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Sorriso smagliante
Appunti di odontostomatologia
Cibarelli Francesca
D’Aniello Roberta
Granozio Giovanni
Saraceno Federica
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ODONTOSTOMATOLOGIA
La caratteristica peculiare
dell’elemento dentario è
rappresentata dalla possibilità di
essere sostituito mediante un
elemento implantare: da ormai
40 anni abbiamo infatti a
disposizione una struttura
protesica, un impianto di metallo
(titanio) che può essere inserito
nell’osso (osteointegrazione), e
che opportunamente ricostruito,
protesizzato, è in grado di
vicariare l’elemento dentario.
L’abbiamo accennato ora per sottolineare che la peculiarità di questo sistema è appunto la
connessione tra un “esterno” e un “interno”.
Per “esterno” noi intendiamo la cavità orale, che è un ambiente settico fin dalla nascita;
per “interno” intendiamo il sistema di supporto delle radici (o un sistema impiantare ad
osteointegrazione in caso di sostituzione mediante un impianto) in cui ci deve essere
assoluta assenza di batteri.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Pertanto ci deve essere un sistema di attacco molto efficace in grado di bloccare questi
batteri, interrompendo questa continuità tra i due elementi.
Le radici sono contenute in una cavità ossea detta alveolo e fissate a questa tramite il
legamento alveolo dentario che va dal cemento alla parete interna dell’alveolo o cortex
alveolaris. La radice è composta da:
- cemento radicolare;
- dentina radicolare;
- asse neuro-vascolare.
Il cemento è una sostanza molto simile all’osso, ma con una differenza fondamentale: non
è un tessuto cambiale (che cambia continuamente, come l’osso).
Il colore della corona è bianco-azzurro nei decidui e di un bianco tendente al giallo nei
permanenti. Questa coloritura è dovuta all’usura dello smalto e per aumentata
mineralizzazione della dentina.
In condizioni fisiologiche, il margine della gengiva è situato all’altezza del colletto dentario.
Tuttavia, vi sono delle condizioni patologiche, in cui si parla di:
Per corona clinica intendiamo quella parte della struttura dentaria posta al di sopra del
margine gengivale in recessione.
Le radici possono essere mono o pluriradicolari e hanno una forma diversa, caratteristica
propria degli elementi dentari. Il cavo pulpare si estende dalla corona all’estremità apicale
della radice dove la polpa si continua attraverso il formane apicale, col fascio vascolo-
nervoso del dente.
Il cavo pulpare è delimitato dalla dentina. La dentina è presente sia nella corona, dove è
rivestita dallo smalto, sia nella radice, dove è rivestita da cemento. Il cavo pulpare si divide
in camera pulpare a livello della corona e in canale radicolare a livello delle radici.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Questi due elementi non sono quelli fondamentali, come dimostra l’implantologia. Gli
impianti, infatti, non hanno il legamento parodontale ma non soffrono della mancanza di
queste due caratteristiche. Grazie all’osteointegrazione, infatti, si viene a creare un legame
biochimico tra la superficie ossea e il biossido di titanio della superficie impiantare che
riesce perfettamente a mantenere il dente in sede, nonostante l’assenza del legamento
parodontale.
Inoltre anche senza il sistema di ammortizzazione del legamento parodontale gli impianti
funzionano perfettamente (studi ci dicono che la sopravvivenza dell’impianto a 10 anni
arriva anche al 92 – 94 %).
La funzione fondamentale del legamento parodontale, invece, sta nel fatto di “separare”
le due strutture, quella cambiale dell’osso e quella non cambiale del cemento.
L’apice dentario della superficie radicolare è quello che viene attraversato dall’asse
neuro-vascolare, che va poi a costituire la polpa dentaria (volgarmente detto il “nervo”),
struttura fondamentale poiché la sintomatologia di patologie come carie o pulpiti viene
trasmessa tramite questa terminazione nervosa.
La gengiva è costituita dai tessuti molli parodontali. Essa può essere cheratinizzata o non
cheratinizzata. Per definizione la gengiva è il tessuto disposto intorno all’elemento
dentario. Lo stesso tessuto, ma disposto intorno ad un elemento implantare assume il
nome di “mucosa masticatoria” (nonostante sia identico alla gengiva).
La gengiva è quindi quella mucosa che ricopre il processo alveolare ed il colletto dei denti.
Distinguiamo:
- gengiva libera o marginale: va dal margine gengivale alla base del solco gengivale
fisiologico e circonda, senza essere adesa, il dente con il quale forma il solco
gengivale fisiologico;
- gengiva aderente: dalla base del solco gengivale fisiologico alla giunzione muco-
gengivale, aderisce al cemento del colletto ed all’osso alveolare sottostante senza
interposizione di uno strato adiposo.
Il solco gengivale fisiologico è lo spazio virtuale che separa il dente dalla gengiva
marginale o libera ed ha una profondità pari all’altezza della gengiva marginale (0,5-2
mm).
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Il cemento costituisce l’apparato di attacco del dente all’osso alveolare, insieme alle fibre
parodontali. È costituito da tessuto mesenchimale calcificato che ricopre la superficie
radicolare dei denti nel quale si inseriscono le fibre parodontali. Il cemento, come l’osso
alveolare, è attraversato dalle fibre di collagene del legamento parodontale, che assumono
l’aspetto di fibre di Sharpey calcificate che costituiscono il sistema di fibre estrinseche del
cemento attraversandolo obliquamente. Le fibre intrinseche del cemento sono prodotte dai
cementoblasti, sono parallele all’asse lungo del dente e si incrociano con le prime.
Il cemento è caratterizzato da una deposizione continua nel corso degli anni che ne
aumenta lo spessore e non va incontro a riassorbimento.
Il legamento parodontale va dal cemento alla cortex alveolaris. Sono quattro gruppi di
fibre che vanno dal cemento cervicale alla cortex alveolaris:
- dall’alto in basso;
- orizzontali;
- oblique dal basso in alto;
- periapicali con disposizione raggiata.
Tali fibre hanno un decorso ondulante per assicurare al dente la sua mobilità fisiologica. Il
legamento riceve innervazione dolorifica, tattile, pressoria e propriocettiva.
- corticale esterna;
- osso spugnoso intermedio;
- corticale interna a o cortex alveolaris.
CENNI DI EMBRIOLOGIA
Gli elementi dentari originano dalla lamina dentaria (costituita da cellule mesodermiche),
che si approfonda a ferro di cavallo nello stomodeo.
Queste cellule vanno a costituire la primitiva papilla dentaria, che poi si trasformerà nella
cosiddetta “campana di Williams”, a forma appunto di campana, che avvolge la parte
embriologica della polpa dentaria.
Le radici quindi crescono intorno alla struttura vascolo-nervosa, e si chiudono con l’apice
radicolare intorno ad essa (non è la struttura vascolo-nervosa a penetrare nell’elemento
dentario!).
NOMENCLATURA
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ODONTOSTOMATOLOGIA
E’ fondamentale per poter descrivere i danni subiti dagli elementi dentari ad esempio in
caso di incidente al pronto soccorso (per motivi medico-legali).
Discorsivamente, invece, gli elementi dentari saranno indicati come: incisivo centrale,
incisivo laterale, canino, primo e secondo premolare, primo, secondo e terzo molare
(specificando l’arcata e il lato).
Nel nord America invece abbiamo un altro tipo di numerazione, che indica gli elementi
dentari con un numero da 1 a 32 seguendo sempre il senso dei quadranti (dal superiore
destro in senso orario fino all’inferiore destro).
Questo può creare una serie di problemi nell’interpretazione dei referti, poiché ad
esempio, parlando del dente numero “12” potremmo riferirci sia all’incisivo laterale di
destra dell’arcata superiore (nomenclatura europea), sia al primo premolare di sinistra
dell’arcata superiore (nomenclatura americana).
Oltre alla nomenclatura dei singoli elementi dentari dobbiamo stabilire i punti cardinali ai
quali ci riferiamo per orientarci.
Non parliamo infatti di “alto” o “basso” (concetti relativi, quando parliamo dei denti, a causa
della presenza di un’arcata superiore e una inferiore).
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ODONTOSTOMATOLOGIA
La linea mediana dal punto di vista estetico e funzionale, in ortodonzia, andrebbe allineata
con la glabella. E’ possibile avere una linea mediana (o linea inter-incisiva) “spostata in
toto” da un lato o dall’altro ma “allineata” perché gli incisivi centrali superiori e inferiori
sono “in asse” tra loro, ma non con il profilo del volto, ovvero con la linea passante per la
glabella e le apofisi geni mandibolare.
Se invece la linea mediana è allineata col profilo del volto parliamo di “linea mediana
centrale”.
Tutto quello che si avvicina alla linea mediana è mesiale, mentre tutto quello che vi si
allontana è detto distale.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
DENTIZIONE DECIDUA
Questi denti decidui occupano lo spazio per solamente alcuni denti permanenti (fino ai due
premolari), anche se il diametro mesio-distale dell’arcata decidua è maggiore rispetto allo
spazio poi occupato da questi denti permanenti.
Questo accade perché il primo molare permanente che erompe distalmente ai molari da
latte, ha così una “spazio di deriva” (leewayspace) grazie al quale può migrare, dopo
che siano sovvenuti i due premolari permanenti, scivolando fino a serrare tutti gli spazi
rimasti.
Come nella dentizione permanente, il numero del quadrante sarà seguito dal numero del
dente in questione (dall’1 al 5).
TEMPISTICA DI ERUZIONE
I tempi di eruzione dei denti sono estremamente variabili (come si è constatato negli
ultimi decenni grazie all’aumento del campione valutato: cento anni fa’ si riteneva che i
tempi fossero molto più definiti a causa della povertà dei dati in possesso dei dentisti).
Ad ogni modo in ordine di tempo gli elementi che entrano nell’arcata dentaria decidua
sono:
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Il canino è un elemento che entra sempre un po’ in ritardo nella dentatura, nonostante sia
centrale.
La sostituzione dei denti da latte con quelli permanenti inizia intorno ai 6-7 anni, con gli
incisivi centrali inferiori.
In realtà però, il primo dente permanente ad erompere (sia in arcata inferiore che in arcata
superiore) è il primo molare, elemento di cui solitamente la madre non si accorge proprio
perché non è preceduto dalla caduta di un dente da latte.
E’ molto importante conoscere questo soprattutto dal punto di vista della prevenzione della
carie (spesso i genitori non si preoccupano delle carie dei denti da latte dei bambini, e qui
c’è il rischio che carie anche molto avanzate del primo molare permanente vengano
sottovalutate).
Il primo molare erompe distalmente all’ultimo deciduo, all’età di 6-7 anni, più o meno alla
stessa età in cui avviene la permuta degli incisivi centrali inferiori.
Una delle domande più frequenti da parte dei genitori a tal riguardo è “gli incisivi inferiori
del bambino stanno erompendo interiormente, deve fare ortodonzia?”.
La risposta è si, e
prima viene
incominciata
l’ortodonzia e meglio
è. Inoltre è
un’ortodonzia molto
semplice.
Successivamente
erompono gli incisivi
centrali superiori, poi
in ordine: incisivi
laterali inferiori,
incisivi laterali
superiori, canini
inferiori, premolari,
canini superiori.
All’età di 13 anni
erompono poi i
secondi molari e
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ODONTOSTOMATOLOGIA
infine intorno ai 18 anni (ma con una grandissima variabilità temporale) erompono i terzi
molari.
Movimenti eruttivi
- pre-eruttivi;
- eruttivi;
- post-eruttivi.
I movimenti eruttivi sono quei movimenti con i quali i denti migrano dall’interno delle ossa
fino al piano occlusale. Tali movimenti possono essere dovuti a 4 meccanismi:
I movimenti post-eruttivi sono compiuti dal dente dopo che esso ha raggiunto la sua
posizione funzionale sul piano occlusale. Tali movimenti compensano la crescita dei
mascellari, la continua usura occlusale e l’usura interprossimale.
La corretta eruzione dei denti permanenti è direttamente collegata alla perdita dei decidui
corrispondenti. La pressione del dente permanente in eruzione determina il riassorbimento
radicolare del dente deciduo ad opera degli odontoclasti.
TEMPISTICA DI FORMAZIONE
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Dopo la corona dentaria si formano le radici, che sviluppandosi pian piano dal basso,
fanno erompere l’elemento dentario, imprimendo la cosiddetta “spinta eruttiva”.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
ANOMALIE DENTARIE
Per anomalie dentarie, si intendono ogni alterazione dell’aspetto esterno, della struttura
interna o della topografia di uno o più denti decidui o permanenti, derivante da un disturbo
che può essere geneticamente determinato, congenito o acquisito.
Tra le anomalie dentarie abbiamo un primo gruppo che include: anomalie di numero, di
volume, di forma, di sede, di posizione e di eruzione.
Anomalie di numero:iperdonzie
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Molto spesso la sua posizione è palatale, quindi l’approccio per la rimozione chirurgica
sarà palatale. E’ tuttavia una struttura che non dà problemi nel tempo, e quindi può essere
mantenuta a lungo.
Abbiamo poi invece situazioni con numerosi denti soprannumerari che non possono
quindi essere ospitati in arcata, associate molto spesso a sindromi importanti che
coinvolgono lo scheletro (es: disostosi cleidocranica).
Quindi, le iperdonzie possono essere dovute a:
- denti supplementari: ripetono la forma e la funzione del dente contiguo;
- denti soprannumerari: risultano atipici, più piccoli e rudimentali (mesiodens,
paramolare e distomolare).
Tali alterazioni prediligono la mascella superiore e la diagnosi si effettua con esame clinico
e radiografia che mette in evidenza anche gli eventuali denti inclusi.
Per quanto riguarda la frequenza con la quale si presentano queste anomalie, in generale
a livello del mascellare superiore si verifica più frequentemente l’agenesia dell’incisivo
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ODONTOSTOMATOLOGIA
laterale, poi del terzo molare e poi del secondo premolare. A livello della mandibola
invece gli elementi dentari più frequentemente interessati sono i terzi molari e poi i
secondi premolari (agenesie reali).
Per quanto riguarda le agenesie apparenti (ritenzioni o inclusioni dentarie) sia a livello
del mascellare superiore che a livello della mandibola gli elementi dentari più
frequentemente implicati sono i terzi molari, poi il canino e poi il secondo premolare.
Questo ha una sua logica in quanto questi elementi possono o trovare lo spazio eruttivo
occupato (più frequente nel terzo molare, a causa della sua tempistica di eruzione) e ciò
avviene raramente, oppure, molto più facilmente, essendo quell’elemento il terminale della
fila, cioè l’ultima papilla dentaria che “si stacca” da ogni gruppo, facilmente la sua
posizione può risultare anomala.
In questo caso la causa può essere correlata a una lesione traumatica subita in età
infantile che ha provocato lo spostamento della papilla; oppure la causa può essere di tipo
infettivo (ascesso a carico dei denti decidui).
- evoluzione della razza, infatti vi sono denti che durante l’evoluzione vanno
scomparendo;
- ereditarietà;
- disendocrinie, soprattutto patologie tiroidee ed ipofisarie;
- distruzione del germe, per traumi, osteomielite, ecc….
Infine, anomalie di elementi dentari in difetto si hanno anche nella displasia ectodermica,
caratterizzata da anomalie di alcuni organi o apparati di derivazione ectodermica.
