Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
1
Associazione Culturale Clavajas
Clavajas
ˇ Paisˇ
Il Nesti
Numero 27
Ottobre 2019
N° 27 - Ottobre 2019 Clavajas - il nešti Paiš Pag. 2
La pubblicazione del 27° numero del giornalino era prevista, come di consueto, per la Sagra di San
Lorenzo; ma i numerosi impegni dell’Associazione ci hanno costretto a posticiparne l’uscita. La
causa principale di questo ritardo sono stati i grandi lavori intrapresi per ristrutturare la nostra
sede, lavori che ci tengono impegnati da quasi un anno… Inoltre quest’estate oltre alla sagra
abbiamo organizzato in contemporanea anche la mostra in ricordo di Franco Fedele.
Per questo abbiamo deciso di unificare due uscite (quella della sagra e quella di Natale) in un
unico numero più corposo, e di pubblicarlo in occasione di questa prima inaugurazione di Villa
Ines. Infatti, come potrete vedere, questo è anche un numero speciale che documenta tutto il
lavoro svolto dai volontari nella sede, volontari ai quali l’Associazione deve un grande
ringraziamento.
Mattia Primus
N° 27 - Ottobre 2019 Clavajas - il nešti Paiš Pag. 3
`
Segaz ˆ
e Catars
ˇ
`
Questo testo fa seguito alla prima parte (pubblicata nel giornalino n° 26) dello studio di Giorgio
Ferigo “Bošcadôrs, menàus, segàz, çatârs” pubblicato in “APLIS una storia dell’economia alpina in
Carnia” a cura di Furio Bianco, Alberto Burgos e Giorgio Ferigo, edito nel 2008.
In Carnia, tutte le segherie erano di tipo veneziano (Venetianischen Sagemuhlen) ovvero cadorino;
ciascuna era costituita da “due comuni macchine azionate dalla stessa ruota idraulica, vale a dire il telaio
della sega, al quale era fissata la lama, e che si muove in su e in giù quasi verticalmente; ed il carro, sul
quale sono appoggiati i tronchi da segare, e che si sposta orizzontalmente in avanti e indietro. Per mezzo
dell'avanzamento del carro, e della taglia ad esso fissata, in direzione del movimento verticale della
lama, si ottiene il taglio di una tavola”.
Più in dettaglio, l'edificio sorgeva su di un vasto piazzale, dove venivano “cancellate” le taglie da segare,
e le tavole segate (protette da un “coperto chiamato breùt”) a riva di una roggia (roiâl) che prendeva
acqua dal torrente grazie ad un incjsatri, con i suoi argini, i canali deviatori, gli sboradori, i portelloni di
governo.
La segheria era in genere a due piani, separati da un pavimento di tavole (palmènt): il piano inferiore
alloggiava i meccanismi di movimento, la ruota idraulica e l'avanzamento del carro; quello superiore –
non più che una tettoia aperta da due o tre lati – i meccanismi di settura (il telaio della lama, ed il carro),
nonché una piccola cucina e una o più camerette per i segantini.
Se ne descrivono qui i componenti, e il loro funzionamento: nella roggia pescava la ruota idraulica: era
una ruota piccola, che esigeva elevate velocità d'acqua. Era costituita da un albero (rût, o fûs dal rût) di
variato spessore: più grosso nella parte mediana (“pancia” del fuso, con funzioni di volano); più sottile
alle estremità: quella in acqua (botticella) portava 16 pale di corniolo (pàlas, pàlmulas, pàles dal ferâl), mosse
dal getto proveniente dalla doccia (vagn); quella in sega recava infissa la radice di una manovella (masilîr)
irrigidita da un cuneo di legno e da quattro reggette di ferro: la parte sporgente del masiliero era foggiata
a becco d'anatra. I perni dell'albero, quello in acqua e quello in sega, poggiavano ciascuno su una robusta
traversa di larice (balanzonel) e ciascuno col proprio cuscinetto. Nel piano superiore vi erano il telaio con
la lama ed il carro. Il telaio scorreva verticalmente in una porta, fatta da due montanti di faggio, e da due
travi chiamate soglie: la porta era leggermente inclinata rispetto alla verticale per dare la giusta
inclinazione alla lama e favorire così la settura (dâ la štrada). Il telaio era costituito da due longoni e da
due traverse; i longoni scorrevano in senso verticale lungo due guide della porta (baleštrarias). Queste
guide dovevano essere lubrificate sovente, con sugna, con sego (“sonza vecchia onze 10 data al segato
Bortolo per unger la siega”). Sul telaio, in posizione laterale, era montata la lama (lama, lamella, mella: “per
aver bolita una mella fra la lama e la carta”). La sua staffa superiore era fissata al braccio superiore del telaio
con una vite che permetteva di tenderla il più possibile; la sua staffa inferiore al braccio inferiore tramite
un chiavistello a cuneo per raddrizzare la lama alla bisogna; la lama era inclinata come si è visto per
poter penetrare più agevolmente nel legno.
Al braccio inferiore del telaio erano inoltre fissati: la biella (longa), che all'altro capo ingranava la
manovella; ed un anello connesso col sistema di trascinamento del carro.
Il secondo elemento del piano superiore era infatti il carro, che stava su di una ribalta, costituita da due
grosse travi parallele al pavimento. Tra le due travi erano collocati 8 rulli (ròdui) i cui perni (špinas)
giravano in nicchie equidistanti sagomate in modo che i rulli non fuoriuscissero dall'alloggiamento,
talvolta su ghiere metalliche (caštagnolas). Anche questi perni venivano lubrificati (“olio per unger le spine
de rodoli libbre 4”).
Su questi rulli avanzava il carro, costituito da tre longherine e da sei traversine, e trascinato da una fune
(“due corde nove per le siege passi n.18 canevo bresciano sgrezato di peso libbre 36... fatta dal signor Domenico
Sebastianutto linarollo in Udine”; “savon per unger la corda”) o da una catena (“per fattura di una cadena di
ribalta di siega”); sul carro veniva collocata la taglia tenuta ferma da cunei (conis) di legno di carpino e da
stanghe fermatronco, al fine di consentire una settura pulita.
Il meccanismo di avanzamento del carro era alloggiato nel piano inferiore della sega: a partire dall'anello
infisso nel braccio inferiore del telaio, che reggeva un fusel, che muoveva una biella, che a sua volta
ingranava una ruota dentata (a due denti: “cjan e cjce”), che a sua volta faceva girare un argano (cagnole):
l'argano, avvolgendo la fune o la catena, muoveva in avanti il carro. Il carro avanzava soltanto durante il
sollevamento della sega, e si bloccava quando la sega ridiscendendo tagliava il tronco.
