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GOODBYE TELECOM
LA BANDA DELLA BANDA LARGA
IL PIANO DI TELEFNICA
E IL NUOVO ORDINE MONDIALE
Prefazione di Giuseppe Oddo
Postfazione di Franco Lombardi
PREFAZIONE
Limpegno di Mediobanca, Generali e Intesa Sanpaolo a cedere alla spagnola Telefnica le rispettive quote in Telco determina
il passaggio del controllo di Telecom Italia a una societ estera.
Non occorreva essere degli indovini, per capire che il destino del
maggior gruppo di telecomunicazioni italiano era segnato. Per
stare al passo con levoluzione delle tecnologie, le telecomunicazioni necessitano di investimenti a rendimento molto differito nel
tempo e le banche, oberate da una massa di crediti inesigibili, sono i soggetti meno adatti a sostenere progetti strategici di lungo
termine che in tempo di recessione possono tradursi in pesanti
minusvalenze. Daltro canto, si era gi visto nellautunno 1997, al
momento della privatizzazione di Telecom, con quale e quanto
entusiasmo, con quale e quanta convinzione i principali istituti di
credito avessero accettato di far parte del nocciolino duro
per usare la sprezzante definizione che ne aveva dato lallora presidente esecutivo della societ, Gian Mario Rossignolo, uomo designato da Umberto Agnelli per conto dellIfil. Tutto ci che
successo dopo quella data, che porta il marchio indelebile del primo governo Prodi e di coloro che allepoca erano i responsabili
del Tesoro, la conseguenza di quel madornale errore di partenza. Il governo cedette Telecom in Borsa a una platea diffusa di
piccoli azionisti e di investitori istituzionali senza capire o facendo finta di non sapere che, in un Paese le cui principali aziende
sono sotto il controllo di grandi famiglie, una struttura azionaria
del genere avrebbe potuto durare solo con la presenza di un forte e coeso nucleo di soci stabili e con lo Stato determinato a far
valere la golden share. Lidea, sciagurata, che limpalcatura del
nocciolino azionario di Telecom potesse reggersi unicamente
sulla presenza dellIfil, lallora societ finanziaria della famiglia
Agnelli, fu una trovata disastrosa. Non solo perch la famiglia
Agnelli non ebbe alcuna percezione del ruolo trainante che rivestivano i servizi di telecomunicazione (peraltro proprio in un periodo in cui la crisi di Fiat era gi in fase di gestazione), ma anche
perch in quegli anni in cima ai pensieri del gruppo Ifil cerano le
banche, e in particolare lIstituto San Paolo di Torino, dove le societ della famiglia Agnelli avevano acquisito una quota. Nonostante gli sbarramenti posti dal governo, Telecom fu resa contendibile sul nascere anche grazie al fatto che aveva un modesto carico debitorio, circostanza che la rendeva una preda alla merc
delle grandi banche daffari internazionali. vero che il Tesoro
ag sotto la pressione del patto Andreatta-Van Miert, che obbligava lo Stato italiano ad abbattere i debiti dellIri, cui Telecom faceva capo, e che fu costretto ad accelerare la privatizzazione per
non mettere a rischio lingresso dellItalia nelleuro, ma avrebbe
potuto agire soppesando meglio quello che avrebbe dovuto essere linteresse nazionale.
Altro errore fu il via libera concesso nel 1999 dal governo
DAlema (ministro del Tesoro lo stesso Ciampi) alla scalata ostile dei capitani coraggiosi calati da Brescia e da Mantova, che
con la lussemburghese Bell acquisirono a debito dapprima il
controllo di Olivetti e subito dopo, tramite questa, il controllo di
Telecom; operazione che non sarebbe potuta avvenire senza il
sostegno tecnico-finanziario di Chase Manhattan, Lehman
Brothers e Mediobanca e senza la vendita di Omnitel (lodierna
Vodafone Italia).
Le vicende aziendali di Telecom successive al 1997 lOpv del
Tesoro, due anni dopo lOpa ostile di Colaninno, nel 2001 lacquisizione del gruppo da parte di Pirelli e Benetton e nel 2007 la
vendita a Telco furono in sostanza la conseguenza di quella ca-
tena di errori. cominciato in quel momento il processo di spoliazione e di indebitamento della compagnia, che come spiega
Maurizio Matteo Dcina in questo bel saggio che si legge tutto
dun fiato ha determinato un drenaggio di risorse per 24 miliardi che si sarebbero potuti spendere per dotare lItalia di una
rete in fibra ottica di nuova generazione.
Dcina incrocia i fatti con i numeri per far emergere il lato
strumentale di alcuni degli affari che caratterizzarono le gestioni
del decennio 1999-2007. Per esempio, ancora oggi sfugge il significato dellOpa di Telecom sulla quota di minoranza di Tim
per la modica cifra di 15 miliardi di euro. Che se ne faceva la
Telecom di Marco Tronchetti Provera del 100% di Tim, quando
gi ne possedeva la maggioranza? A cosa serv loperazione, oltre che ad accrescere il debito consolidato di Telecom e a pagare profumatamente le banche daffari che curarono lofferta in
Borsa? E che vantaggio ebbe Telecom dalla cessione degli immobili ai fondi di Pirelli Re? Le risposte di Tronchetti a questi
interrogativi non sono mai state convincenti. Avrebbe potuto
chiedergliene conto il consiglio damministrazione di Telco, se
non fosse che Telco partecipata (ancora per poco) da Mediobanca e Generali, che Pirelli fa parte del patto di sindacato di
Mediobanca, che Mediobanca e Generali sono a loro volta soci
di Pirelli e che Tronchetti vicepresidente di Mediobanca (attualmente sospeso perch rinviato a giudizio). Classico caso di
capitalismo italico.
Non si possono nutrire rimpianti per lera dei boiardi e della lottizzazione delle partecipazioni statali, che stata fonte di inquinamento della vita pubblica e di distorsione delle regole della concorrenza, anche se a manager di Stato del calibro di Enrico Mattei e di Gugliemo Reiss Romoli che dobbiamo la creazione di grandi gruppi come Eni e Stet (la holding dellIri poi fusa con Telecom). Ma di questo capitalismo senza capitali che privatizza i profitti e socializza le perdite, che predica il liberismo e
patteggia con la politica per ottenere protezioni e rendite, non se
ne sente affatto il bisogno.
GOODBYE TELECOM
ENTUSIASMO E DISINCANTO
UNA NOTA PERSONALE
novazioni della Tim, prima azienda del mondo a lanciare sul mercato la carta prepagata. La sensazione di giocare in una delle squadre pi forti era davvero inebriante, soprattutto per un giovane
consulente che, a furia di corsi manageriali, aveva maturato una fede assoluta per i risultati aziendali e per la vittoria di squadra.
Quellanno ricordo che in prossimit delle feste natalizie Telecom aveva distribuito a tutti i dipendenti oltrefrontiera delle cravatte con il logo e i colori dellazienda. Per noi italiani allestero
era motivo di orgoglio. La ostentavamo ad ogni riunione, fieri e
sicuri del marchio che rappresentava. Era il segno di unappartenenza aziendale che, al di l del vestito sempre impeccabile e della cravatta firmata, indicava un benessere economico generale.
Gli esiti hanno per deluso le aspettative. successo infatti
qualcosa che noi giovani, dediti ore e ore a contemplare e a riflettere su quel mappamondo, non avremmo mai creduto: vendita quasi totale delle partecipazioni, licenziamenti di massa,
evasioni fiscali, attivit di spionaggio illecite, suicidi, riciclaggio
di denaro, svendita delle centrali telefoniche.
Se dieci anni fa qualcuno ci avesse raccontato che quel mappamondo pieno di bandierine sarebbe stato spremuto come un
pompelmo e che lazienda sarebbe caduta sotto il dominio di Telefnica, noi ridendo avremmo esclamato: Ma che dite? Siamo
noi che stiamo andando alla conquista della Spagna!.
Numeri imbarazzanti
Dopo sette anni di lavoro allestero, ritornai in Italia e fui subito colto da un senso di sconforto. Troppe chiacchiere, troppa
aggressivit, troppi scandali. Non riuscivo neanche pi a vedere
la televisione. Tornai a lavorare in una societ di consulenza, il
cui maggiore cliente era Telecom. Ma lambiente non sembrava
pi lo stesso, aleggiavano la sfiducia e lo sconforto. Passeggiando per i corridoi avevo la sensazione che nel giro di poco tempo
quella apparente quiete sarebbe stata investita da una bufera.
[] I guai di Telecom cominciano da quando stata privatizzata e ha avuto la sventura di diventare la preda di un capitalismo straccione, pi attento a spolpare il grasso che a investire
in prodotti e tecnologie. Non tutto il capitalismo italiano naviga a questo infimo livello, ma buona parte purtroppo s. La regola prevalente quella di arricchire i predatori a danno dellazionariato diffuso e non organizzato, una maggioranza polverizzata e quindi priva di qualunque potere. Gli strumenti per
tenerla al guinzaglio sono vari ma con identiche finalit: scato-
le cinesi, patti di sindacato, contratti di borsa speciali, rapporti privilegiati con gruppi bancari. Il fine sempre quello: spolpare losso, lesinare sugli investimenti, privilegiare i dividendi,
i compensi ai dirigenti, le stock-option agli amministratori e
utilizzare la societ-preda come fonte di potere politico e mediatico. Questo uno dei connotati del capitalismo italiano2.
2007, rispettivamente lanno dellOpa e la fine dellera Tronchetti, ci accorgiamo che i vasi comunicanti hanno funzionato
perfettamente senza problemi di capillarit. Il monte salari si
dimezzato. Gli interessi bancari sono quintuplicati ed aumentato spaventosamente il peso degli sprechi attraverso operazioni
inefficienti, poco trasparenti o semplicemente troppo generose,
rimanendo pressoch invariato il totale dei tre flussi analizzati.
In sintesi: i tagli occupazionali sarebbero stati funzionali agli
sprechi e al pagamento degli interessi bancari.
Non si tratta di un caso isolato. Sarebbe interessante calcolare
le perdite di altre grandi aziende (Alitalia, Parmalat, Trenitalia,
Cirio, Enel) e valutare lammontare del danno globale procurato dalle varie lobby industriali e politiche al reddito nazionale e
in particolare alloccupazione. Il sospetto che la somma sia
enorme. Se solo in Telecom lo spreco di risorse stato equivalente all1,8% del Pil, a che risultati si arriverebbe prendendo in
considerazione il resto delle grandi aziende? 20%? 30%? Di
pi? Di certo la cifra sarebbe sorprendente.
Ma anche quando la barca affonda c sempre qualcuno che ci
guadagna. Chi? Ci sono due modi per conquistare e sottomettere una nazione, scrive John Adams (1735-1826, secondo Presidente degli Stati Uniti), uno con la spada, laltro controllando il suo debito. Affermazione che rende il caso Telecom
sintomatico della deriva del sistema Paese: 130% il rapporto del
debito pubblico sul Pil e 130% il rapporto del debito aziendale3
sul fatturato di Telecom. Analogie?
La logica dello spolpamento infatti sempre la stessa: i
gruppi di interesse, dopo aver comprato pacchetti azionari ricorrendo interamente al debito, posizionano nei posti chiave
gruppi di manager ben organizzati e molto affiatati, dediti principalmente al conseguimento degli obiettivi degli azionisti di
controllo e allinevitabile drenaggio di risorse dalla malcapitata
azienda verso le casse delle societ amiche. Attraverso abili giochi finanziari di continue fusioni e acquisizioni, talvolta del tutto ingiustificate, i gruppi di controllo si cimentano nella magia di
addebitare sulle aziende stesse i debiti con i quali sono state acquistate. E qualsiasi operazione che abbia come oggetto i tagli
occupazionali o la vendita del patrimonio immobiliare trover la
sua giustificazione nel contenimento dellonere finanziario con
cui sono stati acquistati i pacchetti di controllo. Questi gruppi
assomigliano molto a una banda di suonatori che passando
impunemente da azienda in azienda dopo la marcia trionfale, lasciando agli altri quella da requiem.
Il problema che in questa particolare fase del nostro sistema
politico ed economico, alcuni eventi un tempo clamorosi sono
oramai routine. Non fa pi scandalo neanche sapere che UniCredit, dopo aver annunciato quattromila esuberi, abbia liquidato il
gi milionario direttore generale Alessandro Profumo con 40 milioni di euro (cifra pari allo stipendio di duemila lavoratori). O sapere che lo stipendio annuale di Marchionne ammonta a 48 milioni di euro quando gli stabilimenti della Fiat si ritrovano in cassa integrazione. Da una parte si mandano a casa dipendenti che
percepiscono mille euro al mese facilitando una miriade di tipologie contrattuali sotto il falso mito dellefficienza e dallaltra si elargiscono bonus di svariati milioni di euro in favore di manager e
banchieri, con danni irreparabili sul sistema Paese. Questo il capitalismo? No, peggiocrazia, come direbbe il professor Luigi
Zingales, ovvero Il governo dei peggiori e non dei mediocri. Ma a
lungo andare gli effetti di questi processi degenerativi abbastanza evidente. Le statistiche dellEurostat evidenziano che negli ultimi 15 anni c stato un netto crollo del Pil pro capite italiano non
solo rispetto alla media europea ma anche nei confronti dei Paesi
pi sviluppati quali Germania, Francia, Inghilterra e Spagna. E i
risultati del rapporto del Censis (LItalia nel 2030) sono ancor pi
inquietanti: Il Sud si spopoler a favore del Centro-Nord, i giovani saranno un milione in meno mentre gli anziani diventeranno
un quarto abbondante della popolazione italiana. Se i posti di lavoro non aumenteranno al ritmo di 480mila lanno il nostro tenore di vita si ridurr notevolmente. E di fronte a queste prospettive cos scoraggianti cosa fanno le istituzioni?
Figura 1. Telecom Italia nel mondo (anno 2000). In colore pi scuro, i Paesi in
cui era presente la compagnia italiana.
Lettera dellAssociazione
degli azionisti Telecom Italia al governo
1. la variazione dello statuto attuale che lascia 4/5 dei consiglieri allazionista di riferimento con una elezione proporzionale avuti in assemblea;
2. aumento di capitale di almeno 3 miliardi, per scongiurare il declassamento sul debito da parte delle agenzie di rating;
tutti i principali azionisti, fondi italiani ed esteri, a partecipare alla
prossima assemblea per superare il blocco previsto di Telco (ovvero Telefnica) sul cambio statuto (Telecom deve diventare una vera Public
Company) e sullaumento di capitale.
la Consob e la Sec affinch si vigili su due aspetti fondamentali:
1. gli accordi tra i soci Telco aggirano lobbligo di OPA e falsano quindi la contendibilit dellazienda scoraggiando lingresso di altri soci qualora questi si presentino direttamente al mercato;
2. lattuazione dellarticolo 2497 del codice societario che prevede in
riferimento allesercizio di direzione e controllo che il debito di Telecom
Italia sia consolidato in Telefnica;
lAntitrust nella difesa degli investimenti dei piccoli risparmiatori
che sono stati assolutamente calpestati.
