, pertanto l’edificio
oggetto di studio, nelle condizioni suddette, può essere inquadrato in una fascia di
vulnerabilità medio - bassa.
Capitolo 10
TECNICHE DI CONSOLIDAMENTO DI
EDIFICI DISSESTATI
I valori di resistenza ottenuti con tali prove sono indispensabili per le successive
operazioni di verifica dell’edificio nelle condizioni esistenti. Al fine di individuare
disomogeneità e discontinuità nelle murature si possono effettuare indagini soniche
attraverso lo studio della velocità di propagazione delle onde nelle murature; se nella
struttura sono disponibili o praticabili perforazioni si può procedere ad indagini di tipo
“cross-hole” o “down-hole”.
Per la determinazione delle caratteristiche elastiche delle murature si possono
effettuare prove ultrasoniche, con possibilità di visualizzare il segnale attraverso un
oscilloscopio digitale. Con diverse finalità si eseguono anche indagini termografiche,
indispensabili per l’individuazione di aperture successivamente occultate, di elementi
attualmente nascosti, quali tiranti, catene, canne fumarie. La relazione esistente tra la
conducibilità termica dei vari componenti murari e le loro densità permette di approfondire,
attraverso la termografia, lo studio dei materiali.
Per quanto riguarda gli orizzontamenti, prima di decidere fra interventi di semplice
miglioramento, di integrazione, rafforzamento o sostituzione, si deve procedere a prove di
carico, preferibilmente di tipo ciclico, con il controllo delle massime deformazioni e delle
capacità di recupero in campo elastico. Con prelievi di tipo distruttivo ma localizzati e di
limitata asportazione di materiale si procede inoltre a carotaggi, per la valutazione delle
resistenze a compressione e dei pesi specifici. Da tali prelievi si possono ricavare pure i
campioni per la determinazione delle proprietà fisico- chimiche, della porosità, della
capacità di imbibizione e della permeabilità dei materiali di costruzione.
Per la conoscenza delle sottomurazioni e delle fondazioni oggi è possibile procedere
ad un esame in sito con mezzi accessibili di tipo endoscopico.
In relazione al particolare edificio ed alle sue caratteristiche costruttive vanno
effettuate altre indagini, ma soprattutto va eseguito un quadro fessurativo completo, da
valutare e da interpretare anche con l’ausilio di una dettagliata documentazione fotografica,
con l’ubicazione delle foto sia nelle piante che nei prospetti.
azioni coattive di considerevole e prefissata entità; s’intuisce che l’ancoraggio dei tiranti e
le tecniche di pretrazione presentano delicati aspetti esecutivi, ai quali è bene prestare la
massima attenzione.
Per far questo, il sistema più semplice, ma spesso non sufficiente, è quello di
eseguire scavi verticali a pozzo a ridosso dei muri.
Tali pozzi avranno dimensioni (almeno 1.20 x 1.50m) tali da consentire lo scavo a
mano e l’estrazione del materiale di risulta.
Dovranno essere approfonditi fino al piano di posa delle fondazioni e pertanto, in
relazione alla natura del terreno e alla profondità raggiunta, dovranno essere sbadacchiati
opportunamente.
Dal pozzo sarà possibile rilevare:
• Le caratteristiche costruttive della fondazione;
• Le sue dimensioni:
• Il suo stato di conservazione;
• La natura dello strato superficiale di terreno su cui grava.
Da questo esame si ottengono dati certi per quanto riguarda la fondazione ma molto
incerti per quanto riguarda il terreno di cui possono rilevarsi soltanto le caratteristiche dello
strato superficiale.
Pertanto è sempre opportuno eseguire saggi nel terreno mediante trivellazioni e
carotaggi, spinti ad una profondità rapportata al carico e alla larghezza della fondazione, al
fine di accertare se il cedimento è semplicemente dovuto alla compressibilità dello strato
superficiale o ad altre cause derivanti dalla natura degli strati sottostanti più o meno
profondi o dal regime idraulico del terreno o da erosioni.
Con le cognizioni eseguite mediante queste indagini nel terreno, con la conoscenza
dei dati relativi alle strutture di fondazione esistenti e con l’analisi delle cause che,
alterando le condizioni di equilibrio delle strutture di elevazione, possono avere contribuito
al dissesto, è possibile scegliere il tipo di intervento tra quelli attuabili, sempre ricordando
che tale intervento deve essere coordinato con gli altri, che lo precederanno e lo seguiranno
secondo i casi, da eseguire nelle strutture in elevazione.
Allo scopo di classificare i possibili interventi di rinforzo delle fondazioni è
possibile innanzitutto distinguere gli interventi di rinforzo in due categorie:
1) Interventi che riducono lo stato tensionale nel terreno di fondazione realizzando
un incremento della superficie di scarico;
2) Interventi che trasferiscono parzialmente o totalmente le sollecitazioni su strati di
terreno più profondi e di migliori proprietà meccaniche mediante l’approfondimento del
piano di posa.
In relazione alle precedenti due categorie, si osserva che alcuni interventi possono
produrre entrambi gli effetti, ovvero un allargamento ed un approfondimento del piano di
posa, ed è questo il caso delle sottofondazioni, mentre altri interventi realizzano o il solo
allargamento della superficie di scarico, come l’intervento con cordoli aderenti alla
muratura, o soltanto il coinvolgimento di strati più profondi del terreno di fondazione come
l’intervento con infissione di pali o micropali. Nel seguito, pertanto, vengono esaminate le
modalità esecutive e le caratteristiche dei seguenti interventi su fondazioni:
Pag. 174 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
b) Raggiunta col primo settore la quota d'imposta della vecchia fondazione, si procede
alla suddivisione in più sottoscavi (larghi circa mt. 1,20 a seconda delle caratteristiche
della muratura esistente e della terra); si procede allo scavo fino al nuovo piano fondale
di progetto.
c) Rimossa la terra di scavo anche sotto la fondazione esistente si esegue un getto di
spianamento in magrone di calcestruzzo (h=10/15 cm.).
d) Si posa in opera l'armatura metallica e si procede al getto della porzione di cordolo,
lasciando un certo spazio fra l'estradosso dello stesso e l'intradosso della vecchia
fondazione.
e) Trascorsi due o tre giorni dal getto si riempie lo spazio di cui sopra con muratura di
mattoni e malta di cemento lasciando ancora lo spazio di una fila di mattoni.
f) Inserimento di cunei in legno duro nel cavo fra le due murature; questi vanno sostituiti
per i seguenti 3-4 giorni con cunei più grossi, per compensare l'abbassamento della
nuova muratura.
g) Ad assestamento avvenuto (4° giorno) si estraggono i cunei e si procede al muramento
dell'ultimo filare di mattoni, intasando fino a rifiuto con malta di cemento.
Ø8 / 20 cm
Ferri di cucitura Ø16
Pavimentazione
4 Ø16 Massetto
Rete elettrosaldata
2 Ø8
Ø16 4 Ø16
Ø10 / 20 cm
Ø8
2 Ø16
Pavimentazione
Ø16
Rete Elettrosaldata
A A
2 Ø8
Ø10 / 20 cm
4 Ø16
Ø16
Ø8
2 Ø16
2+2 Ø16
Sezione
A-A
Pavimentazione Massetto
Rete Ø8 / 25X25 cm
Tavella
Ø16
Ø10 / 20 cm
Ø16 ; i=variabile
Fig. 10.11: Intervento con barre di acciaio ad aderenza migliorata
Capitolo 10: Tecniche di consolidamento di edifici dissestati Pag. 185
PIANODI CAMPAGNA
Ø16
Ø10 /20 cm
Ø16
Fig. 10.12: Intervento con barre di acciaio ad aderenza migliorata nei muri perimetrali
Anche questo intervento può essere realizzato nei muri perimetrali, o in altre
situazioni particolari in cui si dovrà intervenire da un solo lato della fondazione (Fig.
10.12).
Allo scopo di mettere sotto carico il terreno all’atto di realizzazione dell’intervento
di rinforzo delle fondazioni, si può procedere come segue (Fig. 10.13):
a) Si realizzano gli scavi per campioni raggiungendo il piano di posa della fondazione
esistente.
b) Si costruiscono delle lastre in c.a. non aderenti alla muratura esistente;
c) Si praticano, ad opportuna altezza, fori passanti attraverso la muratura entro cui si
inseriscono traversi di acciaio o di c.a. sporgenti sui due paramenti;
d) Si costruiscono due suole in c.a. collegate ai traversi e poste a conveniente distanza
dalle lastre;
e) Si mettono in opera, tra lastre e suole, dei martinetti idraulici che, messi in pressione,
sollecitano il terreno con un carico unitario noto;
f) Si inseriscono blocchi distanziatori in acciaio o in calcestruzzo tra lastre e suole e si
asportano i martinetti;
g) Si getta tra lastre e suole un conglomerato di cemento espansivo.
Caratteristiche dell’intervento:
Questo intervento può essere usato quando, in conseguenza di notevoli modifiche
progettate nelle strutture in elevazione, si preveda un forte aggravio dei carichi sulla
fondazione che provochi quei cedimenti che mettano in forza anche le opere di
allargamento. Quando non vi siano previsioni di maggiori carichi le dette opere di allarga-
Pag. 186 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
solo lato esterno quando la ridotta altezza dei locali interni non consente l’uso delle
attrezzature di perforazione.
