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privati e non richiedeva capitale per fondare fabbriche, anche se una bottega della seta vicina
allo studio di Sandro Botticelli faceva cos tanto rumore da costringere il pittore ad andarsene.
Gli uomini daffari fiorentini erano capitalisti in erba. Goldthwaite insinua velatamente che
essi mancavano di un forte istinto alla competizione: Il loro comportamento in patria e
allestero rivela spesso alla base uno spirito corporativo.
Essi sapevano di sicuro come spendere. Nella Firenze del Rinascimento lavidit era un
valore. I ricchi sperperavano le loro ricchezze con beni di lusso per i propri palazzi e con abiti
sfacciatamente costosi. Tutto ci incoraggi unesplosione di grandi lavori da parte di pittori
artigiani, scultori, architetti e decoratori. Il mercato artistico a Firenze allepoca non era
grande quanto quello di Anversa e Bruges e i pittori erano solo un terzo di quelli presenti a
Bruges. Gli artisti fiorentini erano impegnati con commissioni locali. Eppure ci fu un effetto
domino sul gusto che cre un mercato per larte minore proveniente dai Paesi Bassi. Uno
storico darte del XVI secolo, Giorgio Vasari, not che non cera casa di calzolaio in citt che
non avesse un quadro fiammingo.
Allinizio del XVII secolo lindustria bancaria non era pi leader in Europa; quel ruolo era
stato acquisito da Anversa. E sebbene tessuti specialistici continuavano ad avere mercato
internazionale, lindustria della lana era nel suo declino finale.
Le attivit bancarie e la lana avevano fatto s che Firenze fosse invidiata e ammirata ovunque
nellEuropa rinascimentale, ma il loro ridimensionamento non comport la scomparsa della
citt dalle coscienze europee. Goldthwaite ha un lieto fine: Il benessere fu riciclato e
investito in capitale umano e trasformato nel patrimonio dellarchitettura urbana, dellarte e di
una tradizione artigianale mai eguagliata in altre citt. uneredit impressionante.