Qualora queste azioni non venissero adottate Asati si attiver presso
tutte le Autorit Nazionali e Internazionali, non ultima la Magistratura
e il Tribunale Europeo di Strasburgo per i diritti delluomo, per denunciare tutti quei Consiglieri che nel corso del prossimo Cda del 3 ottobre
possano ledere con le loro decisioni, supportando Telco, gli interessi di
tutte le minorities, dei livelli occupazionali, compresi tutti i dipendenti
azionisti in servizio e in pensione.
Per Asati,
Il Presidente,
Ing. Franco Lombardi
Roma 25 settembre 2013
1997-2007
COME ROVINARE UNAZIENDA SANA
per dopo qualche mese si dimise. Venne sostituito da Gian Maria Rossignolo, con una stagione tanto breve (dieci mesi), quanto
discussa. A lui, salutato con una liquidazione di 10 miliardi di lire (in pratica un miliardo al mese), nel novembre 1998 subentr
Franco Bernab. Il nuovo manager non ebbe neanche il tempo di
rendersi conto della situazione, che in capo a due mesi cominciarono a circolare voci sulla scalata da parte di un gruppo privato
di imprenditori capeggiati da Roberto Colaninno.
rate del debito. In sintesi: rinunciare allo sviluppo e allinnovazione per arricchire le banche. Possibile che le istituzioni non
avessero capito quello che stava succedendo nel nostro Paese? O
pi probabile che fossero le banche a governare le istituzioni?
Lofferta dellOpa molto alta, perch nel momento della bolla speculativa della new economy il valore delle azioni al massimo. Molti gruppi azionari, attratti dalle plusvalenze, sembrano
gradire lofferta della Olivetti a 11,5 euro ad azione (6,9 in contanti e il resto in obbligazioni e azioni della scatola Tecnost). Meglio scappar via subito e incassare, pensano in tanti. In casa Telecom intanto continuano le contromosse e il 10 marzo Bernab
annuncia la tanto attesa strategia difensiva. Il piano prevede
unofferta pubblica di scambio di azioni ordinarie Telecom Italia di nuova emissione contro azioni Tim e la conversione delle
azioni di risparmio Telecom in ordinarie. La fusione con Tim
una mossa che manderebbe alle stelle il prezzo delle azioni Telecom, poich i flussi di cassa del mobile sono ingenti. Ma la delibera deve essere approvata nellassemblea degli azionisti fissata
per il 10 aprile a Torino, un appuntamento in cui Bernab avrebbe assoluto bisogno del 30% del capitale. Ma, nonostante la
grande campagna mediatica che chiama a raccolta tutti gli azionisti, lassemblea si trasforma per Telecom in una grande disfatta. A Torino si presenta solamente il 23% del capitale. Chi manca allappello? Il Tesoro con il 3,5% delle azioni e il Fondo pensioni con il 2,4%, seguiti da altri investitori istituzionali. Ovvero
mancano gli azionisti pubblici che avrebbero potuto avvalersi
della golden share per bocciare LOpa. Il direttore generale del
Tesoro Mario Draghi, futuro governatore di Bankitalia, scrive
Peter Gomez. Vorrebbe partecipare allassemblea. Ma DAlema gli ordina di astenersi. Il ministro Ciampi si allinea. Draghi
allora chiede al premier di mettere il suo ordine nero su bianco.
DAlema prende carta e penna e invia al Tesoro una lettera dindirizzo attorno alla quale nasce un giallo: il documento scompare in seguito dagli uffici del ministero14. Un comportamento che
non passa inosservato. Palazzo Chigi lunica merchant bank
qualsiasi ipotesi di azionariato diffuso. La soluzione pi efficiente sarebbe stata quella di cedere quote agli oltre 100mila dipendenti per mezzo di piani azionari a medio e lungo termine. Gli
errori che sono stati fatti in seguito sono, in parte, anche una
conseguenza di quello sbaglio inziale. In un clima di ottimismo
generale che precedeva la bolla della new economy, a mio avviso, mancata la capacit critica di analizzare le conseguenze dellOpa. Chi sperava che DAlema avesse beneficiato economicamente o politicamente di quella scalata stato sempre smentito
dai fatti; credo piuttosto che il premier non si rendesse realmente conto della situazione. Lottimismo, lincompetenza tecnica e
la presunzione di non interferire in un mercato liberalizzato da
pochi anni, hanno portato i Ds a commettere lerrore di non
prendere posizione contro gli imprenditori bresciani. Colaninno
era visto dalla Sinistra come luomo nuovo del capitalismo italiano, quel capitano coraggioso che dopo i successi di Omnitel e
Infostrada avrebbe rilevato dalla Fiat il timone di Telecom. Daltronde bisogna riconoscere che aveva effettuato unofferta pubblica alla luce del sole, mentre i successivi gruppi di controllo,
Telefnica compresa, scaleranno lazienda attraverso accordi privati e segreti.
Allepoca cera la speranza e lillusione che qualsiasi forma di
governance privata fosse comunque migliore di quella pubblica.
Lerrore grave, a mio avviso, stato questo. Ma non certamente lunico, dato che prima dellavvento del governo Berlusconi
nel 2001 Telecom era ancora unazienda viva. Cinque anni dopo
si ritrover definitivamente spremuta, divorata e spolpata.
facesse, danneggerebbe di fatto se stesso. Se invece limprenditore avesse una piccola quota del capitale, ad esempio il 10%,
potrebbe trovare vantaggioso farsi gli affari propri e spolpare in
qualche modo lazienda; i benefici sarebbero suoi e lonere ricadrebbe per il 90% a carico degli altri soci.
Il risultato di questi intricati giochi finanziari la confisca della funzione imprenditoriale da parte di signori che hanno rischiato poco o nulla, ma che hanno lo stesso potere di un padrone che avendo investito il 90% del capitale possiede la facolt di controllare indisturbato lazienda realizzando i propri
interessi personali.
Ma se un capitalista compie azioni inefficienti avendo investito, ad esempio, lo 0,02% del valore dellazienda, come si comporter il restante 99,98%?
Per rispondere alla domanda occorre fare una distinzione tra
azionisti di controllo, azionisti istituzionali e piccoli azionisti. I
primi detengono il controllo dellazienda con una quota di azioni che a volte pu essere molto piccola. Gli azionisti di controllo, generalmente appartenenti a gruppi industriali o banche, investono anche con mezzi propri, sostenendo il rischio dellattivit imprenditoriale, ma questi mezzi sono ridicoli se confrontati con i benefici derivanti dalla gestione di una grande azienda.
La perdita di valore del titolo pu essere compensata da operazioni vantaggiose quali: il riconoscimento di stipendi, bonus e liquidazioni milionarie; lacquisto o la vendita di asset strategici a
prezzi di favore o semplicemente il potere politico e mediatico
che si guadagna allinterno del capitalismo relazionale.
Gli azionisti istituzionali sono prevalentemente costituiti da
banche e fondi di investimento esteri. Per questo tipo di investitori che non detengono il controllo dellazienda, lo scopo principale quello di far circolare il denaro, concedere prestiti e intascare gli interessi. Per una banca non cos trascendentale il
buon esito dellattivit industriale poich in qualsiasi caso il maggior guadagno costituito dal movimento finanziario stesso. Lazionista istituzionale, la banca per eccellenza, pu anche per-
Il Tronchetto dellinfelicit
Prima ancora di preparare lassalto a Telecom, il bel tenebroso del capitalismo italiano viene definito dal Financial Times
il nuovo Agnelli. Negli anni 90 i mass media hanno confezionato per lui limmagine dellimprenditore gentiluomo, affascinante ed elegante, il classico italiano invidiato da tutti, persino
dai salotti buoni della finanza mondiale. A beneficio dei potenziali imitatori, il settimanale Panorama ha elencato persino i
particolari del suo stile: camicie Loro Piana, abito Caraceni, cravatta Marinella, orologi Piguet Royal Oak o Millennium, scarpe
Tods e persino il taglio del barbiere Colla a Milano. Un tipo
sportivo e amante del calcio. La domenica, puntualmente sugli
spalti, viene infatti inquadrato e si fa intervistare. Diventa licona del tifoso aristocratico, sempre composto e signorile. Mai un
gesto o un improperio contro larbitro e mai unesultanza troppo emotiva: quelle sono da provinciali.
Per non essere da meno rispetto agli altri grandi del capitalismo italiano, insieme a Moratti si lancia nel progetto di far rinascere una grande Inter, per molti anni oscurata dai fasti del
Milan di Berlusconi e della Juve dellavvocato Agnelli. A suggello di tale vincolo di sangue con i colori nerazzurri, sponsorizza
da anni la squadra attraverso la Pirelli e siede dal 2001 al 2006
nel cda di Telecom insieme al suo amico Massimo Moratti, presidente dellInter; mentre lex ad e vicepresidente di Telecom
Carlo Buora occupa la poltrona di vicepresidente del club nerazzurro. Una singolare combinazione in concomitanza del campionato 2005-2006, in cui viene assegnato a tavolino lo scudetto
allInter in seguito al coinvolgimento di arbitri e dirigenti juventini in operazioni poco trasparenti, come emerso dalla pubblicazione di alcuni atti, compresi colloqui telefonici.
La sua entrata in Telecom preceduta dallacquisto di un aereo
privato, battezzato Telecom One. Forse per emulare lAir Force One del Presidente degli Stati Uniti? Nellagosto 2001, racconta Vittorio Nola, ex segretario generale del cda di Telecom,
lad Enrico Bondi affida a me e ad altri due colleghi una procura speciale per acquisire in leasing un Falcon 900 con la livrea
bianca e rossa, cio i colori della societ. Guardi, ancora conservo la foto come una reliquia. Nel 2002, con lavvento della piena
gestione Pirelli in Telecom, al comandante della Servizi Aerei (societ di gestione del leasing aeronautico) fu richiesto di ridipingere la livrea con i colori nero-azzurri. Passioni sportive a parte, il presidente si mostra sempre sicuro di s, mai un dubbio,
unesitazione o un timore, anche quando rilascia interviste. Storica resta nel 2008 una sua presenza al Tg1 delle 20, in qualit di
esperto di problemi economici, dove alla domanda: Cosa bisogna fare per uscire dalla crisi?, risponde: Bisogna aumentare i
salari e avere pi ore lavorate e pi gente che lavori, soprattutto
donne e abbiamo bisogno di investire in ricerca e formazione. A confermare che tra i buoni propositi e la realt c una
bella differenza, si deve notare che durante la sua presidenza in
Telecom lorganico italiano stato ridotto di 22.396 unit e non
Solo con il videotelefono, secondo fonti interne, sarebbero stati persi 400 milioni di euro (300 milioni di apparati non funzionanti, pi 100 milioni tra spese di commercializzazione e assistenza). Spesso, dietro alcune semplici operazioni commerciali si
sono celati fenomeni molto pi complessi, tanto da rievocare la
teoria dei vasi comunicanti secondo cui ci che unazienda perde qualche altra inevitabilmente lo guadagna. Il caso del videotelefono quello pi eclatante, ma non lunico, e vale la pena di
ricordarlo.
Gi a met degli anni 90 la controllata Italtel aveva presentato
il Nexus 2000, un videotelefono di hardware e software non troppo distanti da quelli riproposti da Telecom Italia nel 2004. Il lancio fu un vero e proprio fallimento a causa del prezzo e della scarsa qualit. La pubblicit dellepoca aveva cercato invano di allettare la clientela con le formule: Il telefono si accende di nuove
emozioni, il telefono che annulla le distanze e vi dona il calore. Anche il nuovo videotelefono commercializzato da Telecom
donava calore ma, ironia della sorte, solo perch presentava una
notevole tendenza al surriscaldamento velatamente confermata
nel manuale di utilizzo della casa produttrice al punto 2.1 e sperimentata da un notaio che ha intentato causa a Telecom dopo
che il videotelefono gli ha mandato in fumo la scrivania del 700.
Per anni lidea di offrire la videotelefonata su rete fissa fu accantonata, fino a quando nel 2004 venne presentato come nuovo il vecchio videotelefono. Il Nexus 2000 costava lequivalente di 400 euro, poi sceso a 250. Mentre il nuovo videotelefono
coster ben 299 euro con una qualit ancor pi scadente. Come
mai a dieci anni di distanza dal lancio del Nexus 2000 stato
commesso lo stesso errore? Sempre che di errore si tratti. Significativa rimane la domanda che ha posto un dipendente nel buio
della sala durante le presentazioni del nuovo videotelefono: A
cosa serve il videotelefono se gi oggi con Internet si pu fare
una videocall gratuita?. Nonostante la richiesta di videotelefoni fosse inesistente, nel 2004 il geometra Patrick Scarlata, attraverso la societ HiTel, stipula un sostanzioso accordo con Tele-
Stampa che le sim accertate come false potrebbero essere intorno ai 5 milioni e mezzo.
Nel febbraio 2011 la Guardia di Finanza, facendo irruzione
negli uffici Telecom di Milano per ulteriori accertamenti, comprova lesistenza di 2,4 milioni di sim dormienti rivitalizzate, ma
che in realt sono false, attribuite a clienti che non generano traffico e che sono state riattivate con laccredito di un centesimo di
euro. A queste, secondo le fonti ufficiali finora emerse, si aggiungerebbero altri 4 milioni di sim: alcune rivitalizzate, altre intestate a persone inesistenti e altre ancora intestate pi volte allo
stesso proprietario, per un totale di circa 6,4 milioni di carte false (in pratica una su quattro). I numeri sono ingenti e la truffa
ai danni del mercato tanto pi grave se si considera che il decreto Pisanu stabilisce che per poter attivare una sim necessario disporre del codice fiscale e del documento dellintestatario.
Si arriva cos alla conclusione che la vicenda ha avuto effetti anche sul mondo della criminalit organizzata, per la possibilit di
usufruire di chiamate non identificabili.
