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Ferrari:
Propriet letteraria riservata
1980 Rizzoli Editore. Milano
Testimone del tempo:
1980 Club Italiano dei lettori, Milano
Edizione riservata ai soci del
Club Italiano dei Lettori S.p.A.. Milano 1980
su licenza di Rizzoli Editore
Enzo Biagi
FERRARI
TESTIMONE
DEL TEMPO
L'antefatto
Una storia lunga cominciata oltre sessant'anni fa. il 5 ottobre del 1919, infatti,
quando Enzo Ferrari irrompe nel mondo dell'automobilismo, facendo il suo esordio
come corridore. Disputa la Parma-Poggio di Berceto. Si classifica al quarto posto. La
sua esperienza durer dieci anni. Ma senza grandi bagliori. Dir pi tardi: La mia
grande passione non mai stata guidare le macchine, ma farle nascere . Dovr
attendere.
Nel 1929, abbandonata l'attivit di pilota, organizza una scuderia: la scuderia
Ferrari. Ne faranno parte, tra gli altri, Nuvolari, Varzi, Campari, Fagioli, Chiron.
Corrono con le Alfa. E ottengono raffiche di vittorie. Poi arrivano gli anni del
predominio tedesco. Mercedes e Auto Union scendono in forze sulle strade e sulle
piste. Nessuno sembra in grado di resistere ai bolidi argentati.
Ma nel 1935 Nuvolari realizza una eccezionale impresa: vince il Gran Premio di
Germania. Qualcuno dir: un affronto per il nascente nazismo, paragonabile solo a
quello che un nero americano di nome Jesse Owens, sull'anello olimpico della Berlino
1936, infligger al Terzo Reich e ai suoi profeti della razza pura.
La scuderia Ferrari dura nove anni. Nel 1938, dopo avere preparato la 158, la
freccia dell'Alfa che dominer nel dopoguerra, Ferrari viene nominato direttore
sportivo della casa milanese. Ma una brevissima parentesi. Ferrari lascia l'incarico
perch non va d'accordo col direttore generale. Torna nella sua Modena.
Nasce il costruttore
Sull'Europa si addensano le nubi della grande bufera. Ferrari fonda la Auto Avio
Costruzioni. Anno 1939. Costruisce motori per aerei-scuola, macchine, utensili, ma
non auto. Ha un impegno con l'Alfa che gli impedisce, per quattro anni, di lanciare
vetture denominate Ferrari. Ma il suo obiettivo resta sempre quello. E cos realizza la
815, utilizzando parti meccaniche della Fiat. C' il tempo per farne gareggiare due
esemplari nella Mille Miglia edizione 1940. Poi la guerra, le distruzioni.
Ferrari si trasferisce a Maranello. Ma anche l non c' scampo. I bombardamenti
non risparmiano la sua fabbrica. Ferrari non si arrende. Ricostruisce. E quando il
cannone tace, d inizio alla scalata che lo porter ai vertici dell'automobilismo
mondiale. Riesce a strappare ad Arese Gioacchino Colombo, il progettista della 158.
Strage a Monza
14 settembre. Si corre il Gran Premio d'Italia, penultima prova della stagione. Il
tedesco von Trips in testa alla classifica del mondiale. Ha 33 punti contro i 29
dell'altro ferrarista, Phil Hill. Al secondo giro il disastro. Lo scozzese Jim Clark,
ancora alle prime armi come pilota della Formula 1, tocca con la sua Lotus la Ferrari
di von Trips, poco prima della curva parabolica di Monza. Il bolide del tedesco
sembra impazzito. Ed la strage: con von Trips muoiono quattordici spettatori. I
feriti sono decine. A von Trips resta il secondo posto alla memoria , nel mondiale.
Per Ferrari seguiranno due anni di grigiore.
Ritorno alla vittoria
John Surtees a vincere il sesto mondiale nel '64. Surtees aveva trent'anni, era
inglese di Tastfield, e prima di approdare alle quattro ruote, nel '60 con la Cooper, era
stato un grande campione di motociclismo: sette titoli iridati con la MV Agusta. Il suo
successo fu contrastato e appassionante: prima dell'ultimo Gran Premio, in
programma a Citt del Messico, era secondo in classifica dietro il connazionale
Graham Hill (BRM): trentaquattro punti contro trentanove. In quella prova decisiva si
ritirarono Clark, terzo a quota trentadue, e Graham Hill. Bandini, altro ferrarista ,
era in seconda posizione ma lasci passare il compagno di scuderia che ottenne cos
sei punti necessari a vincere.
Il binomio Ferrari-Surtees pareva destinato a buone imprese: c'erano stima
reciproca e identit di vedute su parecchi argomenti tecnici; eppure nel '66 alla vigilia
della 24 ore di Le Mans avvenne il distacco.
Periodo duro
Cos con il '66, che dopo le delusioni dell'anno prima doveva essere la stagione del
riscatto, comincia un periodo duro per gli uomini di Maranello. La prima guida
Lorenzo Bandini, nato in Cirenaica, figlio di un meccanico, rimasto orfano
prestissimo. La vita per Bandini fu - come si dice - tutta in salita, le macchine il mezzo
dell'ascesa sociale ed economica.
Debutta con la Ferrari nel '62 a Montecarlo, ha il suo unico successo nel Gran
Premio d'Austria del '64: all'appuntamento con la gloria trova la morte.
Capita a Montecarlo nel '67, gara d'esordio per le rosse vetture che hanno disertato
il Sud Africa. Bandini parte in prima fila con Brabham, subito in testa, lo gioca l'olio
sull'asfalto costringendolo a cedere ad Hulme e Stewart il comando della corsa.
Ritiratosi Stewart, Bandini dal 42 al 58 giro si porta a soli sette secondi da Hulme. A
met dell'81a tornata, l'incidente: Bandini ha toccato con una ruota una staccionata, la
macchina, rimbalzando contro un parapetto di ferro, si sventrata, capovolta ed
incendiata. Lunghi giorni di agonia: Bandini muore il 10 maggio 1967.
l'epilogo drammatico di un periodo denso di disavventure, nonostante i successi
dei prototipi e la vittoria di Scarfiotti nel '66 a Monza. Il gravissimo incidente di
Parkes, costretto in pratica ad abbandonare la carriera, la rottura con Scarfiotti, la sua
stessa morte nel '68 nelle prove del campionato europeo di montagna, le difficolt di
Amon che disputa ventisei grandi premi senza riuscire a vincerne uno: il caso limite in
Spagna nel '68, al comando con venticinque secondi di vantaggio su Graham Hill,
fermato dall'avaria del fusibile della pompa di benzina.
Intanto, fra i successi degli altri, si annuncia il micidiale otto cilindri della FordCosworth che avrebbe segnato un'epoca e al quale la Ferrari risponde lanciando in
Formula 1 l'alettone posteriore, Belgio '68. Manca sempre per il corridore di spicco,
il campione in grado di sfruttare le risorse tecniche della casa. In quegli anni bui si
alternano De Adamich, Bell, Williams, Pedro Rodriguez, fratello di Ricardo, un altro
innamorato della scuderia: segue la stessa sorte del fratello morendo nel '71 in una
gara di contorno alla guida di una vecchia macchina di Maranello.
in questa situazione che arriva Jacky Ickx, lunatico rampollo di una famiglia
dell'alta borghesia belga. Ickx ha soltanto ventitr anni. Vince subito il Gran Premio di
Rouen in Francia e poi comincia l'altalena dei risultati che per quattro anni
somministreranno illusioni ed amarezze ai tifosi del cavallino rampante.
Ci si mette di mezzo anche la malasorte, nel '70, quando la rottura di un raccordo
della benzina impedisce il successo del Gran Premio degli USA, necessario per
scavalcare in classifica l'austriaco Rindt. Il '70 (quattro vittorie: Ickx in Austria, Canada
e Messico, Regazzoni a Monza) pareva essere l'annuncio di un'altra ra fortunata per
la Ferrari ed invece rimane un bagliore senza seguito.
Un brusco cambiamento di rotta cominciato con la morte d'Ignazio Giunti a
Buenos Aires, nel gennaio del '71. Accanto ad Ickx in quegli anni vengono provati
molti piloti, lo stesso Giunti, Andretti, ancora agli esordi in Formula 1, Galli,
Merzario. Sono anni incerti, illuminati appena da un paio di vittorie, (Olanda nel '71 e
Germania nel '72) che si concludono nella maniera pi naturale e cio con la
separazione fra Ickx, ormai ricco e annoiato, e la Ferrari che si appresta a battere altre
vie.
Ecco Lauda
Viene creata una struttura nuova: dalla direzione tecnica, affidata a Mauro
Forghieri, alla direzione sportiva con l'allora giovanissimo Luca di Montezemolo, alla
squadra formata da un vecchio ma utilissimo cavallo di ritorno, Regazzoni, e da un
ragazzino, Niki Lauda.
Austriaco, il giovane Lauda si tirato su da solo, investendo sul proprio talento e
rompendo con la famiglia allorch i parenti si oppongono alla sua scelta.
Quando Lauda arriva a Maranello un pivellino di scarsa esperienza, ma che
mostra subito un impegno quasi maniacale nella messa a punto della 312 B-3; giorni e
giorni di preparazione che danno presto buoni frutti: all'esordio della stagione
arrivano i primi piazzamenti. In Spagna il clamoroso e definitivo ritorno al vertice:
primo Lauda, secondo Regazzoni.
L viene presa la decisione di privilegiare Lauda su Regazzoni: ci non impedisce ai
due di cominciare una serratissima battaglia e spesso il giovane finisce, con la propria
inesperienza, per danneggiare il secondo. Nelle ultime corse dell'anno Regazzoni ha la
possibilit di vincere il mondiale: all'ultima prova, negli Stati Uniti, lui e Fittipaldi sono
alla pari in testa alla classifica. Regazzoni parte benissimo superando Fittipaldi ma poi
cominciano i guai e il pilota brasiliano pu raccogliere il quarto posto che serve per
aggiudicarsi il titolo.
Ma l'appuntamento con il titolo rinviato soltanto di un anno. Il '75, per l'appunto,
che quello di tutte le rivincite. Inizio in sordina. Poi cavalcata trionfale con la nuova
e rivoluzionaria 312-T, a cambio trasversale. Lauda vince a Monaco, in Belgio, in
Svezia, in Francia e negli Stati Uniti.
La consacrazione mondiale arriva a Monza, penultimo atto del mondiale:
all'austriaco basta un terzo posto per essere certo dell'affermazione finale: Lauda
puntualmente terzo e il successo della gara va a Regazzoni. Nella storia del cavallino
rampante uno dei giorni pi felici: sulla pista dell'autodromo alle porte di Milano
duecentomila spettatori ebbri di gioia decretano il trionfo ai loro beniamini.
Anche il '76 comincia sotto lieti auspici: Lauda primo in Brasile e in Sud Africa,
Regazzoni nel Gran Premio Ovest degli USA. La T2 d buone prove di s, ma gi in
Spagna, con una vittoria prima data, poi tolta, le prime polemiche e proprio con la
McLaren di Hunt, un inglese un po' zotico ed irruento che gi si annuncia quale
avversario pi pericoloso.
Lauda comunque riprende a vincere: Belgio, Montecarlo, Svezia, Inghilterra, dopo
una sentenza dei giudici della FIA che per riparare forse all'ambiguo verdetto
spagnolo assegnano all'austriaco la vittoria a tavolino a danno di Hunt.
Ma il destino in agguato. 1 agosto: si corre al Nrburgring il Gran Premio di
Germania. Al secondo giro, subito dopo la curva di Adenau, la 312-T2 di Lauda
s'arrampica sul cordolo di cemento, sbanda, fa testa-coda, urta con la parte
posteriore contro un terrapieno, rimbalza roteando in mezzo alla pista. Si sprigionano
le fiamme, mentre l'auto viene urtata da altre due vetture che sopraggiungono. La
monoposto spostata di una cinquantina di metri, attorno ad essa si affannano, per
spegnere l'incendio ed estrarre un Lauda intontito, Arturo Merzario, Erti, Lunger,
Edwards. Riescono a liberare il pilota dall'abitacolo e lo adagiano sul prato.
Lauda in quel momento imbocca un tunnel dal quale verr fuori soltanto il 6
agosto quando a Mannheim, dove stato trasportato in elicottero, viene dichiarato
fuori pericolo.
L'incidente ha lasciato terribili ricordi sul volto e sul corpo, ma Lauda dimostra il
suo carattere presentandosi a Monza per le prove del Gran Premio d'Italia: dopo il s
dei medici alla partenza. Un anno prima, su quella stessa pista, per lui era stato il
trionfo; adesso tenta la difesa del titolo dal robusto assalto di Hunt. Monza gli dice
bene: l'inglese fuori, lui quarto. Ma nella trasferta americana Hunt ottiene due primi
posti e Lauda un terzo. Il mondiale verr deciso, in Giappone.
Alle pendici del Fujiama, il monte sacro, in una giornata di pioggia e nebbia con la
pista allagata, la corsa di Lauda dura soltanto due giri, poi l'imprevisto rientro ai box,
la scelta di non rischiare. La corsa un susseguirsi di colpi di scena con Hunt che alla
fine riesce ad acchiappare il quarto posto, quello che gli serviva per diventare
campione del mondo per un solo punto.
Un anno duro, sofferto, i cui riflessi toccano anche il '77. Tre successi, in Sud
Africa, Germania e Olanda, pi uno di Reutemann, che ha sostituito Regazzoni, una
ragnatela di piazzamenti che alla fine catturano il titolo mondiale: due mesi prima che
ci avvenga la frattura definitiva fra l'austriaco e la scuderia. L'addio il 29 agosto nello
studio di Ferrari al termine di un colloquio burrascoso.
Si scioglie cos un'accoppiata che nei quattro anni di vita era apparsa imbattibile e
che per mesi e mesi catalizz l'interesse dell'opinione pubblica facendo quasi passare
in secondo piano la nuova coppia Reutemann-Villeneuve. A cinque anni di distanza,
forse inconsciamente, gli uomini della scuderia tentavano di unire nuovamente il
pilota esperto con il giovane da preparare.
Reutemann, approdato a Maranello nei giorni tempestosi dell'incidente di Lauda,
non riesce a convincere il clan modenese. Non tanto per il fallito obiettivo del
mondiale, nonostante le affermazioni in Brasile, USA Ovest, Inghilterra e USA Est,
quanto per la difficolt d'intendersi con gli altri. Per la Ferrari il '78 un anno difficile.
Non c' soltanto da controbattere lo strapotere della Lotus di Andretti, che fa man
bassa di grandi premi, ma anche il difficile affiatamento da trovare con la Michelin,
che ha sostituito la Goodyear nella fornitura dei pneumatici.
Turbo e minigonne
Il divorzio fra Reutemann e la scuderia brusco, con dure accuse da tutte le parti.
Non rimane spazio per i ricordi lieti, (non ce n'erano stati molti), ma il sorpasso
effettuato da Reutemann a Brands Hatch nei confronti di Lauda rimane memorabile
per i tifosi di quella che stata chiamata la nazionale a pistoni. Emigrato
Reutemann, salgono sul proscenio Scheckter, ex ragazzo prodigio sudafricano, e
Villeneuve che a furia di rompere una macchina dopo l'altra, ha finalmente affinato le
sue doti di combattente spericolato e ardito.
proprio Villeneuve a chiudere il '78 vincendo a casa sua, in Canada, e ad aprirlo
con l'affermazione in Sud Africa. Questa vittoria vale a bloccare il sorprendente
strapotere delle Ligier in un'annata che si annuncia densa di sorprese con nuovi team
alla ribalta, Ligier per l'appunto, Williams, Renault, e l'affermazione del turbo che,
dopo l'introduzione delle minigonne, rappresenta la pi alta novit tecnica della
Formula 1.
Il '79 una stagione felice. Scheckter coglie nella prima parte due successi, Belgio e
Montecarlo, che sono la base della sua affermazione. Il sudafricano, infatti, a
differenza di Villeneuve, che arrivato primo in Sud Africa e a Long Beach,
colleziona una serie di piazzamenti che mettono un distacco incolmabile fra lui e
Jones, l'australiano della Williams che domina alla grande la seconda parte, strappa
quattro vittorie ma alla fine terzo, superato anche da Villeneuve diventato pi
competitivo, ma sempre impetuoso. Pure il '79 si chiude dunque all'insegna della
Ferrari che a Watkins Glen coglie il successo che sigla l'intera stagione.
Il nono titolo mondiale della scuderia il definitivo riconoscimento al lavoro di un
gruppo che ha dominato la seconda met degli anni Settanta: tre campionati, due
secondi posti e un terzo posto: nessuno ha saputo fare meglio.
Gli anni Ottanta si annunciano belli e misteriosi con la nuova prova tecnica che sar
costituita dal motore turbo e con le grandi marche automobilistiche che sembrano
ormai decise a riversare fiotti inestinguibili di quat
trini nella competizione sportiva. Ma come disse una volta Scheckter, la Ferrari non
soltanto una casa ; dentro di essa batte una parte del cuore di tutta una nazione.
Per Ferrari, classe 1898, la lotta continua. Bilancio a tutt'oggi: dal 1950, tra
campionati del mondo piloti e marche, 23 titoli.
i milioni in pubblicit .
Ho interrogato un concorrente diretto e prestigioso, Anthony Colin Bruce
Chapman, padrone, manager e ispiratore della Lotus, questa vettura che porta il nome
di un fiore orientale.
considerato uno dei pi grandi e geniali progettisti di bolidi da competizione,
quello che ha costruito per primo il telaio attorno al conducente, seduto quasi
sull'asfalto, in posizione di guida. Han battezzato la trovata "effetto suolo". Ricorda
Stirling Moss: Sembrava di correre col motore attaccato al sedere, e con i piedi
appoggiati al terreno .
Laureato in ingegneria chimica, considerato un asso della meccanica; durante la
guerra era pilota della RAF, e viaggia ancora con il suo Chessna; forse da quelle
esperienze nata la sua convinzione che una Formula 1, per vincere deve somigliare
a un tubo con quattro ruote, o meglio a un aereo senz'ali .
anche l'inventore delle "minigonne", due paratie mobili messe sotto i fianchi
della Lotus, che contribuiscono, in curva, a mantenere l'aderenza alla superficie.
Elisabetta II gli ha rifiutato il titolo di "sir" che ha concesso invece al calciatore
Matthews e ai Beatles; si vede che la regina preferisce, alle piste e ai circuiti, i cavalli e
gli stadi.
Di Chapman dicono che abile, ma anche cinico e spericolato. Se ne infischiato
del verde, che il colore nazionale, e ha tinto le sue macchine a seconda dei desideri
dei fabbricanti di sigarette che pagavano, ed cos passato dal rosso e oro al nero
filettato di porporina, per far contenti i clienti.
Gli importa arrivare primo, e non guarderebbe troppo per il sottile al pericolo che
corre chi sta al volante. La giustizia lo ha sempre assolto, ma Jochen Rindt si
fracassato a Monza per il cedimento di una sospensione. Pu capitare.
Anche Ronnie Peterson ha fatto la stessa fine, pur se non si son trovate ragioni
tecniche. Jim Clark, fuori classe scozzese, nel circuito di Hockenheim, in Germania,
stato vittima della stessa dinamica che uccise Rindt. Disse Jackie Stewart, due volte
campione del mondo, che non avrebbe mai avuto il fegato di correre sulle Lotus .
Chapman, a queste critiche ha risposto che non ha tempo di correre dietro alle
chiacchiere dei giornalisti .
Ha il bilancio al suo attivo, e questo cancella ogni obiezione. Nessun pilota ha
vinto con una stessa marca quanto Jim Clark; e nessuno ha lanciato tante innovazioni.
Sposato, con tre figli, trascorre con la famiglia solo due settimane di vacanza, non
frequenta giri mondani, dorme pochissimo, mangia coi suoi meccanici. Quando
vince, butta all'aria il cappellino, ma i maligni dicono che c' sempre qualcuno svelto
a recuperarlo.
Gli ho chiesto:
Che cosa ne dice di Enzo Ferrari?
Penso che uno dei "benefattori" dell'automobile. Il suo lavoro ha sempre dato
un enorme contributo allo sviluppo dell'industria meccanica.
Non crede che sia un dittatore?
No. Sue sono le responsabilit, sua la fabbrica e perci non vedo nulla di male
nel fatto che sia lui l'ultimo a decidere.
Ferrari non va mai alle corse, lei sempre ai bordi della pista: perch?
solo una questione di et. Una volta ci andava anche lui. Verr il momento in
Perch i modelli attuali assomigliano sempre meno alle auto di tutti i giorni?
Credo che le nostre soluzioni saranno adottate dalla grande produzione nell'arco
di dieci anni, soprattutto per quanto riguarda la parte aerodinamica. Noi stiamo solo
anticipando i tempi.
Che cosa conta di pi in un corridore?
difficile dirlo perch un buon pilota il risultato di molte qualit diverse. Uno
dei punti pi importanti credo sia per la capacit analitica, saper, in altre parole,
valutare le situazioni man mano che si presentano, senza forzare troppo la macchina e
senza eccedere.
Quanto conta la macchina e quanto il pilota?
Non saprei sinceramente cosa dire: un buon risultato si ottiene con la
combinazione di molti fattori, e non ci sono percentuali determinabili.
Non pensa che l'ondata pubblicitaria distrugga l'aspetto romantico delle gare?
No. Noi lavoriamo nell'industria che ha, naturalmente, le sue esigenze.
Perch alcune marche come la Maserati o la Mercedes si sono ritirate?
Non lo so, probabilmente ad un certo stadio della loro partecipazione decisero
che era meglio tentare altre strade, oppure che il loro nome era stato sufficientemente
pubblicizzato.
Si pu chiedere ad un pilota di rinunciare ad una vittoria per favorire un
compagno o una squadra?
Credo di s. Nella mia squadra capitato spesso.
A Settimo Milanese c' l'Autodelta, che il reparto corse dell'Alfa Romeo. Lo
dirige l'ingegnere Carlo Chiti, toscano, imponente, scamiciato e cordiale. Il suo ufficio
qualcosa che ricorda una certa scena dell'Opera da tre soldi e del bazar: il trionfo
del kitsch. Trofei, pezzi di motore, libri, e brandine per cani. Un paio di bastardini,
raccolti per la strada, gemono sotto la scrivania. Hanno la febbre dice,
accarezzandogli il muso. Con l'aiuto della segretaria distribuisce pastiglie di antibiotici.
Ne ha messi insieme una dozzina, che vagano tra i capannoni della fabbrica. Agli inizi
della carriera, quando era alla Ferrari, aveva Pippo, poi pass alla ATS e adott la
Trilli, e quando arrivato qui ha trovato l'Orbina, che aveva, fra tante disgrazie, anche
perso un occhio, perch c' sempre un prediletto. Fuori delle automobili ha anche altri
interessi: psicanalisi e antropologia; gli animali sono un amore. Mangia e beve senza
inibizioni, allegramente.
Di Chiti, Enzo Ferrari fa un ritrattino che tien conto dei meriti, ma che non ha
accenti molto cordiali: Uomo di vasta cultura teorica, pari alla sua ansia di emergere.
Da lui mi sono separato non per contrasti di natura tecnica, sindacale o finanziaria,
bens per ragioni o per pretesti sorti per fattori estranei che distorsero la visuale esatta
e le giuste proporzioni delle singole posizioni. Questo divorzio sugger ad altri
collaboratori una curiosa solidariet, che in seguito mi apparve fin troppo chiara. Il
tempo si poi incaricato di definire le individuali capacit di tutti costoro .
Ferrari leale: riconosce che ogni collaboratore ha portato il suo contributo, dice
che si debbono ricordare solo le pagine liete, ma che chi se ne andato si portato
dietro un insegnamento e una somma di conoscenze possibili solo in un ambiente come si sa - aperto ad ogni proposta, ad ogni suggerimento.
Nel 1975 c' stata la riappacificazione, con tanto di abbracci e qualche flash dei
fotografi.
Non siamo andati d'accordo mi racconta l'ingegnere Chiti ma non c'erano
motivi personali. Ho passato sei anni con lui. Ma non sono stato il solo a venir via,
eravamo un gruppo di dirigenti, tutti abbastanza giovani, e Ferrari era abbastanza
duro. Mi chiam dopo la morte di Fraschetti, che era capo dell'ufficio tecnico, e si
ammazz provando una vettura. Guardi: Ferrari un grand'uomo, con grandi difetti e
grandi pregi. Molte delle sue pecche, ora che ho un posto simile al suo, mi accorgo
che sono proprie del mestiere. estremamente intelligente. Ha una preveggenza
degna di una chiromante. Capisce le cose cinque giorni prima, conosce bene gli
uomini e il suo compito. Diffonde simpatia. La pi affascinata era mia moglie che si
interessa di Freud. Un soggetto straordinario. Fuori dai rapporti di lavoro di un
fascino incredibile. L'ho visto discutere con un gesuita, e lo incastrava. Se avesse fatto
il politico, sono certo che avrebbe ottenuto un successo immenso.
I lati negativi? Impulsivit e diffidenza. Spesso affermava: "Pensate male e siete
alla met della realt". Per me non sempre cos. Una volta lo consideravo anche
prepotente, ma adesso ho capito che certe decisioni, certi atteggiamenti non sono
soprusi.
Non vuole piloti italiani: e lo capisco. Se succede una disgrazia hai contro tutti:
stampa, partiti, chiesa. Se te ne muore uno finita. La sua passione per le macchine
particolare: pensi che non va in ascensore, o in treno, o in aereo, perch ha paura. Lo
confessa ridendo. Si fida solo del suo autista.
Molti si chiedono da che cosa nasce il suo mito. Ha vinto moltissimo, e non ha
mai rinunciato, anche quando le cose non andavano bene. Ha spaziato in ogni
categoria. Si dimostra freddo quando c' qualche incidente: ma vero? Poi ha il culto
del figlio morto, una devozione da meridionale.
Non va alle gare perch soffre moltissimo: io invece s, ma lui il padrone, e io
un tecnico. Le sue reazioni sono improvvise: una volta a Le Mans, una vettura
rimasta senza benzina. Cosa non fece; licenzi tutti. Ma ne era rimasta una, che vinse.
Allora tutto fin lietamente.
Che cosa si prova quando uno dei tuoi corridori ci lascia la pelle?
Uno cerca di essere freddo, un mestiere brutto. come fare l'ufficiale in guerra:
piangi perch c' l'assalto?
Anche lei convinto che le corse facciano progredire?
Senz'altro. Senza non si sarebbe arrivati fino a questo punto. Quando non c'
agonismo ci si adagia. Il motore Diesel rimasto indietro perch non ha mai
gareggiato.
Chi il campione?
Quello che va pi forte, e arriva anche primo. Stirling Moss era grande, ma non
ha mai vinto campionati mondiali.
Chi il corridore che ha ammirato di pi?
Stewart, e Jim Clark, e anche Moss, ma quei due erano veramente qualcosa di
superiore.
Che cosa conta di pi, per uno che si misura in pista: prontezza, coraggio,
tecnica, resistenza fisica, colpo d'occhio?
I riflessi. come l'acrobata che va sul filo. Una sensibilit diversa.
Quanto in un successo tocca alla macchina, quanto a chi la guida?
Una volta, con motori cattivi, la prevalenza andava all'uomo. Oggi pi
sofisticata: e a lui, vanno quaranta punti su cento.
doveva tutto. Ma pretendeva in cambio la dedizione assoluta. Solo per Ascari, forse,
ha sentito affetto, perch era stato amico del suo pap. Per gli altri si trattava di
convenienza: vinci e va bene, perdi e cambiamo. Forse l'inesorabile e crudele logica
di uno che vuole imporsi.
Cosa ricorda del periodo che ha trascorso con lui?
Mi rimasto come un senso di obbligo; debbo ringraziarlo perch mi ha messo
nella condizione di realizzare serenamente quello che era il mio desiderio pi forte. I
rapporti si sono guastati quando ho compreso la sua personalit, coi pregi e i difetti.
Le virt non tornavano a mio vantaggio, le manchevolezze le avevo contro. Quando
con Alberto Ascari decidemmo di lasciarlo non ne provai dolore.
Ferrari ha detto: Le donne dei box sono le rivali pi pericolose . Condivide?
Forse s. Prima di noi, ci sono state figure femminili di grosso rilievo: Alice
Caracciolo, la compagna di Sommer, la Norma di Varzi, erano veramente non solo
signore di una certa classe, ma aiutavano il loro uomo, moralmente e materialmente.
importante avere qualcuno che ti distende, e ti aiuta a sciogliere le contrariet. Io non
l'ho incontrata, io non l'ho capita, cosa di cui mi pento oggi; c'erano delle amiche, ma
sempre saltuarie. Dopo non ci sono state forti personalit. L'ambiente cambiato.
Quello di oggi non lo conosco.
Quando si vede un compagno morire si pensa: Ora basta, la finisco?
Dico di no. Quando ho perso mio fratello, al quale ero veramente legato, avrei
smesso. Ho continuato, provocando un enorme dolore ai miei genitori, che per non
dissero nulla: sapevano che quello era il mio ideale. Ne ho visto cadere tanti, Musso,
Alberto Ascari; era qualcosa di scontato, poteva accadere. Neppure adesso temo di
morire. Ho smesso per paura del dolore. A Roma, al circuito di Ostia, sono finito sulla
sabbia che era al bordo della strada e mi sono accartocciato contro un pino. Sono
partiti spalla, femore, gambe e tre costole.
La riprende mai la nostalgia del mondo delle corse?
Forse s. Volevo darmi ai rallies, mi piacevano, ci sapevo fare. Ma bisogna capire
quando il momento di dire di no.
Rivalit significa rancore?
No. Ce l'hai con chi scorretto.
Perch uno si mette a correre in automobile?
I tempi sono cambiati. Una volta solo per la passione. L'interesse allora contava
poco. Con Ferrari, io e Alberto Ascari prendevamo met dei premi d'arrivo, met degli
ingaggi e un rimborso spese sulle centomila mensili. Parlo del'49.
Che cosa vuol dire vincere?
Toccare quello che ti sei sognato. La pi grande gioia possibile.
Che cosa fa il campione?
Si dice che il pilota si crea, ma non vero. Si pu perfezionare. Il grande cantante
nasce col dono della voce, con lo studio migliora. Anche guidare particolarmente bene
l'auto un dono di natura, arrivare alla perfezione un altro discorso. Bisogna capire
il mezzo che hai a disposizione, possedere il senso di come va utilizzato, le curve sono
uguali per tutti, e l'asso ha l'intuito su come vanno prese, poi quella dote di coraggio
che non incoscienza, ma controllo delle proprie capacit, per spingersi fino
all'estremo, ma senza superarlo. E poi onest professionale: dare tutto senza riserve.
Che cosa si prova prima della partenza? Uno si rende conto del rischio?
ruolo.
Donne e motori, riferiscono gli assidui della sua tavola, sono gli argomenti pi
consueti, ma pieno di curiosit, sa tutto, anche i pettegolezzi, c' da ogni parte
qualcuno che lo informa sulle storie delle redazioni, sui misteri dell'industria e anche
sugli amori dei piccoli e dei grandi.
Mi disse un giorno: La donna bisogna considerarla un premio al lavoro . Poi
aggiunse: molto bello quando si pu parlare . Non un genere di affermazione
destinato a piacere alle femministe, ma ha almeno il merito di essere esplicito. Del
resto le riconosce un ruolo complicato: difficile recitare le cinque parti che il
compagno della commedia della vita le richiede: buona moglie, ottima madre, esperta
cuoca, gentile creatura con gli ospiti, e appassionata al punto di non fare desiderare
una scatenata amante. La grande maggioranza degli uomini condizionata dalla
funzione ghiandolare .
Non deve avere avuto rapporti facili, se confida: una donna che mi ha
insegnato la volutt del giuramento falso, sempre. Dicevo la verit, e non ero creduto.
Una volta quando ero all'Alfa, rincasai tardi dal Portello: ero stato in officina. Ci fu
una scenata. Dovrebbero essere orgogliose, quando ritorni: alla fine, pensavo, le
tradisco tutte con te. Poi c' la gioia del pentimento, che una cosa meravigliosa .
Da una maestrina che conobbe durante la guerra, e che descrivono come una
signora garbata e discreta, Enzo Ferrari ha avuto un figlio, che si chiama Piero Lardi, e
che lavora nell'azienda. Non gli dar mai il suo nome; non perch non lo meriti, ma
aveva giurato a Dino che sarebbe stato il solo Ferrari. Quando lui non ci sar pi,
potr, se vuole, aggiungerlo al cognome della madre. Credo non volesse anche
mettergli addosso il peso di una immagine, esporlo a ritorsioni. Lo ha seguito,
diventato perito industriale, ha girato il mondo; erediter, ma non una posizione. Avr
il suo posto nella fabbrica, dove considerato un impiegato modello.
Penso che in Ferrari si dibatta un penoso confronto; con qualcuno ha detto che un
dramma di sentimenti, da una parte quello che non ha avuto niente, dall'altra quello
che ha avuto tutto. E poi Dino la sua leggenda, e la sua pena continua; tutto quello
che ha fatto, va inteso, ha scritto: a maggior onore di quel nome che fu tuo, e tuo
rimane .
A Maranello, il "gran vecchio" il principe. I ragazzini stanno fuori dai cancelli
della pista di Fiorano per vederlo passare, seduto accanto all'autista, quando va a
controllare le prove. Non guida ormai pi, e la sua patente, che ha il numero 1363,
risale al 1916.
Ho conversato con due operai: Bruno Solmi con Ferrari da pi di trent'anni.
Racconta: Lo abbiamo visto arrivare da Modena in bicicletta, aveva una Bianchi.
Anche allora comandava, nato per comandare. Sono sempre stato con lui, nella
buona e nella cattiva sorte. Vorrei che fosse pi giovane, sarebbe molto importante.
Stavo in una piccola officina e mi ha preso. Una volta dava pi soggezione. Ma uno
che ha anche umanit. Quando ho avuto bisogno mi ha aiutato. Se devo andare a
parlare con lui, e ho commesso qualche errore, discutere non facile. Io lavoro ai
cambi, che in Formula 1 sono ancora artigianali. Non permesso sbagliare: se
successo qualcosa a questo pezzo, il commendatore parla. E come. un carattere
rude. Se lo vedevi col cappello sulle ventiquattro, voleva dire che c'era qualche
perch lo avevano viziato, per tutto quello che aveva fatto, come un figlio unico. Ma
anche convinto che, andandosene, Niki ha ridimensionato molte idee.
A Ferrari dice impossibile raccontare storie. Non si riesce. Ci vorrebbe, per
tentarlo, un idiota. L'ho fatto urlare, non l'ho mai blandito. Non lo chiamo ingegnere,
perch non lo . Del resto, non vuole titoli. Lo chiamo commendatore, come da
bambino. Lo ammiro perch ha saputo, nei giorni bui e in quelli felici, fare un lavoro
che altri hanno mollato. Io per un pistone che non va faccio calcoli, lui lo sente con
l'anima. Ha una fede. un capitano, e si porta dietro un piccolo esercito. Ha un
intuito nei momenti difficili che nessuno possiede. Gli debbo riconoscenza.
Le qualit? Quelle del contadino emiliano, una grande sensibilit, il che non vuol
dire buon uomo. I difetti: se avesse saputo vincere i piccoli residui di sfiducia nella
gente, ma non riesce a farcela completamente. Vorrei prendere tutto da lui, fuor che
l'aspetto umano. Ad esempio, ama l'immagine della donna, non una in particolare. Gli
sono rimasti vicini quelli che hanno saputo dirgli di no.
