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Introduzione 1
I
4 Applicazione allo studio dei continui omogeneizzati 56
4.1 test 1: prova di trazione in direzione y . . . . . . . . . . . . . . . . . 57
4.2 test 2: prova di trazione in direzione x . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
4.3 test 3: prova di taglio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62
4.4 test 4: parete incastrata alla base soggetta a compressione laterale . 67
4.5 test 5: parete con foro soggetta a compressione verticale . . . . . . . 74
4.6 Considerazioni conclusive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81
Conclusioni 81
Bibliografia 86
II
Introduzione
In questi ultimi anni si sta assistendo ad una notevole crescita d’interesse nei riguardi
dell’edilizia in muratura, sempre più frequentemente impiegata in alternativa alle
tipologie costruttive del cemento armato e dell’acciaio.
Ai vantaggi offerti dagli edifici in muratura (semplicità costruttiva, buon isola-
mento termo-acustico, durabilità, resistenza al fuoco, economicità), d’altra parte,
fa riscontro l’opinione diffusa che essi offrano un basso grado di sicurezza nei con-
fronti di rilevanti azioni orizzontali, per cui in zona sismica spesso si opta per altre
soluzioni strutturali. Tale convinzione, tuttavia, non è sempre ben fondata.
Il comportamento delle murature dipende fortemente dall’organizzazione strut-
turale. In effetti, una parete isolata presenta una resistenza molto bassa nei confron-
ti del meccanismo flessionale attivato da azioni ortogonali al proprio piano medio.
Viceversa, essa fronteggia in maniera molto più efficace le azioni che la investono nel
suo piano, potendo, in tal caso, sviluppare appieno le risorse meccaniche e la capa-
cità dissipativa di cui dispone. Estremamente importante è, allora, la realizzazione
di una buona connessione tra i vari elementi portanti; in tal modo, viene invocato
un comportamento scatolare della struttura con due fondamentali effetti benefici:
1. viene chiamata in causa la resistenza a taglio dei pannelli disposti nella di-
rezione più favorevole rispetto alle forze agenti;
1
Introduzione 2
• Nel primo capitolo sarà descritta la struttura del modello proposto, cercando
di evidenziare tutti i dettagli che possano servire a comprenderne il compor-
tamento. Si limiterà la discussione all’ambito dell’elasticità lineare.
• Nel secondo capitolo saranno messi in luce alcuni aspetti salienti del comporta-
mento del modello, quindi saranno discussi alcuni casi campione (benchmarks)
che serviranno come linea guida nell’analisi dei risultati successivi.
• Nel terzo capitolo sarà svolta una rapida panoramica su un metodo di model-
lazione costitutiva delle murature: la tecnica dell’omogeneizzazione.
Il lavoro svolto si colloca all’interno del progetto di ricerca MURST 1998, Svilup-
po di una strategia integrata per la modellazione, l’analisi e la verifica di costruzioni
in muratura (coordinatore: prof. ing. R. Casciaro).
Capitolo 1
1.1 Il modello
Si limiterà l’analisi al caso di un singolo pannello murario, caricato nel suo piano.
Dal punto di vista di un continuo, si tratta di una situazione di stato elastico
piano di tensione. Ad un livello discreto, ciò si traduce nel considerare assenti tutti
gli effetti fuori del piano in cui giace il pannello.
Un pannello murario è composto essenzialmente da due classi di elementi:
• blocchi (mattoni)
• giunti (malta)
Tale suddivisione topologica si riflette nel modello numerico: sono definite due
classi fondamentali (blocco, giunto) le cui caratteristiche meccaniche e le relazioni
reciproche sono responsabili del comportamento globale dell’intero pannello.
Si sono assunte le seguenti ipotesi fondamentali di comportamento:
• i blocchi sono considerati infinitamente rigidi e resistenti;
3
Capitolo 1 - Descrizione del modello 4
i gradi di libertà del sistema, sono legati tra loro da un insieme discreto di molle, in
cui è concentrata tutta l’energia elastica.
Sono considerate variabili primarie sia gli spostamenti dei blocchi che le tensioni
agenti nei giunti. Si configura, pertanto, un modello di tipo misto, in cui lo stato
tensionale non è calcolato a partire dal campo di spostamenti (come avviene in un
modello compatibile), bensı̀ assume dignità propria comparendo direttamente nelle
equazioni del problema.
L’importanza di un simile approccio si rivela già nella fase iniziale di descrizione
del problema, consentendo di descrivere in modo semplice condizioni di carico e di
vincolo disparate. Tuttavia, una connotazione mista ha soprattutto forti riscontri
nel processo di analisi, riflettendosi sia sulla strategia di soluzione che sulla qualità
dei risultati prodotti.
Le tensioni, essendo valutate direttamente, non sono soggette al deterioramen-
to di precisione conseguente alle operazioni di derivazione necessarie al loro calcolo
in un modello compatibile. Tale vantaggio è poco evidente in un ambito elasti-
co lineare, dove comunque l’unicità della soluzione porta un modello misto ed uno
compatibile agli stessi risultati; tuttavia, in ambito non lineare, e soprattutto quan-
do intervengano fenomeni di plasticità e di fessurazione, diventa essenziale che nei
singoli passi le tensioni siano ricostruite con la massima precisione.