Oltre alle Procure di Vicenza, Milano e Roma, anche quella di
Napoli si interessa al caso, aprendo nel 2008 un fascicolo dal titolo Sim e Napule con oggetto i rapporti tra i clan della camorra e la pratica di falsificazione delle carte ai danni di Telecom. Indipendentemente da tutte queste indagini, il giornalista
di Panorama Carmelo Abbate, fingendosi interessato allacquisto di 500 sim false, ha provato a indagare sul caso nel Nord
Italia: Il primo contatto avvenuto su Internet con una persona che si sempre nascosta dietro un nickname, scrive. Non
stato semplice, ogni volta che laffare sembrava vicino alla conclusione il prezzo delle schede improvvisamente saliva da 1 a 5 e
10 euro. E le persone che dovevano materialmente consegnarle
sparivano di colpo e non erano pi rintracciabili. Alla fine il pacchetto mi stato consegnato in un parcheggio buio di una strada statale alle 11 di sera, senza che sapessi chi fosse la controparte. Prendere o lasciare. Le 500 sim card erano ammucchiate
dentro un sacchetto della spazzatura. Ne ho provate una decina
Clamoroso, durante la gestione Tronchetti, anche lo scandalo legato a Sparkle, societ del gruppo Telecom che gestisce il
mercato del traffico internazionale. Servendosi di sofisticati meccanismi finanziari, alcuni dirigenti delle societ cartiere hanno
realizzato tra il 2003 e il 2007 delle operazioni illecite cui stato
assegnato il nome di frodi carosello per un giro di fatturazioni
false pari a due miliardi di euro (circa il 35% del fatturato). Le
fatture false, oltre a gonfiare i bilanci, servivano a evadere lIva
con la conseguente creazione di fondi neri da distribuire e utilizzare per lacquisto di beni di lusso quali macchine da corsa e
gioielli. Il gip di Roma che ha ricostruito la vicenda parla apertamente di legami con la delinquenza organizzata, la cui attivit
era proprio quella di riciclare i fondi neri che uscivano da Telecom a titolo di fatture emesse. Le modalit operative di Telecom
Italia Sparkle, commenta il gip, pongono con solare evidenza il
problema delle responsabilit degli amministratori e dirigenti
della societ capogruppo alla quale appartiene Sparkle [].
evidente che o si in presenza di una totale omissione di controlli
allinterno del gruppo Telecom sulle gigantesche attivit di frode
e riciclaggio, o vi stata una piena consapevolezza delle stesse21.
Un ultimo interrogativo sorge circa la gravit del reato di falso in bilancio. In alcuni Paesi, come ad esempio gli Stati Uniti, le
pene sono severissime. Lex amministratore delegato della Enron, Jeffrey Skilling, stato condannato nel 2006 a 24 anni e 4
mesi di reclusione per frodi contabili. E in Italia? Esiste ancora
il reato di falso in bilancio?
chetti che si trovato periodicamente a deporre. Il dilemma giudiziario da otto anni a questa parte stato esattamente lo stesso
che si conosceva dallinizio: agivano per conto proprio o in favore dei vertici aziendali? Domanda talmente oziosa che, se fosse rivolta seriamente, rasenterebbe loffesa.
Lo scandalo ha coinvolto cinquemila persone spiate, per un
bacino potenziale di spiati pari a circa 1 milione di persone22.
Lattivit illecita di spionaggio aveva come unico scopo quello di
controllare gli ambienti della finanza, delleconomia, della politica e persino dello sport. Organizzato da alcuni uomini della Pirelli prima ancora dellarrembaggio alla nave Telecom, questo intricato sistema di spionaggio aveva lo scopo di screditare la gestione operativa esistente e consentire una pi rapida presa di
potere senza trattative o controlli. In poche parole: entrata,
conquista e resa incondizionata dellazienda, come commenta
Vittorio Nola, prima vittima delloperazione New Entry in
qualit di segretario del cda durante la gestione Colaninno.
Principale attore delle operazioni di spionaggio telefonico
Giuliano Tavaroli. Noi della security siamo peggio della Gestapo, annuncia in tono scherzoso lex maresciallo dei Carabinieri
in una riunione di lavoro in Telecom. Fisico possente, barba curata e occhio azzurro gelido, dopo aver prestato servizio presso
la sezione Anticrimine dei Carabinieri di Milano, stato responsabile della sicurezza di Pirelli per arrivare poi ai vertici di quella del gruppo Telecom nel 2001. Quattro anni dopo nascono i
primi problemi. Nellambito delloperazione Amanda, Tavaroli viene sorpreso a effettuare ascolti telefonici senza autorizzazione nella sede Telecom di piazza Affari a Milano. Ma anzich
essere licenziato viene trasferito in Romania con una responsabilit non ben definita, mantenendo ovviamente la qualifica di
dirigente con stipendio e benefit vari. Se operava per conto suo,
come sostenuto fin dallinizio dai vertici Telecom, perch non allontanarlo immediatamente dopo una simile azione criminosa?
Arrestato il 20 settembre 2007, Tavaroli rimasto sei mesi in
carcere, interrompendo ovviamente il rapporto di collaborazione
con Telecom, che dichiara subito di non sapere nulla di quelle attivit illecite. Sta di fatto che solo nel giugno 2010, dopo che la vicenda era gi nota da qualche anno, Tronchetti e Buora entrano
nel registro degli indagati presso la Procura di Milano. Le indagini prendono una netta direzione solo in seguito alle dichiarazioni di uno degli alfieri di punta del Tiger team, Emanuele Cipriani, che nel febbraio 2010 afferma davanti ai magistrati che
tutti i dossier sulle persone spiate venivano consegnati a Tavaroli, il quale avrebbe informato Tronchetti ogni volta che fossero
emersi elementi interessanti. Queste dichiarazioni sarebbero state per smentite da Tronchetti, che avrebbe seguitato a ribadire
di non essere a conoscenza delle attivit svolte dalla security.
Dopo circa tre anni di udienze, la magistratura ha dato ragione a Tronchetti circa la sua estraneit ai fatti con eccezione per
la vicenda Kroll, dove lex presidente stato condannato in primo grado a un anno e otto mesi per ricettazione. La vicenda al
centro del processo risale al 2004, scrive Il Sole 24 Ore, anno in cui Tronchetti era presidente di Telecom Italia e il colosso
telefonico combatteva con alcuni fondi per il controllo di Tim
Brasil. La ricettazione riguarda un cd di dati raccolti dallagenzia di investigazione Kroll e poi hackerati dagli uomini dellex
manager della security Telecom, Giuliano Tavaroli. Secondo Robledo, Tronchetti Provera era consapevole della provenienza illecita di quei dati23.
Oltre agli intrecci industriali, ancora pi preoccupanti sarebbero quelli politici, cos come riferiscono alcune fonti interne
non ufficiali. Lo scenario pi probabile riguardava linteresse
per laffare Telekom Serbia da parte del governo Berlusconi,
appena insediato. In particolare, si pensava di smascherare presunte tangenti24 che alcuni esponenti del governo Prodi avrebbero preso da Miloevic in seguito allacquisto a peso doro, nel
1997, di una partecipazione in Telekom Serbia. Quelle stesse
quote furono infatti rivendute alcuni anni dopo a meno della
met, con una perdita netta di circa 400 milioni di euro. Tutta la
vicenda sarebbe stata unoccasione magnifica per screditare il
mattone e la contemporanea entrata delleuro. Se a ci si aggiunge lacquisto a credito, e a prezzi stracciati, si arriva alla conclusione che chi ha condotto massicce operazioni immobiliari sotto
il segno delle privatizzazioni ha realizzato enormi plusvalenze.
Nel 1999 il patrimonio immobiliare che appare in bilancio a
prezzi storici ammonta a cinque miliardi di euro. Nel corso di
pochi anni questo capitale viene azzerato. Scompaiono uffici di
prestigio e centrali telefoniche (generalmente edifici in aree metropolitane) vendute a societ partecipate da Pirelli Real Estate
e, come ha ironizzato Beppe Grillo, Tronchetti non si neanche dovuto chiamare al telefono per realizzare laccordo. In
realt, la vendita del patrimonio immobiliare inizia con lera Colaninno. Fresca di privatizzazione, mamma Telecom viene spremuta per rifocillare gli sforzi dei capitani coraggiosi. Nel 2000
vengono ceduti 580 immobili (la maggior parte sono grandi centrali retrolocate a Telecom)27 per un incasso di 2,9 miliardi di euro. Gli immobili vengono ceduti a fondi partecipati dalla societ
Beni Stabili, controllata dal gruppo Sanpaolo Imi e Lehman
Brothers. Successivamente una parte di questi immobili viene
ceduta a fondi controllati da Goldman Sachs.
Tra il 2002 e il 2005 vengono ceduti 329 immobili (centrali e edifici di prestigio nelle maggiori citt dItalia) con un doppio passaggio attraverso Tiglio I e Tiglio II Srl, partecipate da Morgan Stanley e Pirelli Real Estate. Nellassemblea di aprile 2008 il presidente
del cda Telecom, Gabriele Galateri di Genola ha dichiarato che la
liquidit generata dalla vendita di questi 329 immobili stata di circa 500 milioni, mentre in una relazione di Pirelli del 2007, reperibile sul sito dellazienda stessa, si legge immobili per un valore di
1,6 miliardi di euro. E non si capisce perch i conti non tornino.
Nel 2006 vengono ceduti gli ultimi immobili al fondo Raissa controllato da Morgan Stanley e Pirelli Real Estate, per un totale di
1.279 cespiti (quasi tutte centrali di piccole dimensioni retrolocate
a Telecom), per un incasso di circa un miliardo di euro. Alla fine,
dunque, il patrimonio immobiliare sarebbe stato equamente dismesso tra la gestione Colaninno e la gestione Tronchetti.
Telecom. Una parte di questi immobili stata poi rivenduta dopo alcuni mesi con una plusvalenza del 70%. Cos come si legge
nella Presentazione agli analisti del 27 settembre 2001.
Oltre alla vendita a prezzi fuori mercato di palazzi e uffici, ancora pi grave e penalizzante per Telecom Italia stata poi la
vendita dei locali in cui sono situate le centrali telefoniche. Questi stessi locali vengono riaffittati a Telecom con canoni di locazione che generano per i fondi dei rendimenti che vanno dall8
al 10%, quando, al contrario, la media del mercato immobiliare
si attesta tra il 4 e il 5% (fonte: Agenzia del Territorio). A questo
punto due sono le cose: o i canoni di locazione sono doppi o la
vendita delle centrali avvenuta alla met del valore di mercato.
In entrambi i casi, il danno per lazienda enorme.
In genere, alti tassi di rendimento sono giustificati per alcuni
immobili di natura commerciale sui quali il rischio molto elevato poich lesito dellattivit sempre incerto. Ma nel caso delle
centrali telefoniche affittate a Telecom Italia il cui rischio di turnover o di insolvenza nei pagamenti praticamente nullo, com
possibile che il tasso di rendimento sia doppio rispetto a quello di
mercato? In alcuni casi i tassi di rendimento superano addirittura il 10%, e pare difficile attribuire tali tassi esorbitanti a un eventuale eccesso di imprevisti, visto che la manutenzione straordinaria a carico di Telecom Italia. A ci si aggiunge un danno ancor pi grande poich senza le centrali non potrebbero esserci i
servizi di base. E quindi Telecom si ritrova oggi in una situazione
di assoluta subordinazione nei confronti dei fondi immobiliari,
poich a fine 2012 sono scaduti i primi contratti di affitto.
Ci segnalano una operazione annunciata in questi giorni ai
dipendenti di Sparkle, si legge in una newsletter clandestina.
Si tratta di uno spostamento che riguarda tutti i dipendenti che
lavorano al settimo piano della sede di via Cristoforo Colombo,
questi verranno spalmati ammucchiandoli nelle stanze dei vari
piani sottostanti? Si far forse ricorso a scrivanie a castello? Sembrerebbe unoperazione di razionalizzazione degli spazi ma non
cos. La motivazione che Sparkle non pu permettersi il pa-
miliardi, ricevendo il 49% di un fondo da 3,3 miliardi ma indebitato di 2,5 miliardi. Se invece gli immobili di Telecom fossero
gravati dal debito, perch il presidente Galateri non lo avrebbe
specificato nellassemblea del 12 aprile 2008? E di che tipo di
debito si trattava?
Gli immobili di Tiglio I e Tiglio II sono stati poi venduti nel 2005
ai fondi chiusi Tecla, Olinda, Berenice, Cloe e Clarice, partecipati
da Pirelli Real Estate e senza partecipazioni di Telecom Italia e alcune centrali telefoniche si trovano oggi in vendita persino su eBay.
Nel 2008 e nel 2009 Tiglio I e Tiglio II hanno addirittura generato piccole perdite di esercizio che sono ricadute sui soci e
Telecom, in qualit di azionista, si trovata nella paradossale situazione di dover coprire queste perdite. Che dire? Stranezze
della finanza creativa. E pensare che il fisco italiano si inventa
metodi sempre pi complessi e improbabili per misurare i centesimi nelle tasche degli italiani quando, al contrario, i miliardi
fluttuano liberamente altrove.
Consulenti o cum-silenti?
Ricordo ancora da neolaureato il mio primo giorno di lavoro,
quando un collega pi anziano mi salut con il motto: Che bella consulenza, che si fugge tuttavia. In effetti non tardai neanche una settimana ad assaporare il significato della frase. Mi spedirono da Roma a Milano in una stanza dalbergo di quattro metri quadrati dove alloggiavo tutta la settimana. A parte le poche
ore di sonno la notte, il resto del tempo lo passavo in ufficio a
produrre strani calcoli finanziari. Momento sintomatico di questa frenesia erano i 20 minuti di pausa in cui si ordinava la pizza
nel peggiore fast-food in piazza Duomo, e per i pi fortunati un
panino al volo da Burghy. Erano gli anni 90. Quelli della bolla
speculativa della new economy. In realt a me non importava lo
stile di vita che conducevo. Mi divertiva anche stare tutto il giorno in ufficio fino a mezzanotte. A volte uscivo anche pi tardi e
non avevo di meglio che andare a scaricare i nervi in una sala giochi dove avevano allestito il primo Resident Evil, il videogioco
dove si spara ai morti viventi. Che ironia della sorte!
La cosa che pi mi imbarazzava era il fatto che io, non avendo
conoscenze tecniche se non quelle universitarie, andavo a discutere con gli amministratori delegati delle pi grandi societ su
quelli che erano aspetti di cui non conoscevo neanche i termini.
A quella giovane et non me ne rendevo neanche conto, perch
ancor prima di infilare la cravatta i miei capi si assicuravano che
avessi fatto correttamente i compiti. Gli stessi che venivano assegnati a tutti: una convincente e persuasiva presentazione di un
centinaio di slide dove lunico concetto che si ripeteva in modo
ossessivo era che andava tutto bene. E se proprio le formule matematiche non rendevano giustizia a questo postulato, bisognava
stressarle con cura utilizzando il buon vecchio tarocco. Ricordo ancora, nel 1998, il mio Business Plan per il sito de La Gazzetta dello Sport, in cui nella casella relativa ai ricavi futuri dellanno 2003 derivanti da e-commerce, avevo sparato una cifra
stratosferica. Numeri che non avevano assolutamente alcun fondamento logico. E pi io cercavo di convincere tutti di abbassare i risultati, pi gli altri mi dicevano: Pompa pompa bisogna pompare i numeri. Come sia andata a finire la new economy lo sappiamo tutti. Titoli che dal nulla hanno reso la fortuna di chi ha saputo speculare nel momento giusto, e che nel giro
di pochi mesi si sono rivelati quello che erano: una bolla di sapone creata dalle maggiori societ di consulenza mondiali per intascare stock-option e bonus milionari. Era il 1999. Ma a quanto pare lesperienza ha insegnato poco o nulla, visto che dietro
lultima crisi mondiale ritroviamo le stesse logiche e le stesse societ di sempre.