Ti sbigottisce spesso, e in tutti i sensi: l'ho visto discutere con uno storico, sapeva
tutto. Ha un intuito femminile: vennero delle ragazze, e rimasero stupite da come gli
rivelava aspetti intimi. Sente il peso di una figura creata dalla stampa, e non sa come
liberarsene. Ma si giudica anche: aveva un amico, Peppino, che lo portava in giro, era
la sua ombra, ma la sola volta che non se lo vide accanto esplose: "Ma quello non c'
mai". Poi scoppi a ridere.
Luca Montezemolo si fatto a Maranello, stato direttore sportivo, e ama "il
mago". Mi ha raccontato che quando Lauda, dopo che aveva sofferto il disastro di
Nrburgring, si ripresent in pista, La Gazzetta dello Sport fece un grosso titolo:
Niki torna a Monza. Ferrari lesse, e comment amaro: Come corre, a piedi? .
Lo considera la pi grande primadonna sulla piazza, anche in senso positivo,
s'intende, perch si prende le responsabilit .
Dedica due ore alla posta, e risponde a tutti, e fa spedire adesivi, portachiavi,
fotografie con l'autografo. un lettore attentissimo: con un pennarello viola
sottolinea sui giornali quello che lo colpisce o lo irrita, e chiede spiegazioni. Ama
scoprire piloti non importanti, che valorizzino i suoi motori. Manda di nascosto quella
che fu la ragazza di Musso, di cui si fida, a vedere certe corse, perch gli riferisca. C'
chi sostiene che il grande campione lo infastidisce, perch prende troppo spazio. I
corridori con lui quasi non parlavano, da bravi lavoratori dipendenti.
Con Lauda, all'inizio, tutto procedeva per il meglio. Niki stava all'Hotel Canal
Grande, mangiava al ristorante Cavallino, c'era pi un clima da societ calcistica che da
Formula 1.
Niki diceva, nel suo cattivo italiano: Tu che cosa vuole commendatore prossimo
Gran Premio? .
Nove punti.
veniva accontentato, poi Niki chiedeva moneta , e il commendatore gli diceva
ebreo . Lo vedeva come una sua creatura, gli dava molta confidenza. in quattro
anni il giovanotto austriaco gli ha portato due titoli mondiali, e il terzo gli scappato
per un punto, e nella prima stagione ha battuto il record delle partenze al palo. Poi, il
giocattolo si rotto. Ferrari non va ai box, non ha rapporti diretti coi corridori e con
l'ambiente, deve prendere decisioni su opinioni e fatti riferiti da altri. Qualcuno
sostiene che Forghieri non ha favorito i rapporti tra i due. Lauda calcolatore e
distaccato, ma corretto. Non si sono capiti.
Dice Montezemolo: La sua capacit mettere attorno a un tavolo persone, anche
in competizione tra di loro, e lui d temi di grande valore, esaspera, stimola, e critica .
si porta dietro la sua diffidenza: Metto le lenti scure dice perch non voglio
dare agli altri la sensazione di come sono fatto dentro. Io sono per i grandi amori, e
per i grandi odi . Non conosce la via di mezzo.
Credo che l'ingegnere sia un nazionalista: sotto il ritratto di Dino c' una lampada
tricolore, nella sala di soggiorno, sulla parete, c' una foto della squadriglia d'alta
acrobazia, che lascia dietro, nel cielo, una scia bianco-rosso-verde, il sincero amore per
il suo paese lo dimostra, non solo dandogli del prestigio, ma anche nelle piccole cose.
Chi vede una Ferrari rossa pensa Italia: non si mai rassegnato ai colori degli
sponsor. sparito il verde degli inglesi, l'argento tedesco, il blu francese.
Nel 1975, al Gran Premio degli Stati Uniti, al circuito di Watkins Green, gremito di
compatrioti, il direttore di gara abbass la bandiera nera e squalific Regazzoni;
Montezemolo si precipit a protestare, e fin in una cazzottatura, ampiamente ripresa
dai fotografi, alla quale parteciparono con entusiasmo anche i meccanici. Vinsero
ugualmente con Lauda. Ferrari telefon: Avete fatto bene . L'Italia e la Ferrari non
si toccano.
Sante Ghedini uno di quelli che seguirono Niki. Dirigeva la pista, e si occupava
delle trasferte della squadra. Quando disse che andava, gli fecero avere la roba che era
rimasta in ufficio a casa. Ma dice: Ferrari per me stato tutto. Ma impossibile una
posizione neutra o di attesa: o si con lui, o contro.
un grande trascinatore: se ci stai, gli vai dietro. Io avevo conosciuto Piero
Lardi, che un ragazzo molto gentile; forse sente il complesso del padre. Fu lui che
mi present. Ho vissuto giornate magnifiche. Niki si era offeso perch, dopo
l'incidente, avevano contattato Fittipaldi e Reutemann per sostituirlo a Monza. Lui ha
corso lo stesso, perch caparbio, col casco scavato dentro, per non premere sulla
zona bruciata. "Voglio provare a me stesso se ho ancora la forza per fare il pilota, o se
ho paura, e debbo smettere" disse.
Niki leale: in Giappone, volevano dare la colpa del ritiro alla macchina. Ma lui
disse: "Non vero, perfetta. Sono io che non ce la faccio". Non si sentiva pi a suo
agio a Maranello. Voleva dimostrare che era capace di vincere anche senza Ferrari;
non ce l'ha fatta. Ferrari non capiva il perch di quel distacco: "Che cosa vuoi?".
Niki: "Io niente, commendatore, io vuole andare via".
Niki uno che va all'essenziale. Volevamo che affrontasse un'operazione di
plastica, ma non lo abbiamo convinto: "Io abituato mia faccia, io non ci ho interesse".
Un giorno arriva e dice: "Io stamattina fatto cosa. Io stamattina sposato
Marlene". Tutto l. Due caratteri troppo forti.
Una volta c'era l'automobilismo, e c'era Tazio Nuvolari.
Disse di lui Porsche, il famoso costruttore: il pi grande pilota del passato, del
presente e dell'avvenire .
Era piccolo, magro, tutto nervi: 1,65 di altezza, 60 chili di peso. Nato in una famiglia
di agricoltori assai ricchi, aveva cominciato a correre da ragazzo, in motocicletta, poi
Nel marmo che copre la sua tomba hanno inciso soltanto una frase: Camminerai
pi veloce per le vie del cielo .
Volle essere vestito, anche per l'ultimo viaggio, con quella uniforme che lo rendeva
subito riconoscibile agli occhi del pubblico: calzoni color azzurro, una maglietta gialla,
casco bianco, e la cintura nera che gli avevano regalato gli americani.
Tutt'altro tipo l'idolo moderno: Andrea Nikolas Lauda detto "Niki". nato a
Vienna, figlio e nipote di banchieri, e per due volte ha vinto con la Ferrari il
campionato del mondo. Lo hanno definito un cervello lucido come un computer, uno
che regolava la sua vita come un robot, un soldato di ventura, pronto a servire il
signore che lo pagava meglio. Ha guadagnato nella sua carriera tre milioni e mezzo di
dollari, ma quando ha deciso di smettere, ha detto no a una offerta di due milioni,
sempre della stessa valuta. Mi sono chiesto spieg ai cronisti che senso ha correre
attorno alla pista, ci sono altre mille faccende importanti da fare.
Ha fondato, infatti, la "Lauda Air", che possiede alcuni Fokker e perfino un DC
10.
Quando lo accusavano di venalit, rispondeva che gli erano necessarie tre cose:
essere felice, avere una macchina in grado di competere, e guadagnare molti soldi.
Aveva una spiegazione anche per quelli che gli sportivi considerano dei tradimenti:
Uno vive cinquant'anni con una donna, e a un certo momento si accorge che finito
tutto, che non c' pi amore. Lei pensa: ho il seno cadente, i fianchi sfasciati, la
cellulite, e ricorre a un chirurgo. Poi torna a casa convinta che tutto tornato come
prima, invece no. Non basta un'operazione .
Se ne andato senza rimpianti: Ho dato tutto, ho avuto tutto, ricomincio da capo
. la moglie disse: Ora, finalmente, non avr pi paura quando suoner il telefono
.
stato protagonista di un terribile incidente in Germania, quando le fiamme lo
hanno avvolto, ed finito, moribondo, in camera di rianimazione. Gli sono rimasti i
segni di quelle ustioni sul volto, gli occhi senza ciglia, le cicatrici profonde; dalle sue
parti lo chiamano "coniglio bruciato", ma gi dopo quaranta giorni, nella corsia
dell'ospedale, aveva deciso: Voglio ricominciare .
Ricorda Marlene Lauda: stato terribile, la radio lo aveva dato per morto.
Quando guarito, gli ho raccontato che la notte prima avevo sognato tutto, nei
minimi particolari. Nel sogno vedevo per solo la macchina che correva e poi si
incendiava. Ma Niki su quell'auto non c'era. Ce l'ha fatta. tornato. Non era diverso.
Per me anche se sfigurato e irriconoscibile era sempre Niki. Non mi faceva senso, ma
tanta, tanta tenerezza. In quel momento ho capito che se Niki fosse morto la mia vita
sarebbe finita .
Aveva il sentimento del suo prestigio, e lo difendeva, anche in polemica con
l'ingegner Ferrari.
Dice il costruttore: Il pilota come un fantino .
Lauda risponde: Il motore non ragiona. Il pilota s . va avanti senza voltarsi,
senza patteggiamenti con la nostalgia e con gli entusiasmi. Non mi interessano i
fischi del pubblico n i giudizi negativi dei giornalisti. Niente pi importante della
mia carriera.
Alla quale sacrifica tutto, nel rispetto di un programma che non conosce cedimenti.
Si alza alle sette, e dopo un'ora e mezza gi coi meccanici: smontano pezzi,
discutono, provano, lui gira a forte velocit, denuncia ogni inconveniente,
questionano, litigano, fin quando non scende la notte: Non vado a cercare ragazze,
non partecipo ai ricevimenti, alle dieci sono a letto .
La mattina dopo si ricomincia, fino al via della gara.
Io dice lavoro e corro per vincere. Se sono primo in un certo numero di corse,
divento il numero uno del mondo. Tutto qui. Non un prodigio n un dono. La
stagione dei Nuvolari, dei folli cavalieri del volante forse finita.
Abbiamo chiacchierato a lungo in un albergo di Roma. Va ancora in giro con il
berretto della Parmalat, la societ che lo sosteneva, e di cui cura sempre le relazioni
pubbliche. Non d affatto l'impressione di un temperamento gelido, ma piuttosto
ironico. Credo abbia poche illusioni.
Allora, Lauda, chi Ferrari?
Un personaggio molto grande. Dentro di s tanto forte. Ha un carattere: se sceglie
le strade buone tutto va per il meglio. Se sbaglia, sono guai. Lavorare con lui facile;
se crede in te non ci sono problemi. Per quattro anni ho collaborato lealmente, e con
parecchia soddisfazione. Adesso passato molto tempo. L'ingegnere prende le
decisioni vedendo le cose solo da Modena, e dipende da quello che gli riferiscono, e
qualche volta ascolta notizie inesatte, perch hanno soggezione di lui. Se non ci
prende, allora, non colpa sua, ma della sua gente. Io lo rispetto anche oggi: lui, come
me, ha il senso della tecnica. Quando guarda una vettura, io capisco quello che prova.
anche molto suscettibile, si arrabbia per poco.
Perch uno corre?
A me piace trafficare con le macchine, adesso con gli aeroplani. Quando sono su
una certa automobile mi sento molto felice, su una Ferrari anche di pi. Quando vinci
con uno di quei bolidi rossi, niente ti d la stessa soddisfazione.
Ha mai avuto paura?
Tante volte. Specialmente dopo l'incidente; pensi a quella curva, e il giorno dopo
lasci il gas, non sei pi come prima, nella tua testa accaduto qualcosa. Poi, dopo due
o tre corse, tutto ritornato normale.
Ha nostalgia?
C' una piccola pena in me, ma voltarsi indietro non serve. Mettersi nell'aviazione
molto duro, e penso che bisogna guardare avanti. Certo, quando non sono
impegnato, qualcosa mi manca. Un uomo cambia sempre; non so cosa far fra due o
tre anni. Chi sa cosa penser domani; potrei anche desiderare di salire sulla Luna.
Chi un campione?
Dipende da tanti fatti: uno che nel momento giusto ha il motore giusto, le
gomme ottime e via dicendo. uno che c' riuscito tante volte: Fangio, per esempio,
lo di sicuro.
Che cos'ha di diverso da un pilota?
pi bravo. Ha sempre qualcosa in pi. Pi testa, per fare un caso.
Quanto conta la fortuna?
Per me niente. Quando uno in crisi tutta la vita la colpa sua. Si possono
influenzare le cose. Due o tre volte sono incontrollabili, non sempre.
La accusano di essere un computer.
Balle. una invenzione dei giornalisti. Io sono come lei, uno col sangue e tutto il
resto.
In una vittoria, quanto conta chi guida, quanto la vettura?
Dipende: una volta pi l'uno, una volta pi l'altra. Non serve dividerli: stanno
insieme, sono una cosa sola.
Ma lei chi ?
Un austriaco, nato a Vienna.
risaputo. Ma come persona?
Un tipo normale, forse col culo pi sensibile per pilotare la macchina.
Ha salvato la vita, nonostante un orribile episodio. A che cosa lo deve: buona
sorte, abilit?
Non stata una sorpresa: sapevo il rischio. Dopo ho lottato come un matto per
vivere. Il destino conta poco, dipende da come tu lo affronti.
Da che cosa nata la sua disputa con Ferrari?
Per me non esiste; dopo quattro stagioni volevo cambiare, per motivi miei. Non
l'ho lasciato per dimostrare che ero pi in gamba di lui, volevo vedere come vanno le
macchine in Inghilterra.
Come vi siete congedati?
C' stato un po' di casino perch lui non era preparato alla mia decisione. Aveva il
contratto pronto, e gli ho detto: "Scusa, arrivederci".
Pensava che restassi, rimasto male.
Ha detto: " questione di moneta?".
Io ho risposto no, voglio conoscere un altro ambiente.
Lui non capiva perch, era tutto ottimo, avevamo vinto, ma io volevo andare in
Inghilterra. Mi ha offerto tante possibilit, ma io non sentivo.
Allora lui ha detto: "Addio".
Quando ho lasciato l'officina di Maranello mi pareva di essere molto leggero, pi
libero. Finiva quell'oppressione creata dalla stampa, dalla gente. Quando ce la fai sono
tutti con te, quando perdi li hai tutti contro. In mezzo non c' niente.
Continuo:
Che cosa si prova a vincere?
Ho fatto il meglio; pensiamo alla prossima volta. Non si pu essere un fenomeno
ogni tanto.
Che cosa le piace di Niki Lauda, e che cosa non le va?
Io voglio sempre dire la verit, soprattutto per me. Quando ho guidato male, mi
sono detto: "Tu sei uno stronzo, altro che colpa del sole o del vento". Mi critico
senza indulgenza, mi ripeto sempre: "Guardiamo alla storia. Altro che ha sbagliato
l'ammortizzatore; ho sbagliato io".
Che cosa che fa un campione?
Macchina, meccanici, tutti. Non siamo come gli atleti che vanno solo con i
muscoli.
Che cosa si prova prima della partenza? Ci si rende conto del pericolo?
No, non ci pensi. Prima hai immaginato dieci programmi, ma dopo il via
sempre diverso. Poi ho lasciato perdere, e ho imparato a regolarmi su quello che
accadeva.
Come viveva la giornata della corsa?
L'ottimo dormire: io riposavo tranquillamente. Certo, non mangiavo cocktail di
scampi.
Quando ha deciso di smettere le costato molto?
No, perch c'era un sentimento finito. Restavano i soldi e la gloria, ma non ti
pagano di quella felicit d'indossare la tuta che non c' pi. Non ho pi sentito la gioia
di correre. Per ci sono altre cose molto importanti.
Che cosa si prova ad andare pi forte degli altri?
La voglia di migliorare ancora. Bisogna essere pronti per le vicende che
cambiano, ed adeguarsi.
Le donne dei box, come sostiene Ferrari, sono proprio un pericolo?
Io non ho mai avuto problemi. Una faccenda sono le ragazze, un'altra le
macchine. Io non guido pi veloce se ho un'amica.
Hanno contato molto nella sua vita, quelle della pista e le altre?
No, io sono sposato, e una moglie il meglio. Mi ha lasciato sempre fare. Prima
avevo un'altra, poi ho conosciuto Marlene e ho detto a Mariella dopo una crisi, un
bordello, pianti e liti: "Arrivederci e grazie. Siamo stati insieme sette anni, forse sono
cambiato io, forse colpa mia, ma ora ho interessi diversi".
Come deve comportarsi la compagna di un campione?
Deve lasciarlo tranquillo, a decidere da solo. Marlene non ha mai detto: fermati;
tre mesi dopo le nozze io ero in clinica. Marlene ha visto gli aspetti peggiori dei Gran
Premi.
Che cosa rende appassionante il suo mestiere?
Se sei emotivo, sei in errore. Le macchine, e sono le cose pi importanti, non si
agitano. Rischio, velocit, sono solo una parte.
Dopo l'incidente mutato qualcosa in lei, in senso morale o psichico?
Ho capito che molto facile morire. cambiata la mia vita normale: se guido
sulla strada di tutti sono molto prudente.
Quando si vede un compagno morire, non si pensa: La smetto, adesso basta?
Si pensa anche a questo, ma bisogna prendere la risoluzione senza influenze
esterne. Ho voluto chiudere quando piaceva a me, non per quello che era accaduto ad
altri, o per quello che poteva succedermi.
Rivalit significa anche rancore?
No, va intesa in senso buono.
Oggi si corre in modo diverso? No.
Chi, tra i suoi successori, ammira di pi?
In questo momento li vedo tutti insieme. Forse tra i giovani c' qualcuno che
emerger. Il problema non riuscire una volta, ma tante.
Esistono le "pastette" nelle gare?
Solo, forse, in un team, ma poi le faccende si presentano sempre in maniera
diversa da quella che si vorrebbe.
Che cos'ha Ferrari nel confronto dei suoi rivali?
un artista; se l'imbrocca, batte tutti, se fallisce,
gi.
Qual il difetto massimo di un pilota?
Non essere veloce.
A un giovane che comincia cosa suggerisce?
Lavorare tanto, e non nascondersi niente. Essere franco con se stesso.
Ferrari dice che non gli piacciono i piloti di oggi; sono come attori e chiedono
molto denaro.
I quattrini sono importanti, se il pilota bravo pretende molto, se lui
mezzasega chiede poco. In Formula 1 non c' solo cuore; ci sono anche quelli della
pubblicit e gli affari.
Molti corridori hanno superstizioni. Ne ricorda qualcuna?
Io conosco un manager, si chiama Roberto Nosetto, e vuole tutto verde, maglia,
mutande, e distribuiva batuffoli di lana di quel colore prima della partenza. Io manie
non ne ho mai avute.
Che cos' Maranello nell'automobilismo mondiale?
Quando si vince grande.
Considera pi sicure le vetture di oggi o di ieri?
Uguali, forse adesso pi pericolose, perch con le minigonne sono pi veloci.
Cosa contano i meccanici in una squadra?
Quanto il pilota.
Qual il momento pi teso? La partenza?
S, molto pericolosa. Se sbagli in quel momento finita. Si tutti insieme.
Ferrari dice che i piloti si dividono in due categorie: i professionisti e gli
ambiziosi, che sono i dilettanti. esatto?
S.
vero che un pilota deve essere crudele con la macchina, come un giocatore di
polo col cavallo?
La macchina molto sensibile e va rispettata.
L'automobilismo che cosa le ha dato, oltre la ricchezza?
Sono cresciuto con le corse. Ho imparato molto a vivere, a stare con gli altri.
Tutto.
I guai che lei ha avuto erano provocati dalla stanchezza?
No, non ricordo nulla di quel fatto, nemmeno il fuoco. Ho visto delle
registrazioni, ma mi sembrava una cosa che riguardava un altro.
Aveva nella sua mente un modello di corridore?
No, ma mi piacevano Fangio e Jim Clark.
Il coraggio in corsa che cosa vuol dire?
importante; serve come la velocit.
Come nata la sua vocazione per le piste?
Quando a dodici anni ho scoperto quella per i motori.
Quale stata la sua corsa pi bella?
Forse il primo Gran Premio, nel '74 in Spagna.
Pensa che un campione si possa fabbricare?
Non esiste un laboratorio, o uno stabilimento, per questo.
Che cosa le rimasto dell'incontro con Ferrari?
Non ho mai pensato di rinnegare un'amicizia, e non ho mai inteso fare una
guerra.
Pensa di dovergli qualcosa o di essere alla pari?
Alla pari.
Chi Forghieri?
uno eccezionale nel suo mestiere, assomiglia a Ferrari. Testardo, anche. Se gli
dico che il problema davanti, e lui dietro, niente da fare. Se si muove nella direzione
giusta, formidabile. pi bravo degli altri.
Chi ha stimato di pi dei suoi avversari?
Dipendeva dalle corse, cambiavano sempre.
Chi ricorda di quelli scomparsi?
Ronnie Peterson perch era molto simpatico. morto in un modo stupido. Forse
si poteva salvare.
Crede che l'automobilismo sportivo favorisca il progresso?
Certamente; guardi il turbo, adesso.
Qual l'et migliore per un campione?
Dipende, dai venticinque ai trenta. Ma c' anche chi a quaranta va benissimo.
Juan Manuel Fangio, argentino, tra i piloti che Ferrari ammira, da un punto di
vista sportivo, senza riserve: viene dopo Nuvolari, e sta alla pari con Stirling Moss.
Lo vide provare, a Modena, nel 1949, e non nascose l'entusiasmo: Possedeva una
visione della corsa decisamente superiore, e un equilibrio, una intelligenza e una
sicurezza singolari. Aveva uno stile insolito. Era il solo che veniva fuori dalle curve
senza sbarbare le balle di paglia. Mi dissi: " bravo sul serio: esce sparato e resta nel
bel mezzo della pista".
Fangio si presenta ai Grandi Premi a trentasette anni, quando gli altri, di solito, si
ritirano. Si preparato nelle massacranti corse a tappe del Sud America, cresciuto in
un'autorimessa, conosce tutti i segreti del motore. Aveva dieci anni, e si mise per la
prima volta al volante di un carretto per le immondizie.
C' chi arriva alle corse automobilistiche dalla motocicletta, come Nuvolari, Varzi,
Surtees, chi perch cresciuto nell'ambiente, come Alberto Ascari, chi per amore per
la meccanica, e chi ha il padre con molti quattrini e disposto a incoraggiare la
vocazione del suo ragazzo.
Fangio, come Bandini, ha cominciato armeggiando in officina.
Da molti considerato il pi grande di tutti, in assoluto, anche se queste classifiche
sono abbastanza improbabili, ma ha fatto centro cinque volte: 1951 con l'Alfa, '54 e
'55 con la Mercedes, '56 Ferrari, '57 Maserati: sembrava quasi un gioco, ma arrivava
sempre primo. Ne venuto fuori famoso, ricco e vivo: i suoi compagni e rivali sono
usciti di strada per sempre. Cos Wimille, Achille Varzi, Felice Bonetto, Luigi Fagioli,
Nino Farina, Alberto Ascari, Jean Behra, Eugenio Castellotti, Alfonso De l'Ortago,
Peter Collins, Luigi Musso, Onofre Marimon: lui scampato due volte a situazioni
disperate, e sempre per stanchezza. Confessa: Non sono stato in ogni momento un
campione, un guidatore attento .
Eppure lo chiamavano "Fangio il saggio", antirettorico, metodico, preciso. Quando
guidava, masticava chewing-gum e cantava. Teneva le braccia quasi tese sullo sterzo;
una volta con la frizione bruciata, riusc ad arrivare in fondo cambiando "ad
orecchio".
Adesso va verso i settanta, ma ha un aspetto assai giovanile, nonostante abbia
sofferto di qualche guaio cardiaco. presidente della Mercedes argentina, ed
proprietario di due concessionarie, e anche di una "fazenda".
Con Ferrari i rapporti non sono stati da idillio: in un libro autobiografico, ma di cui
autore un suo manager, ci sono giudizi che dipingono l'ingegnere come tipo capace
realizzato quello che sognavo. C' un attimo, quando tagli il traguardo, che non si pu
raccontare. l'allegria che c' intorno a te, perch pi bello dare che ricevere.
Che cos' che fa il grande campione?
Parecchie cose: l'entusiasmo, ma anche la responsabilit di quello che hai in mano,
un gioiello che costa molto. Devi impegnarti senza risparmio, tu ci metti la tua
persona, sei un pezzo della macchina che non si deve rompere, ma ci sono tanti altri
che hanno fatto molto.
Che cosa si prova prima della partenza? Uno si rende conto del rischio?
No, c' sempre un po' di nervosismo. Quando sei seduto al volante, tutto finisce.
Ti senti gi in un altro mondo, che solo tuo. Il resto di tutti.
Come viveva la giornata della corsa?
Cercavo di riposare il pi possibile, di avere pochi contatti con la gente, il giorno
prima andavo al cinema per non pensare continuamente. Tutti vogliono darti consigli,
e tu ti stanchi.
Ha mai avuto paura?
No.
Stirling Moss mi ha detto che le deve molto. Che cosa pensa di avergli dato?
Era un ragazzo che andava molto forte, su qualunque macchina. Credo sia stato
uno dei pi completi, ma sfortunato. Era molto coraggioso. Non so come posso
averlo aiutato.
Che cosa ne dice di Niki Lauda?
stato bravissimo. Mi piaciuto sempre.
Quando ha deciso di smettere le costato molto?
No. Pensavo gi da un po' di chiudere. Dopo quindici giri a Reims ho rotto il
pedale della frizione, e ho continuato lo stesso. Qui avevo cominciato, e qui, ho detto,
finisco.
Quel giorno morto Musso, l'ho sentito molto, ma non stata la disgrazia a
farmi decidere. Se continuo, ho pensato, sono uno stupido. Il destino mi stato molto
favorevole, d'ora in poi comincer la discesa.
Che cosa si prova a correre pi forte degli altri?
Ognuno ha un limite: fino a un certo punto per siamo tutti uguali. una
soddisfazione, forse sai sfruttare meglio il motore. Sono le piccole cose quelle che
fanno vincere, non le grandi differenze. I fattori che contano? La vettura e i
meccanici, che se ti vogliono bene fanno miracoli.
Ferrari ha detto che le donne dei box sono le concorrenti pi pericolose.
vero? perch?
Saranno pericolose, per sono belle.
Le donne hanno contato molto nella sua vita; quelle della pista o quelle di
fuori? In ogni senso, s'intende.
Io ho vinto il primo campionato, nel '51, ed ero solo; a qualcuno danno
tranquillit, ad altri tensione. Qualche volta ne hai bisogno, in certi momenti sono un
disturbo.
Che cosa rende emozionante il mestiere di pilota: il rischio, la velocit?
Il piacere del trionfo. La pista per un piccolo gruppo, e tu puoi essere davanti, e
allora tutta tua. Quando va bene, il motore una musica incomparabile.
Dopo l'incidente qualcosa cambiato in lei in senso psicologico?
Penso di s, stata una delle pi forti esperienze della mia vita. Mi ha insegnato a
non fare le cose sbagliate.
Quando si vede un compagno morire non si pensa: Ora basta, la finisco?
No, sei portato a credere che lui ha commesso qualche errore. Non coraggio,
fiducia in te stesso, e nel mezzo che hai in mano.
La riprende mai la nostalgia del mondo delle corse?
Mai. Sono abituato a vivere del presente.
Rivalit significa anche rancore?
Per me no.
Si corre in modo diverso, oggi?
Penso di s, ma l'obiettivo sempre lo stesso: il traguardo.
Chi tra i suoi successori quello che ammira di pi?
Ho ammirato Ascari e Stirling Moss, poi Clark e Jackie Stewart; adesso non so.
Esistono le "pastette" nelle gare?
No. Ognuno fa la sua parte.
Che cos'ha in pi Ferrari nel confronto dei suoi rivali?
quello che praticamente ha fatto da niente una grande impresa, e ha avuto
l'abilit di trovare dei buoni collaboratori, e ha portato la bandiera italiana in alto, in
ogni parte del mondo. poi l'ha saputa mantenere tra quelli che contano: un
creatore. Tutti i piloti vogliono avere la possibilit di correre una volta con lui.
Qual il difetto maggiore per un pilota?
Pensare che le altre macchine sono meglio della sua, e sentirsi svantaggiato prima
di partire. Deve credere nella sua vettura e nella sua gente.
Ferrari dice che non gli piacciono i piloti di oggi; sono come attori e chiedono
molto denaro. Il suo giudizio?
possibile, lui se ne intende pi di me. Ma adesso i soldi li vogliono tutti, anche
quelli che non corrono.
Molti corridori hanno superstizioni. Ne ricorda qualcuna?
Questa una brutta faccenda; perch uno diventa schiavo. All'inizio ne hanno
tutti, ma bisogna eliminarle.
Lei ne soffriva?
Quando cominciai, s. Una volta, a Berna, avevo l'abitudine di notte di andare sul
circuito per provarlo. I l'ho ammazzato un gatto nero, non ho dormito, ma il giorno
dopo pioveva e io ho vinto lo stesso. Allora ho deciso: basta.
Che cos' Maranello nell'automobilismo mondiale?
Maranello e Modena sono al centro.
Sono pi sicure le vetture di oggi o di ieri?
Quelle di adesso, e cos gli autodromi. Nei miei dieci anni di corsa sono morti
trenta piloti, in questi ultimi dieci, la met.
C' qualche altro mestiere che le sarebbe piaciuto, che l'avrebbe appagato?
Fin da piccolo pensavo alle automobili, e questo mi ha assorbito completamente.
Stirling Moss quello che non ce l'ha fatta: un asso che la vita non ha premiato
come meritava. Aveva di fronte Juan Manuel Fangio; dopo divent il numero uno. Ha
affrontato il suo ruolo appassionatamente, e nei suoi discorsi ritorna spesso il
paragone tra automobile e donna. il corridore europeo che, nel suo momento, ha
guadagnato di pi.
Quando a Goodwood la sua macchina sband, fin in un prato, sbatt su un sasso
e capott, lo tirarono fuori dopo mezz'ora con la fiamma ossidrica. Cap che non era
pi come prima, che stava arrivando il momento del congedo.
Una volta gli si ruppe il serbatoio dell'olio mentre stava per superare Fangio in
prossimit del traguardo: percorse gli ultimi ottocento metri a piedi, spingendo la
macchina.
ancora nel giro, e ogni tanto si esibisce con qualche vettura d'epoca. L'ho
incontrato a Londra nella sua casa di Mayfair, carica di trofei. Ha avuto due mogli, ma
non stato felice.
Cos' che spinge un uomo a buttarsi nei pericoli e nelle gioie del corridore?
Credo che le ragioni, oggi, siano alquanto differenti dal passato. In linea di
principio un uomo si dedica alle corse perch ama il rischio, ama quel gusto del
brivido che d il correre su un'automobile da corsa, l'euforia che connessa alla
velocit e a quel senso di potenza che si prova a trovarsi alla guida di un bolide.
Quando parlo di velocit devo precisare che non le attribuisco un significato assoluto,
non si tratta di andare a trecento chilometri invece che a duecento. Se per esempio
affronto a questa andatura una curva la sfida, il senso di eccitazione, nasce dal fatto
che riesco a padroneggiare la vettura quando vuole andare in una altra direzione, e
abbandonare la strada.
Cosa significa per lei vincere una competizione?
Vuol dire dimostrare la propria superiorit, rivelarsi pi bravo del concorrente
con il quale ci si misura. Significa anche contribuire al prestigio del proprio paese,
contribuire al successo della propria squadra, del gruppo di persone con cui ci si batte.
Io dovevo riuscire a far compiere alla macchina che mi veniva affidata delle imprese di
cui non erano capaci gli altri miei compagni. poi c' l'applauso del pubblico.
Quali sono secondo lei le qualit di un campione automobilistico?
Credo che la dedizione sia molto importante. difficile spiegare in che cosa
consiste; una serie di particolari riguardi, di complicate attenzioni. Bisogna conoscere
e dosare con cura l'equilibrio e le prestazioni di un motore, portarlo al limite, senza
superarlo, perch al di l c' il disastro. Questo controllo deve essere mantenuto giro
dopo giro, costantemente, senza concedersi neppure un istante di negligenza. Perci
una dote fondamentale del pilota la concentrazione. Insomma vincere un fatto di
tenacia, di coraggio, di controllo costante di se stessi e del mezzo meccanico, mentre
non sono d'accordo con quello che sento ripetere spesso sull'importanza delle
reazioni, dei riflessi.
Non contano come molti credono. Entrano in gioco soltanto se si presenta
all'improvviso un problema, se c' il pericolo di trovarsi coinvolto in un incidente,
allora s, vero che chi dispone di stimoli pi pronti pu padroneggiare l'imprevisto,
ma nella vicenda di un Gran Premio non hanno un peso decisivo.
la stessa cosa, in definitiva, dei rapporti che un uomo pu avere con una donna: se
si debbono sviluppare, evolvere in maniera felice, l'uomo deve avere l'intuito, la
condizioni attuali.
perch?
Perch questo sport si troppo professionalizzato, in esso sono coinvolti enormi
interessi anche finanziari, e credo che sia quasi immorale che un campione guadagni le
somme che adesso riesce a portare a casa.
Mi sta bene che sia magari il pi pagato fra tutti gli assi sportivi perch
l'eventualit di guai elevatissima. Non credo per sia giusto che guadagni come
adesso accade: due milioni di dollari all'anno, due milioni di dollari sono oltre un
miliardo e seicento milioni di lire all'anno. non credo neppure che si possa
assegnare un prezzo alla vita di un uomo. Non possibile dire: il valore di questo
individuo due milioni di dollari, un miliardo e seicento milioni di lire perch pu
morire su un circuito. In realt quest'uomo partecipa alla gara perch ama il suo
lavoro. Oggi, secondo me, gli uomini sono spinti in misura eccessiva dal denaro e
troppo poco dallo sport.
C' rivalit tra campioni?
Veramente no, se devo giudicare sulla mia esperienza. Per pochissimi provavo
antipatia.
Dei suoi attuali successori chi ammira di pi, chi considera il migliore?
Mario Andretti molto competente, ha un'esperienza completa, ed molto, molto
capace, molto bravo. Credo che anche Gilles Villeneuve sia dei meglio in questo
periodo, ma ancora troppo giovane e deve diventare pi esperto. troppo
impetuoso, ma anche necessario quando si ragazzi. Mi piace Alan Jones anche
perch vedo il modo con cui partecipa emotivamente. Gode di sentirsi in gara. lo
stesso vero anche per Mario Andretti.
Lei per, una volta, di Niki Lauda, ha detto: Niki Lauda uno dei cinque
maggiori campioni . Quali sono gli altri quattro?
Il giudizio sempre relativo, naturalmente, si tratta di riferirlo a una determinata
epoca. Non penso che sia un'opinione valida in assoluto. Quando espressi questo
parere su Lauda, Villeneuve non era ancora arrivato; adesso, potenzialmente uno dei
migliori. non c'erano neppure Alan Jones e Carlos Reutemann che considero
ugualmente uno dei pi capaci, anche se ancora instabile.
