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GLI INFERI DEI GERMANI
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"Accanto a queste divinità stellari i popoli della Mesopotamia, da
buoni agricoltori, adoravano anche quelle potenze e forze della
Natura cui più era raccomandata la loro vita e la loro speranza di
lavoratori della terra; quindi il fulmine e i fenomeni atmosferici e i
sacri fiumi che davano prosperità ai raccolti, ricoprendo i campi di
limo, l'acqua e poi il fuoco con la Trinità Gibil, Nusku e Ishum,
ovvero le personificazioni del fuoco benefico usato per l'industria, il
fuoco dei sacrifici che porta al trono degli Dei il profumo delle
vittime e le preghiere e il fuoco distruttore"
Approfondimento tratto da
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Perché, tra i tanti sempreverdi, proprio l'agrifoglio e il vischio
accompagnano le feste natalizie?
La leggenda nordica che ce ne narra l'origine non è molto allegra.
Baldur, figlio di Odino, venne ucciso da un suo nemico, Loki,
appunto con una freccia tratta da un ramo di vischio. Odino
maledisse la pianta, ma la moglie del Dio, piangendo la morte di
Baldur, vi fece cadere alcune lacrime, che diventarono perle: così il
vischio fu rivalutato, anche se fu allontanato dai templi in favore
dell'agrifoglio, il cespuglio accanto al quale era spirato Baldur, reso
da Odino sempreverde e dotato di bacche rosse, in ricordo del
sangue sparso dal figlio. L'agrifoglio venne subito ammesso nelle
chiese cristiane, mentre al vischio ne fu a lungo vietato l'accesso,
dato l'uso fattone dalle religioni pagane, che lo avevano rivestito di
tanti significati magici.
Poiché ciò sia avvenuto, resta un mistero, anche se numerose
leggende circondano questo sempreverde. Il vischio è una
pianticella parassita di diversi alberi, con foglie verdi e dure e frutti
a bacca bianchi. In genere, però, il mito si riferisce al vischio
quercino, parassita delle querce che ha foglie più piccole di quello
comune. Vischio e querce erano sacri ai druidi, gli antichi sacerdoti
celtici, e sacro era il rituale con cui, durante il solstizio d'inverno, i
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rametti venivano staccati dall'albero: l'operazione veniva effettuata
con un falcetto d'oro, e il vischio, per non perdere i suoi poteri
occulti, non doveva toccare il suolo, ma essere raccolto in un panno
di lino.
Plinio ci spiega questo complesso procedimento dicendoci come i
druidi ritenessero così di "evirare la quercia". La credenza ci porta
alla magia similitudinaria: il liquido appiccicoso del vischio era forse
paragonato a quello spermatico, per cui la pianticella era ritenuta
apportatrice di fertilità. Curioso è il fatto che tale credenza non sia
propria soltanto dell'Europa celtica: la troviamo pure presso gli Ainu
dell'antico Giappone, dove anche il rituale per cogliere il vischio era
pressapoco uguale a quello dei druidi. "Molti credono ancora oggi
che questa pianta abbia il potere di far fruttificare i giardini", ci dice
Frazer. "E si sa che qualche donna sterile mangia vischio per avere
prole."
Anche in molte regioni africane, la pianticella è considerata sacra,
apportatrice d'incolumità, tanto che i guerrieri Valo, andando in
guerra, ne portavano addosso le foglie per assicurarsi
l'invulnerabilità. In Europa troviamo altre credenze: i contadini di
molti paesi (compresi alcuni italiani) ritenevano il vischio capace di
domare gli incendi, per cui ne appendevano i rami sui tetti delle
case. In Boemia lo si chiamava "scopa del tuono" poichè lo si
considerava in grado di allontanare i fulmini. Il vischio è stato usato
anche in campo terapeutico: nella Francia meridionale lo si
applicava sull'addome dei sofferenti di colite, in Svezia e in
Inghilterra lo si pensava atto a preservare dagli attacchi epilettici,
mentre in alcune regioni tedesche lo si mette tuttora al collo dei
bambini per immunizzarli dalle malattie. Tali credenze - ci dice
Frazer - sono forse dovute al fatto che gli uomini di ogni tempo e
luogo hanno visto qualcosa di soprannaturale in questa pianta che
cresce e prospera senza affondare le radici nella terra. Non
sappiamo se la spiegazione sia davvero questa: sta di fatto che la
chiesa ha cercato a lungo e inutilmente di far dimenticare i poteri
magici del vischio, vedendosi infine costretta ad accettarne l'uso e a
inserirlo nella tradizione cristiana. Alla pianticella (come
all'agrifoglio) è stato così attribuito il generico simbolo di pace e
serenità.