La grande societ di consulenza e, ancor di pi, la grande banca daffari predilige prevalentemente i giovani laureati, preferibilmente quelli marchiati con lacronimo Mba, li prende e li sbatte
immediatamente dal cliente, senza che abbiano la minima idea
dei fenomeni tecnici che regolano il core business dellazienda.
Non importante lintelligenza o il grado di cultura, ma la disponibilit e la capacit di adattamento al contesto. Gli orari di
lavoro sono massacranti, ma non perch realmente ce ne sia bisogno; il vero motivo la creazione di una pressione psicologica
tale da annullare la libert di pensiero per piegarla a quelli che sono gli obiettivi di turno. Questi possono essere svariati: dimostrare che bisogna investire in un progetto perch fa comodo al
direttore o far vedere semplicemente che i risultati sono migliori
di quelli che in realt sono per tranquillizzare gli azionisti o semplicemente muovere somme di denaro a beneficio di qualcuno.
La posizione del giovane consulente somiglia molto a quella
dei sofisti dellAtene del V secolo a.C., dove alla domanda Cos che giusto? avrebbero risposto che giusto ci che in quel
momento conviene sia giusto. Appunto, un sofisma, ritenuto da
Socrate un oltraggio alla ragione umana. Perch il significato del
buono e del non buono in qualche misura deve comparire anche
nel Business Plan. I nomi Goldman Sachs, Morgan Stanley e
Lehman Brothers mi ricordano una frase che ho letto un giorno
in un libro del filosofo Nietzsche: La lotta per levoluzione ha
leffetto opposto a quello illustrato da Darwin; non i migliori ma
i peggiori hanno la meglio, poich questi hanno la capacit di
coalizzarsi adattandosi meglio allambiente. In queste societ parassitarie fa carriera il dipendente sempre obbediente, subdolo e
remissivo, meglio se psicoastenico, in modo tale da poter esser
facilmente decifrabile dal diretto superiore. I migliori, ossia
quelli in grado di comprendere e discutere gli ordini, sono spesso relegati a un ruolo secondario per poi essere emarginati e successivamente allontanati. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Risultati che hanno come oggetto non i bilanci delle singole
aziende ma le sorti di interi Paesi.
La mia esperienza sul caso Telecom mi fa venire il sospetto che
una parte delle responsabilit labbiano avuta purtroppo anche
tutte le altre societ di consulenza nellassecondare il processo di
degrado intellettuale che ha favorito il drenaggio di ricchezza a
scapito del benessere aziendale. La mia una critica generale,
poich una societ di consulenza possiede degli aspetti molto positivi, gli stessi che ho potuto apprezzare, essendo stato anche io
uno di loro. Oltre alla divisa, a caratterizzare le migliori societ
di consulenza italiane come Accenture ed Ernst & Young (da non
confondere assolutamente con le banche daffari) la loro organizzazione orizzontale basata su gruppi di lavoro professionalmente misti; unorganizzazione che, a differenza di quella piramidale, consente un migliore e pi rapido flusso informativo. I
consulenti, cambiando frequentemente cliente, hanno la possibilit di arricchire le proprie competenze e sviluppare una grandissima elasticit mentale, fornendo al cliente quella marcia in pi
che spesso manca al dipendente che da anni lavora in azienda.
Sono queste le carte che dovrebbe giocare una societ di consulenza che abbia a cuore il bene comune. Le potenzialit sono
molteplici e devono essere gestite in maniera saggia e brillante,
perch altrimenti a cosa servirebbero i concetti di efficienza,
equit e sviluppo che si ripetono nei moderni Mba e, prima ancora, in tutti i manuali di economia politica?
2008-2013
TELECOM, ULTIMO ATTO?
laltra gli scandali della gestione precedente, esplosi per a scoppio ritardato.
A rendere la situazione ancora pi delicata sarebbero inoltre le
dichiarazioni dello stesso Bernab sulle sollecitazioni ricevute per
la svendita degli ultimi asset strategici, come a voler suggerire che
il processo di spolpamento non sarebbe ancora terminato. Un
esempio? Le pressioni per la vendita della partecipazione in Argentina, su cui di recente sta indagando la Procura di Roma.
Ad avviare linchiesta un bonifico internazionale sospetto segnalato dalla Banca dItalia alla Guardia di Finanza: cinque milioni di dollari partiti dallArgentina. Beneficiaria la societ di
comunicazione Tfgcom, proprietaria dellagenzia di stampa il
Velino, che in pochi mesi avrebbe pubblicato numerosissimi articoli sulla vendita di Telecom Argentina. Gli inquirenti hanno
accertato che i soldi, accreditati il 7 maggio 2010, provenivano
dallimprenditore Matas Garfunkel, noto in tutta lAmerica Latina per la sua ricchezza e perci definito dai giornali argentini
come lheredero serial. Garfunkel, in quei giorni, alloggiava a
Roma nel lussuosissimo Hotel de Russie, a pochi passi dal quartier generale di Telecom Italia, deciso a portare a termine lacquisto del pacchetto di maggioranza di Telecom Argentina, da anni
in mani italiane. Nei paraggi si aggirava anche il senatore italo-argentino del Pdl Esteban Caselli, detto el Obispo (il vescovo).
La vicenda assume forti connotati politici poich in Argentina risiedono 648mila italiani, che costituiscono un bacino potenziale
di circa 400mila voti e cio l1% del nostro elettorato totale. Il
vescovo racconter in seguito che era a Roma per caso, dove
avrebbe semplicemente incontrato esponenti di Mediaset.
Sulla vicenda, lo stesso procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo apre un fascicolo. Le indagini si muovono sullintreccio tra interessi economici e politici a livello internazionale.
Lanno dopo il senatore Elio Lannutti in uninterpellanza parlamentare del 15 marzo 2011, citando un articolo de il Fatto
Quotidiano, chiede se risulti vero che il 6 maggio 2010, mentre si riunisce il consiglio di Telecom Italia, il senatore Caselli
Tale scandalosa ipotesi di scorporo della rete non ha avuto seguito, anche per la meritoria, tenace opposizione di Bernab.
dei termini di prescrizione per unazione di responsabilit: cinque anni a partire dalle dimissioni degli amministratori durante
la cui gestione sono avvenuti gli scandali (2007). E, secondo i
maligni, il gioco avrebbe giovato anche a Bernab per la sua riconferma, poich, in caso contrario, il manager avrebbe avuto le
carte in regola per far uscire un reale rapporto sugli scandali delle gestioni passate, tali da avere forti ripercussioni finanziarie sugli azionisti di controllo. Secondo alcuni si trattato di un vero
e proprio compromesso per evitare ulteriori danni allazienda.
A diffondere le prime due parti del rapporto Deloitte, riguardanti lo spionaggio e le sim false, ci ha pensato per nellestate
del 2011 una newsletter clandestina interna. Come molti prevedevano, il rapporto sottostima di gran lunga i danni e non chiarisce del tutto alcuni interrogativi in relazione al ruolo dei vertici aziendali. Inoltre, sembra che la questione degli immobili non
sia stata neanche affrontata.
La Deloitte certamente una delle tante societ di consulenza, con il particolare che quella gi scelta come advisor contabile nelle operazioni immobiliari Tiglio I e Tiglio II. Operazioni
che hanno depauperato Telecom favorendo la Pirelli. E in questo caso la domanda dobbligo: com possibile assegnare a
questa societ, tra le centinaia di societ di consulenza esistenti,
un rapporto cos delicato?
Le intenzioni del cda di Telecom si erano per gi capite durante la riunione del 16 dicembre 2010, nel cui verbale si legge:
Anche in base al parere dei consulenti legali, professor Franco
Bonelli e avvocato Bruno Cova, il Consiglio di amministrazione,
sulla base delle conoscenze a oggi disponibili, non ritiene di introdurre allordine del giorno della prossima assemblea dei soci
leventuale esercizio di azioni di responsabilit. Tuttavia, secondo Asati, la cosa pi strabiliante di questo cda che si chiederebbe un parere legale sullazione di responsabilit allo stesso
studio Erede, Bonelli, Pappalardo, che a dicembre 2005, al via
del fondo immobiliare partecipato da Pirelli Real Estate, ha agito in qualit di advisor legale33.
luogo, perch tutto il Brasile cresceva a tassi stratosferici e in secondo luogo, perch dietro le aggressive politiche di marketing
di Tim Brasil si potevano celare le solite operazioni di cosmesi
contabile. Sospetto confermato dalle e-mail rinvenute nel corso
delle perquisizioni del nucleo di polizia tributaria della Guardia
di Finanza e pubblicate su Il Sole 24 Ore. Alcune di esse sono
imbarazzanti perch fanno sorgere il dubbio che Luciani sia ricorso agli stessi artifici tecnico-contabili anche in Brasile.
Secondo Il Sole 24 Ore, il sospetto che Luciani avesse assecondato anche l ladozione delle stesse tecniche di alterazione
dei dati34 ad alcuni dipendenti era gi sorto da anni, nonostante in Brasile ci siano disincentivi fiscali contro tali metodi: le Sim
dormienti vengono infatti tassate. Ma uno scambio di e-mail risalenti allestate del 2010 fa pensare che lo svantaggio fiscale non
sia bastato a impedire lutilizzo di tale prassi. Il 16 luglio di quellanno, nel riportare gli ottimi risultati ottenuti nellacquisizione
di nuovi clienti, il dirigente locale Rogerio Takayanagi suggerisce
a Luciani unoperazione di pulitura delle sim dormienti: Credo
adesso possiamo pulire un po la base. Come vedete?. La risposta di Luciani, quattro ore dopo, chiara: Non ci serve pulire per risparmiare un po di tassa. Ogni acquisizione ci costa in
sforzo pi che in tassa Per ora continuiamo a spingere35.
In proposito, mi sembra esemplare il commento di Elio Lannutti nellintervista sul caso Telecom: Nelle grandi aziende di
un mercato libero dove vigono le regole della sana competizione, i manager sui quali in corso una indagine della magistratura per truffa ai danni dello Stato, non potrebbero fare neppure
gli uscieri. Nella Telecom tronchettizzata i cui manager vengono
scelti dai bankster (per met banchieri e per met gangster,
con la prevalenza dei secondi) i Napoleoni possono fare anche
gli amministratori delegati. Perch la Telecom rappresenta lo
specchio, il paradigma del Paese e di un capitalismo di relazione
dove non governano coloro che rispettano le regole e i valori, ma
soltanto coloro che piegano la legalit e le regole ai loro interessi di bottega, mortificando gli interessi pi generali.
che incredibilmente ha creato pi problemi al manager di Vipiteno (Franco Bernab) e gli ha procurato linimicizia pi forte stata la gestione del polo televisivo che fa capo a La7. Lingaggio di
un professionista delletere come Enrico Mentana ha fatto letteralmente imbufalire il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi,
da sempre preoccupato di garantire alle Tv di Mediaset il futuro
pi roseo possibile. E lo share del 10% raggiunto quasi stabilmente dal tg di Mentana a danno dei concorrenti Tg1 e Tg5
un fatto che Berlusconi fa veramente fatica a digerire. Soprattutto perch La7 (controllata da Telecom Italia) una Tv generalista che si rivolge a un pubblico di moderati, proprio quel bacino di telespettatori che il premier considera pi vicino a lui da
quando sceso in campo36. La7 sar poi venduta un anno dopo.
Azione di responsabilit?
Secondo larticolo 2393 del Codice civile, unazione sociale di
responsabilit contro gli amministratori di unazienda che provocano danni pu essere richiesta legalmente di diritto dai soci
che rappresentano almeno un 5% del capitale. Si tratta di una
quota azionaria in teoria molto piccola da raggiungere, ma in
pratica grandissima per via delle intricate relazioni di potere che
intercorrono tra i vari gruppi azionari. Da anni questa azione legale viene proposta dai piccoli azionisti e dai dipendenti azionisti, chiassosi e battaglieri ma troppo esigui per raggiungere il 5%
e soprattutto troppo scomodi. Unico consigliere del cda favorevole allazione di responsabilit stato Luigi Zingales, che nel
corso della riunione del 16 dicembre 2010 ha espresso la sua opinione. Zingales un economista di fama internazionale, che da
anni scrive che il capitalismo di per s il miglior modello economico, ma che diventa inefficace a causa della peggiocrazia
degli uomini che lo applicano. Giustissimo. Il problema non sono le regole, che abbondano, ma le modalit normative con cui
vengono applicate.
quando nella scalata di una montagna, quando cade il primo cadono tutti in fila uno dopo laltro. Ma per fortuna non tutti gli
arbitri sono uguali e c chi per scelta, per caso o per virt, preferisce giocare nelle piccole squadre. Giocando in queste, la vittoria ha senza dubbio pi gusto.
della classifica europea. Eppure ci sono centinaia di studi universitari che convergono sul fatto che ci sia una stretta relazione
tra la penetrazione della fibra e la crescita del Pil.
Bench Franco Bernab e Marco Patuano siano riusciti a ridurre il debito da 36 a 28 miliardi di euro, lo scempio compiuto dalle
gestioni precedenti continua a pesare come un macigno che rende
impossibile qualsiasi piano di investimento in innovazione e sviluppo. Occorrerebbe dunque un aumento di capitale39, da sempre
osteggiato da parte di Telefnica, e il tanto discusso scorporo per
proteggere la rete e utilizzare capitali freschi per la cablatura.
Con un rapporto debiti/ricavi pari al 100%, la possibilit di
cedere una parte della rete a fronte di un giusto valore potrebbe
consentire una migliore autonomia finanziaria. Lipotesi dello
scorporo prevede infatti la creazione di una nuova societ (chiamata in gergo Newco), alla quale sono chiamati a partecipare
tutti i concorrenti che accederebbero alla rete in condizioni di
parit. Telecom conferirebbe la sua rete alla Newco detenendo
un pacchetto azionario di maggioranza.
La stima del valore della rete realizzata da Asati (in base al valore attualizzato netto della Newco40, da non confondere con il
valore intrinseco della rete in rame) si aggira intorno ai 12-14 miliardi di euro, e cambia a seconda del mix di tecnologie e dellorizzonte temporale considerato. Nellesempio, se la Newco fosse
valutata 12 miliardi e lex monopolista mantenesse una quota del
75% della Newco, il restante 25% da piazzare sul mercato sarebbe equivalente a 3 miliardi con i quali si potrebbero cablare
in modalit Fttc41 dai 6 agli 8 milioni di abitazioni.