Distinguiamo due forme:
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Anomalie di sede
In questo caso vi è la mancanza dei normali rapporti topografici che un elemento dentario
ha con la sua sede abituale. I possibili fattori etiopatogenetici sono:
Anomalie di posizione
Presenza di elementi dentari che, pur occupando la propria sede abituale, si collocano in
arcata con deviazioni assiali dirette nelle tre direzioni dello spazio. Quindi parleremo di:
Anomalie di forma
Possono essere a carico della corona, con cuspidi accessorie, delle radici e
dell’endodonto.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Anomalie di volume
Distinguiamo:
- gigantismo o macrodontia;
- taurodontismo: dente con corona ampia, radici brevi, camera pulpare estesa,
senza il fisiologico restringimento, fino all’apice pulpare;
- nanismo o microdontia.
Anomalie di sviluppo
In alcuni casi, vi possono essere delle anomalie durante lo sviluppo che possono
determinate delle modificazioni del normale aspetto del dente:
Anomalie di struttura
Le anomalie di struttura sono il risultato di disturbi che hanno coinvolto l’elemento dentario
durante la fase di mineralizzazione, con conseguente anomalia dello smalto, della dentina
o di entrambi. Sono causate da:
- carenze vitaminiche;
- alterazioni ormonali;
- malattia esantematiche come morbillo e varicella;
- tossici esogeni;
- fattori genetici.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
1,5-2 ppm durate l’istogenesi dei tessuti duri del dente, specie dei pemanenti. I denti
appaiono dicromici con una superficie screziata.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
PATOLOGIE DELL’ERUZIONE
Per anomalie del tempo di eruzione si intende la disinclusione in cavità orale dell’elemento
dentario in epoca non fisiologica, precoce o tardiva. Ciò può essere dovuto a fattori causali
locali o generali. Tra i fattori causali locali vi sono:
I fattori causali generali riguardano turbe endocrine e vitaminiche che interferiscono con
lo sviluppo dei tessuti mineralizzati dell’organismo.
Se un elemento dentario erompe sull’arcata alcuni anni dopo il limite massimo fisiologico
consentito per la sua eruzione, tale elemento dentario, in questo lasso di tempo, va
considerato come incluso. Soltanto ad eruzione avvenuta esiste la constatazione di
un’eruzione ritardata.
Inclusioni dentarie
Dal punto di vista clinico, vi è l’assenza di un dente sull’arcata dentaria sia in inclusione
patologica che fisiologica e all’Rx, nell’inclusione patologica vi è il dente incluso
completamente sviluppato, mentre in quella fisiologica si nota solo la corona che già è
sviluppata e calcificata.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
- totalmente incluso: il sacco pericoronarico del dente non comunica con la cavità
orale;
- parzialmente incluso: il sacco pericoronarico, non più integro, presenta una
comunicazione col cavo orale.
Gli elementi dentari che restano più facilmente inclusi sono gli ultimi elementi di orgni
gruppo o meglio gli ultimi denti ad erompere in ciascun settore.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
La mancanza di spazio riguarda (come già detto) soprattutto i terzi molari inferiori, questo
a causa della tempistica di eruzione. Questo perché il secondo molare erompe intorno ai
12 anni, e bisogna quindi aspettare i 18 anni prima che il terzo molare erompa: in
questo gran lasso di tempo “tutti i giochi sono già fatti” ed è per questo che questi elementi
possono facilmente trovare “il parcheggio occupato”.
Inoltre, il percorso di eruzione del terzo molare è molto particolare, e prende il nome di
Curva di Capdepont.
Essendo quindi già poco lo spazio di eruzione (spazio compreso tra il secondo molare e la
branca montante della mandibola), nel suo percorrere la curva il terzo molare può andare
a scontrarsi contro le radici del secondo molare interrompendo quindi il suo percorso
(esempio di inclusioni orizzontali del terzo molare), oppure può cominciare a “sterzare”
molto più presto, esagerando la curva (disto-versioni del terzo molare).
Tutto ciò è causato dalla mancanza di spazio correlata alla tempistica di eruzione.
Ovviamente tutto ciò è dovuto alla spinta selettiva dell’evoluzione: i nostri antenati (10
milioni di anni fa’) avevano 4 molari, oggi noi ne abbiamo 3 e forse saremo destinati ad
averne di meno. Questo a causa della diversa alimentazione: attualmente noi facciamo un
tipo di alimentazione per cui la masticazione necessita in realtà solo di pochi elementi
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ODONTOSTOMATOLOGIA
dentari. Le prime ricostruzioni con impianti, infatti, presentavano soltanto 10 elementi per
arcata (si fermavano al secondo premolare)!
Per il primo di alimentazione che facciamo i due premolari sono più che sufficienti ad
assicurare la triturazione del cibo.
Quindi in caso di non eruzione del terzo molare non ci sono problemi, e anzi la spinta
selettiva è a favore dello sviluppo del neurocranio piuttosto che dello splancnocranio.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
MALOCCLUSIONI
Per quanto riguarda poi la disposizione degli elementi dentari e il modo in cui l’arcata
superiore e l’arcata inferiore si rapportano, c’è da dire che bisogna fare molta attenzione
perché ci sono molte discussioni aperte in questo campo.
L’ortodonzia si fonda proprio sulla possibilità di spostamento degli elementi dentari a livello
del mascellare superiore e della mandibola ma essa presenta un limite: la posizione delle
ossa. Non si può portare un dente al di fuori dello spazio osseo.
L’ortodonzia infatti si può fare sempre, a qualunque età: l’elemento che consente lo
spostamento del dente è il legamento parodontale.
Quindi l’ortodonzia è sempre possibile, l’unico prerequisito è che si sia chiuso l’apice
dentario: il movimento va fatto ad apice chiuso altrimenti si va a creare un’alterazione
morfologica della radice.
Quindi se in un bambino alcuni denti si sono già formati ed altri no noi potremo andare a
spostare solo quelli già formati.
Come abbiamo già detto poi, il grande limite dell’ortodonzia è rappresentato dalla
posizione dei “contenitori”, ovvero le ossa (mascellare superiore e mandibolare).
Se esse si trovano in una posizione non corretta bisogna andare ad agire chirurgicamente
spostando “il contenitore”. Questo chirurgia è effettuata dai chirurghi maxillo facciali e
prende il nome di “chirurgia ortognatodontica”.
- se gli elementi dell’arcata inferiori non sono visibili parliamo di morso coperto;
- se invece vi è una situazione di beanza tra i margini incisali, o vediamo tutto
l’elemento inferiore parliamo di parliamo di morso aperto.
Nel caso in cui si verifichi la situazione opposta si parla di morso crociato (crossbite).
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Le mal occlusioni sono anomalie dento-scheletriche con alterazioni dei normali rapporti
occlusali tra le arcate dentarie. Possono interessare le ossa mascellari
- Patologie scheletriche;
- Patologie dentoalveolari;
- Patologie miste.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
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ODONTOSTOMATOLOGIA
MALATTIE PARODONTALI
Sono malattie che coinvolgono i tessuti di supporto dell’elemento dentario. Come abbiamo
già visto le strutture parodontali sono l’osso alveolare, il legamento parodontale,
il cemento radicolare e la gengiva.
Il dente, come già detto, presenta una parte interna e una parte esterna (per “esterno”
intendiamo la cavità orale, per “interno” intendiamo il sistema di supporto delle radici), e
le due parti sono ben separate dal cosiddetto attacco parodontale.
L’attacco parodontale è una barriera che si viene a creare tra i due compartimenti, di cui
noi non ci rendiamo conto clinicamente, nemmeno quando “sondiamo l’elemento
dentario”.
Il sondaggio è una manovra con cui noi andiamo a misurare la tasca parodontale
inserendovi un righello metallico (un cilindro metallico graduato dalla punta smussa di 0,25
mm di diametro), parallelamente all’asse maggiore del dente con una pressione
standardizzata (25 gr).
L’infiammazione può essere causata dalla scarsa igiene orale: la diretta conseguenza è
l’insorgenza di gengivite.
Quindi se si mantiene bassa la soglia batterica con una buona igiene orale evitando
l’infiammazione, l’attacco continua a funzionare correttamente poiché le giunzioni tra le
cellule restano salde.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Il classico impianto è costituito da una vite di titanio posizionata nell’osso, e una corona
protesica avvitata su di essa mediante una vite di trasmissione. Nel caso dell’impianto è
presente un attacco epiteliale, ma non è presente un attacco connettivale né il legamento
parodontale, perché non c’è il cemento.
Per definizione ciò che accade intorno all’impianto si chiama “osteointegrazione”, che
istologicamente sta a indicare un contatto diretto tra osso e impianto, visibile mediante
microscopia ottica. Non c’è quindi l’interposizione del legamento.
Anche in questo caso la tenuta meccanica dell’epitelio di attacco può venire meno in
seguito ad una infiammazione. I batteri sono i protagonisti, poiché è la loro presenza
massiva a causare edema, che riduce l’adesione cellulare, e in questo modo essi possono
farsi strada tra i tessuti, andando a peggiorare ulteriormente l’infiammazione.
La malattia paradontale è una malattia infettiva, causata da batteri, se noi ci liberiamo dei
batteri la malattia non viene, questa è una cosa che è stata chiarita non molti anni (la
malattia la conosciamo da secoli, la sua strutturazione solo nell’ultimo secolo).
Questo è il classico aspetto con accumulo di biofilm e di placca, ci sono calcoli di tartaro,
la gengiva sia gonfia, edema, arrossamento ma soprattutto sanguinante al sondaggio, se
noi andiamo a toccare la gengiva questa sanguina, e questo è la base di un classico
circolo vizioso di chi è affetto dalla malattia, lascia accumulare batteri perché non si
spazzola o si spazzola male e una volta raggiunto questo grado di concrezione calcarea,
lo “spazzolamento” non asporta più niente ma spazzolare va a toccare la gengiva che
sanguina e il soggetto non si spazzola più o si spazzola ancora meno perché pensa di
ferirsi e quindi parte il circolo vizioso da cui non si esce più. Questa è la fase
infiammatoria con questi segni costituisce la fase della gengivite che è uno stato della
malattie (anche se adesso costituisce un gruppo a sé stante di malattie) ossia
infiammazione della gengiva. Di per se la gengivite può anche essere uno stato cronico.
Perché in realtà noi dobbiamo lavorare in over-treatment per evitare la fase successiva. A
questa fase infiammatoria segue la fase distruttiva ossia la fase di parodontite.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
FASE DI PARODONTITE
La fase in cui abbiamo la distruzione del legamento paradontale (oltre all’osso alveolare),
che non è più riparabile (anche se oggi esistono delle tecniche di “rigenerazione guidata” o
si prendono le staminali) perché è un organo delicato composto da cellule difficili da
riprodurre, perché hanno un ciclo di crescita molto lento, infatti a seguito di una ferita
chirurgica mentre l’epitelio ricresce in 2 giorni, il legamento paradontale ne impiega ben
21! Con quale rapporto abbiamo la progressione della fase?
Sappiamo che 1/3 dei siti sanguinanti andranno incontro a distruzione. Quale? Non lo
sappiamo. È questo è l’unico modo con cui posso fare terapia e prevenzione perché faccio
terapia della gengivite e prevenzione della fase deostruente, attualmente è l’unico modo.
In realtà noi trattiamo anche i 2/3 che non andranno nella fase destruente ma comunque li
trattiamo per la gengivite, che è una patologia che effettivamente hanno, così gli togliamo
l’alitosi, il sanguinamento, infiammazione ecc…
Tutti i siti che si trovano in gengivite possono andare incontro a parodontite, ma non è una
progressione certa. Tutti i siti che si trovano in parodontite sono sicuramente passati per la
gengivite; quindi è importante vedere la gengivite non più come uno stato ma come una
patologia a se stante; il momento infiammatorio a volte è così rapido che si passa
direttamente alla fase distruttiva.
Non tutti i siti che sono in gengivite vanno in parodontite ma tutti quelli che sono passati in
fase di parodontite sono passati per la gengivite.
Eziologia
- trauma occlusale;
- fattori sistemici fisiologici (pubertà, gravidanza);
- fattori sistemici patologici (malattie sistemiche);
- fattori batterici:
• placca muco batterica;
• materia alba;
• tartaro.
- fattori predisponenti all’accumulo di placca mucobatterica:
• fattori anatomici;
• intasamento alimentare;
• odontoiatria scorretta.
- fattori meccanici:
• spazzolamento scorretto;
• respirazione orale;
• trauma occlusale.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
- acqua (80%);
- parte solida (20%).
- batteri 15%;
- matrice 4 % (70% carboidrati e glicoproteine, 15% lipidi, 15% altro);
- leucociti 0,5 %;
- cellule epiteliali 0,5%.
La Materia alba è una patina lattescente e molle visibile ad occhio nudo, che si accumula
nella regione cervicale del dente. È costituita da:
- batteri;
- cellule epiteliali desquamate;
- leucociti.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
- sopragengivale;
- sottogengivale a sua volta divisa in una porzione aderente alla superficie
dentaria ed una non aderente contenuta dai tessuti molli.
Se la placca fisiologica non viene rimossa meccanicamente essa supera i 100 strati
cellulari ed assume caratteristiche patogene determinando l’insorgenza della gengivite. In
alcuni soggetti un viraggio patogeno della placca e un’alterata risposta immunitaria
possono far evolvere la gengivite in una parodontite.
Il Tartaro è il deposito calcificato aderente alle superfici dentarie che si forma per
calcificazione della placca. E’ patogeno per la irregolarità e la porosità della sua superficie
che favorisce il deposito di placca e ne ostacola l’allontanamento.
La placca mucobatterica comincia a calcificare dopo 8-12 ore dalla sua formazione e dopo
2 settimane risulta calcificata all’80%,ma la sua cristallizzazione si completa dopo mesi.
La precipitazione di Sali di calcio dalla saliva nella placca mucobatterica avviene con un
duplice meccanismo:
Distinguiamo un tartaro:
- fattori anatomici;
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ODONTOSTOMATOLOGIA
- intasamento alimentare;
- odontoiatria scorretta.
- difetti del punto di contatto e della cresta marginale che determina intasamento
alimentare;
- alterazioni della normale convessità vestibolare o linguale della corona;
- eruzione incompleta o eruzione ritardata;
- malposizione dentaria vestibolare o linguale che può determinare ristagno della
placca e intasamento alimentare;
- affollamento dentario.
L’Intasamento alimentare (food impaction) è la pressione forzata del cibo contro la gengiva
marginale ed il solco gengivale. Può essere di tipo:
- verticale: in senso corono apicale, per perdita delle caratteristiche anatomiche che
in condizioni normali lo impediscono;
- orizzontale: determinato dalla pressione forzata del cibo in senso orizzontale ad
opera delle guance e della lingua negli spazi interdentali, quando questi non siano
più protetti dalla papilla per un processo di recessione gengivale.
- spazzolamento scorretto;
- respirazione orale;
- trauma occlusale.
I fattori meccanici non possono determinare lesioni proprie della malattia parodontale, ma
possono aggravarla in presenza di infiammazione. Lo spazzolamento scorretto eseguito
con uno spazzolino a setole dure o con tecnica errata può determinare perdita di tessuti
parodontali (recessioni gengivali) o di tessuti dentari in regione cervicale (erosione).
La respirazione orale determina disidratazione del tessuto gengivale dei settori anteriori,
accentua i fenomeni infiammatori da placca.