L’obiettivo dell’intervento consiste nel trasmettere il carico delle fondazioni su strati
di terreno idonei a sopportarlo, sia come carico di punta che come attrito laterale.
Modalità esecutive dell’intervento.
I pali trivellati, si costituiranno aderenti alla muratura, disponendoli dai due lati del muro,
quando è possibile utilizzare le attrezzature di perforazione da entrambi i lati.
a) Esecuzione degli scavi da ambo i lati del tratto di muratura interessata, fino al piano di
posa della fondazione esistente;
b) Trivellazione dei fori aderenti alla muratura, dopo aver determinato il piano di posa
dell’intradosso dei traversi colleganti i pali, se il terreno non è sufficientemente
coerente, i fori devono essere protetti con un tubo forma di ferro affondato nel terreno
a mano a mano che la perforazione procede.
c) Introduzione dell’armatura metallica per tutta la lunghezza del palo oppure per quanto
previsto dagli esecutivi di cantiere.
d) Esecuzione del getto fino al piano di posa dei traversi, durante quest’ultimo il tubo
forma se presente viene estratto a poco a poco in modo che la sua estremità inferiore
rimanga sempre immersa nel calcestruzzo senza mai scoprire la parete terrosa del
foro, per evitare franamenti e conseguenti interruzioni del getto, si lasciano sporgere i
ferri di collegamento dei traversi.
e) Si eseguono i varchi nella muratura, si predispongono le casserature, si mettono in
opera le armature e si procede al getto.
Per sopperire ai fenomeni di ritiro dei calcestruzzo, può risultare opportuno operare
con cementi espansivi nei traversi.
Per i pali non vi è la necessità di utilizzare cementi espansivi dal momento che
questi sono quasi sempre immersi in terre umide.
Una variante del precedente intervento consiste nella realizzazione dei pali trivellati
aderenti alla muratura esistente ma collegati in testa da una trave di collegamento, oltre ad
esserci dei traversi che attraversano la fondazione.
Si possono utilizzare, come traversi di collegamento travi-cordolo oppure si
inseriscono nella struttura di fondazione esistente, eventualmente consolidata, delle barre
d’acciaio nervato in dei fori opportunamente predisposti, prima del getto della trave-
cordolo, riempiti con malta epossidica, facendo in modo che le barre si trovino all’interno
della trave cordolo per una lunghezza tale da garantire un adeguato ancoraggio.
I traversi di collegamento si possono realizzare ad una quota diversa dalle travi
cordolo longitudinali ed eseguirne i getti in due tempi differenti, in maniera tale che sia
possibile utilizzare cementi espansivi solo per i traversi di collegamento.
Nel caso in cui non è possibile intervenire da ambo i lati della muratura, le teste dei
pali, costruiti in aderenza dal solo lato esterno, saranno collegate con una trave in c.a.
aderente, leggermente incassata o sottostante la muratura dalla quale, ad intervalli uguali
agli interassi dei pali, usciranno delle mensole armate a flessione che sosterranno il muro. I
pali in questo caso saranno sollecitati a pressoflessione, perciò si opera con diametri
maggiori rispetto ai casi precedenti.
Caratteristiche dell’intervento
Le nuove strutture sottofondali, dovendo reagire efficacemente contro le masse
murarie esistenti, presuppongono in queste sufficienti condizioni di solidità in difetto della
quale le murature dovranno essere rigenerate con riprese murarie in sostruzione o con
iniezioni di cemento.
E’ talvolta tollerato l’impiego di sonde a percussione, però nella generalità dei casi
si raccomanda l’impiego di sonde alla rotazione a macchina per eliminare le vibrazioni
prodotte dalle sonde alla percussione.
martinetti e con quelle sistemate negli interspazi delle seconde demolizioni). Getto del
calcestruzzo dall'alto per mezzo del vano lasciato superiormente al trave.
c) A presa e ritiro avvenuti, si riempie il vano superiore con muratura di mattoni pieni e
malta di cemento, lasciando uno spazio equivalente ad una fila di mattoni.
d) Inserimento di cunei in legno duro nel cavo, con sostituzione successiva di cunei più
grossi.
potrebbero cedere sotto l’eccessivo carico delle masse murarie sovrastanti. E’ bene
quindi procedere con la stessa cautela che si userebbe se la struttura non fosse
puntellata e la massa muraria fosse molto incoerente e piena di anomalie; infatti le
effettive condizioni del muro si potranno conoscere solo quando si procederà alle
prime demolizioni.
b) Delimitata la parte di muratura da sostituire, si individuano le zone dei successivi
interventi con il criterio distributivo di alternarli in modo da avere sempre il massimo
possibile di muratura resistente.
Si apre uno strappo in breccia nella prima zona di intervento, ricostruendo la porzione
demolita con muratura di mattoni pieni e malta di cemento magra, ammorsando da una
parte la nuova struttura con la parte della vecchia muratura resistente, curando i
mattoni nelle concavità dei bordi usando per colmare, anche scaglie di mattoni e malta
cementizia, e dall'altro lasciando le ammorsature libere di ricevere la successiva
muratura di sostituzione.
Nel caso di presenza di lesioni, queste possono essere:
• passanti, cioè che interessano tutto lo spessore del muro;
• non passanti, che interessano solo uno dei paramenti;
• capillari appena visibili.
Le lesioni passanti si risarciscono con la graduale sostituzione a scuci e cuci del tratto
di muro interessato dalla lesione per tutto il suo spessore iniziando dal basso e
procedendo verso l’alto fin dove la fessurazione non diviene capillare.
Per muri di spessore non superiore alle due teste si interviene da un solo lato; per
spessori maggiori si interviene dai due lati con due muratori, uno per lato, che lavorano
coordinatamente affinché nella muratura di risarcimento gli elementi siano bene
ammorsati fra loro sia sui paramenti che in spessore.
Per le lesioni non passanti si interviene soltanto sul paramento fessurato.
Iniziando le demolizioni, in entrambi i casi, i bordi dello strappo si regolarizzano per
facilitare le ammorsature, si raschiano e si lavano con abbondante acqua.
Se le lesioni da risarcire a scuci e cuci sono discoste si interviene separatamente; se
sono vicine si interviene con unica cucitura di maggiore estensione.
Le lesioni capillari si risarciscono scrostando l’intonaco in corrispondenza di esse per
una larghezza di circa 10cm, raschiando la malta dei giunti nella muratura, spazzolando
con spazzola metallica e acqua e ripristinando l’intonaco.
Capitolo 10: Tecniche di consolidamento di edifici dissestati Pag. 197
Fig. 10.24: Reticolo per l’individuazione della sequenza delle aree su cui intervenire
Nei muri portanti senza aperture che generalmente sono poco soggetti a
schiacciamento, occorre procedere prima di tutto ad eseguire idonei puntellamenti esterni
ed interni per ridurre il carico gravante sulle murature da sostituire. Poi si traccia un reticolo
sul paramento del muro, formato da linee orizzontali continue, dell’altezza non superiore a
un metro e mezzo, e linee verticali sfalsate di altezza che va dai 50cm ad un metro, che
individuerà una sequenza di aree su cui procedere alla sostruzione con muratura a scuci e
cuci operando interventi successivi che, allineamento per allineamento, interessano aree
non contigue con la solita numerazione indicante l’ordine di successione dei lavori in modo
che il numero di ciascun cantiere differisca di almeno due unità da quelli dei cantieri
contigui.
Talvolta durante l’esecuzione dei lavori, accade d’accertare delle particolarità e delle
anomalie nelle strutture che non consentono, contrariamente al programma stabilito,
l’attacco a tutto spessore e per l’intera ampiezza, di qualche cantiere. In tali casi è
necessario un attacco a tratti parziali passanti o anche non passanti nell’ambito dello stesso
cantiere, è necessario insomma dividere il cantiere in più sottocantieri.
Pag. 200 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
Nei lavori di sostruzione dei pilastri isolati le difficoltà aumentano con il diminuire
della sezione del pilastro, che come solido prismatico soggetto a compressione può essere
soggetto ai seguenti tipi di rottura: rottura iperbolica diretta; rottura prismatica; rottura
iperbolica inversa singolarmente presenti o coesistendo nello stesso solido generando
fratture di forme molto varie derivanti dalla combinazione di quelle sopra citate.
Si costruisce la puntellatura e la sbadacchiatura in muratura dei vani adiacenti al
pilastro, si sostituisce interamente il pilastro quando questo è formato in un solo pezzo di
pietra da taglio o è costruito in muratura con sezione orizzontale ridotta, o si sostituisce la
muratura in modo graduale quando il pilastro in muratura ha sezione più ampia.
I lavori di sostruzione delle murature richiedono magisteri diversi secondo che il
muro dissestato oltre ad essere soggetto o meno a spinte di archi e volte, sia in buono stato
o lesionato o in precarie condizioni di schiacciamento, prevalentemente in quelli di facciata
nei quali mancano i contrasti a spostamento verso l’esterno. Secondo i casi si costruiranno
sbadacchi nelle aperture di porte e finestre interessate al dissesto e si predisporranno
opportuni puntelli che possano svolgere azione di sostegno e ritegno delle masse murarie
sovrastanti e contrapporsi alle spinte delle volte, i puntelli si collegheranno alla sommità
con un irrigidimento orizzontale posto all’altezza del centro di pressione. I lavori di
sostruzione a scuci e cuci delle murature si eseguiranno con la massima cautela a piccoli
tratti con allineamenti verticali successivi correttamente ammorsati.