Capitolo 1 - Descrizione del modello 5
Le variabili interne relative al giunto sono tensioni; ad esse sono associate equazio-
ni di congruenza, che impongono l’uguaglianza tra la deformazione σ derivata,
attraverso il legame elastico, dalla tensione σ agente nel giunto, e quella u ottenuta
tramite le relazioni di congruenza in base agli spostamenti relativi dei due blocchi
adiacenti.
Le deformazioni impresse η̄ (quali, per es., deformazioni termiche) sono gli enti
duali alle variabili del giunto, per cui hanno lo stesso significato delle forze esterne
applicate ad un blocco. Di esse si tiene conto nelle equazioni di congruenza che,
nella forma più generale, si scrivono:
u − σ = η (1.1)
Vincolare una variabile significa assegnare il valore che in esso assume la ten-
sione. In tal caso, l’equazione di congruenza corrispondente permette di calcolare la
differenza η = u − σ , che è l’equivalente di una reazione vincolare per un blocco.
Fisicamente, tale valore rappresenta l’entità di una fessura o di una compenetrazione
che si manifesta all’interfaccia tra blocco e giunto.
Ogni giunto interno è a contatto con due blocchi, per cui la deformazione com-
patibile u sarà legata alla differenza di spostamento tra di essi. Nella definizione
del modello, si è pensato di disporre una fila di giunti anche lungo ogni lato esterno
della parete, compresi i bordi di eventuali aperture. La faccia “libera” di tali giunti,
che risultano a contatto con un blocco solo, si può pensare a contatto con un blocco
fittizio vincolato nelle sue tre componenti di spostamento, per cui la u sarà legata
unicamente allo spostamento assoluto dell’unico blocco a contatto.
Tale scelta si riflette nel modo di assegnare le condizioni al bordo del pannello.
Una situazione che fisicamente si tradurrebbe in una condizione di lato libero si
ottiene imponendo che sia nulla ogni componente di tensione sul giunto, ossia vin-
colando a valore nullo σ, τ e µ. Un incastro, viceversa, è simulato lasciando libere
tutte e tre le componenti di tensione, il cui valore è recuperato a valle dell’analisi.
Ovviamente, tutte le situazioni di vincolo intermedie (appoggio, cerniera, ecc.) si
ottengono analogamente, lasciando libera la componente di tensione nella direzione
di vincolo e assegnando il valore (eventualmente nullo) delle altre.
Infine, va specificata meglio la scelta fatta per le variabili tensione. Un criterio
conveniente è di definire σ in modo tale da rendere il più possibile semplice la
scrittura del lavoro di deformazione σσ . In tal senso, la scelta migliore è di
Capitolo 1 - Descrizione del modello 9
riferirsi alle componenti locali di sollecitazione {σ, τ, µ}. In tale sistema, infatti,
l’energia elastica risulta disaccoppiata nei suoi contributi: ciò si riflette nell’avere
una matrice di rigidezza dell’elemento diagonale, e, quindi, nel poter rappresentare
il giunto con un sistema di molle disaccoppiate.
Detto Vm il volume del giunto di malta, si ottiene:
σ σ dV = σ σ dV = σ σ · Vm = σ σ · am A (1.2)
Vm Vm
Nel seguito, a meno che non sia esplicitamente detto, si intenderà con σ non la
tensione, bensı̀ la sua risultante sull’area del giunto.
σ = σn · A
τ = σt · A A = area giunto (1.3)
µ =σ ·A
f
in forma matriciale:
−F D σ η̄
= (1.10)
DT · u f̄
Km w = p (1.11)
Le relazioni appena scritte, in realtà, raccolgono sia equazioni attive che vinco-
late. Per una descrizione più accurata si veda l’appendice A.
' = −cy ux
' = cx uy
ux → γ = cx ux uy → γ = cy uy
χ =0 χ =0
(1.19)
φ φ
uφx = ry φ ' = −cy ux + cx uy
φ → γ = cx uφx + cy uφy
uφy = rx φ
χ =1
−cy cx −cy ry − cx rx
D2 =
cx cy cx ry − cy rx
(1.20)
0 0 1
D1 = −D2
Capitolo 1 - Descrizione del modello 14
Deformazioni elastiche
Le deformazioni σ sono derivate tramite il legame elastico dalle tensioni σ:
σ = Fσ F = E−1
Forze equilibrate
Le forze equilibrate alle tensioni presenti nel giunto sono calcolate tramite il trasposto
dell’operatore di congruenza:
D 1 D 1 σ f 1 −f 2
DT σ = σ= = = =f (1.22)
D2 D2 σ f2 f2
Matrice di rigidezza
La matrice di rigidezza del problema condensato è, come visto, quella del modello
compatibile, definita come:
Kc = DT E D (1.23)
16
Capitolo 2 - Studio di alcuni benchmarks 17
Significativa è la differenza con i giunti di testa, per i quali una rotazione dei
blocchi non comportava affatto l’insorgere di tensioni normali. L’ingranamento
dei mattoni in direzione y fa sı̀ che, per effetto della stessa rotazione d’insieme,
sulla faccia orizzontale di uno stesso blocco insorgano delle forze verticali di
verso opposto, risultando i due giunti uno in compressione e l’altro in trazione1 .
1
Nel caso che i mattoni siano disposti “a sorella”, tale effetto scompare ed una rotazione dei
blocchi non provoca tensioni normali nei giunti di letto.
