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[i link ai vari articoli qui presentati si trovano cliccando direttamente sul titolo in grassetto sottolineato;; i
nostri riferimenti alle pagine degli articoli si riferiscono al loro formato in PDF]
- Nell’articolo dal titolo La fontana della Vita tra Silvestro e Hidr: Alessandro e Costantino a
confronto [http://www.academia.edu/555236
/La_Fontana_della_Vita_tra_Silvestro_e_Khizr._Alessandro_e_Costantino_a_confronto] , Mario Casari cerca di
rintracciare possibili analogie tematiche tra il noto episodio del viaggio del leggendario Alessandro
Magno attraverso il Paese delle Tenebre alla Fontana della Vita e del suo incontro, secondo la
formulazione islamica, con la figura altrettanto misteriosa di al-Khidr, con quello invece cristiano e
miracoloso della guarigione dalla lebbra dell’imperatore romano Costantino dopo essersi battezzato su
indicazione di papa Silvestro, come si legge negli Acta Silvestri1. Particolarmente importanti ci
sembrano al riguardo i rilievi dell’autore sul nome stesso di «Silvestro» (lat. Silvester, per cui Iacopo da
Varazze: «Silvestro può dirsi verde, agreste, ombroso, boscoso»), nome assai vicino infatti al significato
della radice araba KH-D-R (essere/diventare verde, rinverdire/colorare di verde) presente nella parola
«al-Khidr», che significa appunto «il Verde» o «il Verdeggiante»2.
Analoghe considerazioni di interesse si potrebbero fare circa gli accostamenti tra le figure dei due
rappresentanti del potere temporale, da una parte Iskandar (cioè Alessandro, in dicitura arabo-persiana),
il quale non trovando nelle tenebre la via alla Fonte della Vita è costretto a rinunciarvi e a ritornare sui
propri passi, e Costantino, che con la sua conversione cristiana in quanto imperatore di Roma darà
principio a quello che sarà poi il Sacro Romano Impero, entrambi dunque figure che, per un motivo e per
l’altro, meritano sicuramente una qualche attenzione nella simbologia tradizionale3.
Va detto, però, che questa ricerca condotta dal Casari è sviluppata con impostazione e strumenti
unicamente “accademici”, limitando in tal modo fortemente la reale portata tradizionale dei materiali
tematici così raccolti;; avremmo pertanto auspicato una maggiore profondità nell’analisi di alcuni simboli
tradizionali presenti nei due racconti, come per esempio il simbolo del «pesce», la «Fontana della Vita»,
il «Paese delle Tenebre», e altri ancora4. Per contro, nell’articolo non vi si trovano interpretazioni
soggettive dell’autore troppo fuorvianti e dunque si può considerare questo studio un ottimo punto di
avvio per successivi approfondimenti, anche grazie alla cospicua bibliografia presente in nota.
A.R.
NOTE
1. Sugli Acta Silvestri è inoltre fondato il famoso atto di donazione che Costantino avrebbe fatto alla
Chiesa, legittimando così il potere temporale del papato.
2. É tramandato infatti che al solo passaggio del verde al-Khidr tutto il paesaggio circostante rinverdisca.
Il nome stesso del colore verde sembrerebbe indicare una qualche connessione tra “spiritualità” e
“forza”, visto che - come fa notare in parte anche Denys Roman in altro contesto - «verde» in latino è
viridis “vivo” “fresco” con richiamo alla radice e parola latina vir = «uomo» [sempre con un’accezione
di “forza (lat. vis) interiore", come negli altri suoi sensi di «maschio, marito, soldato, eroe»;; cfr sansc.
«vīrá» con i medesimi significati] da cui i nostri termini italiani: «virtù» (verde nella tradizione cristiana
è il colore della virtù teologale della Speranza), «virilità», etc. Ricordiamo anche per inciso come
secondo la teoria tradizionale cinese dei cinque hing, al colore verde è associato il Legno, l’Est, la
Primavera, il Vento, l’organo Fegato e Vescica Biliare, il pianeta Giove, la Vista e, tra i moti dell’animo,
il Coraggio e l’irascibilità.