Questo un mondo che cambia di continuo, con enorme rapidit. Il vero
problema del nostro sport che al giorno d'oggi non ci sono le condizioni perch
possa emergere un altro Fangio. questo fatto dipende dall'enorme perfezionamento
tecnico che ha caratterizzato le automobili da corsa. Sono di un livello talmente
sofisticato che offrono poche possibilit al pilota di dimostrare quanto egli sia abile, di
provare che cosa capace di fare. Invece quando gareggiava Fangio il risultato era
influenzato, era dovuto, ai 50 per cento all'abilit del corridore e il resto toccava alla
vettura. Le proporzioni ora si sono invece modificate: la macchina conta per il 90 per
cento e il pilota forse soltanto per il dieci, forse anche meno, e di questo nuovo
assetto, di questo nuovo equilibrio non possiamo rallegrarci, anzi un fenomeno da
deplorare perch non permette ai numerosi, eccellenti corridori, di venire fuori.
Insomma come confrontare un artigiano con un tecnico che lavora in una linea
di montaggio. Il tecnico forse dotato di grande spirito creativo, ma non gli si chiede
di dimostrarlo, anzi non messo in condizione dal sistema di provarlo. Cos anche
per il pilota.
In sostanza, pensa che ci sia stata una incomprensione di personalit fra lei e
Enzo Ferrari. Ha parlato prima dell'episodio di Bari, della preferenza accordata a
Taruffi, ma crede che la sua carriera al volante di una Ferrari avrebbe potuto essere
diversa?
Non c' dubbio che se avessi potuto correre con la Ferrari avrei avuto possibilit
di affermazione molto maggiori, avrei conquistato pi vittorie. Non credo per che
sarei stato soddisfatto per quei problemi di rapporto personale a cui ho gi accennato.
E per me correre importante, proprio per il fatto che io correndo mi sento felice.
Correndo con Ferrari non lo sarei stato.
Ma che cosa cambiato di sostanziale, di veramente importante nelle gare
automobilistiche rispetto ai suoi tempi?
C' una eccessiva dipendenza dal denaro, l'aspetto economico diventato troppo
importante, secondo me. L'aspetto ideale stato sacrificato, insomma, questo
sbagliato. Uno deve partecipare perch ama battersi al volante, non perch prende
parte a una operazione finanziaria.
Ci sono degli imbrogli nel mondo delle corse, ci sono delle gare il cui risultato
stato organizzato?
No, l'unico episodio che ricordo, fu il Gran Premio di Tripoli, disputato prima
della guerra, che fu una competizione, a quanto mi fu detto, truccata. Un altro caso
dove il corridore che avrebbe dovuto arrivare primo non vinse, avvenne a Casablanca
quando Phil Hill era al secondo posto dietro di me, mentre Hawthorn era terzo. Phil
rallent e permise a Hawthorn di superarlo e di tagliare il traguardo in testa, cosa che
era logica in quella particolare circostanza, dato che cos Hawthorn pot diventare
campione del mondo, e perci la scelta fu in questo caso corretta.
Qual il peggiore difetto in un campione, secondo lei?
Per i giovani tentare di fare pi di quanto gli consentito. Il passo pi lungo
della gamba. Un altro errore quello di attribuire la colpa dei propri insuccessi alla
macchina, quando in realt non c'entra per niente.
Se le chiedessero di dare un consiglio a un principiante, che cosa
risponderebbe?
Guida appena un po' pi adagio di quanto credi di poter fare, e forse vincerai.
Ferrari dice: Non mi piacciono oggi i campioni: si presentano al box con la
mentalit di una diva cinematografica, sono pronti per il loro show personale e sono
in sostanza degli esibizionisti . Lei condivide questa sentenza cos assoluta?
In parte s, ma impossibile controllare il fenomeno. Accadr con i piloti da
Gran Premio come con le attrici dello schermo, come con gli acrobati da circo. Tutte
le personalit famose sono consapevolmente o inconsciamente ansiose di esibire il
loro successo. Sono pochi i campioni capaci di concentrarsi, dimenticando tutto e
dedicandosi unicamente alla macchina e alla pista.
Alcuni concorrenti sono superstiziosi; pu ricordare qualche episodio?
De Portago odiava il numero 13, anch'io del resto non lo amo, anzi non lo voglio.
Questo l'unico caso di pregiudizio che ricordo, poi ci sono tipi, aspetti personali di
credenza; io, per esempio, portavo addosso un talismano al quale affidavo, in maniera
semiseria, non completamente convinta, un certo potere rassicurante.
Inoltre ci sono alcuni corridori che detestano un determinato colore, per esempio
il verde, a me invece il verde non dava nessun fastidio, al contrario lo amavo perch
altro. Se indipendentemente dal risultato, ero convinto di avere corso al massimo delle
mie possibilit, mi consideravo soddisfatto. Primo, secondo, terzo, non contava.
John Surtees, detto "big John", o anche "il figlio del vento", o anche "il
fenomeno". Sette volte campione del mondo sulle due ruote, una volta con l'auto che
ha sulla fiancata il cavallino rampante. Nessuno lo ha mai eguagliato. Figlio d'arte, si
potrebbe dire: il padre, Jack, era un corridore di mezzatacca, che si esibiva in sidecar, e
nella carrozzina, a far da zavorra, metteva la moglie, l'intrepida Dorothy. La
chiamavano "la dragonessa", ed era perfetta a preparare il pudding, e come compagna
di avventure.
Quel mondo fatto di sole, di urli, del sibilare dei motori che sfrecciano nell'aria che
sa di carburante bruciato, quell'atmosfera esasperata ed esaltante conquistano il
ragazzo John, che a ventidue anni si vede mettere attorno al collo la corona di alloro
che compete al campione del mondo.
"La dragonessa" lo sostiene impavida, e quando a Nrburgring una improvvisa
folata lo sbatte fuori dal nastro, con le ossa rotte, l'amata creatura non batte ciglio:
Nulla di grave, un braccio rotto. Aveva gi in tasca la vittoria. stato un incidente
banale. Se c' qualche giornalista riferisca pure che John Surtees parteciper
sicuramente al prossimo Gran Premio delle Nazioni a Monza .
Quando lascia il manubrio, per battersi sullo sterzo, la stampa se ne rammarica, e
avanza qualche perplessit: Il grande John abbandona il motociclismo. Sar capace
di ripetere le imprese di Varzi, Nuvolari, Behra, Rosemeyer? Ce la far. Anche a
prezzo di nuovi dolori.
A Toronto si rovesci, per due giorni stette tra la vita e la morte, scrissero che la
sua carriera era finita.
Manuel Fangio and a trovarlo in ospedale e gli disse: Ehi, John, lo sai che si va
pi forte quando si viene fuori da una botta cos? .
Era fracassato un po' dappertutto: spaccato un rene, commozione viscerale, lesioni
alle vertebre lombari, rotto l'osso pelvico, il femore sinistro salito alla pancia, quello
destro incrinato, tagli e contusioni varie. I medici lo lasciarono stare, per non
accopparlo, dissero, prima del tempo; poi lo rimisero in sesto. Ma lui non sapeva
decidersi a riprendere. Guardava Pat, la moglie-cronometro, che gli era sempre
accanto, e taceva, poi un giorno andarono a Modena, c'era sulla pista una monoposto
rossa, vi sale sopra e batte il record. Allora strizza l'occhio, alza il pollice in su,
all'inglese, e si rimette nella mischia.
invecchiato, i capelli sono radi e bianchi, sembra un impiegato avvilito dalle
banalit quotidiane, invece uno che ha una volont di ferro, che si diverte a sbrigare
il suo mestiere.
Correre spiega fare della geometria, ci vuole immaginazione ad
abbandonarti a curve, cerchi, parabole.
Gli ho chiesto:
Come entrato alla Ferrari?
Quando andai la prima volta a Maranello, nel 1962 guidavo automobili da circa
un anno ma non avevo ancora sufficiente esperienza per poter firmare un contratto
con Ferrari. Dissi all'ingegnere che preferivo aspettare prima di accettare questa
responsabilit e, dopo aver lavorato con la Lola e con Cooper, tornai in Italia nel
Lei superstizioso?
S, forse un po'. Ad esempio non indossavo mai per la gara indumenti nuovi,
oppure entravo in macchina sempre dallo stesso lato, anche se questi pregiudizi non
condizionavano, certamente, come avveniva per alcuni miei colleghi, la mia vita.
Perch molti corridori lo sono?
Credo che si seguano dei modelli dovuti all'esperienza: quando ancora correvo in
motocicletta una notte, prima di una gara, fui tormentato da un terribile dolore al
braccio destro. Il giorno dopo caddi e ruppi proprio lo stesso braccio.
Un buon numero di campioni sono morti in incidenti banalissimi, perch?
Ritengo che, in molti casi, quando si raggiungono risultati come la conquista di
un titolo mondiale, quello che viene a mancare la prudenza. Ecco la ragione di molti
tristi episodi che apparentemente sembrano stupidi.
Che parte hanno le donne dei box nelle gare?
Alcune possono essere di grande aiuto, una parte essenziale nel funzionamento
di un buon team, altre sono solo un ornamento, neppure troppo intelligente, senza
per creare problemi. C' infine un terzo caso, il pi pericoloso, quello delle
apprensive. Queste ultime possono persino, qualche volta, distruggere la carriera di un
pilota.
Incidono nella vita dei corridori?
Certo, devono per essere in grado di assumersi la maggior parte dei problemi
familiari, perch un buon pilota, come ho gi detto, deve essere concentrato sulla sua
attivit senza lasciarsi distrarre da altri questioni.
Chi secondo lei un campione?
Per raggiungere dei buoni risultati ci deve essere un buon pilota, ma anche una
buona macchina. Il pi vicino al mio temperamento stato senza dubbio Stirling
Moss, ma altri grandi assi furono Gurney, Brabham, Rindt, Stuart, Bandini, Clark.
Si pu prefabbricare una vittoria con la strategia?
S, in alcuni casi possibile, ma dipende soprattutto dal tipo di pista e
naturalmente dall'intelligenza di chi corre.
Esistono le "pastette"?
No, almeno non durante le gare. Forse possibile al di fuori della pista, ma non
tra i piloti.
Qual il pi grande difetto per uno di voi?
Potrebbe essere la stupidit, ma allora non sarebbe un buon corridore, sarebbe solo
molto veloce. correre senza "arte", senza passione.
La rivalit contempla anche la scorrettezza?
S, in qualche caso. Ma solitamente avvengono fuori delle gare, soprattutto nelle
dichiarazioni ai giornali, ma sempre e comunque con mezzi indiretti.
Pu raccontare qualche episodio?
No, durante la mia attivit ero concentrato su come fare a vincere e cos pochi
cercavano di essere scorretti con me. E poi, anni fa, il mondo delle corse era certamente
pi pulito.
Perch si diventa piloti?
Io divenni pilota automobilistico dopo aver concluso una carriera motociclistica
perch volevo continuare a praticare questo sport e perch avevo ancora sufficiente
abilit per farlo.
difficile fare un consuntivo: ho lavorato tanto, non sono niente, non sono
ingegnere, sono stato punito, ho pagato caro tutto quello che ho avuto. L'ultimo
conto stato enorme.
Che cosa ha giocato di pi nella sua storia, la passione o il desiderio di
affermarsi?
Direi che la passione stata l'elemento determinante ed alimenta tuttora le mie
azioni, la mia vita.
Qual per lei la soddisfazione che pi conta? Aver creato un'azienda, un nome
che ha un enorme prestigio, o sentirsi Enzo Ferrari?
Quello che ho fatto non stato altro che la realizzazione di un amore
dell'adolescenza, che mi ha permesso di soddisfare il mio feroce egoismo. Quello che
conta non dare fastidio agli altri: ma chi ci riesce?
Che tipi erano i suoi genitori?
Mio padre era un uomo di buona cultura, dedito principalmente alla sua impresa,
anche se si dilettava di musica. In casa mia esisteva un pianoforte, lui da giovane
suonava il violoncello. Mia madre era indubbiamente una bella donna, discendeva da
una nobilt rurale forlivese, trapiantata a Marano sul Panaro. Non credo che tra i miei
genitori ci sia stato sempre un buon accordo. Vi era una stridente differenza di
carattere che si rifletteva sulla mia educazione e su quella di mio fratello, che certo
hanno risentito di quella fluttuante armonia familiare.
Aveva tre strade: tenore di operetta, giornalista sportivo, corridore
d'automobile. Chi erano i modelli?
Gli spettacoli del sabato sera: dalla Geisha alla Vedova allegra, alla Principessa
dei dollari, questo stravagante e fatuo mondo del palcoscenico. Corrispondente: sulla
Gazzetta del 1914 c' un mio articolo firmato: Inter batte Modena 7 a 1. Ho fatto il
galoppino al romanziere Luciano Zuccoli quando era direttore del quotidiano
cittadino. Allora frequentavo quell'ambiente che mi ha sempre interessato.
L'automobile: ero pervaso dai miti di Nazzaro, di Lancia, di Leonino da Zara, gli assi
di quell'epoca.
Come ha in mente il pilota Raffaele De Palma che colp la sua immaginazione e
vinse a Indianapolis?
Mi dissi: "Se un italiano pu vincere la pi grande corsa americana, perch no
io?". Era una visione ingenua.
Come si viveva in casa Ferrari?
Mio padre cominciava prima delle 7 e stava fino a notte in officina. L'unica pausa era
il sabato sera. Andavamo a cenare in un ristorante che era il retrobottega di un
salumiere, si mangiava benissimo. Lo rivedo ancora. Forse mi accompagnava l
ricordando che era figlio di un pizzicagnolo di Carpi che aveva negozio davanti al
municipio. Dopo a teatro. Domenica a passeggio in automobile, poi a letto presto
perch il luned si ricominciava. Noi a scuola, lui in bottega.
Lei aveva un compagno di giochi, Peppino. Che ne stato di lui?
Suo padre era un grande esportatore di derrate alimentari, abitava di fianco a me.
Anche lui studiava. Finivamo per incontrarci ogni sera in mezzo al prato. Un altro che
abitava oltre il canale era Giuseppe Ghisetti che ancora al mondo. Era stato ufficiale
della Julia e fece l'interprete tra il cardinale Schuster, il maresciallo Kesselring e
Mussolini. Parlava parecchie lingue. Commerciava in agrumi con l'estero. Peppino
morto del morbo di Brger perch era un fumatore spaventoso. Con Ghisetti ci
vediamo ancora. Erano i miei confidenti e lo sono rimasti. Ne ho avuti pochissimi
perch mi sono convinto che la parola amicizia si spreca con una facilit incredibile.
Cosa diceva sua madre delle sue scelte?
Si sempre dimostrata preoccupata della mia vocazione automobilistica: ricordo le
scene che hanno preceduto la mia partenza per Torino alla fine del 1918. Sono stato
per lei un orgoglio e il suo tormento quotidiano. Ho ereditato da lei due proverbi.
Uno dice: "Chi salute ha, ricco e non lo sa", l'altro: "Non far mai del bene se non hai
la forza di subire l'ingratitudine del beneficato". Era piena di spirito; a novantatr anni
conversava con la vivacit di una persona di cinquanta. Da lei ho attinto molto nei
momenti di crisi perch mi spingeva a buttarmi nei miei progetti per neutralizzare il
pi possibile le pene che mi assillavano. "Pensa a quello che devi fare domani" mi
diceva "non smettere mai." Questo attaccamento al mio impegno stato il pi grande
farmaco. Da mio padre ho imparato l'ordine delle cose, nel tenere diligente
annotazione di tutto, tant' vero che dal 1919 io conservo le agende che ho riempito
di appunti.
Mi trovavo a Torino, quando un giorno fui invitato in Questura e sottoposto a un
interrogatorio. Volevano accertare dove io avevo passato una certa sera e in
compagnia di chi. Mi giustificai spiegando che non lo ricordavo, ma se mi avessero
concesso il tempo di recarmi in albergo, avrei potuto trovare una nota precisa. Fu cos
che stabilii di essere stato in un ristorante di corso Moncalieri fino alla mezzanotte e
c'era anche un tale Aleardo di Parma, arrestato nei giorni precedenti e che aveva citato
come alibi la mia testimonianza. Era accusato di un fatto grave accaduto alle dieci di
sera quando stava cenando con noi. Capii l'importanza che giustamente il mio pap
dava alle annotazioni quotidiane.
La giovinezza stata resa triste da due morti: prima suo padre, poi suo fratello
Alfredo. l'incontro con la sventura.
Le disgrazie arrivano all'improvviso: mio padre si mette a letto con una bronchite
che si trasforma in una violenta polmonite, allora praticamente incurabile e in tre
giorni, all'alba del 1915, sparisce. Non avevo ancora diciassette anni.
Povero Alfredo, era il periodo nel quale i volontari della Croce Rossa venivano
arruolati se portavano anche l'automobile. La Diatto 4 cilindri Torpedo rossa che
avevamo acquistato part con lui per trasportare feriti dal fronte agli ospedali
dell'interno. Dopo pochi mesi fu colpito da una malattia incurabile e mor in sanatorio
a Sortenna di Sondrio. Mi sono sentito solo.
stato un cattivo scolaro. Quali materie le piacevano?
L'italiano, i cosiddetti componimenti li facevo con abbastanza disinvoltura, mi
interessavo di storia, un po' meno di geografia, lasciamo stare la matematica. Una
decina di anni fa, andai come ogni mattina dal barbiere e incontrai un mio vecchio
professore, si chiamava Casini e insegnava all'Istituto Tecnico. Vedendomi mi venne
incontro e mi abbracci: "Tu dovresti sempre ringraziarmi quando mi vedi, perch ti
ho bocciato".
I ricordi sono gli scioperi che anche allora si facevano. Ricordo che poco dopo
aver finito il mio corso, ho fatto la terza tecnica, poi un anno per diventare geometra,
percorrendo corso Vittorio Emanuele a Modena, vi transitava il tram a cavalli che
portava i passeggeri alla stazione, ho assistito al primo sit-in fatto dalle operaie della
la quale si fermava ogni volta che mi incontrava, o quando passavo a salutarlo nella
sua cantina. Forse soltanto in questi anni ho capito qual la vera differenza con il
Lambrusco con le viole di una volta e quello che vendono oggi.
E un giorno il piccolo Enzo sal su un'automobile: come and?
Fu una forte emozione sedersi su una De Dion Bouton monocilindro, guidata dal
pap e costruita nel 1898, quando io venivo al mondo.
Portavo i pantaloncini corti con una camicina colorata, una giacchettina con la
cinghia sui fianchi e anche Alfredo era vestito come me. La mamma seguiva la moda,
il babbo molto serio, modesto, alto, con i baffi brizzolati, i capelli a spazzola. Sulla
tomba di famiglia ho messo i ritratti dei miei vecchi fatti da un pittore che lavora con
me.
Che cosa l'affascinava dell'operetta? Le donne?
S, e soprattutto le soubrettes che costituivano, con la musica orecchiabile, i
motivi della mia predizione.
Che cosa hanno rappresentato nella sua vita?
Un incentivo, molte volte si affrontano problemi anche arditi che ci consentono,
una volta risolti, di apparire capaci, che comunque possono costituire un titolo di
apprezzamento da parte della donna; le ho sempre considerate il pi bel premio alla
tua fatica, anche se non ho anteposto la loro presenza alla mia passione realizzatrice.
Per me, prima c'era l'automobile che nasceva, ma sapevo che poi ci sarebbe stata lei.
Oserei dire che in tutti i periodi dell'esistenza vi possono essere momenti nei quali il
piacere di conoscere a fondo una ragazza porta a sottovalutare altri elementi, ma non
ritengo che una vicenda amorosa sia mai arrivata a nuocere ai miei programmi, per
quanto l'infatuazione potesse raggiungere livelli molto alti. Non ho mai pensato che
donne molto interessanti debbano essere necessariamente belle. Quelle che mi hanno
appassionato hanno condiviso il mio fanatismo per i motori.
Lei considera le fanciulle dei box dei "terribili" rivali? Perch?
Rivali quando la loro presenza pu irritare o preoccupare il pilota e sono
convinto che sono poche quelle che gli offrono conforto, tranquillit, incitamento. Ne
ho conosciuto di tutti e due i tipi. Preferisco non descriverle.
Ricordo Varzi: si era innamorato di una straniera,
una bionda che non aveva sposato e di cui per non sapeva fare a meno, anche se
l'eccitazione che gli procurava quel rapporto non avvantaggiava di sicuro il suo
sistema nervoso.
Castellotti stava vivendo un momento assai combattuto della sua vita
sentimentale. Forse la sua fine stata provocata da una pausa di riflessi.
Peter Collins era un bel ragazzo, non tanto alto, ma con un volto aperto e chiaro.
Aveva conosciuto in Florida una americana divorziata, una attrice del teatro e del
cinema che aveva recitato anche con Orson Welles, si chiamava Luisa; lo conquist. Si
sposarono, ma lui divent un altro, era allegro e contento, si ritrov suscettibile e
nervoso.
Dice Maria Elena Fittipaldi: Non credo al pilota playboy sempre in cerca di
avventure con la prima bella di passaggio. Emerson, ormai lo so, ha sempre bisogno
di me. Quando lui in pista, io sono ai box a riprendere i tempi. Poi mi ritiro nella
motor-home, dove lui, quando vuole, pu trovarmi. importante per un pilota
sempre preso da mille grane sapere che sua moglie l, pronta a risolvere qualsiasi
problema. La verit che una volta entrate a far parte del circo, non si riesce pi a
starne lontane. Con tutti i suoi difetti, la sua "politica", il suo lato affaristico, un
mondo che ti entra nel sangue .
Nel 1917 Enzo Ferrari va a soldato, artiglieria alpina. Come se la cav? Fu
colpito da una grave malattia. Come l'ha vissuta?
L'ho vissuta negli ospedali a Brescia, a Bologna. Due pleuriti. Di notte sentivo
inchiodare le casse da morto. Mi svegliavo a quel rumore e l'infermiera mi
tranquillizzava, ma era il posto dei malati senza speranza, l'ultima spiaggia. Ho passato
giorni tremendi. C'era un viale che vedevo dalla finestra: la gente, il mondo mi
parevano cos lontani, quasi irraggiungibili.
Ha segnato qualcosa sul suo carattere?
Mi ha insegnato a proteggermi da certe disinvolture quando si sudati al volante
di una macchina, ma non abbastanza per non incorrere in una grave intossicazione da
gas per la lunga permanenza nella sala prove. Non c'erano allora celle con ricambio
d'aria, i motori venivano frenati con scarichi liberi, per poter valutare se erano
carburati bene o male e si respiravano tutte le porcherie possibili. Io ho riportato gravi
conseguenze: una specie di avvelenamento bronchiale.
Non a tutti piace il suo temperamento. Ferrari l'accusa pi frequente un
dittatore.
Se sollecitare dai propri collaboratori dedizione e entusiasmo, come quello che io
ho sempre prodigato, significa essere, che so io, un despota, io lo sono, ma se questo
dovesse voler dire imporre ad altri la mia volont non vero, perch proprio per il
mio desiderio di apprendere, di approfondire, di arrivare a soluzioni logiche ho
sempre richiesto l'aiuto di tutti.
vero che una volta si liber di un colpo dell'intero staff: ingegner Chiti e
compagni?
Non sono io che mi sono svincolato da loro, ma loro che si dimisero per ragioni
che a breve distanza risultarono evidenti: intendevano iniziare una attivit diretta che
poi non ebbe il successo che si erano proposti.
C' qualche critica che ritiene giusta o qualche giudizio che la ferisce?
Io le accetto tutte con le migliori disposizioni, quello che mi offende
terribilmente non essere creduto, in quanto la mia furbizia contadina mi ha sempre
indotto a dire semplici verit, ben conoscendo l'opinione che hanno di me: di uomo
abbastanza scaltro. Ci nondimeno resto del parere che ognuno di noi ha la propria
versione che ritiene autentica, e questo il materiale prefabbricato pi diffuso in tutto
il mondo.
Lei si fa delle critiche? Quali?
Certamente. Tante. Ma ripeterei tutto quello che stato, per comportandomi in
modo totalmente diverso: avrei meno nemici. Ma forse sto sbagliando anche mentre
converso con lei.
La congedarono dopo due interventi e molte cure e si present con una lettera
del suo colonnello alla Fiat. Credo che quel giorno le sia rimasto impresso; tanto gelo
come sempre nelle ore difficili, e un fallimento.
Ho conservato l'impressione di quel bell'ufficio in corso Dante al piano rialzato,
di quell'ampia scrivania in mogano, rivedo quei tendaggi di velluto e un cortese
distinto signore circondato da un ambiente che a me suscitava ammirazione e timore,
strada frontali contro un guardrail a 240 chilometri all'ora, e il pilota viene fuori
intatto dall'abitacolo della monoposto. Le vetture di serie hanno ancora qualcosa da
imparare a questo proposito.
Secondo in una Targa Florio guadagn 12 mila lire. Allora che cosa contava di
pi, la passione o il denaro?
Indubbiamente in quel momento la soddisfazione della classifica super qualsiasi
altra valutazione e ricordo che con quel denaro si potevano fare molte cose. Se penso
che un biglietto in prima classe Modena-Milano e ritorno costava quattro lire e 50
centesimi.
Per i campioni di oggi, chi considera tra i pi disinteressati?
All'inizio, sono quasi tutti non eccessivamente attaccati all'ingaggio quanto alla
possibilit di disporre di una buona macchina. Le pretese crescono, subito, con le
prime affermazioni e raggiungono il massimo con la conquista del titolo mondiale.
Il pilota parte avendo davanti a s soprattutto il bisogno di affermarsi e non fa
preminente conto dei vantaggi economici n troppi calcoli sui rischi, vuole vincere. E
il pi bel premio l'applauso della folla. Quando arriva in cima, tra i grandi, mutano i
rapporti, gli ambienti e sono diverse ancora le necessit di vita. Il personaggio sfrutta
la sua fama nelle relazioni pubbliche, si associa a imprese che magari non hanno nulla
a che fare con lo sport, ha crescenti impegni mondani. Non sempre si riesce a stare
sotto i riflettori e a mantenersi in testa. Allora comincia l'amarezza e si tende a
riversare sugli altri la responsabilit dell'insuccesso. Se intelligente si tira fuori e non
accetta la parte del comprimario o quella della comparsa.
Lei correva su Alfa, ed entr nell'industria del professor Nicola Romeo di
Napoli. Chi era?
Un insegnante di matematica che abitava a Milano e che in tempo di guerra era
entrato a far parte della Anonima Lombarda Fabbrica Automobili e che alla fine si
trov a dover trasformare la produzione bellica in vetture e in motori di aviazione.
Piccolo, con abbondanti baffi neri, sempre elegante, voce suadente, una gentilezza
meridionale, molti lo chiamavano "la sirena". Non era un intenditore di macchine, ma
quell'attivit gli piaceva perch si era messo in testa che lo avrebbe reso famoso e il
partecipare alle corse era una buona occasione.
Dei suoi concorrenti chi ha stimato e chi apprezza di pi?
Ricordo Ettore Bugatti, per la genialit artistica che aveva trasferito nelle sue
vetture, il suo estro anche di pittore. Era un lombardo emigrato in Francia.
I concorrenti cambiano con abbastanza rapidit.
Se stima significa valutare la seriet di comportamento di una persona un
conto, se guardiamo ai risultati un'altra cosa.
Il suo primo grande successo del 1924, Coppa Acerbo a Pescara. Cosa
significa arrivare primo?
Raggiungere un traguardo che ci si era prefissi e poter dire a se stessi: "Non hai
sognato". L'impressione di farcela l'hai durante la corsa dai battimani della folla che
incita e che talvolta fa commettere anche errori.
E perch si corre?
Per un'ansia di superamento umano, per la stessa ragione per cui si fa l'alpinismo,
il pugilato, si vola col deltaplano, ci si butta con gli sci. L'uomo si differenzia dagli
animali anche per questa sua scelta di rischio volontario, per questo bisogno di
competere.
Perch il secondo non conta mai nulla?
Perch il pubblico portato sempre a esasperare i propri sentimenti nella
celebrazione del vincitore. Difficilmente giustifica i perdenti e ignora quelli che
restano nel mezzo. Chi non arriva in testa molte volte ha rischiato di pi e ha pi
meriti del vincitore.
Perch c' in noi cos vivo il senso dell'emulazione, del confronto?
Siamo nati con un'ansia di superamento e l'ambizione ci porta a tentare di
primeggiare. La rivalit, anche crudele, gi agli inizi della vicenda umana: Caino e
Abele, e nel racconto dei miti: le fatiche immani che pu sopportare Ercole, o nelle
favole: dove c' sempre una fanciulla che chiede allo specchio chi la pi bella del
reame. Fin da piccoli incontriamo il pi bravo della classe, quello che si arrampica
meglio in palestra, quello che pattina con pi eleganza. E dal primo contatto con gli
altri, emerge l'istinto del confronto, della emulazione. Ci sono, naturalmente, i
lottatori, i tiepidi, i rinunciatari.
Le sue simpatie a chi vanno?
Ovviamente a chi combatte.
E l'indifferente chi ?
Di solito colui che non sposa nessuna causa. Sulla lavagna non figura n tra i
buoni n tra i cattivi.
Che cosa si prova a vincere?
l'applauso quello che ripaga maggiormente. Quello il momento
dell'esaltazione.
Che cosa si sente quando si perde?
Come pilota si ha la sensazione esatta dei propri limiti o di quelli della macchina,
come costruttore risultano chiare le ragioni di un mancato successo, mentre meno
facile giudicare quando va bene. Solo l'uomo forte sa valutare l'intrinseco valore di
una vittoria. pi facile comprendere le ragioni che hanno determinato la sconfitta
che stabilire le circostanze che hanno favorito il successo.
Lei ha detto: Il pilota come un fantino . Niki Lauda le ha risposto: Il
motore non ragiona, il pilota s . Si conciliano queste due teorie?
Il pilota come il fantino deve amministrare saggiamente le possibilit del motore.
Un personaggio che ha contato molto nella sua storia e di cui lei ha parlato
senza riserve un tecnico: Vittorio Jano. Come vi siete conosciuti e che cosa avete
combinato insieme?
In un modo molto semplice. Quando andai a Torino a casa sua a convincerlo a
passare all'Alfa Romeo, era molto giovane, ma aveva gi la reputazione di grande
tecnico. Bussai e venne ad aprirmi la moglie, mi chiese che cosa volevo. Dissi:
"Convincere suo marito a lasciare la Fiat e a venire con me". Lei mi rispose che era
troppo legato alla sua terra e che non sarebbe mai andato via. Jano arriv proprio in
quel momento, parlammo, lo convinsi. Lo avevo sentito tanto elogiare, ma i suoi
meriti erano anche superiori ai consensi. Abbiamo vissuto tanti anni in comune, lui
non aveva mai scordato la sua origine di semplice tornitore alla Scuola Fiat come io
non avevo mai dimenticato il periodo che ho trascorso all'Officina Pompieri di
Modena quando facevo l'istruttore alla scuola dei tornitori.
chiamai 815, una sigla: si trattava di due vetture fatte per conto del marchese Lotario
Rangoni Machiavelli e di Alberto Ascari. Lasciando l'Alfa Romeo ottenni la
liquidazione sottoscrivendo l'impegno che per quattro anni non mi sarei pi
interessato di corse a favore di nessuna delle concorrenti.
La 815 non ebbe successo: la Mille Miglia 1940 la vinse un tedesco, Huschke von
Hanstein, che portava sulla tuta il simbolo delle SS. Poi divenuto un dirigente della
Porsche e ancora oggi un esponente dell'Automobile Club Tedesco e della
Commissione Sportiva Internazionale.
Come ricorda i giorni della guerra? Cosa pens quando la dichiararono?
Alla dichiarazione di guerra, ricordai le Ardenne, per me era un mondo che
crollava. Mi avevano insegnato ad odiare l'impero austro-ungarico. Non potevo
dimenticare che nel 1919 ero andato per la prima volta a Trieste seguendo la 600
chilometri ciclistica, vinta da Alfredo Sivocci e che nel 1921 io corsi con l'Alfa la
Coppa delle Alpi e vinsi la tappa che portava a Fiume quando era appena finita
l'occupazione di D'Annunzio.
Chi ha conosciuto dei gerarchi fascisti? Che tipi erano?
Mussolini l'ho visto una volta sola, credo nel 1924, pass da Modena perch
veniva da Milano ed era diretto a Roma.
Pilotava la nuova Alfa Spider 3 posti. Mi pregarono di fargli da battistrada, ma
forse andavo troppo veloce e il suo autista Ercole Boratto e il suo segretario mi
chiesero di rallentare perch il duce, per seguirmi, spingeva in modo pericoloso. Si
ferm davanti a una locanda, a Pavullo nel Frignano; la padrona era una giovane
donna che gli aveva offerto ospitalit qualche tempo prima in una brutta notte,
mentre il capo delle camicie nere era in viaggio per Livorno dove avrebbe dovuto
battersi a duello con un giornalista.
Lei gli aveva anche imprestato una sciarpa, mai pi restituita. Mussolini ricordava
tutto e le chiese scusa. Aveva anche in mente che nel dargliela la ragazza l'aveva punto
con uno spillo, "per non perdere l'amicizia", come imponeva un'usanza locale.
Il vecchio senatore Vicini che gli faceva da scorta, insinu: "Facciamo finta che
siano state punzecchiature di questo tipo", ma Mussolini lo guard severamente, e
disse: "Alla vostra et, senatore, non si pu purtroppo far altro che malignare".
Ho conosciuto Leandro Arpinati e Italo Balbo. Con Arpinati avevamo in comune
la passione del calcio. Una volta incontrammo un bel giovane, alto e bruno, era
Malaparte. "Caro Curzio," disse Arpinati "come mai non sei ancora al confino?" "Non
mi hanno ancora spedito. Stai tranquillo, in ogni caso, perch appena ci arriver, sar
mio dovere preparare una casa accogliente per quando sar il tuo turno." Il che
accadde veramente.
Anche Balbo era un cliente dell'Alfa Romeo. Quando si cominciava a discutere se
l'Italia sarebbe entrata nel conflitto, gli chiesi: "Questa guerra si far, o no?". Mi
rispose: "Con che cosa, con le noccioline americane?"
La caduta del fascismo la sorprese? Cosa c'entrava con lo sport?
Non mi ha stupito. Arpinati l'aveva previsto. Mi aveva detto: "Il fascismo non ha
niente da temere da parte di nessuno, ha tutto da temere da se stesso".
Nel 1943 con centosessanta tra operai e collaboratori si trasferiva a Maranello e
nasce la leggenda.
Per me nata nel 1929, quando ho impiantato la Scuderia Ferrari: la mia presenza
che andava a vedere le gare, invece penso che ci fosse dentro. Forse si rifugiava da sua
madre a cambiarsi.
Sono cominciati allora i miei esaurimenti nervosi, ma lui voleva tentare, voleva
vedere, e tutti gli dicevano che era bravo. La parte difficile aspettare la domenica
sera, dal gioved a quell'ora non si vive. Il momento pi bello quando ritornano.
In Europa lo seguivo. Stavo in un angolo del box e soffrivo. Si era quasi convinto
a smettere; c'era anche il ricordo di suo padre scomparso su una pista.
Era molto superstizioso: 13, venerd, gatti, guai a chi toccava il suo valigino, col
suo casco, coi suoi guanti, le sue visiere. Quando morto non aveva addosso niente di
suo: non so come si sia fatto convincere a prendere gli arnesi di Castellotti.
E non riesco a capire come sia andato fuori strada, a Monza, lui che conosceva
quel percorso a memoria. Il dubbio che qualcuno gli abbia attraversato il cammino
all'improvviso. C'erano dei lavori: forse un operaio. Era rimasta una frenata
lunghissima.
venuto un amico e mi ha detto: "Vieni, Alberto si fatto male". Fuori
dall'ospedale ho visto mio fratello e mia sorella e qualcuno con dei fiori in mano. Ho
capito.