Capitolo 2 - Studio di alcuni benchmarks 19
• la tensione normale sui giunti orizzontali σnb è costante pari al carico applicato;
Tali risultati sono indipendenti sia dal rapporto E G (non è chiamata in causa
la rigidezza a taglio dei giunti) sia dall’entità dello sfasamento. Infatti, mancando
l’effetto d’ingranamento, tutti i giunti di letto relativi ad un livello si comportano
come un sistema di molle in parallelo sollecitate proporzionalmente alla propria
rigidezza; la risultante di ogni livello risulta in serie con le altre, rendendo conto
dell’uniformità della σnb sulla parete.
2
il campo uy è lineare con y solo in media, in quanto il modello, in realtà, “vede” un campo
costante a tratti, con il salto in corrispondenza ai letti di malta.
Capitolo 2 - Studio di alcuni benchmarks 21
Figura 2.12: trazione lungo x: σnh Figura 2.13: trazione lungo x: σtb
Capitolo 2 - Studio di alcuni benchmarks 22
L’andamento “a bolle” del diagramma σtb evidenzia un’inversione del segno del
taglio sulla faccia orizzontale del mattone. Tale effetto è dovuto essenzialmente allo
sfasamento tra le due file di blocchi, il cui spostamento orizzontale ux , non essendo
in fase, provoca tagli di verso opposto sui due giunti di letto. L’importanza di tale
effetto “a bolla”, coinvolgendo le tensioni taglianti, dipende dal rapporto E G.
L’andamento degli sforzi normali σnh è pressoché costante nel cuore della parete,
ma risente di un effetto di bordo vicino al lato verticale appoggiato, dove la tensione
sui due giunti di testa opposti non assume lo stesso valore. Dovendo essere garantito
l’equilibrio alla traslazione orizzontale del mattone, un fenomeno analogo si nota
anche per le tensioni taglianti σtb .
La soluzione al continuo è caratterizzata unicamente da un campo ux lineare
con x e da una tensione σx costante. In particolare, τ risulta identicamente nulla:
l’andamento “a bolla” (a media nulla) evidente nel lagrangiano è caratterizzato da
una lunghezza d’onda troppo piccola per poter essere colta da un continuo.
∆N = ∆σ · h = (σ2 − σ1 ) · h =
= ∆T = 2 · (τ2 · b − τ1 · a)
Figura 2.16: trazione lungo x: ux (ds = 50%) Figura 2.17: trazione lungo x: ux (ds = 33%)
Figura 2.18: trazione lungo x: ux (ds = 15%) Figura 2.19: trazione lungo x: ux (ds = 0%)
Capitolo 2 - Studio di alcuni benchmarks 24
Figura 2.20: trazione lungo x: σnh (ds = 50%) Figura 2.21: trazione lungo x: σnh (ds = 33%)
Figura 2.23: trazione lungo x: σtb (ds = 50%) Figura 2.24: trazione lungo x: σtb (ds = 33%)
E
2.2.2 Influenza del rapporto G
alle file dispari. Si tratta di un fenomeno di per sé poco rilevante (la differenza è
dell’ordine della deformazione concentrata in un giunto), ma che, come si vedrà
(sez. 4.2, figg. (4.19), (4.20)), provoca degli effetti non recuperabili da un modello
continuo.
Il rapporto E G incide in modo fondamentale sulla distribuzione delle tensioni nella
parete. Si tenga presente che le figure relative a σnh sono nella stessa scala di colori,
mentre quelle relative a σtb non lo sono, intercorrendo un intero ordine di grandezza
tra i valori relativi a ciascun rapporto di rigidezza. In particolare, l’importanza delle
tensioni tangenziali decresce proporzionalmente al valore di G.
Figura 2.31: trazione lungo x: σnh ( EG = 2) Figura 2.32: trazione lungo x: σnh ( EG = 20)
Figura 2.33: trazione lungo x: σnh ( EG = 200) Figura 2.34: trazione lungo x: σnh ( EG = 2000)
Figura 2.35: trazione lungo x: σtb ( EG = 2) Figura 2.36: trazione lungo x: σtb ( EG = 20)
Figura 2.37: trazione lungo x: σtb ( EG = 200) Figura 2.38: trazione lungo x: σtb ( EG = 2000)
Capitolo 2 - Studio di alcuni benchmarks 28
Gli sforzi di taglio, essendo nullo uy , sui giunti di testa sono legati unicamente
al valore di φ, mentre sui giunti di letto sono influenzati, oltre che da φ, principal-
mente dal gradiente di ux in direzione y, cioè dallo scorrimento di una fila di blocchi
sull’altra.