Stralcio tratto da
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Eracle era anche connesso al culto del Fallo e al rito dell'Evirazione:
"Il mito dell'evirazione di Urano ad opera del figlio di Crono [...] Il
significato originario è quello dell'eliminazione annuale del vecchio
re della quercia da parte del suo successore [...] La cerimonia
druidica del taglio del vischio della quercia rappresentava
l'evirazione del vecchio re da parte del suo successore essendo il
vischio un simbolo eminentemente fallico. Dopo la castrazione il re
veniva mangiato eucaristicamente". Anche la ghianda è un simbolo
fallico, così come il fungo.
Nella religione germanica il mito di Loki è da inserire in una
tensione dualistica e oppositoria tra bene e male, calore e ghiaccio,
che appare già nei miti della creazione. Si localizzano varie regioni
del male cosmico e naturale. All'origine, prima che i mondi fossero
creati, fra Niflheim, "la Casa di Nebbia" a Nord e il Muspellsheimr,
"Casa dei Distruttori del mondo", a Sud, era una regione caotica
chiamata Ginnungagap. Da una sorgente che si trovava a Niflheim si
staccarono i corsi d'acqua chiamati Elivagar, "Onde di ghiaccio" che,
portando gelo e spume velenose, coprirono la parte settentrionale
dell'abisso di una coltre di ghiaccio. Queste due regioni che
circondano l'abisso primordiale, a nord e a sud, rappresentano
un'opposizione tra ghiaccio e calore intenso, poiché Niflheim è il
gelido regno dei morti mentre Muspellheimr è il regno del gigante
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di fuoco. Il nord è l'enorme distesa di ghiaccio ammassato e
immobile; dal sud sprizzano le scintille di una massa ardente in
movimento. Lo spazio mediano, l'immane Baratrum Abyssi
(definizione di Adriano di Brema) è il Ginnungagap, il "Burrone
spalancato", la vasta apertura di baratri, forse connesso anche alla
radice "ginn", magia. L'abisso sarebbe carico di forze magiche e
demoniache che gli Dei non riescono a controllare. Proprio in
quest'abisso nasce, nel mito d'origine, il primo uomo cosmico, Ymir,
che si caratterizza nella prima immagine come un'entità malefica,
anche se posteriormente si delinea come un corpo gigantesco da cui
hanno origine tutte le realtà.
Esistono dei serbatoi di energie demoniache che espongono in
l'universo ordinato alla reversione in caos. Niflheim è la dimora dei
morti e degli spettri che ivi resteranno in triste condizione fino alla
consumazione escatologica. Si entra in Hel o Niflheim da un'oscura
caverna posta in mezzo alle voragini e custodita dal cane infernale
Garmr il cui pelo è insozzato dal sangue dei defunti che hanno
tentato di fuggire e che egli ha divorato. Sul confine con Hel c'è il
fiume Gjöll, "Urlante", sul quale si passa attraversando un ponte
d'oro; al di là del ponte vi sono la Porta di Hel e all'interno, la
Regina dei morti.
Alla regione infernale appartiene Naströnd, la Riva dei morti, un
luogo di punizione, lontano dal Sole, con le porte rivolte a nord, con
case coperte di serpenti, dove sono puniti gli adulteri, gli spergiuri,
gli assassini che devono prima attraversare il fiume Slidhr, "il
Terribile", le cui onde sono coltelli e spade aguzze. La Regina
dell'Inferno è Hel, nata da Loki. Il suo palazzo si chiama "Freddo di
Nevischio", ha per ancelle la Senilità e l'Imbecillità; suo piatto è la
Fame, suo coltello e forchetta sono la Carestia, suo giaciglio è
l'Infermità, le sue tende sono Oscurità Dolente. Ha carnagione per
metà livida e per metà normale ed appare arcigna e odiosa.
