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GIUSEPPE PARINI

Nasce nel 1729 a Bosisio, in Brianza, come l'ultimo dei 10 figli di un piccolo commerciante
di seta. Una vecchia prozia, morendo, gli lascia un'eredit a patto che segua la carriera
sacerdotale.Parini si trasferisce a Milano e frequenta la scuola dei barnabiti di
Sant'Alessandro, arrivando a prendere gli ordini nel1754. Nel 1752 pubblica la prima
raccolta poetica, ''Alcune poesie di Ripano Eupilino'', nome da lui assunto in Arcadia
( anagramma di Parino) e del nome latino del lago di Pusiano-Eupili.
Quel volume vale al poeta l'ammissione all'Academia dei Trasformati, alla quale collabora
con componimenti poetici e scritti in prosa, tra i quali ''Dialogo sopra la nobilt''(1757) e il
''Discorso sopra la poesia''(1761).
Nel 1754 divenne precettore dei figli del duca Gabrio Serbelloni, ricarico che gli permette di
entrare in contatto con gli esponenti della nuova cultura francese dell'Illuminismo nel1762 a
causa di un diverbio con la duchessa.

Tra il 1763 e il 1768 P. passa ad occuparsi della formazione di Carlo Imbonati, per il quale
scrive l'ode ''L'Educazione''(1764). La pubblicazione del ''Mattino''(1763) e del
''Mezzogiorno''(1765) procura a parini una certa fama e la nomina nel 1768 a poeta del
Regio Teatro Ducale. In questa veste produce alcuni testi teatrali, tra i quali ''L'Ascanio in
Alba''(1771), musicato dal
Mozart
Nello stesso periodo viene nominato il professore di Belle Lettere nelle Scuole Palatine.
Sono anni nei quali P. svilupa la collaborazione con artisti d'ispirazione neoclassica,
partecipando all'ideazione di cicli pittorici e di non edifici, come il Teatro alla Scala.
Nel 1791 esce la raccolta delle Odi. All'arrivo dei francesi a Milano, nel1796, P. chiamato
a un incarico per le Municipalit, ma non riesce a collaborare positivamente con quelli che
considera invasori.
Debole di salute e afflitto da una progressiva cecit, muore il 5 Agosto 1799, pochi mesi
dopo il ritorno degli austriaci a Milano, da lui salutato conun sonetto, senza essere riuscito a
portare a termine la stesura finale del ''Giorno''.

IL GIORNO
Parini lavora a lungo alla sua opera pi importante, ''Il Giorno'', lasciandola tuttavia
incompiuta. La storia redazionale del Giorno molto complessa sul piano filologico, perch
diventa la sua vita, Il oeta pubblica soltanto due poemetti in endecasillabbi sciolti: ''Il
Mattino''(1763) e ''Il Mezzogiorno''(1765).
Secondo il progetto originario. avrebbe dovuto seguire un terzo poemetto intitolato ''La
Sera'', ma Parini decide successivamente di farne un unico poema dal titolo ''Il Giorno'',
diviso in4 parti: Il Mattino, Il Mezzogiorno,Il Vespro e La Notte. Ci comporta una
profonda revisione dei due poemetti gi dati alle stampe, che subiscono aggiunte e
modifiche stilistiche.
In particolare, la parte finale del Mezzogiorno va a costituire quella iniziale del Vespro, che
rimane incompiuto e poco elaborato. Non giunge a compimento neppur la Notte, alla quale
Parini lavora a lugo. Il Giorno vede la luce solo nel 1801, ad opera di un allievo di Parini,
Francesco Reina, che pubblica in maniera arbitraria i manoscritti del poeta. Su quest'
edizione non autoriale Parini viene letto per tutto l'Ottocento. I due poemetti degli anni
sessanta hanno una forte connotazione satirica a sfondo moralistico, che aveva caratterizzato
la produzione di Parini nell' ambiente dei Trasformati.
CONTENUTI:
Parini si fingie un ''precettor d'amabil rito'', cio maestro di amabili costumi, che vuole
insegnare a un ''giovin signore'' aristocratico come debba trascorrere piacevolmente la
giornata. Attraverso quest escamotage Parini si mette in rilievo, ridicolizzando e
censurandoli, tutti gli aspetti di vacenit(??') e di parrasitismo della nobilt contemporanea,
priva ormai di una funzione sociale produttiva.
L' ironia tuta espressa con un linguaggio elegante e classicistico, che nei momenti
migliori fonde in un perfetto equilibrio la cifra satiristica e quella lirica.
Il poemetto segue l' attivit del nobile dal suo risveglio, dalla toelette alla colazione, fino al
momento in cui esce di casa in carozza per andare a pranzo, dove incontrer la dama di cui
cicisbeo ( o cavalier servente), cio colui che, secondo la consuetudini nobiliari del tempo,
accompagna e serve pubblicamente la giovane sposa di un altro nobile. P. critica
cicisbeismo; usa ironia, ironizza, ridicolizza questo costume.

Nel Mezzogiorno entra in scena la dama che scambia effusioni con il giovin signore nell'
indifferenza del marito e vi si svolge il rito sociale del banchetto. Gli inserti pi notevoli
sono la favola del Piacere, che spiega l' ordine delle divisioni fra nobili e plebei con una
maggiore disposizione dei nobili alla senaibilit e al godimento, e l' episodio della ''vergine
cuccia'', che rivela il disprezzo nutrito dalla nobilt verso i servitori plebei(che hanno meno
sviluppato sensibilit verso godimento).
Il Vespro consiste di circa 350 versi conprendenti la parte finale del Mezzogiorno, con la
passeggiata delle carozze, e una trattazione del tema dell' amicizia, che ridotta a vuota
formabilit nel mondo superficiale dei nobili.
La Notte, costituita da 673 versi, raggiunge alcuni dei vertici, della poesia pariniana e
presenta tratti originalmente neoclassici.
Il poemetto gicato sull' opposizione luce- tenebre. La nobilt infatti contrappone alle
tenebre della notte le luci sfavilanti dei saloni da ballo e da gioco, mentre vediamo il
signore e la dama partecipare a un sontuoso ricevimento popolato da un gran numero di
personaggi impegnati nelle attivit pi fatue.

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