Si noti come una rotazione φ faccia insorgere sia degli sforzi normali “a bolla”
σn (proporzionali ad E), sia degli sforzi di taglio σth (proporzionali a G), la cui
b
Figura 2.44: prova di taglio: σnh Figura 2.45: prova di taglio: σth
Figura 2.47: prova di taglio: σnb Figura 2.48: prova di taglio: σtb
Figura 2.50: prova di taglio: ux (ds = 50%) Figura 2.51: prova di taglio: uy (ds = 50%)
Figura 2.52: prova di taglio: ux (ds = 33%) Figura 2.53: prova di taglio: uy (ds = 33%)
Figura 2.54: prova di taglio: ux (ds = 15%) Figura 2.55: prova di taglio: uy (ds = 15%)
Figura 2.56: prova di taglio: ux (ds = 0%) Figura 2.57: prova di taglio: uy (ds = 0%)
Capitolo 2 - Studio di alcuni benchmarks 33
Figura 2.62: prova di taglio: σnh (ds = 50%) Figura 2.63: prova di taglio: σnb (ds = 50%)
Figura 2.64: prova di taglio: σnh (ds = 33%) Figura 2.65: prova di taglio: σnb (ds = 33%)
Figura 2.66: prova di taglio: σnh (ds = 15%) Figura 2.67: prova di taglio: σnb (ds = 15%)
Figura 2.68: prova di taglio: σnh (ds = 0%) Figura 2.69: prova di taglio: σnb (ds = 0%)
Capitolo 2 - Studio di alcuni benchmarks 35
Figura 2.70: prova di taglio: σth (ds = 50%) Figura 2.71: prova di taglio: σtb (ds = 50%)
Figura 2.72: prova di taglio: σth (ds = 33%) Figura 2.73: prova di taglio: σtb (ds = 33%)
Figura 2.74: prova di taglio: σth (ds = 15%) Figura 2.75: prova di taglio: σtb (ds = 15%)
Figura 2.76: prova di taglio: σth (ds = 0%) Figura 2.77: prova di taglio: σtb (ds = 0%)
Capitolo 2 - Studio di alcuni benchmarks 36
Figura 2.78: prova di taglio: σfh (ds = 50%) Figura 2.79: prova di taglio: σfb (ds = 50%)
Figura 2.80: prova di taglio: σfh (ds = 33%) Figura 2.81: prova di taglio: σfb (ds = 33%)
Figura 2.82: prova di taglio: σfh (ds = 15%) Figura 2.83: prova di taglio: σfb (ds = 15%)
Figura 2.84: prova di taglio: σfh (ds = 0%) Figura 2.85: prova di taglio: σfb (ds = 0%)
Capitolo 2 - Studio di alcuni benchmarks 37
E
2.3.2 Influenza del rapporto G
• Spostamenti
Lo spostamento orizzontale ux è inversamente proporzionale al modulo a taglio
G, ossia allo scorrimento delle file di blocchi adiacenti (le figure relative ad ux
non sono nella stessa scala di colori), per cui segue la stessa legge del rapporto
E E
G . Il valore della rotazione φ è pressochè indipendente dal rapporto G finchè
questo si mantiene medio-alto, mentre si abbatte subito quando la rigidezza
tagliante diventa sensibile (attivando la rigidezza a taglio dei giunti, tende
a diminuire all’aumentare del modulo G). Lo spostamento uy risulta poco
significativo.
– σnb : l’entità degli sforzi normali “a bolla” tende a diminuire man mano
che cresce l’importanza degli sforzi di taglio sui giunti verticali, quindi al
diminuire del rapporto E G . Finché tale rapporto si mantiene medio-alto
(figg. (2.101), (2.103), (2.105)), essi contribuiscono quasi per intero ad
equilibrare la coppia generata dalle σtb , mentre per valori elevati di G il
loro contributo è dello stesso ordine di quello fornito dalle σth (fig. (2.99)).
– σtb : la tensione tangenziale sui giunti di letto è pressochè indipendente
da E G : all’aumentare di tale rapporto, aumenta lo scorrimento e paralle-
lamente diminuisce la rigidezza a taglio, per cui i due effetti tendono a
compensarsi. Anche in tal caso, dunque, si osserva un andamento delle
σtb pressoché costante con valore pari alla tensione esterna applicata (figg.
(2.107), (2.109), (2.111), (2.113)).
– σfb : poco significativa.
Capitolo 2 - Studio di alcuni benchmarks 38
Figura 2.88: prova di taglio: ux ( EG = 20) Figura 2.89: prova di taglio: uy ( EG = 20)
Figura 2.90: prova di taglio: ux ( EG = 200) Figura 2.91: prova di taglio: uy ( EG = 200)
E
Figura 2.97: prova di taglio: φ ( G = 2000)
Capitolo 2 - Studio di alcuni benchmarks 40
Figura 2.98: prova di taglio: σnh ( EG = 2) Figura 2.99: prova di taglio: σnb ( EG = 2)
Figura 2.102: prova di taglio: σnh ( EG = 200) Figura 2.103: prova di taglio: σnb ( EG = 200)
Figura 2.104: prova di taglio: σnh ( EG = 2000) Figura 2.105: prova di taglio: σnb ( G
E
= 2000)
Capitolo 2 - Studio di alcuni benchmarks 41
Figura 2.106: prova di taglio: σth ( EG = 2) Figura 2.107: prova di taglio: σtb ( EG = 2)
Figura 2.110: prova di taglio: σth ( EG = 200) Figura 2.111: prova di taglio: σtb ( G
E
= 200)
Figura 2.112: prova di taglio: σth ( EG = 2000) Figura 2.113: prova di taglio: σtb ( EG = 2000)
Capitolo 2 - Studio di alcuni benchmarks 42
Figura 2.114: prova di taglio: σfh ( EG = 2) Figura 2.115: prova di taglio: σfb ( EG = 2)
Figura 2.118: prova di taglio: σfh ( EG = 200) Figura 2.119: prova di taglio: σfb ( EG = 200)
Figura 2.120: prova di taglio: σfh ( EG = 2000) Figura 2.121: prova di taglio: σfb ( EG = 2000)
Capitolo 3
3.1 Introduzione
Per tecnica di omogenizzazione si intende, in generale, un algoritmo che permet-
ta di definire un modello continuo omogeneo a partire da un modello continuo diso-
mogeneo. Le tecniche classiche di omogenizzazione, tra i quali ricordiamo l’omoge-
neizzazione asintotica ed il metodo delle medie, fanno riferimento ai lavori storici di
Sanchez-Palentia, Anthoine, Suquet ed altri [16][19]. Tecniche di omogeneizzazione
sono state utilizzate per effettuare una modellazione al continuo di sistemi discreti
(sistemi di blocchi rigidi, sistemi granulari).