N° 27 - Ottobre 2019 Clavajas - il nešti Paiš Pag. 4
Tutte le parti meccaniche della segheria erano soggette a notevole usura e dovevano essere sottoposte a
manutenzione frequente. Ad esempio, la lama doveva essere “bollita”, vi si doveva cioè applicare per
saldatura a fusione il filo d'acciaio; doveva essere affilata 9-12 volte al dì (l'affilatura veniva preparata
con la lima e completata alla mola) e ripunzonata ogni tre quattro giorni completi di lavoro; inoltre le
lame venivano allicciate, vale a dire: i loro denti venivano piegati leggermente in fuori, alternativamente
a destra e a sinistra; una forte allicciatura consentiva un taglio più spedito, benché con maggior spreco di
legname. Tra luglio 1744 e febbraio 1745, nella segheria Iaconissi-Busolino di Raveo, furono necessarie 3
bolliture e 8 intagliature per la lama; e in Aplis, nel biennio 1795-96 furono fabbricate 10 lame nuove (a
30 lire l'una), furono fabbricate o bolite 15 lame, vi furono 12 intagliature e 4 ricessature.
Nel 1744 c'erano in Gorto almeno nove (forse undici) segherie: Zuane Crosilla ne utilizzava gran parte
per la settura del legname dei suoi negozi; così nel periodo 1743-1753 si servì della segheria Gusetti di
Rigolato, delle due segherie di Entrampo: quella di Giacomo di Pietro Concina; e quella dell'illustrissimo
conte Domini (che Zuane avrebbe acquistata nel 1764); della segheria di Baûs dei fratelli Solari; della
segheria di GioBatta Danielis a Ovaro; della segheria di Luincis; nonché della segheria di Zuane Busolino
a Raveo.
Il numero così elevato di segherie utilizzate ci dice che proprio nella settura stava il collo di bottiglia
della filiera, e che era giocoforza superare il rallentamento produttivo facendo incetta di lame in
funzione; ma certamente entravano in gioco altri fattori quali, ad esempio, la comodità e la vicinanza
dell'opificio ai boschi tagliati; l'urgenza di consegna del legname e la necessità di battere una
concorrenza agguerrita.
Ad ogni padrone di segheria, Zuane Crosilla Toscano versava 26 lire per ogni migliaio di tavole
setturate; ma vi erano anche contratti in generi, documentati nei libri mastri in decine di pagine, e in un
clamoroso notabene: “NB, non far mai verun contrato col sudetto signor Concina né Durincijs in parola, perchè
doppo aver accordato li precij del vino e biada, ha voluto lire 2 per conzo in più, e soldi 10 per staro in più, che per
stabilir il conto ho douto patir il danno di lire 26 soldi 10; serve per memoria”.
Nel 1754, Zuane Crosilla Toscano prese a fabricare in Aplis. Il progetto prevedeva un roiale, a riva del
quale edificare un mulino, due segherie, una piccola stalla. Non perse troppo tempo nell'espletamento
delle formalità: il 14 aprile richiese al gastaldo di Tolmezzo
l'investitura delle acque (che arrivò più di un anno dopo, il 29
ottobre 1755, a lavori finiti, e costò la bella somma di 37 lire e 3
soldi); si accordò col comune di Luincis, con i particolari che
occupavano i beni comuni, con altri particolari per acquistare i
terreni vicini al futuro roiale. Il perito agrimensore Francesco
Monco di Povolaro perticò e stimò; l'avvocato Antonini di
Tolmezzo tirò fuori qualche gàbola legale per dargli celere
ragione; il notaio Nicolò Silverio stilò le intimazioni ultimative; il
vicario a latere recitò quattro messe “ut sua intenzione”.
Intanto, in Aplis, fervevano i lavori. A marzo aveva provveduto
alla calcinaia, poi aveva fatto incetta del legname adatto: roveri,
nogari, larici, ceresari, albei; l'aveva fatto accatastare a Luincis,
squadrare e sagomare dai suoi lavoranti, portare in Aplis con i
buoi di casa. In compagnia di Valentino Piruzo di Dogna, suo
“segato in Luincis” si era recato a Malborghetto “per far fare la Ruota idraulica operante in Aplis,
feramenta della siega che aveva da fare”: acquistarono chioderie da foto Archivio Micoli Toscano Mione
Valentino Buzzi, ferri lavorati e da lavorare da mastro Zuan
Nassinben. Servirono due carri per portarli in Gorto. Occorrevano maestranze dalle competenze più
diverse: muratori (capomastro fu Nicolò q. Giuseppe Martin, oriundo di Osais, dimorante in Ovasta);
carpentieri (capomastro fu Valentino Marcon di Roveredo); costruttori di segherie (capomastro fu
Giacomo Tassotto detto Il Longo, di Dogna; ma tutti i segantini che già lavoravano per Crosilla Toscano
nelle varie segherie, e di cui Crosilla Toscano si fidava, ebbero voce in capitolo); ma occorreva
soprattutto manovalanza.
Simon Pontussi di Artegna si incaricò della chiamata dei manovali. Venti ne trovò a Gemona;
lavorarono, tra aprile e luglio, 822 giornate (in media 41 giornate a testa, dalle 65 di Domenico Venturino
e di Nadal Clapiz alle 12 di GioBatta Cargnello), con una retribuzione media di poco più di 19 soldi (la
gran parte a 20 soldi a giornata; ma qualcuno, forse perché ragazzino o di particolare inesperienza,
N° 27 - Ottobre 2019 Clavajas - il nešti Paiš Pag. 5
soltanto 17 soldi). A maggio, e poi a giugno, arrivarono manovali da Osoppo; alla fine raggiunsero il
numero di 24; lavorarono 434 giornate
Questi operai lavorarono alle fondamenta della segheria ma soprattutto a scavare e a costruire i ripari
della roggia. Tentarono con la polvere pirica (“polvere da municion per dar la prova, che nulla giovò”) e
ripiegarono ben presto sulla forza delle braccia (“Azale per l'acconcio delli picconi, e magli, che s'adoprano
nella croda per far la fonda della siega”); mastrò Nicolò Martin li diresse, a maggio, “a profondar le buse del
seraglio”, “a far il nichio del seraglio al ponte di pietra”, “a far masarone”.
Intanto era cominciata la costruzione del Casòn, la grande tettoia che doveva ospitare i meccanismi;
Valentino Piruzzo di Dogna, lavorò a costruire le meccaniche di Aplis per 64 giornate; Valentino di
Leonardo Tassotto il Marder, pure di Dogna, 119 giornate; Antonio q. Leonardo Pittin, ancora di Dogna,
137 giornate.
L'8 luglio il complesso venne benedetto (“al reverendo signor vicario Gortano, la benedizione delle siege in
Aplis, lire 4”), ma era ben lungi dall'essere compiuto. Il 13 settembre furono condotti in Aplis “due viaggi
di toffo per li volti delle siege da Nevale”; due giorni dopo, Nicolò Martin li mise in opera, e proseguì a “far
muro in siega”, “a murar il mulino”, “a lavorar due antilli d'una porta di pietra”. Mentre si costruivano porte e
finestre furono procurate le “macine per il novo molino in Aplis” comprate a Moggio.