Non risposerei un corridore, mai. Non so come facciano quelle signore
sorridenti che stanno tra i meccanici a cronometrare. Si fa del tifo quando va tutto
bene sperando che sia cos fino in fondo, ma un'angoscia.
Non vorrei essere fraintesa: ho un ricordo splendido, stato un marito e un
padre meraviglioso. Le concorrenti terribili di cui parla Ferrari credo siano quelle che
non sono mogli, perch i piloti li consumano un po'. Io lo ero perch continuavo a
dirgli di smettere. Mio figlio Antonio ha provato anche lui in Formula 4; fino a ventun
anni glielo ho impedito, poi coi suoi soldi si preso la macchina di scuderia, poi io gli
ho detto: "Adesso basta". Oltre tutto era troppo costosa. Avevo fatto tutto il possibile
per tenerlo lontano dall'ambiente. Poi ho pregato. Anche suo padre sperava che non ci
fosse un terzo Ascari. Cos stato.
E Castellotti com'era, ingegner Ferrari?
Castellotti non aveva una classe eccelsa, ma era generoso, gareggiava con furia,
sapeva improvvisare. Se ne andato per una causa banale, durante un allenamento
sulla pista di Modena. Penso a una pausa di riflessi.
Delia Scala non recita pi: si sposata con un vecchio amore, che commercia in
automobili, vive a Viareggio, compare qualche volta alla Televisione. Ha conservato
tutta la simpatia del pubblico. Era la fidanzata di Eugenio Castellotti.
Ferrari racconta volevo conoscerlo: oltre la mamma di Eugenio, era il mio rivale.
L'ho visto tre o quattro volte. Ci ha invitati al ristorante. Cercavo di capire che uomo
era. Eugenio di fronte a lui si mostrava come incantato, aveva di fronte Dio, come io
davanti ai miei autori, a Garinei e Giovannini. Mi parve di riuscirgli simpatica. Mi
adeguai al rispetto che provava per lui il mio ragazzo.
Sono stata la donna di Castellotti per un anno, in maniera molto complicata, lui
preso dalle corse, io dalle recite, tutti e due impegnati. La disgrazia accaduta
venticinque giorni prima del matrimonio.
Eugenio non amava la pubblicit, era un ingenuo, di una pulizia straordinaria.
Figlio unico, la madre lo aveva avuto a tarda et. Ogni volta che partiva lo salutava
dicendogli: "Vai piano". Andai una volta a Monza, ma non ai box, per non mettermi
in vista, ci conoscevamo da poco. Guardava dalla mia parte, io pensavo: "Deve essere
molto innamorato", invece gli segnalavano i tempi e le posizioni dei concorrenti.
stato lui che mi ha voluto incontrare, stavo facendo una trasmissione in TV,
aveva vinto la Mille Miglia senza occhiali, e un amico mi disse: "C' quel campione che
avrebbe piacere di conoscerti", e io gli lasciai due biglietti per lo studio. Allora si
andava in diretta. Vennero in camerino, io andai a cena con tutta la compagnia e loro
ci raggiunsero. Vidi che non si trovava a suo agio, e a un certo punto se ne and. Dissi
all'amico: "Sai che un bel villano". Ma era sotto il ristorante, con una Cadillac
celeste. Come una divisa, indossava pantaloni dello stesso colore, e una maglietta
gialla. Apr lo sportello: "Dove andate?".
"Al Rendez Vous, a bere un whisky." Gli feci capire che lo trovavo maleducato,
ma lui si spieg:
"Avevo intenzione di conoscer lei, non trenta persone. Posso accompagnarla a
casa?".
"No, grazie, vado con chi sono venuta."
Il giorno dopo ricevetti tante, tante rose rosse. Si faceva vedere. Io avevo litigato
col mio attuale marito, Piero Gianotti, per delle cretinate, e mi trov in crisi, e molto
amareggiata. Mi piaceva la sua nitidezza, l'amore per la famiglia e per la casa.
Passammo l'estate insieme.
In autunno andavamo in scena con buonanotte Bettina, e alla riunione della
compagnia venimmo assaliti dai fotografi. Walter Chiari era impegnato con Ava
Gardner, io con Castellotti, che Giovannini non amava, perch gli preferiva il mio
primo moroso, il Piero.
Aveva messo un cartello in platea: Proibito l'ingresso agli estranei. Faceva
eccezione per Ava e per mia madre, che potevano assistere alle prove. Eugenio entr
ugualmente, e lui lo aggred: "Non ha letto quell'avviso?", ma io mi arrabbiai: "Se ci
sta Ava ci sta anche lui".
A Firenze mi fece conoscere Ferrari, che mi regal una spilletta che conservo
ancora, col cavallino rampante. Prov una macchina, e vidi quanto era spaventosa
quella cosa che non amavo. Ma non ho mai pensato che potesse accadergli qualcosa.
Eugenio faceva tardi con me. No, non era una vita comoda, e avevamo deciso
che lui avrebbe smesso di correre e io di recitare. Il sacrificio mio meritava anche il
suo. Andavamo a dormire alle quattro, poi lui correva a Modena ad allenarsi. Aveva il
record di quella pista, e neppure Fangio, il suo idolo, lo aveva battuto. Gli dissero che
Behra ce la aveva fatta. Vidi la disperazione sulla faccia di Eugenio.
Si stava preparando per andare a Cuba. " l'ultima che faccio" mi diceva. Arrivavano
gi i primi regali di nozze. Una sera Ava Gardner venne a trovarmi e mi
disse: "Ci sono dei produttori americani che ti hanno vista, e vogliono scritturarti per
il film Il principe e il circo, ti aspettano domattina a colazione da Sabatini".
Dopo lo spettacolo, accaddero cose incredibili: il taxi aveva il numero 13, a tavola
versano olio e sale. "Perch non mi accompagni?" mi chiese. Ma avevo
quell'appuntamento. Part per Modena, con mio fratello. Lo salutai, gli imprestai il mio
beauty, mi telefona da Sabatini: "La macchina non pronta. Se incontro Ferrari gli
dico che questa l'ultima volta".
Con gli americani c'erano difficolt. Vado a riposare. Mi richiama: "Indovina con
chi sto dormendo?".
"Spero con una bella ragazza."
"No, con tuo fratello."
Stavo al Savoia. Sento dei rumori che mi svegliano. Dei pugni che battono alla
porta. Vedo Lola Braccini con il viso stravolto: "Delia, successa una disgrazia".
Penso a mia madre; no, si tratta di Eugenio. Chiamai al telefono il Pronto Soccorso di
Modena. Aveva provato la sua vettura, poi era salito su quella di De Portago. Al terzo
giro l'incidente. L'aveva raccolto mio fratello e portato all'ospedale. Era gi morto: 14
maggio 1956, alle cinque del pomeriggio.
Non una lacrima. Chiesi di cambiarmi appartamento. Presi la foto di lui con
Fangio che tenevo sul comodino. Vi aveva scritto sopra: "Fangio il campione del
mondo, io voglio essere il tuo".
C'era il problema degli spettacoli; pensai: o smetto adesso o lavoro. Che cosa
sono tre giorni di permesso? Chiesi soltanto di togliere dal copione una cosa che non
volevo ricordare. Ho in mente un mare di fazzoletti bianchi.
Ho avuto qualche approccio con sua madre, perch si era sparsa la voce che
aspettavo un figlio. Voleva sapere se era vero. Le risposi di no.
Mi chiam Ferrari e mi disse: "Ci sono cose che dovrebbero interessarla". Non
sono andata da nessuno.
Musso riprende Ferrari stato l'ultimo italiano di classe internazionale.
scomparso nel 1958 a Reims. Lui e Hawthorn correvano per la stessa squadra, stesse
macchine, uguale decisione di arrivare primi al traguardo.
Per Hawthorn quel giorno poteva essere decisivo per il titolo mondiale. Anche
Musso avrebbe potuto farcela, c'era molto denaro per il primo e gli premeva portarlo
a casa. Forse nella foga, spinse troppo l'acceleratore. Hawthorn, sei settimane dopo,
slitt sul bagnato mentre stava ritornando a casa e sbatt contro un albero. Qualcuno
ha detto che non aveva risparmiato i bicchieri di whisky.
Fiamma Breschi ancora molto bella: non ha voluto sposarsi, non ha voluto
bambini. Fa l'arredatrice, vive a Firenze. stata la ragazza di Luigi Musso.
Racconta:
L'ho conosciuto che avevo le calze bianche, per caso, a un ristorante di Roma,
dove mi trovavo con degli amici. Era l'immagine dell'ideale; aveva i colori che mi
piacciono, la pelle ambrata, i capelli neri. Oh, che meraviglia. Non mi ha filato per
niente, e io ce l'ho messa tutta. Poi mi ha visto.
Io stavo a Firenze, lui veniva a trovarmi e di nascosto ci vedevamo. Luigi era
sposato, ma diviso legalmente da tre anni. Per, in quel tempo, si parlava tanto di
Fausto Coppi, invaghito di una misteriosa signora, che i giornalisti battezzavano "la
dama bianca". Che scandalo. Mi ha presentato ai suoi, a sua madre e ai suoi figli.
All'estero, per tutti, ero Fiamma Musso.
Quando accaduto il fatto, mi hanno ripresa per le gambe: stavo buttandomi gi.
una scena che si vede nel film Un uomo, una donna, dove Trintignant fa la parte di
un corridore.
Per Ferrari, quelle dei box, sono delle antagoniste, e per le compagne dei piloti,
invece, sono le macchine che diventano delle rivali. Quando una ha fatto una vita del
genere, ne esce con uno spirito diverso. In quell'ambiente c'era il vero signore
d'animo, di sentimento. Erano dei cavalieri veri e propri. Quando quel mondo manca,
allora la storia diventa drammatica.
Non sono superstiziosa. Neppure Luigi lo era, ma pretendeva che io gli fossi
sempre al fianco. Diceva che non sarebbe invecchiato. Aveva il viso da bambino, e
anche il cuore. La vita era tutta un gioco. Alla vigilia di Reims aveva ricevuto un
telegramma del suo socio: "Cerca di farlo", cio: cerca di vincere. Stavano trattando la
possibilit di importare la Mercedes, sarebbe stato un colpo splendido. Era anche in
testa alla classifica del campionato del mondo. Non mi ha mai promesso di smettere, e
non voglio pensare che et avrebbe.
Quel giorno ero sola, non avevo nessuno. Tenevo il contagiri. C'era stato un
contrasto tra lui e Hawthorn. Ha voluto passare primo in una curva. Da allora, per
Hawthorn, ho avuto rancore; non posso dimenticare. Non voglio cancellare quel
tempo: il prezzo alto, per ne vale la pena. Sei viva anche quando dormi, coi sogni,
con gli incubi. Bisogna escludere tutto per vivere per quello. Non una parte facile:
Biba Fangio era dotata di una vitalit eccezionale, attaccatissima al marito, piena di
slanci, ma non adatta ai box. Aveva voglia di primeggiare ovunque, mentre lui era
modesto. Ketty Moss mi ha detto: "Amo Stirling, ma non ce la faccio. Se sto vicina
alla pista crepo, se sto lontana si arrabbia".
Della carriera di Luigi, un po' di colpa ce l'ho anch'io. Gli ho messo addosso le
cose che da piccola avrei voluto fare io che mi sporcavo la faccia di morchia, e a dieci
anni distrussi una serra, andandole addosso con una Cinquecento. Fino a quel
momento aveva partecipato solo a corse in Italia e a un Giro di Sicilia. Andammo a
comperare una Maserati e vinse la Mille Miglia.
Prima della partenza, c'era un rituale: dovevo pulirgli gli occhiali in una certa
maniera, voleva l'elastico lento, gli americani portano una piastrina al collo, io gli
avevo regalato un bracciale d'oro col suo nome, indossava una maglietta colorata, col
collo e il bordino diversi; giallo e rosso, perch era appassionato di calcio, e teneva per
la Roma.
Gli piaceva moltissimo stare in casa, mangiare in casa, e soprattutto giocare: ha
perduto una fortuna. Il padre era stato proprietario dell'Agenzia Tranviaria di
Shanghai, e la nostra abitazione era considerata il pi bel museo cinese d'Europa.
Tornato in Italia era diventato produttore cinematografico, e molto amico di
Mussolini. Luigi era golosissimo, ma astemio e fumava poco.
Una volta ebbe un grosso litigio con Ferrari, per il rinnovo di un contratto, ma
rimase. Disse: "Se lo lascio, allora vuol dire che corro soltanto per mestiere". Ogni
tanto si lasciava andare: "Io non invecchio". Ma sorrideva. Siamo stati insieme cinque
anni.
Cosa penso di Ferrari? un mostro, ne nasce uno ogni mille generazioni,
troppo al di sopra di tutto, come si fa a non invidiarlo? duro, ma anche con se
stesso. Quando la moglie di Luigi gli telefon, lui rispose: "Signora, io non la conosco.
La moglie in Francia".
Volevo restare nell'ambiente, che per me un modo di vivere. Ferrari mi aveva
accolto con simpatia: rimasta. Credo di averlo capito. L'ho incontrato, gli ho parlato,
ho avuto la sua confidenza. una delle persone che ammiro di pi, ma debbo dire
che facile. Conoscendolo, lo stimo anche come uomo. molto meglio di come si
presenta. Un tipo come lui, senza dubbio provoca polemica, ma standogli vicino, gli si
pu voler bene.
Di Luigi mi sono rimaste lettere, telegrammi, il casco, il vestito che indossava
durante l'incidente, una spazzola con dei capelli, un libro giallo con un segno, una
scatola di sigarette, e quel bracciale con scritto il suo nome .
Senta, Ferrari: come ricorda Lorenzo Bandini?
Gli ero molto legato. Figurava bene in ogni tipo di macchina. Guidava con
disinvoltura, aveva molto orgoglio. Sentiva molto lo spirito di squadra. Poteva
diventare un Peter Collins. Stavo davanti al televisore. Quando vidi quel cupo fungo
che deturpava la baia di Montecarlo, sentii che quella macchina in fiamme era la mia.
Non so perch, ma pensai a lui; ero sicuro che non l'avrei pi rivisto.
Margherita Bandini proprietaria di una autorimessa, e ha una vita serena.
Quando ci siamo visti la prima volta, Lorenzo aveva quindici anni, io dodici. Mio
padre e i suoi genitori erano di Reggiolo, e quel ragazzino venne a fare il meccanico da
noi. Le automobili le aveva addosso: all'oratorio, correva attorno con un volante di
legno tra le mani. Si portava dietro anche vicende molto tristi: suo babbo era stato
fucilato dai partigiani a Rocca San Casciano, persero la casa, fecero la fame.
Andavamo a Monza coi miei genitori, e Lorenzo cominci con qualche gara in
salita. Prendeva magari la macchina di un cliente, e la preparava di nascosto. Quante
volte gli ho sentito dire all'ignoto patrocinatore: "Ma guarda questo motore come si
mette ad andar bene".
Faceva delle strenue economie: prima comper, per settantamila lire, una FrazerNash, ma si rompeva di continuo, e il suo salario partiva per aggiustarla, poi una
Volponi, poi una Stanguellini, e finalmente fu ingaggiato alla Scuderia Centro Sud,
esord a Pescara, il 15 agosto di non ricordo pi quale anno, e vinse. Nel 1962 si fece
avanti Ferrari. "Mi hanno chiamato a Modena" diceva orgoglioso. Ferrari, per lui, era
come il miraggio di una bella donna irraggiungibile. Sentiva la macchina rossa, anche
quando riceveva proposte da altre case. Non ha mai dato un giudizio obiettivo sul
commendatore, di cui accettava anche la rigidezza. A Reims era in testa, ma gli si
ruppe il filo dell'acceleratore. "Noi abbiamo bisogno di piloti fortunati" comment
Ferrari. Nel '67, a Daytona, vinse, e Franco Lini, il direttore sportivo, lo elogi cos:
"Voi siete soltanto accessori della macchina". Era innamorato, una cotta giovanile,
giustificava un po' tutto, e questo mi faceva rabbia. Era felice quando entrava dai
cancelli di Maranello.
Quell'anno sembrava giusto, pareva il suo. Aveva cominciato bene. Io sostenevo
che era fortunato, lui diceva di no. Era riuscito a fare quello che voleva: e ci metteva
tanto impegno, dava tutto, per tenersi in forma perfetta. Ma ha vinto una sola corsa
del campionato del mondo, e poi Le Mans e Daytona, con vetture sport, per, in
Formula 1, a Monza, fa il miglior tempo, parte in prima fila, via, e gli si blocca il
tubicino dell'olio.
Io lo accettavo cos come era, non potevo fare diversamente: mi voleva molto
bene, ma prima venivano le corse, poi io.
Nel periodo invernale, quando non correva, era insopportabile, allora meglio
parla, con la sua mania di persecuzione, di vergognose manovre. Racconta perfino che
avevamo tramato di indurlo in tentazione mandandogli una attricetta alla vigilia di una
gara. E qui siamo nella farsa. In ogni modo, credo che difficilmente potremo riavere
un asso dotato di tanta capacit nel successo.
Insomma perch cos polemico?
Non lo so, ma lo assolvo perch il libro delle memorie non l'ha scritto lui.
Conosco l'autore.
C' odio tra rivali, tra concorrenti?
Non credo, c' emulazione, tutt'al pi ci pu essere invidia.
Con Fangio non vi siete mai spiegati?
S, ma in ritardo, e quando ha smesso di correre. La nostra amicizia sopravvive
tuttora.
Lei prova molta tenerezza per il ricordo di Wolfgang von Trips.
Era un signore, e tanto generoso. Dimostrava una grande nobilt d'animo. Taffy,
come lo chiamavano gli amici, fu buttato fuori dalla pista da Jim Clark che lo incalzava
al centimetro, piomb tra il pubblico, a Monza, e fu un disastro. Stava per diventare
campione del mondo.
Gli stranieri adesso vanno pi forte degli italiani. Perch?
Non mi pare. Ci sono dei periodi che si alternano in relazione alle macchine
disponibili e saltano fuori le covate felici. Ogni tanto nascono tre o quattro ragazzi
destinati a diventare personaggi.
Lei afferma che i piloti si dividono in due grandi categorie: i professionisti e gli
ambiziosi, cio i dilettanti.
I professionisti sono quelli che continuano a correre perch hanno passione e
qualit. Gli altri appena raggiunta un po' di notoriet se ne vanno.
Quali classi sociali danno i migliori corridori?
Non c' una statistica, ma in ogni caso, l'origine non un fattore di successo
prevedibile. Antonio Ascari era figlio di un mediatore di granaglie. Tazio Nuvolari di
un proprietario di terreni e pur essendo ambedue nati nello stesso paese, Casteldario
in provincia di Mantova, hanno raggiunto ambedue il successo. Lorenzo Bandini era
un semplice meccanico.
pi duro per uno che viene dall'officina affermarsi?
C' un vantaggio, quello di poter contribuire alla messa a punto della vettura per
la conoscenza meccanica di cui si dispone.
Con John Surtees, Big John, sette volte campione mondiale sulle due ruote, lei
ha conquistato un titolo nel 1964. Un tipo serio, mi sembra.
S, che aveva per meditato fin da quando era presso la Ferrari di diventare
costruttore. Anche con lui c' stata polemica, poi il divorzio, ma in quel momento il
direttore sportivo della Ferrari, che era l'amico Eugenio Dragoni, avrebbe desiderato
portare Bandini al titolo intravedendone la possibilit, mentre Surtees si comportava
gi come uno che voleva abbandonare l'azienda e intanto trarre dall'ambiente il
maggior profitto possibile e per questo io precisai che lasciando Surtees conoscevo
quello che perdevo, mentre confermandolo non sapevo ci che avrei potuto perdere.
Mario Andretti ha portato tante volte la Ferrari alla vittoria. Hanno qualcosa di
particolare quelli di Indianapolis?
Hanno una tecnica di guida che ovviamente con si concilia con le esigenze dei
circuiti di Formula 1, ma nel caso di Andretti si tratta di un pilota che con la Ferrari ha
avuto la possibilit di inserirsi in questo ambiente, di conoscere uomini e tracciati e
macchine dei Gran Premi.
Di Clay Regazzoni ecco un suo giudizio: Viveur, danseur, play-boy, calciatore,
tennista e, a tempo perso, pilota . Non credo che il modello la soddisfi.
Al volante l'ho sempre apprezzato per le belle e generose corse compiute. Non
certamente uno che osserva una disciplina di squadra, ma resta un amico
simpaticissimo proprio per tutte queste attivit che i giornalisti gli riconoscono.
Vi accusa di ipocrisie. Quali?
Ebbi occasione di chiederglielo e si giustific dicendo che il cronista aveva male
interpretato il suo pensiero. Io non ho faticato a credergli, conoscendo la facilit con
la quale concede interviste senza preoccuparsi, in seguito, di quanto viene riferito.
E veniamo al serio e puntiglioso Niki Lauda: un'altra leggenda. Che cosa ha
sbagliato andando via?
Niente, perch ha ottenuto vantaggi economici ingenti che la Ferrari non
avrebbe mai potuto concedergli. A meno di prostituirsi ad accettare un finanziamento
per fare pubblicit a un prodotto che non ha niente a che vedere col progresso
dell'automobile.
Che cosa prov quando le disse: Non voglio pi correre per voi ?
Un senso di delusione, ricordando che non molto prima aveva dichiarato, senza
che io lo sollecitassi, che sarebbe rimasto alla Ferrari fin quando ci fossi rimasto io.
Lei in un'intervista disse: peggio di un Giuda. Si venduto alla concorrenza
per trenta salami .
Non ho mai fatto questa dichiarazione, che non rientra nel mio modo di
esprimermi.
Lauda afferma: Tra noi, non ci sono conti da regolare. Siamo pari . Non si
sente in credito?
No.
vero che era il solo corridore che la salutava con un confidenziale: Ciao
Enzo ?
Non ho mai valutato il tu o il lei. I sentimenti e il rispetto si dimostrano in altro
modo.
Lauda asserisce che intorno a lei ci sono persone compiacenti che non le
dicono la verit.
Questo giudizio potrei interpretarlo come una scortese sottovalutazione
dell'attivit che esercito.
Lauda un critico severo. Dice: L'ambiguit appartiene alla Ferrari come il
motore a 12 cilindri .
un'accusa gratuita che fa parte di un periodo, che oggi, penso, valuterebbe in
ben altra maniera. D'altra parte, non sarebbe il primo che dopo aver scritto un libro
che mi riguarda mi manda una lettera per dirmi: "Oggi che ho tra le mani il mio
Ferrari, non vorrei mai averlo scritto".
Avete avuto molti scontri?
No.
Lauda la dipinge come uno ossessionato dai giornali. Ma la stampa conta
proprio tanto?
La stampa forma l'opinione pubblica, crea gli idoli e prova una infinita volutt
nel distruggerli. importante.
Molti ritengono Lauda "freddo", "duro", e lui stesso non rifiuta queste
considerazioni. Lei come lo vede?
un austriaco di famiglia distinta che fin dall'inizio ha dimostrato una volont
ostinata, una enorme dedizione alle corse e questo lo ha portato rapidamente al
successo.
Io lo scoprii proprio da una trasmissione televisiva del Gran Premio di
Inghilterra. Il luned seguente invitai Montezemolo a contattarlo per definire il suo
passaggio alla Ferrari. Adesso ha trasferito questa sua passione sugli aerei.
Ora Lauda dice che vi riabbraccerete. Ma vero che lei lo scacci da Maranello?
Non ho mai cacciato nessuno. Non aveva pi ragione di venire perch era cessato
il nostro rapporto, e perch, lasciandoci, afferm che non avrebbe sollecitato l'esodo
di due suoi abituali collaboratori, nostri dipendenti. Una promessa o un impegno che
non ha mantenuto.
Niki Lauda sta alla pari con i Moss, i Nuvolari e coi Fangio?
Si tratta di un altro carattere e di una tecnica diversa di guida. Se fosse rimasto
con noi probabilmente sarebbe riuscito ad eguagliare il primato dell'argentino.
Il "grintoso sudafricano" Jody Scheckter lo vale?
Altro temperamento, altro stile, ma si tratta comunque di un pilota di primissimo
piano.
Gilles Villeneuve mi pare un suo prediletto. Ha talento naturale, ma si pu
costruire un campione?
Quando esistono doti di partenza si pu, attraverso un intenso allenamento,
buoni suggerimenti e abbondanza di materiale a disposizione.
Come si fa?
Deve anzitutto percorrere tanti chilometri, fino a quando non risulta veramente
capace di dominare il mezzo, e il sedere, s proprio il sedere, non ha acquisito
quell'estrema sensibilit che gli consente di intervenire, avvertendo le minime
alterazioni di comportamento della vettura che si trasmettono da l in fondo al
cervello e dal cervello alle braccia.
C' qualche corridore che avrebbe voluto avere con s e non ce l'ha fatta?
Pi che a coloro che non ho ingaggiato, penso con nostalgia a quelli che mi
hanno lasciato in quanto ritengo di avere sempre avuto dei buoni piloti.
Quando comincia la decadenza di un fuoriclasse?
Il giorno in cui si trasforma in un uomo di pubbliche relazioni a scopo
pubblicitario.
Come vive la vigilia delle corse?
Nell'atmosfera di attesa consueta. Per la folla e per i giornali sono un fatto
clamoroso; per me non rappresentano altro che un ennesimo episodio della mia vita.
E il giorno della gara?
La seguo alla televisione, soprattutto quando vi sono buone riprese, la qual cosa
sta verificandosi abbastanza frequentemente, ed esamino sia gli uomini che il
comportamento delle macchine. Preferisco essere solo. Mi noto qualche brevissima
impressione, senza contare che, registrando il programma, lo rivedo e lo commento
coi miei piloti e coi miei tecnici.
Stirling Moss lei lo paragona a uno dei suoi miti: Nuvolari. Perch non ha mai
vinto un campionato del mondo?
Perch come Tazio correva per vincere la corsa non per guadagnare punti.
proprio vero che per ottenere risultati clamorosi bisogna "maltrattare" la
macchina, farla soffrire?
Quando indispensabile si fa, correndo tutti i rischi conseguenti.
Quali sono le sue superstizioni?
Il 17, abbastanza, ma non il gatto nero o lo specchio rotto.
Lei dice che quel numero stato eliminato perch ha coinciso con delle
disgrazie.
S, vero, effettivamente pi di un pilota con la macchina contraddistinta da
questa cifra ci ha rimesso la pelle.
Lei ha rischiato la vita per un cane, ma ammette che non lo avrebbe mai fatto
per un gatto.
Forse perch il gatto non gode tutte le simpatie che ho per il cane.
Lei ricorda che una volta ha sfrecciato davanti a una vettura fuori strada, e ha
pensato: Uno di meno.
il primo pensiero, poi segue una preoccupazione, "chiss se si fatto male",
poi un timore, "potrebbe capitare anche a me". Quando uno confessa questi
sentimenti, deve rassegnarsi anche ad essere giudicato crudele. Ma io non mi sento n
migliore, n peggiore degli altri.
proprio vero che la maggior parte degli incidenti va attribuita agli errori
umani: scarsa preparazione, stanchezza di riflessi, mancanza di decisione?
La causa di un evento tragico non mai unica, la concomitanza di diversi fatti
che la determinano.
La rivalit tra piloti incide molto?
Fino a quando non si prende la decisione di eliminare le ragioni di questi
contrasti che spesso sorgono dalla gelosia che determinati risultati possono generare.
Che cos' il gioco di squadra?
possibile dare un indirizzo ai propri piloti, cercare un minimo di strategia,
proporre un comportamento, ma sbagliano quelli che credono che tutto si risolva in
un gioco di squadra.
Non si pu prestabilire un ordine di arrivo: c' sempre il caso che provvede a
sconvolgere i piani. Per me il numero uno sempre quello che vince. Con questo
vanno evitate le lotte all'interno, ma c' anche un limite ai sacrifici che si possono
chiedere.
Oltre alla gloria, che cosa porta, in denaro, una vittoria? Chi diventato ricco?
Molti piloti hanno messo insieme con la loro attivit patrimoni cospicui, non
potrei dire quanti hanno poi saputo conservarli, anche per la rapidit con la quale
hanno raggiunto l'agiatezza.
La Ferrari si mantiene con il successo?
Non rappresenta una passivit nel Gruppo Automobilistico Fiat al quale
appartiene. Chiude i suoi bilanci in attivo.
Delle cose che hanno detto di lei, quali le sono piaciute di pi e quali di meno?
Gli incensamenti che talvolta ho letto od ho ricevuto mi creano un disagio
morale in quanto so che in quel momento incontro un potenziale creditore. Quando si
letto.
Cosa accade quando si deve congedare un pilota?
Sono situazioni che maturano nel tempo e che lasciano normalmente l'amaro in
bocca.
Quando le cose non funzionano, ha la tendenza a dar la colpa alla sfortuna?
No, perch ho avuto modo di precisare che la disdetta, la contrariet, spesso la
dimostrazione di quello che non abbiamo saputo o potuto fare o prevedere.
Quali sono i momenti che hanno contato di pi?
Non sono capace di fare una scelta, perch tutto necessario, e a moltissimo si
pu rinunciare.
Ha delle speranze?
No, sono distaccato, mi mancato qualcosa, non c' pi Dino che mi aiutava a
guardare avanti, ad aspettare domani. Il mio libro di ricordi contiene una frase: "Non
sparate a lupara, se non dopo aver profondamente saputo, capito e giustamente
giudicato". Anche adesso, non ho niente da aggiungere, o da cambiare.
Come vorrebbe essere ricordato?
Preferirei il silenzio, se potessi direi: dimenticatemi. Quello che ho fatto, l'ho
fatto solo per me, e se qualcuno ne ha ricavato beneficio, mi tranquillizza, ma non si
trattato che di una conseguenza. Il punto di partenza era una faccenda del tutto
personale.
Maranello uno strano paese, dove anche le strade hanno nomi di corridori di
automobile: c' una via Nuvolari, c' una via Castellotti. Tutto si muove attorno alla
fabbrica. Qui arriva gente da ogni parte: scolaresche, pullman con visitatori, e poi
personaggi illustri, o giovanotti speranzosi in cerca di un ingaggio. un circo che
attira. Un buon pilota, dice Ferrari, pu toccare guadagni di centinaia di milioni ogni
anno. Quello delle corse un giro di cento miliardi all'anno. La Parmalat era disposta
a spendere per il solo Niki Lauda - come s' detto - due milioni di dollari, per il 1980,
ma lui ha risposto: Non mi sento pi il cuore di continuare a correre . Tute, caschi,
guanti, magliette, berrettini con la visiera sono coperti di scritte, e cos le vetture.
All'inizio, molti pagano per scendere in pista.
Poi ci sono i clienti, che vanno a scegliere la berlinetta, o la spider granturismo: ma
che vogliono, soprattutto, conoscere lui. Nella sua stanzetta riservata al "Cavallino"
passato mezzo mondo. Ecco il principe Bernard, consorte della regina madre Giuliana
d'Olanda. Maranello il posto che probabilmente, nel paesaggio italiano, gli piace di
pi. Va nei reparti, sceglie con cura il nuovo modello, si informa dei particolari.
Peccato che abbia esteso l'interesse per la meccanica anche agli aerei.
Con Leopoldo del Belgio c' stata anche una polemica tecnica: l'ex sovrano anche
in grado di discutere della centrifugazione dei pneumatici, e di prosciuttti, tagliatelle e
Lambrusco. Nei suoi soggiorni, trova sempre il tempo per sedersi sotto le frasche di
qualche trattoria di campagna.
Ho visto la vettura che Michael De Bakey, il celebre cardiochirurgo, parcheggia
davanti al suo ospedale di Dallas: venuto a prenderla accompagnato da Liliana de
Rthy, alla quale ha operato un figliolo. Poi c' Bertil di Svezia, e c'era anche
l'imperatore Bao Day, che ricordato soprattutto per le strane sigarette che fumava,
perch creavano, in quelli che gli stavano accanto, uno strano malessere.
Nell'albo dei visitatori che contano, o che contavano, figurano lo Sci di Persia e
INTRODUZIONE
Ho quasi sessantanni. L'et giusta per tentare un bilancio. Quaranta li ho passati girando
il mondo, dietro il bancone della tipografia, lavorando per la TV. Buona parte della mia vita
se ne andata raccontando notizie. Non ho da lamentarmi: il mio lavoro mi sempre
piaciuto, mi piace ancora. Anche nei momenti pi duri mi ha fatto compagnia.
Io , ha scritto Indro Montanelli ricordando il collega John Gunther, sono nato
pubblico . una definizione che mi assomiglia. Ho cercato di servire i lettori, la gente. C'
chi va in cerca di statistiche: il mio interesse sempre stato per i fatti. I dati, per quanto
significativi, cambiano in fretta; anche gli uomini mutano, ma restano le loro vicende.
Se ripenso ai personaggi incontrati, da quando ero giovane cronista ad oggi, che mi avvio
alla conclusione, mi trovo di fronte a un campionario di tipi di ogni genere: dal bandito
Casaroli, autore di una strage, che intervistai in una stanza di ospedale, al criminale di
guerra maresciallo Albert Kesselring, che mi ricevette, in una tiepida giornata d'autunno,
tra i fiori un po' spenti di un quieto, ordinato giardino; dal cardinale Wyszynski a Giovanni
XXIII; da Heuss a Witti Brandt; da Clara.Calamai a Zar ah Leander, maliarde al
tramonto; dal romanziere quasi centenario Sillanpad, che rievocava ancora la prima delusione
d'amore, al poeta Quasimodo che mi parlava di nemici e di donne.
Ho raccolto dal mio campionario i brani che mi sembrano pi resistenti, che possono
magari offrire qualche spunto per tracciare, a chi vorr fare il ritratto di mezzo secolo, la
storia del tempo faticoso che ci toccato di vivere.
Li ho rivisti, qualche volta li ho riscritti, ma non ho cambiato la sostanza dei resoconti;
valga anche per me la giustificazione di Gandhi: Le opinioni che ho formulato e le
conclusioni a cui sono giunto non sono definitive: posso cambiarle domani . Mi sia concesso,
in ogni caso, per ogni errore, un'attenuante: la buona fede.
Diceva il marchese de Custine nelle sue Lettere dalla Russia: Ho annoverato gli
avvenimenti come li ho visti con i miei occhi: quanto a quelli che mi furono narrati, io li ho
riferiti tali e quali, n ho tentato di ingannare chi legge sostituendomi alle persone da me
interrogate .
Ho preso il giornalismo sul serio: era, da ragazzo, la mia vocazione, stato il mio
mestiere, e ogni capitolo della mia esistenza legato a qualche episodio che ho ritrovato nelle
righe stampate di vecchi quotidiani, nette lucide pagine dei settimanali, nei piccoli fotogrammi
dello schermo televisivo. Parole leggere scritte sull'acqua, immagini che fuggono, come i brevi
giorni: resta un po' di malinconia, perch passa tutto tanto in fretta, ma forse la mia
professione betta per questo: domani ci sar ancora qualcosa di nuovo.
E. B.
I personaggi
stimolatore che gli hanno messo dentro, per rianimare il cuore stanco. Soltanto
Pupella Maggio gli dice: Ciao, Eduardo , tutti gli altri salutano: Buona sera,
direttore .
Conversiamo senz'ordine, nel camerino semplice, c' un disegno di Titina, la
statuetta di un pastore ungherese, che un giovanotto straniero gli mise in mano
sorridendo, e lo cacciarono, perch temevano nascondesse un coltello, poche cose per
il trucco, una bottiglia di colonia.