Un altro serbatoio di potenziale distruttivo e demoniaco è la Terra
dei Giganti, una proiezione macroscopica della penisola scandinava,
fatta di enormi foreste, ampi fiume, orride caverne, immense
montagne. I Giganti che vi abitano, gli Jötunn (forse dalla radice
indoeuropea col valore di mangiare, simile all'inglese "To eat") sono
orchi e mangiatori di uomini e si presume siano la trascrizione
mitica di una stirpe di cannibali contro i quali i Nordici si trovarono
a combattere. Gli Jötunn causano i più grandi disastri naturali, la
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caduta di massi, i terremoti, fulmini, eruzioni di vulcani e il crollo
dei ghiacciai. Nella mitologia popolare invece gli spiriti e i geni
sono presenti in tutte le sfere della realtà e non hanno una loro sede
comune. Fra i demoni vanno ricordati Draug o Draugr, spirito
spettrale che perseguita i viventi. Esistono poi dei demoni delle
messi e del grano che si presentano sotto forma animale: orso,
becco, gufo, volpe, gallo, stallone, cane, gatto, lupo, capra. Il
demonio delle acque è Nix (Neck), che abita nelle paludi e nei
pantani.
Il male cosmico si libererà in tutta la sua primordiale violenza
nell'epoca finale e determinerà il Crepuscolo degli Dei ossia la
consumazione del tempo e dello spazio. è questo il Giudizio degli
Dei, il Ragnarök.
è la morte di Balder l'evento scatenante e che condiziona tutta la
posteriore storia cosmica divina e umana. Dopo che il giovane Dio
fu ucciso per l'astuzia di Loki, Hermdhr, il "Veloce", figlio di Odino
ebbe l'incarico di scendere agli Inferi e di recuperarne l'anima
perché il corpo di lui risorgesse. (Nota di Lunaria: vedi anche i
collegamenti con la discesa negli inferi di Ishtar-Inanna, Persefone,
Orfeo) Dopo aver superato grandi difficoltà, Hermodhr ottiene da
Hel la promessa che l'anima di Balder sarebbe stata lasciata tornare
sulla terra, se ogni creatura avesse veramente dimostrato di amarlo
con il suo pianto. Gli Dei inviarono i loro messi in tutto il mondo,
affinché l'universo partecipasse al grande dolore per la morte del
Dio. Solo la vecchia strega Thökk rifiutò di piangere; gli Dei
compresero che la strega era stata aizzata da Loki, che, a seguito
dell'ira degli Dei, scappò su una montagna. Per fuggire agli Dei, Loki
si tramutava in salmone, fino a che fu catturato da Thor e
imprigionato in una grotta. Gli Dei imprigionarono anche i figli di
Loki, Vali e Nari, trasformando Vali in lupo, che divorò subito Nari.
Con le budella del figlio morto, gli Dei legarono Loki su tre massi
rocciosi e lo incatenarono con ferro.
Skadi, figlia del gigante Thjazzi, catturò un serpente velenoso e lo
legò al di sopra di Loki, così che il veleno gocciasse sempre sopra di
lui. Sygin, sposa di Loki, restò sempre accanto al Dio imprigionato,
reggendo una bacinella per raccogliere il veleno; ma quando doveva
allontanarsi per svuotarla, Loki riceveva il veleno in faccia e
agitandosi provocava i terremoti Loki resterà legato fino al
Crepuscolo degli Dei, e questa è la premessa dell'escatologia
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cosmica germanica.
Per i Greci, il mondo infero era una ragione sconsolata, senza luce o
con luce plumbea e grigia, dominata da tristezza e terrore, deserta
da ogni vegetazione, immaginata, nella più antica rappresentazione
al di là dell'Oceano circondante la terra. Posteriomente, questo
regno di morte è collocato sotto terra ed è la classica sede cui
passano le anime dei defunti, superando difficoltà e prove, per
trascorrervi un'esistenza che non ha più sapore di vita e che è
soltanto una larvale sopravvivenza.
Nella tripartizione del Trimundio, dopo la vittoria sui Titani, il
governo dei morti compete al Dio Ade (Adoneo) che una incerta
etimologia rendeva come "L'Invisibile", "Signore del mondo delle
tenebre" abitatore di un triste palazzo che ha porte di marmo e
soglie di bronzo non più superabili una volta che siano state varcate.
