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La Figura 2 mostra invece un pannello a costruzione sandwich in cui sono riconoscibili le facce
(facesheets) e il core a nido d’ape (honeycomb core) costituito da una serie di celle esagonali. Si
nota che gli spessori delle facesheets e del core sono molto piccoli rispetto alle altre due dimensioni.
y tc=0.002 inch
W - direction
x s
L - direction
k yk
xk
Sono riconoscibili le forze assiali e trasversali N x ed Ny ed le forze di taglio N xy agenti nel piano X-
Y. Le conseguenti tensioni x, y exy danno luogo ai momenti flettenti Mx, My ed Mxy. I momenti
sono intesi come applicati ai bordi della piastra.
Se si trascurano i carichi denotati con Qx ed Qy che risultano dall’azione delle tensioni xz e yz si
può scrivere la seguente relazione matriciale:
N A B
C e (2)
M B D
ove C è la matrice costitutiva di ordine 6 composta dalle sottomatrici 3 x 3 [A], [D] e [B]. Le tre
sottomatrici includono, rispettivamente, i termini di rigidezza assiale, flessionale e di coupling. In
generale, si sceglie il lay-up del laminato in maniera tale che non vi sia coupling (p.e. cambi di
curvatura introdotti da semplici sforzi assiali). Tale scopo può essere raggiunto utilizzando laminati
simmetrici e bilanciati.
Il vettore dei carichi nell’LHS della Eq. (2) comprende due sotto-vettori N ed M definiti come:
N M N x
N y N xy M x M y M xy
(3)
Analogamente, il vettore delle deformazioni e comprende i due sotto-vettori e definiti
come:
x y xy x y xy
(4)
ove i termini x ed y sono rispettivamente gli stretching nelle direzioni assiale e trasversale, xy è
u
x
x
v
y
y
u v
xy
y x
2w
x
x 2
2w
y
y 2
2w
xy 2
xy
(5)
Dato lo spessore piccolo della piastra, si ipotizza che gli spostamenti u(x,y,z) e v(x,y,z) nel generico
punto P della piastra siano dati dalla somma degli spostamenti u°(x,y) e v°(x,y) del punto del piano
medio della piastra posto in corrispondenza di (x,y) e di termini proporzionali alla distanza del
punto P dal piano medio. Cioè, se si pone l’origine del riferimento nel piano medio, si scrive:
u ( x , y, z) u o ( x , y) z F1 ( x , y)
(6)
v( x , y, z) v o ( x , y) z F2 ( x , y)
(7)
w ( x , y)
xz F1 ( x , y )
x
0
w ( x , y )
F2 ( x , y ) 0
yz y
(8)
da cui si ricava:
w ( x , y )
F1 ( x , y )
x
F2 ( x , y ) w ( x , y )
y
(9)
Le relazioni (9) sono poi sostituite nelle relazioni (6). Quindi, risulta che:
w ( x , y )
u ( x , y, z ) u o ( x , y ) z
x
v ( x , y, z ) v o ( x , y ) z w ( x , y )
y
(10)
u ( x , y, z ) u o ( x , y ) 2 w ( x , y)
x z
x x x 2
v ( x , y, z ) v o ( x , y ) 2 w ( x , y)
y z
y y yx
u ( x , y, z ) v ( x , y, z ) u o
( x , y) 2
w ( x , y) v o ( x , y ) 2
w ( x , y)
z z
xy
y x y yx x xy
(11)
L’ultima delle espressioni (11) può essere riordinata come:
u o
( x , y) 2
w ( x , y)
x z
x x 2
v o
( x , y) 2
w ( x , y)
y z
y yx
u o
( x , y) v o
( x , y) 2
w ( x , y)
2z
xy
y x xy
(12)
Ma i termini indipendenti da z contenuti nelle somme negli LHS delle espressioni (12) altro non
sono che le deformazioni xo, yo ed xyo dei punti del piano medio. Cioè, si scrive:
2
w ( x , y)
o
x x z
x 2
2
w ( x , y)
o
y y z
yx
2
w ( x , y)
o
2z
xy xy
xy
(13)
Infine, sostituendo nelle espressioni (13) i termini di curvatura dati dalle ultime tre equazioni (5) si
ricava:
x x o z x
y y z y
o
xy xy z xy
o
(14)
Le (14) consentono di calcolare le deformazioni in piano per qualsiasi punto della superficie della
piastra in funzione delle deformazioni del piano medio della piastra e dei cambi di curvatura della
piastra stessa.