A sostruzione avvenuta occorre controllare accuratamente la presa della malta nei
giunti degli ultimi tratti costruiti, prima di procedere alla rimozione dei puntelli e delle
sbadacchiature che sarà bene mantenere in opera per almeno 15 giorni. Togliendo puntelli e
sbadacchiature la nuova muratura, messa in forza progressivamente durante la costruzione
con l’uso di cunei di ferro o spezzoni di mattoni duri, assume interamente la sua funzione
portante e i suoi assestamenti saranno tanto minori quanto minore sarà lo spessore dei
giunti orizzontali tra i mattoni, migliore la qualità della malta, più lunga la sua stagionatura.
Le murature in sostruzione si eseguono generalmente usando mattoni pieni di argilla
di buona qualità e malta cementizia, salvo i casi di restauro architettonico in cui si
impiegano blocchi di pietra dura squadrata conformi a quelli presenti nelle strutture da
consolidare.
La preparazione della bocca di accesso può avvenire anche nella parte di muratura più
diradata, allargando i fori già esistenti con scalpelli o raschini metallici, evitando per
questi l’uso dei perforatori.
Si deve procedere alla stuccatura dei giunti e delle lesioni nella muratura messa a nudo,
dove l’intonaco è stato scrostato perché distaccato o inadatto a garantire la tenuta alla
fuoriuscita dell’acqua.
c) Colatura
Su una delle due facce i fori d'uscita vengono otturati con malta di gesso; dall'altra
parte si iniziano le colature di miscela cementizia (1 parte di acqua 1 di cemento)
applicando un imbuto ai boccagli predisposti nei fori.
Se si vuole aumentare leggermente la pressione del latte di cemento, l’imbuto si può
installare a quota più alta collegandolo con un tubo innestato a tenuta alla bocca di
accesso.
Prima di eseguire la colatura si inietta con abbondanza acqua per agevolare una
migliore penetrazione della miscela, fino alla stabilizzazione del livello nell’imbuto
stesso che indica il completo riempimento dei vuoti nella muratura. L’acqua,
penetrando in tutti i vuoti e saturando sia la malta che il materiale del muro, preparerà
la via alla penetrazione del latte di cemento che, non venendo privato dell’acqua di
miscela non raggrumerà.
Si versa nell’imbuto del latte di cemento che, essendo più pesante dell’acqua, colerà a
fondo riempendo tutti i vuoti fino alla bocca di immissione, l’acqua più leggera del
latte di cemento verrà spinta verso l’alto e tracimerà dall’imbuto.
L'operazione di colatura, dato il forte ritiro della miscela durante la presa, va ripetuta
più volte a distanza di qualche ora. Questa operazione non è necessaria se si
aggiungono al cemento prodotti antiritiro o additivi che lo rendano moderatamente
espansivo, onde evitare forti stati di coazione nella struttura da restaurare; è
consigliabile usare miscele già pronte che garantiscano determinati livelli di
espansione.
Pag. 204 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
d) Progressione dell'intervento
Si ripetono le stesse operazioni passando successivamente alle file superiori di forature.
Nel caso di strutture molto fatiscenti, qualora si ritenga pericoloso sollecitare con le
perforazioni la zona bassa più caricata, si inverte l'ordine delle operazioni partendo
dall'alto.
Unica variante è che si passa alla seconda fila di forature quando ancora non è
avvenuto completamente il consolidamento delle prime colature, per cui si lasciano in
opera i boccagli della prima fila per completare l'intasamento mentre si procede già alle
colature nella seconda fila e così via.
e) Controllo della riuscita dell’operazione mediante percussione col martello o con sonda
carotiera.
I materiali utilizzati per tale intervento sono boiacca, additivi se utilizzati e gesso.
Capitolo 10: Tecniche di consolidamento di edifici dissestati Pag. 205
i) Lavaggio
Si procede al lavaggio interno della muratura da iniettare, iniziando dall'alto ed
estendendolo a tutta la zona da trattare nella giornata.
Occorre verificare che tutta la muratura risulti bagnata e ciò è possibile osservando
l'umidità sugli intonaci.
Inoltre, nel corso di questa operazione, possono individuarsi vie di fuga da cui potrebbe
fuoriuscire la miscela da iniettare e che dovranno essere sigillate.
j) Iniezione
L'iniezione vera e propria si effettua con l'impiego delle seguenti attrezzature:
• compressore;
• serbatoio a tenuta stagna per la miscela da iniettare;
• mescolatrice per confezionare la miscela;
• tubature di gomma per trasportare la miscela a pressione;
• ugelli cilindrici rigidi da inserire nei fori di varia forma e dimensione.
Al posto di apparecchiature a motore possono essere impiegate, per piccoli interventi o
in casi particolarmente delicati, pompe manuali. Il flusso deve essere sempre continuo,
senza creare vuoti.
Pag. 210 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
La miscela da iniettare può essere di vario tipo, in funzione delle caratteristiche del
manufatto e dei risultati che si vogliono ottenere.
In genere si impiega una miscela acqua-cemento in parti uguali o con leggera
prevalenza di acqua (0,8/1,0) e per pressione fino a 2,5÷3 atmosfere, a volte si usa
anche acqua–cemento–sabbia fine.
Tuttavia non esiste una regola di carattere generale, per cui caso per caso potrà variare
composizione e pressione, anche nell'ambito dello stesso intervento.
Allo stesso modo è possibile ricorrere all'impiego di additivi fluidificanti, che
consentano di intervenire in murature con connessioni sottili o di mattoni e di ridurre la
percentuale d'acqua, come pure di additivi espansivi, utilizzabili viceversa in presenza
dì grandi cavità; per rendere la miscela più stabile e quindi facilitare la penetrazione si
può aggiungere bentonite, preventivamente disciolta ed emulsionata con acqua e poi
aggiunta alla miscela di acqua–cemento, il rapporto massimo in peso bentonite–
cemento è 2–3/100.
Oltre a ciò si possono iniettare anche resine epossidiche o simili leganti, le resine
epossidiche sono costituite da due componenti liquidi: la resina vera e propria e
l’indurente, il gruppo base è il gruppo epossidico, cui si aggiunge un reattivo
(indurente), che ha il compito di trasformare la fase liquida in solida. La composizione
fondamentale può essere modificata con l’aggiunta di additivi, allo scopo di attenuare o
esaltare specifiche proprietà. La miscela dei due componenti solidifica senza sviluppo
di sostanze volatili, ed il processo di indurimento avviene senza ritiro.
Tuttavia, dato l'alto costo e la complessità e delicatezza di confezione e dosaggio, le
resine epossidiche richiedono maestranze altamente specializzate e sono idonee per
interventi del tutto particolari (risarcimento di elementi in c.a.; riparazione di elementi
decorativi; incollaggio fra materiali disomogenei; ecc.).
Un perfezionamento della tecnica delle iniezioni si ha con l’impiego delle malte
attivate, la caratteristica principale consiste in una profonda diluizione nell’acqua della
malta a mezzo di una turbina ad alta velocità che ha per risultato la produzione di una
sospensione stabile dovuta all’ulteriore frazionamento delle particelle di cemento per
effetto del moto turbinoso provocato dalla turbina; il latte di cemento, come se fosse
dotato di un potere lubrificante, penetra profondamente anche nei meati più piccoli
ove, in condizioni normali, nemmeno sotto pressione sarebbe potuto penetrare.
In ogni caso si procede dal basso verso l'alto, dai lati esterni e simmetricamente verso il
centro, avendo cura di rimescolare la miscela cementante durante l’iniezione con un
agitatore rotante connesso con la pompa.
Attraverso i fori si inietta la miscela fino alla fuoriuscita dal foro più vicino, si chiude il
primo foro e si passa al successivo e cosi via garantendosi in questo modo la completa
saturazione dell'elemento.
Qualora durante l'iniezione si verifichino fuoriuscite non dovute di miscela, si tampona
con cemento in polvere.
Gli ugelli usati devono essere rimossi non appena la miscela ha fatto la prima presa e,
infine, si rimuovono le eventuali sbavature e si riprende l'intonaco così da ottenere una
superficie muraria perfettamente liscia.
Capitolo 10: Tecniche di consolidamento di edifici dissestati Pag. 211
a) Preparazione
Il muro deve essere accuratamente pulito fino al vivo dalla parte su cui si interviene,
sulla faccia opposta, quando le condizioni del manufatto non diano le dovute garanzie
di sicurezza per le necessarie fasi del lavoro, saranno posti in opera eventuali
puntellature.
Se il muro deve essere sottofondato sarà opportuno procedere a questa operazione dopo
l'applicazione del ridosso in c.a.
In questo caso le opere di puntellatura del muro saranno predisposte in questa stessa
fase preparatoria quindi, nella fase di esecuzione della sottofondazione, si preferirà
l'impiego del c.a. garantendo continuità strutturale fra cordolo di fondazione e ridosso
in c.a.
Per ottenere ciò in fase 2 si ripiegheranno le armature metalliche alla base del ridosso
in c.a. per includerle successivamente nel getto del cordolo di fondazione.
b) Posizionamento dell'armatura.
L'armatura adottata (barre a rete elettrosaldata φ8/20x20)) viene posizionata contro la
superficie del muro esistente e a questo collegata opportunamente.