Ma già dal gennaio 1755 si era principiato a setturare; il capomastro era quel Valentino q. Giacomo
Piruzzo, che aveva lavorato per Zuanne Crosilla Toscano alla segheria di Luincis già dal 1751; in siega di
sopra, stavano Leonardo Piruzzo, fratello del capomastro, e Valentino di Giacomo Pittin con suo figlio
Leonardo; in siega di sotto Valentino di Leonardo Tassotto Marder e Antonio q. Leonardo Pittin Dottor,
questa era la “Compagnia dei segati” di Aplis, ed erano tutti di Dogna. Dal 31 agosto 1755, ebbe la sua
cuccia anche “un canetto istriano per guardia delle sieghe vendutomi da mastro Antonio Solari di Clavais di mesi
tre circa”.
La preferenza accordata ad alcune segherie a scapito di altre (prima e dopo la costruzione di Aplis)
derivava anche (e forse soprattutto) dalla valutazione della bravura professionale dei segati che vi
lavoravano. Nella scelta e nel licenziamento dei segati Zuane Crosilla aveva l'ultima parola, anche
prevaricando sui contratti che i segantini avevano stipulato con i padroni della segheria (“Nella sega di
Luincis licenziati il sudetto Zuanne Sauran per essere mal sicuro di mani”; e il giudizio su Valentino di Zuane
Segato di Casasola fu ultimativo: “Per mai più averlo alla mia opera”); anche esprimendo il suo
apprezzamento con regalie inaspettate: “Gl'ho donato (a Valentino Piruzo), come capomistro delle sieghe,
contadi lire 8”.
I segantini, infatti, stipulavano un doppio contratto: un patto di conduzione con i padroni degli opifici, e
un patto di settura con i padroni del legname che di volta in volta servivano. Essi, di regola svolgevano
le proprie mansioni aiutati solamente da ragazzi che imparavano il mestiere.
Tutti i segatti (come i boscaioli, come gli zatterai) provenivano dal Canal del Ferro. Qui si riportano
soltanto i nomi dei segantini che lavorarono per Zuane Crosilla Toscano nei vari opifici della vallata, e
per un breve periodo di tempo, tuttavia, si tratta di un dato generale. L'elenco completo include: tre
Pesamosca di Casasola, quattro Linassi di Villanova, due Tassotto di Dogna, due Marcon di Roveredo,
due Nassinben di Pontebba, due Pittin di Dogna, i due fratelli Piruzzo pure di Dogna.
La notevole competenza tecnica, necessaria per il lavoro in segheria, si acquisiva con anni di
apprendistato; val la pena di notare come anche gli apprendisti nelle seghe carniche provenissero dal
Canal del Ferro, a dimostrare un sapere gelosamente custodito, un mestiere inattingibile da estranei;
erano sovente figli, nipoti o comunque parenti dei segantini maestri. Inoltre, la perizia tecnica non era
disgiunta dall'abilità nel leggere, scrivere e far di conto: queste erano in realtà competenze indispensabili
a persone pagate a cottimo (che dunque dovevano tener conto dei fili fatti), da committenti diversi (di cui
dovevano custodire gli elenchi), in tempi anche lontani dal momento della settura (del quale dovevano
far memoria), parte in soldi parte in generi (che dovevano dunque contabilizzare). Così non ci si deve
stupire se, soprattutto in archivi privati, si trovano appunti come quello lasciatoci da “Domenico Copis
segato del ser GioBatta Dreato (Dreatti, ad Arta)” nel 1721: “Giornades fates 10 in roie; giorandes fates intor la
sieie, 20; di più segato breoni di sette passi e mezo giurnades numero 3; Per aver segato a m.r GioBatta Saurano
numero 25; per aver segato cantilenes numero 70”.
Nelle segherie, inoltre, era sempre presente la manodopera femminile, le “sfilere o sfiladore”, che avevano
il compito di raccogliere le tavole, e accatastarle a livello, intercalandole con listelli, in modo da
permettere il giro d'aria e che le tavole si asciugassero senza “imbarcarsi”, ma anche a “sfender, a sfilar
N° 27 - Ottobre 2019 Clavajas - il nešti Paiš Pag. 6
dagorenti, a cernir rafudi larise, a far fassinelli per il roiale, a tagliar sterpi giu per il roiale per inzatar la
travamenta, a slargar il roiale per le zate...”. Le donne venivano pagate 7 soldi a giornata.
I segati mercantili erano i prodotti ottenuti con la segagione. Il tavolame per costruzioni veniva indicato
col termine collettivo di murello; e prendeva nomi diversi a seconda dello spessore e della lunghezza. Per
spessore, si divideva in scuretta, un'asse sottile di ½ oncia, usata normalmente per le impalcature; tolla, la
tavola di abete o larice di ¾ di oncia (3,8 cm); ponte, un tavolone da 1 oncia e ¼, largo dalle 8 alle 12 once
(chiamato anche tollone e breonzino); squarzone, di 1 oncia ½; palancola, di 2 once. Le misure della
larghezza andavano dalle 18 alle 8 once. Le misure inferiori alle 8 once venivano definiti rafudi. Infine,
per lunghezza, le tolle, come tutti gli altri assortimenti di legname segato, erano di misura longa e di
misura ordinaria.
Si producevano inoltre dei travicelli: il morale, a sezione quadrata di 2 once e ¾ di lato; il mezzo morale; a
sezione rettangolare; il dagorento (diurint), un travicello usato per essere saldato ai puntoni,
parallelamente al colmo del tetto, per sostenere le tegole; la cantinella, un listello della larghezza di 1
oncia ¼ per armature leggere di tetti e soffitti, la tolla de bottoli, una tavola ricavata dai bottoli. Con la
segagione, inoltre, si producevano cascami: vale a dire rotami (erano i ritagli delle estremità delle tavole
per portarle alla lunghezza voluta), gli sciaveri (la prima e l'ultima asse, estremamente curve, ottenute
segando un tronco), i refili (o sfile: le parti laterali eliminate per dare alle assi sezione rettangolare); e,
inoltre, la segatura (sitiç): lo spessore delle lame poteva causare una perdita di legname in segatura del
30% ancora nel 1858.