E chi dovrebbero essere gli investitori italiani? In alternativa a
Vodafone, Wind e Fastweb ci sarebbe la Cassa depositi e prestiti, che finanzierebbe loperazione con soldi pubblici vigilando i
processi di governance attraverso una golden power, indispensabile per la sicurezza e lo sviluppo dei piani di investimento. A
questo punto si arriverebbe certamente a una situazione paradossale. Unimpresa pubblica viene privatizzata in nome dellefficienza; i privati distruggono lazienda e sullorlo del precipizio
riappare lo Stato che finanzia con i soldi dei contribuenti i debiti contratti dai privati. Che dire? In pratica, come tornare indietro di 20 anni, ai tempi del progetto Socrate, con lunica differenza che si sono persi decine di migliaia di posti di lavoro e
un tempo enorme nel quale si sarebbero potuti realizzare una
enormit di servizi. Ma nonostante laspetto stravagante, questa
pu essere, a mio avviso, lunica alternativa a un aumento di capitale per difendere gli interessi del Paese, poich in caso contrario lazienda rischierebbe di sparire.
Quali potrebbero essere infatti i piani dei nuovi padroni di Telecom, una volta comprata lazienda? Innovazione e sviluppo o
nuovo drenaggio di ricchezza?
Il piano di Telefnica
Se ci sono due o pi modi di fare una cosa, e uno di questi
modi pu condurre a una catastrofe, allora qualcuno la far in
quel modo. Da queste parole, pronunciate nel 1949 dallingegnere dellAeronautica statunitense Edward Murphy, deriv la
celebre legge di Murphy, nome associato negli ultimi decenni a
una summa di detti popolari di carattere ironico il cui assioma di
base il seguente: Se qualcosa pu andare storto, andr ancora peggio. Nel nostro caso sembra tanto che questa legge ci sia
di aiuto per interpretare il caso Telecom, perch alle sciagure che
ha vissuto lazienda negli ultimi quindici anni sembra proprio
che non ci sia fine. Liquidata temporaneamente dal nuovo governo lipotesi di scorporo con la semplice frase Telecom
unazienda privata, il 23 settembre 2013 il gigante spagnolo delle telecomunicazioni annuncia un sensazionale accordo per lacquisto di tutte le quote azionarie del gruppo Telco, che con il solo 22,4% controlla lintera Telecom.
Il piano prevede una scalata per tappe da concludersi il primo
gennaio del 2014 con luscita di scena di Mediobanca, Intesa e
Generali. Il premier Enrico Letta, intervistato a New York, ha
dichiarato subito di essere molto favorevole allingresso dei capitali europei in Italia, ma non si capisce a quali capitali si riferisca, dato che nemmeno un euro entrer in Telecom. Limpresa
spagnola ha un onere finanziario di circa 66 miliardi di debiti e
difficilmente, anche se ne avesse le intenzioni, potrebbe portare
valore con nuovi investimenti. In realt le ambizioni degli spagnoli sono ben altre, tali da far rimpiangere i pi discussi capitani coraggiosi o Tronchetti con il suo team di manager.
La partita questa volta ancor pi complessa, visto che potrebbero saltare non solo le ultime partecipate estere come il
Brasile e lArgentina, ma anche lattuale assetto della componente italiana che verrebbe frantumata e venduta a pezzi.
Sulla vendita di Tim Brasil i dubbi sono ben pochi, visto che
la stessa Antitrust carioca a imporre una misura del genere per
favorire la concorrenza, poich Telefnica possiede il mobile
brasiliano Vivo. Non sarebbe possibile infatti controllare nello
stesso Paese due operatori. La vendita di Tim Brasil, una gallina
dalle uova doro che ha un valore di mercato di 7 miliardi di euro, favorirebbe gli spagnoli doppiamente. In primo luogo per gli
ingenti flussi di cassa derivanti dalla vendita e in secondo luogo
perch Telefnica si leverebbe di torno un concorrente scomodo
in uno dei mercati pi interessanti del mondo. Il piano di Telefnica sarebbe proprio quello di spartirsi Tim Brasil con i restanti due operatori Claro e Oi Brasil. In alternativa allo smembramento e alla vendita a pezzi ci sarebbe la vendita totale a investitori esteri imponendo un cambio di management tale da impoverire e pregiudicare il futuro di unazienda concorrente. Stessa sorte potrebbe toccare a Telecom Argentina, il secondo asset
strategico di maggior valore del portafoglio di Telecom Italia, il
cui fatturato cresciuto nellultimo anno del 24%.
Ma un piano, per essere veramente diabolico, deve riservare le
maggiori sorprese alla fine. Telefnica entrata nel 2007 nel gruppo Telco in punta di piedi, senza che nessuno sospettasse nulla, e
ora, in un clima di completa anarchia politica quale sta vivendo il
nostro Paese, ha capito che arrivato il momento giusto per sfer-
rare il colpo finale: spezzatino in un boccone, ovvero smembramento con opzione di acquisto di quel che resta. Una volta venduti il Brasile e lArgentina, lipotesi pi realistica verte su di una
divisione dellazienda in sette unit: Tim Italia, la rete di accesso in
rame (in cui fondamentale lultimo miglio), la rete centrale in fibra, le vendite dei servizi del fisso, i call-center, la componente It
e, in ultimo, la gestione delle risorse umane. Una volta effettuato
lo spezzatino, lazienda sarebbe pronta per essere venduta a pezzi
per sanare il debito del nuovo padrone. Ma il nocciolo della questione proprio questo: cosa rimarrebbe di quello che stato un
campione mondiale della telefonia? La situazione assomiglia molto allacquisto speculativo di un appartamento di pregio in cui il
nuovo proprietario per fare cassa lo inizia a vendere gradualmente, in parti. Si inizia con la cessione del garage, della cantina e della soffitta, compresi quadri e mobili di valore. Si passa poi alla divisione in pi unit catastali affinch sul mercato possano valere di
pi. Nel frattempo si tagliano le spese di manutenzione e pulizia e
si rimandano i lavori di ristrutturazione. E alla fine del processo,
quella che poteva essere una reggia si trasforma in una baracca.
Se il piano di Telefnica fosse questo ed difficile immaginarne un altro il valore di borsa della nuova Telecom Italia potrebbe andare a zero, e ci sarebbero le condizioni per una nuova Opa ostile sul 100% delle azioni da parte di nuovi gruppi internazionali. In questo caso la realizzazione di una rete globale in
fibra ottica rischierebbe di ritardare per altri 20 anni con effetti
deleteri sul sistema Paese e in particolar modo nei confronti del
Sud dItalia, i cui tassi di penetrazione della larga banda sono simili a quelli presenti nei Paesi in via di sviluppo.
E i posti di lavoro? Se andasse in porto loperazione di Telefnica ci sarebbero nel complesso dai 10 ai 20mila posti di lavoro
in meno. In particolare, sarebbero penalizzate le risorse umane,
le vendite del fisso e parte della rete per lassenza di nuovi investimenti. Effettivamente, uno degli scopi dello spezzatino sarebbe proprio quello di tagliare i costi del personale creando delle
zone morte in cui i dipendenti andrebbero lentamente a cadere.
Per decenni abbiamo considerato gli spagnoli come fratelli minori, simpatici ma pur sempre secondi. Ricordo ancora il mio
progetto Erasmus a Siviglia a met anni 90, dove in una tesina
di Politica economica avevo relazionato il Pil pro capite italiano
con il Pil pro capite spagnolo evidenziando una differenza del
35%. Allepoca la Spagna era veramente indietro, cos come la
sua azienda di telefonia, il cui fatturato era la met di quello di
Telecom Italia. Ma nellaria cera voglia di cambiamento, come
se da l a poco potessero esserci delle sorprese. Il boom c stato, seguto da una crisi che non ha intaccato per il mondo di Telefnica, che nel corso degli ultimi dieci anni si imposta come
uno dei maggiori player mondiali. Mentre noi scendevamo loro
salivano. Ma il rammarico non risiede nella tipologia del conquistatore, bens nellimpossibilit del conquistato di prendere misure difensive valide. Una incapacit che trae origine da una classe politica subdola e incompetente che ha favorito da sempre
qualsiasi forma di spolpamento.
La stessa critica stata espressa da Franco Bernab nel corso
di unaudizione al Senato al sistema Italia, prima latitante e
ora allarmato: Per arrivare a scelte differenti, ha esclamato il
presidente, commentando il piano di Telefnica a due giorni
esatti dal suo annuncio mediatico, dovevamo tutti quanti pensarci prima. E ancora: Se il sistema Italia fosse stato davvero
cos preoccupato del futuro di Telecom Italia come negli ultimi
due giorni forse sarebbe stato possibile un intervento pi strutturale. Ed sorprendente come ora, a distanza di 15 anni, la
politica si interessi al caso Telecom, ma non perch a qualcuno
interessi veramente il livello di occupazione o lo sviluppo tecnologico, ma perch la cessione di una grande azienda a coloro che
ritenevamo eterni secondi costituisce forse uno smacco per il
prestigio dei politici italiani.
Nei giorni successivi allaccordo tra Telefnica e gli altri soci
di Telco, le istituzioni si sono messe in moto per valutare delle
possibili misure a difesa della rete, considerata per la prima volta come un asset strategico per il futuro del Paese. In questo ca-
ni distinti da quelli pubblicitari. La concentrazione delle informazioni nei server di pochi provider favorisce al contrario il rischio di manipolazioni a fini diversi. Per questa ragione i monopolisti della rete costituiscono un grande pericolo per il futuro
delle comunicazioni. Un esempio? La Cia entra ed esce a suo
piacimento nei server di Google per controllare le informazioni
mondiali. Ed per questo che gli over-the-top (in gergo tecnico,
al di sopra della rete) possono agire indisturbati eludendo le regole della privacy di qualsiasi Paese del mondo. La Cia possieder fra non molto 8 miliardi di profili. Attraverso la rete Web,
la rete mobile e la rete bancaria possibile sapere ogni cosa: cosa scriviamo, cosa mangiamo, come ci vestiamo o dove ci muoviamo. Da pi di dieci anni questi grandi gruppi si servono gratuitamente della rete di ogni Paese per far girare le proprie applicazioni incassando lauti profitti senza pagare neppure le imposte. Le sedi finanziarie di Google si trovano alle Bermuda, dove non c alcuna tassazione per i ricavi societari, poich gli ingenti profitti del motore di ricerca viaggiano verso le sabbie dorate attraverso lintricatissima strada nota ai tributaristi con il nome di doppio irlandese. La tecnica interesserebbe anche Facebook, che di recente ha aperto i suoi uffici a Dublino, con il
piano di inviare il denaro guadagnato fuori dagli Usa verso le isole Cayman, altro paradiso fiscale. Il contenzioso con il fisco italiano potrebbe riguardare addirittura 600 milioni di euro di tasse non pagate, pi eventuali multe, cifra pari al salario di 20mila
lavoratori o equivalente a 150mila unit cablate43.
Perch favorire allora ancora una volta questi gruppi di potere internazionale ai danni di contribuenti, consumatori e lavoratori italiani? La conclusione che la nostra democrazia soggetta a una logica di potere che esula dalla sovranit popolare.
Per distogliere lattenzione sullelusione fiscale e sul pericolo
di manipolazione delle informazioni, da anni circolano sul Web
molti studi sullimpatto occupazionale generato da questi gruppi. Lultimo riguardava la creazione di 34mila posti di lavoro in
Italia e 230mila in Europa grazie al solo Facebook. Queste cifre
sono a dir poco ridicole, poich non tengono conto delloccupazione che si perde negli altri settori. Unazienda che utilizza Facebook per farsi pubblicit o per relazionarsi ai clienti, sottrae risorse ai canali tradizionali con un saldo occupazionale estremamente negativo. come considerare che in seguito alla diffusione della telefonia mobilie o al personal computer si siano creati
in Italia 20 milioni di posti di lavoro. Con Google, Skype e Facebook si sta perdendo occupazione poich lunica vera nuova
occupazione quella che deriva dalla creazione di nuove infrastrutture o nuovi servizi a valore aggiunto quali ad esempio le reti in fibra ottica o i teleservizi al cittadino e alle imprese. Solo in
questo caso si pu parlare di nuova occupazione, nei restanti casi loccupazione da considerarsi per la maggior parte come riciclata. Basti pensare che la media mondiale del fatturato per addetto di Google pari a 750mila euro, dieci volte quello di unazienda italiana. Ci significa che ad ogni incremento del fatturato sottratto ad altre aziende (telefonia, pubblicit, editoria, caring, intrattenimento) corrisponde una fortissima diminuzione delloccupazione.
Se per il momento, per problemi di sudditanza politica nei confronti degli Stati Uniti, non possibile ipotizzare sistemi di tassazione per lutilizzo delle infrastrutture di rete, il minimo che si richiede la proposta di unadeguata normativa sul rispetto della
privacy e unimposizione fiscale in linea con le aliquote italiane.
La banca larga
E se quanto scritto fin qui affrontasse solo una parte del problema? Se tutte le vicende avvenute in Telecom Italia e, pi in
generale, nel sistema Paese fossero degli elementi di un piano generale con un vertice ancor pi alto e per questo meno visibile
agli occhi dellopinione pubblica e dei media?
Nelle ultime due decadi si sono generate in maniera pi o meno manifesta tesi sul complotto globale che si sono accentuate
dopo gli avvenimenti dell11 settembre 2001 seguiti dallintervento in Iraq. Ipotesi che vedrebbero una lite di Illuminati44
(in prevalenza banchieri) manovrare i destini del mondo come
un abile burattinaio farebbe con le sue marionette. Tali teorie
avrebbero come punto di partenza il controllo del sistema economico attraverso lemissione di moneta, per arrivare al dominio
del pianeta per mezzo del controllo di tutte le autorit finanziarie e tutti i mezzi di comunicazione, tra i quali anche Google e
Facebook, freschi alleati del sistema. Questi argomenti sul Nuovo Ordine Mondiale a prima vista esulano dal caso Telecom ma
ritornano interessanti nel momento in cui si voglia fare chiarezza sui giochi di potere e sulle strutture di controllo del sistema
attuale. Prenderei allora la palla al balzo per descrivere alcune
realt poco chiare le definirei alquanto oscure del sistema
bancario attuale che segnano il destino di tutte le pi grandi
aziende italiane e non solo. Come prima cosa bene fare una distinzione tra potere della moneta e complotto globale. Il primo
si basa su dati facilmente dimostrabili e viene non correttamente definito con il termine signoraggio45. Il secondo si alimenta
esclusivamente di emozioni, intuizioni, congetture o semplicemente supposizioni che, entro certi limiti, hanno una loro validit, ma che spesso degenerano in conclusioni fantasiose e talvolta ridicole.