E’ possibile al riguardo eseguire fori di grande diametro oppure togliere elementi della
muratura ricavando alvei, possibilmente passanti, in cui inserire spezzoni metallici
legati all'armatura principale.
c) Esecuzione del getto.
Si posiziona la casseratura di contenimento, si bagna abbondantemente e, dall'alto, si
esegue il getto di conglomerato con tutte le avvertenze proprie delle lastre verticali
sottili.
Pag. 216 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
a) b)
Fig. 10.36: a) Ridosso in c.a. con fori di grande diametro; b) Ridosso in c.a.con alvei
Capitolo 10: Tecniche di consolidamento di edifici dissestati Pag. 217
• Tipo 2
Si può disporre anche un’armatura elicoidale formata da tondini a doppia spirale,
Ø6-10mm con un passo 6-10cm, che meglio si adattano a recepire gli sforzi agenti sulla
colonna, nel caso siano in atto o si prevedano dissesti per schiacciamento.
Pag. 222 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
colonna. Nelle colonne più dissestate oltre agli anelli che costituiscono l’armatura di forza,
si impiegano anche piatti verticali di ripartizione chiamati longheroni, più o meno
ravvicinati a seconda dell’entità del dissesto.
• Tipo 3
I tirantini antiespulsivi vengono inseriti entro fori eseguiti nella muratura con sonde
a rotazione. Hanno forma di bullone con testa e dado muniti di rondelle capichiave,
vengono riscaldati, inseriti nei fori e leggermente serrati per fare aderire le due rondelle alla
muratura. La contrazione che si ha con il raffreddamento genera sulle facce la tensione
antiespulsiva, a raffreddamento avvenuto si fanno delle iniezioni di cemento entro i fori per
fare aderire il tirantino alla muratura.
I tirantini antiespulsivi si usano a sussidio delle cerchiature o da soli per consolidare
i sostegni non intonacati di particolare valore architettonico che verrebbero deturpati dalle
cerchiature.
• Tipo 4
Le cuciture metalliche si eseguono inserendo monconi di acciaio ad aderenza
migliorata entro i fori eseguiti nella muratura con sonde a rotazione, i monconi si fanno
aderire alla muratura mediante iniezioni di cemento all’interno dei fori.
Dopo aver consolidato la colonna con iniezioni di malta a pressione o a gravità si
procede alla esecuzione di fori posti diagonalmente e sovrapposti tra loro in modo da creare
una maglia interna ad elica, si procede con l’inserimento di barre d’acciaio, poi
solidarizzate alla colonna con iniezioni di resina.
Le armature vengono poste in opera a 45° così da poter assorbire variazioni dei
carichi con il solo mutamento del valore dello sforzo assiale, trazione o compressione.
La differenza tra i tirantini antiespulsivi e cuciture metalliche consiste nel fatto che i
primi, essendo in tensione fin dalla messa in opera, agiscono immediatamente sulla
muratura contrastando la deformazione laterale già in atto, mentre le seconde entrano in
forza per contrastare la deformazione solo quando questa va aggravandosi ulteriormente.
I materiali utilizzati per tale intervento sono:
• Legname per cassaforme;
• Ferro per armature, ferro fucinato per piastre;
• Boiacca , Betoncino , Resine, Additivi.
Capitolo 10: Tecniche di consolidamento di edifici dissestati Pag. 225
indicano che basta indurre uno sforzo di compressione addizionale sulla sezione
nominale della parte interessata di 1-1,5 Kg/cm², per ottenere un miglioramento anche
notevole della resistenza delle murature. Il tiraggio si può effettuare sostituendo ai dadi
di testa un manicotto centrale con filettature sinistradestra.
Nel caso di tiraggio a caldo, filettature e dadi vengono sostituiti da cunei metallici
(zeppe) da forzare leggermente con i capichiave, quindi si riscalda il tratto centrale del
tirante in modo da allentare le zeppe che vengono di nuovo forzate.
g) Si riempiono con iniezioni di cemento a bassa pressione tutti i fori e aperture attraverso
i quali corrono i tiranti.
Se la muratura esterna è da finire con intonaco e si sono predisposti gli ancoraggi
incamerandoli nella muratura, si sigillano le tracce con malta di cemento, si applica la
rete metallica sulla piastra e successivamente si intonaca con malta di cemento.
E’ sempre opportuno porre in opera per ogni muro coppie di tiranti paralleli
leggermente incassati nella muratura, in modo da non indurre nelle stesse sollecitazioni di
presso-flessione. La tecnica è analoga, con la possibilità di ricavare nel muro delle sedi
(tracce) in cui alloggiare i tiranti per poi sigillare il tutto con malta dopo la fase di tiraggio.
Nel caso di tiranti verticali la trivellazione prosegue nel terreno per alcuni metri e la
parte finale del cavo viene sguainata, per effetto dell’iniezione si crea in tale zona un grosso
bulbo che funge da ancoraggio inferiore.
Capitolo 10: Tecniche di consolidamento di edifici dissestati Pag. 227
Non esistono in pratica grosse difficoltà che impongano limitazioni della lunghezza
della trivellazione verticale, mentre per quella orizzontale il vincolo a mantenere la traccia
all’interno dello spessore della muratura limita la lunghezza degli interventi sui 15-20m.
I tiranti possono essere posti in opera anche all’esterno delle murature, essi sono
costituiti da barre metalliche aderenti alle murature e spesso poste in scanalature ricavate
sulla loro superficie in modo da occultarne la vista. Sono estremamente utili dispositivi,
come i tenditori, in grado di riprendere eventuali cadute di tiro che dovessero verificarsi nel
corso degli anni.
Si possono risarcire spanciamenti dovuti a schiacciamento della muratura,
effettuando delle perforazioni multiple nella zona interessata.
occorre dare a tali strutture forme e dimensioni rapportate ai carichi gravanti ed ai vincoli
presenti.
Nel consolidamento degli archi e volte è necessario stabilire innanzi tutto le cause
del dissesto che possono derivare da:
a) cedimenti dei piedritti dovuti a:
1. cedimenti fondali di trascinamento, di traslazione e di rotazione;
2. dissesti interni delle murature, indipendenti dai cedimenti fondali, dovuti
esclusivamente a deficienze strutturali o ad azioni esterne impreviste
come l’assestamento, lo schiacciamento, la presso-flessione, l’azione di
strutture spingenti, i fenomeni vibratori e sismici;
b) cedimenti spontanei degli archi e delle volte dovuti spesso alla mancata verifica
delle condizioni di stabilità.
c) cedimenti spontanei degli archi e delle volte determinati da:
1. forte carico dovuto al peso del materiale di riempimento o a sovraccarichi
eccessivi spesso incrementati da variazione di destinazione dei locali o da
trasformazioni interne;
2. insufficienza degli spessori della struttura portante in relazione al carico
ed al rapporto tra freccia e luce;
3. errata valutazione delle capacità di resistenza del materiale impiegato;
4. azione disgregatrice di sostanze chimiche;
5. vetustà che nel tempo disgrega le malte e il materiale murario: umidità,
gelo, aggressioni atmosferiche che agiscono su malte cattive e soprattutto
su malte di gesso, su pietre porose e su mattoni scadenti;
d) cedimenti dei piedritti, che possono essere dovuti alla incapacità di contrastare
l’azione della spinta; in certi casi infatti, pur non essendo soggetti a cedimenti
spontanei i piedritti, per effetto della sola spinta degli archi o delle volte,
subiscono degli spostamenti iniziali che danno origine a moti spontanei. D’altra
parte i cedimenti spontanei dei piedritti, indipendenti dalla spinta, provocano negli
archi e nelle volte veri e propri moti di trascinamento che determinano stati
fessurativi che sovrapponendosi a quelli dovuti ai piedritti in cedimento
determinano il quadro complessivo di fatiscenza. Dovendo procedere al
consolidamento, diagnosticate le cause e l’entità del dissesto, si interverrà,
secondo le esigenze, con le opere di consolidamento delle fondazioni e dei
sostegni, e poi con il consolidamento delle strutture spingenti
2ª fase:
• Il dimensionamento dei tiranti, che possono essere messi in opera a caldo o a
freddo, si farà in funzione dell’entità della spinta e del carico di sicurezza
dell’acciaio. I tiranti avranno la lunghezza intercorrente fra le due facce
esterne dei muri delle spalle da contrastare più 20 cm, alle due estremità ogni
tirante verrà filettato per una lunghezza di circa 10 cm con filettatura M 16.
Capitolo 10: Tecniche di consolidamento di edifici dissestati Pag. 231
• I tiranti metallici vanno inseriti alla quota dei giunti alle reni ed estesi a tutta la
zona porticata per evitare che gli effetti della spinta si trasferiscano sui
piedritti limitrofi a quello in cedimento.
Capitolo 10: Tecniche di consolidamento di edifici dissestati Pag. 233
Nel caso in cui si è in presenza di più archi contigui, la foratura dovrà interessare, alla
quota delle reni, tutti gli archi contigui, e la catena dovrà essere passante per tutti gli archi,
con ancoraggi posti solo alle estremità (Figura 10.57)
Pag. 234 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
• Tipo 2
Si possono mettere in opera i tiranti estradossali, che vengono disposti, al fine di
neutralizzare la spinta degli archi, al disopra della chiave dell’arco e all’interno
dello stesso.
Così ubicati riducono gli effetti della spinta ma non li annullano e risultano tanto
meno efficaci quanto le masse di spalla sono più gracili.