1 di 5 10/07/16 03:05
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3. Alessandro Magno viene anche chiamato Malik al-Rūm (Re di Roma) e in lui la tradizione islamica
vede pure una delle possibili individualizzazioni del personaggio coranico Dū’l-Qarnayn (Quello dalle
Due Corna). Nell’episodio coranico è però il profeta Mosè e non Alessandro ad incontrare alla Fontana
della Vita il «servo di Dio» che la maggior parte degli esegeti riconosce in al-Khidr.
4. Forniamo di seguito alcuni dati che forse potranno risultare utili a tal riguardo: In entrambi gli episodi
figura infatti il simbolo del «pesce», ed in particolare per Costantino si dice che al momento del suo
battesimo «appare una grande luce e l’acqua ribolle [...] e dal corpo del re cadono le squame, come
dalla carne di molti pesci..., il corpo puro “come un infante”» (p. 5). Sul tema generale della
“conversione” solare di un essere “acquatico” o ofidico e della sua relativa «perdita della pelle» vecchia
per la nuova, si vedano dunque in particolare gli studi di Ananda K. Coomarasamy in La dottrina del
sacrificio.
Correlato al simbolo del pesce è qui anche il tema della «Fontana di Vita» (‘ayna d-úayye, secondo
l’autore siriaco Iacopo di Sarūg) il cui custode è in entrambi i casi un uomo santo, al-Khidr o papa
Silvestro. Facciamo osservare che in lingua araba la parola «‘ayn», oltre che «fonte», significa anche
«occhio» e secondo Ibn Arabi essa è in stretta relazione con la nozione di Uomo universale (si veda ad
es. la parte sul Verbo di Adamo in Kitāb Fusūs al-Hikam I, 2: «L’Uomo [Insân] è per Dio ciò che la
pupilla [insân al-‘ayn, lett. «l’uomo nell’occhio»] è per l’occhio, poiché la pupilla è lo strumento dello
sguardo.» «[...] Dio contempla le creature [mediante l’Uomo universale e “pupilla” del Suo Sguardo] e
dispensa loro misericordia [in quanto Egli «Fonte di Misericordia]»). Questa speciale relazione
simbolica tra «fonte», «occhio» e «Uomo Universale» sembra ritrovarsi pure in ambito cristiano, come
ad es. in iconografia nel tondo “oculare” di Hieronymus Bosch Scene della Passione (QUI
[http://www.google.it/imgres?imgurl=http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons
/0/0f/Jheronimus_Bosch_Scenes_from_the_Passion_%28full%29.jpg&imgrefurl=http:
//commons.wikimedia.org/wiki/File:Jheronimus_Bosch_Scenes_from_the_Passion_%28full%29.jpg&
h=658&w=440&sz=90&tbnid=DKMhXK_1Z4DkiM:&tbnh=127&tbnw=85&zoom=1&
usg=__HX8zidLlazuAq9LtycmWA6KwHSA=&docid=DKRHco_6F-LSzM&sa=X&
ei=5SxwUvfdNcjUtAbI7IHICw&ved=0CDcQ9QEwAA] ), al cui centro, nella pupilla, è raffigurato il
Pellicano-Cristo che nutre con il proprio sangue i figli e nell’“iride” la scena della crocifissione e
trafittura del costato del Messia sul Monte del Golgota, e persino nella tradizione nordica se ne possono
ritrovare tracce nel noto episodio del sacrificio dell’occhio di Odino alla «fonte della sapienza»
[Mímisbrunnr, «la fonte di Mímir» o « fonte della memoria»;; cfr. il greco mimnesco = ricordo] custodita
dal gigante saggio Mímir al cui cranio (lett. «Golgota» in ebraico) fa riferimento Odino per conoscere il
futuro.
Merita una menzione in questi brevi accenni integrativi, visto che si è parlato sopra del colore verde,
anche l'importanza del colore nero per ciò che attiene al simbolismo del «Paese delle Tenebre» e della
«Fontana della Vita» (la quale può assumere anche la forma di un «pozzo», come nell’espressione
comune figurata “pozzo di scienza” o nel caso biblico ed evangelico del pozzo di Giacobbe), e in
generale al simbolismo del Centro del Mondo e «Invariabile Mezzo», come esposto da René Guénon in
“Le due notti” in Iniziazione e realizzazione spirituale e in “Le «teste nere»” in Simboli della Scienza
sacra.