L’algoritmo che si è utilizzato in questo contesto, detto di Identificazione Cos-
titutiva [11][12], non rientra tra i metodi classici di omogeneizzazione, presentando,
invece, una forte connessione con i metodi variazionali di approssimazione [14].
Mentre risulta ovvia l’utilità di una modellazione al continuo del comportamento
meccanico della muratura, poichè l’utilizzo di un modello lagrangiano sarebbe com-
putazionalmente troppo oneroso, non altrettanto lo è la scelta del tipo di continuo
da utilizzare. Il continuo equivalente deve tener conto di tutte le proprietà che si
ritengono essenziali nel determinare il comportamento meccanico della muratura:
in primo luogo, le caratteristiche meccaniche di malta e mattoni, ma anche altri
parametri quali, ad esempio, forma, disposizione e dimensione dei mattoni.
Nella descrizione che segue si mostrano due tipi di identificazione costitutiva,
entrambi basati sullo stesso algoritmo, in cui il modello sommario è in un caso il
continuo di Cauchy e nell’altro il continuo di Cosserat.
43
Capitolo 3 - Cenni sulla tecnica di omogeneizzazione 44
Modello Fine
σ : tensione micro
' : deformazione micro
σ '˙ : Potenza meccanica forze di contatto
PF
Modello Sommario
S : tensione macro
E : deformazione macro
S Ė : Potenza meccanica forze di contatto
PS
• Si pone :
PF = PS = P
e sia P sufficientemente piccolo in modo da considerare E(p) e, conseguente-
mente S(p), omogeneo su P .
Capitolo 3 - Cenni sulla tecnica di omogeneizzazione 45
• Si impone che la potenza dello stress relativamente alla regione P sia la stessa
per il modello fine e per il modello sommario:
σ '˙ = S Ė (3.2)
P P
∀(',
˙ Ė) soddisfacenti la (3.1)
ẇp := v̇i (p) − v̇j (p) ∈ V, Ẇp := V̇i − V̇j ∈ Skw (3.5)
ẇ = Av̇ (3.6)
Per ogni Ai , sia (bi , Bi ) ∈ V × Skw il carico di volume; allora, la potenza esterna
è definita come segue:
nb nb
e e i i 1 i i
Π = πi = b ·v̇ + B ·V̇ = b·v̇ (3.7)
2
i=1 i=1
Nel punto di contatto p, siano (tp , Cp ) ∈ V × Skw le azioni interne che spendono
potenza per le corrispondenti velocità (ẇp , Ẇp ); allora, la potenza delle azioni di
contatto è definita come:
np np
1
i i
Π = πp = tp ·ẇp + Cp ·Ẇp = t·ẇ (3.8)
2
p=1 p=1
b = AT t (3.10)
imponendo che la potenza totale sia uguale a zero per ogni campo di velocità am-
missibile v̇ ed utilizzando la (3.6). L’equazione (3.10) esprime in forma concisa
l’equilibrio di corpo rigido per ogni elemento del sistema.