- primario: indotto da forze occlusali anomale per direzione e/o intensità che
esercitando un’azione di leva sull’elemento dentario, si trasmettono all’osso in
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ODONTOSTOMATOLOGIA
alcuni settori come forze tensive ed in altri come forze compressive che
determinano il riassorbimento osseo (es. alterazioni del piano occlusale);
- secondario: legato all’azione traumatica delle forze occlusali fisiologiche sugli
elementi dentari con parodonto molto ridotto, i quali non sono più in grado di
svolgere la loro funzione e vanno incontro a migrazione e/o mobilità progressiva.
I fattori predisponenti sistemici rendono il decorso della malattia più rapido e grave.
Nessun fattore sistemico può da solo determinare l’insorgenza della malattia parodontale.
I fattori predisponenti sistemici vengono suddivisi in:
La storia delle lesioni della malattia parodontale viene racchiusa nello schema di Page,
che inquadra 4 stadi, di cui i primi 3 stadi sono caratterizzati dalla presenza della lesione
iniziale precoce stabilizzata (gengivite), il 4° stadio è dato dalla lesione avanzata
(parodontite).
Lo stadio di gengivite può rimanere tale per mesi o anni se non sopravviene la fase di
attività della lesione che determina l’insorgenza della parodontite.
31
ODONTOSTOMATOLOGIA
Il trauma occlusale non si accompagna mai alla comparsa di una tasca, ma determina un
processo di degenerazione ialina delle fibre parodontali e di riassorbimento osseo.
- Prepuberale;
- giovanile tra i 12 e i 19 anni;
- rapidamente progressiva 19-25 anni;
- adulti oltre i 40 anni;
- refrattario al trattamento;
- recidivante.
Nella patologia il sistema funziona bene, funziona tutto bene questa è la normalità. È nelle
forme giovanili che il sistema non sta funzionando bene.
In passato si parlava anche di paradentosi, dove il suffisso -osi, come nell’artrosi, sta per
degenerazione, ma non è così, ripeto, gli studi svedesi lo confermano: se manteniamo
l’igiene, se facciamo terapia e evitiamo di creare una nicchia ecologica (tasca patologica)
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ODONTOSTOMATOLOGIA
che crea una pressione selettiva su questi batteri, cioè fa mancare l’ossigeno così si
selezionano batteri, noi possiamo mantenere il nostro dente tutta la vita.
In realtà la classificazione precedentemente illustrata non si usa più ma serve solo per
esprimere quel concetto estremamente importante.
Oggi lavoriamo con una classificazione molto più complessa. Anche la gengivite non viene
più classificata come uno stato ma come malattia perché può persistere per sempre, il sito
può anche non andare mai in contro ad erosione.
La differenza è data, quindi, dalla differente risposta del sistema immunitario e in pratica
dov’è il difetto?
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Tornando alla giovanile, noi abbiamo il 75% dei casi la mamma oltre al passaggio di
batteri passa al figlio una cosa più importante, ossia il difetto genetico di chemiotassi, poi
con la prima pappina gli passa anche il batterio il quale non ha bisogno di preparazione e
vive bene alle alte tensioni di ossigeno, è in grado di sviluppare tutta la malattia. Quindi il
fatto che il batterio abbia la capacità di resistere alle alte tensioni di ossigeno è un dato
importante perché ne evidenzia la facilità di insorgenza (associato al deficit) non solo, ha
anche una caratteristica fondamentale il principale meccanismo patogenetico è la
produzione di una leucotossina che distrugge i polimorfo nucleati, che già non si
muovevano per il deficit, ma vengono appunto anche distrutti.
La malattia, abbiamo detto, progredisce per fasi di attività, più queste sono veloci, più è
veloce la progressione della malattia che viene espressa in termini di legamento perso, è
una misura lineare. Per sapere se la progressione è veloce o lenta noi ragioniamo in
termini di perdita del legamento. La diagnosi è quindi tutta clinica e si basa sul legamento
perso. Che è un concetto tridimensionale ma noi non possiamo misurarlo
tridimensionalmente quindi scegliamo di misurarlo linearmente in determinati punti.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
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ODONTOSTOMATOLOGIA
La carie dentaria
La dentina è composta da una serie di canalicoli, detti anche tubuli dentinari, convergenti
verso la polpa. La polpa (n°3 in figura), che è il tessuto di irrorazione e di innervazione del
dente e dunque quello che causa il mal di denti, ha la stessa origine embrionaria della
dentina; quindi da un punto di vista embrionario polpa e dentina hanno la stessa matrice.
La natura ha fatto in modo che il tessuto giallo (la dentina) sia a protezione del tessuto
rosso (la polpa, la quale è l’organo della sensibilità, ma che dà anche la nutrizione
all’elemento dentario).
La gengiva libera o marginale è estesa dal margine gengivale alla base del solco
gengivale fisiologico; quella aderente va dalla base del solco gengivale fisiologico alla
giunzione muco-gengivale. Inferiormente alla gengiva aderente per la mandibola e
superiormente per la mascella vi è la mucosa alveolare.
La gengiva libera circonda il dente senza esservi adesa; forma il solco gengivale
fisiologico, ha un’altezza variabile da 0,5 a 2 mm, corrispondente alla profondità del solco
gengivale; a livello interdentale dà luogo alla papilla.
La gengiva aderente si estende dal fondo del solco alla linea muco-gengivale; è fissa,
essendo adesa al cemento del colletto e all’osso alveolare sottostante; di colore rosa
corallo e dal tipico aspetto a buccia d’arancia.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Il limite tra gengiva libera e gengiva aderente è rappresentato da fasci fibrosi che
aderiscono al cemento del colletto. Di questi i più importanti sono:
- Fasci circolari di
Kölliker (c);
- Fasci dento-
gengivali (a) (dal cemento
alla gengiva marginale);
- Fasci dento-
periostei (b) (dal cemento
al periostio alveolare);
- Fasci alveolo-
gengivali (dal mergine
alveolare alla gengiva
libera);
- Fasci transeptali
(d) (dal colletto al colletto
dei denti contigui).
Questa è la struttura del cosiddetto legamento del Kolliker, e la perdita di questo (sia
nelle malattie parodontali che nelle patologie dell’elemento dentario) insieme alla perdita di
osso determina l’abbassamento dell’osso parodontale, con la sensazione che il dente
emerga, quando in realtà è il parodonto ad abbassarsi. Quando il parodonto non regge più
il dente inizia a muoversi.
Il solco gengivale fisiologico è uno spazio virtuale che separa il dente dalla gengiva
marginale o libera, ha una profondità variabile da 0,5 a 2 mm circa che è pari all’altezza
della gengiva marginale.
È fondamentale che il medico capisca che la malattia parodontale rientra in quella che
oggi viene chiamata periomedicina; vi faccio degli esempi: il malato paradontopatico ha la
stessa quantità e qualità di batteri che alcune volte viene ritrovata, all’autopsia,
nell’endocardio di alcuni pazienti, morti per patologia infartuale; la stessa qualità di batteri
viene ritrovata a livello delle articolazioni, in quella che è la malattia reumatica; la stessa
qualità di batteri, sto parlando sempre dello Streptococco β-emolitico, viene ritrovata a
livello renale in quella che è la glomerulonefrite post-streptococcica. Tutto ciò significa che
il paziente paradontopatico è un paziente che presenta dei rischi per il cardiologo, per il
reumatologo, per il nefrologo; significa che il paziente con parodontopatia, se donna ha
una possibilità in più di avere un parto prematuro, insieme ad altre condizioni. Quindi la
gengiva per i medici è di grandissima importanza.
Un’altra cosa molto importante, che costituisce l’elemento dentario è l’osso di sostegno
alveolare, il quale viene ad essere distrutto dalla patologia parodontale; dalle gengiviti in
poi la costante distruzione dell’osso determina un fenomeno che potrebbe essere spiegato
come se avessimo un ombrellone all’interno della sabbia e che lentamente ci porta via la
sabbia: otticamente voi avrete questi pazienti che hanno questo dente che sembra più
lungo, ma in realtà non lo è. . .è quello che vi è attorno che viene ad essere distrutto dal
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Il dente è sostenuto dal legamento alveolo-dentario, questo legamento lega il dente alla
parete ossea ed ha una funzione, cioè quella di dare un minimo di movimento al dente,
che non è, quindi, in anchilosi dentaria; vi sarà capitato di giocare con i denti e sentire che
si muovono, in realtà è una propriocezione (una sensazione) che si avverte, ma non è un
movimento effettivo. La distruzione di questo legamento, comunque, è uguale alla
distruzione dell’osso, cui è strettamente collegato, ma l’interessamento di questo
legamento ha una grande importanza clinica, poiché essendo interessato in alcune
patologie odontoiatriche, spesso il riscontro del suo coinvolgimento ci porta a fare
diagnosi.
Quando parliamo di denti mono- e pluri-radicolati, discutiamo del numero di radici: i denti
del gruppo anteriore ne presentano quasi sempre 1, i denti del gruppo posteriore ne
presentano 3 o 2. Questa è un’altra delle situazioni a cui voi dovete pensare se c’è
malattia parodontale, perché, se c’è osso che sostiene, è ovvio che manterrà di più,
nell’osso, una struttura pluri-radicolata, ad esempio con un tripode, piuttosto che una
struttura mono-radicolata; quindi, se c’è perdita di osso sul molare diventa molto più grave
poterlo recuperare proprio perché ci sono 3 radici da recuperare.
I denti sono di due tipi: denti decidui e denti permanenti. La dentatura decidua è
costituita nel complesso da 20 denti (dieci per arcata) così distinti: 8 incisivi, 4 canini e 8
molari (mancano i premolari e i denti del giudizio).
La dentatura permanente è costituita invece da 32 denti, dei quali sedici inseriti negli
alveoli del mascellare superiore e sedici negli alveoli del mascellare inferiore: i primi
costituiscono l’arcata dentaria superiore e i secondi l’arcata dentaria inferiore.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
DEFINIZIONE DI CARIE
Quindi, è una patologia dei tessuti duri del dente e la terapia è: eliminare la distruzione e
mettere un materiale sostitutivo.
Il DMFT è un “Indice epidemiologico” usato per valutare l’intensità con cui la carie colpisce
gli individui; il suo valore indica il numero complessivo di denti cariati (D), otturati (F) e
mancanti (M) nel singolo paziente. Quando è maiuscolo è per i denti degli adulti (DMFT),
mentre in minuscolo per quelli dei bambini (dmft).
Talvolta, sono considerate come carie anche delle lesioni da abrasione meccanica dei
denti, che il paziente stesso si provoca spazzolando i denti troppo forte; sono usure da
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ODONTOSTOMATOLOGIA
spazzolamento scorretto, a causa delle quali il paziente espone una zona che viene
traumatizzata e che si consuma. Ad es., quelle che vengono definite colpi d’ascia sono
lesioni da usura orizzontali del dente da spazzolamento. Se il paziente espone il cemento
radicolare, il cemento radicolare non è abituato ad essere esposto ed è più facile che
venga usurato e vada incontro a processi cariosi.
È importante per voi medici capire quale sia l’agente eziologico e dove il medico può e
deve intervenire per aiutare l’odontoiatra. Nello sviluppo del processo carioso entrano in
gioco molti fattori importanti nei quali il medico può entrare che sono: l’alimentazione; la
stimolazione all’igiene orale, alla educazione sanitaria, alla necessità di controlli periodici e
di applicare i principi di profilassi.
Negli ultimi 10 anni si è osservata, nei paesi sviluppati, una netta diminuzione del
processo carioso grazie a:
Quando discutiamo della carie è lampante che i paesi a basso sviluppo socio-culturale ed
economico hanno un’incidenza di carie altissima.
Fondamentali sono le abitudini: nel bambino tra i 6 e i 7 anni in cui nella alimentazione
prevalgono: merendine, caramelline, nutella, coca-cola (questo in una classe sociale un
po’ più alta) o semplicemente pane e pasta (come in una classe sociale un po’ più bassa)
si è creato il presupposto per lo sviluppo di un agente patogeno, poiché il carboidrato è
zucchero e lo zucchero favorisce il processo carioso. Se un elemento dentario è cariato
l’elemento opponente ha una altissima possibilità di essere cariato anch’esso.
Bisogna intervenire per limitare il processo carioso, già sotto l’aspetto alimentare, perché
l’alimentazione con produzione di acidi è la base della malattia cariosa, attraverso la
formazione della placca muco-batterica. La placca muco-batterica è gestita da un batterio
che è lo Streptococcus Mutans, così chiamato poiché è capace di mutare; la sua
caratteristica peculiare è la capacità di creare una organizzazione (placca) su un elemento
dentario: una pellicola che richiamerà altri batteri. Si tratta di una membrana
particolarmente poco permeabile, al di sotto della quale, quindi a contatto con lo smalto, ci
sono dei batteri acidofili, che quindi abbassano il pH al di sotto di 5,5; ciò determinerà la
dissoluzione dello smalto. La saliva che ha potere tampone non riesce ad arrivare in
tempo per tamponare questa situazione di acidità e quindi si sviluppa il processo carioso.
Mano mano che la placca cresce e prende il calcio dalla saliva, prende i batteri, prende le
cellule di desquamazione e tutto ciò entra nella costituzione della placca che diventa
calcifica. Diventa tartaro; ma sul tartaro si incolla nuova placca, quindi è un fenomeno
costantemente crescente.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
“La carie è determinata da sostanze acide (acido butirrico, acido citrico, acido maleico e
acido lattico) originate dalla fermentazione enzimatica di residui alimentari presenti nel
cavo orale.”
“I germi acidogeni della flora batterica orale, in particolare i lattobacilli, fermentando i mono
ed i disaccaridi presenti nei residui alimentari esistenti tra i denti, determinano la
formazione di acido lattico con conseguente decalcificazione dei tessuti duri del dente”
“La carie è determinata dall’attività proteolitica dei germi che determina primariamente la
dissoluzione della trama organica dello smalto (sostanza interprismatica) e della dentina,
con conseguente crollo dell’impalcatura minerale del dente.”
“La carie è determinata dall’attività proteolitica dei germi che determina la scissione delle
proteine contenute nello smalto e nella dentina in aminoacidi capaci di sottrarre il calcio ai
tessuti minerali del dente, conducendo alla formazione di composti organici di calcio
solubili nella saliva.”
“Lo smalto e la dentina costituiscono una barriera semipermeabile posta tra la saliva e la
circolazione ematica. Alterazioni dell’equilibrio di tale sistema predispongono al processo
carioso.”
“La carie è determinata da sostanze acide originate dalla fermentazione enzimatica dei
residui alimentari, presenti nel cavo orale, ad opera di batteri acidogeni aggregati nella
placca muco-batterica”
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Fattori eziologici
Per ottenere il successo finale nel trattamento della lesione cariosa è necessario
conoscerne i fattori eziologici al fine di impostare corrette strategie preventive e
terapeutiche. I principali fattori eziologici sono:
- Dieta;
- Ospite;
- Flora cariogena.
- Alimentazione;
- Suscettibilità dell’ospite: Condizioni fisiologiche (gravidanza, allattamento) e stati
patologici: disendocrinie (ipotiroidismo, malattie tiroidee), malattie infettive (morbillo,
varicella e scarlattina nel bambino, encefaliti nell’adulto), stati carenziali
(disvitaminosi nell’ambito di patologie sistemiche), tossicodipendenze;
- Alterazioni quali/quantitative della saliva: Bicarbonati (funzione tampone),
Vischiosità (adesività batterica), Rapporto quota sierosa/mucosa, Attività
immunitaria della saliva;
- Fattori costituzionali;
- Fattori ecologici;
- Fattori razziali;
- Sesso, Età, Razza;
- Fattori immunitari.