Il regno del Dio assume il nome di Ade.
Come Dio dei morti e del mondo sotterraneo assume, proprio come
il Diavolo cristiano, carattere fecondante, collegato
all'abbondanza e al ritmo stagionale: fenomeno, questo, tipico di
tutte le rappresentazioni connesse ai defunti, che determinano
insieme reazioni di terrore e mitologie di fecondità ipoctonia.
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della sgranatura. Il ciclo si chiude con la festa collettiva del raccolto,
che avviene in autunno (il giorno di San Michele nel nord) e
comprende banchetto, danze e sacrifici offerti ai vari spiriti. Con
questa cerimonia l'anno agricolo si chiude. Gli elementi agrari delle
feste invernali si spiegano con la fusione fra culti della fertilità e culti
funebri. I morti, protettori dei semi affidati alla terra, hanno sotto la
loro giurisdizione anche i raccolti ammassati nei granai, alimento dei
vivi per tutto l'inverno."
e ancora:
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funebre dell'offerta. Del resto in Germania c'è l'usanza di pestare i
primi fili di fieno portati nel fienile, dicendo: ‘E' il cibo dei morti!’"
"Una forma più recente del rituale identificava Osiride, ‘il Vecchio’,
con l'uomo legato nel covone, decapitato o lacerato, e Seth, la
personificazione della siccità, con colui che lo colpiva o lo gettava
nell'acqua. Si facevano le vendette di Osiride sacrificando un animale
che rappresentava Seth (capro, oca, forse maiale, lepre, eccetera).
Queste cerimonie avvenivano alla fine del raccolto (metà di maggio).
Le acque del Nilo cominciavano a crescere il 17 giugno; sul piano
mitico, Iside cercava allora Osiride. Gli uomini si riunivano sulla
sponda e piangevano il dio ucciso. Forse in questa medesima
circostanza avveniva la sfilata rituale delle barche illuminate sul Nilo.
Ai primi di agosto, Iside (‘la fidanzata del Nilo’), rappresentata da
una colonna conica guarnita di spighe sulla cima, era fecondata
simbolicamente con la distruzione dello sbarramento del Nilo. La Dea
concepiva Horus. Poi Toth riuniva i frammenti del corpo di Osiride: in
questo modo il dio era ritrovato. Si commemorava l'avvenimento con
‘i giardini di Osiride’. L'aratura e la semina rituali avvenivano al
principio di novembre e la germinazione dei semi rivelava la rinascita
di Osiride."
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citato giusto pochi esempi! Lo stesso odioso gesù ruba questo
simbolismo per le sue parabole dei semi "nel campo, sulla strada, nel
terreno spinoso".
Divinità solo più tardi associata alle ombre, agli inferi, alla notte, è
Ecate.
Ecate concede la prosperità materiale, l'eloquenza, la vittoria,
l'abbondanza della pesca; più tardi assume la funzione di Signora
delle magie e degli incantesimi, soprattutto nelle magie
necromantiche, notturne e funerarie.
Ecate appare con due torce nelle mani e in forma di giumenta, cane
o lupo.
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Presiede ai quadrivi e come Regina degli spettri e delle ombre è
rappresentata nelle statue con tre teste femminili (Ecate Triforme)
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E riguardo alla Trinità, infatti, NON è un concetto che si sono
inventati i cristiani: sono le Divinità Pagane ad essere Triplici: si veda
la trimurti indù Brahma\Shiva\Vishnu,
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La tradizione classica della libidine sfrenata dei satiri, spesso
rappresentanti mentre si uniscono alle capre diventerà il primo
tratto teologico del Diavolo cristiano, speciamente in epoca
rinascimentale.
"I Latini onoravano la Dea Bianca con il nome di Cardea. Ovidio nei
"Fasti" ci racconta una storia confusa che la collega col vocabolo
"cardo", "cardine", e dice che era l'amante di Giano Bifronte, il dio
delle porte del primo mese dell'anno e che sovrintendeva ai cardini
delle porte. Proteggeva anche i bambini dalle streghe che, travestite
da paurosi uccelli notturni, rapivano i neonati dalla culla per
succhiarne il sangue. Sempre secondo Ovidio, Cardea esercitò il suo
potere dapprima ad Alba ("la città bianca"), fondata da genti
emigrate dal Peloponneso all'epoca della grande dispersione e
fondatrice a sua volta di Roma, e il suo principale strumento
profilattico era il biancospino.