Analisi di instabilità
Il sottile spessore dei pannelli utilizzati nella costruzione di strutture aerospaziali obbliga il
progettista a tenere nel massimo conto i fenomeni di instabilità elastica che possono insorgere
durante il funzionamento dei vari componenti. L’analisi di instabilità mira a stabilire la frazione dei
carichi applicati (buckling loads) che possono provocare l’insorgere del fenomeno d’instabilità e si
basa su formulazioni molto complesse che assumono l’esistenza di un campo di spostamenti
ub(x,y) , vb (x,y) , wb (x,y) ove l’indice b è relativo alla configurazione instabile. Tale campo di
spostamenti descrive la deformata associata al comportamento instabile della struttura. A livello
macroscopico, il buckling è dovuto al fatto che l’energia di deformazione associata agli spostamenti
u(x,y) e v(x,y) nel piano X-Y che sarebbero indotti dai carichi applicati N x, Ny ed Nxy si trasforma in
energia di deformazione flessionale associata agli spostamenti w(x,y) fuori dal piano. In sostanza, vi
è una fase di pre-buckling in cui la struttura viene progressivamente deformata dai carichi applicati
Nxo, Nyo ed Nxyo fino a che non si verifica il suddetto trasferimento di energia. La forma finale della
superficie del pannello dopo che si verifica l’instabilità si definisce buckling pattern.
Lo stato di carico risultante Nxb, Nyb ed Nxyb viene determinato mediante le Eqq. (2-4) scritte in
corrispondenza delle deformazioni eb. (l’apice b è relativo allo stato di buckling). Le equazioni (2-4)
vengono quindi riscritte come:
N
A B
b b
b
b Ce b
(2
M
B D
mod)
N M N
b b b
x N by N bxy M bx M by M bxy
(3 mod)
Il campo di spostamenti ub,vb,wb viene di solito scelto in modo da soddisfare alle condizioni al
contorno costituite dai vincoli imposti al pannello in esame. In generale, il pannello viene
considerato appoggiato-appoggiato in direzione assiale mentre può essere appoggiato o incastrato in
direzione circonferenziale. Per pannelli piani si utilizza un campo di spostamenti dato da:
u
b
A m 1 sin ( n 1 y m 1 x )
v
b
B n 1 sin ( n 1 y m 1 x )
w b
C cos( n 1 y m 1 x ) c
(15)
Invece, per pannelli curvi si pone:
u b
A n 2
2
m 1si n ( n 1 y m1 x ) n 1
2
m 2 si n ( n 2 y
v
b
B n 2 sin ( n 1 y m1 x ) n 1 sin ( n 2 y m 2 x )
w b
C cos (n 1 y m1 x ) c os(n 2 y m 2 x )
(16)
ove n1, n2, m1 ed m2 sono dei parametri funzione dei numeri n ed m di buckling half-waves,
rispettivamente in direzione x ed y. Le half-waves coincidono col numero di creste e di valli del
buckling pattern. Un esempio di buckling pattern è presentato in Figura 5 per un pannello piano con
tre stringers a forma di T. Si nota che n=m=2
I campi di spostamento (15-16) sono relativamente semplici e sono esprimibili in forma chiusa. Vi
possono essere però dei casi in cui il campo di spostamento deve necessariamente essere espresso
mediante una serie di funzioni (p.e. se il laminato non è bilanciato o presenta forte anisotropia. Un
caso molto studiato in letteratura è il laminato simmetrico del tipo [0/90] ns dove la sequenza 0/90 è
ripetuta n volte).
I termini A, B e C sono invece le ampiezze incognite del buckling pattern che si devono
determinare con l’analisi di instabilità. Dal punto di vista numerico, l’analisi consiste nel
determinare le ampiezze A, B e C per mezzo del principio del potenziale totale U-W ove U è
l’energia di deformazione associata al buckling pattern e W è il lavoro che i carichi in-plane
compiono durante la fase di post-buckling. L’energia di deformazione U viene calcolata come:
1 y max x max b T
U
2 o o
(e ) [C]e b dxdy (17)
Il lavoro W compiuto dalle forze in-plane Nxo, Nyo ed Nxyo in corrispondenza di spostamenti fuori
dal piano è dato da:
1 y max x max o w b w b
2 2
w b w b
W o N x N oy 2 N oxy dxdy (18)
2 o x y x y
La relazione (18) viene ricavata in base alla considerazione che il lavoro che le forze in piano
compiono quando si ha uno spostamento w fuori dal piano viene espresso come:
dxdy
ymax x max o '
W
o o
N x x N oy 'y N oxy 'xy (19)
Poiché le deformazioni x’, y’ ed xy’ del piano medio sono associate all’analisi in regime di larghe
deformazioni, le x’, y’ ed xy’ stesse vengono derivate dal tensore di Green che esprime la misura
di deformazione in funzione del gradiente di spostamento. Il tensore di Green è indicato con [D] ed
è definito come:
u u u
x y z
v v v
[H] =
(21)
x y z
w w w
x y z
u 1 u
2
v
2
w
2
x
x 2 x
x x
v 1 u
2
v
2
w
2
y
y 2 y y z
v u u u v v w w
x
xy
x y y x y x y
(22)
L’espressione (18) si ottiene sostituendo le (22) nella (19) e trascurando i termini relativi agli
spostamenti u e v poiché la configurazione di buckling è associata a larghe deformazioni prodotte
da spostamenti fuori dal piano.