Quando si sveste e rimane in maglietta, osservo quel torace magro, e poi il viso
scavato, gli occhi spenti, gli zigomi che danno carattere a quella fisionomia essenziale,
e andiamo avanti senza regola, come se riprendessimo un vecchio discorso interrotto,
e io sono anche un poco commosso. Mi torna in mente il loggione del Duse, a
Bologna, e Sik Sik l'artefice magico, e gli incanti della giovinezza, com' passata in
fretta.
Io osservo, osservo continuamente dice Eduardo, come se volesse rivelarmi il
segreto della sua arte. No, non stato facile imporre un repertorio, un modo di essere,
tra le quinte e anche fuori. Faccio il nome di un amico: Eppure dice senza rancore
quando diedi Filumena, scrisse che era un'opera ignobile. Ma non mi sono mai
arrabbiato per la critica, ho appreso molto, specialmente dagli attacchi. Renato Simoni
aveva garbo. Ma adesso siamo divisi: chi recensisce da una parte, interpreti dall'altra, e
in fondo si lavora tutti insieme. Una volta non era cos. Qui non si vede pi nessuno.
Io facevo mattina a discutere con Vergani, con D'Amico. Gli artisti, quelli moderni,
non parlo di me, quelli che vengono dall'Accademia, si sono tagliati anche i ponti col
pubblico, sono freddi. Il saluto non pi come si usava, c' una certa alterigia. Si
ringraziava ogni fine d'atto, significava rispondere con una cortesia, senza lasciare
attendere inutilmente .
Dico: l'altro giorno, ho incontrato Sandro Pertini. Gli ho chiesto: Era peggio il
'45 o oggi? . Peggio oggi, mi ha risposto. C' un'altra Napoli, c' un'altra Italia?
Quale? Diversa, soprattutto perch abbiamo preso coscienza, e allora le
manchevolezze mi appaiono pi evidenti. Abbiamo capito. Allora si era pieni di attesa,
siamo ricaduti negli stessi errori, sfiducia, disistima, dal disprezzo alla voce di dentro.
Una parola buona spesa in quel momento di euforia, di fede nel futuro, ora sarebbe
anacronistica, da ridere .
In un'intervista lei ha detto: Non me ne importa niente di sapere che cos' l'aldil
. Perch? Non un fatto che mi riguarda. Sarebbe una cosa molto importante, per
cui avremmo dovuto avere qualche ragguaglio, indipendentemente dalle esplorazioni
scientifiche e filosofiche, invece lasciamo senza che ci venga un segno qualsiasi per
darci un orientamento, e allora come spingere un muro, una piramide, si fa troppa
fatica .
Da che cosa nasce la sua amarezza? Oggi, se dovessi prevedere qualcosa, sarei
ottimista. E le dico la ragione: perch i giovani capiscono, e le generazioni non si
susseguono ogni vent'anni, o quindici, ma con maggiore rapidit. Due o tre fanno gi
differenza. I pi piccoli vengono su con idee molto avanzate, in meglio, credo. Il
futuro, secondo me, verr salvato dai ragazzini, come dice Elsa Morante, e dalle
donne che, al contrario dei maschi, esercitano una politica indipendente da qualunque
tradizione. Verr il meglio, ma questa alba non mi sar dato di vederla; ci vorr molto
tempo. Mi stato riservato di combattere i mulini a vento, come un don Chisciotte .
Anche di suo figlio Luca parlano bene. C' tempo per vedere se bravo. Meno
male che lo dicono gli altri. Quando nacque, Lucio Ridenti mi chiese: 'Gli farai fare
l'attore?'. Io risposi di s, perch anche se non dovesse riuscire e rimanesse soltanto un
generico, il teatro gli offrirebbe sempre il modo di essere libero .
Perch l'uomo vuole recitare? come le scimmie, che hanno il gusto
dell'imitazione. Le hanno viste che si mettevano fiori e raffia addosso, e ballavano. Ma
se vanitoso, solo uno che ha la faccia tosta di salire in alto, su delle assi inchiodate,
per farsi vedere. L'artista un'altra cosa .
Che sogni fa? Dei palcoscenici, sempre. Inventati. Uno tutto di vetro, anche la
scena di cristallo, gli attori potevano vedere lo spettacolo senza essere scorti dal
pubblico. Sogno di arrivare in ritardo, stanno gi per alzare il velario, tutto
contribuisce a farmi rallentare, non sono truccato, non trovo il cappello, allora mi
sveglio. Uno cominciava in un quartiere di Napoli, e finiva, naturalmente, in teatro.
Avevo messo Titina in un camerino tutto di merletti. Una specie di delirio, forse.
Quasimodo mi diceva: 'Tu fai le didascalie con due o tre aggettivi. Che te ne fotte?'.
Ma di questo ho vissuto .
L'altoparlante avverte: Cinque minuti. Signori, chi di scena? . Eduardo De
Filippo si fissa nello specchio: qualche ritocco appena. In quel volto estatico ed
assorto,si pu specchiare tutto il dolore del mondo: Le mie commedie sono sempre
tragedie, anche quando fanno ridere .
Eduardo conosce il segreto dell'esistenza. Dice il protagonista di Gli esami non
finiscono mai: In questa vita nessuno pu mettere il punto; esiste soltanto il punto e
virgola. Non possiamo illuderci, dobbiamo lasciare il posto agli altri . Non sempre:
lui, ormai, ne ha uno tutto per s.
Prezzolimi polemizza da un secolo
Giuseppe Prezzolini ha passato i novantotto. Il segreto per vivere a lungo, gli
spieg un famoso medico, Condorelli, scegliersi bene gli antenati . Forse anche
l'interesse per le cose, la parsimonia, il gusto della scoperta.
dentro la storia e la cultura dell'Italia. Nella sua stanza, una intera parete
nascosta da uno scaffale che contiene la corrispondenza che ha scritto e ricevuto.
Grossi fascicoli sono intestati a un solo nome: Papini, Croce, Gobetti, Mussolini. Si
definito un rompiscatole : ha discusso, contraddetto e litigato con molti personaggi
di questo secolo.
Da ragazzo piant il liceo perch si accorse che c'era poco da imparare. Fumava
l'hashish, contestava, si direbbe oggi. Ha conservato la sua indipendenza: puoi non
essere d'accordo, ma devi rispettare la dirittura di questo toscano scomodo. Ha
sempre saputo dir di no.
Nel 1925, quando si accorse della strada che aveva infilato il fascismo, se ne and a
Parigi. Ha insegnato per trentatr anni alla Columbia University e ha preso la
cittadinanza americana. Ora vive a Lugano, con Jakie, la moglie, in un tranquillo e
luminoso appartamento sul lago. Si lamenta perch non pu pi studiare come una
volta, ma batte sempre a macchina due articoli ogni settimana. Ha una lucidit, una
memoria, una chiarezza che affascinano. Le esperienze lo hanno addolcito, anche se
figli lo accetto, ma come Tassoni disse dei suoi". Io ero un ignorante, e stetti zitto, ma
pi tardi andai a cercare e imparai che il poeta li aveva diseredati perch, affermava,
gli appartenevano soltanto come escremento del corpo .
Qualcuno ha scritto che in te c' un complesso di amore-odio verso l'Italia.
Risponderei con una parola che pare non sia giusta secondo Gillo Dorfles:
esatto. Io provo affezione e antipatia. Non ho mai accettato il fascismo perch lo
trovavo troppo ricco dei difetti che attribuivo agli italiani .
Ma che cos'era in definitiva?
Un movimento popolare promosso da una minoranza di "demi-sold", insegnanti,
impiegati di banca, librai, birrai, piccoli possidenti, che da posizioni umili si erano
trovati a comandare decine o centinaia o migliaia di combattenti, in un momento in
cui dare ordini significava far vivere o far morire, e non si trovavano pi a posto
quando il conflitto fin, non se la sentivano di riprendere il loro mestiere, e dettero il
maggior contributo alla formazione dello stato maggiore delle camicie nere: avevano
scoperto che la violenza pu fruttare dei buoni risultati nello scontro ideologico. Fu il
trasferimento dell'azione guerresca nella vita nazionale, e cominci con quella rivolta
sudamericana che stata l'impresa di Fiume. Per la prima volta l'esercito scese in
campo politico: l'iniziativa non fu di D'Annunzio, ma di un gruppo di ufficiali seguiti
spontaneamente dai soldati .
Che cosa manca all'Italia?
Il carattere .
E quali sono stati gli errori compiuti dal '45 ad oggi?
Ci vorrebbe un'enciclopedia. Da parte dei democristiani, l'incapacit di trovare
un'idea nuova, poi la corruzione, e il fatto che i preti sono educati alla preghiera e
non al comando. Da parte delle sinistre, l'esagerazione nelle richieste sindacali, che
hanno portato l'Italia ad un sistema di assistenza sociale che pi dispendioso per la
finanza pubblica di quello tedesco. La colpa della destra di aver immaginato un
popolo di sentimenti guerreschi che non corrisponde alla realt storica .
Come vedi il presente?
Sono piuttosto pessimista. Penso che di solito accade sempre qualcosa che non
era previsto. Nel 1919 pochi supponevano che Mussolini sarebbe diventato un
dittatore. I fatti avvengono secondo il caso, ci non toglie il merito o la responsabilit
di chi vi partecipa, perch contano le intenzioni .
E il futuro?
Cerco di non pronunciare profezie, sebbene ne feci una documentata da una
lettera a Gobetti che prevedeva la fine del fascismo entro venticinque anni. del
1920, e allora politici come Turati, Salvemini e lo stesso Gobetti pensavano che
sarebbe stato un episodio passeggero. Calcolai che doveva esaurirsi una generazione.
Non credo n al ritorno al passato, n a un cambiamento sovvertitore ma piuttosto in
una lenta decadenza .
Che cos' per te la politica?
una necessit, ma noi sappiamo che in tutte le case esiste una stanza nelle
quali si compiono funzioni che sono necessarie, ma di cui nessuno si vanta. La
politica nasce dalla cattiveria umana. Gli angeli non hanno bisogno di un tribunale o
di una polizia, se gli uomini fossero nella maggioranza buoni non ci sarebbe necessit
dello Stato. Lo Stato non un ideale, per se cadesse, l'anarchia sarebbe peggiore. Va
considerato, come diceva Sant'Agostino, una legge fatta per peccatori inguaribili .
Sei stato amico di Gobetti e di Amendola: che cosa vi legava e che cosa vi ha
poi divisi?
Questa simpatia, diversa per Amendola, che era gi una personalit quando lo
conobbi, e Gobetti, che si stava formando, fu accompagnata da continui dissensi, che
finirono in rottura con Amendola, perch non ebbe tempo di riconciliarsi con me,
come aveva fatto gi tre volte prima, e furono messi da parte o dimenticati da
Gobetti, quando venne in Francia, e io gli fui accanto fino al giorno della morte .
Chi veramente libero?
La libert la realt dell'uomo, tutti siamo liberi nel nostro intimo, impossibile
non esserlo. Anche coloro che si sono dovuti piegare alla miseria, alle persecuzioni,
alle minacce, non hanno potuto fare a meno di sentir parlare un'altra voce .
Che cosa vuol dire essere di destra o di sinistra?
Rigorosamente parlando, non saprei: conosco individui di destra pi
rivoluzionari di quelli di sinistra e ne conosco di sinistra pi reazionari di quelli di
destra .
Tu non hai mai votato: perch?
Negli Stati Uniti ho abitato in una strada che con
fluiva con Broadway, e dalle mie finestre si potevano scorgere le panchine sulle quali
vi erano spesso degli ubriaconi o dei pezzenti a riposare. Quando venivano i
galoppini elettorali a sollecitarmi, li portavo a guardare e gli dicevo: "Ho sempre
studiato, e ho cercato che le mie azioni fossero d'accordo con i miei principi. Ora il
mio voto calcolato cos poco che pu essere distrutto da uno di quei vagabondi".
Non ho mai trovato qualcuno di quei propagandisti che mi sapesse rispondere .
Nel tuo libro Dio un rischio, concludi: Non c' alcuna certezza . E allora?
Questa la tragedia moderna, o antica, di coloro che riflettono sui problemi
generali, ma per fortuna la maggior parte di noi non stata castigata da Dio con la
capacit di pensare ad altro che al proprio destino. Il pensiero una disgrazia, non
un merito .
Il Papa ti ha invitato a convertirti: c' speranza?
Se parlassi di speranza, lo sarei gi, se dicessi una
preferenza, vorrei avere una fede .
Come ti piacerebbe essere ricordato?
La mia tomba gi preparata, e c' soltanto il mio nome: ma accanto c' quella
di Jakie .
Il grande vecchio resta inquadrato nell'ombra della porta, sorridente e distante.
Fellini parla delle donne
Titolo del film: La citt delle donne. Federico Fellini ne ha scelte mille: un
campionario di sederi, di tette, di sguardi, di gambe. Gentili come fate, oppure
inquietanti come maghe, tenere e perverse, vecchie e giovani, matte e fanatiche,
bambine e maliarde.
Marcello Snaporaz, un maturo professore di mitologia greca, ripercorre la sua vita,
ricordi, rimpianti e sogni: il viaggio di un maschio italiano nel mondo incantato e
cattivo delle femmine. Le ama, ma non potr mai capirle. Vorrebbe conquistarle, e
finisce sempre prigioniero.
Ho visto girare qualche scena, nei prati d'erba sporca di Cinecitt. Fellini ama
questi posti: nel teatro numero 5 ha realizzato Amarcord e Casanova. Qui c' il suo
ufficio, la piccola camera da pranzo, il letto sul quale pu buttarsi, e poi la stessa
gente che sta con lui da sempre. Luciano, che lo porta in giro e gli prepara i pasti, e
dice che il dottore invecchiando migliorato, la Norma, la segretaria di produzione,
che mi spiega: Non succede mai niente di quello che c' scritto nel copione , la
signorina Betti, la segretaria; forse, con Giulietta Masina, quella che lo capisce di
pi. Difatti Federico riconosce: intelligentissima , e poi Giuseppe Rotunno, il
direttore della fotografia, che traduce in luci, in immagini struggenti, le fantasie di
Fellini, e gli elettricisti, i tecnici, perfino certe facce di generici che ritornano sempre.
La sequenza si svolgeva ai bordi di un aeroporto un po' allucinante, con la pista
segnata da fari di ogni colore, e ondate di nebbia artificiale, che sapeva di carne
bruciata, rendevano ancor pi vago il paesaggio; c'erano due vecchie auto cariche di
ragazze punk, strampalate, che rabbrividivano, con le spalle nude nell'aria d'inverno, e
inseguivano il povero Snaporaz ossessionato dalla languida e intollerante presenza
muliebre.
Poi ho assistito al minuzioso doppiaggio, e ho visto in proiezione pi di un'ora di
materiale ancora grezzo, ma di una suggestione, di una forza, di una bellezza
indimenticabili. C' un Mastroianni che sar una scoperta, ironico, indifeso, smarrito,
d vita a questo dramma, a questa farsa, a questa sghignazzata, a questa saga della
nostalgia e del desiderio.
Dice Marcello: Noi diciamo che questo uno dei pi bei film di Federico , io ci
ho trovato dentro una felicit d'invenzione che davvero geniale. Ci sono in quei
fotogrammi tutte le nostre angosce e le nostre follie.
Ho passato qualche ora a parlare con Fellini e con Mastroianni: naturalmente di
donne. Anzi: soprattutto. E poi di loro due. Siamo coetanei e siamo amici: in fondo,
quei discorsi riguardavano anche me. E anche voi. C' qualche verit sull'esistenza, e
qualche lieve tremore per i giorni che fuggono. Trascrivo con accuratezza.
Federico, sei mai stato, felice?
quel tipo di domanda che mi rende balbettante
anche perch non capisco chi che proprio ci tiene a saperlo. Tu? Se per felicit si
intende uno stato di pienezza credo che questo possa essere solo temporaneo,
provvisorio, intermittente. Ecco, il lavoro che faccio mi sembra che spesso si possa
identificare con questo stato, vi riconosco la parte pi autentica di me stesso. Quando
lavoro mi sento totalmente inserito in qualcosa che mi riguarda profondamente, mi
abbandono con fiducia, con entusiasmo, ci sto bene e mi sembra di essere nato solo
per questo. Ma quando questo avviene non ne hai mai coscienza, non te ne accorgi.
Mi ricordo dopo che cos. Insomma se sono impegnato nel mio lavoro non vivo pi
a met, diviso da frizioni, resistenze, paure, rifiuti. Smetto di osservarmi, di
guardarmi, di giudicarmi. E forse questa la felicit .
E se ti guardi cosa pensi?
Ma forse proprio per non guardarmi che sto sempre facendo un film. Ma
potrebbe darsi che sia anche il contrario; e che cio fare film l'unico modo giusto
per me di osservarmi e di capire qualcosa.
morbide e avvolgenti .
Dal Werther in gi, c' tutta una letteratura su chi si toglie la vita per le pene
amorose. Come mai si tratta quasi sempre di eroi forestieri?
L'italiano ha come salvezza il suo aspetto bambinesco che lo esclude da perch
definitivi e assoluti. Forse uno dei pochi aspetti del nostro infantilismo cronico .
Hai dei rimpianti?
L'educazione cattolica una fabbrica di rimpianti perch stata una fabbrica di
divieti. Comunque, mi piacerebbe essere nato con venti, trent'anni d'anticipo; avrei
potuto fare del cinema prima che venisse delimitato in una convenzione di spettacolo,
prima che venisse intellettualizzato. Quando ancora poteva essere qualcosa di
vagamente animistico, iniziatico, stregonesco, liberatorio, terapeutico in senso
profondo, un modo di sperimentare la realt, una dimensione della conoscenza,
perch il cinema come tutte le altre manifestazioni della creativit dovrebbbe essere
uno stato di combustione, un metabolismo dell'inconscio, un itinerario verso il centro
di noi stessi e del mondo .
Sentimentalmente sei cambiato, o ti ritrovi come da giovane? Disponibile,
curioso, sorpreso?
Non cambiato niente. sempre lo stesso intontimento, la stessa fascinazione,
lo stesso delirio, lo stesso stimolo alla fantasia, la stessa attesa. Non ho avuto nessuna
evoluzione. Mi compiaccio. Bloccato alle prime emozioni, per sempre. Per sempre?
La donna: mi sembra che sia una premessa insostituibile quella di vederla in tutti gli
aspetti possibili. Chi l'ha detto? Ma un sacco di persone per bene, distinte, anche
coso l l'ha detto... come si chiama... adesso non mi viene in mente. Ma la verit
un'altra: che la donna invisibile, nel senso che colei che non puoi vedere, che
non devi vedere, colei che si promette e si nega a un tempo. Chi lo dice? Altre
persone ancora pi per bene. Si parla in termini psicologici, naturalmente, perch poi
lei esiste, ne incontri a milioni, e proprio per questo ritorna ad essere irraggiungibile,
nascosta, segreta. Perch? Ma perch la donna non visibile, lo si detto poc'anzi .
Che cosa ci spinge a questi soliloqui?
Aiutami anche un po' tu, cosa ci spinge, caro Biagi? .
Col tempo che passa, come la vedrai? Casanova balla con la sua bambola. E tu?
E noi?
Tu non stai forse ballando col tuo taccuino e con la tua biro? Il manichino sono
le donne viste come creature inventate, come produzioni della fantasia,
materializzazioni della creativit ritagliata in sinuosit femminili. Il grande seduttore
cosa pu fare, cosa gli pu capitare di meglio che stringere fra le braccia la pi sua, la
pi personale, una pupazza che ha creato lui, alla quale ha dato vita, un'anima, la
risposta giusta .
Simenon, durante una conversazione, ti ha confidato di avere avuto diecimila
donne. Il tuo Giacomo, mi pare, non super le duecento. Sono traguardi importanti?
Dipende dal modo in cui uno si consuma in queste vicende. Dai temperamenti:
per qualcuno, avere diverse storie come esplorare differenti pianeti. Dipende se
un impegno da grillo, o qualcosa di pi .
C' qualche momento piacevole che ricordi?
Mi dispiace essere cos limitato ma la prima cosa che mi viene in mente come
sempre legata a quel gioco meraviglioso che per me il mio lavoro. Ad esempio:
In linea generale bene, perch sono preparato alle sconfitte definitive, all'idea di
essere messo da parte; poi conto sugli amici, continueremo a progettare, a
chiacchierare. Ho un solo timore: la malattia .
Hai mai detto: Ti amer tutta la vita. E poi?
Ma certo, ci si crede anche .
Con Fellini avete molte parentele, molte somiglianze. Vuoi dirmene qualcuna?
Un po' di bugie, ma sempre credendo di far del bene, il telefono, l'immaginazione a
livello di servizio militare, sai, per ingannare i giorni, contentarci. Per farti un
esempio. Eravamo stati a Gaeta per dei sopralluoghi, c'era il tramonto, si era assopito
perch aveva la febbre, si svegliato e ha detto: "Mi sembra una settimana. Ci
fermiamo in un casale, chiediamo delle castagne, del vino rosso, una bella culona che
ci prepara la bagnarola, e dopo andiamo a dormire contenti". Su questo tipo di gioco
ci troviamo sempre d'accordo .
E le differenze?
Di statura, di cultura, di chioma, io ho mani da contadino, lui le ha eleganti, le
qualit artistiche. Sono tante .
Accusano Federico di essere antifemminista, quasi misogino. Condividi?
Tutti gli uomini sono un po' misogini, che balla. Con la donna c' sempre
conflitto. Non ha fatto che parlare di donne per tutta la sua vita. Le guarda sempre
come un bambino goloso .
Come ricordi la prima conquista, la prima volta?
Ero ragazzino. Si chiamava Silvana, incontrata ai
soliti giardinetti, mi piacque tanto, corsi a casa, eravamo ospiti di uno zio, in un
villino dei ferrovieri, presi una rosa, non mi sembrava abbastanza profumata, e ci
versai sopra la colonia di mia madre. L'accompagnai a casa e le diedi un bacio. Facevo
passeggiate sotto la sua finestra, per ore .
In che cosa consiste il fascino, la seduzione?
Non lo so. Gioca la bellezza fisica, quella spirituale, ma c' qualcosa che sfugge
al giudizio .
Hai dei rimorsi?
Come si fa a non averne? Ma anche in questo a volte si pecca di presunzione.
Avrei potuto fare, si dice, ma forse non ne sei capace. Ci mancavano magari le qualit
.
Ricordi qualche cattiva azione fatta a una donna?
No, il corno, le piccole menzogne, ma siamo nel normale .
E ricevuta?
Ogni volta che ci mollano diventano mostri di cattiveria, ma dopo un paio
d'anni dici: "Ma per fortuna che mi ha piantato. Non era una perla di santit" .
Se ne possono avere due o tre in una volta?
Donne? Due dico di s. Tre un po' eccessivo. L'individuo ha molteplici
possibilit di amare. chiaro che sono diverse le espressioni. Il classico moglieamante io lo ritengo normale, a me sembra che non si tolga nulla n all'una n
all'altra, un completamento .
Tu sei geloso?
S, certo. Anche il passato pu creare turbamenti, ombre inquietanti, ma
anche un fatto di vanit: temiamo il paragone, e questo un po' infantile .
classifiche, che non vogliono dire niente, c' il tentativo che loro stanno facendo da
molto tempo di non chiudersi nel momento letterario, e di allargarlo a quello civico .
Il fatto di essere un comico ti ha danneggiato? Intendo, rispetto agli autori
paludati, ai cosiddetti seri?
Anzi: mi ha dato vantaggio. D'altra parte l'appellativo che compete da sempre
agli attori; non significa rozzo e ridanciano .
Hai avuto molte battaglie. L'ultima accusa di essere stato, con Volont e
Albertazzi, nelle brigate della repubblica di Sal.
Io ho gi dato querela; m'hanno lanciato la pietra e poi sono spariti. Proprio ieri
ho denunciato quattro giornali. una grossa menzogna. Ho avuto solidariet da tanti
partigiani, e quello che mi ha commosso di pi stato Moscatelli .
Perch critichi il partito comunista? I tuoi primi testi non erano poi cos
estremisti . Da che cosa nata la rivelazione?
Bisogna ricordare che proprio quest'anno mi hanno invitato per alcuni
interventi, e Rinascita ha publicato dei miei articoli. una polemica di ragionamento,
e non sul piano dei rancori. Ci divide l'idea di fondo legata al mestiere: la posizione
dell'intellettuale davanti alla cultura che per me deve essere classista, mentre loro si
allontanano sempre di pi da questa concezione .
In quale di questi movimenti ti riconosci di pi? Manifesto, Lotta Continua,
PDUP?
Sono un cane sciolto, ma nell'area della cosiddetta sinistra di classe. Il distacco
cominciato subito dopo il '68, quando mi sono messo a lavorare per un circuito
alternativo gestito da circoli, camere del lavoro, case del popolo .
Danno alla televisione sedici tue opere. Non sarebbero molte anche per
Shakespeare?
Sedici puntate, e la cosa diversa, di circa un'ora e venti ciascuna, e poi in
alcune, come interprete, non appaio nemmeno .
Cosa pensi degli espropri, delle occupazioni, delle spese proletarie?
Che sia un metodo di coinvolgimento e che servano non tanto a risolvere i
problemi, ma a porli all'attenzione dello Stato, dei ministri, e soprattutto dell'opinione
pubblica. A Milano i senzatetto, dopo un'incredibile serie di inutili scontri, hanno
costretto la Regione e il Comune e Roma a intervenire .
Conservo qualche dubbio su questa terapia. E dell'opposizione fatta con la P
38?
C'era un articolo su Panorama che condivido in pieno, e c' una massima di
Brecht ripresa dal Vangelo che mi pare giusta: Chi il ventre che ha partorito il
mostro, chi la madre che lo gener, chi il padre che lo ha concepito? Andiamo
all'origine delle cose, guardiamo l'esempio che la societ dirigente d ai figli a
proposito di una condizione morale e corretta. E allora mi ricordo Gioia Tauro,
Cazzaniga che paga e se ne esce, l'acquisto da parte di banche pubbliche di imprese
fallimentari come se fossero in attivo, i processi, come quello di Catanzaro, 300 mila
giovani disoccupati cronici soltanto nel Lazio, 200 mila a Napoli. Cera un film in cui
Tognazzi faceva il padre, e aveva in macchina, accanto a s, il primogenito, e gli
mostrava come si frega il benzinaro, l'autostrada, il padrone della trattoria.
A un tratto si fermano dietro l'angolo, l'auto riparte, ma il babbo non c' pi.
Didascalia: Minorenne uccide il proprio genitore industriale gi cavaliere del lavoro
Le signore
laureato in fisica quando non aveva ancora ventun anni, con pieni voti e lode,
discutendo una tesi sui raggi Roentgen. Era il 1922.
Dissi a Fermi: Ho visto qui a Chicago, all'Universit, il fiasco di Chianti che fu
aperto quando lei esperiment la prima pila atomica, un curioso ricordo dell'Italia .
Gi comment lo scienziato.
Non gli piaceva essere soggetto di conversazione. Solo due anni dopo, di quel
fatto, ne aveva parlato a Laura, le aveva detto delle ore di angoscia passate il 2
dicembre 1942, prima del raggiungimento della fase critica , gli ignoti pericoli
affrontati, per la possibilit di un'esplosione o dello sprigionamento di radiazioni
letali: infine il momento in cui, tra il silenzio generale, aveva impartito le istruzioni
definitive e la prima reazione controllata della storia si era svolta senza incidenti
inaugurando l'ra atomica dell'umanit.
Uno dei collaboratori di mio marito gli offr di brindare con del vino che
sembrava avesse tenuto nascosto durante tutto l'esperimento raccont sorridendo
la signora Fermi. Enrico ne vers a tutti, in bicchierini di carta, e tutti bevvero,
senza parlare. Poi ognuno mise la sua firma sulla paglia del fiasco. la sola
testimonianza documentaria che resta di quella riunione .
Il navigatore italiano approdato nel mondo nuovo , telefon Arthur Campton,
direttore del laboratorio al capo della ricerca scientifica del governo americano.
Com'erano gli indigeni? chiesero dall'altra parte del filo, e intendevano i
neutroni.
Gente docile, cortese , fu la risposta.
La signora Fermi dal 1940 al 1945 non seppe mai nulla dell'attivit del marito, non
gli domand mai:
Cosa hai fatto? Per dove parti? Quando ritorni? .
Impar per caso di Hiroshima da un'amica russa, moglie di uno studioso tedesco:
La nostra roba , le disse, stata gettata sul Giappone .
Durante il pranzo non parlammo quasi mai di problemi nucleari: c'era la guerra
fredda , Pontecorvo aveva passato la cortina per raggiungere Mosca, l'argomento
avrebbe creato forse disagio, imbarazzo.
Robert Oppenheimer gi confidava, ripensando all'esplosione di Los Alamos:
Abbiamo fatto il lavoro del diavolo . Fra i demoni figurava anche Klaus Fuchs.
Solo a un certo momento, e non so a quale proposito, Fermi raccont: Quando
a Roma iniziai le mie ricerche, mi servii di un pezzetto di ceralacca: eravamo molto
poveri .
Scandiva le parole lentamente, si sentiva che erano parole pensate, insostituibili,
anche se gli argomenti non erano n molto impegnativi, n molto importanti.
Gli piacevano i film italiani che cercava di vedere in edizione originale: Noi e i
messicani disse siamo oggi i pi vivi . Spieg il perch della sconfitta elettorale
del partito democratico: I discorsi di Stevenson erano troppo lucidi; forse, c'era
troppo raziocinio e troppa verit in quello che enunciava . Polemizz garbatamente
con la moglie. Nelle sue risposte c'era sempre una leggera ironia: Laura disse per
ribattere una affermazione che gli era parsa eccessiva mi accorgo che non ti
conosci .
Enrico ribatt la signora rivolta a me meticoloso, fino alla esasperazione.
Calcola sempre. Si figuri che quando abitavamo a Roma, e faceva molto freddo, mi
pare fosse l'inverno del '29, lui fece uno studio per elevare la bassissima temperatura.
Ma sbagli nel mettere la virgola che doveva separare i decimali e per molti giorni il
caldo, nonostante gli sforzi del termo, non raggiunse i sette gradi.
Quando era poco pi che un ragazzo, Enrico adoperava il pollice come unit di
misura: lo metteva davanti all'occhio sinistro, chiudeva il destro e calcolava la distanza
dalla cima di un monte, l'altezza di un albero, la velocit di un uccello. Amava molto
far vita attiva, le gite, le ascensioni, il nuoto. Ora tocca al nostro Giulio: anche a lui
piace andare in giro con gli amici .
Mio figlio Giulio , intervenne Fermi, e nel suo discorso era chiaro il rammarico,
non parla quasi mai l'italiano. Qui si fa un'altra vita e i ragazzi dimenticano presto .
A me dispiace molto disse la signora.
Verso le dieci mi accorsi che la famiglia Fermi doveva avere abitudini molto
patriarcali: gente solita a coricarsi presto e ad alzarsi di buon'ora. Nella, la figliola,
s'era ritirata quasi subito, terminato il pranzo.
Venne, dunque, il momento di accomiatarmi. La signora mi disse, congedandomi:
Sto scrivendo la storia della nostra vita. Spero anche di spiegare qualcosa del nostro
Paese agli americani. E la prossima estate verremo a passare le vacanze in Italia. Vero,
Enrico? .
Lui fece di s con la testa.
passato un anno, arrivata l'estate, e quelle sono state le ultime vacanze italiane
del grande scienziato. Aveva detto una volta a un'amica che lo complimentava per la
sua energia, per la grande capacit di lavoro: Il mio cuore fuori serie. pi
resistente di tutti gli altri .
Ma un conto che non si pu pi fare. Dice la Bibbia: Beato l'uomo perch non
conosce la sua ora .
La ragazza di Hemingway
Gli piacevano le giornate come questa. La nebbia, la caccia alle anatre, il mercato
del pesce, qualcosa che brucia nel caminetto, i grandi bicchieri di Martini Dry. Gli
piacevano il Tagliamento e la laguna, l'odore di legno marcito, la campagna battuta
dallo scirocco. Gli piacevano i cavallerizzi del circo, i barmen, i toreri, le ballerine, i
pugili. Gli piacevano anche i soldati.
Gli piaceva andare in Africa a sparare, le lunghe notti delle Six jours di Parigi, le
chiacchiere all'osteria. Gli piacevano le avventure, tutte le avventure: la guerra, il ring,
l'arena. E le donne, soprattutto le donne. Ma dovevano avere ogni particolare in
ordine. Ne descrive una: Gambe brune, ventre piatto, piccoli seni duri .
Una sera conosce Josphine Baker, che indossa solo una pelliccia, e sotto non ha
niente, e ballano fino all'alba senza lasciarsi un momento. Conosce Marlene, lo
conquista, ma non trovano mai l'occasione per essere liberi, per fare l'amore. Uno dei
due sempre impegnato.
Si innamora con una certa facilit, e di solito gli va bene. Siamo nati fortunati ,
si legge in Il vecchio e il mare. Ha fascino. Ecco come lo presenta Alice Toklas a
Gertrude Stein: Era allora un giovanotto di una bellezza straordinaria , e Mary,
l'ultima compagna, ricorda: Aveva una voce cos bassa, cos delicata .
Ci sono state quattro mogli nella sua vita: la prima Hadley Richardson di Saint
Louis. Si videro a Chicago, in casa di una certa Kate Smith, che spos poi un tipo
promettente, un certo John Dos Passos. Era, dice Sylvia Beach, graziosissima, e
molto simpatica e briosa .
Poi viene Pauline Pfeiffer, brunetta, riccia, e sembra un personaggio gentile di
Charlot. Poi in Europa incontra Martha Gellhorn, bionda, robusta, ma la faccenda sta
in piedi appena tre anni. E alla fine ecco Mary Welsh, che lui trova coraggiosa,
deliziosa, spiritosa, eccitante a guardarsi, piacevole a starci assieme .
Sa fare le cose che gli premono: tirare anche alla tigre, gettare la lenza e
raccoglierla al punto giusto, nuotare a lungo, cucinare, capire un vino, un libro, una
barca, capire lui, e questo suo instancabile bisogno di muoversi, di vivere.
rimasto il ragazzo che vagava nei boschi attorno al Michigan per cacciare i
castori, che stava per lunghe ore ad aspettare fra i canneti che qualcosa abboccasse,
che andava a cercare gli ultimi pellirosse della riserva, sulle orme degli eroi di
Fenimore Cooper.
E se d retta a una di quelle che gli cascano addosso, Mary non si impressiona.
sicura che dopo ritorna, che non sa nascondere nulla, e le stupidelle lo stancano
subito. Del resto, come si fa a essere gelose di Papa , cos lo chiamano gli intimi,
imprevedibile, curioso di storie umane, e sempre alla ricerca di emozioni, e che ormai
interpreta se stesso, una vicenda che lo colloca o nelle foreste del Kenya, o fra i tori
di Ordnez o di Domingun, o a discutere con Fidel Castro, o in giro con Gary
Cooper nei bistr che lo videro reduce dal fronte e dall'ospedale militare, alla ricerca
di uno stile e di un poco di gloria?
Erano i giorni delle tenaci amicizie, e alla libreria Shakespeare and Company
capitavano Thornton Wilder, timido e silenzioso, Ezra Pound il miglior fabbro ,
diceva Ernest, e il perfido Joyce, e quei due strambi di Scott Fitzgerald e di Zelda,
la sua imprevedibile sposa.