Capitolo 10: Tecniche di consolidamento di edifici dissestati Pag. 235
In questo caso il tirante anziché essere disposto all’altezza dei centri di spinta, in
modo da neutralizzare totalmente le componenti orizzontali delle azioni inclinate
dell’arco, viene sistemato alla quota dell’estradosso, gli interi muri di spalla
lavorano come travi incastrate, all’altezza del tirante, perché le reazioni dei
capichiave ivi applicata e la continuità muraria fanno ritenere le sezioni esenti da
rotazione; la base dei muri può ritenersi incastrata, perché i massi fondali
subiscono rotazioni trascurabili per la loro mole, per l’ampiezza della base e per il
contrasto col terreno circostante supposto ben costipato.
Di conseguenza i muri di spalla risultano soggetti a pressoflessione e taglio. Per
effetto di queste sollecitazioni si hanno distribuzioni delle tensioni che consigliano
di assumere con molta prudenza i risultati delle indagini statiche di questa struttura
con tirante estradorsale che, nel complesso, risulta meno efficace di quella col
tirante posto all’altezza dei centri di spinta. Una variante al tirante estradorsale è
l’imbracatura dell’arco, che risulta ancor meno efficace del tirante estradorsale,
essa consiste nell’inserire un’ulteriore tirante inclinato secondo la direzione della
spinta e ben collegato alle spalle laterali ed al tirante stesso.
I materiali utilizzati per tale intervento sono: ferro per tiranti, ferro fucinato per
piastre, capochiave, malta cementizia.
a) Preparazione.
L'intervento può essere eseguito dall'intradosso o dall'estradosso.
Il secondo caso ricorre sempre quando risulta opportuno puntellare la struttura
rendendo quindi inaccessibile la faccia inferiore dell'arco.
In ogni modo si procederà, sulla base del progetto, al tracciamento dei punti di attacco
delle perforazioni.
Di norma queste hanno: direzione radiale quando eseguite dal basso verso l’alto,
tangenziale quando eseguite dalla faccia del muro soprastante l'arco.
b) Perforazioni.
Si eseguono le perforazioni con strumento a rotazione del diametro, profondità e
direzione previsti dal progetto, realizzate in serie successive e secondo un ordine che di
volta in volta verrà stabilito per garantire la massima sicurezza.
Si consiglia una distanza di 50cm tra un foro ed un altro appartenenti alla stessa serie, e
di 10 cm tra due diverse serie, in modo da ottenere una buona intersezione delle
armature.
In pianta la distanza tra due serie mediamente è di 10cm, ed ogni serie viene ripetuta su
tutto lo sviluppo della volta ogni 70 cm.
c) Armatura dei fori.
I fori vengono abbondantemente bagnati e quindi riempiti di boiacca di cemento o di
malte speciali o ancora di resine utilizzando la medesima attrezzatura vista per le
iniezioni.
Quindi si introducono le barre di acciaio ad aderenza migliorata che, a presa avvenuta,
vengono tagliate a filo della muratura.
Nel caso di murature a faccia–vista è opportuno che le barre siano preventivamente
tagliate a misura così che sia possibile stuccare il foro con idoneo materiale che non
alteri l'aspetto del muro ad intervento eseguito.
Particolare cura va posta nell’esecuzione, la buona riuscita dell’intervento è affidata
all’aderenza degli elementi metallici con la miscela di iniezione e di questo insieme con la
muratura.
Un eventuale sfilamento delle armature sarà da attribuirsi più alla perdita di aderenza
tra l’interfaccia muratura–sigillatura che tra l’interfaccia, di norma più affidabile
sigillatura–armatura.
Capitolo 10: Tecniche di consolidamento di edifici dissestati Pag. 239
I materiali utilizzati per tale intervento sono: legname per puntellature, trapano
perforatore a rotazione; boiacca, malta, resine, ferro in barre ad aderenza migliorata.
Prima di porre in opera il manto della puntellatura si provvede alla stuccatura con
cemento a lenta presa delle eventuali lesioni o soluzioni di continuità riscontrabili
all'intradosso.
b) Demolizioni e rimozioni.
Tutto il materiale sovrapposto alla volta dovrà essere demolito e rimosso fino al vivo
dell'estradosso della struttura.
E’ evidente come in ciascuna situazione si possa ritrovare un caso a sé stante: in ogni
caso si tratta di eliminare il pavimento, il sottofondo, l'eventuale piano di posa e il
materiale di rinfianco.
Capitolo 10: Tecniche di consolidamento di edifici dissestati Pag. 241
Questa operazione procederà per successivi strati paralleli, partendo dalla zona di
chiave verso l'esterno della volta.
Nelle volte a botte si inizia lungo la generatrice superiore e, per tratti uguali, si procede
dall'una e dall'altra parte fino ai rinfianchi.
Nelle volte a crociera e a padiglione, partendo dal centro, si procede lungo quattro
fronti, secondo gli anelli della volta nel caso della crociera o secondo le generatrici in
quella a padiglione, fino al livello di imposta.
Tutte queste operazioni saranno condotte manualmente e con la massima cura per
evitare di danneggiare il materiale che costituisce la volta in ogni sua parte.
Pag. 242 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
Fig. 10.60: Volta a botte con frenelli in mattoni e cordolo in c.a. ancorato alla muratura
Fig. 10.62: Volta a botte con rinfianco cellulare con frenelli primari e secondari
Per migliorare la funzione dei frenelli occorre attuare il miglior collegamento fra gli
stessi e l'estradosso della volta.
Ciò può realizzarsi attraverso chiodi metallici da infiggere nella volta lungo la
superficie di contatto fra questa e i muretti cosicché questi possano in parte
comprenderli.
Nel caso si sia costituita una cappa armata saranno lasciati opportuni spezzoni di ferro
sporgenti e collegati alla rete di armatura. Le successive cellette che risultano devono
essere in reciproca comunicazione, attraverso aperture lasciate nei frenelli, al fine di
consentire circolazioni d’aria che riducano gli effetti termici. Queste camere d'aria
potranno essere utilizzate per il passaggio di condutture e canalizzazioni.
Per volte di grande luce è utile costruire muretti trasversali di irrigidimento dei frenelli.
Nel caso di volte decorate, per le quali si teme che le infiltrazioni della malta di
cemento tra i giunti possa rovinare l’intradosso, si possono usare, prima della
costruzione dei frenelli, manti estradossali di resine epossidiche applicate a freddo con
l’aggiunta di teli di fibre di vetro che, avendo una buona resistenza a compressione,
sono in grado di sostituire la cappa in calcestruzzo, specialmente nel consolidamento di
volte leggere.
g) Realizzazione del piano di copertura.
Non ci si sofferma sui modi in cui è possibile realizzare il piano di copertura sopra la
volta, utilizzando i muretti per appoggio, dal momento che svariati ed altrettanto validi
possono essere i sistemi adottati.
h) Opere complementari.
Pag. 248 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
In particolare, nella grande generalità dei casi non occorre praticare delle perforazioni e
non occorre iniettare a pressione maggiore di quella atmosferica.
A differenza delle murature, essendo la volta completamente puntellata, si può, in
condizioni di sicurezza, procedere alla pulizia richiamata nella precedente fase c).
Fanno eccezione le volte costruite in materiale lapideo aggregato alla rinfusa a
costituire un vero e proprio conglomerato (ciottoli, brecce) e quelle di notevole
spessore.
In questi casi è possibile dover fare ricorso a perforazioni. Le perforazioni potranno
estendersi per tutto lo spessore della volta oppure essere limitate, senza quindi
fuoriuscire all'intradosso. Nel primo caso si perforerà anche il manto della puntellatura
per poi stuccare la base del foro con cemento a lenta presa.
Per la scelta del legante da utilizzare, di volta in volta, in sede di progetto e/o di
esecuzione dei lavori, si valuterà l'opportunità di impiegare boiacche, miscele
additivate, resine, con le caratteristiche specifiche più idonee.
La colatura di queste sostanze eseguita a pressione atmosferica verrà effettuata con
l'ausilio di imbuti o simili, costipando a mano, e ripetendo l'operazione fintantoché la
struttura non rifiuta altro materiale.
L'iniezione a pressione sarà effettuata con l'impiego di pompe a mano oppure anche a
motore, purché vi sia assoluta affidabilità nel controllo della pressione che, in ogni
caso, deve essere bassa.
Posti in opera i boccagli si procede ad iniettare acqua di lavaggio, quando possibile, e
quindi il materiale cementante.
E' sempre opportuno, completata l'operazione per l'intera struttura, procedere ad
ulteriori iniezioni dopo 24-48 ore, utilizzando gli stessi boccagli, così da riempire
completamente i vuoti dovuti al ritiro del materiale o a sedimentazione.
e) Rinfianchi.
La massa di rinfianco vera e propria verrà costituita con getto di calcestruzzo in
quantità e forma opportune, determinate in sede di progetto, con l'obiettivo di
«correggere» eventualmente l'andamento della curva delle pressioni.
Gli spazi compresi fra l'estradosso della volta e l'intradosso del solaio soprastante
potranno risultare vuoti oppure essere utilizzati per il passaggio di condutture varie o
ancora come illustrato in fase g).
f) Costruzione del solaio.