Le deformazioni associate al buckling pattern vengono determinate derivando i campi di
spostamento rappresentati dalle relazioni (15). Si ha:
u b
bx
x
vb
by
y
u b v b
bxy
y x
2w b
bx
x 2
2wb
by
y 2
2w b
bxy 2
xy
(23)
Le risultanti Nxo, Nyo ed Nxyo dei carichi in-plane nella fase di pre-buckling sono invece:
N o
x N x , pre N x ,e
N
o
y N y , pre N y ,e
N
o
xy N xy , pre N xy ,e
(24)
ove il pedice “pre” si riferisce a quei carichi che non producono instabilità elastica ma
rappresentano un fissato stato di pre-stress. Ad esempio, in un pannello cilindrico di raggio R e
sottoposto ad pressione interna p vi saranno due risultanti Nx,pre ed Ny,pre rispettivamente pari a pR/2
e pR.
Il pedice “e” è invece relativo ai carichi che danno luogo ad instabilità (p.e. la spinta idrostatica
agente sull’involucro di un sommergibile o la flessione prodotta sui tanks dei propellenti liquidi dai
boosters e dall’orbiter). È quindi utile determinare il parametro che rappresenta la frazione di
carico esterno a cui interviene l’instabilità. Al fine di evitare inconvenienti numerici, è conveniente
talvolta introdurre un carico unitario di tipo “e” anche se i carichi esterni sono solo di tipo “pre”.
Ciò serve ad evitare problemi di overflow o di divisione per zero.
Si comprende che determinare il parametro equivale a risolvere un problema agli autovalori.
Infatti, sostituendo le Eqq. (15-16, 23-24) nelle espressioni (17-18), si ricava la seguente
espressione del potenziale totale U-W:
a 11 a 12 a 13 A
U W A B C a 21 a 23 a 23 B val. staz
a 31 a 32 a 33 C
(25)
ove A, B e C sono le ampiezze delle componenti di spostamento da determinare. Gli elementi a ij
sono funzione dell’autovalore , dei parametri geometrici della struttura, dei coefficienti della
matrice costitutiva C, delle condizioni di carico e dei numeri m ed n di half-waves. L’espressione
dei coefficienti aij cambia a seconda del tipo teoria dei gusci laminati applicata. Poiché il potenziale
totale deve assumere un valore stazionario, gli autovalori sono determinati uguagliando a zero il
determinante della matrice [aij] nel RHS dell’espressione (25). Poiché vi possono essere più
autovalori, il carico critico viene scelto come quello corrispondente all’autovalore di modulo
minimo. In pratica, si calcola il valore di per ogni coppia di valori di (m,n) e se ne sceglie infine
il valore minimo.
In funzione dei valori di xmax ed ymax si possono calcolare i differenti tipi di buckling che interessano
i diversi segmenti della struttura. Ad esempio, se x max ed ymax sono rispettivamente uguali alle
dimensioni a e b del pannello (vedi Figura 1), il carico critico calcolato sarà quello di instabilità
totale (global buckling). Se, invece, xmax ed ymax coincidono rispettivamente con il passo dei rings e
degli stringers, il carico critico sarà quello di instabilità locale (local buckling). Infine, il buckling
tra due rings o tra due stringers (semi-general instability) può essere analizzato imponendo
rispettivamente ymax=b o xmax=a. La Figura 6 riassume i tipi di instabilità che si manifestano più
frequentemente. Si osserva che il numero di onde è maggiore nel caso dell’instabilità locale che in
quella globale.