La curva di Stephan
esprime le variazioni di
pH della superficie
dentaria al trascorrere
del tempo dopo che il
soggetto ha eseguito
uno sciacquo di 1 min.
con una soluzione
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ODONTOSTOMATOLOGIA
acquosa di saccarosio al 10%. Nel giro di 5 min. siamo sotto il pH critico dello smalto per
la produzione di acidi organici da parte dei batteri cariogeni.
Normalmente esiste una flora batterica che risiede a livello buccale e che se controllata
riduce il rischio di sviluppo della carie. Esiste sicuramente una suscettibilità individuale che
è legata ad una serie di fattori come fattori di tipo genico e ambientale come
l’alimentazione. Anche la qualità dell’alimento è importante perché alimenti collosi che
aderiscono alla superficie dei denti e più facilmente darà luogo alla carie.
Oltre la flora batterica e la dieta per esempio ritroviamo come fattori predisponenti la
fluorosi, le discromie da tetracicline, che alterano la struttura intima del dente, terapie con
cortisonici, radioterapie, pazienti nefropatici che accumulano prodotti tossici. Quindi
abbiamo una situazione da valutare in complessivo in maniera molto attenta.
Un altro fattore predisponente per il sesso femminile è la gravidanza, che porta ad una
maggiore mobilizzazione del calcio, soprattutto a livello dentario. Ciò non solo priva i denti
di calcio ma aumenta l’escrezione di calcio salivare e dunque nella bocca della paziente
c’è più calcio. Ciò favorisce lo sviluppo di alcune specie batteriche. Inoltre la donna in
gravidanza ha un aumento degli estrogeni e dei progestinici che portano a neoangiogenesi
anche a livello buccale che portano più sangue che favorisce il sanguinamento da
spazzolamento, il che porta la paziente a lavare meno i denti. Inoltre gli estrogeni
modificano la saliva che diventa più mucosa e appiccicaticcia per la presenza di
mucoproteine. Questo tipo di saliva aderisce maggiormente all’elemento dentario e si
forma la placca, ed essendoci più calcio si forma anche il tartaro e sul tartaro nuova
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Altro fattore di rischio è il diabete per l’angiopatia diabetica che colpisce il microcircolo con
riduzione di afflusso ematico a livello gengivale il che lo mette a rischio sia della malattia
parodontale ma anche del processo carioso.
Importante è sicuramente per il rischio di carie è la riduzione del flusso salivare che può
essere dovuto a diverse cause, per esempio patologia renale, disidratazione, sindrome di
Sjogren, calcolosi, radioterapia, che può portare a riduzione delle ghiandole salivari. Il
flusso salivare è importante perché allontana il cibo dai denti. La riduzione del flusso
salivare, determinando una riduzione dell’apporto dei fattori immunitari specifici ed
aspecifici e dei bicarbonati, favorisce l’azione della placca muco batterica.
Nel cavo orale sono state identificate circa 50 specie batteriche diverse. Le forme coccoidi
aerobie o facoltative presentano un’attitudine prevalentemente cariogena a differenza di
quelle filamentose anaerobie ad attitudine prevalentemente parodontopatogena. Il
principale microrganismo responsabile dei processi cariosi è lo Streptococco mutans.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
secrezioni. È su questa placca che noi proviamo a lavorare. Affinchè i batteri possano
aderire allo smalto è necessario che producano la pellicola salivare acquisita, un biofilm
lipoproteico che riveste smalto e mucose. Essa è conditio sine qua non per la formazione
della placca batterica e ne rappresenta il primo stadio di stratificazione.
È un sistema che una volta che è iniziato (inizia già 12 ore dopo la pulizia dei denti)
continua ad essere presente e che deve essere tenuto sotto controllo attraverso la nostra
igiene e i prodotti che usiamo.
La situazione della placca è questa: tra tutti i batteri il mutans organizza la placca affinchè
al di sotto di essa vi sia un pH di 5-5.5, che è un pH acido che inizia un’azione lesiva sul
processo dentario che è l’incipit del processo carioso.
Dunque l’erosione acida favorisce lo sviluppo della carie che prima attacca lo smalto e poi
giunge alla dentina.
Ma il paziente a volte con i denti cariati o non cariati, in una situazione fisiologica o
parafisiologica, può avere mal di denti transitorio?? Si, quando vi è sbalzo di temperatura,
come nella febbre, in situazioni ipercinetiche, e nelle donne, nel mestruo perché come
abbiamo visto a causa degli aumenti di estrogeni e progestinici ciclici. L’iperemia porta la
polpa a sbattere contro le superfici esterne per una transitoria dilatazione (la terapia
consiste poi nell’aprire il tetto e togliere porzione superiore del nervo).
Riesce ad aderire facilmente alla superficie smaltea, legandosi alla pellicola salivare
acquisita. L’aderenza batterica sulla pellicola salivare acquisita, con particolare riferimento
allo Streptococco mutans, avviene tramite legami elettrostatici tra le proteine della pellicola
stessa (gruppi acilici) e la parete batterica (acido lipoteicoico, LTA) con interposizione di
ioni Ca++.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
- la carie invade lo smalto fino a quando è intaccato solo lo smalto non c’è nessun
tipo di sensibilità ed il paziente non ha dolore, perché non sono intaccate strutture
nervose;
- nel momento in cui la carie passa all’interno della dentina, la dentina è composta da
centinaia di piccoli tubuli che convergono tutti verso l’organo pulpare, ragion per cui
i batteri del cavo orale (tenete presente che la bocca è la seconda, per numero di
batteri, rispetto alle altre cavità dell’organismo) colonizzano i tubuli e poi passano,
contro un gradiente di umidità, e si portano verso il processo pulpare;
- comincia la pulpite (infiammazione della polpa): i batteri vanno ad invadere la
polpa gradualmente (in senso corono-apicale), coinvolgendo via via tutto il tessuto;
nel momento in cui i batteri cominciano a toccare la polpa inizia la sensibilità; quindi
questo passaggio comincia a dare quella stimolazione che è la stimolazione al
caldo, al freddo, al pH che cambia mezz’ora dopo che abbiamo fatto una
alimentazione normale ed abbassandosi il pH, con stimolo acido, si inizia a
presentare all’interno del dente una sintomatologia: il classico mal di denti.
L’interessamento della polpa, in corso di pulpite, crea la condizione di dolore.
Esistono, però, anche degli stati fisiologici per cui possiamo avere un “finto mal di denti”,
per così dire; questi sono i cosiddetti stati di iperemia pulpare (aumento del flusso ematico
alla polpa), consequenziali ad un aumento della temperatura corporea, come nella febbre
o nelle donne in corrispondenza del picco ovulatorio, per le variazioni estro-progestiniche.
Bisogna, pertanto, sempre escludere queste possibili cause di “mal di denti finto”.
Terminologia
Come per le altre patologie, anche qui vi sono una serie di termini utilizzati per descrivere
le singole varianti cliniche del processo cariogeno:
a) Zona di distruzione;
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ODONTOSTOMATOLOGIA
a) Zona di distruzione;
b) Zona di invasione;
c) Zona di sclerosi tubulare;
d) Zona di dentina apparentemente
indenne.
A seguito di una recessione del margine gengivale si verifica l’esposizione del cemento
radicolare ai fluidi orali e di conseguenza può andare incontro a carie.
Tornando alla pulpite, sappiamo che il tessuto pulpare si porta verso l’apice radicolare.
Questa struttura è collegata ad un nervo, alveolare superiore o inferiore , che è proprio per
ogni emiarcata (il che consente un’anestesia localizzata). Questi nervi si dipartono dal
ganglio di Gasser e, dunque, da questa struttura principale si diparte un nervo per
emiarcata e da questo un nervo per ogni dente. Sulla base del decorso dei nervi alveolari
superiori ed inferiori, possiamo dividere la bocca in 4 quadranti. Nella pulpite il dolore di
riferimento segue questo percorso dei nervi alveolari ed abbiamo una zona di dolore non
identificata dal paziente in modo preciso (anche perché spesso le fibre nervose si
incrociano), ma genericamente a livello del quadrante; talvolta, se c’è interessamento
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ODONTOSTOMATOLOGIA
dell’emiarcata superiore, il paziente può riferire anche dolore nella regione temporale
perché alcune fibre si dirigono verso il temporale. Nella patologia pulpitica, che è una
nevralgia secondaria, quindi, non si riesce a discriminare la localizzazione precisa del
dente che è interessato dal processo infiammatorio, a meno che non andiamo a stimolarlo
con dei test (come il test di sottrazione di calore: stimoliamo fortemente il paziente
sottraendo calore, in corrispondenza di un singolo elemento dentario; se quello è il dente
interessato allora il paziente da un dolore di base avvertirà un dolore forte; se quello non è
il dente interessato dal processo, il paziente avvertirà solo freddo).
Tutte queste osservazioni sulla localizzazione del dolore sono importanti la diagnosi
differenziale della nevralgia essenziale, che colpisce soggetti tra i 40 e i 60 anni,
principalmente donne, con una sintomatologia della durata scarsa di un minuto, ma
talmente intensa da condurre a tendenze suicide. Quindi è una sintomatologia molto
intensa, che determina una serie di nevralgie secondarie, in cui il paziente riferisce solo un
dolore diffuso. Un’altra diagnosi differenziale importante è con la patologia che segue una
pulpite: dopo la carie, dopo la pulpite possiamo avere la parodontite apicale (la terza
patologia di sequenza): la morte, la necrosi del tessuto pulpare e quando il dente è
necrotico e stiamo andando verso l’ascesso, il dolore sarà localizzato al singolo elemento
dentario (a questo punto il dentista ci dice che bisogna devitalizzare il dente).
Cosa interessa di più? Solchi, fessure e fossette ovvero i punti cario recettivi. Questo
dente che è il VI esce ai bambini a 6 anni, quindi bisogna insegnare alle mamme che fino
a 5 sono denti di latte, dal sesto in poi sono già denti definitivi.
Per quelli che faranno pediatria, sappiate che i dentini davanti escono un po’ più linguali.
Spieghiamo il perché: il meccanismo di eruzione di un dente è banale: sotto al dente da
latte c’è il dente permanente; del dente permanente si costituisce prima la corona
(rapidamente) e poi la radice. Questa si costituisce con un meccanismo che rispetto ad un
piano è come se io aggiungessi una fettina per volta sotto; all’aggiunta di ogni nuova
fettina, si consuma la radice del dente di latte, fino a quando quest’ultimo sarà solo
poggiato sulla gengiva e dondolerà. Dopo di che cade il dente di latte, esangue o con quel
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ODONTOSTOMATOLOGIA
pochino di sangue della gengiva, e comincia ad uscire il dente sotto. Per quanto riguarda il
gruppo di denti inferiori, nell’eruzione i dentini davanti di latte cadono perché si consuma la
radice data la spinta in avanti della lingua ogni volta che il bambino ingoia e per
l’insorgenza del dente sotto. Quindi i denti davanti inferiori definitivi non sono più dietro,
sono quelli davanti che si stanno spostando in avanti! È fisiologico.
Tornando al VI dentino, che esce a 6 anni, è quello più a rischio di carie, perché si mangia
tutte le caramelle, le merendine, la coca-cola, ecc...tant’è che noi facciamo la profilassi
con la sigillatura: ripuliamo questo solco, lo laviamo e poi mettiamo una resina sigillante,
che trasforma un solco in una superficie liscia.
Fondamentale è l’ANAMNESI; bisogna ascoltare il paziente. Poi l’E.O. per ricercare i segni
clinici, che sono più importanti degli esami strumentali; bisogna guardare di una struttura
dentaria ogni lato, ogni faccia. L’indagine strumentale nell’ambito dell’odontoiatria più
importante è l’Rx (una radiografia di un processo carioso, che appare come un’area di
distruzione). Esistono poi dei test salivari e microbiologici.
A volte riesco ad avere un vantaggio nel trattamento della patologia parodontale se ho una
serie di carie? Se io ho delle lesioni cariose, all’interno di queste lesioni cariose ci sono
dei batteri; se io inizio un trattamento parodontale dove ho una infiammazione marginale
sostenuta da un batterio, non necessariamente potrò fare tutte le otturazioni insieme, ma
se ripulisco tutta la zona e metto delle otturazioni provvisorie, sono andato a ridurre la
carica batterica, che è vicina al parodonto marginale, ed ho di fatto migliorato la situazione
gengivale.
- Profilassi alimentare;
- Fluoro profilassi;
- Sigillatura dei solchi;
- Visite periodiche di controllo.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Il neonato non ha batteri nel cavo orale; il cavo orale viene colonizzato all’allattamento, per
cui se la madre ha una patologia noi dobbiamo andare prima ad agire sulla madre. Quindi
se volessimo applicare un canone di prevenzione secondaria sarebbe: lavorare sulla
madre.
L’epulide può essere addirittura extraorale; si può procedere con la rimozione chirurgica
che può lasciare scoperta la radice del dente (al massimo si può fare un piccola innesto),
ma comunque successivamente avviene la ricostruzione del tessuto gengivale guidata dal
“sostegno osseo-dentale”.
Come possiamo per ridurre la placca? Utilizzando dei colluttori o gel con clorexidina e
cloruri che hanno un’azione antibatterica (agiscono aumentando drammaticamente la
permeabilità della membrana della streptococcus mutans); è comunque da tenere
presente che la clorexidina non può essere usata per lungo tempo perché può dare come
effetto collaterale la disgeusia (alterazione della percezione del gusto) e una
disepitelizzazione della mucosa orale con glossite, gengivite, ulcere orali…
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ODONTOSTOMATOLOGIA
nei mesi estivi), ma se ci troviamo nella zona vesuviana essendo gli acquedotti privati e
poco controllati potremmo avere un’acqua molto ricca in fluoro, che può, sommandosi
al fluoro assunto con la compressa, far sforare di molto il bilancio
Lo spazzolino elettrico è sicuramente utile perché entra negli spazi interdentali e da
una maggiore pulizia (non bisogna esercitare una pressione di spazzolamento dato
che può arrecare solo danni).
Io devo tenere conto se il bambino abiti in una zona Vesuviana, perché in quella zona se
c’è un aumento nella falda acquifera di fluoro io già sto in fluorosi e lo rovino per tutta la
vita con una colorazione di denti che è inguardabile. In più devo fare attenzione se nella
sua alimentazione c’è pesce azzurro, tonno, funghi, tutti ricchi in fluoro o all’acqua
minerale che beve (ad es. il contenuto di fluoro nella Ferrarelle è molto aumentato; l’acqua
minerale a minor contenuto in fluoro attualmente è la Lete). Comunque il fluoro è
fondamentale, aiuta! Fluoro per via generale da 0 a 14 anni; dopo i 14 anni la
somministrazione per via sistemica ad un ragazzo che abbia già costituito i denti non
serve a nulla, ma serve la fluoroprofilassi topica con spazzolino, dentifricio, colluttorio.
Fluoro
Azione Formazione
antibatterica Fluorapatite
Inibizione
Inibisce le enolasi adesione Un cristallo con un
batteriche ed valore di pH critico più
impedisce l’ingresso Sostituisce gli ioni Ca
basso della
del glucosio nel soma nel legame tra le
idrossiapatite
batterico glicoproteine salivari e
i lipopolisaccaridi della
parete batterica
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Il fluoro è presente anche nel tè, nelle alici, nelle sardine, anche alcuni tipi di sale sono
fluorati, ecc. . .