Si pone in opera un solaio gravante direttamente sui piedritti, tale che la volta non sia
interessata né dal suo peso né dai carichi di esercizio relativi. E’ chiaro che l'eventuale
armatura di sostegno necessaria per condurre questa operazione, non dovrà essere
appoggiata all’estradosso della volta, ma dovrà essere sostenuta dall’alto mediante
l’impiego di travi provvisorie di sostegno.
g) Opere complementari.
L'analisi condotta sulla volta per determinarne lo stato e le cause di eventuale dissesto
devono necessariamente essere estese a tutto il sistema statico cui la volta si relaziona.
In particolare occorre stabilire se hanno ceduto i muri o i pilastri di piedritto ed in
questo caso, trovatene le cause, occorre procedere prioritariamente al loro
consolidamento.
Quando si renda necessario, è possibile ottenere un efficace isolamento termico ed
acustico utilizzando lo spazio compreso fra l'estradosso della volta ed il soprastante
solaio, ponendo in opera, a seconda dei casi, materiale coibente sfuso, in lastra o in
materassino.
Pag. 252 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
f) Cappa armata.
Il piano estradossale viene realizzato con una cappa in calcestruzzo armato.
Spessore e tipo di armatura varieranno nei vari casi, a partire da uno spessore minimo
di 4cm, con armatura costituita da rete metallica elettrosaldata Ø4, 10×10.
Dove possibile è inoltre opportuno, sempre auspicabile nelle zone sismiche, collegare
questa cappa armata ai muri perimetrali mediante la costituzione di un cordolo in c.a.
da ricavarsi nella muratura stessa.
g) Opere complementari.
L'analisi condotta sulla volta per determinare lo stato e le cause di eventuale dissesto
devono necessariamente essere estese a tutto il sistema statico cui la volta si relaziona.
In particolare occorre stabilire se hanno ceduto i muri o i pilastri di piedritto ed in
questo caso trovatene le cause, occorre procedere prioritariamente al loro
consolidamento.
In presenza di superfici affrescate il getto della controvolta sarà preceduto da una
semplice o doppia spalmatura isolante alternata con uno strato di lana di vetro eseguita con
formulati epossidici.
L’aderenza tra vecchia e nuova struttura può essere garantita da connettori o più
semplicemente dalla scabrosità delle superfici di contatto.
Capitolo 10: Tecniche di consolidamento di edifici dissestati Pag. 255
Particolarmente indicato per le volte a sesto acuto, quando si voglia ridurre la spinta
orizzontale in chiave che, in una verifica di stabilità mostri si essere tanto elevata da far
innalzare la curva delle pressioni che può uscire dall’estradosso.
Nel caso di zone sismiche, dove si deve eliminare la spinta della volta sui sostegni,
senza demolire le strutture spingenti dissestate per sostituirle con solai piani, nella volta
viene annullata la sua funzione portante e quindi spingente a mezzo di tiranti di sospensione
ancorati ad un solaio soprastante che la trasforma in una semplice struttura portata.
Modalità di esecuzione dell’intervento
• Tipo 1
a) Puntellamento della volta.
• Tipo 2
a) Puntellamento della struttura con una centina completa, come se la volta dovesse
essere costruita.
b) Rimozione del pavimento e dei materiali di riempimento di rinfianco.
c) Rigenerazione diffusa dell’estradosso della volta, attraverso spazzolatura e lavaggio
delle connessioni all’estradosso.
d) Iniezione e risarcitura delle lesioni principali passanti, dall’intradosso.
e) Costituzione di una controvolta in calcestruzzo armato con rete elettrosaldata collegata
alla volta con spezzoni di barra ad aderenza migliorata, connettori, o tramite chiodi.
Esecuzione dei fori nella volta e dei muretti in c.a. in cui si lasciano i fori per inserire i
tiranti in acciaio che vengono solidarizzati mediante iniezioni di cemento espansivo.
Capitolo 10: Tecniche di consolidamento di edifici dissestati Pag. 259
Fig. 10.77: Volta a crociera con tiranti diagonali posti all’altezza delle reni40
Fig. 10.84: Collegamento della lanterna alla calotta mediante perforazioni armate
si può adoperare un cavo in acciaio armonico, alloggiato in sede, nella quale è presente una
piastra o sella di acciaio di ripartizione ben collegata alla muratura.
L’intervento deve essere di norma eseguito sulla struttura di contenimento
rappresentata dal tamburo e si esegue solitamente su cupole a pianta poligonale o circolare
in cui si vuole contenere la spinta utilizzando un cavo ad effetto cerchiante.
Modalità di esecuzione dell’intervento
• Tipo 1: Cerchiatura di una cupola a pianta poligonale
a) Si procede alla realizzazione della sede di alloggiamento dei cavi mediante la
rimozione del paramento murario o dell’intonaco; previa impermeabilizzazione della
sede con una spalmatura di resina epossidica.
c) Sistemazione del cavo e sua messa in trazione fino al raggiungimento della tensione
desiderata.
d) Bloccaggio del cavo mediante manicotti flettenti.
a) Preparazione delle sedi per l’alloggiamento dei cavi e delle piastre di ancoraggio.
Impermeabilizzazione della sede mediante spalmatura con resina epossidica. Posa di
uno strato di teflon o altro materiale compressibile a basso coefficiente di attrito.
paramento rimovibile in mattoni o rivestito con intonaco. Nel caso non sussistano le
condizioni elencate è possibile intervenire non eseguendo le fasciature con maglia
elettrosaldata, ma affidando interamente alle imperniature infittite la funzione di cerchiare
la struttura.
Gli obiettivi di tale intervento consistono nel contenere la spinta sui supporti della
cupola costituendo un irrigidimento dei sostegni. Nel caso dei cavi verticali, lo scopo è di
riportare la risultante delle forze entro il nocciolo centrale di inerzia così da contenere la
spinta in questione.
Modalità di esecuzione dell’intervento
• Tipo 1: Fasciatura
L’intervento prevede la posa in opera di betoncino in calcestruzzo armato di sezione ridotta.
10.8 Bibliografia
[1] S. Mastrodicasa, Dissesti statici delle strutture edilizie. Diagnosi Consolidamento
istituzioni teoriche Applicazione pratiche, Editore U. Hoepli Milano. Perugia1993.
[2] J. Heyman, The Stone Skeleton – Structural Engineering of Masonry Architecture,
Cambridge University Press 1995.
[3] P. Rocchi, Manuale del consolidamento, Edizioni Dei-Tipografia del Genio Civile.
Roma 1991.
[4] L. Caleca, A. De Vecchi, Tecnologie di consolidamento delle strutture murarie,
Edizioni Dario Flaccovio. Palermo 1983.
[5] ERTAG – Ente Regionale Toscano per l’assistenza tecnica e gestionale, Tecnica e
pratica del recupero edilizio, Edizioni Alinea Firenze. Aprile 1983.
[6] A. Defez, Il consolidamento degli edifici, Liguori editore. 1990.
[7] R. di Stefano, Il consolidamento strutturale nel restauro architettonico, Edizioni
scientifiche Italiane, 1990.
[8] L. Gelsomino, Consolidamento e recupero strutturale, Recupero edilizio 8. Edizioni
Alinea Firenze.
[9] AA.VV., Consolidamento degli edifici in muratura lesionati dai terremoti, Edizioni
ESA Roma 1980.
[10] G. Rufo, Prezzi informativi dell’edilizia – Recupero Ristrutturazione Manutenzione,
Dei – Tipografia del Geni Civile, 1999.
[11] AA.VV., Criteri di calcolo per la progettazione degli interventi, Servizio sismico
nazionale –Sallustiana editore Roma, 1998.
[12] L. Nizzi Grifi, Restauro statico dei monumenti. Diagnosi e consolidamento, Alinea
editore, 1981.
[13] A. Cerami, Indagini ed interventi sulle strutture in muratura, La qualità del costruire
Atti del convegno – Caltanissetta 1997.
[14] P. Mancuso, A. Failla, Iniezioni con malte cementizie e resine, Istituto Scienza delle
costruzioni – Ingegneria Palermo, 1980.
[15] M. Aquilino, A. Gallo Curcio, F. Piccarreta, Incamiciatura di murature con intonaco
cementizio armato, Istituto Scienza e Tecnica delle costruzioni – Architettura Roma,
1980.
[16] G. Croci, M. Cerone, La tecnica delle iniezioni armate nel consolidamento delle
murature, Istituto Scienza delle costruzioni – Ingegneria Roma , 1980.
[17] L. F. Lamanna, A. Bellicini, Il risanamento delle strutture in cemento armato e
muratura. Capitolato tecnico, Carocci Editore Roma , 1998.
[18] F. Braga e AA.VV., Commentario al D.M. 16.01.1996 e alla circolare n.65/AA.GG.
del 10.04.1997 del Ministero LL.PP., Lamisco Editore Potenza, 1998.
[19] R. Gigante, Interventi di ristrutturazione statica degli edifici in muratura, Il sole 24
ore Milano, ottobre 1998.
[20] P. Capaldini, D. Ripa di Meana, B. Selvatici, Restauro statico dei monumenti.
Diagnosi e consolidamento, Alinea editore, 1981.
Capitolo 11
11.1 Introduzione
Allo scopo di inquadrare le principali problematiche che intervengono nell’adeguamento
sismico mediante un’applicazione ad un caso studio, nel seguito viene esaminato l’edificio
rappresentato in Figg. 11.1 e 11.2. Tale edificio, è stato già oggetto di analisi nel primo
volume con riferimento alle verifiche fuori piano, con il conseguente progetto delle catene,
e alle verifiche nel piano delle pareti nell’ipotesi di impalcato deformabile.