I segantini di cui si ha testimonianza nei documenti riuscivano a setturare in media 9,6 tavole da una
taglia: la variabilità dipendeva dalle condizioni della lama e dalla loro perizia. Quanto guadagnavano? Il
26 ottobre 1743 Pietro Pesamosca e GioBatta Lianssi si accordarono con Zuane Crosilla Toscano per 35
lire ogni migliaio di tavole; nel 1744 Pietro Pesamosca spuntò 36 lire il miaro di tolle, e nel 1745, Pietro
Pesamosca e Bertolo Marcon ottennero 36 lire ogni mille tavole, 22 soldi ogni 100 dagorenti sfesi, e 20 soldi
ogni 100 cantinelle sfese. Questi erano i prezzi generalmente praticati in Carnia.
E quanto guadagnava Zuanne Crosilla Toscano? Della vendita della tavole ricavate dalle taglie dei
boschi Bando e Faeit e Pezzet annotò che “avanzava a guadagno la miserabile summa di lire 469 e soldi 16”. Ma
a voler rifargli i conti in tasca il guadagno appare maggiore:
“Destinta dello costar il legname in Monai nel Pezzet, e di particolari:
lire 1028 soldi 5; Destinta delle giornate de boschadori in Pezzetto, e
Monai: lire 3588; Destinta del sorgo che si consuma, e del formaggio nel
bosco di Monai lire 2420 soldi 8; Siture in siega Danielis in sua partita:
lire 212 soldi 4; Al segato Zuane Linassi: lire 353 soldi 8; Siture alla
siega Concina: lire 217 soldi 15; Alli segati Bertolo e Zuane compagni
Marconi lire 340 soldi 17; Item, straordinarie spese patite, come in questo
a carta 273 per lire 1148 soldi 15; Totale Spese lire 9309 soldi 12.
Le tolle siegate in siega Concina vendite importano lire 3542 soldi 4; Le
tolle, e siture tutte le robbe in siega Conte Domini a carta 269, val lire
3469 soldi 4; La travamenta larise importano in detta carta 269 lire 4480
soldi 10; Totale Ricavi lire 11491 soldi 18” Un guadagno quindi di
lire 2182 soldi 6.
Naturalmente nel corso dell'Ottocento, vennero sperimentate
Comeglians, Segheria De Antoni in
numerose innovazioni tecniche: dai moltiplicatori a due stadi, con
Margò, anni ’60, foto di Luigi Candoni
cinghia, alle turbine, all'uso del vapore, alle seghe multilame, con
sistemi di avanzamento a corona dentata. Di queste innovazioni non riusciamo a dare conto, stante
l'inventariazione soltanto sommaria dell'archivio Toscano Crosilla Micoli di Mione. Tuttavia, non
mancarono, ed erano tecniche ormai comuni nel primo dopoguerra. Nel 1920 Giuseppe Micoli e la ditta
Micoli-Nigris e Morgante costruirono “colla massima fretta e sanza badare alla spesa” una segheria idraulica
che salvasse dal deperimento il legname requisito nella valle del Lumiei dall'autorità militare nel 1917 e
in parte già abbattuto. La segheria era dotata di turbina Francis Rapid di 90 HP, due seghe verticali a
lame multiple “Vollgater”, una sega veneziana a due lame, tre seghe circolari ed una coppia di segoni
meccanici per la testatura dei tronchi.
Nei porti delle segherie erano presenti squadre di zatterieri (foderatori), che avevano la mansione di
costruire le zattere e di condurle, lungo il Tagliamento, fino a Latisana.
N° 27 - Ottobre 2019 Clavajas - il nešti Paiš Pag. 7
“In tutte le acque profonde almeno un metro, il legname... viene legato con ritorte in corpo di piattaforma tale da
potervi star sopra e reggerlo con remi di forma apposita”: De Bèrenger distingue ed elenca vari tipi di natanti
fluviali, l'ultimo dei quali è, appunto, la zatta o zattera, “veicolo di fluitazione composto da legname da
segare o segato, cioè di taglie o di fasci di tavole... composta di 3 o 5 piattaforme dette còpule legate l'un
dopo l'altra”.
I materiali per legare erano costituiti dalle strope, polloni di nocciuolo (o di vermena) di due metri circa
di lunghezza, recisi in autunno con le roncole, sfibrati per torsione manuale, maturati durante l'inverno
in mazzi di 30 in ambiente umido, e rinvenuti a primavera per ripristinarne l'elasticità mediante
immersioni in pozze d'acqua, in vasche di pietra, nelle lagunette di segheria.
Si comprende perciò l'importanza delle strope nella fabbricazione della zattera: Zuane Crosilla Toscano le
acquistava a 8 soldi il mazzo; la loro fattura era un altro degli innumerevoli lavori affidati alla
competenza femminile: “Strope condotte a Raveo sin il primo luglio 1745, mazzi n. 110; Stroppe levate alla siega
d'Ovaro, quali hanno fate fare qui in Mione, e condotte alla siega di Raveo con carro di Busolino mazzi n. 35;
Strope haute da Menigha Ariis mazzi n. 125; strope haute da Maria di Francesco Prencis, mazzi n. 60; dalle sorelle
di Pietro Giorgis, mazzi n. 36”.
Si comprende anche l'importanza delle torte (tuartes: ammesso che fossero diverse dalle strope): ad
esempio, Antonio Marchi di Raveo “ora abita in Ambuluza”, venne remunerato per “torte per zatte... a soldi
8 al fasso”.
I materiali da legare erano tronchi squadrati, travi o tavole. Si distingueva infatti la zattera di trafs
(zattolo, zatul) e la zattera di brèes (zatta, çata): ma erano costruite in modo del tutto similare; nella zatta le
tavole venivano assemblate in fasci di 10-12 tavole imbroccate nelle teste e “coperte di sotto e di sopra d'uno
squarzo (sciavero, ossia sfaccettatura) a loro difesa”, quasi a rifare la taglia originaria da cui erano state
ricavate.
Dunque, in un tratto di canale a secco, nel quale a lavoro compiuto sarebbe stata immessa l'acqua;
oppure in riva del canale nel quale le zattere sarebbero state immesse con “scivolo” (rizada), le taglie
affiancate, in numero di 18-20, venivano forate in testa con la trivella (foradorie) e legate l'una all'altra con
le strope; uno squadrato lungo quanto la larghezza del natante veniva posto in testa, ortogonalmente alla
direzione delle taglie, alle quali, dopo forato, veniva legato anch'esso con strope: era questo il “tronco di
testa” che rendeva stabile e orizzontale il piano superiore del natante, rinforzandolo a sopportare
possibili urti in fluitazione. Altri due tavoloni robusti, paralleli al tronco di testa (braghieri) venivano
collocati a metà e a fine corsata, e connessi alle taglie sottostanti con chiodi di legno di maggiociondolo o
di acacia. Così si completava la prima còpola, la cui coda veniva incernierata alla testa della còpola
successiva tramite strope inserite in fori passanti; tra coda dell'una e testa dell'altra si poneva
trasversalmente un tronco, armato all'estremità da robusti chiodi di legno sporgenti ai quali le strope
venivano annodate.