In realtà le cose stavano in modo esattamente opposto: Cardeo era
Alfito, la Dea Bianca che uccideva i bambini dopo essersi travestita da
uccello o animale, e il biancospino a lei sacro non doveva essere
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portato dentro casa se non si voleva che essa uccidesse i bambini che
vi si trovavano.
Giano, "il robusto guardiano della porta di quercia", teneva lontana
Cardea con le sue streghe perché in realtà era il dio della quercia
Diano che si incarnava nel re di Roma e in seguito nel flamen dialis,
suo successore spirituale; sua moglie Giana era Diana (Dione), la Dea
dei boschi e della Luna. Janus e Jana erano in realtà forme rustiche di
Juppiter e Juno. Come amante di Giano, Cardea ricevette l'incarico di
tener lontana dalla porta quello spauracchio che lei stessa era stata
in epoca matriarcale e che i Romani si propiziavano durante le nozze
con torce di biancospino. Dice di lei Ovidio, citando probabilmente
una formula religiosa: "Il suo potere di aprire ciò che è chiuso, di
chiudere ciò che è aperto".
Ovidio identifica Cardea con la Dea Carnea/Carna (*) celebrata a
Roma il primo giugno con una festa nel corso della quale le venivano
offerti carne di maiale e fagioli. In epoca classica i fagioli venivano
adoperati come magia omeopatica contro le streghe e gli spettri:
durante la festa romana dei Lemuria ogni capofamiglia si gettava alle
spalle fagioli neri per i Lemures, o fantasmi, dicendo: "Con questi, io
affranco me e la mia famiglia".
(*) Nota di Lunaria: qui Graves confonde Cardea con Carna, la Dea
del cuore e del fegato, a cui si offrivano farro, fave, lardo. Tuttavia
non sembra esserci una connessione tra le due Dee, anche se molti
autori - soprattutto non italiani - le citano interscambiando i due
nomi e per Ovidio sono la stessa Dea.
"Il fiore del fagiolo è bianco e fiorisce nella stessa stagione del
biancospino. I fagioli appartengono alla Dea Bianca - di qui la
connessione con il culto delle streghe in Scozia: in epoca primitiva
solo alle Sacerdotesse era lecito piantarli o cucinarli.
Secondo una tradizione degli abitanti di Feneo in Arcadia, la Dea
Demetra, passando di là nel corso dei suoi vagabondaggi, aveva loro
concesso di seminare ogni varietà di cereali e legumi, con la sola
eccezione dei fagioli. Il tabù orfico nasce forse dal fatto che il fagiolo,
poichè cresce a spirale lungo il suo sostegno, è un simbolo della
resurrezione: gli spiriti riuscivano a rinascere come esseri umani
entrando nei fagioli (ne accenna Plinio) e venendo poi mangiati dalle
donne. Di solito Carnea viene identificata con la Dea romana Cranae,
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più propriamente Cranaea, "l'aspra, la petrosa", soprannome greco
della Dea Artemide, la cui ostilità nei confronti dei bambini doveva
essere costantemente placata.
A Cranae era dedicato un tempio collinare nei pressi di Delfi, in cui
l'ufficio sacerdotale era sempre rivestito da un fanciullo per un
periodo di cinque anni; le era anche sacro un bosco di cipressi, il
Cranaeum, appena fuori Corinto. Cranae significa "roccia" ed è
collegato etimologicamente al gaelico "cairn" che indica un cumulo di
sassi eretto sulla cima di un monte. Io ne parlo come Dea Bianca
perché il bianco è il suo colore, il colore della prima persona della sua
Trinità Lunare. Ma il lessico bizantino di Suida, quando dice che Io
era una vacca che mutava colore dal bianco al rosso e quindi al nero,
intende che la Luna Nuova è la Dea Bianca della Nascita e della
Crescita, la Luna Piena la Dea Rossa dell'Amore e della Battaglia, la
Luna Vecchia, la Dea Nera della Morte e della Divinazione. Il più
completo e ispirato ritratto della Dea di tutta la letteratura antica si
trova nell'"Asino d'Oro" di Apuleio, dove essa appare a Lucio che l'ha
invocata dal profondo della sua infelicità e del suo grande travaglio.