Global buckling
Stiffener buckling
Stiffener rolling
Una formulazione più generale della (25) è rappresentata dal metodo di Ritz. In tale metodo, si
impone che il potenziale totale =U-W abbia un punto stazionario. Il potenziale viene espresso
come funzione dei campi di spostamento uo(x,y) e vo(x,y) della superficie medio del guscio e dello
spostamento fuori dal piano w(x,y). La condizione di stazionarietà viene espressa come:
Il campo di spostamento soluzione del sistema di equazioni differenziali alle derivate parziali (26)
viene cercato nella seguente forma:
N1 M1
u o ( x , y )
A nm U nm (x, y)
n 1 m 1
N 2 M 2
v
o
( x , y) B nm Vn m ( x , y)
n 1 m 1
N3 M3
w ( x , y)
C nm Wnm ( x, y)
n 1 m 1
(27)
dove Anm, Bnm, Cnm sono dei coefficienti incogniti. Le funzioni Unm(x,y), Vnm(x,y) e Wnm(x,y) sono
funzioni note e sono di solito scelte nella forma a variabili separate Xn(x).Ym(Y). Le funzioni
Unm(x,y), Vnm(x,y) e Wnm(x,y) sono tali da soddisfare le condizioni al contorno e devono essere
continue almeno fino all’ordine delle derivate delle corrispondenti equazioni differenziali.
Sostituendo le relazioni (27) nelle espressioni dell’energia di deformazione U e del lavoro W
compiuto delle forze in-plane sotto la deflessione w si riconduce la condizione di stazionarietà (26)
alla formulazione di un problema di minimizzazione che ha come variabili i coefficienti incogniti
Anm, Bnm, Cnm. In particolare, il potenziale totale diviene una funzione soltanto dei coefficienti
incogniti Anm, Bnm, Cnm e la condizione di stazionarietà si riduce a:
0 n 1, 2,..., N 1
A nm m 1, 2,..., M 1
0 n 1, 2,..., N 2
(28)
B nm m 1, 2,..., M 2
0 n 1, 2,..., N 3
C nm m 1, 2,..., M 3
Le relazioni (28) si riducono ad un sistema lineare omogeneo nei coefficienti incogniti Anm, Bnm,
Cnm. Al fine di trovare una soluzione non banale, si impone uguale a zero il determinante della
matrice dei coefficienti Anm, Bnm, Cnm. Poiché il determinante dei coefficienti del sistema (28)
dipende del carico critico (introdotto dalle risultanti Nxo, Nyo ed Nxyo) e dei numeri di half-waves n
ed m, si ritorna alla formulazione (25).
Un’interessante applicazione di quanto esposto sin qui è l’Ottimizzazione Strutturale. In tale sede si
cerca di dimensionare i componente aerospaziali in modo da minimizzarne il peso una volta scelto
il tipo di materiale. Si considerano come variabili di ottimizzazione una serie di grandezze
geometriche come il passo degli stiffeners (stringers e rings), le dimensioni delle sezioni trasversali
degli stiffeners stessi, nonché lo spessore e l’orientazione dei plies che costituiscono il lay-up della
struttura. Poiché lo spessore dei plies deve essere un multiplo intero di un certo valore (p.e. 0.005 in
per applicazioni di tipo Space Shuttle) l’ottimizzazione strutturale di una struttura in composito è un
complesso problema a variabili miste intere-reali. Si impongono poi vincoli sui valori di tensione e
di spostamento ammissibili e sui carichi critici di instabilità. Gli autovalori vengono ricalcolati
ogni volta che il vettore delle variabili di ottimizzazione viene perturbato e confrontati con dei
coefficienti di sicurezza amm scelti dal progettista in base al tipo di struttura da dimensionare. Ad
esempio, se l’analisi di instabilità rivela che amm, il vincolo sul carico critico viene considerato
violato ed il vettore delle variabili deve essere modificato.
Infine, si noti che un codice agli elementi finiti non è in grado di distinguere i vari tipi di instabilità
e fornisce un carico critico che riassume ciò che avviene nei diversi segmenti della struttura anche a
causa delle possibili interazioni tra i vari modi. Programmi ad hoc come PANDA2 (sviluppato alla
Lockheed & Martin Missiles and Space Corporation) e VICONOPT (sviluppato alla NASA)
includono una varietà di modelli che consentono al progettista di capire quali segmenti della
struttura sono realmente critici e quindi di rinforzarli sottraendo materiale ad altri segmenti non
critici. PANDA2, VICONOPT e altri codici simili si basano su modelli semplificati ma al tempo
stesso sufficientemente rigorosi e sono particolarmente vantaggiosi nel caso dell’ottimizzazione
strutturale poiché consentono di effettuare le migliaia di analisi strutturali necessarie ad esplorare lo
spazio di design ad un costo computazionale diversi ordini di grandezza inferiore ad una singola
analisi FEM. Tuttavia, bisogna limitare l’uso di codici tipo PANDA2 o VICONOPT alla fase di
design preliminare. Infatti, i modelli approssimati usati da programmi ad hoc costringono a
considerare dei vincoli aggiuntivi che garantiscano che il design ottenuto sia sufficientemente
conservativo. Ciò va bene se i vincoli aggiuntivi non diventano poi quelli che governano il processo
di ottimizzazione.