La zattera aveva, in genere, almeno tre còpole o corsate, per conferire l'elasticità necessaria (tuttavia dalle
poche fotografie superstiti, le zattere in Carnia sembrano essere tutte a una, talvolta a due, corsate); era
stretta davanti, per tagliare l'acqua; larga dietro, per riceverne la spinta. A prora ed a poppa stavano i
supporti per i remi (postel, trepîs). Costituiti da tre corti pezzi di legno verde conficcati verticalmente in
fori praticati nelle taglie, due nel braghiere di testa ed uno più arretrato; piegati e legati insieme, questi tre
legni formavano una sorta di treppiede cui veniva ancorato il remo.
Il remo (rem) era una lunga stanga di peccio (anche 5 metri), ad un'estremità del quale stavano lunghe
pale, inclinate rispetto al manico onde aumentare l'impatto in acqua, e all'altra estremità più maniglie ed
uno scògn di legno rotondo per poterlo afferrare, dirigere, manovrare; e per poterci attaccare una corda
(tuarte) per fissarlo quando non veniva adoperato. Ogni zattera aveva da 3 a 4 remi (“21 febbraro 1744,
Matio Candrin subcondutore (del) Batistuto per le due zatte tolle levò... sopra detto molino, remi numero sei; 17
luglio 1744, per la zatta del Contesso, condutore Zuane Batistuto, remi numero quattro; 4 e 5 agosto, per le quattro
zate date alli signori Bruni, condutore Francesco Batistuto, tutta remi numero sedici”). Normalmente, si
usavano i remi davanti; i remi posteriori venivano utilizzati solo in caso di pericolo. La zattera era inoltre
fornita di batèl e di bancjietas. Il batèl era un marchingegno che si usava quando il fondale era troppo
basso; trattenuto con una corda alla testa della zattera allargava la superficie di raccolta convogliando
così l'acqua al di sotto del natante. La banchieta (o cavalet di çatâr) era un lungo pezzo di sciavero (scuarç)
al quale, dalla parte più grossa (culàt) erano conficcati due pioli che servivano da piedi; quando l'acqua si
divideva, gli zatterai scendevano di zattera per collocare le banchietes in modo da convogliare l'acqua
nella direzione di pescaggio della zattera.
N° 27 - Ottobre 2019 Clavajas - il nešti Paiš Pag. 8
Nei porti vi erano degli ancoraggi, cui attraccare le zattere col peàm di coda; non sempre, o non troppo
usati, se nel 1843 venne emessa un'ordinanza dell'Imperial Regio Commissario distrettuale per impedire
il “dannoso abbandono delle zattere durante la notte” e per ordinare la costruzione di ormeggi: “gruppi di
legnami, ognuno formati di cinque lunghi e grossi pali di larice, muniti di valido cappio di ferro”. Le
zattere erano governate da un maìstri, coadiuvato da un cudàin, e talvolta da due çatars. Ogni zatteraio
doveva avere con sé gli strumenti del mestiere: la corda, di 15-20 metri, la manària, la foradoria (la trivella
per i fori con cui unire le taglie o tavole) e due corde da zattera, una davanti per rimorchiare, a forza di
braccia, la zattera fuori dai pericoli; una dietro per ormeggiarla. E soprattutto, il raffio (anghîr), grazie al
quale si salpava, col quale si attraccava, che permetteva di evitare scogli e secche e di arpionare tronchi
vaganti. Nel 1745, Zuane Batistutto di Chiusa era un maìstri di zattera, che guidava con altri tre uomini:
Mattia Batistutto, conduttore, e due zatterai (çatars).
Anche gli zatterai si associavano in compagnie. Compagni zatterai erano Sebastiano Pesamosca e
Francesco Batistutto; tra i maìstris che lavoravano per i Toscano vanno annoverati altri Battistutto (tutti di
Chiusaforte); Paolo Campasso di Ovedasso; Pietro q. Zuane Saria di Dogna; Bernardo Boito di Venzone...
Sulle colossali bevute all'andata, e soprattutto al rientro, e sui morti annegati non serve troppo insistere.
Una zattera, condotta dagli zatterai Sebastiano Pesamosca e Francesco Battistutto della Chiusa fin “alla
Tisana” (Latisana) era costituita da 79 corde d'albeo di 5 onze, lunghe 4 passi: aveva un sovraccarico di 260
tavole, ed un valore complessivo di 316 lire e 8 soldi. Era questa la usuale composizione delle zattere di
travamenta e del loro sovraccarico, come traspare dalla citazioni successive datate fra il 1744 e il 1748:
“126 corde, 228 tolle di diverse misure, lire 443 soldi 2; 70 Corde albeo, 245 tolle albeo lire 212 soldi 11; 70 travi e
corde albeo, 224 tavoloni larise e tolle albeo, lire 444 soldi 2; 64 travi albeo e filari larise, 300 dagorenti larise, lire
298 soldi 8”.
Diversa composizione avevano le zattere di tavole: “una zatta del Piave, della larghezza di cinque metri,
contiene circa mille fili, e viene legata in sei ore da sei uomini, che in ciò consumano quattro fasci di sacche mezzane
(ritorte da 25 al fascio) e quattro di lunghe, oltre ad una certa quantità d'altri armizzi, come stanghe di pino,
zovedelli e mazze di faggio di postelli, bronchi, pendoli, tressi, ecc”. A paragone con i dati seguenti si deve
dedurre che le zattere di tavole in partenza dalla Carnia fossero più piccole di quelle del Piave (in media
600 tavole contro le 1000 delle plavensi: forse erano a 3 còpole, anziché a 5; forse erano più strette). “4
febbraio 1745: 905 tolle albeo taglio curto, lire 457 soldi 19; 586 tolle
albeo e tolle e tolloni larice, lire 183 soldi 18; 679 tolle albeo, dagorenti,
tolloni larice, lire 242”
Si può opinare che la lunghezza del viaggio, variabile in
dipendenza dello stato delle acque, dagli intralci di percorso e
dagli accidenti della sorte, fosse di una decina di giornate, anche
se in acqua rimanevano poco più di venti ore; Zuanne Battistutto
coi suoi compagni portò, tra il dicembre 1743 e il febbraio 1744,
19 zattere in quattro viaggi dal ponte di San Martino e da Raveo
fino a Redenzicco; venne pagato con 50 lire a zattera, salario
presumibilmente da dividere coi compagni zatterai, al netto del
pagamento dei dazi ma gravato dalle spese di vitto e alloggio al
ritorno. Infatti, il viaggio verso la Tisana, comprendeva soste
obbligate per pagare le gabelle cui ogni zattera era soggetta: la
8 agosto 1910, çatârs al ponte di San Martino prima, alla stretta tra Pinzano e Ragogna, dove si versava il dacio
o piaggeria ai Savorgnan di 14 soldi per una zattera a due remi, e
di 28 soldi per una zattera a quattro remi (“Tutte le zattere di qualunque natura che discende dalla Carnia, e
d'altre parti deve necessariamente, et indispensabilmente passare a vista d'esse due ville, non essendovi né rami, né
siti per le quali potesse sottrarsi”); poi alla muda di Dignano (15 soldi), di S. Odorico (20 soldi; ma negli
anni '50 del Settecento, il pedaggio fu gonfiato a 35 soldi dall'appaltatore della muda Antonio
Taglialegna), di Valvasone (15 soldi); infine, a Latisana, la zattera attraccava, veniva scomposta (“quando
disfecero la zatta di tolle”), accatastata, stivata in magazzini dove il legname prosciugava in attesa del
“trasferimento” a Venezia.