Nel 1949, quando gli era ormai difficile scrivere, si sentiva stanco, qualcuno
pensava: Non ha pi niente da dire , Hemingway incontr una ragazza che, dice
Hotchner, il biografo, rappresentava nella sua esistenza qualcosa di speciale . Ha
diciotto anni e lui cinquanta, bella come un buon cavallo o un poiettile lanciato ,
sta sotto la pioggia, su una strada di fango, dalle parti di Latisana, e ha bisgono di un
pettine. Hemingway cerca nel giubbone di cuoio, ne trova uno d'osso, lo spezza e
gliene d la met.
Si chiama Adriana Ivancich, ha una casa a Venezia, ama leggere, dipingere,
ascoltare, comincia appena a vivere. Aveva scrive Hemingway una pelle pallida,
quasi olivastra, un profilo che avrebbe fatto battere il cuore di chiunque, e i capelli
bruni di fibra vivace le cadevano sulle spalle .
Cos nasce il volto di Renata, la protagonista di Di l dal fiume e tra gli alberi, e
si sviluppa la vicenda del vecchio colonnello Richard Cantwell, che va verso la morte,
ma che incontrando la romantica e nobile fanciulla vive il suo ultimo, il suo vero, il
suo unico amore .
Adriana Ivancich da qualche anno la moglie di un uomo d'affari tedesco, Rodolfo
Rex, e ha due bambini. Mi parla di Hemingway nel suo salotto, in una villa sulla
collina di Varese, nella brughiera. Fuori buio, una luce calma illumina i ritratti degli
antenati, severi e astuti gentiluomini veneti, le porcellane di Bassano, gli argenti, e la
signora rievoca quello scrittore famoso e solo che le diceva: Adriana, tu mi hai dato
un soffio di vita. Grazie a te scriver ancora un romanzo, il pi bello .
Sembrava racconta ancora pi vecchio, era forte, grosso, ma la barba era
chiazzata di bianco; sulla faccia si vedevano i segni delle esperienze. Io ero appena
una ragazzina e non capivo il suo dramma, ma sentivo che aveva bisogno, lui cos
importante, di essere protetto, sentivo che gli ero utile. Avevo in mente i miei amici
tornati dalla guerra: anche loro cercavano un rifugio, qualcuno. Parlavamo di cose che
ora non ricordo, chi sa quali sciocchezze io dicevo. Lui mi chiamava in tanti modi,
una volta Daughter, figlia, o Partner, socia. Avevamo fondato il club della Torre
Bianca. Membri onorari erano anche Ingrid Bergman, Ava Gardner e la Dietrich. Gli
piaceva la gente attraente e coraggiosa, diceva che erano tre grandi donne.
Mi chiamava anche Black Horse, cavallo nero. Fisicamente, certo, Renata sono io.
Sempre spettinata, con la carnagione scura, ma la Renata del libro , come lui
spiegava, un simbolo di quattro ragazze che aveva conosciuto, che avevano idee
diverse dalle mie, e anche altri sogni, e altre malinconie.
S, ricordo, mi parlava anche della morte, ma per riderci sopra, senza
presentimenti, senza timore. Era, nei miei confronti, paterno: fu lui che si accorse che
soffrivo di anemia. Gli piaceva stare tra i giovani, sentire i reso onti delle loro
imprese, ma quasi con pudore, rimaneva fuori. Posso dirlo: era uno che aveva
bisogno di aiuto, mi parlava, mi cercava, ed era anche buono, dolce, e desiderava
farmi felice. Andavamo in giro in motoscafo per il canale, a sparare nelle botti, a cena
da Cipriani. Conobbe la mia famiglia: trovava che mio fratello Gianfranco aveva un
certo talento di narratore, e con noi c'era sempre anche Mary, minuta, bionda,
sorridente, vigile, era lei che l'organizzava, lui di pratico non sapeva far nulla.
Mary capiva l'interesse che Papa provava per me, ma capiva anche che il mio non
era amore, ma tenerezza, devozione, scoperta di un mondo. Mary era molto attiva,
era un appoggio per Papa. Vede, qualche volta penso che mio marit sarebbe piaciuto
a Hemingway. Lui si preoccupava della scelta che avrei fatto. "Questo" diceva
"farebbe per te, quest'altro no, devi scegliere il meglio, un campione", penso proprio
che gli sarebbe piaciuto.
Io allora non sapevo cosa c'era nel suo cuore, nel suo destino; cosa significava
l'incontro di una ragazzina e di uno scrittore alla ricerca dell'ispirazione perduta, in
una Venezia autunnale, rarefatta, quasi disperata. Gli sono passata accanto senza
conoscerlo. Papa mi ha scritto in cinque anni, a cominciare dal 1950, una settantina di
lettere: d'accordo con Mary le ho vendute. Desidero che finiscano in una biblioteca,
quello il posto giusto. Rileggendole, mi sono accorta che spiegano tante cose del
suo carattere e della sua arte. Verranno pubblicate fra tanto tempo; allora nessuno di
noi ci sar pi, e varranno solo come pagine letterarie. Quando Across the viver fu
pubblicato, provoc tanti commenti, molte chiacchiere.
"La gente", mi scrisse Ernest una volta, " gelosa di coloro che sono felici". Ma
lui volle tranquillizzarmi: "Tu non sei la ragazza del libro, e non sei responsabile dei
suoi peccati e dei suoi errori. La migliore arma contro le bugie la verit. Non c'
arma contro il pettegolezzo. come la nebbia, e il vento chiaro lo dirada e il sole lo
brucia".
Per un anno non venne neppure in Europa, "Cos vedranno" disse "che non ti
corro dietro".
poter vivere e troppo debole per lottare: ma era la fragilit degli uomini nobili e belli,
che non sanno combattere contro lo sgomento, le incomprensioni, la mancanza
d'amore, le menzogne spirituali" .
L'avventura di Milena Jesenska continua. Trova un compagno in un conte
austriaco: Xaver Schaffgotsch, un gentiluomo che si trov in Russia durante le
giornate d'ottobre, divent bolscevico, e certo Milena ne sub l'influenza. Pubblica
volumi ed articoli, vive la splendida stagione della Cecoslovacchia dei Masaryk e dei
Benes, ha l'orgoglio di sentirsi qualcuno, ma il conte, in quell'ambiente tumultuoso,
non riesce ad affermarsi, e la lascia.
Nell'estate del 1926 Milena incontra un giovane architetto boemo, Jaromir Krejcar,
Jaromir ha molto talento e la loro unione davvero felice. Si sposano, e poco dopo si
annuncia l'arrivo di un figlio. Milena si ammala gravemente di setticemia, soffre, e i
medici devono ricorrere alla morfina. La signora Krejcar d alla luce una bimba, ma
diventata informe, grassa, e non pu pi fare a meno della droga. Il vizio costa
troppo, e riduce tutti e due al lastrico; l'architetto si allontana, va a Mosca, e laggi
trova un'altra moglie.
Ma Milena non pu vivere se non ha accanto qualcuno; diventata anche lei
comunista, ed il partito che le fa incontrare Fredy Mayer. Si vogliono bene. Il suo
temperamento, per, non si adatta ai rigori dell'apparato, cos la espellono. Franz lo
aveva previsto: La rivoluzione evapora e non rimane che il limo di una nuova
burocrazia .
Milena diventata una scrittrice politica ed molto seguita, pubblica sul
quotidiano liberale Protomnost delle inchieste sociologiche. Quando i tedeschi
invadono il Paese, aiuta gli ebrei a fuggire, mette in salvo gli ufficiali, insorge contro
l'occupazione. Dice a un collega: E questo non ancora niente, aspetta soltanto che
arrivino i russi .
Nel 1939 la Gestapo l'arresta. Racconta Jana: L'ho vista l'ultima volta al
comando della polizia, al palazzo Petsehek. Mi apparve in fondo a un corridoio, alla
luce delle grandi finestre, sembrava un'altra, esile, sfumata. La riconobbi perch
zoppicava. L'avevano arrestata perch scriveva su un giornale illegale, e perch aveva
aiutato qualcuno a fuggire attraverso la Polonia. Mi accompagn il nonno che era
professore di architettura come mio padre. Dissi alla mamma che non volevo studiare
il tedesco, e lei mi rispose che la lingua non c'entra nulla con la gente. Non la vidi pi.
So che nel campo di Ravensbruck pass due giorni in agonia, dopo un'operazione. Io
restai sola, e sono stata ospitata da trentacinque famiglie. Ades
so scrivo novelle e romanzi e aspetto che la censura mi faccia sapere qualcosa .
Sono stato al cimitero di Olsanke. Il dottor Franz Kafka, come scolpito sul
ceppo, riposa accanto a Hermann, il padre forte e severo. Anche la madre, la dolce
Julie, sepolta qui: sopravvisse dieci anni a quel suo strano ragazzo divorato dal
dubbio e dal timore. L'erba del prato quasi bianca, gli alberi sono spogli. Davanti
alla tomba c' un'urna con dentro qualche sasso.
Anch'io cerco una pietra e ripeto un gesto antico, lo facevano gli ebrei nel deserto,
quando uno di loro cadeva, vinto dalla febbre e dalla stanchezza, e non c'erano fiori
per coprirlo. Ricordo: Uno stato mandato fuori come colomba biblica, non ha
trovato niente di verde, e s'infila di nuovo nell'arca buia: ecco tutto . Kafka non
trov mai il suo ramo folto di foglie. Ma non aveva perduto la fede: Gli uomini
diceva non sono cattivi . Sono le stesse parole che si leggono nel diario di una
ragazzina: Anna Frank.
mattina alle sette, una messa in compagnia della moglie. C' in lui , scrive
Domenico Bartoli, qualcosa di torbido: un alternarsi di misticismo e di ambigua
sensualit . Togliatti ha cos descritto i suoi incontri col re: Era una disperazione,
desolante.
Sempre molto corretto, molto cortese, quando entravo ed uscivo si inchinava
leggermente . Bonomi dice di lui: un buon giovane . Sforza: il primo re
sabaudo che parla e pensa in italiano e non in piemontese. meglio di suo padre .
De Gasperi: una gran brava persona . Nenni prima lo definisce un
giovanottino scialbo che pare un impiegatine , poi un giorno il re gli parla di sua
sorella Mafalda morta a Buchenwald, come la figlia di Nenni, e Nenni commenta:
in fondo un bravo figliolo . Togliatti ha ragione quando gli dice: Il tuo punto
debole non sapere odiare, perch l'odio in politica un'arma essenziale .
L'Italia prostrata. Occorrono i punti per acquistare gli abiti o le scarpe, c' il
Commissariato degli alloggi, molti generi sono razionati, anche l'energia elettrica
distribuita secondo degli orari. Il costo della vita che nel 1938 era 100 salito nel
gennaio del 1946 a 2781. Umberto II ha allestito nei saloni del Viminale delle mense,
un asilo per gli orfani, un ospizio per i mutilatini, un dormitorio. Nei settimanali sono
riapparse le cronache mondane. Un colore che va molto il mauve. Il socialista
Umberto Calosso, che dai microfoni di Londra, rifacendosi all'Alfieri, lanci la parola
repubblichini , lancia adesso il diritto delle donne ad avere l'iniziativa in amore. Fra
le varie scritte che compaiono sui muri di evviva o di abbasso la Repubblica e la
Monarchia, un indipendente apolitico inneggia e una certa Lucianella Ritas, una
piccola soubrette della Sala Umberto. Sui giornali si parla molto di forze della
reazione in agguato , e i cori dei manifestanti comunisti dicono, rivolgendosi a De
Gasperi: E vattene, e vattene, odioso cancelliere, se non ti squagli subito, son calci
nel sedere . Quelli delle Figlie di Maria rispondono: Sempre col Papa fino alla
morte, che bella sorte, che bella sorte . La polemica sempre pi accesa. C' un
giornalista che si fatto un gran nome: Guglielmo Giannini. La sua rubrica si chiama
Le Vespe. Vi si leggono frasi come queste: Togliatti, Nenni, Sitane, farabutti, falsari,
immondo brulicare di politica verminaia . E anche: Fetenti, fetentoni, fregnoni,
panscrementi, carogne e simili . Il suo giornale si chiama l'Uomo Qualunque, vende
ottocentomila copie. Nella testata c' un povero vecchio stritolato da un torchio.
quello che gli inglesi chiamano The man in the Street, l'uomo della strada. Per lui
Giannini si batte contro i professionisti della politica . Sono loro scrive che
per mania o per orgoglio hanno condotto il mondo al macello. Cos anche mio figlio
morto. E questo non deve pi accadere . Giannini vuole anche lo Stato
amministrativo , governato dai tecnici. Fra poco un milione e mezzo di italiani
voteranno per lui. Il commediografo napoletano diventato un personaggio
importante. Un giorno De Gasperi gli chiede: Che ministero le piacerebbe,
Giannini? Quello delle fregnacce , risponde il fondatore dell'UQ. Che cosa vuol
dire fregnacce? , domanda serio De Gasperi che non ha il senso di un certo
umorismo, e che non capisce che Giannini intende dire: lo spettacolo, le
informazioni.
Dodici anni dopo Guglielmo Giannini era un signore dimenticato, e il suo giornale
non contava pi nulla. Costa quaranta lire mi disse ma non le vale . E aggiunse:
Trae dalla borsa una cartella piena di numeri, e la mostra al re, che d appena
un'occhiata. Umberto avverte il presidente del Consiglio che lascer Roma solo dopo
la proclamazione ufficiale della Corte di cassazione. Il suo discorso privo di
cordialit, il tono composto ma risentito. Poi prega la regina di raggiungerlo nello
studio. Le d notizia della visita di De Gasperi, la prega di prepararsi a partire, subito,
nel pomeriggio. Lei tenta di resistere, ha uno slancio affettuoso, vorrebbe rimanere
accanto al marito. Fanno colazione assieme, nel salotto dell' appartamento di Maria
Jos. I bambini che stanno giocando vengono condotti dalle governanti a cambiarsi.
Maria Pia ha dodici anni, Vittorio Emanuele nove, Maria Gabriella sei, Maria Beatrice
tre. Alle quindici le macchine escono dalla Porta dei Giardini e si dirigono a Napoli.
Maria Jos cerca ancora di restare, vorrebbe prolungare la sosta di un paio di giorni,
ma Umberto irremovibile. La mattina seguente, alle cinque, si imbarca coi ragazzi
sullo stesso incrociatore che ha portato Vittorio Emanuele ed Elena in Egitto. Una
piccola folla di monarchici napoletani piange ed applaude. Con lei partono soltanto i
duchi di Ancona e di Genova. Meglio cos commenta Maria Jos non desidero
andarmene con tutto il corteo funebre dei Savoia .
Umberto rimasto solo. Continua a ricevere diecine di sudditi devoti. Le udienze
cominciano alle otto e si prolungano fino a mezzogiorno, poi proseguono dalle sedici
alle diciannove. I monarchici pi accesi gli consigliano un colpo di Stato. I pi
tranquilli e prudenti suggeriscono di ricorrere alla Corte. Qualcuno (assicura Romita)
progetta l'arresto dei ministri, con quella stessa tecnica dell'autoambulanza che gi
diede un buon risultato con Mussolini. Romita, ministro dell'Interno, convoca il
comandante dei carabinieri, Brunetti, e gli fa un discorso: Caro generale, se
ammazzano me lei va davanti al Consiglio di disciplina, se ammazzano De Gasperi va
davanti al tribunale militare, se ammazzano il re propongo la sua fucilazione. Stia
bene accorto che al Quirinale non si commettano imprudenze .
Sono ore tese e incerte. I giuristi di Umberto sollevano la questione del quorum
. una interpretazione sulla quale si molto discusso, senza arrivare,
probabilmente, a chiarirla alla massa del pubblico. L'articolo 2 della legge sul
referendum parla di elettori votanti come base per il computo della maggioranza.
Anche i voti nulli o annullati dovrebbero dunque entrare nel calcolo. La Repubblica
(se la tesi fosse accolta) avrebbe un vantaggio limitato: non pi due milioni, ma
cinquecentomila voti. Questo risultato incoraggerebbe molte ipotesi e molte
chiacchiere, con paurosi effetti psicologici. Gi si parla di brogli, di schede false, di
un milione di voti che Romita teneva nel cassetto (c' chi li porta addirittura a
quattro). Se non fosse arrivato davvero quel milione di voti dir pi tardi
Giuseppe Romita, nonostante la furbizia di cui mi dicevano capace, Umberto
sarebbe rimasto al Quirinale .
Il ministro Bracci, che anche un illustre studioso del diritto, oppone che votanti
sono coloro che esprimono liberamente il loro voto, mentre elettori sono coloro che
hanno la scheda annullata. E Romita aggiunge ancora: Alla Monarchia non stato
tolto un voto, e un voto non stato regalato alla Repubblica . L'onorevole Benedetti
non si fida e chiede addirittura l'intervento dell'ammiraglio Stone, capo della
Commissione alleata, per una esauriente verifica di tutto il materiale elettorale .
Il 10 giugno, alle diciotto, nel salone della Lupa, a Montecitorio, il presidente
Pagano legge pacatamente i risultati. Pacciardi, sull'organo del partito repubblicano,
russo Truskov, stanno dall'altra parte. Ci sono i fotografi. Rooks avverte che, per
ordine di Eisenhower, il governo tedesco e l'alto comando della Wehrmacht
debbono essere arrestati. Da questo momento si considerino prigionieri. Qualsiasi
parola superflua , commenta Dnitz alzandosi. il 23 maggio 1945.
Lo stesso giorno la Military Police trova, in una stanza sconvolta, il cadavere di un
piccolo uomo calvo, obeso, la pelle gialla; in una mano stringe gli occhiali. Ha sulle
labbra sottili delle schegge di vetro. Heinrich Himmler; gi comandante delle SS,
capo della Gestapo, ministro degli Interni, responsabile delle Forze di riserva. Morto
Hitler, si offerto a Dnitz: Mi permetta di essere il secondo uomo del suo Stato ;
ma il nuovo presidente del Reich lo ha respinto. Himmler diceva: Bisogna essere
onesti, corretti, fedeli e cordiali solo con chi appartiene al nostro stesso sangue . E
anche: I forni crematori dei campi sono costruiti per motivi igienici, allo scopo di
prevenire le epidemie .
Cercano Martin Bormann, braccio destro di Hitler, capo della Cancelleria.
scomparso dal bunker. Ancora adesso c' chi pensa che la vecchia volpe sia
ancora viva; ogni tanto qualche giornale lo scopre in Sudamerica.
Mancano dunque all'ultimo appello Himmler, Bormann, manca il dottor Robert
Ley, capo del Fronte del lavoro, che si impiccato con un lenzuolo, manca Geobbels,
e manca Heydrich, Reinhard Heydrich, protettore della Boemia e della Moravia,
generale dell'Arma e della Polizia SS, incaricato della soluzione finale della
questione ebraica . Era bello e perverso come Lucifero, era l'angelo del male , dice
di lui Eugenio Dollmann. A Napoli entr in una casa chiusa affollata di soldati, si
divert a buttare per aria pacchi di denaro, le sgualdrine e gli uomini si azzuffavano
per afferrare i soldi, e si picchiavano a sangue. Usc soddisfatto . I partigiani
cecoslovacchi lo hanno ucciso in una strada di Praga.
Nel carcere di Norimberga ventun celle sono occupate dai pi importanti
personaggi del nazionalsocialismo. Su ogni porta scritto un nome: c' il diplomatico
barone von Neurath, e il collega von Papen, ci sono gli economisti Schacht e Funk,
gli ammiragli Raeder e Dnitz, il maresciallo Keitel e il generale Jodl, il capo della
Hitler-jugend von Schirach, il re della Polonia Frank, e Goering, che dimagrito, e
ha perso l'antica magnificenza. C' l'altezzoso Ribbentrop, e c' Rosenberg, il teorico
della rivoluzione, il filosofo dell'antisemitismo. Streicher, il persecutore degli ebrei, fa
ginnastica tutte le mattine, completamente nudo; Speer disegna sulle pareti, e le
guardie protestano; Schirach scrive poesie. Una dedicata alla moglie Henriette, figlia
del signor Hoffmann, il fotografo ufficiale del regime: Non ci rendemmo conto
della felicit che ci appartenne intera e che ora distrutta. Il presente minacciato
dal pericolo, mentre il passato non torna pi. La felicit che fu resta la nostra felicit
.
Ma Henriette si innamorata di un altro, e gli chiede il divorzio.
Keitel e Jodl, Raeder e Dnitz durante la passeggiata si consultano. Hess vaneggia,
parla da solo. Gli manca una rotella , dice Goering. Frank riscopre i classici, e
declama versi tragici. I soldati che custodiscono i prigionieri fanno collezione di
autografi. Il trattamento dei detenuti discreto, meglio, di certo, di quello riservato ai
cittadini: duemilanovecento calorie quotidiane, la pi alta razione alimentare in vigore
nell'Europa affamata. Mangiano tre volte al giorno. Ecco una lista: prima colazione
con biscotti e cereali bolliti; a pranzo minestra, polpette, patate, cavoli e caff; a cena
ma anche per il codice tedesco solo gli ordini conformi alla legge obbligano un
subordinato .
Osserva Keitel: Non credo che in Russia vi siano generali che si rifiutano di
obbedire al maresciallo Stalin .
Prosegue Jackson: Quattro delle pi grandi Nazioni, sostenute da altre quindici,
vogliono creare un precedente che conti anche in avvenire, e per sempre: il diritto
dell'umanit di far fronte alla pi grande minaccia della nostra epoca, la guerra di
aggressione. La logica domanda che la legge non punisca soltanto i crimini commessi
dai sottoposti, ma che persegua soprattutto i capi che disponevano del potere e
l'hanno impiegato deliberatamente a fini di distruzione e di asservimento. Questi
accusati hanno gettato il mondo in un bagno di sangue e lo hanno fatto retrocedere
di cento anni. La vera accusatrice la civilt .
La prima udienza terminata. Si andr avanti per dieci mesi.
Comincia l'interrogatorio di Goering. Non sembra pi, come dicevano i suoi
ammiratori, una figura del Rinascimento . I medici americani lo hanno
disintossicato dagli stupefacenti, ha perso molti chili, parla e si difende con lucidit.
Riconosce di aver avuto l'intenzione di rovesciare la Repubblica di Weimar. La
democrazia , dice, ha rovinato la Germania e solo una direzione politica energica
poteva risollevarla. La dittatura nazista era, nel 1933, la sola forma di governo che
conveniva al Reich . Nega di aver appartenuto alle SS, e si dichiara estraneo alle
persecuzioni antireligiose. Qualcuno gli ricorda i furti perpetrati per suo ordine nelle
gallerie dell'Europa invasa. Nel mio comportamento , ammette, riconosco un
punto oscuro; la mia passione di collezionista. vero, vero: a quei tempi volevo
tutto quanto era bello, ma non per appropriarmene, intendevo cedere tutto allo Stato
.
Non ha illusioni. L'ultima speranza che ci rimane dice con Fritzsche, un
compagno di prigionia che ci facciano un sarcofago di marmo . Termina il suo
racconto citando una frase di Churchill: Nella lotta per la vita e per la morte non c'
legalit .
Un giornalista gli chiede: Dei grandi capi alleati, chi ritiene il maggiore? .
Risponde: Stalin .
E ancora: Qual la sua opinione sulla futura importanza della bomba atomica?
.
Il possesso dell'atomica decide dell'avvenire del mondo. Se gli Stati Uniti non
mantengono la loro supremazia in questo campo sar la fine .
Passa le lunghe giornate del processo sonnecchiando, le testa appoggiata sul
banco; c' anche fra gli imputati chi legge qualche pagina di letteratura amena.
Wilhelm Keitel era il capo dell'OKW, l'Ober Kommando della Wehrmacht, il
comando supremo dell'esercito. Si presenta ai giudici rigido e impettito. accusato
delle sevizie inflitte ai prigionieri di guerra e alle popolazioni dei territori occupati. La
Wehrmacht, a suo parere, non ha responsabilit; la colpa di Himmler, delle SS e
della Gestapo.
Fa l'elogio di Hitler come capo militare: Debbo ammetterlo; in realt il maestro
era lui, io ero l'allievo. Sono stato un soldato ubbidiente e leale . Von Manstein ha
scritto: Egli era in costante adorazione del Fhrer, nelle cui geniali intuizioni
ciecamente credeva . Keitel non nasconde la sua miseria. In cella scrive le pagine
delle memorie. Ci sono frasi come queste: Ero feldmaresciallo e capo dell'OKW, ma
in realt non comandavo che all'autista e alla mia ordinanza . E anche: A un certo
momento fui costretto a diventare un delatore nella convinzione di essere un patriota
. Disse un giorno a un amico, il generale Westphal: Sono diventato un miserabile
farabutto .
Il generale Alfred Jodl spiega che Hitler fu costretto ad attaccare l'URSS perch i
russi avevano concentrato centocinquanta divisioni ai confini orientali. Per difendersi,
la Germania avrebbe dovuto mobilitarne trecento, e non ne disponeva assolutamente.
Hitler voleva iniziare la marcia all'Est , la conquista dello spazio vitale il 1
aprile del 1941, ma a causa dell'imprevista campagna dei Balcani dovette rimandare
l'attacco al 22 giugno. Jodl protest col Fhrer per la fucilazione dei commissari
politici sovietici. Hitler gli rispose: Non posso pretendere che i generali
comprendano i miei ordini, ma posso pretendere che li obbediscano . Jodl racconta
che quando Ribbentrop, nell'agosto del 1940, and a Mosca, trov i dirigenti
dell'Unione Sovietica perfettamente disposti a riconoscere come pleonastica
l'esistenza della Polonia in Europa . Il giudice russo lo interrompe. L'accusatore
inglese domanda: Siete ancora convinto di essere un soldato onorato, un uomo
amante della verit? .
Jodl: La documentazione che vi sta davanti lo dimostra. Uscir tenendo la testa
alta come quando sono entrato. In una guerra i provvedimenti energici non sono
crimini contro la moralit e la coscienza. L'ubbidienza alla propria patria sopra ogni
altra cosa .
Baldur von Schirach difende i suoi ragazzi della Hitlerjugend: Sono colpevole di
aver educato la giovent al culto di un uomo che si macchiato di milioni di omicidi.
A mia discolpa posso dire soltanto di aver avuto fede in quell'uomo. Ma sono
colpevole soltanto io. La generazione dei giovani innocente, e non ha mai voluto
questa guerra .
Joachim von Ribbentrop afferma di essere stato solo uno strumento di Hitler;
Seyss-Inquart dichiara: Per me il Fhrer rimane l'uomo che fece grande la
Germania, un fatto nella storia tedesca. Lo servii e gli rimasi fedele: non posso
gridare: "Crocifiggetelo". Ieri ho gridato: "Osanna" .
Fritzche d una spiegazione della sua attivit di propagandista: Credetti in Hitler
e nelle smentite ufficiali alle voci straniere che ci attribuivano tante atrocit. Rafforzai
la fiducia del popolo tedesco nell'onesta dei suoi capi. Questa , n pi n meno, la
mia colpa .
Von Papen non ha dubbi sul riconoscimento della sua innocenza. Dice a Fritzche:
Prego il buon Dio che allunghi la mia giornata di tutte le ore che sono costretto a
trascorrere qua dentro .
molto corretto con tutti, e durante la passeggiata fa delle gran corse da un muro
all'altro del cortile. imputato di aver preso parte alla preparazione dei piani politici
che hanno condotto alla guerra. Non mi spinsi mai ad alti incarichi , dice.
Credetti nella possibilit di incanalare il nazionalsocialismo in un senso responsabile.
L'amore per la patria stato il solo fattore decisivo di tutte le mie azioni .
Il grande ammiraglio Erich Raeder accusato di aver commesso crimini nella
guerra sul mare. Aveva ordinato ai suoi equipaggi: Siate duri, provvedete alla vostra
salvezza prima che a quella dei naufraghi . Aveva collaborato al riarmo della
Germania, infrangendo gli impegni del trattato di pace. Sua la creazione delle
corazzate tascabili . Volle l'invasione della Norvegia; sosteneva che la marina tedesca
aveva bisogno di basi in questi territori. Era in contrasto con Hitler perch il Fhrer
rifiutava di concentrare ogni sforzo nella guerra sottomarina; il 1 febbraio del 1943
le sue dimissioni vennero accettate. Dice: La flotta tedesca inalbera una bandiera
senza macchia. Sono convinto che gli ammiragli delle forze alleate mi capiscono e
sanno di non aver combattuto contro un delinquente .
Karl Dnitz deve difendersi dalla stessa accusa. Nega di aver ordinato l'uccisione
dei naufraghi, e sessanta comandanti di U-Boote giurano di non aver mai ricevuto
questo comando. Se, a dispetto di tutto l'idealismo , conclude l'ammiraglio, di
tutte le oneste intenzioni, di tutta l'abnegazione della grande massa del popolo
tedesco, col principio dittatoriale non stato ottenuto altro risultato che l'infelicit di
questo popolo, allora il principio in s deve essere errato .
Alfred Rosenberg esalta invece l'idea : Il nazionalsocialismo cre uno spirito
di fratellanza nell'intera nazione. Costru case per le madri, ostelli per la giovent,
spese milioni per i tesori dell'arte .
Fritz Sauckel, imputato di crimini contro l'umanit, quasi sorpreso: Le atrocit
svelate in questo processo mi hanno scosso nel pi profondo dell'anima. M'inchino
reverente davanti alle vittime appartenenti a tutte le nazioni e davanti alla miseria e al
dolore del mio popolo .
Albert Speer, che deve rispondere della accusa di aver abusato di milioni di operai,
costringendoli a lavori forzati, si preoccupa per l'avvenire: Una nuova guerra
universale potrebbe portare alla distruzione della cultura e della civilt umana. Ecco
la ragione per cui questo processo pu esser un contribuito alla prevenzione di guerre
nel futuro .
Julius Streicher, il grande persecutore degli ebrei che girava sempre con un frustino,
rinchiuso nella stessa cella dove, ai bei tempi, fustig un detenuto. Aveva fatto
abbattere nel 1938 la sinagoga di Norimberga perch l'edificio turbava l'estetica
cittadina . Su quell'area voleva costruire un planetario. D la colpa di tutto a una
voce intima , o al destino che gli imponevano certe odiose iniziative. Se in
qualche parte del mio giornale, lo Strmer, parlai di distruzione o di sterminio degli
ebrei spiega fu solo per ragioni polemiche .
Walter Funk aveva tracciato il piano finanziario della guerra nazista: Fino a
questo momento , dice, non sapevo che fra i beni portati alla Reichsbank c'erano
gioielli e denti d'oro. Come potevo sospettare che le SS li procuravano profanando i
cadaveri? .
Hans Frank deve render conto dei delitti commessi nei territori occupati; era
governatore generale a Varsavia. Diceva allora: Se io dovessi fare attaccare un
manifesto per ogni sette polacchi fucilati, le foreste della Polonia non sarebbero
sufficienti a fornire la quantit di carta necessaria . In carcere ha ritrovato la fede
religiosa: Dio ha pronunciato una condanna contro Hitler e contro il sistema di
governo che servivamo. Un centinaio d'anni non sarebbero sufficienti per cancellare
la colpa caduta sul nostro popolo a causa dei crimini di Hitler .
Il primo giorno di ottobre del 1946, il presidente del tribunale Lord Lawrence
legge la sentenza. La sua voce non ha vibrazioni. Gli imputati sono pallidi, attenti, il
silenzio domina l'aula. Goering, Ribbentrop, Rosenberg, Keitel, Jodl, Kaltenbrunner,
Frank ha il volto contratto: Ringrazio per le attenzioni che mi sono state usate
durante la prigionia. Prego Dio che si degni di accogliermi nella sua misericordia .
Dice al figlio Norman, congedandosi per sempre nel parlatorio del carcere: Ti
auguro ogni bene, e una vita serena .
Frick urla: Viva la Germania immortale . Streicher: Viva Hitler , poi dice al
boia: Sarete impiccati dai russi ; quando gli mettono il cappuccio mormora:
Adele, moglie mia diletta . Sauckel muore compostamente: Sono innocente. Che
Dio protegga la Germania e la mia famiglia . Jodl indossa la divisa di generale senza
gradi e senza decorazioni. Dice: Ti saluto, Germania mia , e Seyss-Inquart: Io
spero che questa esecuzione sia l'ultimo atto di quella tragedia che stata la seconda
guerra mondiale .
Tutto durato novantacinque minuti. Il generale francese Morel, che ha assistito
alle esecuzioni, conclude: Ora tutto finito .
Il sergente americano John Woods, che ha fatto da boia, un uomo piccolo e tozzo,
che stato combattente in Africa e in Normandia, dichiara: Ho impiccato quei dieci
nazisti e ne sono orgoglioso. Era un lavoro che doveva essere sbrigato da tempo, ma
in ogni modo ho fatto lo stesso una bella cosa perch tutto si svolto
cronometricamente. Ho impiccato trecentoquarantasei persone negli ultimi quindici
anni, e non ho mai visto una esecuzione migliore di questa. Mi soltanto dispiaciuto
che Goering l'abbia fatta franca .
Con la morte , ha scritto un poeta tedesco, tutte le fiamme di collera si
spengono . Walter Funk se ne andato nel suo letto, e cos von Neurath, e il grande
ammiraglio Raeder: li liberarono prima del tempo, perch erano molto ammalati.
Raeder, alla fine, non era pi lucido di mente, la paralisi lo aveva colpito. Lo
seppellirono a Kiel, davanti al mare, e Dnitz fece il discorso funebre: Raeder era
un uomo senza macchia, era un pio, era un cristiano . Karl Dnitz si gode la sua
pensione; la vista gli si indebolita, abita una villetta in un paese. dello SchleswigHolstein; da queste parti egli fu presidente di un Reich senza Reich . Dei
trentanovemila uomini dei suoi equipaggi, trentaduemila sono scomparsi
nell'Atlantico, nel Mare del Nord, nel Mediterraneo.
A Spandau, quaranta soldati e dieci guardie custodiscono un fantasma: Rudolf
Hess che delira e cerca nei testi di astrologia una spiegazione al mistero della vita.
Quel giorno a Dallas
Scrivo questa nota dall' Holliday Inn di La Crosse. La Crosse una cittadina del
Wisconsin. Sono le tredici, ora locale; la sala del ristorante affollata: c' un
gruppetto di vecchie signore che chiacchierano e ridono, ci sono dei camionisti, dei
commessi viaggiatori. La cameriera dai capelli rossi torna correndo dalla cucina e
strilla: Hanno colpito Kennedy .
Nell'ingresso dell'albergo il televisore acceso. Parla Walter Kronkite, il numero
uno dei commentatori della C.B.S. Lo conoscete anche voi: il giornalista che
presenta Aria del ventesimo secolo . La hall si riempie di gente. Kronkite in
maniche di camicia, ha alle spalle telescriventi che battono, ogni tanto qualcuno gli
passa un foglio.
americano, e con certa gente non desidera avere rapporti e figuriamoci se lei..., e che
non avessimo difficolt a versarle duemila dollari per il disturbo. Duemila trattabili,
s'intende. Con quattrocento si combina. divorziata, dice che non si sente in buona
salute; qualche anno fa doveva essere graziosa.
Non facile trovare l'indirizzo di Marina Nikolaievna, la moglie di Oswald; abita
alla periferia, e si sposta spesso. La Beltline Road segue la circonvallazione della citt.
Marina sta al numero 616, in una villetta uguale alle altre che le si allineano accanto.