Da questo brano si ricava che la Dea era forse stata onorata nella sua
triplice veste di bianca germogliatrice, rossa mietitrice, e scura
ventilatrice del grano."
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(2) Perché il pane veniva spesso seppellito. Vedi le Tesmoforie:
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(Kalligeneia) ed era all'insegna della gioia: le donne celebravano la
fertilità che avevano accresciuto con la loro temporanea castità.
Facevano sacrifici e festeggiavano. Probabilmente era anche il
momento in cui le Attingitrici (Antletriai) compivano la loro opera.
Mesi prima della festa, queste donne purificate da tre giorni di
astinenza dal sesso, avevano seppellito porcellini e modellini di
serpenti e di genitali maschili in pasta di pane. In seguito, durante le
Tesmoforie, li disseppellivano recuperando i resti decomposti, che
venivano collocati sugli altari e poi mescolati con le sementi di grano
che venivano ritualmente piantate per favorire la fertilità dei campi
nella stagione che stava per cominciare." (Tratto da E.Abbot "Storia
della castità")
Altro approfondimento:
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ritorno dei morti "affamati", deriva appunto da lì, per
approfondimenti vedi una storia del vampirismo
Infine, una breve citazione relativa agli Dei serpenti, che vigilavano
sullo Stato come sulle dimore private. (Nota di Lunaria: i Rom
avevano mantenuto la credenza del "serpente domestico", ovvero un
serpente che dimorava nelle mura di casa) Atena alleva nel proprio
tempio un serpente che Fidia ha raffigurato accoccolato vicino al
suo scudo.
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Allo Zeus Ktesios domestico corrisponde Zeus Meilikios, in forma di
serpente. Divinità ctonia, egli viveva in una grotta dove gli si
offrivano olocausti, in occasione delle Diasie. Stando al nome, in
origine egli era un Dio delle espiazioni, il che conferiva alla sua festa
un carattere lugubre; ma è diventato, come lo Zeus Ktesios, un
dispensatore di ricchezze a volte raffigurato in forma umana con
cornucopia in mano.
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Le rappresentazioni infere e malefiche degli Etruschi hanno
anch'esse influenzato a livello iconografico la figura del Diavolo
cristiano. Fra queste rappresentazioni va ricordato Vetis, come Dio
infero; corrisponderebbe a Vedius o Veiovis, il Giove notturno
folgoratore dei Romani. Secondo Grenier l'iscrizione Cvlalp del
Fegato di Piacenza si sviluppa in due divinità, Culsu e Alpan. Culsu
è una Erinni, rappresentata con fiaccola e spada in mano o con
forbici destinate a recidere la vita. Alpan invece è uno dei numerosi
geni femminili che, per alcuni studiosi, corrisponde alla Persefone
greca. Velcanus, il Vulcano dei Romani, appare come un Dio
sfavorevole che lancia la folgore. Mantus e Mania corrispondono
alla coppia infernale Ade-Persefone rappresentati come Aite-
Persipnei.
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Nota di Lunaria: curiosamente nell'induismo la Dea Tara (Dea della
notte) compare con le forbici, adorna di serpenti
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"Nell'altare quadrilatero di Magonza Diana Venatrix compare
associato al Dio del Martello Sucellos, associato, in certi altari alla
Dea Nantosuelta, portante una cornucopia in mano. Per curiosità: il
martello era associato anche all'aldilà."
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Diverse figure demoniache etrusche accompagnano il morto o lo
ricevono nell'oltretomba, e ne abbiamo alcune testimonianze nei
diversi reperti: la furia Nathum in uno specchio del museo di
Berlino; la Dea della morte Leithn nello specchio di Perugia; vari
demoni rassomiglianti a tifoni, tritoni, scille:
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La Dea Vanth, dalle grandi ali, severamente vestita, munita di
chiave (come Ecate), rappresentazione del Fato ineluttabile:
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Animale tipico della morte è il lupo: lo stesso re degli Inferi
Etruschi, Ade, appare con il capo coperto dalla pelle di un lupo nella
Tomba dell'Orco di Tarquinia.
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