Infatti, giusta l'ormai antica ducale del 11 marzo 1503, tutto il legname, segato o da segare, di
provenienza interna o estera, doveva essere inoltrato obbligatoriamente a Venezia, pagando un dazio
d'entrata nella Dominante, e un dazio d'uscita dalla Dominante; col che Venezia si garantiva consistenti
entrate fiscali ed una sorta di diritto di prelazione su un materiale che le era indispensabile: è stato
N° 27 - Ottobre 2019 Clavajas - il nešti Paiš Pag. 9
calcolato che ogni abitante della Serenissima consumasse ordinariamente da 1 a 1,6 tonnellate di
legname all'anno soltanto per riscaldamento; a tacere del legname per la costruzione della città in
espansione, per i forni siderurgici e le vetrerie, e soprattutto per l'industria navale. Ma nel dedalo di
canali e acquitrini della foce del Tagliamento, nell'intrico di enclaves imperiali e di feudi gesuitici, non vi
era tentazione maggiore né pratica più frequente del contrabbando, a evadere ogni imposta: “Gli abitanti
di Latisana, facendo incetta e raccolta del legname del Tagliamento vi eressero magazzini; e le barche di
Caorle, di Burano, e ancor più i legni pontifici e pugliesi andavano a caricare le tavole immuni dai dazi
veneti e vi scaricavano oli, sali, formaggi, pesce di ponente... che poi di contrabbando venivano sparsi
per tutto il Friuli, con grave danno dei dazi e del commercio”.
Negli anni intorno alla metà secolo, i mercanti di legname dovevano munirsi di una controlettera per il
deputato di Latisana (indispensabile per ricevere le bolle) e di una seconda controlettera per il mudaro di
Ragogna, rilasciata dalla Ternaria Vecchia; questi documenti venivano concessi dietro esborso di una
caparra: soltanto al termine di questo complicatissimo iter burocratico, lo zatteraio poteva partire,
sostare a Ragogna dove avrebbe dichiarato le pezzature che effettivamente portava; identica
dichiarazione si doveva fare sulla Tisana, prima dello scioglimento delle zattere. Per qualche tempo, il
meccanismo funzionò e, nel 1758, “non discendeva una tavola o altro legname per il Tagliamento che non
giungesse a Venezia”.
La fluitazione subì un colpo decisivo con il miglioramento della rete viaria, intrapresa dal Consorzio
Carnico intorno al 1834 e con la costruzione della ferrovia pontebbana (1873-1879). Già nel 1878, ad
esempio, buona parte del legname della segheria Screm di Comeglians veniva fluitato soltanto fino a
Stazione per la Carnia, e poi caricato su vagoni: “condotto sino alla Stacione di Fella, di poi colla ferata fino a
Treviso”.
Ma il trasporto “franco vagone” mostrava anche (a chi avesse voluto vederli) i primi segnali di crisi
dell'intera industria del legno in Crania. Il trattato di commercio italo-austriaco del 23 aprile 1867
esonerava dal dazio in ingresso e ferrovia con contratti speciali di trasporto il legname austriaco; un
importante imprenditore del settore, Paolo Beorchia Nigris di Ampezzo, segnalava già il 22 gennaio 1881
su “La Patria del Friul” che i commercianti si trovavano di fronte alla scelta di sospendere la vendita di
legname oppure “di sacrificarsi e vendere a un prezzo di 1/3 inferiore degli ultimi anni”; pochi mesi
dopo, il 14 giugno 1881, Giuseppe Screm di Comeglians scriveva al figlio che “gli affari di commercio vanno
peggiorando a furia, nessuna ricerca di legname... e non so come andrà se non cambia... avendo la Germania di
fronte che ci facilita li prezzi sempre di più”. Le difficoltà non erano diminuite nel 1895: “È invece doloroso,
mentre i legnami esteri affluiscono in Italia godendo i vantaggi ferroviari, oltre che del cambio della valuta della
franchigia di dazio, il vedere la regione carnica, con 25 negozianti di legname, con 47 esercenti di seghe, il cui
commercio principale è quello del legname, condannata a subire una crisi per fatto delle società ferroviarie.” Non è
un caso che, nel comitato promotore della ferrovia carnica, aprile 1902, si trovassero industriali del legno,
e tra essi Luigi Micoli Toscano; e che ancora nel 1930, Giuseppe Micoli ragionasse sulla “sistemazione dei
trasporti ferroviari della Carnia”.
Vi è qualche indizio che i mercanti che acquistavano da Zuane Crosilla Toscano non riuscissero ad
eludere né per sempre né del tutto il divieto di trasporto legname da opera e da commercio per usi
interni “in pena di prigion, galere e bando” senza versare il dazio dovuto alla Dominante. Il loro elenco
(oltremodo parziale) non esaurisce il giro d'affari della ditta; inoltre, il compito di chi volesse stimare
guadagni e ricavi è complicato dal fatto che essi non pagavano in contanti (o non soltanto in contanti) e
sui prodotti che arrivavano a Mione, o nei magazzini dell'azienda, Zuane Crosilla Toscano poteva
ulteriormente guadagnare.
In quegli anni è citato anche un viaggio “per zatta” di Zuane Crosilla Toscano in persona; “il viaggio per
Friuli, Venezia e Padoe... principiando a Raveo e condurle alla Tisana, ed io andato poi a Venezia e ritornato” durò
dal 5 al 21 luglio 1745; tra cibarie “per me e zattari”, salari e mude, spese 4526 lire e 15 soldi.
Il certo pellegrinaggio per uffici a pietire controlettere, a pagare bollette, a giustificare ritardi, ad elargire
mance agli uscieri, anticipi agli avvocati, presenti ai provveditori; il probabile schierarsi – nella disputa
sulle reciproche convenienze e sconvenienze – con i mercanti di Latisana contro la corporazione dei
mercanti di Venezia, a pro dell'esenzione dal dazio in uscita sostenuto dagli uni, contro il ribasso del
dazio d'entrata sostenuto dagli altri; e poi le rimpatriate, le devozioni, il giro delle chiese e il giro delle
polzette, le locande e le bevute, per ora sfuggono all'analisi storica (il tacuino B dove appariva “il tutto
distintamente” è perduto) e si lasciano soltanto intuire.