La sigillatura dei solchi consiste nel chiudere i solchi, con delle resine, per renderli
facilmente detergibili.
IGIENE ORALE
Si prefigge l’allontanamento dal cavo orale degli agenti cariogeni locali, identificabili nella
placca mucobatterica. Deve essere intesa sia come igiene orale domiciliare che necessita
di una istruzione e motivazione del paziente, sia come igiene orale professionale,
eseguendo periodiche ablazioni del tartaro (ogni 5-6 mesi) finalizzate all’allontanamento
della placca mucobatterica e alla diagnosi precoce di eventuali lesioni.
PROFILASSI ALIMENTARE
Controllo e regolazione degli zuccheri inseriti nella dieta. È importante non tanto il controllo
della quantità degli zuccheri, ma soprattutto il tipo di zuccheri, la frequenza di assunzione,
lo stato fisico. Sicuramente da preferire sono i polisaccaridi rispetto ai mono e disaccaridi,
limitando l’assunzione a determinati periodi della giornata, cercando di evitare
l’assunzione di glucidi molto viscosi, difficili da allontanare soprattutto dalle irregolarità
anatomiche (zone più soggette a carie).
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ODONTOSTOMATOLOGIA
FLUOROPROFILASSI
Apertura e sigillatura, mediante una resina fluida, delle irregolarità superficiali dei molari
più esposti a rischio di carie. Rendiamo più piatta la superficie dei denti in modo che sia
più detergibile.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
PULPOPATIE
Il tessuto pulpare può distinguersi in coronale ed apicale con la differenza che il primo è
essenzialmente costituito da un tessuto connettivo cellulare con odontoblasti disposti
perifericamente e poche fibre di collagene, mentre il secondo è più povero di cellule e più
ricco di fibre. Tale diversa struttura, soprattutto relativamente alle fibre collagene, è da
ascrivere alla necessità di assicurare un sostegno a vasi, nervi e linfatici.
Noi abbiamo una problematica; il processo carioso supera lo smalto, entra nei tubuli
dentinari, arriva fino alla polpa, i batteri arrivano fino alla polpa, e ciò complica questa
situazione. Le pulpopatie possono essere complicanze di un processo carioso, anzi
questa è l’evenienza più frequente. Quando il processo carioso ha raggiunto una certa
estensione e profondità, i germi, o le loro tossine, possono invadere la polpa, tramite i
tubuli dentinali, in una fase in cui la camera pulpare è ancora integra. Per questa ragione
non si parla più di carie penetrante, ma di carie complicata, con una definizione di
significato eminentemente clinico, essendo la pulpite l’espressione di tale complicanza,
indipendentemente dall’esposizione della polpa nella cavità cariosa per la completa
distruzione dei tessuti duri. Inoltre il termine carie penetrante è ingiustificato in quanto la
carie si definisce come un processo distruttivo che interessa solo i tessuti duri del dente e
che, pertanto, non penetra mai nel tessuto pulpare.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
tipo di dolore, esso segue il percorso del nervo, abbiamo una nevralgia secondaria. La
nevralgia secondaria è diversa dalla nevralgia essenziale che è quella trigeminale.
La differenza tra un paziente che ha una nevralgia secondaria, il mal di denti, da uno che
ha una nevralgia trigeminale è che il paziente che ha una nevralgia secondaria la notte,
come lui mette la testa sul cuscino, aumenta la pressione sanguigna, quindi, aumenta il
dolore. Per questo motivo il paziente preferisce stare in piedi. Quindi la notte ha dolore.
Specialmente nei casi di pulpite sierosa acuta, Il paziente che ha una nevralgia essenziale
non parla, non è un “logorroico” come quello della pulpite che spiega il suo problema,
perché esistono delle “zone grilletto” (trigger zone) zone di stimolazione dove c’è
l’emergenza del nervo, una sua superficializzazione; la mimica facciale da’ questo tipo di
stimolazione e quindi fa avvertire il dolore.
Quindi il paziente che ha una nevralgia trigeminale, che non è più di competenza
odontoiatrica ma diventa un segno diagnostico, non parla nella paura che possa avvertire
dolore.
Quello che ci interessa è capire cosa succede quando il processo carioso ci porta
un’alterazione dello stato normale, si verifica un angioedema. L’angioedema, l’angioflogosi
con angioedema, crea una situazione che in realtà è una situazione che inizia con la
stimolazione dolorosa. Ma questa angioflogosi può essere determinata solamente dal
processo carioso? O un paziente può avere denti assolutamente sani ed avere una
angioflogosi secondaria? Si… a sbalzi di temperatura. Nella febbre, specialmente nel
bambino, nel quale è un pò più alta, possiamo avere un processo di angioflogosi
generalizzata, e quindi di conseguenza il bambino può avere anche questo. Questo
significa che nel “momento febbre” il bambino avverte questa sintomatologia; questo può
avvenire anche nella fase premestruale, nelle donne. Le pazienti possono avvertire un
senso di fastidio, che poi diventa fisiologico, a tutti gli elementi dentali. Se il fenomeno
rientra è tutto ok. Questa condizione è una iperemia pulpare che colpisce più denti
contemporaneamente, legata a stati generali fisiologici o patologici dell’organismo, come
appunto la febbre, la gravidanza e lo stato mestruale. Tali condizioni possono quindi
essere accompagnate da algie dentali diffuse che scompaiono con il regredire della
sintomatologia generale. L’iperemia pulpare può anche derivare da fattori locali su un solo
dente. In generale l’iperemia pulpare rappresenta uno stato iniziale e reversibile della
patologia pulpare. Essa può regredire o evolvere in pulpite conclamata a seconda
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ODONTOSTOMATOLOGIA
dell’intensità e della durata degli stimoli che l’hanno determinata. L’iperemia pulpare,
caratterizzata da dilatazione delle arteriole e delle venule, con conseguente lieve aumento
di volume della polpa, è accompagnata clinicamente da una reazione dolorosa di breve
durata agli alimenti dolci ed alle variazioni termiche nel cavo orale.
Esistono dei tests che si fanno per discriminare la situazione e fanno capire quindi la
problematica all’arcata superiore ed inferiore. Nel momento in cui noi abbiamo una
nevralgia, quindi un dolore di base, esiste la possibilità che in questo dolore di base ci
siano dei picchi dolorosi. Un picco doloroso può essere generato dallo sbalzo termico.
Il caldo o il freddo, l’acqua calda o il brodo caldo, la pasta o qualche altra cosa che sia più
fredda o più calda, possono dare una stimolazione su una nevralgia di base e dare un
picco doloroso che acuisce il dolore. Questo è un dato assolutamente importante per noi
quando discutiamo della pulpite sierosa acuta.
La pulpite sierosa acuta è praticamente una pulpite che è sensibile al caldo e al freddo;
se io do al paziente uno stimolo freddo egli ha dolore, allo stesso modo se metto uno
stimolo caldo. Quindi ci sta un dolore di base e dei picchi di stimolazione. Questo nella
pulpite sierosa acuta.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
La pulpite sierosa, per il progressivo aumento nell’essudato dei leucociti, può esitare in
quella purulenta; l’essudato si raccoglie allora in piccoli ascessi disseminati che danno poi
luogo ad una fusione totale della polpa. La dissoluzione del tessuto pulpare è determinata
dagli enzimi proteolitici leucocitari e batterici. Tale distruzione tissutale viene facilitata dalla
struttura reticolare della polpa, costituita da connettivo lasso e priva di fibre elastiche. La
sintomatologia dolorosa, sempre con il carattere della nevralgia secondaria, diventa più
intensa, continua e a carattere pulsante. Essa è accentuata dal caldo ed attenuata dal
freddo, a differenza di quanto avviene nella forma sierosa, dove qualsiasi tipo di variazione
termica accentua la sintomatologia dolorosa.
Abbiamo detto che il dolore della nevralgia secondaria da pulpite sierosa acuta peggiora
con il caldo e con il freddo; nella sieropurulenta migliora con il freddo e peggiora con
il caldo, perché induce vasodilatazione. Quindi noi cominciamo a capire la possibile
evoluzione di questo processo, perché quando si ha un processo sieropurulento, quindi
questa situazione può potenzialmente peggiorare con una formazione ascessuale, dopo
aver fatto un intervento tecnico si deve utilizzare un antibiotico per evitare una infezione
secondaria che porterebbe il paziente ad avere un empiema.
Dobbiamo stare attenti perché siamo in vicinanza del seno mascellare; dobbiamo
imparare per cultura medica che i premolari e i molari superiori possono avere rapporti di
continuità (cioè sono dentro) o contiguità (sono vicini) col seno mascellare.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Questo significa che una formazione ascessuale che si costituisce in uno di questi
elementi determina un ascesso all’interno del seno mascellare che si chiama empiema;
dall’empiema può nascere una situazione di tipo sinusale. Ma qual è la peculiarità di una
sinusite odontogena rispetto ad una pan sinusite? La sinusite odontogena è localizzata
e monolaterale.
Un altro dato è che alcuni denti hanno una sola radice, altri ne hanno tre, per cui a volte
facendo i test di stimolazione, che poi sono gli stessi test che il paziente fa in maniera
generalizzata, cioè il freddo, il caldo, lo stimolo elettrico, il paziente non avverte niente.
Poi quando vai ad aprire il dente, arrivi su un molare e magari trovi un canale in necrosi ed
il nervo all’interno in necrosi, mentre gli altri due sono vitali. Il paziente avverte un dolore
come se il nervo fosse vivo. Questo è per capire che una cosa è la clinica, un’altra cosa è
poi il fenomeno istologico che si verifica all’interno del dente. Questo diventa un
importante elemento discriminante per la diagnosi ma allo stesso tempo vi deve far capire
che quella di sopra è una classificazione di tipo clinico.
Infine, anche le pulpiti possono diventare fenomeni cronici. Nella pulpite cronica
ulcerosa si ha un’infiammazione cronica della polpa. Questa forma può essere primaria o
secondaria a forma acuta. Si nota la presenza di uno strato necrotico sulla superficie
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Nella pulpite cronica iperplastica, l’infiammazione cronica della polpa determina una
reazione iperplastica, co la formazione di un piccolo bottone carnoso, sporgente, tipo
polipo nella cavità cariosa. I sintomi sono dolore e sanguinamento alla masticazione.
Carie Farmaci
Usura Liners
Materiale da restauro
Tutto ciò che sta nella colonna di sinistra crea delle problematiche sulla polpa. Vediamo
che vi sono delle cause parodontali; immaginiamo il dente, io posso avere l’attacco carioso
da solo ma posso anche avere problemi parodontali. Se io ho una distruzione dell’osso
attorno al dente, io arrivo con la distruzione dell’osso, all’apice del dente. Il processo
infettivo quindi non parte da sotto, ma può partire da sopra. Quando, in presenza di una
parodontite marginale, la tasca parodontale ha raggiunto una profondità tale da essere
vicina all’apice, i germi, diffondendo attraverso l’apice, possono aggredire la polpa per via
retrograda, anche in assenza di un processo carioso.
Nelle usure si può pensare ai pazienti che “bruxano”; un paziente che bruxa è un paziente
che usura di continuo i suoi elementi dentali. Masticando si consumano gli elementi
dentali, come chi cammina tanto e si usura le scarpe!
Ci sono i traumi propriamente detti in seguito a urti o cadute etc... Tale tipo di trauma può
indurre una interruzione a livello apicale del fascio vascolo-nervoso con conseguente
necrosi ischemica dell’elemento dentario. Poi vi sono i traumi da forze ortodontiche
eccessive, infatti nella terapia ortodontica vanno sempre applicate forze controllate.
Superate queste forze può essere compromessa la vitalità dell’elemento dentario
interessato dalla terapia. In più, restauri scorretti o elementi dentari malposti, creando
precontatti occlusali (trauma occlusale), possono traumatizzare la regione apicale di un
dente, determinando lentamente la necrosi della polpa.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Le cause iatrogene sono tutte quelle che determina l’odontoiatra con i materiali che utilizza
in bocca al paziente (uso di materiale da otturazione su denti vitali).
il processo di degenerazione pulpare può essere parziale, può diventare totale, quando è
parziale può diventare acuta e poi ha un fenomeno di riparazione, da acuta può diventare
cronica e poi atrofica: è una possibilità molto “mista”.
Evitiamo confusioni. A noi interessa che ci sia una nevralgia secondaria che ha un dolore
di base, di fondo, che il paziente non localizza l’elemento dentario, che viene stimolato dal
freddo e dal caldo e quindi, di conseguenza, è un dolore di tipo continuo: qui siamo alla
fase sierosa. Nella fase sieropurulenta c’è una differente risposta al caldo e al freddo.
Dopo la fase sieropurulenta vi è la possibilità della necrosi pulpare.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Parodontiti
“Parodonthos” è tutto quello che sta attorno al dente. Quindi, la parodontite è un processo
infiammatorio localizzato al paradonto.
Nel momento in cui c’è la necrosi pulpare, noi siamo passati a parlare di PARODONTITE
APICALE. La parodontite apicale è il dente con la morte cellulare all’interno del canale,
cioè il dente è necrotico ed il canale è pieno di batteri e di polpa in decomposizione.
Quindi qualsiasi stimolo, il caldo, il freddo, sulla necrosi, è assolutamente nullo. Non si ha
nessuna risposta. Manca la possibilità di avere degli stimoli perché il dente è morto. Quindi
il presupposto fondamentale per la parodontite apicale è la necrosi pulpare.
Si ritiene che nella maggior parte delle parodontiti endodontiche l’infezione sia
polimicrobica con un’ampia varietà di batteri anaerobi facoltativi ed obbligati.
Anche i fattori irritativi di tipo fisico-chimico, come la penetrazione oltre l’apice di strumenti
canalari o di materiale da otturazione canalare, possono determinare una parodontite
endodontica.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
della superficie di membrana dei batteri gram - costituiti da una catena polisaccaridica,
legata ad un core lipidico, che attiva il riassorbimento osseo.
La sintomatologia della parodontite apicale acuta insorge con una sensazione di tensione
locale a carico del parodonto apicale del dente la cui polpa è necrotica che, con l’evolversi
del processo, da luogo ad un dolore localizzato, accentuato alla pressione verticale ed alla
masticazione; successivamente lo stato di tensione parodontale, determinato dall’iperemia
e dall’essudato ivi presente, fa sì che il dente venga sospinto leggermente fuori
dall’alveolo, sintomo questo avvertito dal paziente, come un precontatto in occlusione, ma
non rilevabile obiettivamente.
Quindi nella parodontite apicale il dolore è localizzato e rispetto alla nevralgia, dove era
generalizzato, il paziente indica l’elemento dentario che gli fa male; il caldo e il freddo non
hanno nessuna rilevanza, ma la hanno in una fase avanzata della parodontite perché qui
dentro ci sono i batteri e se i batteri non vengono circoscritti, e quindi il processo diffonde,
l’unico tessuto vitale è l’osso. L’osso tende a reagire all’invasione batterica con la
formazione di un granuloma.
Nel granuloma le cellule di difesa arrivano e cercano di circoscrivere il processo. Poi c’è la
produzione di istamina, arrivano i macrofagi etc... Si forma un granuloma aspecifico.