Facciamo notare infine che anche la pupilla (o «foro pupillare») è sempre di color nero in tutti gli
uomini, come sembrano indicare queste notevoli espressioni di Macario del Monte Athos: «...Guarda gli
uomini nelle pupille. Non gli occhi, proprio le pupille. Se guardi bene, trovi nella pupilla l’anima. E se
guardi l’anima, incontri la Presenza, la stessa Presenza in tutti [= insân al-‘ayn, il “Purusha nell’occhio”
nella tradizione indù], La senti davvero e finisce la frenesia. Finisce la frenesia e comincia la
fraternità.», dove la “fine della frenesia” e la “fraternità” sono l’esatto corrispondente religioso e
“morale” della metafisica «risoluzione delle opposizioni» e «Grande Pace» al Centro esoterico del
Mondo].
2 di 5 10/07/16 03:05
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- Di Valentina Borniotto consigliamo di leggere un ottimo articolo dedicato al simbolo del «basilisco»,
dal titolo “REX SERPENTIUM”: il basilisco in arte tra storia naturale, mito e fede
[http://www.academia.edu/2252674
/_Rex_Serpentium_il_basilisco_in_arte_tra_storia_naturale_mito_e_fede] , e visto che abbiamo citato
poco fa il caso piuttosto sorprendente, quanto ad analogie, tra la figura di al-Khidr alla «Fontana della
Vita» e quella di Silvestro al «fonte battesimale», segnaliamo qui anche l’episodio agiografico citato
dall’Autrice riguardante la vittoria di San Siro, vescovo di Genova, sul mortifero basilisco1 nascosto
all’interno del pozzo presso la chiesa dei Ss. Apostoli di quella città. É interessante notare, infatti, che in
questa versione cristiana del mito tradizionale ed universale dell’«Eroe solare» contro il Drago (come
nel caso esemplare di San Giorgio), il protagonista San Siro porti nel nome stesso - come Khidr e
Silvestro - il suo destino2.
A.R.
NOTE
1.Si noti però che in questo caso, come in altri simili, l’odioso e temibile essere ofidico non viene ucciso
o eliminato quanto piuttosto “con-vertito” e reso ubbidiente dall’autorità spirituale di San Siro.
2. Cfr. il nome sanscrito del Sole «Sūrya». Anche il «basilisco» sembra del resto possedere certi caratteri
che lo avvicinano molto al simbolismo del Sole, dalla sua mitica nascita dal sangue della testa di Medusa
trasportata in volo da Perseo (i capelli serpentini della quale richiamano assai da vicino i "raggi" del
Sole), al periodo canicolare atto alla sua gestazione, la sua funzione di «Re» tra i serpenti (dal greco
basileus), fino alla sua stessa forma composita medievale di «gallo-serpente». Su un certo valore
“malefico” proprio al simbolismo del Sole, cfr. René Guénon in Il Re del Mondo cap. III, pp.35-36.
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Per restare sempre in materia di “meraviglioso”, di Carlo Donà abbiamo letto il seguente articolo:
3 di 5 10/07/16 03:05
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altro tipo di considerazione, ogni cosa nell’esistenza (compreso dunque il mondo animale) è «simbolo»
di stati o modalità d’essere sia superiori sia inferiori rispetto allo stato umano assunto come punto di
riferimento e possibile base di partenza nel processo realizzativo iniziatico3, ed è in questo senso
"anagogico" che va compreso in verità il simbolismo animale in uso presso tutti i popoli antichi4.
Nelle sue classificazioni "formali", invece l’Autore non vede altro che semplici differenze letterarie di
«strati culturali», appartenenti all’ambito dell'immaginario o a quello psicologico5, e mere superstizioni
popolari, quando pure queste ultime non sono in fondo se non sopravvivenze e residui tradizionali ormai
mal compresi (appunto superstizioni).