Nel presente capitolo, l’analisi viene svolta con l’obiettivo di adeguare simicamente
l’edificio per cui verrà considerato il comportamento globale tridimensionale della struttura.
1.00
2.20
1.00
2.20
2 1 2.8 0.8 5.15 0.8 2.8 1 2
A
1.00
2.20
0.80
1.50
0.80
1.50
1.00
2.20
0.90 0.90
RIP 2.20 LAVANDERIA 2.20
3.6
0.90
2.20
0.90
2.20
5.4
H=3.00
1.20 1.20
1.2
2.20
2.20
1.40
2.20
1.8
0.4
7.05
0.63 1.4
B 2.50 2.50 B
2.5
2.20 2.20
3.6
INGRESSO
0.7
2.50
2.20
2.50
2.20
1.20
3.00
2.50
2.20
2.50
2.20
1.1
0.8 2.5 1.25 2.5 1.5 1.25 1.5 2.5 1.25 2.5 0.8
18.35
1.00
2.20
1.00
2.20
1.00
2.20
CAMERA CAMERA
3.8
5.5
0.90
2.20
0.90
2.20
0.90
2.20
0.90
2.20
0.80 0.80
0.8
1.50 1.50
0.90 0.90
BAGNO 2.20 0.90 0.90 2.20
2.20 2.20
1.20
2.20
1.20
2.20
2.65
B 1.20 1.20
B
0.80
2.20
1.2
2.20 2.20
SOGGIORNO CUCINA
0.5 BAGNO
1.75
1.20
1.50
1.20
1.50
1.20
1.50
1.20
1.50
A
Nel caso esaminato si assume un livello di conoscenza adeguato (LC2) a cui corrisponde,
come riportato in Tabella 11.1, un fattore di confidenza pari ad 1.2.
Capitolo 11: Caso studio:adeguamento sismico di un edificio esistente Pag. 283
Tab. 11.2: Tabella dei livelli di conoscenza estratta dalla C.M. 2009
Tab. 11.2: Tabella delle proprietà meccaniche estratta dal D.M. 2009
In Tab. 11.3 vengono riportati i valori delle proprietà meccaniche adottate successivamente
nel calcolo. Queste vanno considerate come dei valori medi desunti dalla Tabella 11.2.
Occorre precisare che i valori indicati in tabella C8A2.1 della Normativa sono da riferirsi a
condizioni di muratura con malta di scadenti caratteristiche, giunti non particolarmente
sottili ed assenza di ricorsi o listature che regolarizzano la tessitura e l’orizzontalità dei
corsi di malta. Inoltre, per le murature storiche, si assume che esse siano a paramenti
scollegati ovvero siano assenti elementi sistematici di connessione trasversale (diatoni).
Qualora una o più delle suddette caratteristiche fossero diverse, i valori riportati in Tabella
C8A2.1 della norma vanno modificati applicando i coefficienti riportati in tabella 11.4. Nel
caso in esame, le analisi verranno condotte con i valori riportati in Tabella 11.3 avendo
ipotizzato per lo stato di fatto della muratura in esame l’assenza di tutti i fattori modificativi
della tabella 11.4.
Tab. 11.4: Tabella coefficienti correttivi delle proprietà meccaniche estratta dal D.M. 2009
Pertanto, applicando il fattore di confidenza pari ad 1.2, le analisi che seguiranno, condotte
mediante un’analisi statica non lineare, saranno basate sui seguenti valori di progetto delle
proprietà meccaniche:
Q d = E + G k1 + G k 2 + ∑ψi
2i Q ki
Il modello strutturale dei singoli piani e quello globale sono rappresentati in Fig.
11.5, mentre nelle Figg. 11.6 e 11.7 vengono riportate le modellazioni tipo delle singole
pareti in direzione X e Y.
I parametri sismici adottati nell’analisi sono riportati in Figura 11.7 e le
combinazioni di carico in Fig. 11.8.
I risultati dell’analisi sono sinteticamente riportati in Fig. 11.9. Si osserva che il fattore di
sicurezza minimo in direzione X è pari a 0.609 e in direzione Y è pari a 0.389.
Pag. 290 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
Direzione X Direzione Y
Direzione X Direzione Y
Tab. 11.3: Sintesi dei risultati in termini di valori minimi dei fattori di sicurezza
1,8 d 3 1,8 63
M yk = f uk = 600 = 18987 Nmm (11.7)
d 0.4 6 6 0.4 6
Sulla base dei precedenti valori, in accordo alla CNR DT206/2007, considerando i
possibili meccanismi di rottura (Fig. 11.18) si ottiene il seguente valore della resistenza di
progetto del singolo chiodo:
Capitolo 11: Caso studio:adeguamento sismico di un edificio esistente Pag. 297
(11.8)
4 ⋅190
FV , Rk , 2 = 914 ⋅ 2 + = 4226 kg
254 ⋅ 0,6 ⋅ 6 2
FV , Rk ,1 914
Fnail = = = 703 kg (11.9)
γM 1,3
e quindi si adotta un numero di chiodi pari a:
2730
N chiodi = =4 (11.10)
703
Fig. 11.19 Schema di calcolo degli elementi di collegamento per azioni fuori piano
Capitolo 11: Caso studio:adeguamento sismico di un edificio esistente Pag. 299
S a ⋅ Wa
Fa =
V
H + FV FC.3
qa
80
Fw1
W1
F2
⎡ 3(1 + z H ) ⎤
30
F2
Sa = α ⋅ S ⋅ ⎢ − 0,5⎥
FF2
⎣1 + (1 − Ta T1 )
2
⎦
M Rib,B − M Stab,B
300
Fc 2 =
Fw2
W2
h2
daN
Fc 2 = 477 B
m x
30
pm t (1.5 f vdo ) 3 3 3
FRd = sen30° = pm tf vdo = pm tf vd 0
cos 30° 2 3 2
(11.12)
⎛ t 3⎞ 3 ⎛ 40 3⎞ 3
FRd = 4⎜⎜ l + 2 ⎟t
⎟ f Vd 0 = 4⎜⎜ 25 + 2 ⎟40
⎟ 0.29 = 1932kg
⎝ 2 3 ⎠ 2 ⎝ 2 3 ⎠ 2
⎛ a ⎞⎛ A ⎞
N Rdc = βAb f d = ⎜⎜1 + 0,3 1 ⎟⎟⎜1,5 − 1,1 b ⎟ Ab f d
⎝ hc ⎠⎜⎝ Aef ⎟⎠ (11.13)
Direzione X Direzione Y
Pag. 304 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
Tab. 11.4: Sintesi dei risultati in termini di valori minimi dei fattori di sicurezza
FS X FS Y Efficacia Intervento X Efficacia Intervento Y Media
Stato di Fatto 0,609 0,389
Solaio Ligneo Doppio Tavolato 1,038 0,67 70,4% 72,2% 71,3%
Solaio Ligneo + Soletta 5 cm+UNP120 0,981 0,68 61,1% 74,8% 67,9%
11.6 Intervento di miglioramento sismico mediante la
sostituzione dei solai in legno con solai latero-cementizi
Un intervento radicale relativo ai solai è costituito dalla sostituzione dei solai in
legno con solai latero-cementizi. Tale intervento è stato largamente impiegato nel passato,
tuttavia vanno sottolineati gli aspetti critici di tale intervento. In particolare occorre
considerare che, essendo molto spesso le murature esistenti a doppio paramento senza
elementi trasversali di collegamento, si crea un duplice effetto negativo (Fig. 11.27):
1. da una parte si determina uno scarico del nuovo solaio pesante solo sul paramento
interno che quindi resiste con una sezione minore di quella dell’intera parete;
2. dall’altra i carichi verticali provenienti dai piani superiori vengono confluiti sul
paramento esterno che può entrare in crisi per problemi di instabilità per carico di
punta. Inoltre, nel momento in cui l’azione sismica investe l’orizzontamento, la
presenza di un cordolo rigido in c.a. può creare effetti di martellamento sulla parete
esterna con espulsione fuori del piano della muratura.
Capitolo 11: Caso studio:adeguamento sismico di un edificio esistente Pag. 305
Fig. 11.27: Aspetti negativi nella sostituzione dei solai in legno con solai latero-cementizi
Proprio per la presenza di tali effetti negativi, le nuove norme tecniche precisano che
devono essere evitati cordoli inseriti nello spessore della muratura ai livelli intermedi
mentre possono risultare utili cordoli in acciaio realizzati con piatti o profili sui due
paramenti collegati tra loro tramite barre passanti. Essi forniscono una certa rigidezza
flessionale fuori dal piano della parete ed ostacolano lo sviluppo di meccanismi di rottura
delle fasce di piano.
Consideriamo tuttavia il caso della realizzazione di un nuovo solaio latero-
cementizio con la creazione di un cordolo in c.a. come descritto in Fig. 11.28. I risultati
dell’analisi condotta portando in conto l’incremento di carico derivante dal solaio latero-
cementizio sono rappresentati in Fig. 11.29 e sinteticamente riassunti in Tab. 11.5. Si
osserva che il maggior peso dell’impalcato comporta una riduzione del miglioramento della
prestazione sismica rispetto alle due soluzione di irrigidimento dell’impalcato analizzate nei
precedenti paragrafi.