Nel momento in cui l’ha circoscritto se esistono, e questa è l’ipotesi, delle cellule che sono
embrionarie, noi abbiamo delle cellule embrionarie che sono a diversi livelli. Questi
vengono chiamati residui epiteliali del Malassez. Nel momento in cui il granuloma
ingloba i residui epiteliali del Malassez, diventa un granuloma cistico, quindi ha una
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ODONTOSTOMATOLOGIA
La cisti poi diventa un fenomeno infiammatorio di tipo cronico organizzato. Quindi stiamo
parlando delle cisti radicolari, radicolari perché sono legate alla radice.
Hai una evoluzione: se l’evoluzione va verso la fase acuta si può avere edema, purulenza,
ascesso; se si va verso la fase di cronicizzazione a volte il processo è silente ed hai il
granuloma, il granuloma cistico e la cisti radicolare. Quindi si hanno due fasi: una fase che
va verso l’acuto ed una fase che va verso il cronico. Il dente che presenta una struttura
granulomatosa o presenta una struttura cistica ha alla base una sintomatologia dolorosa.
La cisti si forma e sta la.
La cisti è una neoformazione benigna a sviluppo endoosseo, che tende ad una crescita a
spese dell’osso, e che è rivestita da una parete. L’interno della cisti è liquido; normalmente
nelle cisti odontoiatriche si trova un liquido di colore giallo citrino, perché le cellule si
sfaldano e liberano questi cristalli di colesterolo, di “colesterina” che entrano nella cisti. Se
all’interno passa del sangue, la cisti diventa ematica; quando il sangue è in
decomposizione non è mai di colore rosso, ma perlopiù marronastro, marrone scuro.
Per cui se l’ascesso è localizzato all’arcata superiore, noi possiamo avere un empiema del
seno mascellare, quindi il paziente comincerà a buttare pus dalla narice.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
osso attorno alle radici. Nella immagine c’è una osteolisi peri e latero-radicolare, cioè
attorno alla radice. Il canale appare più slargato.
Fino a quando la carie è nello smalto non c’è problema, quando passa nella dentina inizia
la sensibilità, quando si arriva alla polpa si inizia in senso degenerativo.
Ricapitoliamo. Abbiamo la condizione alla base del dente e possiamo avere una
evoluzione sierosa o sieropurulenta. Nel momento in cui abbiamo la parodontite acuta in
fase sierosa il dolore è localizzato accentuato dalla pressione verticale, dalla masticazione
e si avverte quello che è un precontatto soggettivo in occlusione.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
L’ascesso erode il periostio, tecnicamente lo “cribra”. Nel momento in cui lo cribra, alla
fase di massimo dolore e minimo dolore, segue la fase di minimo dolore e massimo
gonfiore (non parliamo più di edema ma di essudato purulento).
A seconda di come si localizza l’ascesso è possibile fare una diagnosi. Questo ci interessa
anche per il dente del giudizio, perché a seconda di come è localizzato, si ci rende conto
di come e dove va la parte ascessuale.
Si da una iniziale terapia antibiotica; nelle infezioni odontoiatriche il male peggiore sono i
gram negativi , anche se i gram positivi danno anche delle forme secondarie localizzate
tipo le endocarditi. I microrganismi causa di parodontite apicale acuta sono:
Streptococchi, stafilococchi, lactobacilli, actinomiceti, microrganismi anaerobi.
Più che di guarigione con la terapia antibiotica si può parlare di riduzione della
sintomatologia, il dente è morto. La terapia antibiotica che viene fatta va bene, però
bisogna pensare che un paziente che ha dai 30 ai 40 anni ha già preso molte volte
l’amoxicillina, e quindi magari prende amoxicillina ed acido clavulanico; ma bisogna fare
una scelta che è elementare. Quando si utilizza un antibiotico bisogna avere il metro di
valutazione della gravità della situazione rispetto alla terapia che si va a dare. È meglio
una terapia più invasiva che risolve rapidamente il problema; una terapia per via orale
impiega un pò più di tempo, rispetto ad una terapia per via iniettiva.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Se l’ascesso va verso il
pavimento della lingua,
abbiamo dei casi di patologie
come l’angina di Ludwig, che
porta ad un rapido ascesso al
pavimento della lingua, che si
alza, si porta verso dietro e il
paziente muore per
soffocamento.
La necrosi, alcune volte, è probabilmente di tipo chimico, cioè l’odontoiatra aveva utilizzato
chissà quali materiali e c’è la zona di osteolisi peri e latero radicolare. Con le radiografie
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ODONTOSTOMATOLOGIA
non bisogna mai buttarsi a dire ad esempio.. è una cisti. La definizione di una diagnosi
esatta di cisti è legata prima di tutto al contorno molto netto ma è una diagnosi
(granuloma, granuloma cistico e cisti) di tipo istologico. La clinica dice che c’è osteolisi peri
e latero radicolare. Quando si individua l’osteolisi già si è fatta una parziale diagnosi
clinica, ma dire granuloma, granuloma cistico o cisti è qualcosa di puramente istologico.
Patogenesi
I monociti-macrofagi sono attratti nel sito infiammato da vari fattori chemiotattici tra i quali
prodotti batterici, complemento e linfochine. Una volta attivati essi possono svolgere
attività fagocitaria o indurre la stimolazione antigenica di cellule immunocompetenti,
ricoprendo quindi un ruolo importante nella distruzione tissutale per la produzione di
idrolasi lisosomiali, prostaglandine, citochine, quali TNF e IL-1, e numerosi altri enzimi. La
presenza di linfociti T e B, di anticorpi delle varie classi e di frammenti del complemento
C3 attestano che i prodotti del metabolismo batterico o di derivazione dei tessuti alterati
dell’ospite sono in grado di provocare reazioni immunologiche sia umorali che cellulari nel
parodonto apicale. Al processo flogistico partecipano anche cellule specifiche citotossiche.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Col granuloma si ha comunque una limitazione della diffusione batterica che viene così
confinata nell’ambito del tessuto periapicale ed impedita dalla reazione immunitaria nella
sua naturale evoluzione loco-regionale o sistemica.
Il quadro clinico della parodontite apicale cronica può mutare repentinamente per una
riacutizzazione del processo che conduce ad una fusione purulenta del tessuto
granulomatoso. Tale riacutizzazione, che spesso è determinata da una diminuzione dei
poteri di difesa dell’organismo, può essere il primo sintomo di una parodontite apicale
cronica la cui presenza in precedenza non era avvertita dal paziente.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
L’ascesso è una raccolta di pus in una cavità neoformata dalla stessa raccolta
ascessuale; in cavità già formate (ad esempio nel seno mascellare), la raccolta purulenta
prende il nome di empiema.
Il flemmone è invece una infezione acuta purulenta dei connettivi che non ha alcuna
tendenza alla limitazione.
Le parodontiti apicali di tipo purulento rappresentano la causa più frequente degli ascessi
e dei flemmoni. In un dente cariato la polpa, finchè conserva la sua vitalità anche se in
stato di flogosi, rappresenta una barriera biologica alla penetrazione dei germi in
profondità grazie ai suoi poteri di difesa vitale. Se si interviene tardi, il tessuto pulpare va
incontro a necrosi settica diventando un punto in cui agiscono i germi, i quali possono
diffondere lungo il canale radicolare e dar luogo ad una parodontite apicale prima sierosa
e poi purulenta.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
sintomatologia dolorosa
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ODONTOSTOMATOLOGIA
- Osteiti: localizzate nei canali vascolari della corticale e negli spazi midollari
adiacenti;
- Osteomieliti: localizzazione prevalente al midollo osseo (con necrosi ossea);
- Periostiti: coinvolgono il periostio;
- Osteoperiostite: coinvolgono il periostio e gli strati più esterni della corticale
- Specifiche;
- Aspecifiche.
- tubercolosi ossea;
- lue;
- actinomicosi.
Clinicamente distinguiamo:
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ODONTOSTOMATOLOGIA
I Sintomi sono: aggravamento della sintomatologia della parodontite apicale purulenta con
febbre alta, dolori continui di tipo trafittivo, rapida tumefazione delle parti molli
perimascellari, mobilità dei denti sovrastanti il focolaio.
La terapia contempla:
Con il tempo si avrà il riempimento della cavità residua ad opera di tessuto fibroso che poi
si trasforma per metaplasia in tessuto osseo.
Nelle Osteomieliti croniche di origine dentaria distinguiamo due forme: una forma
rarefacente e una ossificante.
Nella forma ossificante si ha una lenta neoformazione di tessuto osseo eburneo intorno
alle radici dei denti necrotici. Si riscontra all’Rx zone ossee di aspetto compatto in cui è
scomparsa la normale trabecolatura a discapito degli spazi midollari che vengono ridotti.
La terapia prevede l’estrazione del dente e dei tessuti necrotici. In alcuni casi le due forme
si alternano in focolai differenti.
L’osteomielite per propagazione dei germi dai tessuti molli si verifica in seguito a
fratture con esposizione dei frammenti, per propagazione del processo infettivo da ascessi
e flemmoni perimascellari, a carico dell’osso alveolare (alveolite postestrazione
dentaria). In questo caso la gengiva che circonda l’alveolo si presenta arrossata e la
cavità alveolare è occupata da un coagulo grigiastro, di odore fetido.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Nella Osteomielite ematogena i germi sono presenti nel torrente ematico. L’insorgenza è
improvvisa con:
- febbre;
- dolore trafittivo localizzato al segmento mascellare interessato;
- tumefazione delle parti molli perimascellari;
- mobilità degli elementi dentari della regione colpita.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
SINUSITI MASCELLARI
- di origine dentaria;
- di origine nasale;
- di origine ematica (in corso di malattie infettive);
- in seguito a traumi;
- in seguito ad osteomieliti del mascellare superiore.
- parodontiti apicali del primo o secondo molare e del secondo premolare acute o
croniche;
- parodontopatie profonde che di propagano al parodonto apicale;
- penetrazione nel seno di frammenti radicolari infetti in corso di una avulsione
dentaria;
- complicata da frattura radicolare.
Le Sinusiti mascellari di origine nasale sono di solito di origine virale (stessi agenti
eziologici di rinite acuta). Generalmente si verifica il contemporaneo interessamento di
tutte le cavità paranasali. I sintomi principali sono:
- Dolore sordo limitato alla radice del naso, esacerbato dalla compressione in
corrispondenza dell’osso lacrimale (punto di Grunwald);
- Può associarsi cefalea frontale o cefalea diffusa;
- Fotofobia;
- Torpore intellettuale;
- Febbre.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Le Sinusiti mascellari da traumi sono dovute a traumi che interessano la fossa canina
con esposizione ed infezione del seno.
- Forma acuta;
- Forma cronica.
SINUSITI ACUTE
La forma Catarrale è di origine nasale, con congestione della mucosa, diapedesi, edema,
ipersecrezione ghiandolare. La forma muco purulenta è di origine sia nasale che
dentaria. Si nota il notevole aumento di leucociti nell’essudato.
Nelle sinusiti, per l’ostacolo o la difficoltà al transito dell’aria causato dalle secrezioni o
raccolte, aumenta la tensione dell’anidride carbonica: questa inibisce la fagocitosi e
l’ambiente acido favorisce la disintegrazione dei granulociti venendo così compromessi i
meccanismi locali di difesa.
Per la Diagnostica, con l’esame rinoscopico anteriore possiamo valutare la presenza del
Segno di Flishmann: presenza di pus nel meato medio e sul cornetto inferiore con
eversione della mucosa dell’ostium ad antrum. Un altro esame utile è l’esame
diafanoscopico (o transilluminazione): si esegue introducendo nella bocca del pz uno
strumento composto da un manico alla cui estremità vi è una fonte luminosa protetta.
L’esame va eseguito all’oscuro e il pz deve chiudere la bocca accostando bene le labbra.
Si ricava un’immagine caratteristica, detta spettro di Heryng, dovuta all’aria contenuta nei
seni mascellari: è costituita da due aree luminose bilaterali situate l’una ai lati della radice
del naso, in corrispondenza della fossa canina,l’altra a livello delle palpebre inferiori. Il
Segno di Davidson è la luminosità del bulbo oculare evidenziabile attraverso le pupille. Il
Segno di Garel si ricerca invitando il pz a chiudere gli occhi e avverte una vaga
sensazione soggettiva di luminosità. L’intensità della transilluminazione varia in rapporto
alle variazioni di spessore delle strutture che i raggi debbono attraversare: quando il seno
mascellare di un lato presenta un ispessimento della mucosa che lo riveste o è occupato
da secrezione, la sua transilluminazione si riduce nei confronti del seno controlaterale sino
a scomparire. All’esame radiografico si riscontra un’opacità parziale o totale del seno
malato rispetto a quello sano. È possibile effettuare una puntura diameatica (per
drenaggio) oppure un esame ecografico.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
SINUSITI CRONICHE
I sintomi sono dolore attenuato sia spontaneo che provocato dalla pressione della fossa
canina con secrezione mucopurulenta dal naso.
La Diagnostica prevede esame rinoscopico anteriore con pus nel meato inferiore, nel
meato medio e sul cornetto inferiore, con formazioni polipoidi che sporgono dal cavo
sinusale attraverso l’ostium. L’esame Rx mostra un opacamente diffuso, mentre l’esame
diafanoscopico o trans illuminazione si mostra un opacamente diffuso.
La Terapia è generale con antibiotici, mentre quella locale, per le forme di origine dentaria
si procede all’avulsione del dente responsabile e al drenaggio transalveolare ed
instillazione di antibiotici in loco. Se si rivela insufficiente si applica una metodica che
permetta un’ampia apertura del seno ed un trattamento chirurgico radicale per via nasale
o per via orale.
L’intervento di Caldwell-Luc è una tecnica di elezione nella terapia radicale delle sinusiti
mascellari croniche in anestesia locoregionale. Si pratica un’incisione orizzontale della
mucosa del fornice gengivale dalla regione apicale dell’incisivo laterale alla regione
apicale del secondo molare. Divaricati i lembi della ferita si apre il seno e se ne asporta la
parete anterolaterale. Si procede all’asportazione del tessuto granulomatoso e delle
formazioni polipoidi e si abbatte anteriormente il setto osseo nasosinusale e la testa del
turbinato inferiore, in modo da determinare un’ampia controapertura verso la coana. Si
incide la mucosa, che rivestiva la parete ossea abbattuta creando un lembo che viene
ribattuto sul pavimento del seno. Si tampona con uno zaffo di garza drenando con un
tubicino e si chiude la breccia operatoria orale con punti staccati.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Nelle Cisti germinali e cisti follicolari l’epitelio esterno della campana del Williams o
l’epitelio del reticolo stellato vengono stimolati dalla noxa patogena a proliferare in senso
centrifugo sostenuti dalle strutture del follicolo.
Tra le due cisti varia solo il momento in cui la causa agisce: nella germinale esiste soltanto
un abbozzo dell’elemento dentario, mentre nella follicolare esso è completamente formato.
La classificazione prevede:
Le Cisti germinali sono neoformazioni cistiche che contengono nella loro cavità un dente
non completamente sviluppato. La parete cistica esterna contrae rapporti con il tessuto
osseo circostante.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
proprio di tutti gli elementi embrionali che sollecitati riprendono una loro capacità
proliferativa. Queste cellule epiteliali occupano il centro del granuloma apicale: le più
centrali vanno incontro ad autolisi per deficit nutritivo,mentre quelle più periferiche
continuano a moltiplicarsi, con formazione del granuloma cistico che continua ad
accrescersi. La cisti radicolare si accresce per espansione centrifuga a spese del tessuto
osseo.