Volta la carta, finita la storia.
Giorgio Ferigo
N° 27 - Ottobre 2019 Clavajas - il nešti Paiš Pag. 10
A Franco
Ad un anno dal tuo ultimo viaggio,
stavolta con meta non Clavais che tanto
hai amato, ti abbiamo voluto ricordare, e
speriamo di esserci riusciti, esponendo
alcuni quadri frutto del tuo passatempo
preferito.
Hai rappresentato nei tuoi dipinti molte
atmosfere sempre attuali, che a volte i
nostri occhi non sanno vedere, quelle di
una Carnia senza tempo.
La serie di paesaggi, le luci che penetrano
nel bosco sempre più fitto a divorare
“maine” decadenti, lavori nei prati
N° 27 - Ottobre 2019 Clavajas - il nešti Paiš Pag. 11
sostituiti da macchine sempre più potenti, Mentre Franca Fedele e Gino Bera, il 20
ma sicuramente senza l’anima che giugno, hanno addirittura raggiunto il
caratterizzava l’agricoltura di cento anni traguardo dei 65 anni assieme…
fa, fatta sì di sacrifici, ma anche di una
serenità invidiabile. Per non parlare delle
chiesette sparse per la Carnia, ovattate
nella loro magia della notte di Natale.
Questa eredità di fine sensibilità ti è stata
trasmessa da tuo padre “sior Nuti”, e ci è
parso meritevole di ricordarlo facendo
vedere i suoi plastici realizzati un
centinaio di anni fa, di Clavais e del
territorio del comune di Ovaro.
Osservandoli si è potuto constatare come Franca e Gino
il tessuto della frazione di Clavais sia stato
solo in minima parte cambiato. Il lavatoio Annullata la Motocavalcata 2019
e le fontane dismesse hanno comunque
Sabato 8 giugno era in programma la 13°
testimoniato come per tanti aspetti si sia edizione della “Motocavalcata delle Alpi
finiti col perdere il piacere di condividere Carniche”. Il Gruppo MO.C.TU.S. di
sacrifici ed ottimismo.
Ovaro che organizza l’evento aveva
Tutto ciò è stato ben testimoniato nel
chiesto la collaborazione dell’Associazione
filmato da te realizzato nel 1966 dove ci Clavajas per offrire un ristoro agli oltre
hai fatti immergere in una giornata tipo,
250 iscritti. Eravamo già pronti ad ospitare
dall’alba al tramonto, scandito sempre da
il passaggio dei motociclisti a Clavais,
ritmi che possono sembrare ripetitivi, ma tutto era organizzato fin nei minimi
che dietro ogni gesto fanno capire vi fosse dettagli quando, a meno di due settimane
una intima soddisfazione, più che una
dall’evento, l’U.T.I. della Carnia non ha
fatica sopportabile.
autorizzato lo svolgimento della
Ti ringraziamo di aver donato attimi manifestazione per non ben specificati
piacevoli a noi e, non ne dubitiamo, alla motivi (di seguito un estratto dell’articolo
maggior parte dei visitatori della mostra,
apparso sul Messaggero Veneto del 2
che quest’anno l’Associazione Culturale
giugno 2019, a cura di Gino Grillo):
Clavajas ti ha voluto dedicare.
Annullata la Motocavalcata delle Alpi
Serse e Cecilia carniche che era in programma l'8 e 9 giugno.
A comunicarlo è stata l'organizzazione Marco
Fachin, presidente dell'associazione Moctus
Ovaro che segnala come l'UTI della Carnia
abbia negato l'autorizzazione a compiere
RICORRENZE
questa manifestazione che ha un carattere
Il 6 giugno 2019, Primo Billiani e Luisa internazionale richiamando motociclisti da
Puschiasis hanno raggiunto il traguardo tutta Europa. “La manifestazione è stata
dei 60 anni di matrimonio, e sono di gran bocciata nonostante avessimo aderito ad
lunga la coppia più longeva del paese! effettuare tutte le prescrizioni richieste.
Quest'anno - ha detto Fachin - sarebbero stati
Il 30 settembre i nostri Pierino e Tiziana presenti anche una ventina di piloti
hanno festeggiato il loro 30° anniversario! provenienti dagli Usa che si erano iscritti per
A loro vanno i migliori auguri da tutta poter testare i nuovi prototipi di moto
l’Associazione! elettriche”. Incredulo per questa decisione
N° 27 - Ottobre 2019 Clavajas - il nešti Paiš Pag. 12
Come sempre, la tabella riassume i valori medi, massimi e minimi di temperatura, pressione e umidità, oltre a
velocità e temperatura del vento ed entità delle precipitazioni. Il grafico nella pagina seguente invece illustra e le
precipitazioni mensili.
Questi mesi sono certamente stati caratterizzati da grandi sbalzi: periodi caldi e freddi anche fuori stagione (basti
ricordare il mese di maggio che ha avuto una media di circa 10°C!). Nei mesi invernali abbiamo registrato le
precipitazioni più scarse, per la maggior parte piovose: l’unica nevicata che ha resistito qualche giorno è stata
quella di gennaio, le altre sono sempre state precedute e seguite dalla pioggia.
L’inverno non è stato particolarmente freddo, mentre invece bisogna notare che la primavera, a parte una decina
di giornate miti sparse tra marzo, aprile e maggio, è stata praticamente un prolungamento dell’inverno: il 5
N° 27 - Ottobre 2019 Clavajas - il nešti Paiš Pag. 17
Il Presepe che l’Associazione Culturale Clavajas realizza annualmente dal 2011 nei pressi della piazza
di Clavais, è un gioiellino che è sempre stato apprezzato ed elogiato da tutti coloro che hanno avuto
modo di ammirarlo. L’ultima versione, allestita per le festività natalizie 2018-2019 ha ricevuto un
premio molto particolare.
Il 14 gennaio 2019 infatti siamo stati invitati, presso la sede del Messaggero Veneto di Udine, alla
premiazione del 5° Concorso artistico fotografico “I presepi del Friuli Venezia Giulia” promosso dal
quotidiano regionale e dall’Unione Nazionale delle Pro Loco d’Italia; tra le oltre 300 fotografie di
presepi in gara, il Presepe di Clavais ha vinto il premio speciale dedicato alle zone colpite
dall’alluvione dell’ottobre 2018.
Un riconoscimento che ci rende molto orgogliosi e che ci spronerà a realizzare sempre nuove versioni
del nostro presepe sempre più particolari e curate.