La Banca centrale europea (Bce) decide la quantit delle banconote da stampare nella zona di circolazione delleuro in base
alle esigenze di ciascun Paese (almeno questo quello che recita
lo statuto), ma fisicamente la maggior parte delle banconote in
circolazione viene stampata dalle banche nazionali degli Stati
membri, o da stampatori privati autorizzati ugualmente soggetti
alle direttive della Bce. La stessa cosa avviene per la moneta elettronica il cui processo di creazione ancor pi semplice: basta
un solo click del mouse e il denaro gi arrivato a destinazione.
Ma cosa la Bce? Non altro che una banca partecipata dalle
banche centrali dei Paesi membri dove la quota spettante alla
Banca dItalia pari al 12,5%. A questo punto la maggior parte
dei lettori potrebbe pensare che, essendo la Bce controllata dalla Banca dItalia, come se il controllo della moneta nazionale lo
avesse lo Stato Italiano. Non cos, poich il 95% della Banca
dItalia appartiene a imprese private, mentre il solo 5% appartiene allInps. Il 50% della Banca dItalia appartiene in particolare a tre aziende: Intesa, Generali e UniCredit (le prime due rinomate azioniste Telecom). Ci troviamo dunque nella situazione
in cui lemissione e il controllo della moneta spettano a una entit appartenente a imprese private. La Banca dItalia crea ad
esempio nuova moneta quando lo Stato ha bisogno di finanziamenti per la spesa pubblica (il meccanismo avviene finanziando
le banche commerciali ordinarie che acquistano titoli di Stato).
Lo Stato ha per lonere di restituire limporto maggiorato degli
interessi. un po come se un tipografo stampasse 100mila biglietti per la finale di Coppa Italia del prezzo di 30 euro ciascu-
(quantit di beni prodotti moltiplicata per i prezzi). Se, ad esempio, su unisola esistesse una sola banconota da 10 euro e questa
cambiasse di mano in una settimana 10 volte, il valore totale dei
beni scambiati in quella settimana sarebbe pari a 100 euro.
Secondo questa semplice equazione, supponendo costante la
velocit, laumento della quantit di moneta pu influire sui
prezzi come sulla quantit. In casi di piena occupazione un aumento di moneta produrrebbe solamente inflazione (poich Q
al massimo e non pu aumentare). come se sullisola le risorse
fossero tutte utilizzate e tutti gli individui avessero una propria
attivit. In tale caso, non potendo produrre di pi, ad ogni raddoppio della quantit di moneta corrisponderebbe un raddoppio dei prezzi. Ma al contrario, in situazioni di bassa occupazione dove la quantit dei prodotti al minimo, un aumento della
moneta avrebbe un sostanziale effetto sulla quantit piuttosto
che sullaumento dei prezzi. La cosa pu essere spiegata in maniera ancora pi semplice: in presenza di alti tassi di disoccupazione, lemissione di nuova moneta, se veicolata e controllata
verso le risorse inutilizzate, avrebbe il pregio di stimolare nuove
attivit produttive con la conseguente produzione di nuovi beni
e servizi che andrebbero a controbilanciare perfettamente la
nuova moneta emessa. Se cos fosse, quale sarebbe limpatto sui
prezzi? Quasi nullo. Perch la nuova moneta emessa servirebbe
proprio come mezzo di scambio per i nuovi beni prodotti. A pi
moneta corrisponderebbero pi beni e non pi inflazione. Ma
questo dipender ovviamente dal modo in cui sar impiegata la
moneta. Nel caso in cui i processi di gestione e controllo fossero
scarsi, anche in casi di sottoccupazione, lemissione di moneta
potrebbe generare prevalentemente inflazione.
Spero che queste considerazioni aiutino a capire la vera natura
della moneta, che dovrebbe essere solamente un mezzo per facilitare gli scambi e incentivare la produzione. Mentre, cos com
concepita dal sistema bancario attuale, assume i connotati di un
valore privato creato dal nulla, al quale legato il debito di qualcun altro che deve sostenere in maniera indefinita gli interessi.
Arma letale
Prendiamo una banconota qualsiasi la cui serie inizi con la lettera S e sommiamo uno ad uno i numeri della serie fino ad arrivare a un solo numero. Con grande stupore del lettore il risultato sar sempre uguale al numero 7. La stessa cosa avviene per
tutte le altre banconote: per esempio, quelle con la lettera U (relativa alla Francia) daranno come risultato sempre 5 e quelle con
la lettera V (Spagna) sempre 4. Cosa significa? Che le serie numeriche delle banconote non hanno numeri naturali progressivi.
E allora? Allora non sono facilmente controllabili da parte dei
consumatori. Nessuno pu assicurare che non siano state emesse pi banconote di quelle stabilite.
Ma stato sempre cos? Una volta, sulle vecchie banconote in
lire, oltre ai numeri di serie, cera scritto pagabile al portatore.
Da bambino credevo che chi fosse in possesso della banconota
avesse il diritto di comprare quello che voleva per un valore pari al valore della banconota. Invece, pagare al portatore indicava solamente che qualsiasi persona poteva recarsi in banca e
scambiare la banconota con lequivalente in oro. La banca era
dunque obbligata ad avere una certa riserva doro e tutte le banconote dovevano essere emesse in base alle riserve auree di ciascun Paese. Nel caso fossero state emesse pi banconote, e tutti
si fossero presentati in banca a scambiarle con loro, il sistema
sarebbe crollato immediatamente. La contropartita in oro rappresentava la garanzia del funzionamento di un sistema in cui
nessuno Stato poteva fare il furbo stampando illimitatamente
banconote. Ma il sistema dur fino alla met del 1900. Dopo la
Seconda Guerra Mondiale gli americani avevano immesso nel
circuito economico una quantit di dollari di gran lunga superiore al corrispettivo aureo, tanto che nel 1971 Nixon dichiar
che alle banconote emesse non corrispondeva alcuna contropartita in oro. Ci determin la fine del sistema aureo e linizio del
sistema attuale, attraverso cui lemissione di moneta a completa discrezione delle banche centrali quali la Fed anchessa ov-
ta. Questo processo di creazione della moneta utile per comprendere fenomeni quali linflazione, la persistenza del debito, i
cicli economici e la recente crisi mondiale.
In un momento di espansione le banche adottano tassi di interessi molto bassi. Le famiglie corrono in banca a contrarre prestiti per la nuova auto, la casa al mare o la prima casa per i giovani che da poco hanno trovato lavoro. Il sistema per effetto della creazione di moneta va bene, cos almeno la convinzione, e
non c problema a contrarre un mutuo a 30 anni per chi ha un
lavoro precario. I titoli in Borsa volano cos come le speculazioni dei gruppi di potere che comprano e vendono nello stesso
giorno. Ma a un certo punto il meccanismo si inceppa: i prestiti
illimitati erogati dalle banche non riescono ad esser corrisposti,
i tassi di interesse per linsolvibilit dei debitori iniziano a salire,
leconomia rallenta e poi si ferma. Questo il momento in cui le
banche iniziano a tirare lamo, come quando si va a pesca. Nellesempio dei mutui subprime (mutui concessi a coloro che non
potevano permetterselo) una quantit enorme di immobili finita nelle mani di fondi e banche private. Si tratterebbe di un
processo di creazione del debito attraverso il quale una lite bancaria internazionale giungerebbe a detenere il possesso di beni
reali quali case, terreni, quote azionarie e, naturalmente, intere
aziende (il caso Telecom lesempio da manuale), controllando
cos lintero sistema economico, compresi i processi di gestione,
privatizzazione e svendita dei beni pubblici.
E cosa fanno i governi per contrastare la crisi? La Bce, come
ancora prima la Fed, tra il 2011 e il 2012 ha prestato pi di mille miliardi alle banche europee a un tasso ridicolo, appena l1%
annuo. Di questi mille miliardi le banche italiane sono quelle che
hanno ricevuto pi soldi, 270 miliardi. Denaro che non andato a finanziare leconomia reale, ma che stato utilizzato per lacquisto di altri titoli di Stato che il Tesoro altrimenti non avrebbe
piazzato. Con la differenza che lo Stato paga interessi che vanno
dal 3 al 6% favorendo la speculazione delle banche; cos come
nota anche Gianni Dragoni in Banchieri & compari, descrivendo
alla perfezione questo abilissimo gioco di prestigio. Lintero processo avrebbe beneficato il circuito di banche commerciali con
ingenti speculazioni in un processo circolare senza fine che crea
solamente debito e inflazione. una montagna di debiti e ci
sbatteremo contro, commenta il 26 novembre del 2012 durante un convegno a Helsinki Kaushik Basu, non un giornalista o un
blogger, ma il capo della Banca mondiale, criticando la scelta
della Bce. Bisognerebbe chiedere ai nostri governanti come sia
possibile che in un Paese in cui ci sono 3 milioni di disoccupati
e 8 milioni di poveri (fonte Istat 2012) vengano distribuiti alle
banche 270 miliardi di euro a fini speculativi. Perch non concedere direttamente alle imprese questi soldi a tasso zero? La risposta semplice: se i governanti sono gli emissari delle banche
private, e il core business delle banche sono i prestiti, questi non
possono che moltiplicarsi.
Con una minima parte del denaro stampato dalla Bce, ad
esempio un quarto di quello assegnato allItalia, si sarebbe potuto dar lavoro per un anno a 3 milioni di persone. Basta dividere
67,5 miliardi (un quarto di 270 miliardi) per un salario medio
lordo di 22.500 euro, ottenendo appunto 3 milioni di salari, esattamente il numero attuale di disoccupati in Italia. Ma ci potremmo accontentare anche del 10% di quella cifra a tasso zero, direttamente impiegata nel sistema produttivo, per ottenere un immediato incremento del Pil con un conseguente aumento del
gettito fiscale che renderebbe inutile lemissione di nuovi titoli di
debito. Mentre nel passaggio attraverso le banche i flussi monetari rallentano, drenano e in parte si perdono in circuiti speculativi che non fanno altro che frenare leconomia e alimentare un
nuovo debito. E pensare che Dante considerava gli usurai peggiori degli assassini, mettendo chi crede che i danari faccian
frutto, li quali di sua natura in alcuno atto far non possono48
nel settimo girone dellInferno, proprio a due passi da Lucifero.
I tempi sono cambiati e la voragine si trasformata in piramide.
uguale al tasso di inflazione maggiorato di due punti percentuali il nostro debito sarebbe la met di quello che oggi.
Ma il maggior guadagno delle banche, compresa quella centrale, non risiede tanto nei profitti da interesse, quanto nel controllo delleconomia reale. Chi si concentra esclusivamente sul
signoraggio delle banche centrali o sul guadagno delle banche
commerciali compie una grossa leggerezza distogliendo lattenzione dal problema reale. Qui non si parla di quanto il banchiere si metta in tasca in seguito ai tassi di interesse, ma del potere
che esercita sulla societ. Emettendo a debito, infatti, banche
centrali e banche commerciali possono decidere chi finanziare e
chi no (non sono costrette a finanziare tutti), decidendo di fatto
il modo in cui si svilupper il sistema economico e, di conseguenza, quello sociale. Immaginiamo ad esempio una grande
azienda o una Pa che debba cercare di convincere gli istituti di
credito a finanziarla presentando il nuovo piano industriale. Da
chi saranno scelti gli amministratori? In pi, se il debitore ha difficolt a pagare perde i beni posti a garanzia del prestito (la casa, se parliamo di un mutuo o le quote azionarie, nel caso di
aziende) e questi non si distruggono certo quando la banca se ne
impossessa. assurdo che, a fronte della digitazione di numeri
su un terminale, il banchiere ottenga diritti su un bene reale per
il quale non ha contribuito in nessun modo alla realizzazione. Di
questi tempi si parla esclusivamente di riduzione del debito attraverso la vendita del demanio pubblico, di privatizzazione dellacqua e di altri servizi pubblici. Mi domando cosa succederebbe se lacqua di alcune realt locali venisse privatizzata, come
successo con il telefono. E mi domando anche se per ridurre il
debito lo Stato sar costretto a vendere parte dei suoi tesori artistici. Chiss, forse il Davide di Michelangelo potrebbe finire nel
salotto di qualche sceicco o la Venere di Botticelli in qualche
priv notturno di propriet di un magnate russo.
Torniamo al caso Telecom, e al suo indebitamento. Unazienda pubblica che scoppia di salute viene privatizzata a tempo di
record senza alcun controllo sui processi di governance. Nei cin-
nanziarie, operazioni di dossieraggio illecite su cui calato il segreto di Stato e tante altre coincidenze. In alcuni di questi episodi la collusione con la finanza internazionale e la sudditanza
delle istituzioni politiche una realt evidente. La nostra classe
politica troppo ignorante, corrotta e subdola per potersi permettere di competere contro questo tipo di poteri che muovono
masse ingenti di denaro. Queste lobby finanziarie, muovendosi
in un habitat naturale senza ispezioni e controlli, hanno trovato
nel nostro Paese le condizioni ideali per il saccheggio. La madre di tutte le scalate viene da lontano, da molto lontano. Sono
gli strateghi di due importanti banche daffari internazionali a
progettarla. Lidea nasce dal team di raider della Lehman
Brothers e della DLJ. Sono probabilmente loro a insegnarci la
magia del leveraged buyout su larga scala, con il quale si arriva a
possedere la pi grande azienda del Paese. Successivamente toccher a Morgan Stanley e Goldman Sachs occuparsi dei tesori
dellex monopolista telefonico nel completo silenzio assenso dei
politici italiani. E, guarda caso, la cupola delleconomia mondiale composta proprio da queste tre banche daffari che insieme
alla Chase Manhattan (la societ che ha prestato i soldi ai capitani coraggiosi) sono i controllori della Fed, la pi potente istituzione finanziaria del mondo. Il cui modello di business stato
copiato dalla Bce e i cui uomini sono presenti in ogni istituzione
finanziaria. I governi non governano il mondo. Goldman Sachs
governa il mondo. E Goldman Sachs se ne frega delle misure di
salvataggio. Queste le parole di un trader finanziario londinese
intervistato dalla Bbc il 26 settembre 2011. Una crisi cos me la
sognavo da anni, racconta il trader in mondovisione, ogni sera vado a letto sperando in unaltra recessione. E che dire del
nefasto processo di privatizzazione di Telecom Italia condotto a
tempo di record per accontentare i parametri di Maastricht per
lentrata nella zona euro?
Alla luce di queste considerazioni bisogna dare ragione a chi
ritiene che il debito pubblico non sia altro che unipnosi di massa, o un problema linguistico per mascherare il sistema di dre-
LULTIMO TRENO
dicono galoppini e lustrascarpe, non credo sia difficile. Sar solamente questione di tempo. Ed qui che riesco a vedere, dopo
averne visto i limiti, tutte le potenzialit della mia generazione.