C' la cassetta per le lettere nella quale il ragazzo dei giornali infila il quotidiano del
mattino, e il lattaio lascia due bottiglie sulla porta. Nel cortile teso un filo di plastica
per asciugare i panni, c' uno scivolo per i giochi dei bambini, un pallone
abbandonato, e un coniglietto bianco saltella in cerca di trifoglio. C' anche, ferma
all'angolo, una lunga limousine nera con due signori vestiti di scuro, che mostrano
una tessera e gentilmente mi chiedono i documenti. Vogliono sapere perch
passeggio da queste parti, che cosa cerco, e mi informano con squisita cortesia che al
momento la signora Oswald fuori. Forse al market, a fare acquisti, o forse alla
scuola di June, la figliola pi grande, o magari a Washington per essere interrogata
dalla commissione Warren. Si tranquillizzano. La piccola farmacista russa cambiata.
Mi presentano , scrive Lee nel suo diario, il 17 marzo 1960, una ragazza pettinata
alla francese, con un vestito rosso e scarpette bianche. Si chiama Marina .
Marina, adesso, pettinata all'americana e veste come le donne che si vedono in
McCall's o nelle pubblicit di Life, confezioni in serie, ma di un certo gusto; si trucca
anche un po', e nessuno pi le impedisce di studiare l'inglese che parla lentamente. Si
fatta pi bella, dice che non pensa di ritornare nell'URSS, e che grata al popolo
americano per quanto ha fatto per lei. Dice che pensa sempre a Lee con tenerezza.
Lee scriveva con orgoglio nel suo quaderno: Marina si pazzamente innamorata di
me fin dal primo momento .
Ruth Paine ha trentatr anni e due figli, un maschietto e una bimba, il maschio si
chiama Christofer e Lee Harvey Oswald lo teneva sulle ginocchia quando guardavano
la televisione, e giocava con lui. La signora Paine abita a Irving, un quartiere che dista
tre quarti d'ora dal centro. quacquera, divisa dal marito, ha frequentato l'Universit
e ha studiato il russo. Vendette il suo sangue quando Marina aspettava un bambino.
Racconta che Oswald era rude con la moglie e non le permetteva alcun
atteggiamento indipendente. Lei li aveva conosciuti in casa di amici, e provava
simpatia per quella giovane coppia che le sembrava indifesa, specialmente la ragazza,
Marina, cos li aveva ospitati e cercava di aiutarli. a lei che Oswald telefon dal
carcere per chiederle di interpellare un avvocato di New York, e di sentire se era
disposto a difenderlo, e la sera prima dell'attentato la pass in casa sua. Ricorda che
Lee si tolse la fede e la mise in un vasetto cinese che una volta apparteneva alla
nonna di Marina. Pensa che se Oswald avesse posseduto diecimila dollari, forse non
avrebbe sparato. Dice che era mosso pi dai sentimenti che dalle idee. Vide con
Marina alla TV la prima trasmissione sulla morte del Presidente, e ricorda che la
signora Oswald provava una gran pena per Jacqueline. forse il personaggio pi
limpido e generoso di questa vicenda.
Ora il discorso passa a Marguerite e a Marina
Oswald, alla sorella di Ruby e a Ruth Paine e io riferisco le loro opinioni come le ho
raccolte nel corso di lunghi colloqui. Mi limiter a legarle o a contrapporle, perch
dal dibattito esca un quadro, il pi possibile vero, di ci che accadde a Dallas nella
mattinata del 22 novembre 1963.
Signora Paine, come ha conosciuto gli Oswald? .
Ruth Paine: Li ho incontrati per la prima volta l'anno scorso, a un ricevimento in
casa di certi amici, a Dallas. Lee era invitato e anche Marina. Non c'era molta gente .
Cosa pens di Oswald allora? .
Ruth Paine: Raccont del suo viaggio in Russia, perch aveva tentato di restare
laggi e di prendere la cittadinanza sovietica, e come aveva deciso di far ritorno in
America. Io pensai che era interessante quello che diceva dell'URSS. Non capii dalle
sue parole se si era profondamente annoiato della vita russa, e nemmeno perch era
tornato a casa .
Quali erano gli argomenti di cui parlava pi volentieri? Politica, ad esempio? .
Ruth Paine: No, con me non parlava mai di politica. Con me non parlava mai
nemmeno in inglese. Se io cominciavo, lui rispondeva in russo. E il mio vocabolario
russo non comprende parole sufficienti per un discorso sulla politica. Io poi sentivo
che lui non era molto... non ragionava molto bene, cio non era logico, e non volevo
discutere con lui. Era facilmente emozionabile; quello che lui sentiva aveva
importanza pi di qualsiasi altra cosa, pi di quello, ad esempio, che faceva .
Come si comportava con la moglie? .
Ruth Paine: L'ho visto qui, in ottobre e in novembre del '63. Litigavano, certe volte,
per piccole cose .
Pensa che Oswald sia colpevole dell'uccisione di John Kennedy? .
Ruth Paine: S, penso di s, per quello che ho saputo dopo l'assassinio .
Oswald non le ha mai detto nulla del Presidente, un giudizio, una impressione? .
Ruth Paine: No, non mi ha mai parlato di Kennedy, mai. La moglie mi disse, la
sera del 22 novembre, quando siamo tornate dall'interrogatorio della polizia, che lei
non poteva capire come Lee avesse potuto fare quel gesto, perch non aveva nulla
contro il Presidente. Tutto quello che lei gli aveva sentito dire non erano che parole
gentili, favorevoli. E molte volte le aveva tradotte dai giornali, dalle riviste, le parole
di Kennedy, e se lui avesse avuto qualche cosa contro il Presidente "certamente",
diceva Marina, "me lo avrebbe detto mentre mi traduceva quei brani di discorsi" .
Allora perch pensa che abbia sparato? .
Ruth Paine: Penso che per un morboso desiderio di volersi affermare avesse
cercato gi da molto tempo di compiere un gesto clamoroso; forse non di uccidere il
Presidente, ma qualcun altro. Non era una persona capace. Ha cercato di andare in
Russia, di tradire l'America, e ha scoperto che nessuno lo considerava un eroe,
nemmeno laggi. Anche questo credo fosse un tentativo di trovare un specie di
forma, spaventosa, tremenda, di affermazione. Un tentativo, cio, di imporsi sugli
altri. Di raggiungere qualche cosa per cui la gente avrebbe dovuto dire: "Ecco, questo
un uomo straordinario" .
Come si comport la sera prima dell'assassinio? .
Ruth Paine: Come le altre volte, quando veniva dopo il lavoro. Abbiamo pranzato.
Non accadde niente di speciale. Forse solo il fatto che io andai nell'autorimessa, dopo
aver messo i bambini a letto, e scoprii che c'era la luce accesa e ci voleva dire che lui
era stato l a prendere qualcosa della sua roba. ( una allusione alla carabina, che
Oswald aveva riposto nel garage). Io spensi la luce e me ne andai .
disturbare. Le dir di chiamare la signora Oswald". Da allora non l'ho pi vista, non
l'ho pi sentita .
Ha saputo quello che Marina ha detto di Lee? Ha raccontato che aveva tentato di
uccidere altra gente, Nixon e Walker .
Marguerite Oswald: Ebbene, ci sono solo due possibili interpretazioni: Marina
stata istruita su ci che deve dire, o stata minacciata; oppure compromessa con
questi fatti. Sono le sole due ragioni che io posso vedere. O stata minacciata,
oppure sta nascondendo una sua responsabilit. Ecco perch dice che Lee ha
commesso l'assassinio. E sta dando a me tutta la responsabilit di aver fatto di Lee un
uomo sbagliato. Questo atteggiamento non ha nessuna spiegazione. Marina era
un'ottima madre, io la conoscevo, una ragazza forte, onesta, educava bene i suoi figli,
e quello che sta facendo adesso davvero inspiegabile. Ho letto un articolo su un
giornale, un po' di tempo fa. Un articolo in cui parlava di suo marito come di un
essere spregevole. Non c' giustificazione per questo. Oltre al fatto che non esiste
alcuna
prova. E quindi lei sta facendo del male a suo marito, e specialmente a se stessa e ai
bambini .
Marina, crede che suo marito abbia ucciso il presidente Kennedy? .
Marina: Non voglio crederlo: io sono troppo viva parte nella questione, ma i fatti
dicono che Lee ha ucciso Kennedy .
Lee non le aveva mai detto nulla del suo proposito? .
Marina: Non me ne aveva mai parlato. E fu per me una terribile sorpresa .
Lei amava Lee Oswald? .
Marina: S, lo amavo e mi spiace... .
Come? .
Marina: Mi spiace .
Le spiace per quello che accaduto? .
Marina: S, perch morto molto giovane .
Va mai al cimitero? .
Marina: Ogni settimana, una o due volte .
libera di fare ci che vuole? .
Marina: S, sono libera, se voglio posso andare a fare acquisti da qualunque parte
.
C' qualcuno che le dice che deve restare a Dallas? sotto custodia o in arresto?
.
Marina: Non sono mai stata n arrestata n sotto custodia .
Pu fare allora tutto quello che desidera? .
Marina: S, prima voglio studiare l'inglese, e lavorare per i miei figli, e pensare
alla loro educazione .
Teme che qualcuno possa fare del male a lei e ai suoi bambini? .
Marina: Oh no, non ho mai avuto paura e penso che gli americani mi capiscano e
non tentino di farmi del male .
Come passa il suo tempo? .
Marina: Ho da fare con i miei bambini, curo la casa, studio un po', vado a fare
compere .
La gente l'ha aiutata? .
Marina: S, molto .
Ha intenzione di scrivere un libro per raccontare la sua vita con Lee? .
Marina: S, vorrei farlo, un giorno .
vero che decisa a diventare cittadina americana? .
Marina: S, voglio essere cittadina americana, ma ora non parlo molto bene
l'inglese. Quando l'avr imparato diventer americana .
I suoi bambini sono buoni? .
Marina: S, per me sono molto buoni e penso che siano dei buoni bambini per
tutti, perch June e Rachel sono molto tranquilli .
Con loro come parla, in russo o in inglese? .
Marina: Con June molte volte parlo in russo e, se conosco le parole, in inglese .
Signora Paine, com'era Oswald coi suoi bambini? .
Ruth Paine: Era molto affettuoso. Giocava con June, proprio in questo giardino,
e giocava anche con i miei figli. Era molto contento di aver avuto una nuova bimba,
anche se desiderava un maschio, era molto fiero .
Signora Oswald, come era Lee da bambino? Era violento? .
Marguerite Oswald: Be', tutti i documenti dell'epoca, tutte le pagelle provano che
Lee andava a scuola regolarmente. E se la cavava molto bene. Anzi arrivava sempre
prima che la scuola aprisse, sempre in anticipo. Fino a quando ci trasferimmo a New
York. New York era una citt strana, una citt grande e Lee, come tutti i ragazzi che
vanno per la prima volta a New York, aveva voglia di vedere, di scoprire la citt, di
andare in giro. Lee ha perso un pochino di tempo. Andava sempre allo zoo, amava gli
animali, amava molto gli animali. A New York sono molto severi per le assenze
ingiustificate. Due volte lo sorpresero mentre, invece di andare a scuola, passava la
giornata allo zoo. E la seconda volta lo portarono anche in tribunale. A New York
sono molto severi. Nel Texas, invece, non sono cos duri. Non portano i bambini di
fronte alla Corte per il fatto che non vanno alle lezioni. Poi a tredici anni Lee ebbe un
esame psichiatrico. E ne ebbe un altro prima di entrare nella marina, e ci prova che
era moralmente e mentalmente a posto. Dieci anni dopo il Presidente venne
assassinato, e la gente dice che Lee odiava sua madre, che non poteva vederla, ebbene
io su un giornale americano, Esquire, ho pubblicato delle lettere di Lee dalla Russia,
dalle quali viene fuori tutto l'affetto che aveva per me. Per sei settimane, per il fatto
che trascurava la scuola, Lee fu poi messo in una specie di casa di correzione dov'era
assieme a tanti altri ragazzi che avevano commesso colpe molto pi gravi e gesti
criminali. Non so se egli ha subito dei trattamenti psichiatrici, io non lo so. In ogni
caso non ne sono al corrente .
Signora Grant, quando ha visto suo fratello Jack Ruby l'ultima volta, che
impressione le ha fatto? .
Eva Grant: L'ho visto l'altra sera, ventiquattro ore fa: molto malato, nel fisico e
nella mente. Qualsiasi cosa gli si dica lui non la capisce. Vede, Jack, mio fratello, ha
avuto una specie di crisi dopo l'assassinio del 22 novembre, una crisi nervosa.
difficile capire quanto un uomo pu ammirare un altro, la maniera con cui mio
fratello ammirava Kennedy. Per natura, per il suo carattere, Jack una persona
facilmente emozionabile, sensibile. E quella sera stessa, la sera dell'assassinio, Jack
pranz con me e mangi molto poco. Si sedette nella nostra camera di soggiorno,
pianse e mi disse: "Sai, non mi sono mai sentito cos male nemmeno quando nostro
Eva Grant: Certamente non c'era alcun complotto. Jack non aveva mai sentito
parlare di Oswald, e non aveva mai preso parte ad alcuna attivit comunista. La
mattina in cui spar, Jack usc di casa alle 10,30, e and in giro per la citt, e perfino
due poliziotti lo videro mentre se ne stava passeggiando per la strada. Dopo pochi
minuti dovette andare a portare del denaro a Linda Bennet, una ragazza che lavorava
per lui. Glielo aveva promesso la sera prima, perch Linda aveva bisogno di soldi
dato che il padrone di casa le aveva detto che se non li avesse portati quella mattina, a
mezzogiorno l'avrebbe cacciata fuori. E allora prese la macchina, e il suo cane
preferito, Sheba, e and alla Western Union che nello stesso edificio dove
sistemata la polizia, e mand un telegramma, un vaglia telegrafico, che risulta spedito
alle 11,17. Quindi alle 11,17 era ancora all'ufficio postale. Dopo di che ebbe bisogno
di almeno qualche minuto per arrivare alla stazione di polizia. Il fatto che Jack avesse
una pistola del tutto normale, perch la portava novantanove giorni su cento. Pochi
mesi fa mi ricord che l'aveva anche alla sinagoga, e io gli dissi: "Ma perch non la
lasci a casa?", e lui mi rispose: "Sono talmente abituato". Molti non ricordano un
particolare: la radio, la televisione, continuarono a ripetere, la sera prima
dell'uccisione, che Oswald sarebbe stato trasportato alle dieci di mattina, quindi se
Jack avesse avuto veramente intenzione di uccidere, si sarebbe trovato sul posto alle
dieci, e non alle 11,17 come invece accadde. Jack era una persona molto conosciuta in
citt, e quella mattina tutti potevano entrare nel seminterrato dove Oswald stato
ucciso .
Jack le aveva detto nulla di Oswald? .
Eva Grant: Non mi ha detto nulla .
Neppure dopo l'assassinio? .
Eva Grant: Non lo ha mai nominato: nemmeno adesso, quando parla del fatto,
fa il nome di Oswald. Lo chiama "il morto", "il defunto". Non lo nomina mai .
Dopo l'assassinio del Presidente, nei due giorni che precedettero l'uccisione di
Oswald, non fece alcun commento? .
Eva Grant: Quando vide Lee alla televisione, quando annunciarono che aveva
sparato al Presidente, disse: "Ma guarda che verme, che essere abominevole" .
E quando and ad uccidere? .
Eva Grant: Niente. Usc da casa mia la sera prima. Poi mi richiam parecchie
volte, e l'ultima fu a mezzanotte, e mi disse: "Vai a dormire che forse domani sera ti
porto fuori a pranzo" .
Ha avuto modo di vedere l'uccisione di Oswald alla televisione? .
Eva Grant: S, l'ho vista, ma mi creda proprio in quel momento il telefono
suon, e allora ho abbassato il sonoro e cos non capii subito che era stato mio
fratello. E quando rialzai di nuovo sentii che dicevano che l'assassino era un certo
John Logan, e facevano altri nomi. Pi tardi i miei vicini vennero a trovarmi, e
cominciarono a pormi delle domande, e allora non capii pi niente, non sapevo cosa
pensare, non riuscivo a rendermi conto di che cosa fosse successo .
Lei, signora Oswald, vide uccidere Lee? .
Marguerite Oswald: No, io stavo con Marina, eravamo sole, cos accendemmo la
televisione, ma sembrava ripetessero sempre le stesse cose gi viste, e allora
chiudemmo e non abbiamo visto Lee quando lo uccisero .
Lei, signora Paine, vide la trasmissione dell'assassinio di Oswald? E cosa pens
in quel momento? .
Ruth Paine: S, la vidi. Non ebbi nemmeno il tempo di pensare. Ma riflettendoci
poi giudicai che era un sollievo per Marina, che in ogni caso quell'uomo sarebbe
morto su una sedia elettrica, in ogni caso. E forse questa morte era... insomma pensai
che questa morte aveva evitato molto dolore a lei e a lui, a tutti e due .
Cosa disse Marina quando vide l'assassinio del Presidente alla televisione? .
Ruth Paine: Tutte e due rimanemmo molto colpite. Quando sent che il
Presidente era morto Marina mormor: "Che cosa spaventosa deve essere per la
signora Kennedy. Adesso i figli dovranno crescere senza il padre" .
Marina cap subito che era Oswald l'assassino? .
Ruth Paine: No, non credo .
Cosa le ha detto Lee quando l'ha chiamata dalla prigione? .
Ruth Paine: Mi chiam il 23 pomeriggio, sabato, per domandarmi se potevo
prendere contatto con un avvocato a New York. Perch lui voleva un avvocato
proprio speciale, uno che conosceva a New York. Io fui piuttosto seccata del fatto
che lui mi telefonasse per chiedermi un favore, in quel momento. Per pensai che era
giusto avesse un avvocato, e quindi mi misi in moto per cercarlo .
Qual , signora Grant, la sua opinione sul gesto di Jack? .
Eva Grant: Devo ripetervi che Jack una persona facilmente emozionabile, e,
per quello che io ho capito, quando vide Oswald ne fu talmente scosso, si emozion
tanto, che perse ogni controllo. E allora tir fuori la pistola e spar .
E cosa crede che pensino gli americani di ci che ha fatto Ruby? .
Eva Grant: Non so cosa pensino gli altri. Io ho ricevuto quindicimila lettere
indirizzate a me e a Jack, e una su duemila diceva che Jack aveva fatto una cosa
sbagliata. Ma Jack nel momento in cui ha sparato non capiva certamente quello che
faceva. Penso che se avesse avuto due minuti, cinque minuti per pensarci sopra, non
sarebbe accaduto .
Perch Ruby non ha testimoniato durante il processo, perch non ha preso la
parola? .
Eva Grant: Perch era troppo malato, troppo stanco, non aveva volont, non
capiva bene di che cosa si trattasse. Gi allora era mentalmente infermo. Dal
momento in cui il Presidente fu assassinato la sua mente cominci a vacillare. Gi
allora le parole che diceva non avevano molto senso, ma visto che io ero malata e che
prendevo delle pillole contro il dolore, non ci badavo troppo. Se fossi stata in
condizioni normali avrei analizzato la sua logica un pochino meglio .
Cosa pensa di coloro che sostengono l'innocenza di Oswald? .
Eva Grant: Il governo americano ha presentato tutti fatti che provano che
stato lui ad assassinare il Presidente. Chiunque sostiene che Oswald non l'assassino,
non sa quello che successo. Vuol dire chiudere gli occhi di fronte alla realt .
Pensa che se il processo sar rifatto ci saranno nuove prove a favore di Ruby? .
Eva Grant: Io penso di s. Dimostreremo che Jack ha subito un esame
psichiatrico quando aveva dieci anni. Poi ci sono state alcune false testimonianze
durante il dibattimento, e questo verr provato. A dire il vero ci sono stati pi sbagli,
pi scorrettezze, nel processo contro Ruby, che in qualsiasi altro caso di assassinio
discusso davanti alle corti americane .
Lei, signora Oswald, ritiene che la condanna di Ruby sia giusta? .
Marguerite Oswald: Io non sono un giudice, non posso dirlo. C'era una corte
con dodici giurati e penso che abbiano deciso secondo coscienza. Dato che sono
contraria alla pena di morte, e anche per altre ragioni, preferirei che Ruby rimanesse
in vita, perch un giorno, forse, potrebbe parlare e spiegare molte cose .
Come si comportata la gente con lei? .
Marguerite Oswald: Siamo in casa mia e posso essere sincera: solamente tre
persone sono venute a trovarmi. E io lo capisco, perch non vogliono
compromettersi. Ricevo molte lettere nelle quali mi dicono che solidarizzano con me;
per, per la verit, non c' persona che si sia avvicinata con amicizia. Io mi rendo
conto che la gente vorrebbe aiutarmi, dimostrarmi la sua simpatia, ma desiderano
rimanere al di fuori di questa storia. Sono una persona piuttosto compromettente,
discussa, perch sto combattendo per dimostrare l'innocenza di mio figlio, e
rappresento una minoranza. Tanti pensano per che Lee non sia colpevole. Ricevo
molte lettere, molti libri a questo proposito. Credono alla sua innocenza, ma hanno
paura di parlarne. In pratica sono sola .
Qual il gesto pi umano che stato fatto verso di lei? .
Marguerite Oswald: Sono molto triste di doverlo dire, ma non ho ricevuto
alcuna affettuosa attenzione. La cosa pi dolorosa stata il funerale di Lee. Ho
saputo della cerimonia soltanto un'ora prima che lo seppellissero. Dopo quello che
successo ho cercato e ho trovato la ragione per cui non abbiamo avuto un prete;
dovevano essere in tre, invece non venuto nessuno. Noi andammo alla cappella, ma
il corpo di Lee non era ancora arrivato. Aspettammo, ma inutilmente, perch Lee
godeva della fama di essere comunista, e nessuno voleva sentirsi rimproverare di
avergli dato gli ultimi Sacramenti. Non una cosa crudele questa? Il reverendo
Zonner arriv all'ultimo momento e disse soltanto poche parole sulla salma del mio
ragazzo. il capo del consiglio delle Chiese di Fort Worth, cerc di scusare gli altri
pastori assenti, ma lui non un ministro, non un sacerdote. Si figuri che dimentic
perfino la Bibbia nell'automobile, e quindi disse semplicemente due frasi, cos, alla
svelta. Questa la carit cristiana di oggi .
Signora Grant, qual ora il suo lavoro, come passa le giornate? .
Eva Grant: Io ero prima una commessa viaggiatrice, ma negli ultimi quattro
anni ho lavorato con mio fratello, aiutandolo nell'amministrazione dell'altro club di
cui era proprietario, il "Vegas", mentre lui si occupava pi del "Carousel". Adesso sto
cercando un impiego, sono andata in molti posti, ma inutilmente. Forse sono troppo
vecchia, non riesco a trovare lavoro. A dire il vero c' molta gente che disoccupata,
in questo momento .
E lei, signora Oswald? .
Marguerite Oswald: Io ho una vita molto felice, dormo bene. Io credo che mio
figlio sia innocente, quindi non ho preoccupazioni, sono serena. Io non ho molto
tempo da dedicare al mio lavoro di casalinga, mangio fuori perch amo vivere in
mezzo alla gente, e quando vado al ristorante o al caff c' sempre qualcuno, qualche
cameriere, che dice: "Come sta oggi, signora Oswald?", cos mi fa capire che mi
conosce, e che vuole esprimermi la sua simpatia. Sono molto gentili con me, per
non vogliono avvicinarsi troppo .
Ha sentito che Marina ha ricevuto molti dollari dagli americani? Una parte di
questo denaro arrivata anche a lei? .
essere esclusi, e il violinista Oistrakh non suona nella grande sala dei concerti perch
russo. Al bar del Mariot Motel un signore mi dice: Poteva accadere da
qualunque altra parte . Per , ha commentato Art Buchwald, successo qui .
Chi erano
dissi: "Bene, come andata?" Lui rispose: "Abbiamo fatto il Gran Consiglio".
Chiesi: "Li hai fatti arrestare almeno tutti?". E lui: "Lo faremo".
Sapevo che mio marito non ne sarebbe stato capace. E mi raccont che doveva
andare a Villa Savoia in borghese.
E io gli dissi: "Guarda, ti vogliono in borghese perch
forse fanno prima a fare quello che io penso".
E lui mi spieg che era molto importante andarci, perch chi aveva firmato la
dichiarazione di guerra non era solamente lui. La responsabilit era sua, ma era anche
di Sua Maest il Re. Io lo avvertii: "Ma ci vai? Tu non ritorni indietro".
Abbiamo parlato un po' e poi, vedendo che era stanco era gi tardi ho
preferito dire che andasse a letto. Ha bevuto una camomilla e siamo andati a riposare.
E alla mattina si alzato presto, e alle otto era gi a Palazzo Venezia.
La villa, il giorno dopo, era occupata. venuto un colonnello e trecento soldati
coi carri armati, con i cannoni.
Io ero andata fuori per dar da mangiare, che avevo dei polli, cos, perch ero
rimasta sola, e ho visto che l'ufficiale mi venuto incontro e mi ha chiesto se era
quella la Villa Mussolini. Io gli risposi: "S". E cominci a parlare. Mi disse: "Sa, il
signor Mussolini ieri sera la radio ha dato notizia che era scappato e che l'hanno
preso a Milano con una valigia piena di pellicce e di gioielli".
"Ah, gli risposi stato furbo stavolta".
E allora lui entrando nella porta della Villa Torlonia guard cos e comment: "Ma
una gran bella villa, questa".
Dissi: " una casa".
E poi gir da una parte, e vide che c'era il busto di mio figlio Bruno.
Lui comment: "Ah, era tanto un buon ragazzo. Abbiamo fatto le elementari a
Milano assieme quando stava al Foro Bonaparte".
Chiese: "Lei, voi lo conoscevate?".
Risposi: "S, lo conoscevo, perch era mio figlio".
Mi venne vicino: "Ma non ce l'hanno detto che voi eravate nella villa. Adesso vado
gi in portineria e vado ad avvisare il colonnello, perch non lo sa neanche lui".
E si misero a disposizione mia, e mi misero le guardie alla porta perch non mi
facessero niente. E mi trattarono bene.
E il giorno dopo venne un ragazzo all'ingresso di dietro perch c'erano le
sentinelle e mi avvert che sapeva dove era mio marito. Io credevo che scherzasse
ma lui mi assicur: "No, no, si trova nella caserma dei carabinieri".
Due giorni dopo mi mand una lettera la principessa Mafalda che mi diceva di
stare tranquilla perch mio marito non era morto .
Ora la Rocca inabitabile. Nelle grandi sale passata la guerra. I soldati hanno
distrutto, per far fuoco, i pavimenti di legno: sulla torre il faro tricolore, che si
accendeva nelle notti d'estate, ha i vetri in frantumi, nel cortile un'aquila di bronzo ha
perduto la testa, perfino la tazza del gabinetto, marca Turbine , stata divelta.
Rachele Mussolini ha portato via i pochi oggetti rimasti: uno strano miscuglio di
busti di marmo Arnaldo Mussolini, Michelangelo, Virgilio una culla di legno,
statuette con cavalli che hanno perduto il cavaliere, cassapanche sfondate, elmi
arrugginiti, si pensa al disordine di un palcoscenico dopo la recita di una tragedia di
Sem Benelli.
molto bello, al primo piano. Hitler era gentile con me, ed era commovente come si
interessava di me... Era, come si sa, un individuo assai amante dei fanciulli e molto
buono con i bimbi. Mi ricordo di una bambola che una volta mi regal e che mi era
particolarmente cara, e che poi nel '45 and perduta. Questo uno dei ricordi pi
belli dei miei incontri con Adolf Hitler .
Signor Bormann, ha conosciuto il Fhrer? .
Gerard Bormann: S, Hitler lo vedevo in media tre o quattro volte l'anno. Una
volta ricordo che fummo invitati da lui a prendere il caff, ed io ebbi una tazza di
cioccolata. Allora abbiamo giocato insieme con la signora Eva Braun .
Anche lei, signorina Heydrich, ha qualche ricordo in proposito? .
Sylk Heydrich: No, so soltanto che capitava da noi Himmler, ma mia madre
aveva una certa ripugnanza a parlare con lui. In certe occasioni egli si comportava nei
suoi confronti piuttosto stranamente. Alla fine venne a dirle che il Fhrer voleva
distribuire delle fiale di veleno fra le persone che sarebbero state chiamate a dar
conto del loro operato, e anche mia madre ne ebbe per ciascuno di noi. Rimase molto
impressionata, non aveva alcuna intenzione di morire. Scrisse allora a Himmler per
avere spiegazioni, e la risposta fu che ne avrebbero parlato al primo incontro. Una
volta vedemmo Himmler in una via di Praga. Egli ripet quello che aveva scritto nella
lettera, per aggiunse: "Ma noi continuiamo a vivere!". Mia madre allora disse: "Io
adesso prender tutte le mie cose, i miei figli e l'istitutrice, e me ne andr nella
foresta bavarese o in un altro posto dove si possa non essere perseguitati" .
Lei, signor Frank, ha visto Hitler? .
Norman Frank: S, l'ho visto, ma allora ero troppo piccolo, e non posso avere
che dei ricordi superficiali. Avevo sei anni, e fu in occasione dell'apertura
dell'esposizione di arte tedesca a Monaco. Mio padre sedeva proprio dietro a Hitler,
ed allora il Fhrer mi prese e mi tenne sulle sue ginocchia: fece, insomma, quello che
usano fare tutti i dittatori del mondo .
Una domanda a lei, Gudrun Himmler. Il suo nome le ha creato problemi? .
Gudrun Himmler: S. Nella mia vita professionale mi stato di ostacolo, o
meglio: mi tuttora di ostacolo, perch quale ufficio in grado e pu permettersi di
assumere una persona col mio nome e il mio passato? Al contrario, nella vita privata
non ho alcuna difficolt. Certo, incontro ogni momento gente che nel sentire il mio
nome si incuriosisce, ma tutto .
E a lei, signor von Schirach? .
Robert von Schirach: Personalmente non ho avuto difficolt notevoli .
Signor Bormann? .
Gerard Bormann: No, il nome che porto non mi ha
creato nessun impaccio. Gli italiani, poi, quando ci rifugiammo in Alto Adige, sono
stati molto buoni con noi .
E lei, signorina Heydrich? .
Sylk Heydrich: Per quanto mi riguarda, no. Mio fratello, invece, che aveva
studiato per tre anni costruzioni di macchine, e voleva diventare ingegnere e aveva
fatto i suo studi in Renania, non riusc ad entrare in nessuna scuola. Per questo era
disperato. Si rivolse allora ad Hannover, ad Hannover furono veramente generosi con
lui, gli dissero che non c'era nessuna ragione per essergli ostili, e cos mio fratello
pot essere ammesso .
dove nato costruirono, nei giorni del potere, un museo, con colonne di marmo e
tappeti di velluto rosso. aperto, e i visitatori non mancano.
Il seminario dove impar le prime nozioni della religione ortodossa stato adibito
a Istituto di agraria, ma una lapide ricorda l'eccezionale scolaro.
Josef Vissarionovic Jugasvili fu qui, l'ultima volta, nel 1952; era stanco e di umore
tetro, e i paesaggi della giovinezza, ormai, non lo rallegravano. La gente per vederlo,
raccontano, rischiava di farsi travolgere dal treno; ma anche adesso l'entusiasmo per il
compaesano illustre non diminuito. Non c' banchetto, in Georgia, durante il quale
non si brindi alla memoria del capo che per trent'anni fu la guida gloriosa
dell'Unione Sovietica . Evtuscenko, che partecip a uno di questi simposi, in segno
di dissenso ruppe il bicchiere. Il gesto non venne apprezzato.
Ho conosciuto a Tbilisi, Gula Jugasvili, figlia di Jakov, nipote di Stalin; con lei
che ho visitato il paese del nonno. Gula ha ventinove anni, laureata in francese,
lavora a Mosca, all'Istituto di letteratura mondiale dove, saltuariamente, andava anche
zia Svetlana.
Suo padre stato fucilato dai tedeschi, in un campo di concentramento; la madre
morta da qualche mese, di cancro. Si chiamava Julia Isacovna Meltzer, era ebrea, e
per due anni Beria la fece imprigionare. Stalin non volle mai riceverla. Gula, adesso,
sola.
una ragazza bruna, dalle fattezze minute, piccola; quando il nonno la vide la
prima volta disse: Ma questo il ritratto di Jascia . Del primogenito del
generalissimo non sono rimaste che poche istantanee; anche Gula lo ricorda
vagamente, nella dacia, su un'automobile, prima della partenza per il fronte.
Galosca, Gula, come la chiamano tutti, non ha fratelli. Non mai stata all'estero:
le piacerebbe fare un viaggio in Africa, e ad Algeri in particolare. Ha un mentalit
aperta, e una conversazione garbata. Vive con la pensione che le compete, come figlia
di un ufficiale caduto, e coi proventi del suo lavoro.
Non aveva mai visto questi luoghi che un tempo furono meta di pellegrinaggi, e
non parla georgiano. Il paesaggio lussureggiante e duro: i vigneti, le foglie scure del
tabacco, i cipressi, gli eucalipti, l'odore di muschio bagnato e di menta; gli uomini neri
e baffuti, che conoscono il volo dell'aquila e la tana della lince; le donne taciturne che
invecchiano chiuse nei lunghi abiti scuri, si vedono soltanto gli occhi nel volto
pallido.
Entra, commossa, nella stanza dove suo nonno venne al mondo; Stalin era l'unico
figlio di un povero calzolaio, che aveva preso in affitto una sola camera. C' ancora il
letto ampio, il samovar di ottone, e uno specchio; la madre di Josef Vissarionovic, che
se ne andata a ottant'anni, e che ha sempre vissuto modestamente, sepolta nella
vecchia Tiflis sulla collina. Accanto a lei, riposa un poeta classico, Vasa Psavela.
Un diplomatico italiano, che fu console nella citt, ricorda che una volta, recatosi
in un palazzo del governo, chiese ad alcune persone che aspettavano in un corridoio
dove si trovava l'ufficio di un funzionario. Una donnina insignificante gli diede
l'indicazione, poi aggiunse: Io sono la mamma di Stalin .
Era rimasta, fino all'ultimo, molto devota, e in fondo le dispiaceva che Soso ,
cos lo chiamava, non fosse diventato ministro di Dio.
Lo salut, forte e temuto, e fu come un congedo, nel 1935, e ho letto sulla Pravda
di allora il suo racconto di quella visita: Era tanto che non lo vedevo; non sto bene,
sono debole, ma incontrandolo mi sono rallegrata che tutto sia passato. Ci siamo
abbracciati e baciati. Ho chiesto dei nipotini. Li amo pi di ogni cosa, la mia Svetlana,
Jascia e Vasso .
Nelle teche del museo sono conservati molti documenti; c' anche una poesia che
Stalin compose da ragazzo. Si intitola Mattina, parla di corolle, di boccioli, del canto
delle allodole, e incita allo studio.
Una fotografia riproduce il piccolo Jugasvili nel coro della chiesa: un bel
bambino, l'hanno messo nell'ultima fila, ma pare che avesse una voce gradevole.
Un'altra lo ritrae in seminario; assomigliava molto al giovane Josef, il figlio di
Svetlana: magro, il profilo affilato, i capelli corti. C' la foto dell'ultimo discorso: un
ometto cadente, alla faccia segnata, un vecchio , lo ricordava Ehrenburg, con il
viso sforacchiato dagli anni, la fronte bassa, gli occhi vivi ed acuti . Conservano pure
la maschera mortuaria, ricavata dallo scultore Maniser: il volto ha un'aria calma e
solenne.