Il modello fine è completato dalle equazioni costitutive delle azioni di contatto,
che sono state scelte, senza perdità di generalità, elastiche lineari, cioè:
tp = Kp wp , Cp = Kp Wp (3.11)
e quindi imposta una corrispondenza fra l’atto di moto fine e quello sommario
governata dal seguente campionamento:
per ogni Ai contenuto nel VER. Utilizzando in sequenza la (3.4) e la (3.5) e posto
per ogni p punto di contatto fra i corpi Ai ed Aj contenuti nel VER. Imponendo
ora che la potenza delle forze di contatto micro del VER sia pari alla potenza delle
forze di contatto macro di M
1
{tp ·ẇp + Cp ·Ẇp } = S·D (3.15)
2 M
p∈VER
Capitolo 3 - Cenni sulla tecnica di omogeneizzazione 48
1
< S >= sym(tp ⊗ (gi − gj )) (3.16)
V
p∈VER
K : B → E × Orth(V)
p −→ K(p) := (x(p), Q(p))
referenziale:
χK : C × R → E × Orth(V)
(X, t) −→ χK (X, t) := (x(X, t), R(X, t))
e la potenza interna, definita, in una teoria di grado uno, come funzionale lineare
nell’atto di moto e nel suo gradiente primo:
i 1 1
P := s·v + S·grad v + Z·V + S·grad V (3.18)
C 2 2
Risulta pertanto definita la potenza totale, che, a valle di due applicazioni del
teorema della divergenza, assume la forma seguente:
P := P e − P i =
1
(b − s + div S)·v + (B − Z + Div S) ·V
C 2 C
1
+ (t − Sn)·v + (T − Sn) ·V
∂C 2 ∂C
b − s + div S = 0 in C, t = Sn in ∂C (3.19)
B − Z + Div S = 0 in C, T = Sn in ∂C (3.20)
Prescrivendo ora che la densità di potenza interna si annulli per ogni atto di moto
rigido, che per il continuo in esame assume la forma seguente:
s = 0, 2skwS + Z = 0 (3.21)
che trasformano le equazioni di bilancio (3.19)(3.20) nella loro più nota forma ridotta:
div S + b = 0 in C, t = Sn in ∂C (3.22)
in cui si è posto:
e quindi imposta una corrispondenza fra l’atto di moto fine e quello sommario
governata dal seguente campionamento:
per ogni Ai contenuto nel VER. Utilizzando in sequenza la (3.5), la (3.6) e la (3.25),
si determina la seguente relazione:
per ogni p punto di contatto fra i corpi Ai ed Aj contenuti nel VER. Imponendo
ora che la potenza delle forze di contatto micro del VER sia pari alla potenza delle
forze di contatto macro di M
1 1
{tp ·ẇp + Cp ·Ẇp } = S·U̇ + S·U̇ (3.32)
2 M 2
p∈VER
1
<S> = {tp ∧ (p − gi ) ⊗ (gi − X) +
V
p∈VER
dove ϕ1 [.], ϕ2 [.] e ϕ3 [.] sono definite dalla (3.35). I parametri della discretizzazione
fij sono associati alla griglia elementare 3 × 3 in figura 3.4. Cosı̀ come nel caso
monodimensionale, si ottiene una classe di continuità C 1 sull’intero dominio usando
un basso numero di parametri di interpolazione, cioè circa uno per elemento. Nel
caso bidimensionale, il confronto con altre tecniche tradizionali che riproducono
grado di continuità C 1 (elementi hermitiani cubici) evidenzia ancor più il vantaggio
della tecnica di interpolazione HC [8].
Rispetto alle tecniche di discretizzazione classiche, l’elemento HC richiede una
certa cura nel trattamento delle condizioni al contorno poiché le funzioni da inter-
polare non sono direttamente rappresentate dai parametri nodali (figura 3.1). In
particolare, per poter trattare più agevolmente le condizioni cinematiche assegnate
Capitolo 3 - Cenni sulla tecnica di omogeneizzazione 55
sul contorno è opportuno utilizzare una interpolazione modificata per gli elemen-
ti di bordo. I nodi esterni vengono trasferiti sul contorno e, con riferimento allo
schema monodimensionale in figura 3.5, viene effettuata la seguente trasformazione
di coordinate
f1 + f2
f¯1 =
2
che porta a coincidere il valore della funzione F1 con quello del parametro HC f¯1 . La
rappresentazione locale della funzione f [ξ, η] è data ancora dalla (3.37), dove questa
volta le funzioni di forma (3.35) sono definite per il bordo sinistro (L) e destro (R)
rispettivamente dalle espressioni
L [ξ] = 1 − ξ + ξ 2 R 1 1 1 2
ϕ
1 4 ϕ1 [ξ] = 8 − 2 ξ + 2 ξ
5 1 3 2 5 1 3 2
ϕL2 [ξ] = 8 + 2 ξ − 2 ξ , ϕR
2 [ξ] = 8 − 2 ξ − 2 ξ (3.38)
ϕL [ξ] = 1 + 1 ξ + 1 ξ 2 ϕR [ξ] = 1 + ξ + ξ 2
3 8 2 2 3 4
Per una pannello singolo, in cui sono interpolate le due componenti di spostamento
u, v per il continuo di Cauchy, e le tre componenti di spostamento u, v, φ per il
continuo di Cauchy, questa riformulazione è sufficiente per esprimere tutte le possibili
condizioni al contorno in modo diretto.
Capitolo 4
Il presente capitolo confronta i risultati del modello lagrangiano con quelli relativi
ai continui di Cauchy e Cosserat omogeneizzati secondo la tecnica descritta.
56
Capitolo 4 - Applicazione allo studio dei continui omogeneizzati - test 1 57
Un discorso del tutto analogo si può fare all’estremità destra della parete.
Il residuo all’equilibrio in direzione x assume, dunque, valore nullo all’interno
della parete, dove le tensioni fornite dai due continui ricostruiscono bene il valore del
lagrangiano e risultano quindi equilibrate. Invece, si nota un forte squilibrio vicino
ai bordi, dove tali tensioni differiscono notevolmente dal valore del lagrangiano e
non garantiscono più l’equilibrio del mattone.
Figura 4.19: Cauchy, residuo eq. lungo x Figura 4.20: Cosserat, residuo eq. lungo x
Capitolo 4 - Applicazione allo studio dei continui omogeneizzati - test 3 62
Questo test mette in luce delle forti differenze tra i modelli di continuo di Cauchy
e Cosserat, i quali, per i test precedenti, avevano fornito risultati pressoché identici.
La soluzione del lagrangiano, studiata in (2.3), mostra un andamento del campo
ux lineare con y ed una rotazione φ sostanzialmente costante su tutta la parete.