La stazione
Arrivati alla fine di questa storia, come se ci trovassimo in
una stazione ferroviaria dismessa, desolata, quasi fantasma. Sentendo in lontananza il fischio dellultimo treno, abbiamo la speranza di correre con tutte le nostre forze e prenderlo al volo prima che parta. Ma nella stazione Telecom, la decisione di correre
spetta principalmente a politici, gruppi di interesse e top manager. Chi ha lavorato nel gruppo Telecom, e prima ancora in Sip,
ha avuto lorgoglio, in un tempo oramai remoto, di appartenere
a un colosso mondiale delle telecomunicazioni. La parola Telecom era sinonimo di crescita. Era sinonimo di comunicazione,
unione e contatto. Oggi chiaro che lo scopo della privatizzazione stato principalmente quello di drenare ricchezza. Non
consola neanche sapere che altre importanti realt aziendali sono nella stessa condizione. Se osserviamo la triste fine di Cirio e
Parmalat, le condizioni critiche di Alitalia, gli scandali che hanno coinvolto Eni per la questione delle alterazioni dei contatori
del gas, le scorrettezze del settore bancario e assicurativo, ci rendiamo conto che si tratta di una crisi generale di sistema. Nel caso specifico di Telecom Italia, la sua capitalizzazione di Borsa,
quindi il suo valore sul mercato passato da 120 a 10 miliardi, il
suo dimensionamento da 120mila a 50mila dipendenti, il suo debito da 8 a 45 miliardi di euro (2005). Il suo titolo da 4 a 0,5 euro. Di fronte a questi numeri non sono forse giustificate azioni di
responsabilit, appoggiate dal governo, dalle istituzioni, dai media e da tutti gli azionisti?
Oggi, per tornare alla metafora della stazione ferroviaria, ci sono soltanto due possibilit: perdere lultimo treno o salire e guardare avanti. Nel primo caso lazienda, se seguitasse ad essere ge-
comunicazioni e le applicazioni informatiche possono rappresentare uno strumento formidabile per lo sviluppo e la conquista dei mercati esteri dal momento che si pongono come un vero e proprio prolungamento internazionale delle piccole e medie
imprese. Un capitolo a parte spetta poi al telelavoro e agli ambienti professionali virtuali che nel futuro giocheranno un ruolo
chiave. Non si esclude infatti che in molte aziende la pratica del
lavoro a distanza possa diventare una prassi abituale. Gli impatti sulla mobilit, sullambiente, sulla qualit della vita e sul consumo energetico sarebbero enormi.
La pi grande innovazione?
Joseph Schumpeter52, uno dei pi autorevoli economisti del secolo scorso, ha presagito un graduale crollo del capitalismo per
opera di due fattori chiave: la scomparsa dellimprenditore innovatore e la crisi dei valori etici. A suo parere, contrariamente alle
previsioni di Marx, sarebbe proprio il successo del capitalismo a
denaro e il benessere. E molti economisti di fama mondiale, ormai da anni, hanno chiamato in causa lequazione reddito nazionale-aumento del benessere umano, mettendo in luce nel calcolo del Pil lesistenza di molte voci che pongono seri dubbi sul significato di benessere (dalle industrie che inquinano, al numero
di automobili che limita la mobilit, dalle opere edilizie che
scempiano il patrimonio artistico, al disboscamento di parchi e
foreste). Tanto che in alcuni casi possibile avere addirittura
unequazione inversa: aumenti del Pil che corrispondono a decrementi del benessere della collettivit.
Ma se il Pil la somma delle attivit di tutte le singole aziende,
per capire veramente se a incrementi del reddito corrispondano
aumenti di benessere, bisognerebbe prendere come punto di inizio il bilancio aziendale. Unazienda che decide di intraprendere
unattivit rispettando letica come modus operandi dovrebbe includere nel bilancio, oltre alla sicurezza dei lavoratori, anche tutta
una serie di obiettivi quali la qualit del lavoro, il grado di soddisfazione dei dipendenti, gli obiettivi occupazionali, il rispetto per
lambiente, la riduzione delle tariffe verso i ceti meno agiati, la
promozione per la cultura e la promozione di eventi didattici, formativi e culturali. E le aziende che adottano questi standard ottengono enormi benefici nel lungo periodo poich rafforzano e
migliorano la relazione con i clienti. Un prodotto, infatti, non apprezzato unicamente per le caratteristiche esteriori o funzionali. Il
suo valore stimato anche per alcune caratteristiche non materiali, quali i servizi di assistenza, le condizioni di fornitura, limmagine e il prestigio dellazienda. Questi concetti sono alla base della
nascente disciplina economica chiamata marketing etico, che illustra la possibilit di sperimentare profitti nel lungo periodo attraverso comportamenti che vadano al di l del semplice calcolo
economico e finanziario. Le imprese che avranno pi successo nel
futuro, scrive Franco Portelli in Crescere con letica, saranno quelle che faranno percepire al consumatore una loro condotta impostata secondo princpi etici, e il profitto non sarebbe altro che una
diretta conseguenza della realizzazione dei benefici comuni.
Per avere unidea di quanto possa pesare letica, basta calcolare la perdite subite dalle azioni Telecom in seguito alle notizie riguardanti lo spionaggio e le sim false.
Il mercato un organismo intelligente, capace di apprezzare o
disprezzare la condotta etica di unazienda, poich in ultima
istanza un comportamento legale, trasparente e socialmente utile viene prima o poi sempre premiato.
Allora, che fare? Anche se non possibile in poche parole affrontare un tema cos importante, vorrei limitarmi a sottolineare
perlomeno alcuni aspetti urgenti. Innanzitutto andrebbe integrata nel bilancio una vera e propria relazione sul conseguimento degli obiettivi etici, primi tra tutti quelli occupazionali. Gli attuali bilanci di sostenibilit delle maggiori aziende italiane non
includono alcun obiettivo etico: livello di occupazione, motivazioni dei dipendenti, immagine esterna dellazienda, rispetto per
il consumatore, rispetto per le norme civili, penali e amministrative. Inoltre si dovrebbe prestare una maggiore attenzione verso
loccultamento delle responsabilit di chi ha commesso illeciti
amministrativi. Quanto alla forbice salariale, oggi il rapporto tra
il salario medio di un dipendente e il salario medio di un alto dirigente tipicamente di 1 a 10, mentre quello tra dipendente e
top manager pu essere anche di 1 a 1.000. La riduzione non potrebbe che giovare.
Oggi, la vera innovazione avere il coraggio di innovare utilizzando letica, ha risposto Gamberale quando gli ho chiesto
quale potesse essere uninnovazione paragonabile a quella che
ventanni fa ha costituito la carta prepagata. Ottima risposta, imprescindibile per guardare al futuro con speranza.
INTERVISTE
delle competenze. Lazienda fu acquistata a debito e linnovazione venne considerata un costo poco sostenibile da parte dei nuovi controllori che misero nei posti di comando delle intelligenze
finanziarie al soldo dei nuovi padroni. Ad esser precisi, ci sono
state quattro generazioni di incompetenze manageriali. La prima
arrivata in seguito alla privatizzazione. La seconda si sviluppata con la gestione Colaninno. La terza stata portata direttamente dalla Pirelli durante la cui gestione avvenuta una sorta di
desertificazione tartarica di tutta lintelligenza del settore It.
E la quarta?
La quarta quella apportata da Telefnica, i cui frutti negativi sono ancora in fieri.
Cosa pensa di episodi quali la dismissione del patrimonio immobiliare?
Sulla vicenda degli immobili dico solo che assurdo comprare a valore di libro e affittare a valore di mercato.
Come commenta invece lOpa di Telecom Italia sulle azioni Tim
del 2005?
Dico solo che loperazione ha indebitato inutilmente lazienda
di altri 15 miliardi di euro.
Come pensa si dovrebbe comportare oggi la giustizia italiana di
fronte a casi come le sim false o lo spionaggio?
Bisognerebbe capire se la parola procura si scriva tutta di
seguito o si deve scrivere o pronunciare pro cura, per sapere
se si curano gli interessi di qualcuno.
Che futuro vede per Telecom Italia un manager della sua esperienza al cui nome legata la carta prepagata, la pi grande innovazione di marketing degli ultimi 30 anni?
Innanzitutto vorrei uscire dal regno della mitologia e svelare il
segreto della carta prepagata. Quando ero studente universitario
che possedeva solo lo 0,6%. Lassurdit di una tale presa di posizione si commenta da sola. Alle mie rimostranze in assemblea,
il presidente Guido Rossi mi rispose che avevo perfettamente ragione ma che non poteva farci niente: si dimise poco tempo dopo perch non sopportava una governance cos distorta. Subentr Rossignolo, indicato dalla Fiat.
Cosa ricorda dellevento che da molti stato definito come la
notte dei lunghi coltelli di Telecom Italia?
Fallito lesperimento Rossignolo entra in scena, per poco tempo, ancora Guido Rossi e poi Franco Bernab. Cade Prodi ed
entra DAlema: pochi mesi dopo matura lOpa di Colaninno
(grazie alle banche italiane e Usa e al governo in carica). Telecom
cerca di ostacolare loperazione (Opa su Tim e su Olivetti, fusione con Dt) e, forse, per il pochissimo tempo a disposizione
compie un errore fatale: non ricorre al Tar contro le decisioni
della Consob. Viene convocata lassemblea dei soci per le misure antiscalata (bastava la presenza del 30% delle azioni). Ma iniziava la moral suasion governativa affinch lassemblea non risultasse validamente costituita, e cosi avvenne. La sera precedente ero in riunione con Bernab a Roma (aveva convocato i
rappresentanti delle otto associazioni di dipendenti azionisti allora in attivit): abbiamo chiaramente percepito lo sgomento di
Bernab, e quindi il nostro, che veniva via via chiamato al telefono da personaggi importanti che preannunciavano la loro assenza in assemblea. Ad ogni chiamata Bernab impallidiva e riattaccando mormorava con voce dismessa: Anche questo mi ha
dato una pugnalata alle spalle. Lavorammo tutta la notte per
raccogliere le deleghe, ma oramai la partita era persa. Naufragava lipotesi public company, si dissolsero i due milioni di aderenti alla privatizzazione.
E Seat Pagine Gialle?
LIri era al collasso (si calcola che cost al Paese 150 miliardi di
lire). Il governo nel 1997 (anche sospinto dallUe) decide di ven-
dere Stet: prima mossa, sottrarre a Stet/Iri la Seat per poi svenderla a un contenitore che poteva eludere le normative italiane
(gara del Tesoro, Seat va alla cordata Comit, la Otto, della quale
il 57% era in Lussemburgo): il Tesoro incassa 854 milioni di euro per il 61% di Seat e Otto, in breve tempo, incassa 1.400 milioni di euro (935 milioni per dividendi straordinari e 465 dalla vendita dell11% a Telecom). solo linizio di una famigerata
storia che coinvolger anche Telecom e che arrecher danni ingenti ai risparmiatori/azionisti meno avveduti. Solo ingenuit di
uomini politici, istituzioni, banche ecc., oppure c dellaltro?
Adas ostacol loperazione e vot contro in assemblea.
superiore e che Telecom negli ultimi anni ha perso ingenti quote di fatturato. Lerrore grave fu quello di aver privatizzato lazienda nel 1997 in malo modo. Nel 1999, di fronte allOpa di
Colaninno, persona che allepoca neanche conoscevo, non cerano alternative valide. Telecom fino a quel momento era gestita
con lo 0,6% dalla Ifil e come risposta alla scalata aveva in piano
un accordo con Deutsche Telekom. Accordo di cui il governo
non era neanche a conoscenza. Ci scandalizziamo tanto perch
oggi lazienda finita sotto il dominio di Telefnica, chiss se i
giornalisti avessero pensato la stessa cosa allepoca con Deutsche
Telekom al posto di Telefnica.
Daccordo, lerrore originario fu la modalit di privatizzazione
del 1997, ed anche vera la storia di DT. Ma perch non avete preso posizione contro una scalata che avrebbe potuto portare conseguenze negative per lazienda?
Noi abbiamo scelto la strada della neutralit. Non abbiamo n
appoggiato n ostacolato lOpa. Abbiamo dato al mercato la possibilit di scegliere. Il governo avrebbe anche potuto aderire allOpa intascando tantissimi soldi. Non lo fece. stata una decisione che abbiamo preso tutti insieme in accordo con il governo,
senza gialli o misteri. La direttiva di non partecipare allassemblea
stata dettata dalla voglia di non interferire in unoperazione di
mercato su larghissima scala. Cosa che non stata fatta ad esempio da Tronchetti nel 2001, che invece di lanciare unOpa ha preso accordi privati con gli azionisti di controllo. La differenza inoltre che Colaninno almeno aveva un piano industriale, come lespansione internazionale, mentre le gestioni successive no.
Si ipotizzato che lo spionaggio telefonico nascesse da un tacito
accordo tra il governo Berlusconi e la gestione Telecom 2001-2006
per screditare il vostro governo uscente. In cambio ci sarebbe stato
il via libera al sacco di Telecom. Che ne pensa?
Sul mio conto stato scritto di tutto e di pi, soprattutto per
ignoranza e mancanza di buonsenso. C stata, come le dicevo,
Paese e di un capitalismo di relazione dove non governano coloro che rispettano le regole e i valori, ma soltanto coloro che piegano la legalit e le regole ai loro interessi di bottega, mortificando gli interessi pi generali.
Ci sono speranze nel futuro che le istituzioni possano collaborare nel favorire azioni di questo genere?
Non vedo speranze nel futuro da parte di una classe politica,
di maggioranza e opposizione, molto attenta a favorire gli interessi delle grandi lobby, distratta quando si tratta di salvaguardare i diritti dei consumatori, utenti, piccoli azionisti saccheggiati da gestioni aziendali quantomeno imprudenti. La cultura
della tutela dei diritti diffusi del tutto assente nellattuale classe politica.
Allude allo scorporo della rete con lentrata della Cdp o ad aumenti di capitale?
La situazione non cos semplice. Anzi, direi piuttosto problematica, vista la mancanza di fondi che grava sul nostro Paese.
Lo scorporo sicuramente un progetto interessante. Ma mi consenta di dirle che il vantaggio non solo finanziario. Con lo scorporo si avrebbe parit di accesso alla rete per tutti gli operatori,
e Telecom sarebbe considerata alla pari di tutti gli altri.
nomico e anche etico. Tutti gli scandali della gestione passata sono
scoppiati nel 2008, in seguito a una nostra operazione di trasparenza. Per quanto riguarda lazione di responsabilit del 2012, cerano
dei problemi tecnici: un conflitto di interessi nei confronti degli
azionisti di maggioranza che avrebbe potuto essere controproducente per il benessere dellazienda. Ma questo non significa che in
futuro non ci possano essere azioni di responsabilit.