C' anche un piccolo campionario dei doni che ricevette per il settantesimo
compleanno, quando una lirica di circostanza, sull'organo ufficiale del partito, gli
attribu anche i non piccoli meriti di aver popolato la terra e fatto sbocciare la
primavera.
Si tratta, in genere, di orribili cose, una colomba di pezza di ispirazione picassiana,
ad esempio, una scatola di legno dipinta dal figlio Vassili; mi chiedo dove sar finita la
lucida Alfa Romeo, omaggio dei comunisti italiani.
Com'era Stalin? una domanda che molti si sono posti. Anche Einstein disse a
un ospite russo: Avrei voluto sapere qualcosa di lui come uomo .
Hopkins lo descrive in modo sbrigativo: alto 1,60, deve pesare ottanta chili ; De
Gaulle gli riconosce una specie di fascino tenebroso ; Gilas lo trova piccolo e mal
costruito, con il torace breve e stretto, fianchi larghi, braccia e gambe troppo lunghe
; il compagno Barmine, poi emigrato, lo dipinge anche peggio: la faccia butterata,
gli occhi sono castano scuri, con qualche leggero riflesso pi chiaro, la sua
espressione non rivela mai il suo sentimento .
Pietro Quaroni mi ha detto che il suo profilo non esprimeva nulla di
straordinario, mentre il collo sprigionava una specie di forza bruta. C'era un senso di
vuoto attorno a lui, e stabiliva sempre una certa distanza con gli altri .
Il ritratto di Gula , ovviamente, pi appassionato e benevolo; lei lo amava, e lui la
chiamava padroncina , appellativo concesso solo alla prediletta Svetka.
A lui dice Gula non piaceva rivolgersi alle persone di casa chiamandole per
nome. Era buono, mi prendeva in braccio, mi accarezzava. Quando si toglieva il
cappotto militare mi sembrava pi piccolo, minuto, e questo mi pareva molto strano,
e quando se lo rimetteva, diventava quello delle fotografie e delle statue, e mi
incuteva un po' di paura.
C'era qualcosa che ci separava, non riuscivo ad avvicinarlo e a fargli capire che gli
volevo bene. Una volta mi ha fissato, e ha detto a Svetlana: "Guarda come quella l mi
osserva".
Allora Sveta mi ha spiegato che bisognava essere pi affettuosi con lui, andargli
incontro e baciarlo, e queste parole mi hanno rattristata e ho cominciato a piangere .
Stalin non aveva nessun gusto per l'eleganza, portava sempre la stessa divisa, lo
stesso pastrano, per anni e anni; non era soltanto trascuratezza, forse voleva che il
In quei giorni racconta Gula Beria ha calunniato mia madre davanti al nonno.
L'ha accusata di spionaggio, senza precisare neppure a favore di chi. Mio padre era
gi caduto prigioniero, non sapevamo nulla di lui. stata in una cella due anni,
aspettando il processo. Nessuno l'ha mai giudicata. A me non dicevano niente, e io
mi sono abituata a vivere senza di lei, l'ho dimenticata. Prima era detenuta a Mosca,
poi, quando i nazisti avanzavano, l'hanno trasferita a Engels sul Volga, poi l'hanno
riportata ancora nella vecchia prigione.
In carcere non lavorava, era isolata, poteva leggere; una sola volta ha avuto una
compagna. Non doveva avere contatti: non si doveva sapere chi era.
Quando l'hanno messa fuori, nessuna scusa, nessun chiarimento, soltanto una
parola: libera. Appena l'ho rivista, non la riconoscevo; avevo timore ad avvicinarla.
Mia madre non ha mai pi incontrato il nonno, non venne neppure ai funerali. Non
lo criticava, non diceva nulla, ma capisco il suo silenzio. Io posso dire che lo amo, e
penso che certamente stato un grande uomo.
So una cosa: che un ruolo terribile ha avuto nella sua vita Beria, come nella vita di
tutti in Russia. Del resto, quando spariva qualcuno della famiglia ero piccola; pi tardi
mi hanno detto che molti degli Allilujev e degli Svanidze sono stati arrestati, e
qualcuno finito davanti a un plotone della Ceka. Dei Tukacevski, di Bucharin, dei
bolscevichi di ottobre e dei generali, non so nulla; sono fatti accaduti prima della mia
nascita. Ma non posso essere un giudice obiettivo; si tratta di una persona a me cara
.
Lo Stalin dei congiunti dolce, cedevole, un cuore semplice: va a pescare nel
Kura, sa sparare soltanto ai conigli selvatici nelle macchie del Caucaso, gli piace la
fiamma del caminetto, contempla i ciliegi fioriti, gioca a biliardo o a gozodki, ed ha la
mossa pronta nel manovrare il bastone, ride come un fanciullo alle comiche di
Charlie Chaplin, si intenerisce come una signorina ascoltando le canzoni paesane.
La preferita si intitola Gandagan, ed una storia d'amore, uno scherzo fra un
giovanotto e una ragazza.
Durante uno spettacolo al Bolscioi , Churchill lo vede turbato. Il baritono
Pazumovski canta ballate popolari, che narrano le dolorose vicende degli esiliati in
Siberia; anche Stalin forse preso dalla tristezza e dai ricordi, era stato deportato
nella taiga. Tira fuori un gran fazzoletto, e si asciuga le lacrime.
Anche la stampa incoraggia l'aneddotica gentile: c' al Cremlino una buca delle
lettere, sorvegliata da una sentinella, dove il cittadino pu deporre le sue missive.
Qualcosa del genere funzionava nella Venezia dei Dogi; ed era un comodo mezzo per
le denunce.
Si racconta nei giornali di una bambina che rimasta paralizzata, non pu
muoversi, e piange, ma scrive a Stalin, e Stalin buono e le fa subito avere una
bicicletta a tre ruote.
L'ambasciatore Quaroni non sapendo come comunicare col supremo capo
dell'URSS, per aver qualche notizia degli italiani prigionieri va a imbucare la sua
supplica, ma non riceve risposta.
Dora Michailovna Monaselitze, che figlia di una sorella di Caterina, la prima
moglie di Stalin, lo ricorda pure generoso. La sua famiglia nascose il rivoluzionario
Jugasvili inseguito dalla polizia dello zar, e quando la madre di Dora fu colpita da un
tumore, Stalin la ospit nel suo appartamento al Cremlino, chiam i medici pi bravi,
ideale, con considerazioni che escludono gli slanci del cuore, e mettono invece in
rilievo il predominio dei sensi e gli influssi delle stagioni. Lui rimasto vedovo due
volte: e Caterina Svanidze, mi ha detto un medico di Tbilisi, fu colpita probabilmente
dal tifo, ma la diagnosi della malattia rimase incerta. Nadia fu vittima dei suoi nervi e
lo lasci ancora pi arido, ancora pi solo. Aveva cinquantadue anni. Ogni giorno,
sulla tomba di Nadezda, qualcuno deponeva due rose; i custodi dicevano che era lui
che le mandava.
Gli hanno attribuito un terzo matrimonio con Rosa Kaganovic; ma i nipoti lo
escludono. Il vecchio, in queste faccende, rivela piuttosto una natura quacquera; forse
un ricordo dell'educazione ricevuta dai pope, o dai severi costumi georgiani.
Non aveva riguardi neppure formali per coloro che gli vivevano accanto, fossero i
figli, o i collaboratori, non risparmiava n i sarcasmi, n le sentenze. Circolava, verso
il 1936, una storiella, che mette in luce il suo scetticismo, la sua natura di despota:
Compagna Krupskaja , avrebbe detto alla delusa Nadezda Konstantinovna, che non
apprezzava le sue decisioni, se farete la sciocca, metteremo un'altra donna al posto
di vedova di Lenin . E le reazioni delle vittime non lo turbano, non si scompone:
Quest'uomo ha i nervi d'acciaio diceva di lui il maresciallo Zukov.
Gula ha letto qualche capitolo delle Lettere di Svetlana, che circolano tra gli
interessati. Gli indiani, che fecero uscire con la valigia diplomatica il manoscritto,
probabile che ne abbiano fatta avere una copia fotostatica alle autorit del Cremlino.
Mi dice che non capisce l'astio di Sveta, cos lei la chiama, per i parenti.
Mi racconta un tentato suicidio di Jakov. Mio padre dice quando tent di
uccidersi aveva diciannove anni. Sveta era appena nata. Non vero che il nonno lo
disprezzava perch era un giovanotto mite, rassegnato, e senza particolare talento; era
ingegnere, con due specializzazioni, trasporti e turbine elettriche, e aveva frequentato
l'Accademia di artiglieria.
Guidava bene la macchina, sapeva pilotare l'aereo, cacciava, era un gran tiratore e
andava a pescare. Aveva conosciuto una ragazza, il suo primo amore, che non era un
tipo serio, e se ne era troppo invaghito. Il nonno seppe subito della tresca, e gli
diedero anche informazioni negative, gli avevano detto che non era adatta per essere
una brava moglie, e disse di no, quando pap gli chiese il permesso di sposarsi.
"Devi ancora studiare, troppo presto, e lei non mi piace" ammon con tono
brusco.
I due ragazzi erano disperati, e pensarono a una fine romantica, come Giulietta e
Romeo; la morte li avrebbe liberati da ogni pena. Giulietta, per, ci ha ripensato;
Romeo, invece, ha preso una rivoltella e ha tirato il grilletto, ma la pallottola,
fortunatamente, ha colpito il torace, ma passata di striscio.
Il nonno, facile capirlo, si infuriato per quella vicenda pi buffa e ingenua che
drammatica, e con ironia ha detto: "Non stato capace neppure di uccidersi". Mio
padre guarito e si sposato ugualmente.
Non era, mi pare, un carattere fragile, indifeso, ma il comportamento equivoco
della sposa ha fatto naufragare subito quelle nozze troppo precoci. Il nonno, dunque,
aveva avuto ragione.
Ma, nonostante tutte le incomprensioni, si volevano bene: era il suo primo figlio, e
aveva amato molto la prima moglie, e amava anche me. Mio padre era pronto a fare
qualunque cosa per lui.
Poi, pap conobbe la mamma, che era gi sposata; fu, come si dice, un fulmine. Lei
abbandon tutto per andare con lui, nonostante il marito minacciasse di ucciderla. Si
calm, ma per dispetto, le tagli tutti gli abiti a strisce, con una lametta. Mia madre mi
ha sempre detto: "Soltanto la guerra mi stata rivale .
Mi pare che fu lei a raccontarmi che pap era stato catturato dai nemici, me lo
disse quando io potevo capire ci che era accaduto. Sapemmo della sua morte dopo il
1945. Una volta Hitler offr di scambiarlo con un alto ufficiale tedesco, ma il nonno,
sdegnato, rispose di no, e fece bene. Che cosa avrebbero detto le mogli e le mamme
degli altri tenenti che restavano nelle mani dei nazisti? Non fu un atto di crudelt, ma
di giustizia.
Leggemmo, su una rivista inglese, come mio padre era finito. Era il racconto di un
belga, che si trovava nello stesso Lager.
Avevano detto a mio padre che nei reticolati non passava la corrente ad alta
tensione, ma non era vero. Aveva tentato gi diverse volte di fuggire, volle provare
ancora, ma rimase attaccato ai fili; allora una guardia, per piet, gli spar addosso. Ho
visto una fotografia; era magro, sfinito, irriconoscibile. Aveva molto sofferto.
Quando diedero la notizia al nonno, si chiuse in una stanza e vi pass tutta la
notte, da solo. Al mattino si accorsero che aveva i capelli bianchi. Nessuno ha mai
saputo cosa pensava .
Il regista del film La caduta di Berlino, Michail Ciaureli, voleva dedicare un
episodio della sua epica rievocazione al tenente Jakov Jugasvili, ma Stalin si oppose.
Era una idea servile. Incoraggi invece Eisenstein perch realizzasse, nonostante le
difficolt create dal conflitto, una colossale pellicola su Ivan il Terribile. La figura
dello zar crudele, che passava dalle orge alla preghiera, che inventava riforme e
torture, lo affascinava. Cercava, dice Constantin Simonov, una giustificazione storica
per se stesso.
Poi, non desiderava che la sua famiglia fosse portata alla ribalta; vederlo nei panni di
un comune padre, e di un nonnetto patetico, significava limitarne la suggestione e il
prestigio: doveva restare un personaggio chiuso nell'Olimpo impenetrabile del
Cremlino, nascosto dietro a quella rossa muraglia che sugger a Churchill
un'immagine felice: Un enigma rinchiuso in un mistero .
Le sole fotografie di tono non ufficiale furono scattate da un generale di polizia, e
sono rimaste per anni nel fondo di qualche archivio.
Stalin non concedeva confidenza n ai suoi intimi, n agli altri. Si controllava, non
usciva dai limiti del protocollo. Gli impegni non gli permettevano di lasciarsi andare
alle piccole vicende quotidiane.
Conversare con lui, mi ha detto Quaroni, era opprimente. Lasciava parlare, e
intanto disegnava. Quasi sempre dei lupi che, se il discorso andava per le lunghe,
colorava di rosso. Quando l'interlocutore taceva, chiedeva: Ha finito? . Seguivano
tre minuti di imbarazzante silenzio. Poi faceva qualche domanda per chiarire i punti
che gli parevano oscuri, e continuava a scarabocchiare. La voce era monotona e
stanca. L'atmosfera glaciale. Molotov che, come ministro degli Esteri, accompagnava
il rappresentante dei governi stranieri, veniva lasciato in piedi. Non era trattato con
riguardo.
Ne ha gi parlato disse una volta con Vladislav Michailovic? Ma non si
accorto che non capisce niente? .
piccoli episodi, completamente distaccati dal fosco quadro nel quale vive la folla. La
notizia della nascita del primo nipote si confonde con quella della prima esplosione
atomica, i grandi processi coincidono con l'interruzione delle vancaze: non
accompagner pi i figli a Soci. Verso la fine della guerra racconta Gula
tornammo nella casa di Zubalovo .
Gula ricorda l'ultima volta che vide Stalin, sei mesi prima della morte. Lei era in
uniforme da pioniera, col fazzoletto rosso al collo, e la camicetta bianca; aveva
quindici anni.
Sapevamo che doveva arrivare, e lo aspettavamo tutti nella dacia racconta. Mi
accorsi che aveva l'aspetto molto affaticato, ma non poteva star fermo, tranquillo. Mi
accarezzava, mi baciava. Ho in mente la sua faccia accesa, i baffi ispidi, che mi
pungevano. Non sapevo far niente, ma volevo inventare qualcosa per mio nonno,
rendermi utile, e ho cercato di servire il t, ma non mi riuscito molto bene. Lui ha
fatto finta che fosse buono, e mi ha sorriso. Poi andato un po' a riposare. Dopo
arrivata Sveta e siamo rimasti a cena noi tre. In tavola c'erano tante cose buone, come
sempre. Non venne nessuno dei capi, il nonno parl poco, mi parve vecchio come
non mai .
Nell'ultima sala del museo di Gori c' un quadro di un pittore realista, che
riproduce Stalin nella bara. Gula lo osserva emozionata: Era cos mi dice. Cos io
lo ricordo .
Stalin imbalsamato, coperto di fiori e di decorazioni. Non rivela alcuna traccia
del male e della lunga agonia.
Della sua morte dice Gula io conosco la versione ufficiale. So che stato
trovato una mattina disteso sul pavimento del suo studio, incosciente, i medici ci
hanno detto che era cos da alcune ore, e poi cominciata la sua lotta per
sopravvivere, il suo declino. In qualche momento parve che riconoscesse coloro che
gli stavano attorno.
Della famiglia andata soltanto Svetlana, che stata accanto a lui fino alla fine, e ha
visto anche quando lo portavano via su un'autoambulanza; ma di queste cose non
voleva parlare.
Quando gi stava male, mia madre venuta a scuola, sono uscita dall'aula, mi
aspettava nel corridoio, mi ha detto che il nonno era in gravi condizioni e mi ha
condotto a casa, poi le cose si sono succedute in fretta, una dietro l'altra. Io il nonno
l'ho rivisto nella sala delle colonne; stavo con Svetlana e Josef, mi avevano messo un
vestito marrone, faceva tanto freddo, ma ricordo solo il sarcofago e quel volto amato,
l'odore acuto che sprigionavano le centinaia di corone, e la musica, era il finale della
Sesta sinfonia di Ciajkowskij. Non ho in mente le personalit, e neppure la gente.
Pensavo solo a lui. Quando mi dissero che non c'era pi, mi parve impossibile: io lo
credevo immortale. Ricordo anche il mio sentimento di allora, perch ho capito per la
prima volta che ci sono cose orribili, impreviste, e ho scoperto il senso dell'inevitabile
.
Volevo vedere la dacia chiamata Blishnaya , che vuol dire la pi vicina , dove
Josef Jugasvili si spento, ma ancora circondata da un alto steccato di legno verde
scuro, e da una feritoia si affaccia ancora il volto severo di un poliziotto, che
impedisce l'ingresso.
Il Poteshny Palace, che vuol dire Palazzo dei buffoni di corte , dove Nadezda si
uccise, e dove Stalin trascorse i primi anni del comando, lass isolato, e le finestre
sono sempre chiuse.
C' solo la tomba, sul prato, circondata da un'aiuola di fiorellini azzurri, davanti al
Cremlino. Lo hanno retrocesso a eroe di seconda classe. Ora ha, come altri bene
meriti, il busto, e gli competono pi o meno gli onori riconosciuti al compagno
Digaj che fu appena sindaco della capitale.
Gule dice ancora: Non ho nulla che mi ricordi il nonno, nessun oggetto. Ogni
tanto guardo una fotografia: c' lui, con Svetlana bambina, e zio Vassili e mio padre, e
il grosso Edanov. Tutti hanno occhi contenti. Quattro morti, e Svetlana che andata
laggi in America .
I giorni e i luoghi
Ricordava le umiliazioni subite, ma quasi con distacco: era Natale, stava con la
moglie a New York, si affacci alla porta di un ristorante ma venne respinto. Fece
causa per l'oltraggio ricevuto, e il giudice condann il padrone del locale a pagargli
cento dollari di danni, ma mentre raccontava quella vecchia storia Roy Wilkins aveva
ancora gli occhi lucidi. Mi disse delle piccole crudeli offese, a tua moglie i bottegai
non danno il titolo di signora, sulle tue lettere non sta scritto Mister, il tuo bambino,
al parco, scopre che c' un altro impenetrabile mondo, quello degli altri bambini che
hanno la faccia chiara e i capelli biondi .
Ricordo che aveva alle spalle un manifesto, riproduceva un ragazzino negro
sull'altalena, e la scritta diceva: Dammi una spinta . Sono tanti i traguardi da
raggiungere, mi diceva Wilkins, l'uguaglianza dei salari, a parit di condizioni, le
stesse possibilit di impiego per chi dimostra la stessa capacit, l'uguaglianza di fronte
alla casa, di fronte alla vita: un americano bianco vive, in media, sessanta-sessantasei
anni, un negro, cinquanta-cinquantadue. Anche questo un altro solco. Ma
scrive Georgia Douglas Johnson chi separer la polvere che noi diventeremo
dopo? .
L'America ha detto il sociologo Michael Harrington si aspetta che il negro sia
povero e la miseria, e la mancanza di cultura, poich l'educazione si svolge in una
societ segregata, lo spingono verso la prostituzione, l'alcool, il gioco d'azzardo, gli
stupefacenti, anche al delitto, nel tentativo di evadere dalla soffocante oppressione di
ogni giorno. Si sente diverso , c' una impenetrabile barriera psicologica che lo
separa dagli altri, Perch , dice il poeta Claude Mc Kay, io sono nato lontano
dalla mia aria natia, sotto la minaccia del bianco, fuori dal tempo .
Ho conosciuto il negro sottile e complicato: James Baldwin. Sono stato nel suo
piccolo appartamento al Greenwich Village. Baldwin il negro che ha successo,
come l'attore Sammy Davis junior, o il cantante Harry Belafonte. Del suo romanzo
Un altro mondo si sono vendute un milione di copie, Time gli ha dedicato una
copertina. Stava in compagnia di un amico, suonatore di jazz, e si servivano di
continuo scotch con molto ghiaccio, e ascoltavano dischi. Io guardavo la faccia da
grossa lucertola di Baldwin, gli occhi un po' a telescopio, osservavo i gesti nervosi, e i
titoli dei libri negli scaffali, c'erano Voltaire, Spinoza, Seneca, Mann, Orwell e
Cechov. Ma tanti, tanti libri su una sola materia, di cui mi divertivo a segnare qualche
titolo: Storia delle anomalie e delle perversioni, Psicologia del sesso, Storia della
prostituzione, Storia psicanalitica delle nevrosi, La perversione del sesso e i suoi
crimini.
Baldwin parlava, muoveva le mani con grazia, con troppa dolcezza, e diceva cose
gravi e terribili. Mi parlava della sua infanzia in un grigio edificio, di bambini che
aspettano dietro la finestra il ritorno del padre che porta pochi dollari, di marciapiedi,
di androni bui dove si commercia, senza ritegno, il peccato, mi parlava di una ragazza
bianca con la quale and una volta a passeggio al Central Park, e discutevano e
litigavano, come fanno i giovani, per una sciocchezza, per niente, e lei gli diede uno
schiaffo, per fargli sentire la sua superiorit, solo per quello, e James scapp
terrorizzato: Potevano uccidermi per quello schiaffo, potevano linciarmi . Gli
rimasto un segno di quell'episodio e ha scritto: Un mondo tutto bianco guarda ogni
giorno la mia faccia nera, e mi fa colpa di esistere .
Mi diceva James Baldwin: Il futuro del negro, in questo Paese, legato a quello
degli Stati Uniti ; mi diceva che un milione di negri hanno fatto la guerra, mi diceva
Siamo venti milioni, e sono sicuro che si arriver prima o poi alla integrazione, ci si
arriver per forza, ci si arriva gi anche nel Sud , spiegava ridendo, ma dopo il
tramonto , e rideva della solita frase dei bianchi: Daresti tua sorella a un negro? .
Ma bisogna , spiegava ridendo, che al negro tua sorella piaccia, e che lui piaccia a
lei, e in questo caso, a te, che te ne importa? .
Ho conosciuto l'altro giorno da Frank's , un buon ristorante dove camerieri
bianchi servono educatamente benestanti negri, il negro che sta affermandosi, il
giovane negro, trent'anni, commediografo, musicofilo, saggista, lineamenti gradevoli,
barba curata: dico Leroy Jones. Il suo lavoro, The Dutchman, l'Olandese, stato
rappresentato felicemente anche a Spoleto. Leroy Jones ammirava Malcolm X, un
magnifico uomo , e stima Baldwin, ma solo come stilista, non per quello che dice.
Lui non riconosce all'America nemmeno una certa umanit. Si sente, nel suo
discorso, durezza e intransigenza, e un'alta considerazione di s. Ho letto in un suo
articolo questa frase: Ho sempre pensato che qualcuno debba avere interesse per
quello che scrivo .
Attacca: No, anche dopo l'approvazione della legge sui diritti civili, non vedo
alcun cambiamento. Ha accentuato qualcosa che era gi nella Costituzione, ha
sottolineato regole che dovevano gi essere imposte cento anni fa, e se c' stato
qualche mutamento per i negri ricchi, per i poveri non successo niente. S, avevo
amici fra i bianchi, li avevo; una storia complicata, erano poeti, artisti, ma adesso
non li vedo pi. Le nostre strade sono diverse, impossibile incontrarsi. Mi hanno
rimproverato perch, quando due bianchi sono stati uccisi nel Mississippi, io ho detto
che la faccenda non mi riguardava. Sicuro, quei due bianchi uccisi negli scontri
razziali, anche se stavano dalla nostra parte, mi hanno lasciato indifferente. Ma ci
sono tanti negri morti, e nessuno se ne accorge; ricordo, quando moriva un francese i
giornali facevano grossi titoli, quando fucilavano dieci algerini nessuno ne parlava; io
sono triste solo per i negri morti. Del resto quei due ammazzati lungo il fiume sono
vittime di una lite in famiglia, gli hanno sparato addosso altri bianchi, e questo non
mi interessa, tutta la questione non mi ha scosso per nulla. Lei dice che un fatto come
quello dovrebbe avvicinare le due parti. No, e perch? Questa Una ragione di
sollievo per l'opinione pubblica americana, la fa sentire ammirevole, ma non cambia
nessuno, non d pane a nessuno, non toglie l'oppressione. Migliaia di negri muoiono
di fame.
C' il doppio di disoccupati tra noi, molti sono assassinati moralmente perch
vivono nell'ignoranza, perch non gli permesso di svilupparsi. Per aver successo un
negro deve dimenticare le sue origini, la sua storia: a gran parte dei bianchi non
interessa. S, ho subito anch'io la mia umiliazione, nei due anni e mezzo in cui sono
stato soldato nella "Air Force": l si pu capire davvero l'America, questa societ, l
non c' sofisticazione. Io amo l'America ma odio il sistema. Distruggerei il sistema
questa notte stessa, se lo potessi. vero, ero sposato con una donna bianca, ma
difficile per uno che sta sul monte capire quest'altro che sta in fondo. Come facciamo
a comunicare tra noi, se io sono nato in una cabina telefonica, e tu in una grande
stanza? Il nostro matrimonio fallito per il colore della nostra pelle. Tutte e due le
culture, la bianca e la negra, sono contro queste impossibili unioni, anche l'uomo
medio negro le avversa. E io mi sento pi negro che americano, mi sento come un
prigioniero negro nel West, come un moro portato in catene a Roma. I negri
vogliono vivere su questa terra; da uomini, ma impossibile. L'America dovrebbe
cambiare completamente, questa una societ creata per i bianchi. Non vedo un
futuro, non vedo nessuna soluzione .
Ha scritto qualcuno: Il negro un americano esagerato . Leroy Jones mi fissa
con sguardo indifferente, senza curiosit, come uno che ha recitato la sua parte ed
rassegnato a non ricevere consensi; finisce la sua bibita di lamponi, prende la borsa di
plastica, e mi saluta. Ha finito. C' l'orchestra e una ragazza mulatta, dai lunghi occhi
e dalle labbra sanguigne, canta un motivo lento, l'accompagnano solo il sassofono e il
tamburo.
Dice la canzone: La speranza un'ala d'uccello spezzata da una pietra .
I camerieri bianchi urlano le ordinazioni.
L'uccisore di Garca Lorca
Qualcuno sospira: Il prestigio della Spagna, ormai, affidato alle squadre di
calcio. O ai tori . Rimpiangono tempi lontani. C'era Manuel De Falla, che durante la
guerra civile affrontava i violenti spiegando: Sono un artista, sono un cristiano ;
c'era il vecchio Miguel De Unamuno che, dalla cattedra universitaria, esortava alla
ragione, e ammoniva gli esaltati che gridavano Viva la muerte: Voi vincerete perch
avete la forza bruta, ma non convincerete ; c'era l'ancor giovane Pablo Picasso che
disegnava vignette intitolate I sogni e le menzogne del generale Franco , e poi
dipinse Guernica, l'inizio dei grandi massacri.
C'era, in Andalusia, un poeta che si chiamava Federico Garca la Lorca, che
confidava ad una bella ragazza di nome Esperanita i suoi timori, la sua incapacit di
combattere: Non mi sono mai interessato di politica, sono troppo pauroso. Per
prendere un atteggiamento, necessario un coraggio che mi manca . Una volta
disse alla madre: Io sono del partito dei poveri .
Ho cercato dona Isabel, la sorella, ma in viaggio per
la Francia. Ho parlato, per una lunga sera, con Jos Maria Cossio, membro della Real
Academia de la Lengua, maestro di tauromachia, fedele compagno di Federico.
Veniva raccontava tante volte nella mia casa sui monti, ero anch'io tra quelli
che fondarono La barraca, conservo molte cose di lui. Non era, come la gente
immagina, triste e rassegnato, la sua allegria appariva persino smodata, inventava
stornelli popolari, suonava il pianoforte, gli piacevano le arene e le osterie, i
banderilleros, le cantanti di flamenco, i gitani, si considerava fuori dalla mischia.
Otto giorni prima che gli sparassero, prese parte a un comizio della sinistra,
promosso da Rafael Alberti. "A me, di queste faccende" spiegava "non importa
niente, ma come faccio a dir di no a un amico?".
Amava le avventure spensierate, la nostra terra, non avrebbe mai potuto andar via,
era legato alle cose e ai paesaggi. No, non c'era in Federico solitudine o stanchezza;
"Io vivo" confessava "nell'angoscia dell'aldil". Chi l'ha soppresso non sapeva che
uccideva un genio .
Per anni e anni il silenzio e il mistero hanno soffocato l'ultima vicenda del
drammaturgo di Jerma. Adesso, si sa che non fu portato via dalla Guardia, o dai
; Giesbert Baulmann ed Helmut Weisser sono due allievi del Politecnico, e hanno
disertato dalla Bundeswehr. Cristine non voleva accettare i metodi pedagogici
imposti da Ulbricht e il rigore del partito. Anche i maschi debbono imparare il
ricamo, hanno inventato perfino la cresima socialista , una nuova liturgia nella
quale il funzionario sostituisce il vescovo e il bambino, invece di diventare soldato di
Cristo, ammesso tra i pupilli del regime. Un giorno le diedero questo tema: Perch
non ritengo che la Germania di Bonn sia la mia patria ; lei si rifiut di trattarlo, e
incominci la sua crisi. Decise di scappare.
Giesbert Baulmann ed Helmut Weisser, quando hanno ricevuto la cartolina
dell'esercito, si sono rifugiati a Berlino, dove nessuno obbligato ad indossare una
divisa, a meno che non abbia una speciale e del tutto libera inclinazione per la
carriera del poliziotto. N Cristine, n Helmut, n Giesbert possono tornare di l: li
aspetta un carcere, rosso o democratico; sono prigionieri della loro scelta.
Ho chiacchierato a lungo con Cristine, un pomeriggio di domenica, passeggiando
davanti al filo spinato della Alexanderplatz. Suo padre, sua madre e i suoi fratelli
stanno nell'altra parte, e mille metri di macerie, di case sbarrate e di posti di vedetta li
dividono, lei non potr pi vederli.
Volevo diventare interprete, anche adesso studio lingue raccontava. Tutti gli
scolari debbono imparare un mestiere, un lavoro manuale, e loro mi hanno messo a
fare la cameriera. Ho lavato bicchieri in parecchi caff, ma mi pareva ingiusto, non
aveva nulla a che vedere coi miei progetti per il futuro. Chiesi un impiego in una
agenzia di viaggi, ma senza risultato. La mia scuola era vicina al confine, ogni mattina
io passavo davanti alle sentinelle, ogni giorno mi ossessionava un pensiero: andare,
andar via. Anche certi miei compagni parlavano spesso della fuga. E dieci di loro a
un tratto scomparvero. Nell'agosto del 1964 scelsi il posto, vicino al quartiere di
Neukln, c' meno controllo e un solo reticolato. Uscii di casa mentre i miei genitori
dormivano, non volevo comprometterli, mi nascosi tra l'erba dietro una baracca di
giardinieri. Avevo molta paura, ma ce l'ho fatta .
Cristine sola, non ha parenti, vive in un collegio mantenuta dal Senato della
citt. Le chiesi se c'era molta differenza tra la giovent delle due Germanie. Disse che
i ragazzi dell'Est sono obbligati a stare pi insieme, si conoscono di pi, si aiutano,
debbono superare maggiori difficolt. Le pareva che gli occidentali avessero
interessi meno profondi, si occupano meno, spieg, dei problemi fondamentali della
vita, pensano pi a divertirsi, la politica non entra che raramente nei loro discorsi.
Con Giesbert ed Helmut aveva appuntamento in un giardino pubblico, e vennero
dopo essersi consigliati con l'avvocato. Debbono affrontare un processo, sono
considerati disertori. Parlarono poi francamente, senza reticenze. Disse Helmut: Io
credo che l'esistenza della Bundeswehr sia giustificata, ma sono venuto qui perch
intendo avvalermi di un mezzo legale per sfuggire alla chiamata. Per molti giovani
d'oggi il servizio militare non ha pi il senso di una volta: per me non affatto una
questione d'onore. Mio padre stato per otto anni soldato: invasione della Francia,
invasione della Russia. Si sono visti i risultati: mi capisce e mi approva. Il suo
concetto di patria e il mio lo stesso: egli non pensa pi a una grande Germania, ma
a una Europa unita. Mio padre stato camicia bruna ma nel '45 ha deciso che ad
ogni costo non avrebbe pi imbracciato un fucile. Io voglio essere un berlinese, mi
interessano gli studi di ingegneria, sono disposto a far qualcosa per la pace .
Disse Giesbert: La mia famiglia viene dai territori polacchi, se dovessi esser
chiamato alle armi, sarei costretto a pensare ai miei parenti, agli amici che vivono
ancora laggi. In Germania la strategia di difesa in funzione dell'Oriente, ed per
me ragione di un conflitto morale. I miei genitori non pensano nemmeno di ritornare
al nostro paese, non c' in noi spirito di rivincita, mi hanno educato concedendomi la
pi ampia libert. Io mi batto perch mi venga riconosciuto il diritto di non fare il
militare. Vede, i giovani hanno imparato dalle vicende del Terzo Reich a quale
aberrazione pu condurre il sentimento nazionale .
Chiesi a Helmut: Come vengono giudicati gli obiettori di coscienza? . Rispose:
Il loro atteggiamento riconosciuto legittimo, possono svolgere mansioni
complementari. Ce ne saranno sempre, c' chi li rispetta e li capisce, c' chi li
considera vigliacchi. Vengono trattati, in genere, in maniera abbastanza dura, hanno
quasi l'impressione di essere sottoposti a una rappresaglia .
Chiesi a Giesbert: Come considerate von Stauffenberg e gli altri ufficiali che si
ribellarono a Hitler? .
Rispose: Abbiamo studiato le loro imprese a scuola, se ne parla molto, con
profondit. Viene anzi il sospetto, e negli ultimi tempi ci sono state discussioni in
proposito, che si cerchi di forzare un po' la mano sulla resistenza al nazismo, ma per
noi un senso di liberazione sapere che, anche sotto la dittatura del Fhrer, e nei
posti di comando, c' stato chi ha capito la miseria delle cose e ha cercato di vincere il
male .
Parlammo poi anche del futuro, ma non c'erano in loro grandi speranze, visioni
serene: Non cambier nulla , dicevano. Chiss fino a quando continuer cos .
Disse Helmut: Io non credo che si possa arrivare a un conflitto fra le due
Germanie, non possibile, non accadr. Vi sarebbero implicate anche le grandi
potenze, ed i tedeschi dovrebbero combattere contro altri tedeschi. Non saprei cosa
fare. Mi terrei di fuori, io non sono nella Bundeswehr .
Disse Giesbert: Mi sento sconvolto dal solo pensiero. Fuggirei, ancora,
indosserei un'altra uniforme . Tir fuori dal cappotto un libro, era Il breviario di
Brecht. Volle regalarmelo. Aveva sottolineato dei versi. Dicevano: Generale, l'uomo
fa di tutto. Pu volare e pu uccidere. Ma ha un difetto: pu pensare .
Entrammo in una bettola a bere birra ma stemmo in silenzio ad ascoltare un
vecchio che suonava la chitarra e cantava, con voce aspra, motivi di una volta. Non
avevamo pi molto da dirci.
Indice
FERRARI .......................................................................
pag-
25
................................
173
Introduzione ...................................................
I personaggi .................................................
Le signore ....................................................
Le ore della storia........................................
Chi erano .....................................................
I giorni e i luoghi ........................................
175
177
217
239
297
341