Le caratteristiche di sollecitazione significative sono: la tensione da taglio sui giunti
orizzontali σtb , pressoché costante e pari al valore della τ applicata; la tensione da
taglio sui giunti verticali σth , di entità molto più bassa della precedente; la tensione
normale sui giunti orizzontali σnb , dal caratteristico andamento “a bolla” necessario
a garantire l’equilibrio a rotazione del mattone.
Particolarmente importante è la dissimetria delle tensioni tangenziali sui giunti
orizzontali e verticali: si tratta di una situazione che un continuo di Cauchy non ha
la capacità di rappresentare, dal momento che in esso è imposta la simmetria delle
τ , necessaria a garantire l’equilibrio puntuale a rotazione in assenza di microcoppie
(nulle per definizione in tale modello).
Si noti che tale problema non interveniva nel test precedente in quanto, pur non
essendovi simmetria puntuale delle σth (identicamente nulle) e delle σtb (uguali ed
opposte sulla faccia orizzontale del blocco), esse lo erano in media.
• spostamenti
Si nota subito l’estrema rigidezza del modello di Cauchy (causata proprio dal
vincolo anzidetto di simmetria delle σt ) rispetto a quello di Cosserat, che,
invece, coglie esattamente l’andamento di ux .
Il modello di Cosserat valuta esattamente anche la rotazione φ, la quale, co-
munque, è ben stimata anche dal modello di Cauchy, sebbene anche in tal caso
esso si mostri leggermente rigido (sottostima del 5%).
Capitolo 4 - Applicazione allo studio dei continui omogeneizzati - test 3 63
• sollecitazioni
– σtb : l’andamento degli sforzi di taglio sui giunti di letto dipende princi-
palmente dallo scorrimento ux,y tra file di blocchi adiacenti, ossia dalla
densità delle curve di livello di ux in direzione y. Si spiega, dunque, perchè
esso sia del tutto falsato nel modello di Cauchy mentre sia rappresentato
bene da quello di Cosserat.
– σth : l’andamento degli sforzi di taglio sui giunti di testa, essendo nullo
uy , dipende essenzialmente dalla rotazione φ, per cui viene colta bene da
entrambi i modelli di continuo.
– σnb : l’andamento degli sforzi normali “a bolla” sui giunti di letto, dipen-
dendo in primo luogo dall’entità della rotazione φ (uy è nullo), è rap-
presentato piuttosto bene sia dal continuo di Cauchy che da quello di
Cosserat.
• residui
Il modello di Cosserat sostanzialmente non mostra squilibrio in direzione x. Un
piccolo squilibrio alla rotazione permane in una fascia vicino ai bordi, dove il
lagrangiano mostra una lieve variazione nell’entità della rotazione, che, invece,
è costante su tutta la parete nel modello di Cosserat.
Il residuo all’equilibrio in direzione x è sostanzialmente nullo anche nel mo-
dello di Cauchy, non essendo inficiato dall’errata rappresentazione degli sforzi
di taglio. Restano squilibrati, invece, i mattoni della fila superiore, soggetti
superiormente ad un taglio esterno τ molto più elevato della tensione σtb che
si sviluppa nei giunti di letto inferiori. Ciò che non viene affatto recuperato
nel modello di Cauchy è l’equilibrio a rotazione dei blocchi: tale squilibrio
si mantiene dovunque elevato nella parete, in quanto la coppia generata sul
mattone dalle tensioni normali “a bolla” non viene contrastata dagli sforzi di
taglio σtb , la cui entità è ben più bassa di quanto servirebbe.
Figura 4.38: Cauchy, residuo eq. lungo x Figura 4.39: Cosserat, residuo eq. lungo x
Figura 4.40: Cauchy, residuo eq. a rotazione Figura 4.41: Cosserat, residuo eq. a rotazione
Capitolo 4 - Applicazione allo studio dei continui omogeneizzati - test 4 67
Figura 4.71: Cauchy, residuo eq. lungo x Figura 4.72: Cosserat, residuo eq. lungo x
Figura 4.73: Cauchy, residuo eq. lungo y Figura 4.74: Cosserat, residuo eq. lungo y
Figura 4.75: Cauchy, residuo eq. a rotazione Figura 4.76: Cosserat, residuo eq. a rotazione
Capitolo 4 - Applicazione allo studio dei continui omogeneizzati - test 5 74
ba = 80 cm → base apertura
ha = 130 cm → altezza apertura
portamento flessionale, con compressione sui giunti superiori (bordo superiore della
parete) e trazione su quelli inferiori (bordo superiore dell’apertura).
Le tensioni taglianti σth acquistano rilievo (pur mantenendo un valore comunque
contenuto) solo in corrispondenza dei vertici dell’apertura. Tuttavia, entrambi i
modelli di continuo ne riescono a dare una rappresentazione solo qualitativa.
All’estradosso dell’apertura si manifestano sui giunti di testa anche forti tensioni
di tipo flessionale, σfh , che riproducono un comportamento simile a quello di una
trave incastrata, invertendo il segno in corrispondenza del vincolo rigido offerto
dalla parete piena.
L’andamento delle tensioni normali sui giunti di letto, σnb , è, mediamente, di com-
pressione uniforme. Le forze scaricate dall’architrave di muratura restano localizzate
in una ristretta fascia attorno all’apertura.