Venendo allora più specificatamente all’argomento principale dell'articolo, cioè le metamorfosi della
«donna-serpente», possiamo dire che tale tema rappresenta uno dei punti più centrali di tutta la
simbologia tradizionale, dove spesso nei racconti la «donna-serpente» figura quale «signora della terra»
e «dea della regalità» (o del destino), figlia di un Re, che attende la liberazione e redenzione dalla
propria funesta sorte da parte di un valoroso eroe tanto coraggioso da sapersi sacrificare per lei, al quale
essa poi saprà donare un favoloso e nascosto tesoro come ricompensa.
Il lavoro di ricerca delle fonti svolto da Carlo Donà su questo tema è davvero notevole, tuttavia i testi
riportati necessitano quasi sempre di essere per così dire “estratti” e meglio considerati da un punto di
vista maggiormente tradizionale, come già facemmo notare a proposito di altri lavori di erudizione da
noi recensiti su questo blog (ad es. QUI [http://arka-traditioperennis.blogspot.it/2013/01/recensione-
le-commencement-du-livre.html] ). Siamo dunque ancora una volta costretti a rimandare chi interessato,
anche per le diverse e possibili declinazioni interne di tale soggetto, alle osservazioni tradizionali esposte
da Ananda K. Coomaraswamy nei suoi fondamentali lavori6 (soprattutto negli studi contenuti in La
dottrina del sacrificio), mentre da parte nostra ci limitiamo qui a segnalare l’importanza del nome
ebraico di «Eva», Hawâ «la vivente» (cfr. anche p.13) nel suo rapporto col simbolo ambivalente del
«serpente»7, ed il curioso e forse a prima vista strano simbolismo che lega talvolta tra loro un «Drago» e
un «filo», come nel noto episodio mitico di Arianna e Teseo nel Labirinto8.
Come si vede, i materiali tradizionali di interesse, se ben letti, non mancano di certo!
A.R.
NOTE
1. Per quanto la conoscenza metafisica e la dottrina teologica siano e debbano restare completamente al
di fuori delle preoccupazioni di ordine contingente e pratico del sapere scientifico, soprattutto di quello
moderno profano e materialista, questa “frattura ontologica” tra Uomo e specie animale tanto paventata
dal Donà in ambito religioso, ci sembra del tutto infondata anche dal solo punto di vista strettamente
scritturale dato che proprio in Gn 2, 19-20 si dice che a Adamo fu concessa da Dio la conoscenza dei
«nomi» di tutte le cose (cfr. anche Corano2, 31-33).
2. Che nel caso dell’“evoluzionismo”, passato o recente, si tratti di sole teorie basate su semplici ipotesi
lo dimostrano anche, al di fuori dei canali “ufficiali” di massa, gli aspri dibattiti interni tra
“evoluzionisti” e “antievoluzionisti”, per quanto pure questi ultimi si muovano spesso nelle loro critiche
unicamente su sole basi empiriche e contingenti. É quasi superfluo osservare come questa molteplicità
caotica di opinioni contrastanti e succedentisi le une alle altre senza fine, sia una manifestazione
ulteriore del disordine intellettuale generale di questa fine di ciclo storico umano. Cfr. in particolare le
considerazioni di René Guénon contenute nei capitoli “L’evoluzionismo spiritistico” in Errore dello
spiritismo, “La superstizione della vita” in Oriente e Occidente, “Solidificazione del mondo” in Il Regno
della Quantità e i Segni dei Tempi, etc.. Cfr. anche Matgioi, La Via metafisica, cap. VII, pp. 95-96.
3. Si veda in particolare di R. Guénon “Il Verbo e il Simbolo” in Simboli della Scienza sacra e la
Prefazione di Il Simbolismo della Croce.
4. Vi è pertanto differenza d'essere affatto reale - per usare un termine piuttosto equivoco ormai per gli
occidentali moderni - trattando ad esempio di “metamorfosi in lupo” come fa l'Autore nei suoi saggi (cfr.
4 di 5 10/07/16 03:05
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5 di 5 10/07/16 03:05