Qual la strategia industriale immediata per il rilancio dellazienda?
In un mondo in cui il fatturato dei servizi di telefonia tradizionali sta lentamente scomparendo, servirebbe una doppia strategia:
da un lato il potenziamento della rete con gli investimenti in fibra, e dallaltro la realizzazione di tutta una serie di servizi a valore aggiunto per il cittadino, le imprese e le Pa, dove il ruolo di
Telecom sar proprio quello di abilitatore di questi ecosistemi.
Credere che gli operatori tradizionali siano come i dinosauri in
via di estinzione cosa fuorviante e semplicistica, poich di rete
ne esiste una sola, mentre di servizi e di applicazioni ne esisteranno a migliaia. Pensiamo ad esempio alle applicazioni sugli
smartphone: ne escono una ogni 10 minuti, ma tutto questo non
esisterebbe senza una rete che assicuri modalit e qualit del
servizio. Nel futuro prossimo potrebbe avvenire dunque uninversione di tendenza, con gli operatori tradizionali che dovranno
recuperare un ruolo prioritario nello sviluppo e nelle dinamiche
del settore.
Il tema dei servizi a valore aggiunto pi complesso. Ci sar una
riprogrammazione totale dei servizi offerti, ma rete di trasporto e
servizi saranno due cose distinte. E questo sar un vantaggio per
quegli operatori che si concentreranno sulla rete e sui suoi sviluppi futuri. Se da una parte ci sono aziende specializzate sui servizi,
ci saranno aziende specializzate nella costruzione e nella gestione
delle infrastrutture di rete. Oggi i grandi gruppi di telecomunicazioni potrebbero trovarsi in difficolt a gestire servizi a 360 gradi. Queste aziende rischieranno nel futuro, oltre alla perdita di fat-
POSTFAZIONE
Ripercorrendo le turbolente vicende che hanno segnato il processo di privatizzazione di Telecom Italia con lOpa del secolo e
la successiva era Tronchetti, fino allarrivo di Telefnica, non si
pu prescindere dalla storia parallela dei piccoli azionisti che fin
dallinizio di questavventura hanno avuto un ruolo sicuramente
efficace nel rispetto delletica e della difesa del valore azienda.
Lo dimostrano le vicende dei giorni nostri, dai numerosi comunicati stampa che hanno sensibilizzato lopinione pubblica sul
caso Telecom alla condanna di Tronchetti a un anno e otto mesi
in primo grado. Vorrei dunque ricordare alcune tappe fondamentali delle tante battaglie condotte dai piccoli azionisti contro
poteri che da oltre quindici anni inquinano lo sviluppo economico, ponendo un freno allinnovazione.
Nel 1991 incontrai Mario Draghi sul treno Firenze-Roma. Lui
insegnava economia allUniversit di Firenze e io ero un dirigente della Sip. Ci eravamo conosciuti sui campi di gioco di basket
quando lui giocava con gli alunni del Collegio Massimo allEur
di Roma e io con lAvila Basket delloratorio di Santa Teresa a
corso dItalia, a 100 metri dalla sede storica di Telecom Italia. A
partire da quellincontro ci vedemmo spesso per un caff a via
Venti Settembre e negli anni a venire parlammo della privatizzazione della societ.
Verso la fine del 1996, Ernesto Pascale, il quale aveva trasformato la ex Sip in uno dei pi grandi player mondiali, venne ricevuto
a Palazzo Chigi da Romano Prodi (allepoca presidente del Consiglio), che, offrendogli una coppa di champagne, gli diede il ben servito. In quellincontro Prodi fu molto cortese, come al suo solito,
ma non disse nulla di interessante o particolarmente incoraggiante
per lex monopolista telefonico. Era nota infatti lavversione di Pascale a qualsiasi piano di privatizzazione, una privatizzazione che il
governo voleva a tutti i costi, illudendosi che un operatore privato
potesse garantire una migliore efficienza. Il processo di privatizzazione ebbe inizio il 20 ottobre 1997 sotto il governo Prodi, che faceva affidamento su di un nocciolo di azionisti che detenevano circa il 6% del capitale. In quel nocciolino spiccava il ruolo della Fiat,
la quale con lo 0,6% delle azioni controllava un gigante delle telecomunicazioni che contava 120mila dipendenti e piani di sviluppo
che prevedevano persino lacquisizione di quote di maggioranza di
Telefnica. La prima domanda che venne in mente a tutti fu la seguente: Perch regalare il timone a unimpresa di automobili,
quando gli oltre 100mila dipendenti italiani hanno la possibilit di
comprare azioni della stessa societ?. La risposta del governo alle
tante domande di Alessandro Fogliati, presidente dellAdas (la prima associazione di dipendenti azionisti poi confluita in Asati), fu:
O comprate le azioni subito o altrimenti restate fuori. Ovviamente coordinare in un tempo tanto breve un cos grande numero
di dipendenti era quasi impossibile, per la mancanza di mezzi (allepoca pochissimi avevano accesso a Internet) e per la mancanza
di tempo, che rese impossibile qualsiasi piano di azionariato diffuso. Proprio in quel periodo Draghi, allepoca alto dirigente del Tesoro, mi sugger lidea di costituire una societ di piccoli azionisti
che sarebbe stata molto utile per garantire un maggior controllo.
Non avendo alcuna esperienza in Diritto societario, mi documentai subito. Dopo alcuni giorni manifestai a Massimo Sarmi, allora
direttore generale di Telecom, lintenzione di fondare unassociazione di dipendenti azionisti, ricevendo un valido assenso. Allepoca ero direttore della rete di Lazio, Sardegna, Abruzzo e Molise e,
contando su quattromila persone, non mi fu difficile trovare le adesioni. In quel periodo di grosso fermento per la privatizzazione e
perch questi gruppi spolparono lazienda, perseguendo un interesse di bottega che ha danneggiato i 600mila piccoli azionisti
che detengono oltre il 50% del capitale, ma che per leggi arcaiche delle istituzioni italiane hanno difficolt a far confluire centinaia di migliaia di deleghe su unassociazione. Questo libro,
scritto per il bene dellazienda e del sistema Paese, ha il merito
di denunciare per la prima volta in maniera intelligente e documentata tutte le principali scellerate operazioni condotte dalle
gestioni a valle della privatizzazione. I risultati, come evidenziato nelle prime pagine, sono imbarazzanti. Vengono descritte le
dismissioni del pi grande patrimonio immobiliare di oltre 4.000
immobili, molti dei quali in zone di prestigio, uffici venduti a
500 euro al m2 a 400 metri da via Veneto a Roma, o villini depoca, oggi chiamati Villa Chiara, della vecchia Stet-Sip, sempre
in zone altamente residenziali venduti con passaggi successivi a
figli di grandi banchieri dellepoca, sotto la gestione 2001-2006.
Gli ulteriori danni recati al patrimonio dellazienda dalle sim false, dalle vicende Tavaroli & Company, dal caso Sparkle, documentati dal famoso rapporto Deloitte, 4 tomi di oltre 400 pagine, mai discussi ampiamente nel cda (vedi anche il disappunto di
alcuni consiglieri indipendenti), e che il sottoscritto ha visionato.
Tali documenti avrebbero per tempo, nel 2010, permesso sicuramente unazione di responsabilit contro la gestione 20012006 prima della decadenza per prescrizione.
In questi anni i piccoli azionisti riuniti in Asati sono stati spettatori non passivi delle drammatiche vicende puntualmente denunciate agli organi istituzionali della societ. Le stesse problematiche sono state tempestivamente comunicate alla Consob, allamericana Sec, allAntitrust e alla Procura di Milano, molto attenta negli ultimi anni, grazie anche al prezioso lavoro di Alfredo Robledo. Con limpegno della nostra associazione e qui colgo loccasione di ringraziare alcuni ragazzi coraggiosi e ben preparati, come Claudio, Luigi, Mario, Giovanni, Alessandro, Paolo, Walter, Rocco, Marco, e imprenditori come Fabio, Alberto,
Franco, Maurizio ed Eugenio, che mi hanno sempre sostenuto e
incoraggiato nel sostegno dellassociazione abbiamo denunciato fin dal 2007 tutte le operazioni a danno della societ che puntualmente venivano stoppate da un cda ostile. Di fronte a un collegio sindacale (i cui componenti erano in parte gli stessi delle
gestioni precedenti) e di fronte a un consiglio in cui lazionista di
controllo era in palese conflitto di interessi con i componenti seduti nei consigli di Mediobanca e Generali, con partecipazione
in Pirelli, non si poteva pretendere che Bernab, Zingales, ultimamente la professoressa Calvosa e altri consiglieri indipendenti facessero di pi.
Una piccola grande soddisfazione per labbiamo avuta: la
condanna a 18 mesi per ricettazione internazionale di Tronchetti Provera per lo spionaggio alla brasiliana Kroll anche merito
di noi che per primi abbiamo denunciato questa stortura alla
Consob e alla Procura di Milano.
In questi giorni ho ricevuto centinaia di e-mail e telefonate dai
piccoli azionisti, la maggior parte di sostegno a Bernab, che incontro spesso e con cui intrattengo anche discussioni accese perch non sempre abbiamo la stessa visione delle cose. Ma oggi, in
questo momento difficile, mi sembra doveroso dare un giudizio
sul personaggio che credo, dopo molti anni, di conoscere a fondo. I principali difetti di Bernab riguardano il suo agire, lui attendista, riflessivo fino al midollo, il suo amore sviscerato per la
cultura cinese a volte lo tradisce, aspetta che gli avvenimenti precipitino da soli. Tranne gli ultimi inserimenti di top manager, non
ha scelto in tempo i collaboratori migliori e ha difeso e aiutato in
azienda personaggi che ai miei bei tempi potevano al massimo fare i terzi livelli di struttura. Per esempio ha sbagliato ma in questo in compagnia di Galateri sui giudizi positivi su Luciani illo tempore. Si addossato responsabilit anche riguardo allandamento della gestione, senza denunciare mai (forse per il bene
comune) cose di cui, con lassurda divisione di poteri voluta da
Mediobanca e Generali nel 2010 tra ad e presidente, lui non centrava nulla. Ma i meriti di Bernab sono superiori ai suoi difetti,
poich nelle decisioni fondamentali per il futuro dellazienda ha
sempre mostrato il proprio valore e la propria onest intellettuale. Era prevedibile che Telefnica sarebbe entrata in Telco solo
perch interessata a Tim Brasil, alla sua vendita o alla sua parziale integrazione con Vivo, disinteressandosi completamente del
nostro Paese. Bernab pensava che in questo gioco perverso sarebbe venuto alla luce per tempo, e non allultimo secondo, linteresse del governo. Speravamo insieme che i politici trovassero
con noi una sinergia discutendo costruttivamente sullo scorporo
della rete e prima ancora sulla costituzione di una societ della rete, in cui erano stati chiamati a investire tutti, concorrenti compresi. Bernab ha fatto bene a dimettersi perch, ripulito il marciume e le nefandezze che ha trovato, non poteva assistere alla
svendita di TI, quando pagheranno solo i piccoli azionisti e saranno messi a rischio migliaia di posti di lavoro. Le assicurazioni
di Alierta a Letta, parole al vento senza alcun significato.
Ora spetta al governo procedere, valutando il cambio della legge sullOpa e utilizzando finalmente lo scudo della golden power.
Sarebbe una beffa se dopo quindici anni, con tutti gli eventi succedutisi nel tempo, le istituzioni si macchiassero di nuovo dello
stesso errore.
Over-the-top vs. operatori di TLC (presentazione in PowerPoint a cura di Maurizio Matteo Dcina).
Finanza creativa: con la fusione Olivetti-Telecom del 2003 si scaricano sullazienda i 15 miliardi dellOpa pi altri 9 miliardi per realizzare la fusione. Con la
gestione Pirelli Il debito di Telecom Italia passa da 22 (2001) a 44,8 (2003), ai
quali si aggiungeranno nel 2005 altri 15 per lOpa sulle azioni minoritarie di Tim
per un totale di circa 60 miliardi di debiti. Il debito sar poi contenuto con una
durissima politica di cessione delle partecipazioni, dismissione degli immobili,
esuberi e mancati investimenti in innovazione e sviluppo. Questo documento
chiarisce i numeri.
Dismissione durante la gestione Colaninno. La prima met degli immobili di Telecom Italia viene ceduta a una media di 783 euro al m2, generando per i fondi
di investimento un tasso di rendimento del 9% (fonte: Presentazione agli analisti del 27 settembre 2001).
Bilancio della societ immobiliare Tiglio I (Fonte: Asati, su documentazione fornita da Telecom Italia).
Note
te allo Stato sotto forma di imposte e utili, mentre una parte rimane alla Banca dItalia come profitto. Il signoraggio della Banca dItalia si riferisce esclusivamente agli interessi sulla banconota emessa, poich nel caso in cui il debito fosse sanato la banconota tornerebbe alla Banca dItalia e verrebbe distrutta. Nel caso di moneta elettronica avverrebbe la medesima operazione.
Una psicosi collettiva tende a confondere il signoraggio sugli interessi con un signoraggio nel quale la Banca dItalia si approprierebbe dellintero ammontare della moneta emessa, nellesempio 500 euro pi interessi. Questo equivoco dovuto probabilmente al fatto che nello Stato patrimoniale la Banca dItalia
iscrive le banconote emesse nel passivo, come fonte di costo,
iscrivendo allattivo i crediti fruttiferi sui quali percepisce gli interessi. Non bisogna commettere dunque lerrore di scambiare
lo Stato patrimoniale con il conto economico, dove sono registrati i reali movimenti di entrata e di uscita. Ma il fatto che una
banca al 95% privata come la Banca dItalia possa percepire benefici su di una moneta creata dal nulla (considerata di propriet
comune), ha generato molte perplessit. Il signoraggio della
Banca dItalia e, in generale, di tutte le banche centrali, comunque un fenomeno poco influente (circa un miliardo annuale), se confrontato con i ritorni di cui godono gli azionisti privati della Banca dItalia e in generale di tutte le banche, che, muovendo ingenti somme di capitali, godono di rilevanti opportunit
economiche, politiche e sociali. Per questa ragione, di recente, il
termine signoraggio viene utilizzato in senso lato riferendosi a
tutti i benefici extra percepiti dal sistema bancario.
46. Si ha dollarizzazione quando in uno Stato circolano moltissimi dollari e la maggior parte dei prezzi sono espressi in dollari. In questo caso lemissione e il controllo della moneta come se dipendessero dalla Fed, con rilevanti conseguenze economiche e politiche.
47. Serie matematica convergente il cui risultato uguale a
uno diviso il coefficiente di riserva obbligatoria.
48. G. Boccaccio, Comento alla Divina Commedia.