L’Esame obiettivo risulta essere differente a seconda della cisti presa in considerazione:
Nelle Cisti germinali, all’interno della zona osteolitica si avrà la presenza di una corona
dentaria senza il concomitante sviluppo della porzione radicolare. Nella Cisti follicolare si
avrà un aspetto osteolitico e presenza di un elemento dentario incluso la cui corona pesca
nella neoformazione cistica mentre la radice è al di fuori della cisti a contatto con l’osso
circostante. Nella Cisti radicolare vi è un rapporto costante cisti-apice radicolare ed
interruzione della lamina ossea che circonda il parodonto apicale nel punto in cui ha avuto
inizio la formazione granulomatosa.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
AMELOBLASTOMA
- Solida;
- Cistica;
- Mista.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Nella forma solida lo stroma connettivale è esiguo, nel quale si affondano gittate di cordoni
cellulari epiteliali che in alcuni punti tendono ad espandersi con aspetto pseudofollicolare.
La struttura è analoga a quella della polpa dell’organo dello smalto o reticolo stellato, ma
non si riscontrano mai formazioni di smalto. Spesso si è in presenza di microcisti, segno di
un orientamento involutivo e degenerativo che culmina poi nella forma cistica.
Nella Forma cistica vi è stroma connettivale scarso che circonda numerosi ammassi
epiteliali con tipico aspetto pseudofollicolare. Vi sono note regressive a carico del reticolo
stellato con numerose cavità cistiche contenenti un liquido citrino che tendono a confluire
fra loro.
Nella Forma mista vi sono aspetti propri di ambedue le forme precedenti. A volte vi può
essere la differenziazione odontoblastica dello stroma limitata alla presenza di orletti di
tipo odontoblastico che non hanno però la struttura definitiva della dentina. In caso di
abbozzi dentari o denti conformati parliamo invece di odontomi.
La sintomatologia prevede:
All’Rx si nota osteolisi a contorni policiclici, distinta dal tessuto osseo circostante, formata
da varie concamerazioni cistiche confluenti (immagine a bolle di sapone). Si distinguono
due varietà radiografiche:
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ODONTOSTOMATOLOGIA
ODONTOMA (CEMENTOMA)
Si tratta di tumori di origine dentaria costituiti del tutto o prevalentemente da tessuti dentari
calcificati, più o meno differenziati.
Più che tumore deve essere definito come malformazione iperplastica in quanto mancano
le caratteristiche proprie della neoplasia (a differenza dell’ameloblastoma). I tessuti di cui è
formato una volta raggiunta la maturazione restano stazionari (manca di accrescimento
autonomo, continuo e illimitato).
Il disordine quindi è di tipo quantitativo, e non qualitativo (i tessuti infatti sono definiti), per
anomala attività degli elementi deputati alla formazione dei tessuti dentari sia all’epoca del
loro sviluppo che durante la calcificazione.
Questo tumore è frequente in età infantile con uno sviluppo estremamente lento. Le sedi
più frequenti sono:
Siccome questi tumori prendono origine dall’organo dentario in stati diversi del suo
sviluppo, avremo forme diverse, con un differente grado di differenzazione. Dal meno al
più differenziato sono:
- Meccanici da abnormi pressioni sui germi dentari in via di sviluppo (per mancanza o
insufficienza di spazio, accrescimento difettoso delle ossa mascellari, presenza di
denti soprannumerari);
- Fattori traumatici;
- Fattori infiammatori;
- disturbi ormonali e del ricambio.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
La sintomatologia comprende:
All’Rx si nota una massa endossea circoscritta, calcificata, struttura omogenea, delimitata
dall’osso circostante da una zona lineare che la circonda e che corrisponde all’involucro
connettivale. Nei composti avremo zone circoscritte più o meno calcificate nelle quali si
possono individuare formazioni dentarie più o meno evolute.
Possono essere semplici o composti; quelli semplici sono composti da un solo tessuto
dentale come il cementoma, non hanno praticamente nessun significato passando
inosservati per tutta la vita, ma possono costituire un ostacolo ad esempio all’eruzione
dentaria e in questo casi si rimuovono, ma ripeto passano quasi sempre inosservati e
costituiscono dei reparti occasionali nelle radiografie. I composti sono tessuti dentali
disorganizzati e si accompagnano spesso ad inclusione dentaria. Sono tessuti dentali più
o meno organizzati che possono dare origine a strutture simili a denti. Quindi il trattamento
è sempre la rimozione di tutte queste piccole massarelle (denticoli) per lasciare la via
libera all’eruzione, oppure dopo la rimozione fare l’esposizione dentaria e trazionare
ortodonticamente che si può fare però soltanto a completamento della crescita radicolare.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
È la più frequente tra le sofferenze dolorose del cranio di tipo nevralgico. Ne esistono di 3
tipi:
- secondaria o sintomatica;
- essenziale o primitiva;
- sindromica.
- parodontiti apicali;
- osteomieliti dei mascellari;
- osteiti croniche condensanti che determinerebbero la sindrome nevralgica per il
restringimento dei canali ossei in cui decorrono le branche trigeminali;
- le inclusioni dentarie, per la stimolazione che l’elemento dentario incluso può
determinare sui rami trigeminali;
- sinusiti;
- radiodermiti da terapia fisica per carcinomi mascellari;
- alveoliti, in particolare quelle secche.
- lesioni di organi o tessuti che si trovano nel territorio di innervazione del trigemino
(pulpiti, pulpoliti, infiammazioni iridocoroidee, meningiti, otiti);
- a processi tossi-infettivi con sofferenza trigeminale (herpes zoster, influenza,
malaria, tifo);
- a un fattore meccanico (traumi cranici, malformazioni ossee, tumori intrinseci o
estrinseci del trigemino, aneurismi arteriosi);
- forme nervose sistemiche (tabe, sclerosi a placche, siringobulbia, sindromi
talamiche).
Vi è un dolore di tipo continuo, si presenta con crisi prolungate da 15-20 min fino a
qualche ora (più prolungate della nevralgia essenziale in cui durano pochi secondi). Il
dolore non è folgorante come nell’essenziale.
Non vi è un vero e proprio intervallo di pieno benessere tra le crisi (al contrario di n.
essenziale). Non è possibile evidenziare zone trigger che scatenano dolore alla pressione.
La compressione di tali zone evidenzia o una iperestesia cutanea o una accentuazione del
dolore preesistente. Spesso ha compartecipazione di altri nervi cranici alla sindrome
nevralgica (mai rilevabile in n. essenziale).
La nevralgia essenziale non riconosce una causa precisa, con un dolore violentissimo,
folgorante. La crisi è di brevissima durata (15-30 sec.). E’ unilaterale, interessa una sola
branca, eccezionalmente due. Insorge all’improvviso spontaneamente o in seguito a
semplici stimoli fisiologici (starnutire, parlare, ammicare, masticare) oppure scatenata da
stimoli tattili in corrispondenza di trigger zones innervate dal trigemino (frequenti alla
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ODONTOSTOMATOLOGIA
radice del naso, angolo della bocca, del forame infraorbitario, angolo esterno delle
palpebre, forame mentoniero).
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ODONTOSTOMATOLOGIA
PRECANCEROSI ORALI
Le Lesioni precancerose sono alterazioni tissutali sulle quali è più probabile che insorga
una neoplasia maligna. La trasformazione interessa nel tessuto coinvolto generalmente
l’epitelio. Sono associate a mutazioni cromosomiche ben definite. Le cellule diventano
indipendenti dai segnali di crescita, evadono l’apoptosi, sviluppano un potenziale
replicativo illimitato, c’è neoangiogenesi.
L’epitelio del cavo orale viene definito come pavimentoso plustrtificato non cheratinizzato.
In realtà in alcuni punti dell’epitelio orale c’è tessuto cheratinizzato: la gengiva aderente ai
denti, palato duro, dorso lingua, vermiglio (zone esposte a traumi). Lo sviluppo della
cheratina in zone normalmente non cheratinizzate ha un significato completamente
diverso.
Le ipocheratosi sono patologie di raro riscontro per le quali è stato ipotizzato un processo
esfoliativo particolarmente rapido. Istologicamente si caratterizzano per la presenza di uno
strato corneo di spessore estremamente ridotto.
- lieve;
- moderata;
- severa o carcinoma in situ.
Vanno sempre fatti con dei guanti, si compongono di una fase ispettiva (colore,
irrorazione, grado di trofismo), con due dita possiamo aprire il cavo orale, anche con due
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ODONTOSTOMATOLOGIA
spatole e valutiamo la zona del fornice e quindi il trofismo, l’estendibilità, se ci sono delle
ulcere se sono traumatiche, da quanto tempo ci sono, la dolorabilità. Lo stesso viene fatto
per l’arcata inferiore. L’illuminazione deve essere buona, l’odontoiatra osserverà il
paziente alle sue spalle mentre il medico si pone di fronte al paziente. Poi si valutano le
zone posteriori, la mucosa geniena, si vede se ci sono delle lesioni intorno alla guancia e
contemporaneamente si valutano gli elementi dentali, valutare la presenza di margini
taglienti,carie,infiammazione in generale. La lingua viene valutata chiedendo al paziente di
compiere movimenti naturali, si chiederà al paziente di toccare il palato con la punta della
lingua, servirà per valutare il frenulo linguale, poi la motilità con spostamento destro e
sinistro. Poi con la garza si afferra la lingua e si osserva il dorso della lingua e la base
della lingua, contemporaneamente con l’altra mano si procede alla palpazione della lingua
per vedere se ci sono zone di resistenza e si valuterà anche la dolorabilità. Il pavimento
della bocca, si possono osservare dei tori, formazioni benigne, iperostosi, che si possono
ritrovare lingualmente all’altezza dei premolari e del palato duro (toro palatino). Possono
creare dei problemi per alcune manovre terapeutiche come ad esempio quando si applica
una protesi, questo potrebbe richiedere l’asportazione del toro palatino. Non hanno
significato patologico. Si osserva poi il faringe. Si procede con la palpazione dei linfonodi
sottomandibolari, si procede con una palpazione extra orale bimanuale. Si può anche
palpare la tensione dei muscoli masticatori sempre bimanualmente con una mano
all’interno del cavo orale. Una patologia dell’articolazione temporo-mandibolare genera
una tensione muscolare. Palpazione del collo lungo lo sternocleidomastoideo per
apprezzare i linfonodi latero-cervicali.
Leucoplachia
La leucoplachia è una macchia bianca non asportabile a differenza del mughetto e non è
riconducibile a nessun altra patologia. Può essere localizzata in qualsiasi settore del cavo
orale, predilige la mucosa geniena, fornici, la lingua e il pavimento. L’associazione con
l’infezione da candida può favorire l’evoluzione della lesione precancerosa. Il trattamento
con antimicotici migliora la sintomatologia e riduce le dimensioni e il grado di
cheratinizzazione della lesione in modo da rendere più semplice l’intervento. Dal punto di
vista istologico è caratterizzata da un ispessimento degli strati epiteliali con acantosi e
ipergranulosi e comparsa di intensa cheratinizzazione superficiale associata a flogosi
cronica del corion. Si assiste ad una stratificazione irregolare con iperplasia dello strato
basale. La leucoplachia va in diagnosi differenziale con la candidosi cronica pseudo
membranosa ed iperplastica ed il lichen orale a placca (quest’ultimo tende ad essere
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Quindi, la leucoplachia è una chiazza o placca dura, non correlabile ad alcuna causa o
malattia nota.
- omogenea: placca bianca non rilevata con caratteristico aspetto acciottolato. Non
dolente; può essere localizzata o diffusa e la presenza di displasia è rara in tale
forma;
- nodulare: alternarsi di aree bianche, formate da piccoli noduli cheratosici, e di aree
rosse dove l’epitelio è atrofico, con aspetti erosivi, spesso associata ad eritema.
Presenza di displasia in oltre la metà dei casi;
- verrucosa (o iperplasia verruciforme del cavo orale): superficie interamente e
intensamente cheratinizzata che si solleva in proiezioni papillari. Nelle forme estese
viene definita papillomatosi orale florida che è una precancerosi vera.
Tali forme vengono considerate il prestadio del carcinoma verrucoso. Possono essere
localizzate in qualsiasi settore del cavo orale.
- tabacco;
- alcool;
- candidosi (sembra favorire la comparsa di displasia);
- herpes simplex;
- tutti i fattori irritanti locali ad azione protratta nel tempo.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Lichen planus
Mucosite cronica su base autoimmune nella quale le cellule bersaglio risultano essere i
cheratinociti dello strato basale.
Fibrosi sottomucosa
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Ulcera da decubito
È una lesione cronica della mucosa orale, con perdita di sostanza estesa oltre la
membrana basale. Insorge in seguito a traumatismi cronici causati da denti
profondamente cariati o mal posizionati. Il danno cronico porta ad una espansione clonale
delle popolazioni presenti in loco. Le replicazioni sono esaltate nei tentativi di riparazione e
su tale popolazione espansa è più facile che intervenga l’azione di carcinogeni ambientali
con conseguente danno genetico e trasformazione cellulare.
Per l’anatomia patologica, la lesione si presenta a margini netti, poco rilevati, consistenza
scarsamente aumentata, spesso dolente alla palpazione. Il fondo appare ricoperto da
essudato fibrinoso che raramente sanguina al contatto con gli strumenti.
Se dopo aver atteso 2 settimane la lesione non guarisce allora si tratta di un tipo infettivo
e/o neoplastico.
Cheiliti
Predispongono all’insorgenza del ca. del labbro. Abbiamo le seguenti forme di cheilite:
Cheilite ghiandolare
In condizioni normali a livello del prolabio (zona di Klein) non vi è presenza di ghiandole
salivari. In alcuni individui le gh. salivari accessorie delle labbra sono presenti anche a
livello del prolabio (specie l’inferiore) e restano quindi esposte a svariate noxae patogene
che possono determinare una flogosi cronica.
La forma ghiandolare semplice insorge sulla parte mediana del prolabio, con macchie
rosse, prima pianeggianti, poi prominenti sulla mucosa. Presentano alla periferia un alone
leucoplasico ed al centro un’apertura che corrisponde al canale escretore della ghiandola
da cui fuoriesce un secreto mucoso che ricopre il prolabio come una rugiada.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Le zone leucoplasiche possono col tempo confluire formando una vera e proprio placca
leucoplasica.
La forma apostematosa deriva dalle cheiliti ghiandolari semplici per infezione secondaria
del parenchima ghiandolare da parte dei comuni piogeni che vi pervengono lungo i dotti
escretori dilatati.
L’essudato purulento intradermico può raccogliersi formando degli ascessi che si drenano
esternamente a livello cutaneo o all’interno del cavo orale, nel vestibolo.
I Sintomi sono:
- Tensione;
- Ipomobilità del labbro;
- Dolore;
- Difficoltà funzionale alla masticazione e alla fonazione.
Cheilite attinica
È legata all’esposizione alla luce del sole o a forte illuminazione artificiale (raggi UV).
Colpisce soprattutto il prolabio particolarmente esposto agli UV. Altri fattori sono: vento,
stato idrometrico. L’Incidenza familiare è legata alla quantità di pigmento dello strato
basale.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Tali erosioni e ulcerazioni guariscono dando luogo ad una superficie mucosa sottile e
pallida che và facilmente incontro a nuove lesioni. Perifericamente al settore in cui la
mucosa è assottigliata l’epitelio si presenta ipercheratosico, con formazione di squame
grigie che si distaccano facilmente.
