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CARLO MARIA MICHELANGELO NICOLA BROSCHI, detto FARINELLI

Nacque il 24 gennaio 1705 ad Andria. Il padre, grande appassionato di musica, volle


indirizzare entrambi i figli a professioni del settore, facendo studiare Riccardo, il maggiore,
da compositore e Carlo da cantante. Fu probabilmente il fratello Riccardo a volere per Carlo
la castrazione, un'operazione chirurgica che consente ai maschi di poter conservare la
propria voce di soprano o contralto prima che lo sviluppo possa modificarla.
Il giovane fu mandato a Napoli, per studiare canto con Niccolò Porpora che curò
l'affinamento del suo naturale talento di soprano.
Il corso, difficile e articolato, della durata di circa sei anni, era basato sullo studio del
solfeggio, l'intonazione perfetta e la rapidità nel cambiare il ritmo della frase musicale. Ma,
cosa più difficile, era acquisire la totale e assoluta padronanza degli abbellimenti, anche i
più rapidi e improvvisi, all'epoca pane quotidiano del virtuoso, sui quali praticamente si
fondava la sua fortuna o il suo insuccesso.

IL NOME FARINELLI: all'epoca era d'uso la pratica di scegliere un nome d'arte.


Sull'origine del nome Farinelli, o Farinello, ci sono tre ipotesi:
1. derivato dalla professione del padre Salvatore, il quale però mai esercitò la
professione di mugnaio.
2. associazione con la famiglia Farinel, violinisti e compositori provenienti dalla Francia
e in Italia girovaghi per tendenza e necessità. I Farinel però non vissero mai nel
napoletano.
3. associazione con la nota famiglia di avvocati Farina, uno dei quali lo protesse e
probabilmente lo finanziò durante il periodo in cui studiava col Porpora.

l suo debutto avvenne a Napoli, nel 1720, nella serenata "Angelica e Medoro" (del
Porpora). Cantò, negli anni successivi, a Roma, Vienna, Venezia, Milano, Bologna.

Nel 1734, Carlo Broschi si trasferì a Londra e cantò presso l'Opera della Nobiltà al Lincoln's
Inn Fields, che era diretta da Porpora. La prima apparizione fu in Artaserse, di cui la
maggior parte delle musiche erano state scritte dal fratello, Riccardo Broschi. Il successo fu
istantaneo. Questi, furono anche gli anni della cocente rivalità tra i due gruppi teatrali
residenti a Londra, quello di Georg Friedrich Händel, sostenuto dal re Giorgio II, e quello di
Porpora, sostenuto dal Principe di Galles e dalla nobiltà.

Nel 1737, stanco delle incessanti acredini che opponevano i due gruppi teatrali, Farinelli
accettò l'invito di Elisabetta Farnese, moglie di Filippo V di Spagna. Durante il viaggio passò
per la Francia, e cantò per Luigi XV. Il re spagnolo, che soffriva di nevrastenia e malinconia,
aveva abbandonato la vita pubblica, gli affari di Stato e manifestava segni di follia. La regina
Isabella invitò quindi Farinelli ad esibirsi davanti a suo marito, nella speranza che potesse
risvegliarlo dall'apatia. La "terapia" quotidiana consisteva nel far cantare il castrato sempre
le stesse otto o nove arie. Il re gli fece promettere di restare alla corte di Spagna,
corrispondendogli uno stipendio di 2000 ducati, con l'unica richiesta di non cantare più in
pubblico.
Il cantante vide la sua importanza crescere con l'ascesa al trono di Ferdinando VI di Spagna,
che lo nominò cavaliere di Calatrava. Gli si devono i primi lavori di bonifica delle rive
del Tago, e diresse l'opera di Madrid e spettacoli reali. Utilizzò il suo potere persuadendo
Ferdinando a instaurare un teatro d'opera italiano. Collaborò anche con Domenico
Scarlat, compatriota napoletano, residente in Spagna. Conservò questa posizione di rilievo
fino all'avvento di Carlo III, il quale, probabilmente a causa dell'eccessiva influenza del
cantante, lo allontanò nel 1759.

Farinelli si ritirò allora a Bologna, dove soffrì di solitudine e malinconia, fino alla morte
giunta il 15 luglio 1782. Di lui resta qualche ritratto e le lettere ai suoi amici.

Farinelli suonava anche strumenti a tastiera e la viola d'amore. Occasionalmente


componeva: scrisse testo e musica di un Addio a Londra aria, e un'aria per Ferdinando VI, e
una sonata per tastiera. Possedeva una ricca collezione di clavicembali costruiti nei vari
paesi europei, a ciascuno dei quali aveva dato il nome di un celebre pittore.

Per la fenomenale estensione vocale, per la versatilità dimostrata nei vari stili di canto, per
l'eccezionale capacità di tenuta dei fiati, per il trascendentale virtuosismo e per le sue doti
di attore, Farinelli è ancor oggi ricordato come il più grande cantante nella storia dell'opera
lirica.

Dopo la riesumazione del corpo, biologi, patologi e storici della musica collaborarono ad
approfondire la biografia del celebre cantante. Nella stessa tomba furono ritrovati i resti
della nipote, Maria Carlotta Pisani.
Della testa di Farinelli sono presenti il tabulato endocranico e resti di mandibola con alcuni
molari infissi. Inoltre un frammento di scapola, una clavicola, un’ulna, una costa, una
vertebra lombare, entrambi i femori. Non v'è traccia del mantello dell’ordine cavalleresco di
Calatrava in cui, a norma del testamento, il cadavere fu avvolto dopo la morte; ma nessun
dubbio sull’identificazione. Le ossa lunghe appartengono a un uomo di non comune statura e
robustezza, dettaglio coerente con l’iconografia. Ciò è riportabile agli effetti della
castrazione: in carenza di testosterone la crescita delle ossa avviene in maniera anomala. Ad
esempio l’incisura ischiatica dell’osso coxale sinistro è stretta; v’è disarmonia fra lo sviluppo
della mandibola e quello (normale) dei denti. Proprio lo stato eccellente della dentatura,
rilevato dal grado di atrofia alveolare, riserva le maggiori sorprese. All'atto della morte, a 77
anni, Farinelli conservava ben 25 denti su 32, di cui solo due sicuramente cariati. Scarsa
l'usura dei molari, pur in presenza di microfratture patite in vita. Unica traccia di
patologia grave è l'iperostosi frontale interna, anch’essa collegabile agli esiti della
castrazione».

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