1
K
n N Euler (29)
1
t eff G eff
ove K è il fattore di riduzione calcolato per una colonna, n è un fattore di forma che dipende dalla
forma della sezione trasversale della trave, N Euler è lo stress critico determinato mediante la teoria di
Kirchhoff, teff è l’effettivo spessore del pannello e G eff è la rigidezza al taglio out-of-plane. Nel caso
di un laminato composito formato da N layers, la rigidezza equivalente Geff è calcolata come:
t eff
G eff Nlayers
ti (30)
i 1 G xz ,i
dove ti e Gxz,i sono rispettivamente lo spessore ed la rigidezza a taglio out-of-plane dell’i mo layer
misurata nel sistema di coordinate locale.
Per un regime di sollecitazione biassiale con o senza taglio out-of-plane, le tre componenti di carico
in-plane interagiscono nel seguente modo:
2 2 2
Nx Ny N xy
1 (31)
N N y,cr N xy,cr
x ,cr
ove i termini Nx,cr, Ny,cr ed Nxy,cr sono i carichi critici per ciascuna delle tre componenti.
Il valore del fattore di riduzione Kshear che tiene conto dell’azione del taglio out-of-plane può quindi
essere espresso come:
1 K x 2 1 K y 2 1 K xy 2 1 K shear 2 (32)
L’effetto delle imperfezioni è tenuto in conto mediante dei fattori di riduzione ki definiti come:
imp,i
Ki (i=1,2,3) (33)
perf ,i
ove i parametri imp,i e perf,i sono gli autovalori critici determinati rispettivamente per il pannello
imperfetto e per il pannello senza imperfezioni. Il pedice i si riferisce ai tre tipi di imperfezioni che
si possono considerare: globale, locale ed inter-ring.
Poiché una distribuzione di imperfezioni corrisponde di fatto ad una funzione di spostamento out-
of-plane, si è soliti modellare le imperfezioni mediante una funzione wimp(x,y). Questa funzione può
essere assunta come il pattern del modo di buckling calcolato per il pannello perfetto. Se tale
modello è caratterizzato da un numero di half-waves N ed M rispettivamente in direzione assiale e
circonferenziale, il campo di spostamenti wimp(x,y) assume le seguenti forme analitiche:
p 1
h
y k ' y k c s v k ,p
p 1
h
z
k ' z k c s w k ,p
p 1
(35)
Nelle espressioni (35), il valore del coefficiente c viene definito dall’utente. Le terne u k,p, vk,p e wk,p
sono gli spostamenti del nodo kmo in corrispondenza del pmo autovettore.
In generale, l’analisi non lineare deve essere condotta ogni volta che si vuole catturare il
comportamento della struttura in regime di post-buckling, cioè quando è stato sorpassato il limite di
biforcazione. In tale caso, il comportamento della struttura è altamente non lineare poiché la sua
rigidezza varia con l’ampiezza dello spostamento modale. Una volta che insorge il local buckling,
con deformazione locale dello skin, si ha una ridistribuzione delle tensioni sugli stiffeners (in
particolare sugli stringers se il carico è assiale) con il risultato che possono insorgere meccanismi di
instabilità globale e instabilità dei vari segmenti degli stiffeners con conseguente collasso della
struttura molto prima del carico ultimo (per carico ultimo si intende il carico massimo, di solito
pari a G volte il carico nominale No, dove G è tipicamente intorno ad 1.4) per cui viene progettata
la struttura. Inoltre i vari modi di instabilità possono interagire tra loro. Per questo motivo, imporre
come pre-deformazione la buckled shape corrispondente al punto di biforcazione permette di tenere
conto della redistribuzione delle tensioni che si verifica durante la fase di pre-buckling (in senso
lato, un attimo prima che la struttura oltrepassi il carico limite di biforcazione). Si noti, infine, che il
carico limite di biforcazione di una struttura può essere ottenuto anche con un’analisi non lineare se
la variazione di rigidezza viene espressa in funzione dell’ampiezza della deformazione di pre-
buckling.