La cheilite attinica veniva definita la malattia dei pescatori oggi si vede di più nelle ragazze
che si espongono in maniera selvaggia al sole. Questa lesione è determinata dall’azione
istolesiva della banda luminosa degli UV . I meccanismi di difesa sono rappresentata da
un ispessimento dello strato corneo e da un aumento del pigmento dello strato basale. La
mucosa del prolabio si presenta dolente,tumefatta,congesta. Possono essere presenti
ulcerazioni che guariscono con formazione di cicatrici nella forma acuta mentre nella
forma cronica le ulcerazioni guariscono dando luogo ad una superficie mucosa sottile e
pallida che facilmente va incontro a nuove lesioni. La cheilite attinica può manifestarsi in
forma acuta e più raramente in forma cronica. Quella cronica è legata all’esposizione
cronica al sole, colpisce particolarmente contadini, marinai. Scompare nei mesi invernali e
assume carattere permanente solo nelle forme gravi. Dal punto di vista istologico presenta
ipercheratosi, atrofia dell’epitelio e nelle forme avanzate un quadro di vera e propria
displasia caratterizzato dalla proliferazione dello strato basale e anomalie della forma e
volume delle cellule. La degenerazione in carcinoma è certa e può presentare un periodo
di latenza molto lungo, 20-30 anni. La terapia consiste nell’evitare per quanto possibile
l’esposizione ai raggi solari nelle ore con maggiore prevalenza di UVA o nel caso di attività
lavorative ricorrendo all’uso di cappelli a falda larga e creme protettive a base di acido
paraminobenzoico. Quando le lesioni non regrediscono è possibile prevedere l’evoluzione
carcinomatosa ed è opportuno ricorrere alla terapia chirurgica.
Papilloma
Il papilloma a cellule squamose è una patologia benigna, è una lesione solitaria che ha
una localizzazione ubiquitaria nella mucosa orale, la sua grandezza è variabile. La
neoformazione può essere sessile o peduncolata, non c’è displasia epiteliale e non c’è
una trasformazione maligna. E’ una neoformazione di carattere infiammatorio cronico
reattiva a stimoli chimici, fisici o meccanici presenti nel cavo orale.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Hanno carattere infiammatorio cronico, reattivi a stimoli irritativi presenti nel cavo orale.
Alcuni possono essere corneificati
Nevi
Si possono presentare anche delle colorazioni della mucosa orale per la presenza di
depositi di amalgama, materiale per l’otturazione che veniva utilizzato in modo massivo
fino a qualche anno fa. L’amalgama veniva chiamata “volgarmente” piombatura ma in
realtà nell’amalgama non c’è il piombo, è un composto metallico che è costituito per l’80%
da argento. La caratteristica dell’amalgama è quella di essere plasmabile quando viene
mescolata. Il mercurio permette l’indurimento dell’amalgama, per questo motivo
l’amalgama è stata imputata responsabile di alcune malattie neurologiche come la sclerosi
a placche ma essendo un materiale ampiamente diffuso e una prevalenza della carie
dell’80% della popolazione è facile fare questa associazione. Potrebbe essere tossico
nella fase plastica ma una volta che è complessata all’interno della struttura non riveste
più nessun problema. Sotto la spinta del mercato e dell’estetica oggi il materiale per la
ricostruzione è costituito da compositi che sono polimeri resinosi che presentano una
varietà di colore. Non hanno una stabilità dimensionale, il composito tende ad usurarsi a
differenza dell’amalgama. Se si fresa una amalgama d’argento i frammenti possono finire
sotto la mucosa, in questo caso la localizzazione del nevo è lontana dalle strutture
dentarie però è importante ricordare che la diagnosi differenziale delle lesioni
melanomatose va fatta con i residui di amalgama sottomucosi.
I nevi sottomucosi sono importanti e vanno tenuti sottocontrollo per evitare l’evoluzione in
melanoma. I nevi a livello del cavo orale interessano il palato e la mucosa geniena, i nevi
si presentano sotto varie forme: nevo pigmentato comune, nevo blu acellulare, melanoma
giovanile benigno o nevo di Spitz. I segni clinici che inducono il sospetto di degenerazione
maligna sono rappresentate da un aumento delle dimensioni del nevo sia in senso
orizzontale che in altezza, cambiamento di colore dal bruno al nero o un’improvvisa
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Il nevo pigmentato comune è un nevo piccolo e piatto, con gruppi di cellule proliferanti
localizzate presso la linea di giunzione tra epitelio e sottomucosa. Sono distinti in base alla
sede in:
- Intraepiteliali;
- Giunzionali (degenera più frequentemente degli altri);
- Composti (giunzionali e intraepiteliali);
- Intramucosi.
Il nevo blu acellulare è frequente nel cavo orale, specie al palato duro nelle femmine.
Il Nevo di Spitz interessa soggetti giovani o bambini. È raro ed si localizza a livello della
mucosa orale delle labbra o della lingua.
La Melanosi è una lesione pigmentata del cavo orale estesa data dall’accumulo lineare di
melanociti a livello dello strato basale senza formazione di nidi cellulari. È potenzialmente
cancerogena.
La Terapia prevede l’asportazione chirurgica preventiva dei nevi intraorali e delle melanosi
di piccole dimensioni. Nelle melanosi molto estese è utile l’effettuazione di biopsie
randomizzate nelle sedi maggiormente pigmentate o a livello di aree disomogenee.
Precancerosi vere
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ODONTOSTOMATOLOGIA
È una lesione causata da invasione da parte di un micete degli strati profondi della
mucosa e della sottomucosa con una risposta tissutale espressa da:
- paracheratosi;
- acantosi;
- iperplasia pseudoepiteliomatosa;
- formazione di microascessi;
- intensa flogosi cronica del corion.
Le lesioni appaiono come macchie biancastre dure e fortemente aderenti, rilevate e con
aspetto papillare.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Vi sono lesioni bianche cheratosiche del cavo orale a superficie con numerose proiezioni
papillari molto cheratinizzate. È una forma molto avanzata di leucoplachia verrucosa e
frequenti sono i fenomeni displastici con possibilità di trasformazione in ca verrucoso
(neoplasia a basso grado di malignità, crescita lenta e rare metastasi).
PRECANCEROSI OBBLIGATE
Morbo di Bowen
È un Ca. squamoso intraepiteliale (ca in situ) che può evolvere in ca invasivo (nell’arco di
molti anni). Ha un aspetto simile a eritroplasia. La sede preferenziale di insorgenza è la
cute fotoesposta, ma anche mucosa orale e/o genitale.
Eritroplasia
L’eritroplachia è una lesione rossa e vellutata non riconducibile a nessun altra patologia
nota dal punto di vista clinico e anatomo patologico. Dal punto di vista istologico abbiamo
una iperplasia squamosa associata a cheratosi, displasie di vario grado e carcinoma in
situ. La trasformazione maligna della eritroplachia è elevatissima. La lesione va rimossa
chirurgicamente in modo esteso ed esaminate istologicamente.
- lieve;
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ODONTOSTOMATOLOGIA
- moderata;
- grave o carcinomatosa.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
STOMATITI
Per stomatite si intende un processo infiammatorio localizzato alla mucosa del cavo orale.
Si ha la formazione delle caratteristiche lesioni, ulcere, che vanno incontro a risoluzione
spontanea una volta che si è eliminata la causa di base. Tuttavia, le lesioni da processi
infiammatori vanno in diagnosi differenziale con eventuali lesioni precancerose.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
La stomatite aftosa ricorrente è una patologia molto diffusa, molto dolorosa. L’eziologia
è ignota sembra legata ad un meccanismo autoimmune e va in diagnosi differenziale con
la stomatite erpetica, la terapia sarà basata sui corticosteroidi ad uso locale. L’intervento di
prima linea consiste nelle” toccature” di collutorio con clorexidina che non ha un’azione
diretta ma serve a bloccare una sovra infezione batterica. La clorexidina, molto diffusa in
Europa, è entrata in commercio solo 15 anni fa negli USA. Precedentemente alla
clorexidina venivano usate le tetracicline localmente, veniva aperta una capsula e disciolta
in un bicchiere d’acqua e veniva utilizzata come un collutorio. La tetraciclina, come la
clorexidina, ha la capacità di legarsi ai tessuti duri e talvolta anche a quelli molli e funzione
come un tampone a cessione lenta. La stomatite aftosa è dolorosa nei primi giorni poi la
sintomatologia regredisce per la rigenerazione dell’epitelio.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
erosivi. Esistono poi delle lesioni di transizione a cavallo tra il carattere lichenoide e
pemfigoide e sono localizzate sempre a livello del cavo orale, sono forme benigne di
colore rosso con una scarsa sintomatologia e non si procede con l’esame istologico.
Successivamente la malattia si estende alla cute. La perdita di elettroliti dalle lesione e
l’infezioni delle stesse sono state causa di morte prima dell’introduzione della terapia
immunosoppressiva. A livello istologico si può notare acantolisi con separazione dello
strato spinoso da quello basale ed il primo rilievo evidenziabile è edema intercellulare che
si accompagna ad una perdita dei contatti intercellulari degli strati soprabasali dell’epitelio
squamoso stratificato; successivamente le cellule dello strato spinoso si separano le une
della altre con la formazione della bolla. Nel liquido della bolla possono essere visti
agglomerati di cellule acantolitiche con nucleo ingrandito, ipercromatico e atipico,
presentano anche un orletto periferico citoplasmatico iperbasofilo e un’area perinucleare
ipocromatica con aspetto di cellule “lisate a lutto”, il citoplasma è omogeneamente
eosinofilo.
Il titolo anticorpale deve essere monitorato nel paziente in trattamento in quanto permette
di indicare una prognosi e di valutare una risposta al trattamento, un aumento del titolo
può essere segno di ripresa della patologia. Il pemfigo è stato associato con numerose
patologie di tipo autoimmunitario: sindrome di Sjogren, artrite reumatoide, pemfigoide
bolloso e lichen planus. Il pemfigo può essere indotto da farmaci (D-penicillamina),raggi
ultravioletti e infrarossi. Le lesioni del pemfigo volgare devono essere distinte da quelle del
pemfigo bolloso, dal pemfigoide cicatriziale, dall’eritema multifome, dal lichen planus
bolloso e dalla dermatite erpetiforme.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Distinguiamo 2 istotipi:
- ca. spinocellulare;
- ca. basocellulare.
- nodulare (10-15 %): nodulo duro con margini indistinti ed infiltrati, aderente ai piani
sottostanti, indolente;
- ulcerativa (20-25 %): area ulcerata infiltrata e mal delimitata dai tessuti circostanti,
con bordi rilevati, duri, con fondo ricoperto da materiale emorragico, fibrinoso,
necrotico;
- vegetante (15-20 %): escrescenze di consistenza molle, facilmente sanguinanti;
- misti (40-60 %): coesistenza dei quadri sopra descritti.
100
ODONTOSTOMATOLOGIA
Ca della lingua
La lingua è una zona particolarmente visibile, le zone laterali della lingua sono le più
colpite poiché sono le zone in cui si esercita un maggior traumatismo. L’introflessione della
lingua è un quadro sfavorevole, abbiamo una coartazione del nucleo centrale. La
palpazione della lingua va fatta in modo tale da apprezzare i cambi di consistenza, i
noduli,ma anche la mobilità. La lingua è composta da muscolo e quindi facilmente si
vedono noduli o trazioni.
Quando si vede un’area di radiotrasparenza si procede con una biopsia che sarà
escissionale se la lesione è inferiore a 2 cm e si farà anche un’ortopantomografia. La
prognosi è peggiore se tardiva, in un paziente di sesso maschile ed
immunocompromesso.
La sedi posteriori del cavo orale sono quelle che il paziente raramente controllerà con
l’autopalpazione. L’8,1% delle lesioni precancerose presentano malignità (media di diversi
studi). In Italia la malignità aumenta e c’è un’intercettazione tardiva della lesione. Le
lesioni precancerose presentano tessuto alterato morfologicamente in cui c’è la
probabilità che la neoplasia insorga in maniera più alta rispetto alle altre zone. La
condizione invece indica un’alterazione generalizzata che si associa ad un aumento
significativo di sviluppare un carcinoma.
I principali Fattori di rischio sono: tabacco, alcol, consumo di betel (foglie masticate
soprattutto in india) e chutta, radiazioni, esposizione solare, disordini metabolici
(s.plummer wilson), metalli pesanti, infezioni virali, scarsa igiene orale, protesi inadeguata,
ingestione di cibi caldi o speziati.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
SCIALODOCHITI
Sono processi infiammatori del dotto delle ghiandole salivari. Sono relativamente frequenti
per la ricca flora microbica presente nel cavo orale e per la notevole attività meccanica dei
tessuti molli durante l’atto della masticazione e della deglutizione
La Sede più frequente è il Dotto escretore della ghiandola sottomascellare a causa della
sua sede anatomica nel pavimento della bocca.
- Fibrinosa;
- Purulenta.
La situazione può essere asintomatica o con dolore violento alla legione ghiandolare
(colica del dotto). Durante la colica il dotto è dolente alla palpazione e vi è la fuoriuscita di
saliva densa e vischiosa alla pressione del dotto.
SCIALOADENITI
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Le scialoadeniti primitive acute non sono secondarie ad alcun fatto morboso locale o
generale, ma sono dovute ad un agente infettivo. Tra tutte, di sicuro la più famosa è la
parotite epidemica.
- Cefalea;
- Febbre;
- Anoressia;
- Tumefazione ghiandole interessate;
- Dolore alla deglutizione e alla compressione.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
- Tumefazione ghiandolare;
- Febbre;
- Essudato sieroso o purulento.
- Dolore;
- Tumefazione ghiandolare;
- Iperemia degli ostii duttali;
- Febbre;
- Fluttuazione alla palapazione della tumefazione a causa dell’avvenuta fusione
purulenta.
- Scialoadochiti croniche;
- Cronicizzazione di una forma acuta per inadeguata terapia;
- Malattie generali;
- Intossicazione da piombo o mercurio;
- Stati uremici.
- Sottomascellare;
- Parotide;
- Sottolinguale.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Alla palpazione si apprezza il calcolo lungo il decorso del dotto (palpazione bimanuale) e
si provoca dolore. La cronicizzazione conduce a sclerosi della ghiandola con iposcialia.
- Esame Rx diretto;
- Esame scialografico: praticato iniettando nel dotto alcuni mezzi di contrasto
radiopachi, che visualizzano calcoli con scarsa radiopacità ed eventuali alterazioni
infiammatorie duttali.
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Tumori benigni
All’EO si nota, alla palpazione, una tumefazione globosa, liscia o bernoccoluta, non
dolente, mobile. È presente una massa capsulata, contenuta nell’ambito del parenchima
della ghiandola con aspetto istologico eterogeneo.
Gli Adenomi monomorfi sono adenomi composti da un solo tipo cellulare, come:
- adenoma ossifilo;
- adenoma a cellule chiare;
- adenoma tubulare;
- adenoma basocellulare.
Tumori maligni
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ODONTOSTOMATOLOGIA
Il Carcinoma a cellule acinose origina dalle cellule sierose degli acini. Alcune forme,
anche ben differenziate, possono metastatizzare ai linfonodi regionali o ad altri organi. È
ben incapsulato. Il trattamento è la chirurgia. La sopravvivenza a 5 anni è del 70-85% per
la comparsa di recidive e metastasi.
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