Le tensioni σtb e σfb sono in generale poco importanti, salvo qualche effetto locale
in prossimità del bordo superiore dell’apertura comunque mal rappresentato dai due
modelli di continuo.
Figura 4.106: Cauchy, residuo eq. lungo x Figura 4.107: Cosserat, residuo eq. lungo x
Figura 4.108: Cauchy, residuo eq. lungo y Figura 4.109: Cosserat, residuo eq. lungo y
Figura 4.110: Cauchy, residuo eq. a rotazione Figura 4.111: Cosserat, residuo eq. a rotazione
Capitolo 4 - Applicazione allo studio dei continui omogeneizzati - test 5 81
Confronti
Indubbiamente, il guadagno che si ottiene passando da un continuo di Cauchy
ad uno di Cosserat è notevole, soprattutto in quelle situazioni (nella pratica
di inte-resse dominante) in cui intervengano in modo importante le tensioni
tangenziali: il modello di Cauchy, nella omogeneizzazione adottata, non è
dunque adeguato ad una utilizzazione estensiva.
Nemmeno il modello di Cosserat, tuttavia, riesce a rappresentare delle situ-
azioni locali di forte gradiente, manifestando degli squilibri concentrati in tali
zone. Tipico è il caso degli effetti di bordo evidenti nel test di trazione lungo x
(test 2, figure (4.9), (4.20)) e vicino al lato caricato nella prova di compressione
laterale (test 4, figure (4.72), (4.74), (4.76)), oppure gli squilibri localizzati
all’estradosso dell’apertura nel test 5 (figure (4.107), (4.109), (4.111)).
Conclusioni
Il presente lavoro si colloca nel progetto di ricerca MURST 1998, Sviluppo di una
strategia integrata per la modellazione, l’analisi e la verifica di costruzioni in mu-
ratura (coordinatore: prof. ing. R. Casciaro).
Il modello
Il codice
82
Conclusioni 83
disposizione una serie di utilities che rendano possibile investigare tutti (o quasi) gli
aspetti interessanti del comportamento meccanico della muratura:
• deformata;
• curva di equilibrio.
di letto (direzione y), mancando in tal caso l’effetto dell’ingranamento, mentre negli
altri due casi l’effetto dell’orditura e del rapporto di rigidezza E
G si combinano dando
luogo a comportamenti affatto omogenei.
Una soluzione “omogenea” si ottiene solo se l’orditura della parete è a “a sorella”,
mancando in tal caso l’effetto dell’ingranamento.
Nell’ambito del progetto di ricerca in cui si colloca, lo scopo principale del mo-
dello e del codice messo a punto è di rappresentare un riferimento “esatto” per la
formulazione di modelli costitutivi sommari efficienti e computazionalmente conve-
nienti. In tal senso, sono stati messi a confronto due modelli ottenuti con la tecnica
dell’omogeneizzazione partendo dai continui di Cauchy e Cosserat.
Lo studio ha messo in forte evidenza l’inadeguatezza del primo a rappresentare
condizioni di carico anche semplici, come per es. la prova di taglio, mostrando una
notevole rigidezza rispetto al lagrangiano.
Viceversa, il modello basato sul continuo di Cosserat si è dimostrato sufficiente-
mente accurato, anche se comunque leggermente più rigido nelle prove non omogenee.
Entrambi, comunque, non riescono a cogliere in maniera accurata fenomeni locali
dovuti a concentrazioni di tensione e sono affetti da un boundary–layer più o meno
evidente a seconda dei casi.
Appendice A
Il sistema (1.9) comprende sia equazioni libere che vincolate. Nelle prime sono
assegnati termini del tipo η̄ e f̄ , mentre nelle seconde è assegnato il valore delle
variabili σ̄ e ū.
Separando i due tipi di equazioni si ottiene:
−Fσ σ · +Dσu u +Dσū ū = η̄
· −Fσ̄ σ̄ +Dσ̄u u +Dσ̄ū ū = η
(A.1)
Dσu σ +Dσ̄u
T T
σ̄ · · = f̄
DT σ +DT σ̄
σū σ̄ ū · · = f
in forma matriciale:
−Fσ · +Dσu +Dσū
σ
η̄
· −F +D +D σ̄
η
σ̄ σ̄u σ̄ū
T = (A.2)
Dσu Dσ̄u
T
· · u f̄
T T
Dσū Dσ̄ū · · ū f
85
Appendice A - Gestione equazioni libere e vincolate 86
DTσu σ + Dσ̄u
T
σ̄ = DTσu E (Dσu u + Dσū ū − η̄) + Dσ̄Tu σ̄ =
in definitiva:
[11] Di Carlo, A., Rizzi, N., Tatone, A., ‘Continuum modelling of beam-like latticed:
Identification of the constitutive functions for the contact and inertial actions’,
Meccanica, 25(3), 168-174, 1990.
87
Appendice A - Gestione equazioni libere e vincolate 88
[13] Trovalusci, P., Masiani, R., ‘Cosserat and Cauchy Materials as Continuum
Models’, Int.J.Solids Struct., 36, 2091-2108, 1999.
[19] Suquet, P.M., ‘Une metode duale en Homogeneisation: application aux milieux
elastiques’, Jour. de mecanique appliquee, numero speciale, 79-88, 1982.