Pag. 306 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
Tab. 11.5: Sintesi dei risultati in termini di valori minimi dei fattori di sicurezza
Capitolo 11: Caso studio:adeguamento sismico di un edificio esistente Pag. 307
Fs, x Fs , x
≤ f sd ⇒ As =
ncr , x ⋅ As ⋅ cos(45°) ncr , x ⋅ f sd ⋅ cos(45°)
(11.14)
Fs , y Fs , y
≤ f sd ⇒ As =
ncr , y ⋅ As ⋅ cos(45°) ncr , y ⋅ f sd ⋅ cos(45°)
Per quanto concerne invece la verifica nei confronti della tensione trasmessa alla
muratura, si ottengono le seguenti espressioni per la verifica e per il progetto delle
dimensioni della coda di rondine:
Fs, x Fs , x
≤ f wd ⇒ d = (11.15)
ncr , x ⋅ d ⋅ s ncr , x ⋅ f wd ⋅ s
Pag. 308 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
Fs, y Fs, y
≤ f wd ⇒ d =
ncr , y ⋅ d ⋅ s ncr, y ⋅ f wd ⋅ s
dove d è la profondità della coda di rondine ed s l’altezza della coda di rondine coincidente
con quella del cordolo.
Per la verifica nei confronti delle azioni fuori piano si procede applicando lo stesso
metodo di analisi impiegato per la verifica delle muratura soggetta all’azione delle piastre
di ancoraggio delle catene o delle piastre di ancoraggio dei collegamenti in acciaio tra
impalcato in legno e muratura. In particolare, occorre effettuare la verifica a punzonamento
della muratura considerando la superficie di distacco tronco-piramidale rappresentata in
Fig. 11.29b.
Capitolo 11: Caso studio:adeguamento sismico di un edificio esistente Pag. 309
Iniezioni sulle
sole pareti in
direzioni Y
Fig. 11.31: Risultati dell’analisi sismica (rinforzo dei solai in legno con soletta cementizia
collaborante ed iniezioni sui maschi in direzione Y)
Iniezioni su
tutte le pareti sia
in direzioni X
che in direzione
Y
Fig. 11.32: Risultati dell’analisi sismica (rinforzo dei solai in legno con soletta cementizia
collaborante ed iniezioni sui maschi in direzione X e Y)
Pag. 312 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
Iniezioni sulle
sole pareti in
direzioni Y
Fig. 11.33: Risultati dell’analisi sismica (rinforzo dei solai in legno con doppio tavolato ed
iniezioni sui maschi in direzione Y)
Capitolo 11: Caso studio:adeguamento sismico di un edificio esistente Pag. 313
Infine in Fig. 11.34 viene presentato il caso di rinforzo con l’impiego di un doppio
tavolato in legno ed iniezioni cementizie in entrambe le direzioni. Si osserva che l’obiettivo
dell’adeguamento sismico può essere ritenuto praticamente raggiunto seppure in misura
appena sufficiente.
Iniezioni su
tutte le pareti sia
in direzioni X
che in direzione
Y
Fig. 11.34: Risultati dell’analisi sismica (rinforzo dei solai in legno con doppio tavolato ed
iniezioni sui maschi in direzione X e Y)
Pag. 314 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
In Tab. 11.6 è riportata la sintesi di tutti i risultati forniti dalle diverse tipologie di
intervento esaminate nel presente paragrafo ed in quelli precedenti.
E’ importante sottolineare che nella progettazione degli interventi per quanto
possibile va limitato l’incremento dei carichi gravanti sulla struttura. Inoltre, il rinforzo dei
maschi murari con iniezioni cementizie comporta un significativo aumento della resistenza
e della rigidezza dei maschi interessati dall’intervento e quindi un complessivo
miglioramento della prestazione sismica dell’edificio nella direzione nella quale sono stati
rinforzati i maschi murari ma nello stesso tempo comporta un incremento complessivo delle
azioni sismiche per effetto della riduzione del periodo di vibrazione della struttura ed un
incremento delle masse sismiche per cui nella direzione non rinforzata si registra una
riduzione del fattore di sicurezza.
Tab. 11.6: Sintesi dei risultati in termini di valori minimi dei fattori di sicurezza forniti
dalle differenti tipologie di intervento esaminati
Intonaco armato
solo sulle pareti
in direzioni Y
Fig. 11.36: Risultati dell’analisi sismica (rinforzo dei solai in legno con doppio tavolato ed
intonaco armato sui maschi in direzione Y)
Intonaco armato
applicato su
tutte le pareti sia
in direzioni X
che Y
Fig. 11.37: Risultati dell’analisi sismica (rinforzo dei solai in legno con doppio tavolato ed
intonaco armato sui maschi in direzione Y)
In Tab. 11.7 è riportata la sintesi di tutti i risultati forniti dalle diverse tipologie di
intervento esaminate nel presente paragrafo ed in quelli precedenti. Si osserva che il
rinforzo dei solai in legno con doppio tavolato associato al rinforzo dei maschi murari con
intonaco armato fornisce il più elevato valore dell’incremento medio dei fattori di
sicurezza.
Pag. 318 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
Tab. 11.7: Sintesi dei risultati in termini di valori minimi dei fattori di sicurezza forniti
dalle differenti tipologie di intervento esaminati
Fig. 11.39: Risultati dell’analisi sismica (rinforzo dei solai in legno con doppio tavolato ed
intonaco armato sui maschi in direzione Y)
I risultati dell’analisi strutturale condotta con intonaco armato con reti di fibre di
vitro applicato sui soli maschi in direzione Y sono riportati in Fig. 11.40. Si osserva che
l’efficacia dell’intervento è decisamente superiore a quello fornito dall’applicazione di
intonaco armato con reti metalliche. Ciò deriva essenzialmente dal valore più elevato della
resistenza a taglio fornito dalla parete rinforzata con reti in fibre di vetro.
Pag. 320 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
Intonaco armato
con reti in fibre di
vetro applicato
sulle pareti in
direzione Y
Fig. 11.40: Risultati dell’analisi sismica (rinforzo dei solai in legno con doppio tavolato ed
intonaco armato in fibre di vetro sui maschi in direzione Y)
In Fig. 11.41 sono riportati i risultati forniti dall’intervento di rinforzo con intonaco
armato con fibre di vetro applicato sia alle pareti in direzioni X che alle pareti in direzione
Y. Si osserva il pieno raggiungimento dell’obiettivo dell’adeguamento sismico con un
fattore di sicurezza pari a 2.106 in direzione X e 1.198 in direzione Y.
Capitolo 11: Caso studio:adeguamento sismico di un edificio esistente Pag. 321
Intonaco armato
con reti in fibre
di vetro su tutte
le pareti sia in
direzioni X che
Y
Fig. 11.41: Risultati dell’analisi sismica (rinforzo dei solai in legno con doppio tavolato ed
intonaco armato con reti in fibre di vetro sui maschi in direzione X e Y)
In Tab. 11.18 sono sinteticamente riportati i valori dei fattori di sicurezza forniti da
tutti gli interventi esaminati.
Pag. 322 Progettazione ed esecuzione degli interventi sugli edifici in muratura ordinaria
Tab. 11.8: Sintesi dei risultati in termini di valori minimi dei fattori di sicurezza forniti
dalle differenti tipologie di intervento esaminati
⎛ ⎞ ⎛ ⎞
⎜ ⎟ ⎜ ⎟
1,5 f + 0 ,4σ ⎜ 1,5 ⋅ 0 ,29 + 0 ,4 ⋅ 1,5 ⎟ = 9851 kg
G.E.Vu = lt ⎜ vd 0 ⎟ = 355 ⋅ 30 (11.19)
⎜ 3λf vd 0 ⎟ ⎜ 3 ⋅ 0,42 ⋅ 0,29 ⎟
⎜ 1+ ⎟ ⎜ 1+ ⎟
⎝ 2σ ⎠ ⎝ 2 ⋅ 1,5 ⎠
• Resistenza a Fessurazione diagonale [Turnsek – Cacovic]
h
1< b = < 1,5
l
• Energia specifica di frattura [CNR DT 200/2004]
1 2 E f Γ fk 1 2 ⋅ 80700 ⋅ 0,007589
f fdd = = = 42,10MPa (11.22)
1.2 tf 1.2 0,48
f md
VRd ,max = 0.3 td = 24480kg (11.25)
2
• Tensione di delaminazione [CNR DT 200/2004]
Rinforzo a
taglio con FRP
sulle pareti in
direzione Y
Fig. 11.46: Risultati dell’analisi sismica (rinforzo dei solai in legno con doppio tavolato e
rinforzo dei maschi in direzione Y a taglio con FRP)
La sintesi dei risultati forniti da tutte le analisi eseguite nel presente capitolo è
riportata in tab. 11.9. Si osserva che diverse tecniche di rinforzo hanno consentito di
ottenere l’adeguamento sismico del fabbricato. Tuttavia, l’impiego dell’intonaco armato ha
richiesto un intervento globale sull’edificio interessando sia i maschi in direzione X che i
maschi in direzione Y. Solo l’intervento con rinforzo mirato a taglio mediante FRP ha
consentito di limitare l’intervento ai soli maschi in direzione Y.
Capitolo 11: Caso studio:adeguamento sismico di un edificio esistente Pag. 327
Tab. 11.9: Sintesi dei risultati in termini di valori minimi dei fattori di sicurezza forniti
dalle differenti tipologie di intervento esaminati