Lavori a Villa Ines
Da qualche anno si stava valutando l’ipotesi di fare qualche lavoro di miglioria nella sede dell’Associazione; si parlava di imbiancare la sala, rifare il
bagno, sistemare il pavimento… ma visto il deterioramento della struttura, l’instabilità dei soffitti, i buchi nelle pareti e lo stato di degrado in cui
versava l’intera “baracca” abbiamo optato per la soluzione più radicale: il rifacimento completo degli interni di Villa Ines!
Sabato 17 novembre 2018 sono iniziati i lavori; i volontari dell’Associazione hanno impiegato la prima giornata a svuotare completamente la sede, tutto
il mobilio e l’arredamento è stato trasferito nel vicino “Stalon di Bidut”. Il sabato successivo sono iniziate le demolizioni che sono andate avanti fino a
Natale; nel frattempo si progettava, si sceglievano e trasportavano materiali, si consultavano esperti… con i primi dell’anno è iniziata la ricostruzione:
per prima cosa si è provveduto a sostituire i vecchi travi dormienti che facevano da fondazione con nuove travi in larice su tutto il perimetro
dell’edificio. In seguito abbiamo rinforzato la struttura portante delle pareti esterne e ricostruito tutti i tramezzi interni ampliando la sala e modificando
bagno e ripostiglio. Contemporaneamente sono stati rifatti l’impianto elettrico e idro-sanitario (quest’ultimo grazie all’aiuto di Daniele Timeus).
Si è continuato a lavorare senza sosta per tutta la primavera e l’inizio dell’estate, tutti i sabati (e anche qualche domenica); le pareti perimetrali sono
state completate con la posa di barriera antivento, isolante in polistirene, freno-vapore e perline di rivestimento in abete. Il nuovo bagno è stato
piastrellato a regola d’arte dal nostro amico Roberto Facci che ha prestato la sua opera gratuitamente. Un particolare ringraziamento va anche a Roberto
Longhino che oltre a eseguire personalmente l’importante lavoro di chiusura dello sporto del tetto ha voluto omaggiarci anche dei materiali!
Ad agosto abbiamo dovuto interrompere i lavori per l'organizzazione della Sagra, ma a settembre abbiamo ripreso imperterriti con la posa del nuovo
controsoffitto isolato.
La ristrutturazione di Villa Ines, finora, ha richiesto la mano d’opera di venti volontari che hanno lavorato per 80 giornate, per un totale di oltre 900 ore!
Fine novembre 2018, demolizione pareti della prima metà di Villa Ines, in quei giorni il polistirolo scorreva a fiumi!
Per queste operazioni ci siamo avvalsi della supervisione di Sandrut (foto a destra) che assiemae a Muea e Aldo Crosilla, edificò Villa Ines nel 1980
Il Carapìt come sempre ha fatto la sua parte 1 dicembre 2018, concluso la demolizione Primo giro in discarica con Gjovani Butaciòn
della prima metà di Villa Ines
Foto sopra, domenica 23 dicembre 2018, demolizione del bagno, Il perimetro esterno di Villa Ines Giovedì 10 gennaio 2019, con Mario Da
a questo punto è entrato in scena Ezio… doveva essere liberato per poter Vica a Moggio per il trasporto
lavorare alle travi di fondazione di 75 metri quadrati di isolante
Sabato 12 gennaio 2019 sono iniziate le delicate operazioni per sostituire le travi di radice che fungevano da fondazione per le pareti perimetrali
Dal 27 gennaio al 5 febbraio abbiamo interrotto i lavori strutturali per lavorare al nuovo impianto idrico: abbiamo eseguito lo scavo esterno e le
tracce interne per la posa delle nuove tubature delle quali si è occupato Daniele…
19 gennaio, con motosega e scopa, Dario e Una volta sostituite tutte le travi di fondazione e fissate ai montanti con staffe angolari,
Ezio spostano il tramezzo del magazzino per ci siamo dedicati alle pareti con la posa della barriera antivento, dei travetti orizzontali fra i
ampliare lo spazio della sala di Villa Ines. montanti per rinforzare la struttura e delle lastre di isolante
Domenica 10 febbraio abbiamo concluso la Ma la seconda metà era ancora tale e quale all’inizio dei lavori!
posa dei travetti distanziatori e dell’isolante… Per cui sabato 16 febbraio sono riprese le demolizioni…
nella prima metà di Villa Ines…
23 febbraio 2019, concluso la sostituzione delle Sabato 2 marzo, posa del freno vapore su tutta La prima parete rivestita con le perline d’abete
radici di larice su tutto il perimetro la superficie delle pareti perimetrali
Proprio quando sarebbero serviti di più, non avevamo i preziosi avvitatori dell’Associazione poiché erano stati Dopo le pareti si passa alla
cotti al forno in un freddo mercoledì di febbraio… Ma abbiamo subito provveduto a sostituirli e Dario ha potuto sistemazione del sotto-pavimento
posare perline per due mesi interi fino alla conclusione il 27 aprile. in previsione del parquet di larice
Nel frattempo non si è mai smesso di lavorare agli impianti… il 4 maggio i nostri tecnici Pierino e Denis hanno ultimato quello elettrico
mentre il 31 maggio Daniele ha finito il suo lavoro negli impianti del bagno e della cucina
Domenica 2 giugno 2019, preparazione del getto per la caldana da Giovedì 20 giugno, piallatura delle tavole (al fine di ridurne il peso)
realizzare nel bagno per la posa delle piastrelle per la realizzazione della struttura del controsoffitto
22-29 luglio, Roberto Facci in sole 12 ore, assistito da Dario e Nico, ha rasato le pareti del bagno per la Sabato 6 luglio 2019
successiva imbiancatura, e ha posato le piastrelle su pavimento e pareti
A luglio abbiamo rinforzato l’architrave sopra l’ingresso Dopo la pausa di agosto per la sagra, a settembre abbiamo ripreso i lavori:
e preparato il foro architettonico per il nuovo portoncino. sopra, 7-12 settembre, posa tiranti di controventatura delle capriate
Gli ancoraggi dei tiranti di Foto a sinistra il “sacco” di carta catramata rimasto dalle demolizioni di Villa Ines per il quale abbiamo dovuto
controventatura del tetto fare la richiesta di smaltimento all’UTI della Carnia (richiesta effettuata il 28 dicembre 2018, il sacco non è
ancora stato ritirato al 10 ottobre 2019!!) a destra, martedì 17 settembre inizia la posa dell’isolante a soffitto.
Martedì 22 settembre, fino a notte fonda per terminare la struttura del controsoffitto Sabato 28 settembre
N. 27 - Ottobre 2019 Clavajas – il nešti paiš Pag. 26
Sabato 5 ottobre, posa pannelli cartongesso nei soffitti di magazzino, bagno e cucina
C’è ancora molto lavoro da fare in attesa della vera inaugurazione prevista per la primavera 2020!
Associazione Culturale Clavajas
Associazione Culturale
Clavajas